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slide sostegno lezione 4 - Tfa Sostegno Lumsa 2015
Corso di abilitazione per il sostegno Anno Accademico 2013/2014 Corso di Pedagogia e didattica speciale della disabilità intellettiva e dei disturbi generalizzati dello sviluppo. Prof.ssa Maria A. Geraci PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA Specialista in Psicoterapia dell’Infanzia, dell’Adolescenza e degli Adulti (Scuola Humanitas di Roma) Specialista in Valutazione Psicologica (La Sapienza di Roma) Docente Humanitas - Docente Formazione di base – Roma Capitale RESPONSABILE DEL SERVIZIO DSA CONSORZIO HUMANITAS RIASSUNTO LEZIONE 3 QUATTRO CONCETTI CHIAVE PER L’INTEGRAZIONE • Progettazione • Organizzazione (strutturazione) • Didattica speciale • Valutazione • Programmazione • Intervento • Compagni PROGRAMMARE A SCUOLA Si possono distinguere 3 tipologie di programmazione per pianificare azioni didattiche riferite ad allievi con autismo: Programmazione per obiettivi Programmazione per concetti Programmazione per sfondi integratori LEZIONE 4 PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL’AUTISMO CARATTERISTICHE E LIVELLO DI APPLICABILITA’ A SCUOLA Le sperimentazioni e le esperienze sviluppate negli ultimi decenni hanno consentito di mettere a punto vari programmi di intervento per allievi con autismo, i quali si sono rivelati assai efficaci per promuovere l’acquisizione di competenze e il contenimento di problemi comportamentali. Facendo riferimento soprattutto all’approccio cognitivocomportamentale, sono state elaborate metodologie di lavoro molto interessanti, alcune delle quali godono di una significativa validazione scientifica. Per quanto riguarda le strategie di intervento educativo e i contenuti da privilegiare per favorire l’apprendimento dell’allievo con autismo viene ribadita qui la necessità di un approccio personalizzato, che coniughi le indicazioni che provengono dalle più affinate metodologie di intervento con gli accorgimenti organizzativi e metodologico-didattici necessari per la promozione di una reale integrazione. ESISTONO DIVERSI PROGRAMMI DI INTERVENTO SPECIFICI PER L’AUTISMO, CHE PROPONGONO MODELLI DI LAVORO APPLICABILI A LIVELLO SCOLASTICO: I programmi di intervento comportamentale APPLIED BEHAVIOR ANALYSIS (ABA) DISCRETE TRIAL TRAINING (DTT) MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI L’approccio TEACCH Il programma per lo sviluppo della TEORIA DELLA MENTE Il modello DENVER Intervento precoce per stimolare INTERSOGGETTIVITA’ Il modello Denver L’approccio sui gruppi di gioco integrati Il programma derivato dagli studi sulla teoria della mente I sistemi di COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA (CAA) per allievi non verbali VERBAL BEHAVIOR TEACHING L’ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA APPLIED BEHAVIOR ANALYSIS ABA ABA ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA L’ABA è la scienza applicata che deriva dalle scienza di base conosciuta come analisi del comportamento (Skinner,1953), la quale studia una relazione funzionale, chiamata tecnicamente «contingenza», costituita da almeno tre elementi in relazione tra loro: una classe di eventi stimolo che rappresentano la situazione antecedente, una classe di risposte o comportamenti, una classe di eventi stimolo che sostituiscono la situazione conseguente, il tutto all’interno di un setting specifico ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA L’ABA nasce come metodologia per il recupero delle disabilità intellettive ed evolutive in genere ed è stata applicata dagli anni settanta del secolo scorso al campo dell’autismo. Prevede l’insegnamento sistematico di piccole unità misurabili di comportamento; i compiti da apprendere, individuati sulla base del profilo dinamico funzionale, sono suddivisi in tappe, ognuna delle quali viene insegnata in sessioni ripetute e ravvicinate, inizialmente con un rapporto uno a uno. ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA Le procedure di insegnamento ABA si fondano sull’utilizzo di tecniche specifiche e sistematiche, da implementare all’interno di una precisa organizzazione dell’intervento. ABA: PRINCIPI BASE Il luogo privilegiato dell’intervento sono la casa e la scuola, dove il bambino trascorre gran parte del proprio tempo e il responsabile dell’intervento deve essere l’insegnante e il genitore, opportunamente istruito. L’intervento deve essere iniziato precocemente. L’intensità dei programmi è fondamentale per la riuscita dell’intervento. Gli interventi dovrebbero essere effettuati giornalmente e in maniera prolungata, in modo da coprire almeno 30 ore di lavoro settimanali. Inoltre è fondamentale assicurare il mantenimento nel tempo dell’azione educativa specifica. Dopo i primi 2 anni di attività si cominciano a determinare modificazioni significative e profonde. L’intervento viene condotto facendo riferimento a specifiche strategie centrare soprattutto sul controllo degli stimoli, sul modellamento e sul rinforzo. Tale strategie vanno sempre fatte precedere da una valutazione attenta dei diversi repertori comportamentali del bambino, in modo da decidere quali andranno potenziati e quali ridotti attraverso l’intervento. ABA: PRINCIPI BASE E’ importante creare preliminarmente un’adeguata modalità relazionale e interattiva fra bambino e educatore, effettuando il pairing (associazione di rinforzi positivi alla semplice presenza dell’educatore in modo da orientare positivamente il bambino verso l’adulto con il quale dovrà lavorare). Il procedere dell’intervento si focalizza inizialmente sull’insegnamento sistematico di unità di comportamento piccole e misurabili, per poi passare ad altre più ampie attraverso un controllo dei vari passi istruzionali. Oltre a ciò va sempre fatto riferimento alla motivazione del bambino, adattando le proposte alle sue esigenze e tenendo conto dei feedback che invia. ABA Le strategie alle quali si fa principalmente riferimento per ricercare tali apprendimenti sono le seguenti: Tecnica di aiuto e riduzione dell’aiuto (prompting e fading) Apprendimento imitativo (modeling) Modellaggio e concatenamento (shaping e chaining) Apprendimento discriminativo senza errori Tecniche di rinforzamento ABA: TENICHE DI AIUTO (PROMPTING) E ATTENUAZIONE DELL’AIUTO (FADING) La tecnica dell’aiuto, consiste nel fornire all’allievo uno o più stimoli discriminati sotto forma di aiuti (prompt). I prompt sono di solito sintetici, percettivamente evidenti (introducono cioè un elemento realmente nuovo nella situazione) e, soprattutto, vengono proposti al momento esatto in cui dovrebbe verificarsi la prestazione. Esistono vari tipi di prompt: Suggerimenti verbali: aiuti molto naturali, usati allo scopo di facilitare la comprensione del compito Indicazioni gestuali: particolari gesti che l’educatore compie per stimolare l’emissione di comportamenti ricercati o la riduzione di altri ritenuti inadeguati (es alzare la mano per indicare che i deve sospendere un compito). Guida fisica: contatto fisico concreto tramite il quale l’educatore guida l’allievo nell’effettuazione delle prestazioni programmate. PROMPTING PROMPTING ABA: TENICHE DI AIUTO (PROMPTING) E ATTENUAZIONE DELL’AIUTO (FADING) L’attenuazione dell’aiuto consiste nell’attenuare progressivamente gli aiuti forniti attraverso una strategia denominata fading. Questa tecnica determina modificazioni che non interessano il comportamento in sè ma le condizioni in cui questo deve avvenire. Il fading presenta diverse caratteristiche a seconda della tipologia di prompt a cui si riferisce. Fading per prompt verbali: diminuire il numero di parole che compongono l’ordine e nell’abbassare il tono della voce con cui è pronunciato. Fading per prompt gestuali: diminuire l’ampiezza del gesto o sostituendolo con un altro meno appariscente. Fading per prompt fisici: ridurre gradualmente l’area del corpo toccata, la pressione esercitata, spostare la presa dalla zona del corpo iniziale a zone più distanti. ABA: STRATEGIA DI APPRENDIMENTO IMITATIVO: IL MODELLAMENTO (MODELING) La tecnica del modeling consiste nella promozione di esperienze di apprendimento attraverso l’osservazione del comportamento di un soggetto che funge da modello. Mentre in soggetti normodotati l’apprendimento imitativo può avvenire senza una particolare intenzionalità da parte di insegnante e osservatore, con i soggetti autistici questo è impossibile che avvenga, per cui l’intervento di modeling andrà attentamente progettato tenendo in considerazione tre condizioni determinanti: Le caratteristiche del modello Le caratteristiche dell’osservatore Le conseguenze prodotte dal comportamento del modello e da quello dell’osservatore nel momento in cui imita il modello. Quanto tali conseguenze sono positive (rinforzi), l’osservatore continuerà a manifestare il comportamento acquisito, in caso contrario tenderà a inibire tale comportamento. ABA: IL MODELLAGGIO (SHAPING) Il modellaggio (o shaping) è una tecnica tramite la quale è possibile ampliare i repertori di capacità degli allievi, facilitando la costruzione di nuove abilità. Si basa sul rinforzo di comportamenti dell’allievo che progressivamente si avvicinano a quello ricercato (comportamentometa). Solitamente questa tecnica viene utilizzata in associazione ad altre e principalmente al prompting e al fading. Un programma di shaping ha tre caratteristiche fondamentali: Individuazione dell’abilità che si intende costruire e selezione del comportamento iniziale già presente nel repertorio comportamentale dell’allievo e che abbia qualche attinenza con il comportamento-meta. Delineazione di una serie di approssimazioni successive, cioè di comportamenti che, partendo da quello iniziale si avvicinano sempre più a quello meta. Predisposizione di opportuni programmi di rinforzamento per far si che l’allievo possa progressivamente padroneggiare i vari comportamenti fino a raggiungere quello meta. ABA: IL MODELLAGGIO (SHAPING) MODELLAGGIO: SHAPING Utilizzo della strategia di modellaggio (shaping) per insegnare a Luca l’acquisizione di abilità grafiche di base. Quando Luca aveva 4 anni, l’insegnante di sostegno, supervisionato da uno psicologo esperto in terapia comportamentale, ha sviluppato un intervento per facilitare le prime abilità grafiche, consistenti nel tracciare righe su un foglio impugnando i colori con presa tridigitale. Si è deciso di far ricorso alla strategia dello shaping. Il comportamento iniziale individuato è stato quello di afferrare oggetti colorati, specie quelli verdi. Venivano messi oggetti nelle vicinanze di Luca, fra cui alcuni rinforzatori materiale e sociali. Una volta stabilizzato il comportamento di individuazione e presa del pennarello, l’educatore rinforzava Luca solo se toglieva anche il tappo. Questa abilità venne insegnata anche attraverso l’utilizzo di prompt fisici e dimostrazioni. In seguito i rinforzatori vennero riservati solo al comportamento di tracciare segni su un foglio. Si passò poi all’insegnamento della presa tridigitale e Luca venne rinforzato esclusivamente quando impugnava correttamente il colore e tracciava con esso dei segni sul foglio bianco. Nel gito di tre mesi il comportamento-meta venne padroneggiato in maniera autonoma, mentre risultarono molto meno soddisfacenti i tentativi i ottenere che Luca colorasse correttamente delle figure. Continuò, infatti, solo a tracciare righe. ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING) Il concatenamento (o chaining) è una particolare strategia utilizzata per l’insegnamento di abilità complesse costituite da sequenze comportamentali ben delineabili. È il caso delle abilità di autosufficienza (vestirsi, svestirsi, ecc.) e di molte abilità professionali che richiedono un regolare susseguirsi di fasi. La predisposizione di un programma di chaining richiede un procedimento articolato in tre fasi: Suddivisione dell’abilità in componenti (task analysis) Costruzione della catena comportamentale Strutturazione di un programma di concatenamento delle componenti attraverso il rinforzo gradino per gradino: non appena il comportamento descritto nella prima componente è stato compiutamente e stabilmente appreso, si passa a rinforzare il gradino successivo soltanto se il comportamento previsto viene emesso insieme, congiuntamente, in sequenza a quello precedente, mentre la prima componente da sola non viene più rinforzata. Apprese e concatenate le prime due si passa alla terza e così via. ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING) La procedura di concatenamento distingue: Chaining Anterogrado: a partire dal primo comportamento fino a giungere all’ultimo Chaining Retrogrado: si aiuta l’allievo ad eseguire tutte le componenti di una catena comportamentale tranne l’ultima, procedendo a ritroso. ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING) Illustrazione delle fasi del training effettuato attraverso il concatenamento anterogrado, per insegnare a Giuseppe l’abilità di piantare e annaffiare i fiori. ABA: L’APPRENDIMENTO DISCRIMINATIVO SENZA ERRORI A partire dai lavori pioneristici di Terrace (1963), si è andato sviluppando un approccio all’apprendimento discriminativo finalizzato a ridurre al massimo la possibilità di errore da parte dell’allievo. Tra le procedure che si sono mostrate efficaci anche con persone fortemente compromesse dal punto di vista cognitivo ci sono: Stimulus fading Stimulus shaping Superimposition e fading Delayed cue Tali procedure si basano su tre regole principali: Il livello di discriminazione iniziale è molto semplificato, per cui l’allievo non si trova immediatamente a contatto con la discriminazione finale. La discriminazione finale viene raggiunta con gradualità in modo da prevenire o ridurre la possibilità di errore. La strategia del rinforzo viene utilizzata in maniera sistematica ABA: TECNICHE DI RINFORZAMENTO Skinner definisce il rinforzo come «un evento che, fatto seguire all’emissione di un comportamento, ne rende più probabile la comparsa in futuro» Esistono vari tipi di rinforzatori: materiali, sociali, sensoriali, simbolici, informazionali. La tecnica di rinforzamento presenta tre aspetti principali: Individuazione dei rinforzatori efficaci per ogni singolo allievo: colloquio con caregivers su attività, cibi e bevande, oggetti sensoriali e visivi che preferisce; osservazione informale del bambino in situazioni non strutturate, valutazione formale dei rinforzi al fine di stabilire una vera e propria gerarchia. Programmi di rinforzamento (continuo/intermittente). Principi metodologici per un corretto uso dei rinforzatori: rinforzo immediato dopo l’emissione di un comportamento, progressiva sostituzione dei rinforzatori materiali con altri maggiormente naturali, favorire il passaggio da un rinforzo costante a schemi di rinforzo intermittente. ABA: TECNICHE DI RINFORZAMENTO La valutazione dei rinforzi effettuata con Luca 1.Vengono presentati a Luca, uno alla volta, alcuni alimenti e oggetti che si ritengono graditi sulla base delle informazioni avute dalla mamma e delle impressioni derivate dall’osservazione informale. Per ogni possibile rinforzatore vengono annotate sulla scheda le reazioni dell’allievo nel momento della presentazione, mentre lo manipola, quando si cerca di riprenderlo, quando gli viene fornito di nuovo. La scheda riporta le principali reazioni di Luca. Rifiuta Non reagisce Cerca di prenderlo Mostra di gradirlo Lo riprende X X X X X X X X X X X X X Succo X Cracker X Patatina X Grissino X Macchinina Maracas X Libro Palla Pennarelli Protesta se gli viene tolto X X Rifiuta Non reagisce Cerca di prenderlo Mostra di gradirlo Lo riprende X X X X X X X X X X X X X Succo X Cracker X Patatina X Grissino X Macchinina Maracas X Libro Palla Pennarelli Protesta se gli viene tolto X X 2. Gli oggetti che risultano maggiormente graditi sulla base delle reazioni alla presentazione vengono riproposti in un primo gruppo di tre, annotando quello che viene preso per primo. L’operazione viene ripetuta più volte per essere certi che la scelta non sia casuale. 3. L’item scelto più volte viene tolto dal gruppo e ne viene reinserito uno nuovo ripetendo l’operazione. Togliendo sempre quello maggiormente scelto si arriva a un gruppo di quattro che risultano i preferiti in assoluto. 4. Vengono presentati questi quattro rinforzatori e ripetuta l’operazione di eliminare quello che viene scelto con più frequenza. In questo modo si arriva a una graduatoria che vede al primo posto la macchinina, al secondo il cracker, al terzo il succo, al quarto il libro. La patatina e i pennarelli sono graditi ma a un livello inferiore: la palla risulta essere neutra, mentre i grissini e le maracas vengono addirittura rifiutati. COME FAVORIRE LA GENERALIZZAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI? Per poter parlare di apprendimento, è necessario un mantenimento nel tempo delle abilità acquisite e la loro generalizzazione in contesti differenti da quelli in cui è avvenuto il training. Per pianificare attivamente la generalizzazione esistono diverse strategie: Estendere l’intervento ad altre condizioni: strutturazione di un training più ampio che investa altre situazioni in cui la generalizzazione non si è ancora verificata. Insegnare utilizzando stimoli e/o rinforzi simili a quelli che si trovano naturalmente nell’ambiente. Usare contingenze di rinforzamento difficilmente identificabili: alcuni programmi di rinforzamento intermittente risultano molo più resistenti all’estinzione in confronto a quelli di rinforzamento continuo. Il programma di insegnamento della discriminazione di immagini sviluppata con Marco. Attività - Identificare immagini. L’insegnante dispone le immagini sul tavolo di fronte al bambino. Dà l’istruzione «Indica…» e prendendo la mano del bambino lo guida a indicare l’immagine. Ogni esecuzione viene rinforzata. Si adotta una procedura di attenuazione progressiva degli aiuti (fading). Il rinforzo inizialmente comprese tutte le tipologie previste; poi viene attenuato quello tangibile (si passa a una procedura intermittente) fino ad annullarlo; infine vengono ridotti gli altri (si assa ad uno schema intermittente). Le risposte che vengono date con un livello più basso di aiuto non vengono più rinforzate quando viene manifestata senza errori e senza necessità di rinforzo tangibile. - Classificare le immagini. L’insegnante si siede su una seria di fronte al bambino e gli presenta un’immagine. Gli dice «mettila con quelle uguali». Vengono utilizzati gli aiuti e i rinforzi come nell’esercizio precedente. - Materiali: Fotografie e cartoncini raffiguranti oggetti Rinforzi: Rinforzo sociale («Bravo!»), rinforzo sensoriale «accarezza la mano) e rinforzo tangibile (patatina) Istruzione Risposta 1. «Indica…» Indica l’immagine corretta 2. «Mettila con quelle uguali» Classifica l’immagine 3. Data di introduzione Data di acquisizione Prima dell’intervento ABA https://youtu.be/vpqIRTaMutA In questo video girato al momento della diagnosi (estate 2014) aveva 2 anni. Nonostante i tentativi del suo papà di entrare in relazione con lui, rifiuta totalmente l'interazione sociale spingendo via il padre, per continuare a fare avanti e in dietro sul ponticello. Prima dell’intervento ABA https://youtu.be/LoGpuv7C2yE In questo video Hermes pur trovandosi al parco, invece che giocare e cercare il contatto con i suoi pari (gli altri bimbi) preferisce giocare da solo e guardare il riflesso della luce del sole che filtra tra le foglie e gli schemi geometrici della paviment Prima dell’intervento ABA https://youtu.be/nBEes-YeIBg In questo video Hermes evidenzia un repertorio di attività di gioco limitato, tipico dei bimbi con autismo ed iperattività. (il video è stato girato prima dell'inizio del trattamento A.B.A. e Biomedico) 4 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/6bhrjSQFjVI In questo video si possono notare i progressi dopo 4 mesi di ABA di Hermes, per quanto riguarda, attenzione, partecipazione, attenzione e linguaggio. Anche le stereotipie sono diminuite notevolmente. 4 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/6Dq_HsnaynI In questo video si notano i progressi dopo 4 mesi di ABA di Hermes: risponde al suo nome e se si allontava e viene chiamato si gira e torna in dietro, è migliorata la relazione con i genitori ed è emergente la capacità di gestione della frustrazione. Il linguaggio sta cominciando a svilupparsi grazie alla forte motivazione per il raggiungimento del premio (il suo cibo preferito) sono tuttavia ancora presenti stereotipie, iperattività ed ipereccitabilità emotiva. 9 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/JPeIk7uAC5o Dopo 9 mesi di ABA Herms riconosce i colori ed impara ad associarli e a categorizzare. Sono scomparse le stereotipie e l'iperattività. (Oltre ai programmi educativi da dicembre 2014 seguiamo il protocollo Biomedico) 10 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/nThb43QhUN4 Dopo 10 mesi di ABA In questo video si può notare il progresso strabiliante nello sviluppo del linguaggio, nella capacità di relazione e la scomparsa di stereotipie motorie ed ipera attività. Oltre all'ABA abbiamo affiancato il protocollo Biomedico da dicembre 2014 e questo lo sta aiutando ad ottimizzare i risultati. 11 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/wMkVCPxQQUE Dopo 11 mesi di ABA In questo video Hermes resta seduto tranquillamente a tavola, anche se il ristorante è affollato e molto rumoroso. Fino ad un anno fa non avrebbe sopportato la confusione e le luci così forti. Questi risultati sono stati ottenuti abbinando A.B.A. educazione strutturata e protocollo Biomedico (da dicembre 2014) 11 mesi di trattamento ABA https://youtu.be/-Z78Nn7LRNs Dopo 11 mesi Hermes, ora è in grado di parlare e di dire ciò che prova alla sua mamma. "dice: Mi piace la mamma" (dopo 11 mesi di A.B.A. ed educazione strutturata ed introduzione del protocollo Biomedico da dicembre 2014) DISCRETE TRIAL TRAINING DTT DISCRETE TRIAL TRAINING Il Discrete Trial Training (DTT) è un modello di intervento comportamentale che prevede un percorso di istruzione nel quale i compiti di apprendimento sono posti in sequenza in piccole unità proposte in maniera ricorsiva, con utilizzo di rinforzi come conseguenza immediata a situazioni di successo e con una grande attenzione riposta nella raccolta dei dati e nella valutazione dei progressi del bambino. In concreto, attraverso il DTT vengono insegnate competenze con l’utilizzo di una procedura che comprende quattro elementi. L’istruzione o domanda, che costituisce lo stimolo antecedente discriminativo, che porterà al controllo del comportamento. La risposta dell’allievo, che può essere corretta, non corretta o assente La conseguenza della risposta, che può variare a seconda che la stessa sia stata adeguata o meno L’intervallo tra le prove, costituito da una breve pausa tra una routine e l’altra, in modo da informare l’allievo che una prova è stata completata e che si accinge a partire con la successiva. DISCRETE TRIAL TRAINING In concreto, attraverso il DTT vengono insegnate competenze con l’utilizzo di una procedura che comprende quattro elementi: ISTRUZIONE RISPOSTA DELL’ALLIEVO CONSEGUENZA DELLA RISPOSTA INTERVALLO TRA LE PROVE • che costituisce lo stimolo antecedente discriminativo, che porterà al controllo del comportamento. • che può essere corretta, non corretta o assente. • che può variare a seconda che la stessa sia stata adeguata o meno. • costituito da una breve pausa tra una routine e l’altra, in modo da informare l’allievo che una prova è stata completata e che si accinge a partire con la successiva. Insegnamento della discriminazione dei colori condotto con Marco attraverso il DTT. L’insegnante presenta a Marco tre blocchi logici della stessa forma, ma di colore diverso come nella figura. Si assicura che l’allievo non sia distratto da altro e che guardi la situazione stimolo quando non lo fa, l’insegnante prende dolcemente la testa del bambino con le mani e la orienta sul compito dicendo: «Marco, guarda!». L’insegnante tiene in maniera visibile, ma non raggiungibile dall’allievo, un pacchetto delle patatine preferite da Marco. L’insegnante dice «Marco tocca il giallo!» L’allievo non mostra risposta. L’insegnante estende il dito indice del bambino e lo guida a toccare la forma gialla. L’insegnante con enfasi loda il bambino: «Bravo Marco. E’ giallo!» e consegna una patatina. Fine della prima prova. Mentre marco mangia la patatina l’insegnante segna sulla sua scheda l’esecuzione avvenuta con aiuto totale. Si continua con una seconda prova, modificando la disposizione dei blocchi logici. Dopo la richiesta verbale, questa volta l’insegnante aspetta alcuni secondi prima di fornire l’aiuto. La risposta viene immediatamente rinforzata in maniera sociale e tangibile. Ancora una breve interruzione per consentire a Marco di mangiare la patatina e all’insegnante di segnare il risultato della prova. Dopo otto prove condotte con le stesse modalità (solo i tempi di attesa si allungano un po’) si verifica una modifica nella risposta di Marco. Dopo la richiesta, mentre l’insegnante allunga la mano per guidare quella dell’allievo, questi la anticipa e con l’indice tocca il blocco giallo. Segue la gratificazione sociale con molta enfasi (l’insegnante dà anche un cinque al bambino) e il rinforzo materiale. Vengono ripetute altre prove discrete, fino a quando non si è certi che il blocco giallo non sia stabilmente riconosciuto e toccato. A questo punto si modificano le situazioni cambiando le forme e passando ai quadrati, poi ai triangoli ecc., per essere certi che siano effettivamente riconosciuti i colori. Vengono effettuate oltre cento prove discrete di apprendimento. L’insegnante effettua una modifica sullo schema di rinforzamento dilazionando il rinforzatore materiale: quando la prestazione diventa più stabile la patatina viene data ogni due esecuzioni corrette, poi dopo ogni tre, fino a passare a schemi intermittenti sempre più lunghi e a eliminare tale forma di gratificazione. I risultati delle prove e le tipologie di rinforzo vengono sempre appuntate sulla scheda dell’insegnante. MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI I modelli di intervento naturalistici prevedono l’insegnamento del comportamento nel contesto in cui lo stesso si manifesta naturalmente, utilizzando stimoli e rinforzi sempre presenti nell’ambiente. Tali trattamenti naturalistici risultano strutturati in maniera meno rigida e implicano la possibilità di trarre vantaggio dalle opportunità di insegnamento che si verificano in seguito a situazioni iniziate dal bambino, sulle quali l’educatore si inserisce al fine di potenziarle e consolidarle attraverso l’utilizzo di rinforzatori disponibili nel contesto quotidiano di vita. Il più significativo di questi approcci naturalistici è il Pivotal Response Training (PRT), il quale si è dimostrato efficace per l’apprendimento di un ampio ventaglio di competenze comunicative, sociali e di gioco, anche se l’uso di rinforzi intrinseci all’ambiente limita di fatto gli ambienti di impiego. MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI I Pivotal Behaviors sono competenze che si trovano al centro di «vaste aree di funzionamento», tali che un miglioramento prodotto su di esse è in grado di determinare ripercussioni positive in altre aree. I principali Pivotal Behaviors presi in considerazione nelle diverse esperienze sono: La motivazione degli allievi La capacità di considerare contemporaneamente varie tipologie di stimoli L’autonomia nella gestione della propria persona e del proprio comportamento L’iniziativa personale nella messa in atto di comportamenti funzionali ai compiti. La motivazione è estremamente carente negli allievi con autismo, e questo fattore pregiudica significativamente le possibilità di apprendimento degli allievi e le loro interazioni sociali. Nei bambini autistici è presente una iperselettività degli stimoli. Ampliare la possibilità di concentrarsi su più stimoli contemporaneamente rappresenta un Pivotal Behavior che potrebbe avere ripercussioni significative su varie tipologie di apprendimenti funzionali. TREATMENT AND EDUCATION OF AUTISTIC AND COMMUNICATION HANDICAPPED CHILDREN TEACCH TEACCH La finalità del programma TEACCH è di favorire l’adattamento della persona con autismo del proprio ambiente di vita, attraverso recise modalità organizzative e specifiche strategie educative personalizzate. Il TEACCH si caratterizza come uno dei programmi per il trattamento degli individui con autismo che propone un approccio globale e integrato che tiene conto del livello di sviluppo dell’allievo e delle caratteristiche dell’ambiente. Le attività prevedono una presa in carico globale dell’individuo e della sua famiglia, sia in senso orizzontale che verticale, ovvero in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell’anno e per tutta l’esistenza. L’adattamento all’ambiente si persegue attraverso due linee di azione integrate in un approccio denominato insegnamento strutturato: da un lato il potenziamento delle capacità personale, soprattutto relativamente alla comunicazione e all’interazione sociale; dall’altro la modifica dell’ambiente secondo le specifiche caratteristiche dell’allievo con autismo. È centrale la valutazione delle competenze e dei deficit, per comprendere i punti di forza e di debolezza, nonché le abilità «emergenti». TEACCH: PRINCIPI DI RIFERIMENTO Collaborazione tra genitori e operatori specializzati: i genitori costituiscono l’elemento fondamentale per assicurare al programma una certa continuità e possibilità di generalizzare in ogni contesto. Sono in grado, inoltre, di fornire informazioni e di fare osservazioni determinanti per lo sviluppo delle procedure educative e per la valutazione dell’efficacia delle stesse. Obiettivo dell’adattamento: l’enfasi è posta sull’adattamento, raggiungibile tramite l’insegnamento di nuove abilità da una parte e la modificazione dell’ambiente dall’altra. Importanza della valutazione per individualizzare l’intervento: attuabile tramite strumenti come la scala CARS, PEP3, AAPEP, è fondamentale per impostare gli interventi psicoeducativi sulla base di punti di forza e debolezza. TEACCH: PRINCIPI DI RIFERIMENTO Insegnamento strutturato: per i bambini autistici è fondamentale la strutturazione temporo-spaziale per rassicurarsi. Le componenti fondamentali sono: Organizzazione dell’ambiente fisico Gli schemi visivi I sistemi di lavoro L’organizzazione dei compiti e del materiale VIDEO https://youtu.be/XbTQTpxm6e4 INTERVENTO SECONDO I PRINCIPI DELLA TEORIA DELLA MENTE TEORIA DELLA MENTE Per allievi con autismo è utile inserire nel paino educativo individualizzato obiettivi riferiti alla percezione degli stati mentali proprio e altrui. Baron-Cohen propone un programma ispirato ai principi della teoria della mente, prevedendo l’insegnamento progressivo degli stati mentali in tre aree: Le emozioni Il sistema delle credenze e delle false credenze Il gioco simbolico, con particolare attenzione al gioco di finzione Si tratta di esercitazioni proposte attraverso schede didattiche che ci sembrano facilmente generalizzabili nel contesto scolastico, in parte durante il lavoro individualizzato del bambino e in parte come attività per l’intera classe soprattutto a livello di scuola di infanzia. TEORIA DELLA MENTE DISCRIMINARE LE EMOZIONI Discriminare le emozioni: discriminare e riconoscere le diverse emozioni su di sé e su gli altri. Intervento in 5 livelli: Riconoscimento delle espressioni del viso nelle fotografie: esercitazioni che consistono nel mostrare agli allievi delle fotografie nelle quali i personaggi assumono varie espressioni e chiedendo di riconoscere il tipo di emozioni. Riconoscimento delle emozioni in disegni schematici: vengono mostrati disegni con la consegna di discriminare le emozioni dei personaggi raffigurati. Identificazione delle emozioni causate da situazioni: riconoscimento delle emozioni conseguenti a determinate situazioni. Identificazioni causate dal desiderio: si cerca di far individuare le amozioni che sono causate dal soddisfacimento o meno di un desiderio. Identificazione delle emozioni causate da opinioni: saper identificare emozioni che possono essere determinate da opinioni più o meno realistiche che ci si fa della situazione rappresenta il livello più elevato del programma indirizzato al riconoscimento delle emozioni. L’applicativo sul riconoscimento delle emozioni del software «Il computer insegna». Il software presenta un’emozione primaria, nel caso di Roberta con modalità scritta e verbale, con la consegna di individuare la figura che la rappresenta. Se l’allieva clicca o tocca la figura corrispondente il programma fornisce un feedback verbale di rinforzo. In caso contrario segnala l’errore e chiede di riprovare eliminando una faccina, fino ad arrivare alla condizione in cui viene presentata solo quella corretta. A ogni presentazione vengono cambiati, con modalità random o controllata, i distrattori (le figure non rappresentano l’emozione indicata nello stimolo). È possibile regolare il numero di elementi presenti nello schermo, il tipo di stimolo da fornire (immagine, parola, presentazione verbale, filmato), il feedback da prevedere in caso di successo e di insuccesso. Il riconoscimento delle emozioni causate da situazioni: alcune attività proposte a Filippo Vengono lette varie storie illustrate con situazioni a cui si connettono delle emozioni. Filippo viene invitato ad ascoltare, rispondere a domande sulle emozioni dei personaggi e a raccontare la storia. Nei giorni successivi si prevede di far raccontare le storie anche ad alcuni compagni di classe. Ecco due esempi riferiti alla felicità e alla tristezza. Emozione 1 - Felicità 1) Fuori piove e Mattia non può uscire, si annoia a stare in casa. 2) Smette di piovere e spunta il sole. 3) Mattia è felice perché ora può andare in giardino a giocare a pallone Emozione 1 – Felicità 1) È Natale e Carlo è felice perché sa che ci saranno dei regali per lui. 2) Carlo va in soggiorno e sotto l’albero non ci sono regali: Carlo è triste. 3) Carlo esce di casa: Babbo Natale gli ha portato una bicicletta e Carlo è felice. Il riconoscimento delle emozioni causate da situazioni: alcune attività proposte a Filippo Vengono lette varie storie illustrate con situazioni a cui si connettono delle emozioni. Filippo viene invitato ad ascoltare, rispondere a domande sulle emozioni dei personaggi e a raccontare la storia. Nei giorni successivi si prevede di far raccontare le storie anche ad alcuni compagni di classe. Ecco due esempi riferiti alla felicità e alla tristezza. Emozione 2 - Tristezza 1) Marco dà l’invito per la sua festa di compleanno a Michele. 2) Luca si aspetta che Marco inviti anche lui, ma invece non viene invitato. 3) Luca è triste perché Marco non l’ha invitato alla sua festa. Emozione 2 – Triststezza 1) Lisa e Leo giocano saltando sul letto, sono felici perché si stanno divertendo. 2) Leo cade dal letto. 3) Leo piange perché si è fatto male e Lisa è triste, le dispiace che Leo si sia fatto male. Il libro delle emozioni di Filippo In un quadernone ad anelli vengono collocate una serie di pagine con al centro un cartoncino colorato con sopra scritta una situazione a cui si collega un’emozione. Dopo ogni situazione comprare la domanda: «Come si sente Luca?». Una volta letta la situazione, Filippo viene invitato a rispondere alla domanda. Una volta data la risposta, filippo viene invitato a rispondere alla domanda. Una volta data la risposta, il cartoncino, che è applicato a finestrella, viene aperto e compare il viso disegnato di Luca, che è raffigurato con l’espressione emozionale adeguata alla situazione appena letta (ad es. dietro alla finestrella con scritto «I compagni di classe di Luca gli fanno i dispetti», c’è il viso di Luca arrabbiato. TEORIA DELLA MENTE: COMPRENDERE IL SISTEMA DELLE CREDENZE E DELLE FALSE CREDENZE Si indirizza all’insegnamento dei cosiddetti «stati informativi», che descrivono la capacità di comprendere come e che cosa le altre persone possono percepire, conoscere e credere in relazione a una determinata situazione. Il programma è articolato in 5 livelli: Capacità di comprendere che cosa vedono le altre persone (prospettiva visiva semplice). Capacità di comprendere come la realtà percepita appare alle altre persone (prospettiva visiva complessa). Capacità ci comprendere il principio «vedere porta a sapere». Capacità di prevedere azioni sulla base di ciò che una persona sa. Capacità di comprendere le false credenze. IL MODELLO DENVER IL MODELLO DENVER E’ un intervento prescolastico per la SCUOLA DELL’INFANZIA per bambini con autismo proposto da Rogers. Si incentra su gioco e sull’interazione che vengono considerati veicoli principali per lo sviluppo precoce di capacità sociali, emozionali e cognitive. Il ruolo dell’adulto è quello di promuovere attività e strutturare ambienti, anche proponendosi come mediatore tra il bambino e i coetanei. Si indirizza principalmente allo sviluppo di competenze di comunicazione e d’interazione sociale reciproca, proponendosi di sviluppare poi, sulle abilità costruite in queste aree, altre competenze in aree diverse dello sviluppo. Grande rilevanza vengono ad assumere, pertanto, i genitori che guidano il coinvolgimento nell’ambiente familiare e gli insegnanti che possono favorire la generalizzazione delle abilità acquisite nel contesto sociale. A livello di intervento vengono recuperate strategie dell’intervento comportamentale classico (DTT), la strutturazione dell’ambiente educativo tipico del TEACCH, oltre a elementi dagli approcci naturalistici (PRT), come un insegnamento centrato sugli interessi del bambino. INTERVENTO PRECOCE PER STIMOLARE L’INTERSOGGETTIVITA’ Le competenze sociali sono costituite da un insieme ampio di abilità che consentono a ogni individuo di adeguare il proprio comportamento sulla base del comportamento dell’altro, di leggere correttamente i messaggi di natura sociale, di avviare adeguatamente iniziative con finalità comunicative e di rispondere agli stimoli sociali in modo dinamico e flessibile. Le carenze in questo ambito caratterizzano il nucleo centrale dei deficit manifestati dai bambini con autismo. La capacità innata di riferirsi a un’altra persona nello sviluppo tipico del bambino è definita: INTERSOGGETTIVITA’ L’intervento educativo sull’intersoggettività, e soprattutto sul gioco, è stato sviluppato in maniera molto significativa all’interno di tre approcci : 1)Il modello Denver (Rogers et al.,1986) 2)L’approccio sui gruppi di gioco integrati (Wolfberg, 1995,1999) 3)Il programma derivato dagli studi sulla teoria della mente (Howlin, Baron-cohen, Hadwin, 1999) Il gioco porta il bambino a esplorare diversi ruoli e regole sociali e fornisce loro l’opportunità di gestire l’ansia e i conflitti sociali. Il gioco nei bambini con autismo tende a non svilupparsi secondo il modello tipico e questo condiziona la loro evoluzione sotto il profilo cognitivo, sociale, linguistico, motorio ed emozionale. le interazioni positive con i pari durante il gioco promuovono l’autostima e la competenza sociale del bambino. Nei bambini con autismo il gioco risulta essere ripetitivo e non funzionale; sono presenti carenze nel gioco di simbolizzazione e difficoltà nell’interpretare giochi sociali. Nel momento in cui si osserva il comportamento di un allievo con autismo durante il gioco è molto importante verificare le reazioni di fronte alla presentazione delle proposte ludiche e dei materiali utilizzabili. Dal punto di vista operativo si può cominciare a eseguire un gioco semplice con un oggetto e osservare se l’allievo presta attenzione con modalità varie ( guardare verso il giocatore o l’oggetto, afferrare l’oggetto ecc..) In seguito si può chiedere al bambino le azioni del gioco, magari con aiuto. A questo livello è possibile mettere in evidenza le competenze specifiche che il bambino possiede in relazione ai diversi giochi. Se tali attività risultano carenti è utile dedicarsi a insegnare l’aspetto pratico dell’attività. Una volta verificato l’interesse per il gioco e per gli oggetti con cui viene effettuato la valutazione può prendere in considerazione le dimensioni simboliche e sociali. È fondamentale osservare l’allievo mentre si trova in contesti naturali e integrati di gioco, al fine di evidenziare le azioni messe in atto nei confronti degli oggetti impiegati (dimensione simbolica) e i comportamenti diretti verso gli altri (dimensione sociale). Facendo riferimento a tutti questi aspetti connessi all’attività di gioco Cottini ha elaborato una specifica check-list per guidare l’osservazione del comportamento degli allievi con autismo durante le attività ludiche. L’osservazione del comportamento di Luca durante i giochi sociali Tipologia di gioco Interesse per il gioco e per i materiali Capacità di effettuare il gioco Dimensione simbolica del gioco Dimensione sociale del gioco Luca vede un compagno che gioca a correre con una macchinina sul pavimento, partendo da una linea verde fino alla parete. Prende anche lui una macchinina e comincia a correre. Poi però si ferma e inizia a osservare la macchinina stendendosi per terra 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato Una bambina mette degli animaletti di plastica sul davanzale. Luca osserva la compagna, sfarfalla le mani, poi prende gli animali 1 a 1 e li distende sul pavimento mantenendo la fila. Non vuole metterli via e quando viene chiesto alla compagna di metterli a posto, Luca li ammucchia in un angolo e comincia a urlare. 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato Tipologia di gioco Interesse per il gioco e per i materiali Capacità di effettuare il gioco Dimensione simbolica del gioco Dimensione sociale del gioco I compagni di luca giocano con il treno prima del suo arrivo. Luca entra e osserva. Nel momento in cui c’è nessuno nei pressi del gioco, si avvicina e comincia a far correre il treno sui binari e ad attaccare e staccare più volte i vagoni 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato l’insegnante propone a Luca e ai suoi 3 compagni di giocare a fare la doccia. Si mette in piedi e con il braccio disteso rappresenta la doccia, dalla quale esce il getto d’acqua. Una bottiglia funge da shampoo, un mattoncino piccolo delle costruzioni da sapone e uno più grande da spugna. Un bambino, finge di farsi la doccia. È il turno di Luca, che prende la bottiglia, la apre e fa il segno di versare il contenuto sulla mano e passarsi la mano sul corpo. 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato 1. 2. 3. 4. Assente Limitato Buono Elevato IL MODELLO DENVER È un intervento prescolastico per bambini con autismo che si incentra sul gioco e sull’interazione. I punti cardini sono: 1)Inserimento del bambino in relazioni sociali coordinate e interattive per la maggior parte delle ore di veglia, con l’obiettivo di poter attivare forme di imitazione e di comunicazione simbolica e interpersonale ( non verbale, affettiva, pragmatica) 2)Insegnamento intensivo per colmare i deficit di apprendimento che derivano dall’incapacità di accedere spontaneamente al modello delle relazioni sociali. Le tre grandi aree sulle quali si incentra il modello Denver sono la comunicazione, le abilità funzionali e l’intersoggettività. Per il bambino autistico il gioco rappresenta il mezzo principale per favorire apprendimenti significativi e lo sviluppo di relazioni sociali. Tale insegnamento recupera alcuni principi metodologici proposti all’interno del programma ABA e del TEACCH, come l’insegnamento individualizzato e intensivo e la strutturazione dell’ambiente. Il gioco deve essere presentato nello stesso luogo e con una certa ritualità nel corso della giornata. Se il bambino mostra interesse per quel materiale può essere utilizzato più volte e per più tempo in modo tale che gli elementi fisici diventino prevedibili e si possa cosi favorire l’attenzione agli elementi sociali del gioco. Quando la routine di gioco è ben definita, si possono introdurre delle piccole varianti, facendo attenzione che i cambiamenti siano inseriti uno alla volta. È importante che non si verifichino solo delle variazioni nelle modalità di gioco, ma anche all’interno dello scambio sociale. Esempio : GIOCO DEL PALLONCINO GONFIABILE Obiettivi: migliorare l’imitazione; guardare assieme; sviluppare l’emozione congiunta; richiedere l’aiuto. Attività gioco1: l’insegnante prende il gioco e si siede vicino al bambino. Posiziona lentamente il palloncino sulla pompetta e chiede a Marco di guardarla. Inizia cosi a gonfiare il palloncino contando il numero di emissioni d’aria dentro lo stesso. Cerca inoltre di enfatizzare quel momento con frasi del tipo : «Guarda!,», «che bello questo palloncino!». Quando lo ha gonfiato, lo prende in mano e, sempre facendo attenzione che il bambino la guardi, dice: « Pronti, mezza ,via!» e lascia il palloncino sgonfiarsi e aspetta che Marco glielo riporti. Attività gioco2: appena gonfiato, l’insegnante annoda il palloncino e lo fa volare in modo che il bambino lo guardi e cerchi di prenderlo. Risultati dopo 3 mesi: il bambino presta attenzione al palloncino mentre viene gonfiato e sorride quando viene lasciato librare in aria. Quando il palloncino si sgonfia Marco si avvicina e lo scoppia con il piede o con la mano più volte per far uscire l’aria. Il bambino ha appreso l’uso corretto della pompetta e del relativo palloncino( ha imparato per imitazione dove deve essere inserito il palloncino) nonostante non riesca a gonfiarlo, raramente chiede l’aiuto dell’insegnante. Continua a voler fare tutto da solo e fatica nell’accettare l’intromissione dell’altro. I GRUPPI DI GIOCO INTEGRATI Wolfberg (1999) fonda la sua proposta di gioco in gruppi integrati osservando come i bambini con autismo, come tutti i bambini del resto, dimostrino maggiori capacità di partecipare a giochi vari di una certa complessità quando dispongono del sostegno di un adulto o di coetanei più capaci. Attraverso procedure di supporto sociale attentamente pianificate è possibile offrire ai bambini con autismo delle esperienze di gioco con i coetanei significative e ben riuscite I gruppi integrati di gioco sono costituiti da 3/- 5 soggetti: •Guide: adulti competenti nell’intervento educativo con allievi con autismo; •Giocatori esperti: bambini a sviluppo tipico con buone abilità sociali; •Giocatori principianti: bambini con disturbi dello spettro autistico. L’intervento utilizza la partecipazione guidata, che Wolfberg definisce:«il processo attraverso il quale i bambini apprendono partecipando direttamente a un’attività importante con la guida, il sostegno e l’incoraggiamento di partner sociali di abilità e status differenti» oLe procedure da utilizzare per favorire questa partecipazione guidata si riferiscono a 3 elementi : 1.Fornire un sostegno alle interazioni; 2.Assicurare una guida nella comunicazione sociale; 3.Implementare strategie per ampliare le modalità di gioco sociale del bambino con autismo; Il supporto fornito dall’educatore per favorire le interazioni nei gruppi di gioco varia in relazione alle esigenze del bambino: Il livello massimo di sostegno prevede che l’educatore si posizioni nello spazio dove si sviluppa il gioco, procuri i materiali, solleciti i rapporti interattivi ecc. L’educatore attenua l’aiuto e si pone all’esterno dell’area di gioco sollecitando solo verbalmente i bambini coinvolti nel gioco sociale; l’evoluzione dovrebbe portare i bambini a non aver più bisogno dell’educatore, in quanto capaci di mediare in maniera indipendente le loro interazioni sociali. La guida nella comunicazione sociale è finalizzata a promuovere la dimensione specificamente sociale del gioco, stabilendo un’attenzione reciproca e una predisposizione a rispondere alle iniziative ludiche. Per guidare questi scambi sociali bisogna offrire ai bambini delle semplici sequenze logiche di strategie verbali e non verbali: Strategie orientative: bambini autistici che non riescono a tollerare il contatto ravvicinato e sono inviati ad osservare da distante gli altri bambini che giocano; Giochi a specchio: i bambini con sviluppo tipico tendono ad effettuare le stesse attività ripetitive del compagno con autismo; Gioco parallelo: i bambini giocano vicini con gli stessi materiali ma senza particolari interazioni; Interazione di ruoli nel gioco: rappresenta l’inizio del gioco di finzione; Gioco di ruolo avanzati: tutti i bambini assumono ruoli di finzione e utilizzano oggetti in modo immaginario; Per l’attivazione di gruppi di gioco integrato si raccomanda di predisporre adeguatamente l’ambiente attraverso forme di strutturazione( organizzazione dello spazio fisico dove svolgere il gioco, schemi visivi ecc.) che possano ridurre i livelli di imprevedibilità delle situazioni e conseguentemente l’ansia che l’allievo con autismo si trova a vivere. L’applicazione di questa metodologia ha dimostrato di essere efficace per favorire negli allievi con disturbo autistico l’interazione più frequente e duratura con i pari, il miglioramento delle abilità sociali e quelle di gioco, anche in riferimento al gioco simbolico (Wolfberg). Esempio: gioco di gruppo integrato sviluppato da Luca con alcuni compagni: •Soggetti: Luca e tre suoi compagni di classe, 2maschi e 1 femmina; i compagni sono stati istruiti precedentemente sulle modalità e sull’aiuto da offrire a Luca; •Luogo: stanza del sostegno; •Materiale: i giochi vengono illustrati attraverso un cartellone con fotografie, mattoncini di diverse dimensioni, disegni e scritte. •Gioco : costruzione di una stalla per il cavallo. SVOLGIMENTO I compagni iniziano a comporre la casa e Luca osserva solamente non partecipando; Su sollecitazione dell’insegnante un compagno offre a luca un mattoncino e lo invita a collocarlo nello spazio opportuno. Utilizza anche verbalizzi del tipo «forza Luca»; Un altro compagno si avvicina a Luca e lo aiuta a collocare il mattoncino; Si continua nell’operazione, prima consegnando altri mattoncini, poi semplicemente mettendoli nelle vicinanze, con gratificazioni collettive nel momento in cui Luca esegue delle attività adeguate alla finalità del gioco; Il gruppo arriva alla costruzione dei muri della stalla lasciando delle aperture per le porte e le finestre, mancano i pezzi per comporre il tetto ( l’insegnante non li ha forniti per stimolare soluzioni simboliche; I compagni di Luca sono stati istruiti e hanno studiato la modalità per affrontare la soluzione Un compagno fa presente a Luca che bisogna fare il tetto ma che non è presente il materiale; la compagna insiste Luca nel raggiungere un altro luogo per prendere dei righelli .La compagna dice a luca di far finta che siano delle travi per fare il tetto. Da gratificazioni a Luca quando dimostra qualche forma di collaborazione; L’insegnante dice agli allievi di mettere il cavallo a riparo perché sta per piovere; La compagna introduce un cavallo di plastica nella costruzione dicendo «qui stai bene» successivamente le tira fuori e dice a luca di metterlo all’interno perché sta per piovere; Luca ripete l’operazione, prima con l’aiuto dei compagni e poi da solo; L’insegnante loda con enfasi tutti i partecipanti al gioco e li invita a rientrare in classe; Luca dando la mano ai suoi compagni torna in classe senza esitazioni. LA PROMOZIONE DEL GIOCO SIMBOLICO ALL’INTERNO DEL PROGRAMMA PER LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE L’ultimo livello del programma comprende una serie di attività didattiche finalizzare allo sviluppo del gioco simbolico, che rappresenta, uno degli aspetti più problematici nel bambino con autismo. Sono presi in considerazioni 5 livelli di gioco: Gioco sensomotorio si intendono le attività che il bambino si limita a manipolare i giocattoli, sbattendoli, muovendoli nell’aria o succhiandoli.Sono compresi a questo livello anche attività ripetitive tipiche, come allineare oggetti o suddividerli ossessivamente per forma e colore. Il gioco funzionale si riferisce alla sostituzione di oggetti con altri dello stesso tipo e funzione. A questo livello il gioco non può essere consderato di finzione, in quanto non è certo che il bambino faccia riferimento a capacità simboliche e non percepisca invece l’oggetto come reale, anche se più piccolo; il gioco del far finta comprende due elementi: la sostituzione di oggetti, in cui un oggetto svolge il ruolo di un altro nel gioco e l’attribuzione di caratteristiche fittizie agli oggetti con cui sta giocando. A questo livello l’insegnante cerca sempre di rimarcare all’allievo la distinzione fra attività reali e finzione, cioè se si sta effettivamente compiendo una certa azione o se si gioca a far finta di farla. Il gioco del far finta acquisito viene raggiunto quando il bambino riesce spontaneamente a giocare in modo simbolico, senza necessità di sollecitazione o supporto. Tutte le esercitazioni prevedono all’inizio delle interazioni fra bambino ed educatore fortemente regolate da quest’ultimo, alle quali seguono situazioni dove l’allievo è maggiormente protagonista, fino a strutturare la capacità di trasferire gli apprendimenti acquisiti nel gioco spontaneo. Esempio: stimolazione del gioco simbolico con Luca(sostituzione di oggetti) Luogo: palestra; Soggetti: intera classe e insegnante di sostegno; Attività: drammatizzazioni; Gioco: Luca con un compagno deve rappresentare l’attività di farsi la doccia; L’insegnante di sostegno con una mano funge di essere la doccia e dice «Io sono la doccia, se toccate qui esce acqua ecc.» Un bambino invitato dall’insegnante fa finta di farsi la doccia, l’insegnante emette dei suoni come se se stesse scorrendo l’acqua, poi aggiunge «bene ora sei pulito ecc.» Luca osserva questa scena che viene ripetuta più volte; L’insegnante invita Luca a farsi la doccia; Luca si avvicina all’insegnante e si ferma, non effettua altri movimenti pertinenti e si allontana; L’insegnante invita gli allievi a fare la doccia a due a due. Luca insieme ad un compagno si pone sotto la mano tesa dell’insegnante che in quel momento rappresenta la doccia; Il compagno apre l’acqua e si passa il finto sapone sul corpo, poi lo cede a Luca. Luca invitato dall’insegnante effettua alcuni movimenti come per passarsi il sapone. L’insegnante lo gratifica Il gioco viene ripetuto con movimenti sempre più autonomi di Luca e senza l’aiuto del compagno. I SISTEMI DI COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA PER ALLIEVI NON VERBALI La compromissione qualitativa della comunicazione sociale rappresenta un sintomo peculiare per la diagnosi di autismo. I deficit a questo livello non investono solo l’ambito del linguaggio verbale, ma condizionano in maniera più generale l’intero processo comunicativo, rendendo estremamente complesso il passaggio di informazioni con gli altri componenti del sistema sociale di riferimento. Modalità di trasmissione dei messaggi Significato veicolato dai messaggi (SEMANTICA) (SINTASSI) Effetti che la comunicazione produce sul comportamento (PRAGMATICA) COMUNICAZIONE Recenti indagini mostrano come l’85-90% di bambini con diagnosi di autismo è in grado di imparare a utilizzare la comunicazione verbale come principale modalità di comunicazione quando si interviene precocemente attraverso training che sollecitino la motivazione a rispondere, forniscano frequenti opportunità per sperimentare il linguaggio espressivo nell’ambiente di vita e utilizzino rinforzatori diretti e naturali. Il linguaggio, comunque, rimane sostanzialmente caratterizzato da una serie di problemi specifici: Ripetitività (ecolalia) Difficoltà ad usare pronomi personali Forme di comprensione rigida e letterale delle parole Difficoltà di prosodia E’ importante sottolineare che anche con i bambini autistici che restano non-verbali l’attenzione all’area della comunicazione deve essere prioritaria. Esistono diversi approcci educativi che hanno dimostrato di essere efficaci per stimolare forme di comunicazione significativa e che possono essere sicuramente promossi anche nel contesto scolastico: Verbal Behavior Teaching Sistemi di comunicazione aumentativa alternativa per bambini non verbale (es. PECS) Insegnamento delle abilità di comunicazione spontanea, elaborato all’interno del programma TEACCH. IL VERBAL BEHAVIOR TEACHING VERBAL BEHAVIOR TEACHING Il lavoro di Skinner pone le basi per lo sviluppo di una metodologia di lavoro educativa finalizzata alla promozione della comunicazione verbale. Ciò che Skinner studia è il comportamento verbale, l’ «episodio verbale totale», che comprende non solo ciò che il parlante, ma la situazione in cui lo dice, le reazioni che suscita nell’ascoltatore (e che non devono necessariamente essere verbali), lo scambio di ruoli che avviene tra parlante e ascoltatore (nel senso che il parlante assume a sua volta il ruolo di ascoltatore e viceversa) e così via. VERBAL BEHAVIOR TEACHING Skinner identifica una serie di operanti (risposte emesse dagli individui non soltanto sulla scorta di particolari situazioni stimolo, ma anche in relazione all’effetto che queste risposte hanno avuto dall’ambiente in termini di rinforzamento. Ogni operante verbale presenta caratteristiche specifiche, persegue funzioni particolari e la probabilità della sua emissione può essere sollecitata attraverso specifici training centrati sule tecniche comportamentali. Quelli evidenziati da Skinner sono i seguenti: Comportamento ecoico (echoich) Fare richieste (mand) Comportamento intraverbale (intraverbal) Comportamento verbale basato su se stessi (autoclitic) Gli operanti verbali che vengono solitamente considerati in relazione all’insegnamento del linguaggio a bambini con autismo sono i primi quattro. VERBAL BEHAVIOR TEACHING COMPORTAMENTO ECOICO E’ un comportamento verbale di tipo imitativo, che ha corrispondenza punto a punto con un modello verbale e vocale. Per imparare a parlare il bambino necessita di un repertorio di imitazione vocale che, per stabilizzarsi, deve essere rinforzato. Skinner sostiene che questo comportamento viene stabilito nel bambino tramite una sorta di rinforzo «pedagogico», generalmente utilizzato da genitori e insegnanti per ottenere, tramite approssimazioni successive, la verbalizzazione corretta di parole e la produzione di nuove unità di risposte. Se, ad esempio, un genitore o un educatore dicono «acqua» e il bambino ripete «acqua» è avvenuto un comportamento ecoico. VERBAL BEHAVIOR TEACHING MAND Quando il bambino desidera qualcosa e nel contesto è presente un ascoltatore, la richiesta verbale della cosa è considerata un mand. In questo caso non vi è un antecedente verbale ma solo una motivazione ad ottenere l’oggetto che rappresenta, di fatto, il rinforzatore del mand stesso. Il mand è tipicamente il primo passo nell’insegnamento del linguaggio in quanto attraverso il rinforzo positivo concesso come conseguenza del mand stesso, il bambino inizia ad associare il suono della sua voce con la conseguenza positiva. Se, ad esempio, il bambino vuole la palla e la nomina in presenza del genitore o dell’educatore è avvenuto un mand. VERBAL BEHAVIOR TEACHING TACT Indica un comportamento che «mette in contatto» con il contesto di riferimento. Si tratta di un operante verbale in cui una risposta di forma determinata viene evocata (o almeno intensificata) da un particolare oggetto o proprietà di un oggetto o di un evento. Il tact è quindi un operante verbale che prevede un antecedente non verbale e un rinforzatore generalizzato, come l’apprezzamento positivo di un adulto del proprio ambiente. Ad esempio la risposta «auto» emessa in presenza di un ascoltatore e di un’auto viene rinforzata dall’approvazione del genitore che può affermare «Bravo! È proprio un’auto!» VERBAL BEHAVIOR TEACHING COMPORTAMENTO INTRAVERBALE E’ una particolare tipologia di operante verbale nel quale uno stimolo verbale seleziona l’occasione per una risposta verbale, ma al contrario di quanto avviene nel mand, la risposta non presenta una corrispondenza punto a punto con gli stimoli che l’hanno evocata. Skinner lo definisce come un comportamento in cui vi è una coincidenza formale fra lo stimolo e la risposta prodotta, ma alcune risposte verbali non mostrano nessuna corrispondenza con gli stimoli verbali che le provocano. L’operante verbale può essere rinforzato in vari modi, specie con rinforzatori di tipo sociale o, quando possibile e apprezzato, con una continuazione dello scambio di conversazione. E’ il caso della risposta «quattro» con lo stimolo «due più due», o «Parigi» con «Capitale della Francia». Il programma di insegnamento di un mand verbale sviluppato con Marco Fra i rinforzatori particolarmente graditi per Marco ci sono le bolle di sapone, che il bambino ama tenere in mano e far rotolare sul tavolo. Gli piace anche giocare a soffiare e ottenere le bolle, ma non riesce a farlo in maniera autonoma: c’è bisogno che gli educatori o i genitori svitino il tappo e tengano in mano l’oggetto vicino a Marco, che a quel punto soffia. Per facilitare il mand è stato sviluppato anche un programma insegnando l’utilizzo di uno specifico gesto non convenzionale, che consiste nel portare il dito indice alla bocca e soffiare. I gesti sono stati introdotti con Marco come degli strumenti aumentativi a sostegno del linguaggio e non sostitutivi. Vengono create delle situazioni nell’ambiente, sia scolastico che familiare, nelle quali il bambino vede le bolle di sapone, ma non riesce a raggiungerle da solo. In questo modo viene sollecitata una forte EO. Marco ha imparato a effettuare il gesto e solitamente gli viene subito dato il contenitore delle bolle pronunciando il nome verbalmente. Adesso gli insegnanti e i genitori, dietro suggerimento dello specialista, adottano una procedura più articolata. Quando si verifica l’EO e l’allievo emette anche il gesto, non viene subito concesso il rinforzatore (il contenitore delle bolle), ma pronunciato un prompt ecoico per tre volte. Se non c’è imitazione verbale si attendono circa 5 secondi poi si consegnano le bolle. Si lascia il bambino a far rotolare il tubetto per una decina di secondi, poi le bolle vengono riprese e rimesse al loro posto. Dopo circa tre settimane di lavoro coordinato e molto inteso in questa direzione si è verificata una risposta verbale, anche se non precisa. Marco è stato rinforzato prontamente con le bolle socialmente e lo si è lasciato giocare per un tempo sensibilmente più lungo. A questo punto si è attenuato il prompt ecoico, fino a eliminarlo quando la verbalizzazione di Marco è stata ritenuta adeguata. Il mand, infatti, è un operante che non richiede un antecedente per essere emesso. A questo punto si è ritenuto di effettuare un fading sull’efficacia del gesto, rinforzando Marco con l’oggetto solo quando si verificava anche la richiesta verbale.