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Illegalità - Blog di geostoriaperte
Cosa c’è dietro? Esempi corruzione Corruzione, concussione e peculato ai danni dello sviluppo economico e democrazia Cosa sono? Esempi dannosi allo sviluppo • Corruzione, concussione e peculato • Corruzione, leggi efficaci e sguardo lungo: Liste pulite • Le ecomafie: Il boss di Gomorra ha avvelenato le falde Cemento abusivo, scandalo a Pomezia: indagati un assessore e due ex consiglieri • Esempi d’illegalità dannosi allo sviluppo: Un imprenditore denuncia gli estorsori e scatta il blitz In tre finiscono in manette Usura e tassi al 200% La lotta contro la corruzione fa crescere il reddito di un Paese La Grecia affossata dall' evasione fiscale Corruzione: la corruzione è un reato. Lo commette il Pubblico Ufficiale che, per compiere un atto conforme oppure contrario alle proprie funzioni, riceve denaro o un qualche altro vantaggio che non gli spetta. Si ha corruzione anche quando il Pubblico Ufficiale riceve solo la promessa di una “retribuzione” non dovuta per poter tenere le condotte sopra descritte. Uno stato nel quale prevale un sistema politico i corrotto viene definito cleptocrazia. Concussione: la concussione è un reato. Lo commette il Pubblico Ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, con abuso dei propri poteri, delle proprie qualifiche o qualità costringe o comunque porta una persona a dargli o a promettergli indebitamente denaro o un qualche altro vantaggio. Peculato: Il peculato è una forma di appropriazione indebita, commessa da un Pubblico Ufficiale su danaro od utilità, di cui può disporre a causa della carica che riveste. La corruzione è fin troppo efficiente, la giustizia è sempre più impotente. Ma nessuna riforma colpirà il bersaglio senza uno sguardo lungo, senza correggere un difetto di miopia. Che in Italia, oggi come ieri, ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. La nuova maggioranza medita d'abrogare il reato di concussione? Ma non è un singolo giudizio il fardello che da troppo tempo ci portiamo sul groppone. È l'illegalità diffusa, è la corruzione che dissangua l'economia italiana e indebolisce l'etica pubblica. Dunque è con questi occhiali che dobbiamo guardare la riforma. Quanto alla concussione, non è affatto vero che abolendo l'articolo 317 del Codice penale andremmo al «tana libera tutti». Apparendo al cospetto della legge italiana come vittima, anziché come complice e beneficiario del reato. E infatti l'accordo di maggioranza tende ad allargare la sfera dei comportamenti penalmente rilevanti, non a restringerla. Confeziona due nuovi reati (corruzione privata e traffico d'influenza). Poi, certo, ci sarà da vigilare. Quando il governo metterà nero su bianco la riforma complessiva, dovremo valutare per esempio se il principio di responsabilità possa finalmente declinarsi pure per i giudici. Dovremo misurare lo spazio della libertà di stampa dopo la stretta sulle intercettazioni. Dovremo infine controllare che questa miscela normativa contenga una bella purga sulle prescrizioni. Michele Ainis19 marzo 2012 | 13:34 di Liana Minella ROMA-“Liste pulite” è il nuovo decreto legislativo sulla non candidabilità a qualsiasi carica elettiva e di governo per chi ha addosso una condanna definitiva per una pena minima di 2 anni. I ministri dell’Interno, Giustizia e Funzione pubblica si sono incontrati per concludere tale decreto che passerà, in settimane, alla revisione del Parlamento. Poi le commissioni parlamentari avranno 60 giorni per decidere se approvare o bloccare la legge. Se passerà, il decreto sarà da subito operativo in tutto il Paese, e quindi potrà essere attuato già per le elezioni regionali del 27 Gennaio. Ciò è stato confermato dal titolare del Viminale Anna Maria che ha garantito che la legge sarà in vigore per le prossime elezioni. Ma vi sono ancora delle revisioni da fare da parte dei tre ministri: • Fissare la durata dell’incandibilità, che verrà risolto graduando il tempo in rapporto alla gravità del reato commesso e della condanna subita. • Stabilire l’effettiva lista dei reati compresi. La delega dice che devono essere compresi tutti quelli gravi e “di grave allarme sociale”; la corruzione non è citata, ma, vista l’entità delle sue pene (fino a 15 anni per la corruzione giudiziaria), si dà per compresa. Tuttavia il problema è legato a Berlusconi che, nel Rubygate, è accusato di prostituzione minorile; questo reato non è incluso nella lista dei reati gravi, quindi non implica la non candibilità. Forse nel disegno di legge si celava una copertura per il cavaliere affinchè non fossero inclusi anche i reati minori, quali la prostituzione minorile. La Repubblica 05-11-2012 Il Ministro della Giustizia Paola Severino Il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri Approdato in Parlamento, il decreto sulle "liste pulite" deve ora fare i conti con l'ostruzionismo del Pdl, che considera troppo strette le maglie dell'incandidabilità stabilite dal governo in base alla delega contenuta nella legge anticorruzione. Il tempo stringe, perché per essere operativo fin dalle prossime, e ormai imminenti, elezioni (regionali e politiche) il decreto andrebbe "perfezionato" entro gennaio. L'iter infatti prevede che le Camere abbiano 60 giorni di tempo per esprimere un parere, obbligatorio ma non vincolante per il governo che poi dovrà approvare definitivamente il decreto legislativo, mandarlo alla firma del Capo dello Stato e pubblicarlo in Gazzetta ufficiale. Ora, se Camera e Senato decideranno di prendersi tutti i 60 giorni previsti dalla delega per il parere, le nuove norme sull'incandidabilità non potranno applicarsi alle elezioni di febbraio per il Lazio, ed eventualmente neanche per le politiche, la Lombardia e il Molise, sempre che queste ultime non vengano fissate a marzo (in tal caso ci sarebbero i tempi tecnici). Se invece licenzieranno il parere rapidamente (per esempio dimezzando i tempi), si può arrivare puntuali all'appuntamento con il voto. Vanno fatte, però, due osservazioni. La prima: la delega precisa che se le Camere non riescono a formulare il parere entro 60 giorni, il governo procede ugualmente. Dunque, se in altri casi il Parlamento ha spesso chiesto (e ottenuto) una proroga, stavolta non sarà possibile, per cui al massimo a metà febbraio le regole sull'incandidabilità saranno operative e chi fosse entrato in lista nonostante una condanna definitiva a più di due anni rischierebbe la decadenza successivamente. Idem per chi, imputato e già condannato in primo e secondo grado, fosse raggiunto da una condanna definitiva di lì a poco. Seconda osservazione: i tempi di approvazione del decreto possono essere più brevi se le Camere daranno il parere «in fretta», come vogliono Pd, Fli e la gran parte dei partiti per «non far perdere alla politica l'occasione di mandare un segnale di moralità». Ma c'è un "ma": se il Pdl è sostanzialmente minoranza, c'è da chiedersi perché le altre forze politiche, invece di puntare solo alla «fretta» blindando il testo così com'è, non propongano anche di «migliorarlo», suggerendo al governo regole più stringenti sulla «decadenza» dal mandato parlamentare di chi si sia candidato (e sia stato eletto) pur essendo indagato, imputato, condannato in primo e secondo grado, e poi sia stato definitivamente condannato. La «fretta» rivendicata da quasi tutti i partiti (sicuramente la maggioranza rispetto al Pdl) sarebbe quindi più credibile se fosse accompagnata anche dalla proposta di introdurre nel decreto dei paletti alle valutazioni della Camera sulla decadenza del parlamentare condannato definitivamente durante la legislatura, pur nel rispetto dell'articolo 66 della Costituzione. Poi sarà il governo ad assumersi la responsabilità di raccogliere o meno il suggerimento. Ma rinunciare in partenza in nome della «fretta», limitandosi solo a criticare la «fiacchezza» delle nuove norme, farebbe di questo provvedimento l'ennesima operazione di propaganda della politica e non il segno di una svolta concreta. di Donatella Stasio 12 dicembre 2012 Il Sole 24 ore L'aula della Camera ha approvato il ddl anti-corruzione. Dopo il via libera definitivo il provvedimento è ora legge. Contro ha votato l'Idv, mentre la Lega, pur dicendo no alla fiducia, si è espressa a favore del disegno di legge. In dissenso dal gruppo Alfredo Mantovano (Pdl) si è astenuto, così come si sono astenuti i radicali. I sì sono stati 480, i voti contrari 19 e gli astenuti 25. "Sono molto soddisfatta. I numeri della votazione dimostrano come ci sia stata una grande condivisione di questo progetto", commenta il ministro Severino. "Si può sempre fare di più, ma non ci sono stati compromessi politici al ribasso. In questo provvedimento si doveva regolare il fenomeno della corruzione", ha precisato il ministro, ribadendo che sulle altre materie rimaste fuori, prescrizione, falso in bilancio, voto di scambio e autoriciclaggio c'è "la seria intenzione del governo dare un contributo". Contro il ddl anti-corruzione ha votato anche dal deputato del Pdl Luca d'Alessandro. Astenuti i radicali, 10 deputati del Pdl, 3 di Popolo e territorio, 4 del misto e Torazzi della Lega. Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si è detto soddisfatto per il "punto di compromesso" raggiunto sulla legge anticorruzione. "E' un passo concreto nella lotta alla corruzione, un segnale che i cittadini aspettavano da tempo e che non poteva essere rinviato". Critico invece il leader dell'Idv Antonio Di Pietro. "Noi riteniamo, come sottolineato anche dall'Anm e dal Csm, che siamo di fronte all'ennesima occasione mancata, ad un'amnistia parziale, anzi, aggiungo io, mascherata". (31 ottobre 2012) La Repubblica La mafia si è introdotta anche nello smaltimento dei rifiuti con un giro d’affari che ammonta a 20,5 miliardi di euro. Nel 2009 l’operazione Demeter per il controllo dei traffici illeciti su scala globale, che ha coinvolto 64 paesi dell’Europa, Africa e Sud Asiatico ha fatto finire sotto sequestro 30 mila tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi. I rifiuti coinvolti sono plastica, carta, rottami ferrosi e spazzatura elettronica ed hanno messo sotto particolare osservazione i porti di Genova, Napoli, Gioia Tauro , Taranto; sotto particolare sorveglianza si è trovato il porto di La Spezia, noto per le vicissitudini “navi dei veleni”, dal quale partivano irregolarmente verso Africa ed Asia, rifiuti elettronici classificati invece come “apparecchiature funzionanti”. Gli illeciti sul territorio Italiano sono purtroppo molteplici e vedono coinvolta al primo posto la Campania seguita da Puglia, la Calabria e la Sicilia; tra le più importanti operazioni troviamo Leucopetra che ha messo sotto inchiesta la Puglia portando alla luce lo smaltimento illecito di 100 mila tonnellate di rifiuti prodotti dalla centrale a carbone di Brindisi, Golden Rubbish che ha portato al sequestro di ingenti quantitativi di rifiuti prodotti da multinazionali e gruppi industriali di primaria importanza, Laguna de Cedros che ha portato all’arresto di 11 persone per gli smaltimenti illeciti di rifuiuti provenienti da allevamenti industriali Scatenatasi nel 2009 la guerra dei rifiuti ha innescato una vera e propria lotta alla spartizione dell’immondizia, fatta di attentati incendiari, minacce e persino omicidi. A Napoli lo smaltimento illegale di pneumatici viene dato alle fiamme a meno della metà del prezzo effettivo con 50-100 € a carico. Il risparmio delle aziende ed il guadagno illecito alimentano l’attività criminale con la produzione ed utilizzo del calcestruzzo depotenziato che viene poi utilizzato per la costruzione di strade a scorrimento veloce, gallerie ed ospedali pur non rispondendo ai requisiti di contratto e di legge. Quest’operazione ha portato nel 2010 al sequestro di 7 società. Molte sono le società di stampo mafioso che sono coinvolte in questi affari; la Messina Calcestruzzi Srl controllata dai F.lli Pellegrino e consapevole della pessima qualità del loro prodotto lo impiegava nella costruzione di palazzi e centri commerciali. Anche l’ndrangheta ne è coinvolta perfino con la costruzione di una scuola nella quale veniva impiegata più sabbia che cemento. Al comando di questi traffici troviamo un’organizzazione denominata “base” alla quale i vari clan affidano i loro affari. Le grandi imprese partecipano agli appalti e si accordano con i clan per convenienza economica stringendo un patto con le organizzazioni mafiose. Il mercato immobiliare legale ha subito nel 2009 un vero e proprio tracollo mentre quello illecito è stato appena sfiorato dalla crisi del mattone perché impiegava materiali di basso costo e senza requisiti di idoneità. Anche la costruzione di centri commerciali attira l’attenzione della mafia cancellando così vaste aree agricole dove spuntano megacentri ed ipermercati che mettono poi in ginocchio la rete di attività commerciali del quartiere già provate dalla crisi. Si estende parzialmente nell'area casertana sono state inquinate dallo sversamento illegale, operato dai clan camorristici di Casal di Principe, di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici provenienti da aziende del Nord, compresa l'Acna di Cengio. E secondo le stime degli esperti interpellati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli rimarranno inquinate almeno fino al 2064, continuando a produrre effetti nocivi sulla popolazione, in particolare sui bambini, sulle colture e sul bestiame, fino al 2080.Sono queste, dunque, stando alle indagini della Dda, le dimensioni dello scempio che l'avidità della camorra e la disonestà di imprenditori interessati solo a risparmiare per smaltire i veleni di scarto delle loro aziende, ha fatto del territorio campano e della salute di chi ci vive. Altro che emergenza spazzatura e tesi contrapposte tra chi vuole e chi non vuole gli inceneritori. È sottoterra che hanno avvelenato perfino l'acqua. E ci sono nomi e cognomi dietro questo disastro: innanzitutto quello del boss casalese Francesco Bidognetti, che in carcere, dove si trova già con una condanna definitiva all'ergastolo. Bidognetti non è però l'unico indagato. Con lui ci sono due imprenditori ritenuti collegati alle famiglie casalesi, Cipriano Chianese e Gaetano Cerci, e l'ex subcommissario all'emergenza rifiuti in Campania Giulio Facchi. Le indagini hanno stabilito che tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, Bidognetti costituì insieme a Cerci la società Ecologia 89 che utilizzò come copertura per lo smaltimento illegale di rifiuti tossici di industrie del Nord in un'area di circa 21 ettari. Le operazioni sono andate avanti per circa vent'anni, per un totale accertato di 806.590 tonnellate di rifiuti tossici, di cui 30.600 provenienti dall'Acna. Una enorme quantità di veleni che ha causato la formazione di percolato, sostanza liquida che si infiltra nel terreno, raggiunge le falde acquifere e vi si mischia. Lo smaltimento illecito sarebbe stato agevolato dalle autorizzazioni concesse da Facchi, che consentivano a Chianese di operare nelle sue discariche. Bufi Fulvio (11 dicembre 2012) - Corriere della Sera Speculazione su 4 ettari di area protetta a Santa Procula: la Finanza sequestra strade e fognature; bloccata la creazione di nuovi complessi edilizi; 18 sotto inchiesta Ci sono un assessore attualmente in carica, due ex consiglieri e due pubblici funzionari del Comune di Pomezia tra i 18 indagati dalla Procura di Velletri per il reato di lottizzazione abusiva. L'inchiesta, partita da un esposto presentato nel 2010 da parte di residenti della zona, riguarda un'area di circa quattro ettari situata a Santa Procula, frazione del comune pometino, soggetta a vincolo paesaggistico e archeologico, dove i soggetti indagati avevano già realizzato importanti opere di urbanizzazione primaria, come strade e sistemi fognari, in vista della creazione di nuovi complessi edilizi. MAXI-BLITZ – Già dalle prime luci dell'alba i finanzieri di Pomezia, coordinati dal Capitano Paolo Lauretti, e del comando provinciale di Roma hanno eseguito, su ordine del sostituto procuratore della Repubblica di Velletri Giuseppe Travaglini, ventidue perquisizioni domiciliari nei confronti di politici e imprenditori della zona, coinvolti nella lottizzazione abusiva dell'area protetta e abuso di ufficio. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, sulle zone spartite dal "gruppo" mancavano sia i permessi della Sovrintendenza dei Beni Culturali che autorizzazioni da parte della Regione Lazio. TERREMOTO IN COMUNE – Non è insediata da nemmeno un anno ma ora la giunta del sindaco Enrico De Fusco, al suo secondo mandato, rischia di essere travolta dall'ennesimo scandalo. Tra gli indagati dalla Procura spicca infatti quello di un assessore comunale dell'attuale maggioranza di centrosinistra, nonchè quelli di due ex consiglieri comunali: senza citare i due funzionari degli uffici di piazza Indipendenza e di numerosi imprenditori edili e immobiliari. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, i soggetti coinvolti nell'inchiesta avrebbero rilasciato permessi a ditte di cui sarebbero anche titolari. Solo lo scorso febbraio il clamoroso arresto per corruzione del consigliere comunale Pd Renzo Antonini: l'uomo, da tempo nel mirino degli inquirenti perchè sospettato di intascare tangenti per favorire appalti, era stato sorpreso dai Carabinieri, proprio di fronte il Comune di Pomezia, mentre accettava una mazzetta da 2500 euro da un imprenditore della zona. LA DIFESA DI TOCE - «Premesso che quanto addebitatemi non ha nulla a che vedere con la mia carica di assessore, – si difende il diretto interessato, l’ assessore all’Ambiente del Comune di Pomezia, Pietro Toce dichiaro che ho acquistato parte della società a responsabilità limitata oggetto di indagine in data 17/12/2010, quando la convenzione sui terreni edificabili nella zona di Santa Procula era stata già adottata in Consiglio comunale, conformemente al piano regolatore del 1974«. L’esponente della giunta De Fusco precisa anche il fatto che «la relativa convenzione stipulata con atto notarile e tutta la documentazione da me visionata, dimostra l’assoluta legittimità della lottizzazione in oggetto». Legittima la concessione, legittime dunque per Toce le opere di urbanizzazione realizzate nell’area. «Ci tengo a sottolineare – conclude l’assessore - che il parere favorevole del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sovrintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, oggetto della contestazione, è stato acquisito in data 27/03/2012, prot. MBAC-SBA-LAZ n. 3941 Class. 34.19.07/88.25. Confidando che quanto prima si arrivi a far luce sulla vicenda esprimo la massima fiducia sia nell’attività inquirente che nell’ attività operante» TERRA DI ABUSI – Non è la prima volta che nell'area del litorale sud della Capitale, operazioni delle forze dell'ordine portano alla luce abusi e illegalità legati ad aree protette. A gennaio 2011 l'ultimo maxi sequestro di 168 villette in zona Ardea, risultate prive di autorizzazioni edilizie. Anche all'epoca operò la Guardia di Finanza di Pomezia che indagò per abusivismo il rappresentante della ditta esecutrice del mega complesso illecito. Da anni invece in sospeso la vicenda delle Salzare, area urbana di Ardea detta il «serpentone», al centro di ordinanze di demolizioni, ricorsi al Tar e rivolta dei proprietari in difesa delle abitazioni. Valeria Costantini maggio 2012 Un imprenditore edile denuncia e per tre estorsori scattano le manette. E' accaduto ieri a Palermo, dove la Polizia ha arrestato Nunzio Di Stefano, 44 anni, Giuseppe Adelfio, 36 anni, e Massimiliano Garofalo, 38 anni. I tre si sono resi protagonisti di reiterate minacce e pressioni nei confronti della loro vittima a cui avevano chiesto 1500 euro, quale "risarcimento" a Di Stefano per un presunto incidente sul lavoro avvenuto quando lavorava per l'imprenditore. Ma alle richieste di denaro la vittima si e' sempre opposta e, dopo i ripetuti blitz sotto la sua abitazione dei suoi aguzzini, ha deciso di denunciare tutto alla Polizia. Cosi' all'appuntamento fissato dall'imprenditore con i tre estortori per il pagamento delle banconote, preventivamente fotocopiate, si sono presentati anche gli agenti, travestiti da parcheggiatori abusivi. Dopo la consegna di una parte del denaro i poliziotti sono intervenuti ed hanno bloccato i tre uomini, prima che 'scortassero' la vittima in banca dove avrebbe dovuto scambiare un assegno di mille euro. AMDuemila 12 sett. 2012 IL CORAGGIO DELLA DENUNCIA - Matteo (nome di fantasia), dopo sette anni è riuscito a dire basta. «Sono un artigiano e, dopo un fallimento, nel 2002 sono entrato in questo giro – ricorda -. Chi mi ha prestato denaro era un parente, ma in pochi anni ho accumulato debiti con questa persona per più di un milione e mezzo di euro, di cui la metà erano interessi». Nel 2009 Matteo ha deciso di rivolgersi alle autorità. Da quel momento lo strozzino non l’ha più contattato, anche se dopo la denuncia una serie di atti intimidatori, come il furto delle attrezzature, l’incendio dei magazzini, gli ha impedito di svolgere la propria attività. Ivano Giacomelli LA NORMATIVA ANTIRACKET – La legge 108 del 1996 ha istituito un fondo di solidarietà per le vittime del racket. La normativa prevede la concessione di un mutuo senza interessi da restituire in dieci anni, destinato a tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale e che dichiarino di essere vittime di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale. Un fondo destinato a consentire il reinserimento delle vittime nel circuito dell’economia legale. Nei fatti, per ottenere il mutuo possono passare anni. Giuseppe Cucinotta, 21 novembre 2012 (modifica il 22 novembre 2012) corriere della sera Alla banda che aveva imprigionato le vite di molti e nella quale militava anche un vigile urbano, Nicola Ponzio, sono andate condanne dai sei mesi fino ai sette anni. La più severa è toccata proprio a lui, il «pizzardone» dell'area monumentale, l'agente della municipale che prestava servizio nel primo Gruppo e che, per un prestito in contanti, chiedeva il 213%di interesse. Dalle indagini dei carabinieri venne fuori che, dopo averne prosciugato il conto, Ponzio e «Sandro» avevano preso a farsi pagare dall'imprenditore in manodopera artigianale: scale, lastre e perfino capitelli. Minacciato, pestato, oppresso in vari modi, Migliorati aveva fatto quello che, pochissimi tra i suoi colleghi, riescono a fare. Aveva sporto denuncia. Il giudice della decima sezione ha inflitto condanne severe anche al resto dell'associazione a delinquere. Ilaria Sacchettoni, 30 novembre 2012 | 14:47 corriere della sera Ormai quasi tutti i giorni il presidente del Consiglio ricorda a se stesso e alla maggioranza che «la legge anticorruzione si farà prima della fine della legislatura perché è essenziale per la competitività del Paese». E ancora ieri il governo ha schierato i ministri Paola Severino, Anna Maria Cancellieri e Filippo Patroni Griffi su questo fronte perché la settimana di ripresa dei lavori parlamentari si profila piuttosto calda. A Cernobbioil Guardasigilli ha citato un dato che da solo dovrebbe convincere tutte le forze politiche sull' ineluttabilità di una più severa normativa contro la corruzione: «Secondo le stime della Banca mondiale, la crescita del reddito potrebbe essere superiore del 2-4% con una efficace lotta alla corruzione». Per questo il ministro Patroni Griffi (Funzione pubblica) ha ricordato che nel ddl c' è anche la prevenzione: «Contro la corruzione servono infatti la rotazione dei dirigenti e maggiori incompatibilità per chi è al vertice nella Pubblica amministrazione». Ha ribadito che l' anticorruzione è una assoluta priorità per il Paese il ministro Paola Severino ha fornito la sua risposta standard sul ddl intercettazioni: «Per questo governo non ci sono tabù ma leggi da fare». Nel Pdl, il dibattito è vivace. Gaetano Pecorella, che pure chiede modifiche in senso garantista al ddl anticorruzione, dice che «sulla giustizia non sono ammissibili gli scambi. Se una legge è buona va votata». Invece, Osvaldo Napoli ribatte che l' anticorruzione passa se passa la responsabilità civile dei magistrati: «O tutto o niente». Ma in realtà «il Pdl vuole bloccare tutto», attacca Anna Finocchiaro (Pd) che ringrazia la Severino. E Pier Ferdinando Casini si schiera con il Pd: «Non è accettabile un rinvio di una legge anticorruzione». D. Mart. 10 sett. 2012 Proprio come l' Italia, la Grecia, oltre ad altissimi livelli di corruzione, sconta una dilagante evasione fiscale, evidente nel settore turistico, che è una delle due principali risorse nazionali (insieme ai trasporti marittimi). A evadere le tasse non sono solo i piccoli proprietari di casette bianche, che in estate affittano ai turisti qualche stanzetta spartana a bassissimo costo. Nella fascia medio-alta, dove si paga tra 60 e 120 euro a notte, è difficile riuscire a ottenere una ricevuta fiscalmente valida, vedersi accettata la carta di credito o semplicemente poter pagare con un bonifico bancario. Alcuni alberghi accettano prenotazioni senza pretendere la garanzia tramite carta di credito (perfino quando si prenota via Internet attraverso siti internazionali specializzati) per non rischiare di lasciare traccia dei loro introiti. Nei ristoranti il conto spesso arriva su un anonimo pezzetto di carta, non solo nelle taverne da 10-20 euro a pasto, ma a volte anche dove servono pesce di qualità (che in genere ha costi simili o più alti rispetto a quelli praticati in Italia). Se si escludono gli autonoleggi e poco altro, anche per gli altri servizi turistici vengono spesso richiesti pagamenti in nero, che conseguentemente finiscono per moltiplicare il ricorso al lavoro nero (evadendo qualsiasi tassazione e contribuzione previdenziale). Molti greci spiegano la tolleranza dei politici per questa evasione fiscale di massa come il mezzo per ottenere il consenso elettorale dell' ampia parte della popolazione con attività turistiche. Ma indicativo è anche lo strapotere della lobby degli armatori, riuscita a ottenere esenzioni e facilitazioni fiscali nell' altro grande settore portante dell' economia greca, caratterizzato da quella che è considerata la flotta mercantile più grande del mondo. In questo caso la spiegazione ufficiale è il rischio di trasferimento delle attività e dei posti di lavoro in altri Paesi e nei paradisi fiscali con tassazione più conveniente per le imprese di navigazione. Non risulta però che l' Ue stia occupandosi concretamente di questa concorrenza fiscale al ribasso (partendo almeno dai suoi Stati membri). Mentre da Bruxelles continuano a imporre principalmente tagli recessivi alla Grecia, già allo stremo per la crisi e per l' altissima disoccupazione, e a sollecitare la vendita dei beni dello Stato nel momento del loro massimo deprezzamento. Caizzi Ivo 18 sett. 2012