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slide sostegno lezione 4 - Tfa Sostegno Lumsa 2015
Corso di abilitazione per il sostegno
Anno Accademico 2013/2014
Corso di Pedagogia e didattica speciale della
disabilità intellettiva e dei disturbi generalizzati
dello sviluppo.
Prof.ssa Maria A. Geraci
PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA
Specialista in Psicoterapia dell’Infanzia, dell’Adolescenza e degli Adulti (Scuola Humanitas di Roma)
Specialista in Valutazione Psicologica (La Sapienza di Roma)
Docente Humanitas - Docente Formazione di base – Roma Capitale
RESPONSABILE DEL SERVIZIO DSA CONSORZIO HUMANITAS
RIASSUNTO LEZIONE 3
QUATTRO CONCETTI CHIAVE PER
L’INTEGRAZIONE
• Progettazione
• Organizzazione (strutturazione)
• Didattica speciale
• Valutazione
• Programmazione
• Intervento
• Compagni
PROGRAMMARE A SCUOLA
Si possono distinguere 3 tipologie di programmazione
per pianificare azioni didattiche riferite ad allievi con
autismo:

Programmazione per obiettivi

Programmazione per concetti

Programmazione per sfondi integratori
LEZIONE 4
PROGRAMMI DI INTERVENTO
SULL’AUTISMO
CARATTERISTICHE E LIVELLO DI APPLICABILITA’
A SCUOLA
 Le sperimentazioni e le esperienze sviluppate negli ultimi
decenni hanno consentito di mettere a punto vari
programmi di intervento per allievi con autismo, i quali si
sono rivelati assai efficaci per promuovere l’acquisizione di
competenze e il contenimento di problemi
comportamentali.
 Facendo riferimento soprattutto all’approccio cognitivocomportamentale, sono state elaborate metodologie di
lavoro molto interessanti, alcune delle quali godono di una
significativa validazione scientifica.
 Per quanto riguarda le strategie di intervento
educativo e i contenuti da privilegiare per favorire
l’apprendimento dell’allievo con autismo viene ribadita
qui la necessità di un approccio personalizzato, che
coniughi le indicazioni che provengono dalle più
affinate metodologie di intervento con gli
accorgimenti organizzativi e metodologico-didattici
necessari per la promozione di una reale integrazione.
ESISTONO DIVERSI PROGRAMMI DI INTERVENTO SPECIFICI PER
L’AUTISMO, CHE PROPONGONO MODELLI DI LAVORO
APPLICABILI A LIVELLO SCOLASTICO:

I programmi di intervento comportamentale

APPLIED BEHAVIOR ANALYSIS (ABA)

DISCRETE TRIAL TRAINING (DTT)

MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI

L’approccio TEACCH

Il programma per lo sviluppo della TEORIA DELLA MENTE

Il modello DENVER

Intervento precoce per stimolare INTERSOGGETTIVITA’

Il modello Denver

L’approccio sui gruppi di gioco integrati

Il programma derivato dagli studi sulla teoria della mente I
sistemi di COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA
(CAA) per allievi non verbali

VERBAL BEHAVIOR TEACHING
L’ANALISI COMPORTAMENTALE
APPLICATA
APPLIED BEHAVIOR ANALYSIS
ABA
ABA
ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA
 L’ABA è la scienza applicata che deriva dalle scienza di base
conosciuta come analisi del comportamento
(Skinner,1953), la quale studia una relazione funzionale,
chiamata tecnicamente «contingenza», costituita da
almeno tre elementi in relazione tra loro:
 una classe di eventi stimolo che rappresentano la situazione
antecedente,
 una classe di risposte o comportamenti,
 una classe di eventi stimolo che sostituiscono la situazione
conseguente, il tutto all’interno di un setting specifico
ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA
 L’ABA nasce come metodologia per il recupero delle
disabilità intellettive ed evolutive in genere ed è stata
applicata dagli anni settanta del secolo scorso al campo
dell’autismo.
 Prevede l’insegnamento sistematico di piccole unità
misurabili di comportamento; i compiti da
apprendere, individuati sulla base del profilo dinamico
funzionale, sono suddivisi in tappe, ognuna delle quali
viene insegnata in sessioni ripetute e ravvicinate,
inizialmente con un rapporto uno a uno.
ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA
 Le procedure di insegnamento ABA si fondano
sull’utilizzo di tecniche specifiche e sistematiche, da
implementare all’interno di una precisa
organizzazione dell’intervento.
ABA: PRINCIPI BASE
 Il luogo privilegiato dell’intervento sono la casa e la scuola, dove il
bambino trascorre gran parte del proprio tempo e il responsabile
dell’intervento deve essere l’insegnante e il genitore, opportunamente
istruito.
 L’intervento deve essere iniziato precocemente.
 L’intensità dei programmi è fondamentale per la riuscita
dell’intervento. Gli interventi dovrebbero essere effettuati giornalmente
e in maniera prolungata, in modo da coprire almeno 30 ore di lavoro
settimanali. Inoltre è fondamentale assicurare il mantenimento nel
tempo dell’azione educativa specifica. Dopo i primi 2 anni di attività si
cominciano a determinare modificazioni significative e profonde.
 L’intervento viene condotto facendo riferimento a specifiche strategie
centrare soprattutto sul controllo degli stimoli, sul modellamento e sul
rinforzo. Tale strategie vanno sempre fatte precedere da una valutazione
attenta dei diversi repertori comportamentali del bambino, in modo da
decidere quali andranno potenziati e quali ridotti attraverso
l’intervento.
ABA: PRINCIPI BASE
 E’ importante creare preliminarmente un’adeguata modalità
relazionale e interattiva fra bambino e educatore, effettuando il pairing
(associazione di rinforzi positivi alla semplice presenza dell’educatore
in modo da orientare positivamente il bambino verso l’adulto con il
quale dovrà lavorare).
 Il procedere dell’intervento si focalizza inizialmente sull’insegnamento
sistematico di unità di comportamento piccole e misurabili, per poi
passare ad altre più ampie attraverso un controllo dei vari passi
istruzionali. Oltre a ciò va sempre fatto riferimento alla motivazione
del bambino, adattando le proposte alle sue esigenze e tenendo conto
dei feedback che invia.
ABA
 Le strategie alle quali si fa principalmente riferimento
per ricercare tali apprendimenti sono le seguenti:
 Tecnica di aiuto e riduzione dell’aiuto (prompting e




fading)
Apprendimento imitativo (modeling)
Modellaggio e concatenamento (shaping e chaining)
Apprendimento discriminativo senza errori
Tecniche di rinforzamento
ABA: TENICHE DI AIUTO (PROMPTING) E
ATTENUAZIONE DELL’AIUTO (FADING)
 La tecnica dell’aiuto, consiste nel fornire all’allievo uno o più stimoli
discriminati sotto forma di aiuti (prompt). I prompt sono di solito
sintetici, percettivamente evidenti (introducono cioè un elemento
realmente nuovo nella situazione) e, soprattutto, vengono proposti al
momento esatto in cui dovrebbe verificarsi la prestazione.
 Esistono vari tipi di prompt:
 Suggerimenti verbali: aiuti molto naturali, usati allo scopo di
facilitare la comprensione del compito
 Indicazioni gestuali: particolari gesti che l’educatore compie per
stimolare l’emissione di comportamenti ricercati o la riduzione di
altri ritenuti inadeguati (es alzare la mano per indicare che i deve
sospendere un compito).
 Guida fisica: contatto fisico concreto tramite il quale l’educatore
guida l’allievo nell’effettuazione delle prestazioni programmate.
PROMPTING
PROMPTING
ABA: TENICHE DI AIUTO (PROMPTING) E
ATTENUAZIONE DELL’AIUTO (FADING)
 L’attenuazione dell’aiuto consiste nell’attenuare progressivamente gli
aiuti forniti attraverso una strategia denominata fading. Questa
tecnica determina modificazioni che non interessano il
comportamento in sè ma le condizioni in cui questo deve avvenire.
 Il fading presenta diverse caratteristiche a seconda della tipologia di
prompt a cui si riferisce.
 Fading per prompt verbali: diminuire il numero di parole che
compongono l’ordine e nell’abbassare il tono della voce con cui è
pronunciato.
 Fading per prompt gestuali: diminuire l’ampiezza del gesto o
sostituendolo con un altro meno appariscente.
 Fading per prompt fisici: ridurre gradualmente l’area del corpo
toccata, la pressione esercitata, spostare la presa dalla zona del
corpo iniziale a zone più distanti.
ABA: STRATEGIA DI APPRENDIMENTO IMITATIVO:
IL MODELLAMENTO (MODELING)
 La tecnica del modeling consiste nella promozione di esperienze di
apprendimento attraverso l’osservazione del comportamento di un
soggetto che funge da modello.
 Mentre in soggetti normodotati l’apprendimento imitativo può
avvenire senza una particolare intenzionalità da parte di insegnante e
osservatore, con i soggetti autistici questo è impossibile che avvenga,
per cui l’intervento di modeling andrà attentamente progettato
tenendo in considerazione tre condizioni determinanti:
 Le caratteristiche del modello
 Le caratteristiche dell’osservatore
 Le conseguenze prodotte dal comportamento del modello e da
quello dell’osservatore nel momento in cui imita il modello.
Quanto tali conseguenze sono positive (rinforzi), l’osservatore
continuerà a manifestare il comportamento acquisito, in caso
contrario tenderà a inibire tale comportamento.
ABA: IL MODELLAGGIO (SHAPING)
 Il modellaggio (o shaping) è una tecnica tramite la quale è possibile
ampliare i repertori di capacità degli allievi, facilitando la costruzione
di nuove abilità. Si basa sul rinforzo di comportamenti dell’allievo che
progressivamente si avvicinano a quello ricercato (comportamentometa).
 Solitamente questa tecnica viene utilizzata in associazione ad altre e
principalmente al prompting e al fading.
 Un programma di shaping ha tre caratteristiche fondamentali:
 Individuazione dell’abilità che si intende costruire e selezione del
comportamento iniziale già presente nel repertorio
comportamentale dell’allievo e che abbia qualche attinenza con il
comportamento-meta.
 Delineazione di una serie di approssimazioni successive, cioè di
comportamenti che, partendo da quello iniziale si avvicinano
sempre più a quello meta.
 Predisposizione di opportuni programmi di rinforzamento per far
si che l’allievo possa progressivamente padroneggiare i vari
comportamenti fino a raggiungere quello meta.
ABA: IL MODELLAGGIO (SHAPING)
MODELLAGGIO: SHAPING
Utilizzo della strategia di modellaggio (shaping) per insegnare a Luca
l’acquisizione di abilità grafiche di base.
Quando Luca aveva 4 anni, l’insegnante di sostegno, supervisionato da uno psicologo
esperto in terapia comportamentale, ha sviluppato un intervento per facilitare le
prime abilità grafiche, consistenti nel tracciare righe su un foglio impugnando i colori
con presa tridigitale. Si è deciso di far ricorso alla strategia dello shaping. Il
comportamento iniziale individuato è stato quello di afferrare oggetti colorati, specie
quelli verdi. Venivano messi oggetti nelle vicinanze di Luca, fra cui alcuni rinforzatori
materiale e sociali. Una volta stabilizzato il comportamento di individuazione e presa
del pennarello, l’educatore rinforzava Luca solo se toglieva anche il tappo. Questa
abilità venne insegnata anche attraverso l’utilizzo di prompt fisici e dimostrazioni.
In seguito i rinforzatori vennero riservati solo al comportamento di tracciare segni su
un foglio. Si passò poi all’insegnamento della presa tridigitale e Luca venne rinforzato
esclusivamente quando impugnava correttamente il colore e tracciava con esso dei
segni sul foglio bianco. Nel gito di tre mesi il comportamento-meta venne
padroneggiato in maniera autonoma, mentre risultarono molto meno soddisfacenti i
tentativi i ottenere che Luca colorasse correttamente delle figure. Continuò, infatti,
solo a tracciare righe.
ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING)
 Il concatenamento (o chaining) è una particolare strategia utilizzata per
l’insegnamento di abilità complesse costituite da sequenze comportamentali
ben delineabili. È il caso delle abilità di autosufficienza (vestirsi, svestirsi,
ecc.) e di molte abilità professionali che richiedono un regolare susseguirsi di
fasi.
 La predisposizione di un programma di chaining richiede un procedimento
articolato in tre fasi:
 Suddivisione dell’abilità in componenti (task analysis)
 Costruzione della catena comportamentale
 Strutturazione di un programma di concatenamento delle componenti
attraverso il rinforzo gradino per gradino: non appena il comportamento
descritto nella prima componente è stato compiutamente e stabilmente
appreso, si passa a rinforzare il gradino successivo soltanto se il
comportamento previsto viene emesso insieme, congiuntamente, in
sequenza a quello precedente, mentre la prima componente da sola non
viene più rinforzata. Apprese e concatenate le prime due si passa alla
terza e così via.
ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING)
 La procedura di concatenamento distingue:
 Chaining Anterogrado: a partire dal primo comportamento
fino a giungere all’ultimo
 Chaining Retrogrado: si aiuta l’allievo ad eseguire tutte le
componenti di una catena comportamentale tranne l’ultima,
procedendo a ritroso.
ABA: CONCATENAMENTO (CHAINING)
Illustrazione delle fasi del training effettuato attraverso il concatenamento
anterogrado, per insegnare a Giuseppe l’abilità di piantare e annaffiare i fiori.
ABA: L’APPRENDIMENTO DISCRIMINATIVO SENZA ERRORI
 A partire dai lavori pioneristici di Terrace (1963), si è andato sviluppando un
approccio all’apprendimento discriminativo finalizzato a ridurre al massimo
la possibilità di errore da parte dell’allievo.
 Tra le procedure che si sono mostrate efficaci anche con persone fortemente
compromesse dal punto di vista cognitivo ci sono:
 Stimulus fading
 Stimulus shaping
 Superimposition e fading
 Delayed cue
 Tali procedure si basano su tre regole principali:
 Il livello di discriminazione iniziale è molto semplificato, per cui l’allievo non si
trova immediatamente a contatto con la discriminazione finale.
 La discriminazione finale viene raggiunta con gradualità in modo da prevenire o
ridurre la possibilità di errore.
 La strategia del rinforzo viene utilizzata in maniera sistematica
ABA: TECNICHE DI RINFORZAMENTO
 Skinner definisce il rinforzo come «un evento che, fatto seguire all’emissione
di un comportamento, ne rende più probabile la comparsa in futuro»
 Esistono vari tipi di rinforzatori: materiali, sociali, sensoriali, simbolici,
informazionali.
 La tecnica di rinforzamento presenta tre aspetti principali:
 Individuazione dei rinforzatori efficaci per ogni singolo allievo: colloquio
con caregivers su attività, cibi e bevande, oggetti sensoriali e visivi che
preferisce; osservazione informale del bambino in situazioni non
strutturate, valutazione formale dei rinforzi al fine di stabilire una vera e
propria gerarchia.
 Programmi di rinforzamento (continuo/intermittente).
 Principi metodologici per un corretto uso dei rinforzatori: rinforzo
immediato dopo l’emissione di un comportamento, progressiva
sostituzione dei rinforzatori materiali con altri maggiormente naturali,
favorire il passaggio da un rinforzo costante a schemi di rinforzo
intermittente.
ABA: TECNICHE DI RINFORZAMENTO
La valutazione dei rinforzi effettuata con Luca
1.Vengono presentati a Luca, uno alla volta, alcuni alimenti e oggetti che si ritengono graditi sulla
base delle informazioni avute dalla mamma e delle impressioni derivate dall’osservazione
informale. Per ogni possibile rinforzatore vengono annotate sulla scheda le reazioni dell’allievo nel
momento della presentazione, mentre lo manipola, quando si cerca di riprenderlo, quando gli
viene fornito di nuovo. La scheda riporta le principali reazioni di Luca.
Rifiuta
Non reagisce
Cerca di
prenderlo
Mostra di
gradirlo
Lo riprende
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Succo
X
Cracker
X
Patatina
X
Grissino
X
Macchinina
Maracas
X
Libro
Palla
Pennarelli
Protesta se gli
viene tolto
X
X
Rifiuta
Non reagisce
Cerca di
prenderlo
Mostra di
gradirlo
Lo riprende
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Succo
X
Cracker
X
Patatina
X
Grissino
X
Macchinina
Maracas
X
Libro
Palla
Pennarelli
Protesta se gli
viene tolto
X
X
2. Gli oggetti che risultano maggiormente graditi sulla base delle reazioni alla presentazione
vengono riproposti in un primo gruppo di tre, annotando quello che viene preso per primo.
L’operazione viene ripetuta più volte per essere certi che la scelta non sia casuale.
3. L’item scelto più volte viene tolto dal gruppo e ne viene reinserito uno nuovo ripetendo
l’operazione. Togliendo sempre quello maggiormente scelto si arriva a un gruppo di quattro che
risultano i preferiti in assoluto.
4. Vengono presentati questi quattro rinforzatori e ripetuta l’operazione di eliminare quello che
viene scelto con più frequenza. In questo modo si arriva a una graduatoria che vede al primo posto
la macchinina, al secondo il cracker, al terzo il succo, al quarto il libro. La patatina e i pennarelli
sono graditi ma a un livello inferiore: la palla risulta essere neutra, mentre i grissini e le maracas
vengono addirittura rifiutati.
COME FAVORIRE LA GENERALIZZAZIONE DEGLI
APPRENDIMENTI?
 Per poter parlare di apprendimento, è necessario un
mantenimento nel tempo delle abilità acquisite e la loro
generalizzazione in contesti differenti da quelli in cui è avvenuto
il training.
 Per pianificare attivamente la generalizzazione esistono diverse
strategie:
 Estendere l’intervento ad altre condizioni: strutturazione di un
training più ampio che investa altre situazioni in cui la
generalizzazione non si è ancora verificata.
 Insegnare utilizzando stimoli e/o rinforzi simili a quelli che si
trovano naturalmente nell’ambiente.
 Usare contingenze di rinforzamento difficilmente identificabili:
alcuni programmi di rinforzamento intermittente risultano molo
più resistenti all’estinzione in confronto a quelli di rinforzamento
continuo.
Il programma di insegnamento della discriminazione di immagini sviluppata
con Marco.
Attività
- Identificare immagini. L’insegnante dispone le immagini sul tavolo di fronte al bambino. Dà
l’istruzione «Indica…» e prendendo la mano del bambino lo guida a indicare l’immagine.
Ogni esecuzione viene rinforzata. Si adotta una procedura di attenuazione progressiva degli
aiuti (fading). Il rinforzo inizialmente comprese tutte le tipologie previste; poi viene
attenuato quello tangibile (si passa a una procedura intermittente) fino ad annullarlo; infine
vengono ridotti gli altri (si assa ad uno schema intermittente). Le risposte che vengono date
con un livello più basso di aiuto non vengono più rinforzate quando viene manifestata senza
errori e senza necessità di rinforzo tangibile.
- Classificare le immagini. L’insegnante si siede su una seria di fronte al bambino e gli
presenta un’immagine. Gli dice «mettila con quelle uguali». Vengono utilizzati gli aiuti e i
rinforzi come nell’esercizio precedente.
-
Materiali: Fotografie e cartoncini raffiguranti oggetti
Rinforzi: Rinforzo sociale («Bravo!»), rinforzo sensoriale «accarezza la mano) e rinforzo
tangibile (patatina)
Istruzione
Risposta
1. «Indica…»
Indica l’immagine corretta
2. «Mettila con quelle uguali»
Classifica l’immagine
3.
Data di introduzione
Data di
acquisizione
Prima dell’intervento ABA
https://youtu.be/vpqIRTaMutA
In questo video girato al momento della diagnosi (estate
2014) aveva 2 anni. Nonostante i tentativi del suo papà
di entrare in relazione con lui, rifiuta totalmente
l'interazione sociale spingendo via il padre, per
continuare a fare avanti e in dietro sul ponticello.
Prima dell’intervento ABA
 https://youtu.be/LoGpuv7C2yE
 In questo video Hermes pur trovandosi al parco, invece
che giocare e cercare il contatto con i suoi pari (gli altri
bimbi) preferisce giocare da solo e guardare il riflesso
della luce del sole che filtra tra le foglie e gli schemi
geometrici della paviment
Prima dell’intervento ABA
 https://youtu.be/nBEes-YeIBg
 In questo video Hermes evidenzia un repertorio di
attività di gioco limitato, tipico dei bimbi con autismo
ed iperattività. (il video è stato girato prima dell'inizio
del trattamento A.B.A. e Biomedico)
4 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/6bhrjSQFjVI
 In questo video si possono notare i progressi dopo 4
mesi di ABA di Hermes, per quanto riguarda,
attenzione, partecipazione, attenzione e linguaggio.
Anche le stereotipie sono diminuite notevolmente.
4 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/6Dq_HsnaynI
 In questo video si notano i progressi dopo 4 mesi di
ABA di Hermes: risponde al suo nome e se si allontava
e viene chiamato si gira e torna in dietro, è migliorata
la relazione con i genitori ed è emergente la capacità di
gestione della frustrazione. Il linguaggio sta
cominciando a svilupparsi grazie alla forte
motivazione per il raggiungimento del premio (il suo
cibo preferito) sono tuttavia ancora presenti
stereotipie, iperattività ed ipereccitabilità emotiva.
9 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/JPeIk7uAC5o
 Dopo 9 mesi di ABA Herms riconosce i colori ed
impara ad associarli e a categorizzare. Sono scomparse
le stereotipie e l'iperattività. (Oltre ai programmi
educativi da dicembre 2014 seguiamo il protocollo
Biomedico)
10 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/nThb43QhUN4
 Dopo 10 mesi di ABA In questo video si può notare il
progresso strabiliante nello sviluppo del linguaggio,
nella capacità di relazione e la scomparsa di stereotipie
motorie ed ipera attività. Oltre all'ABA abbiamo
affiancato il protocollo Biomedico da dicembre 2014 e
questo lo sta aiutando ad ottimizzare i risultati.
11 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/wMkVCPxQQUE
 Dopo 11 mesi di ABA In questo video Hermes resta
seduto tranquillamente a tavola, anche se il ristorante
è affollato e molto rumoroso. Fino ad un anno fa non
avrebbe sopportato la confusione e le luci così forti.
Questi risultati sono stati ottenuti abbinando A.B.A.
educazione strutturata e protocollo Biomedico (da
dicembre 2014)
11 mesi di trattamento ABA
 https://youtu.be/-Z78Nn7LRNs
 Dopo 11 mesi Hermes, ora è in grado di parlare e di dire
ciò che prova alla sua mamma. "dice: Mi piace la
mamma" (dopo 11 mesi di A.B.A. ed educazione
strutturata ed introduzione del protocollo Biomedico
da dicembre 2014)
DISCRETE TRIAL TRAINING
DTT
DISCRETE TRIAL TRAINING
 Il Discrete Trial Training (DTT) è un modello di intervento comportamentale
che prevede un percorso di istruzione nel quale i compiti di apprendimento
sono posti in sequenza in piccole unità proposte in maniera ricorsiva, con
utilizzo di rinforzi come conseguenza immediata a situazioni di successo e
con una grande attenzione riposta nella raccolta dei dati e nella valutazione
dei progressi del bambino.
 In concreto, attraverso il DTT vengono insegnate competenze con l’utilizzo di
una procedura che comprende quattro elementi.
 L’istruzione o domanda, che costituisce lo stimolo antecedente discriminativo,
che porterà al controllo del comportamento.
 La risposta dell’allievo, che può essere corretta, non corretta o assente
 La conseguenza della risposta, che può variare a seconda che la stessa sia stata
adeguata o meno
 L’intervallo tra le prove, costituito da una breve pausa tra una routine e l’altra, in
modo da informare l’allievo che una prova è stata completata e che si accinge a
partire con la successiva.
DISCRETE TRIAL TRAINING
In concreto, attraverso il DTT vengono insegnate competenze con l’utilizzo di una
procedura che comprende quattro elementi:
ISTRUZIONE
RISPOSTA
DELL’ALLIEVO
CONSEGUENZA
DELLA
RISPOSTA
INTERVALLO
TRA LE PROVE
• che costituisce lo stimolo antecedente discriminativo, che porterà al controllo
del comportamento.
• che può essere corretta, non corretta o assente.
• che può variare a seconda che la stessa sia stata adeguata o meno.
• costituito da una breve pausa tra una routine e l’altra, in modo da informare
l’allievo che una prova è stata completata e che si accinge a partire con la
successiva.
Insegnamento della discriminazione dei colori condotto con Marco attraverso il DTT.
L’insegnante presenta a Marco tre blocchi logici della stessa forma, ma di colore diverso come nella figura. Si
assicura che l’allievo non sia distratto da altro e che guardi la situazione stimolo quando non lo fa, l’insegnante
prende dolcemente la testa del bambino con le mani e la orienta sul compito dicendo: «Marco, guarda!».
L’insegnante tiene in maniera visibile, ma non raggiungibile dall’allievo, un pacchetto delle patatine preferite da
Marco.
L’insegnante dice «Marco tocca il giallo!»
L’allievo non mostra risposta. L’insegnante estende il dito indice del bambino e lo guida a toccare la forma gialla.
L’insegnante con enfasi loda il bambino: «Bravo Marco. E’ giallo!» e consegna una patatina.
Fine della prima prova. Mentre marco mangia la patatina l’insegnante segna sulla sua scheda l’esecuzione
avvenuta con aiuto totale.
Si continua con una seconda prova, modificando la disposizione dei blocchi logici. Dopo la richiesta verbale,
questa volta l’insegnante aspetta alcuni secondi prima di fornire l’aiuto. La risposta viene immediatamente
rinforzata in maniera sociale e tangibile.
Ancora una breve interruzione per consentire a Marco di mangiare la patatina e all’insegnante di segnare il
risultato della prova.
Dopo otto prove condotte con le stesse modalità (solo i tempi di attesa si allungano un po’) si verifica una modifica
nella risposta di Marco. Dopo la richiesta, mentre l’insegnante allunga la mano per guidare quella dell’allievo,
questi la anticipa e con l’indice tocca il blocco giallo. Segue la gratificazione sociale con molta enfasi (l’insegnante
dà anche un cinque al bambino) e il rinforzo materiale.
Vengono ripetute altre prove discrete, fino a quando non si è certi che il blocco giallo non sia stabilmente
riconosciuto e toccato.
A questo punto si modificano le situazioni cambiando le forme e passando ai quadrati, poi ai triangoli ecc., per
essere certi che siano effettivamente riconosciuti i colori. Vengono effettuate oltre cento prove discrete di
apprendimento. L’insegnante effettua una modifica sullo schema di rinforzamento dilazionando il rinforzatore
materiale: quando la prestazione diventa più stabile la patatina viene data ogni due esecuzioni corrette, poi dopo
ogni tre, fino a passare a schemi intermittenti sempre più lunghi e a eliminare tale forma di gratificazione.
I risultati delle prove e le tipologie di rinforzo vengono sempre appuntate sulla scheda dell’insegnante.
MODELLI DI INTERVENTO
NATURALISTICI
MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI
 I modelli di intervento naturalistici prevedono l’insegnamento del
comportamento nel contesto in cui lo stesso si manifesta
naturalmente, utilizzando stimoli e rinforzi sempre presenti
nell’ambiente. Tali trattamenti naturalistici risultano strutturati in
maniera meno rigida e implicano la possibilità di trarre vantaggio
dalle opportunità di insegnamento che si verificano in seguito a
situazioni iniziate dal bambino, sulle quali l’educatore si inserisce al
fine di potenziarle e consolidarle attraverso l’utilizzo di rinforzatori
disponibili nel contesto quotidiano di vita.
 Il più significativo di questi approcci naturalistici è il Pivotal
Response Training (PRT), il quale si è dimostrato efficace per
l’apprendimento di un ampio ventaglio di competenze comunicative,
sociali e di gioco, anche se l’uso di rinforzi intrinseci all’ambiente
limita di fatto gli ambienti di impiego.
MODELLI DI INTERVENTO NATURALISTICI
 I Pivotal Behaviors sono competenze che si trovano al centro di «vaste aree di
funzionamento», tali che un miglioramento prodotto su di esse è in grado di
determinare ripercussioni positive in altre aree.
 I principali Pivotal Behaviors presi in considerazione nelle diverse esperienze
sono:
 La motivazione degli allievi
 La capacità di considerare contemporaneamente varie tipologie di stimoli
 L’autonomia nella gestione della propria persona e del proprio
comportamento
 L’iniziativa personale nella messa in atto di comportamenti funzionali ai
compiti.
 La motivazione è estremamente carente negli allievi con autismo, e questo
fattore pregiudica significativamente le possibilità di apprendimento degli
allievi e le loro interazioni sociali.
 Nei bambini autistici è presente una iperselettività degli stimoli. Ampliare la
possibilità di concentrarsi su più stimoli contemporaneamente rappresenta
un Pivotal Behavior che potrebbe avere ripercussioni significative su varie
tipologie di apprendimenti funzionali.
TREATMENT AND EDUCATION OF AUTISTIC AND
COMMUNICATION HANDICAPPED CHILDREN
TEACCH
TEACCH
 La finalità del programma TEACCH è di favorire l’adattamento della persona




con autismo del proprio ambiente di vita, attraverso recise modalità
organizzative e specifiche strategie educative personalizzate.
Il TEACCH si caratterizza come uno dei programmi per il trattamento degli
individui con autismo che propone un approccio globale e integrato che tiene
conto del livello di sviluppo dell’allievo e delle caratteristiche dell’ambiente.
Le attività prevedono una presa in carico globale dell’individuo e della sua
famiglia, sia in senso orizzontale che verticale, ovvero in ogni momento della
giornata, in ogni periodo dell’anno e per tutta l’esistenza.
L’adattamento all’ambiente si persegue attraverso due linee di azione
integrate in un approccio denominato insegnamento strutturato: da un lato il
potenziamento delle capacità personale, soprattutto relativamente alla
comunicazione e all’interazione sociale; dall’altro la modifica dell’ambiente
secondo le specifiche caratteristiche dell’allievo con autismo.
È centrale la valutazione delle competenze e dei deficit, per comprendere i
punti di forza e di debolezza, nonché le abilità «emergenti».
TEACCH: PRINCIPI DI RIFERIMENTO
 Collaborazione tra genitori e operatori specializzati: i genitori costituiscono
l’elemento fondamentale per assicurare al programma una certa continuità e
possibilità di generalizzare in ogni contesto. Sono in grado, inoltre, di fornire
informazioni e di fare osservazioni determinanti per lo sviluppo delle
procedure educative e per la valutazione dell’efficacia delle stesse.
 Obiettivo dell’adattamento: l’enfasi è posta sull’adattamento, raggiungibile
tramite l’insegnamento di nuove abilità da una parte e la modificazione
dell’ambiente dall’altra.
 Importanza della valutazione per individualizzare l’intervento: attuabile
tramite strumenti come la scala CARS, PEP3, AAPEP, è fondamentale per
impostare gli interventi psicoeducativi sulla base di punti di forza e
debolezza.
TEACCH: PRINCIPI DI RIFERIMENTO
 Insegnamento strutturato: per i bambini autistici è fondamentale la
strutturazione temporo-spaziale per rassicurarsi. Le componenti
fondamentali sono:
 Organizzazione dell’ambiente fisico
 Gli schemi visivi
 I sistemi di lavoro
 L’organizzazione dei compiti e del materiale
VIDEO
 https://youtu.be/XbTQTpxm6e4
INTERVENTO SECONDO I PRINCIPI
DELLA TEORIA DELLA MENTE
TEORIA DELLA MENTE
 Per allievi con autismo è utile inserire nel paino educativo
individualizzato obiettivi riferiti alla percezione degli stati
mentali proprio e altrui.
 Baron-Cohen propone un programma ispirato ai principi della
teoria della mente, prevedendo l’insegnamento progressivo
degli stati mentali in tre aree:
 Le emozioni
 Il sistema delle credenze e delle false credenze
 Il gioco simbolico, con particolare attenzione al gioco di finzione
 Si tratta di esercitazioni proposte attraverso schede didattiche
che ci sembrano facilmente generalizzabili nel contesto
scolastico, in parte durante il lavoro individualizzato del
bambino e in parte come attività per l’intera classe soprattutto
a livello di scuola di infanzia.
TEORIA DELLA MENTE
DISCRIMINARE LE EMOZIONI
Discriminare le emozioni: discriminare e riconoscere le diverse
emozioni su di sé e su gli altri. Intervento in 5 livelli:
Riconoscimento delle espressioni del viso nelle fotografie:
esercitazioni che consistono nel mostrare agli allievi delle fotografie nelle
quali i personaggi assumono varie espressioni e chiedendo di riconoscere il
tipo di emozioni.
Riconoscimento delle emozioni in disegni schematici: vengono
mostrati disegni con la consegna di discriminare le emozioni dei personaggi
raffigurati.
Identificazione delle emozioni causate da situazioni: riconoscimento
delle emozioni conseguenti a determinate situazioni.
Identificazioni causate dal desiderio: si cerca di far individuare le
amozioni che sono causate dal soddisfacimento o meno di un desiderio.
Identificazione delle emozioni causate da opinioni: saper identificare
emozioni che possono essere determinate da opinioni più o meno realistiche
che ci si fa della situazione rappresenta il livello più elevato del programma
indirizzato al riconoscimento delle emozioni.
L’applicativo sul riconoscimento delle emozioni del software «Il computer insegna».
Il software presenta un’emozione primaria, nel caso di Roberta con modalità scritta e verbale, con
la consegna di individuare la figura che la rappresenta. Se l’allieva clicca o tocca la figura
corrispondente il programma fornisce un feedback verbale di rinforzo. In caso contrario segnala
l’errore e chiede di riprovare eliminando una faccina, fino ad arrivare alla condizione in cui viene
presentata solo quella corretta. A ogni presentazione vengono cambiati, con modalità random o
controllata, i distrattori (le figure non rappresentano l’emozione indicata nello stimolo). È
possibile regolare il numero di elementi presenti nello schermo, il tipo di stimolo da fornire
(immagine, parola, presentazione verbale, filmato), il feedback da prevedere in caso di successo e
di insuccesso.
Il riconoscimento delle emozioni causate da situazioni: alcune attività
proposte a Filippo
Vengono lette varie storie illustrate con situazioni a cui si connettono delle emozioni.
Filippo viene invitato ad ascoltare, rispondere a domande sulle emozioni dei
personaggi e a raccontare la storia. Nei giorni successivi si prevede di far raccontare le
storie anche ad alcuni compagni di classe. Ecco due esempi riferiti alla felicità e alla
tristezza.
Emozione 1 - Felicità
1) Fuori piove e Mattia non può
uscire, si annoia a stare in casa.
2) Smette di piovere e spunta il sole.
3) Mattia è felice perché ora può
andare in giardino a giocare a
pallone
Emozione 1 – Felicità
1) È Natale e Carlo è felice perché sa
che ci saranno dei regali per lui.
2) Carlo va in soggiorno e sotto
l’albero non ci sono regali: Carlo è
triste.
3) Carlo esce di casa: Babbo Natale gli
ha portato una bicicletta e Carlo è
felice.
Il riconoscimento delle emozioni causate da situazioni: alcune attività
proposte a Filippo
Vengono lette varie storie illustrate con situazioni a cui si connettono delle emozioni.
Filippo viene invitato ad ascoltare, rispondere a domande sulle emozioni dei
personaggi e a raccontare la storia. Nei giorni successivi si prevede di far raccontare le
storie anche ad alcuni compagni di classe. Ecco due esempi riferiti alla felicità e alla
tristezza.
Emozione 2 - Tristezza
1) Marco dà l’invito per la sua festa di
compleanno a Michele.
2) Luca si aspetta che Marco inviti
anche lui, ma invece non viene
invitato.
3) Luca è triste perché Marco non l’ha
invitato alla sua festa.
Emozione 2 – Triststezza
1) Lisa e Leo giocano saltando sul
letto, sono felici perché si stanno
divertendo.
2) Leo cade dal letto.
3) Leo piange perché si è fatto male e
Lisa è triste, le dispiace che Leo si
sia fatto male.
Il libro delle emozioni di Filippo
In un quadernone ad anelli vengono
collocate una serie di pagine con al
centro un cartoncino colorato con sopra
scritta una situazione a cui si collega
un’emozione.
Dopo ogni situazione comprare la
domanda: «Come si sente Luca?». Una
volta letta la situazione, Filippo viene
invitato a rispondere alla domanda. Una
volta data la risposta, filippo viene
invitato a rispondere alla domanda.
Una volta data la risposta, il cartoncino,
che è applicato a finestrella, viene
aperto e compare il viso disegnato di
Luca, che è raffigurato con l’espressione
emozionale adeguata alla situazione
appena letta (ad es. dietro alla
finestrella con scritto «I compagni di
classe di Luca gli fanno i dispetti», c’è il
viso di Luca arrabbiato.
TEORIA DELLA MENTE: COMPRENDERE IL SISTEMA
DELLE CREDENZE E DELLE FALSE CREDENZE
 Si indirizza all’insegnamento dei cosiddetti «stati informativi», che





descrivono la capacità di comprendere come e che cosa le altre
persone possono percepire, conoscere e credere in relazione a una
determinata situazione. Il programma è articolato in 5 livelli:
Capacità di comprendere che cosa vedono le altre persone
(prospettiva visiva semplice).
Capacità di comprendere come la realtà percepita appare alle altre
persone (prospettiva visiva complessa).
Capacità ci comprendere il principio «vedere porta a sapere».
Capacità di prevedere azioni sulla base di ciò che una persona sa.
Capacità di comprendere le false credenze.
IL MODELLO DENVER
IL MODELLO DENVER
E’ un intervento prescolastico per la SCUOLA DELL’INFANZIA per bambini
con autismo proposto da Rogers.
 Si incentra su gioco e sull’interazione che vengono considerati veicoli
principali per lo sviluppo precoce di capacità sociali, emozionali e
cognitive.
 Il ruolo dell’adulto è quello di promuovere attività e strutturare
ambienti, anche proponendosi come mediatore tra il bambino e i
coetanei.
 Si indirizza principalmente allo sviluppo di competenze di
comunicazione e d’interazione sociale reciproca, proponendosi di
sviluppare poi, sulle abilità costruite in queste aree, altre competenze in
aree diverse dello sviluppo.
 Grande rilevanza vengono ad assumere, pertanto, i genitori che guidano
il coinvolgimento nell’ambiente familiare e gli insegnanti che possono
favorire la generalizzazione delle abilità acquisite nel contesto sociale.
 A livello di intervento vengono recuperate strategie dell’intervento
comportamentale classico (DTT), la strutturazione dell’ambiente
educativo tipico del TEACCH, oltre a elementi dagli approcci
naturalistici (PRT), come un insegnamento centrato sugli interessi del
bambino.
INTERVENTO PRECOCE
PER STIMOLARE
L’INTERSOGGETTIVITA’
Le competenze sociali sono costituite da un insieme
ampio di abilità che consentono a ogni individuo di
adeguare il proprio comportamento sulla base del
comportamento dell’altro, di leggere correttamente i
messaggi di natura sociale, di avviare adeguatamente
iniziative con finalità comunicative e di rispondere agli
stimoli sociali in modo dinamico e flessibile.
Le carenze in questo ambito caratterizzano il nucleo
centrale dei deficit manifestati dai bambini con
autismo.
La capacità innata di riferirsi a un’altra persona
nello sviluppo tipico del bambino è definita:
INTERSOGGETTIVITA’
L’intervento educativo sull’intersoggettività, e
soprattutto sul gioco, è stato sviluppato in maniera
molto significativa all’interno di tre approcci :
1)Il modello Denver (Rogers et al.,1986)
2)L’approccio sui gruppi di gioco integrati (Wolfberg,
1995,1999)
3)Il programma derivato dagli studi sulla teoria della
mente (Howlin, Baron-cohen, Hadwin, 1999)
 Il gioco porta il bambino a esplorare diversi ruoli e
regole sociali e fornisce loro l’opportunità di gestire
l’ansia e i conflitti sociali.
 Il gioco nei bambini con autismo tende a non svilupparsi
secondo il modello tipico e questo condiziona la loro
evoluzione sotto il profilo cognitivo, sociale, linguistico,
motorio ed emozionale.
 le interazioni positive con i pari durante il gioco
promuovono l’autostima e la competenza sociale del
bambino.
 Nei bambini con autismo il gioco risulta essere ripetitivo
e non funzionale; sono presenti carenze nel gioco di
simbolizzazione e difficoltà nell’interpretare giochi
sociali.
Nel momento in cui si osserva il comportamento di un allievo con
autismo durante il gioco è molto importante verificare le reazioni di
fronte alla presentazione delle proposte ludiche e dei materiali
utilizzabili.
 Dal punto di vista operativo si può cominciare a eseguire un gioco
semplice con un oggetto e osservare se l’allievo presta attenzione
con modalità varie ( guardare verso il giocatore o l’oggetto,
afferrare l’oggetto ecc..)
 In seguito si può chiedere al bambino le azioni del gioco, magari
con aiuto. A questo livello è possibile mettere in evidenza le
competenze specifiche che il bambino possiede in relazione ai
diversi giochi. Se tali attività risultano carenti è utile dedicarsi a
insegnare l’aspetto pratico dell’attività.
 Una volta verificato l’interesse per il gioco e per gli oggetti con cui
viene effettuato la valutazione può prendere in considerazione le
dimensioni simboliche e sociali.
 È fondamentale osservare l’allievo mentre si trova in contesti
naturali e integrati di gioco, al fine di evidenziare le azioni messe
in atto nei confronti degli oggetti impiegati (dimensione
simbolica) e i comportamenti diretti verso gli altri (dimensione
sociale).
Facendo riferimento a tutti questi aspetti connessi
all’attività di gioco Cottini ha elaborato una specifica
check-list per guidare l’osservazione del
comportamento degli allievi con autismo durante le
attività ludiche.
L’osservazione del comportamento di Luca durante i
giochi sociali
Tipologia di gioco
Interesse per
il gioco e per
i materiali
Capacità di
effettuare il
gioco
Dimensione
simbolica
del gioco
Dimensione
sociale del
gioco
Luca vede un compagno che gioca a correre
con una macchinina sul pavimento, partendo
da una linea verde fino alla parete. Prende
anche lui una macchinina e comincia a correre.
Poi però si ferma e inizia a osservare la
macchinina stendendosi per terra
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
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3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
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Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
Una bambina mette degli animaletti di plastica
sul davanzale. Luca osserva la compagna,
sfarfalla le mani, poi prende gli animali 1 a 1 e
li distende sul pavimento mantenendo la fila.
Non vuole metterli via e quando viene chiesto
alla compagna di metterli a posto, Luca li
ammucchia in un angolo e comincia a urlare.
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
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Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
Tipologia di gioco
Interesse per il
gioco e per i
materiali
Capacità di
effettuare il
gioco
Dimensione
simbolica
del gioco
Dimensione
sociale del gioco
I compagni di luca giocano
con il treno prima del suo
arrivo. Luca entra e osserva.
Nel momento in cui c’è
nessuno nei pressi del gioco,
si avvicina e comincia a far
correre il treno sui binari e ad
attaccare e staccare più volte i
vagoni
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
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Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
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Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
l’insegnante propone a Luca e
ai suoi 3 compagni di giocare
a fare la doccia. Si mette in
piedi e con il braccio disteso
rappresenta la doccia, dalla
quale esce il getto d’acqua.
Una bottiglia funge da
shampoo, un mattoncino
piccolo delle costruzioni da
sapone e uno più grande da
spugna. Un bambino, finge di
farsi la doccia. È il turno di
Luca, che prende la bottiglia,
la apre e fa il segno di versare
il contenuto sulla mano e
passarsi la mano sul corpo.
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
1.
2.
3.
4.
Assente
Limitato
Buono
Elevato
IL MODELLO DENVER
È un intervento prescolastico per bambini con autismo che si incentra
sul gioco e sull’interazione. I punti cardini sono:
1)Inserimento del bambino in relazioni sociali coordinate e interattive
per la maggior parte delle ore di veglia, con l’obiettivo di poter attivare
forme di imitazione e di comunicazione simbolica e interpersonale (
non verbale, affettiva, pragmatica)
2)Insegnamento intensivo per colmare i deficit di apprendimento che
derivano dall’incapacità di accedere spontaneamente al modello delle
relazioni sociali.
Le tre grandi aree sulle quali si incentra il modello Denver sono la
comunicazione, le abilità funzionali e l’intersoggettività.
Per il bambino autistico il gioco rappresenta il mezzo principale per
favorire apprendimenti significativi e lo sviluppo di relazioni sociali. Tale
insegnamento recupera alcuni principi metodologici proposti all’interno
del programma ABA e del TEACCH, come l’insegnamento
individualizzato e intensivo e la strutturazione dell’ambiente.
Il gioco deve essere presentato nello stesso luogo e con una certa
ritualità nel corso della giornata. Se il bambino mostra interesse per
quel materiale può essere utilizzato più volte e per più tempo in modo
tale che gli elementi fisici diventino prevedibili e si possa cosi favorire
l’attenzione agli elementi sociali del gioco. Quando la routine di gioco è
ben definita, si possono introdurre delle piccole varianti, facendo
attenzione che i cambiamenti siano inseriti uno alla volta. È importante
che non si verifichino solo delle variazioni nelle modalità di gioco, ma
anche all’interno dello scambio sociale.
Esempio : GIOCO DEL PALLONCINO GONFIABILE
Obiettivi: migliorare l’imitazione; guardare assieme; sviluppare
l’emozione congiunta; richiedere l’aiuto.
Attività gioco1: l’insegnante prende il gioco e si siede vicino al bambino.
Posiziona lentamente il palloncino sulla pompetta e chiede a Marco di
guardarla. Inizia cosi a gonfiare il palloncino contando il numero di
emissioni d’aria dentro lo stesso. Cerca inoltre di enfatizzare quel
momento con frasi del tipo : «Guarda!,», «che bello questo palloncino!».
Quando lo ha gonfiato, lo prende in mano e, sempre facendo attenzione
che il bambino la guardi, dice: « Pronti, mezza ,via!» e lascia il palloncino
sgonfiarsi e aspetta che Marco glielo riporti.
Attività gioco2: appena gonfiato, l’insegnante annoda il palloncino e lo
fa volare in modo che il bambino lo guardi e cerchi di prenderlo.
Risultati dopo 3 mesi: il bambino presta attenzione al palloncino mentre
viene gonfiato e sorride quando viene lasciato librare in aria. Quando il
palloncino si sgonfia Marco si avvicina e lo scoppia con il piede o con la
mano più volte per far uscire l’aria. Il bambino ha appreso l’uso corretto
della pompetta e del relativo palloncino( ha imparato per imitazione dove
deve essere inserito il palloncino) nonostante non riesca a gonfiarlo,
raramente chiede l’aiuto dell’insegnante. Continua a voler fare tutto da
solo e fatica nell’accettare l’intromissione dell’altro.
I GRUPPI DI GIOCO INTEGRATI
Wolfberg (1999) fonda la sua proposta di gioco in gruppi
integrati osservando come i bambini con autismo, come tutti i
bambini del resto, dimostrino maggiori capacità di partecipare
a giochi vari di una certa complessità quando dispongono del
sostegno di un adulto o di coetanei più capaci.
Attraverso procedure di supporto sociale attentamente
pianificate è possibile offrire ai bambini con autismo delle
esperienze di gioco con i coetanei significative e ben riuscite
I gruppi integrati di gioco sono costituiti da 3/- 5 soggetti:
•Guide: adulti competenti nell’intervento educativo con
allievi con autismo;
•Giocatori esperti: bambini a sviluppo tipico con buone
abilità sociali;
•Giocatori principianti: bambini con disturbi dello spettro
autistico.
L’intervento utilizza la partecipazione guidata, che
Wolfberg definisce:«il processo attraverso il quale i
bambini apprendono partecipando direttamente a
un’attività importante con la guida, il sostegno e
l’incoraggiamento di partner sociali di abilità e status
differenti»
oLe procedure da utilizzare per favorire questa
partecipazione guidata si riferiscono a 3 elementi :
1.Fornire
un sostegno alle interazioni;
2.Assicurare una guida nella comunicazione sociale;
3.Implementare strategie per ampliare le modalità di
gioco sociale del bambino con autismo;
Il supporto fornito dall’educatore per favorire le
interazioni nei gruppi di gioco varia in relazione alle
esigenze del bambino:
Il livello massimo di sostegno prevede che l’educatore
si posizioni nello spazio dove si sviluppa il gioco, procuri i
materiali, solleciti i rapporti interattivi ecc.
L’educatore attenua l’aiuto e si pone all’esterno
dell’area di gioco sollecitando solo verbalmente i
bambini coinvolti nel gioco sociale;
l’evoluzione dovrebbe portare i bambini a non aver più
bisogno dell’educatore, in quanto capaci di mediare in
maniera indipendente le loro interazioni sociali.

La guida nella comunicazione sociale è finalizzata a promuovere la
dimensione specificamente sociale del gioco, stabilendo un’attenzione
reciproca e una predisposizione a rispondere alle iniziative ludiche.
Per guidare questi scambi sociali bisogna offrire ai bambini delle
semplici sequenze logiche di strategie verbali e non verbali:
Strategie orientative: bambini autistici che non riescono a tollerare il
contatto ravvicinato e sono inviati ad osservare da distante gli altri
bambini che giocano;
Giochi a specchio: i bambini con sviluppo tipico tendono ad effettuare
le stesse attività ripetitive del compagno con autismo;
Gioco parallelo: i bambini giocano vicini con gli stessi materiali ma
senza particolari interazioni;
Interazione di ruoli nel gioco: rappresenta l’inizio del gioco di
finzione;
Gioco di ruolo avanzati: tutti i bambini assumono ruoli di finzione e
utilizzano oggetti in modo immaginario;
Per l’attivazione di gruppi di gioco integrato si
raccomanda di predisporre adeguatamente l’ambiente
attraverso forme di strutturazione( organizzazione
dello spazio fisico dove svolgere il gioco, schemi visivi
ecc.) che possano ridurre i livelli di imprevedibilità delle
situazioni e conseguentemente l’ansia che l’allievo con
autismo si trova a vivere. L’applicazione di questa
metodologia ha dimostrato di essere efficace per
favorire negli allievi con disturbo autistico l’interazione
più frequente e duratura con i pari, il miglioramento
delle abilità sociali e quelle di gioco, anche in
riferimento al gioco simbolico (Wolfberg).
Esempio: gioco di gruppo integrato sviluppato da Luca
con alcuni compagni:
•Soggetti: Luca e tre suoi compagni di classe, 2maschi e 1
femmina; i compagni sono stati istruiti precedentemente
sulle modalità e sull’aiuto da offrire a Luca;
•Luogo: stanza del sostegno;
•Materiale: i giochi vengono illustrati attraverso un
cartellone con fotografie, mattoncini di diverse dimensioni,
disegni e scritte.
•Gioco : costruzione di una stalla per il cavallo.
SVOLGIMENTO
 I compagni iniziano a comporre la casa e Luca osserva solamente non partecipando;
 Su sollecitazione dell’insegnante un compagno offre a luca un mattoncino e lo invita a
collocarlo nello spazio opportuno. Utilizza anche verbalizzi del tipo «forza Luca»;
 Un altro compagno si avvicina a Luca e lo aiuta a collocare il mattoncino;
 Si continua nell’operazione, prima consegnando altri mattoncini, poi semplicemente
mettendoli nelle vicinanze, con gratificazioni collettive nel momento in cui Luca esegue delle
attività adeguate alla finalità del gioco;
 Il gruppo arriva alla costruzione dei muri della stalla lasciando delle aperture per le porte e le
finestre, mancano i pezzi per comporre il tetto ( l’insegnante non li ha forniti per stimolare
soluzioni simboliche;
 I compagni di Luca sono stati istruiti e hanno studiato la modalità per affrontare la soluzione
 Un compagno fa presente a Luca che bisogna fare il tetto ma che non è presente il
materiale;
 la compagna insiste Luca nel raggiungere un altro luogo per prendere dei righelli .La
compagna dice a luca di far finta che siano delle travi per fare il tetto. Da gratificazioni a
Luca quando dimostra qualche forma di collaborazione;
 L’insegnante dice agli allievi di mettere il cavallo a riparo perché sta per piovere;
 La compagna introduce un cavallo di plastica nella costruzione dicendo «qui stai bene»
successivamente le tira fuori e dice a luca di metterlo all’interno perché sta per piovere;
 Luca ripete l’operazione, prima con l’aiuto dei compagni e poi da solo;
 L’insegnante loda con enfasi tutti i partecipanti al gioco e li invita a rientrare in classe;
 Luca dando la mano ai suoi compagni torna in classe senza esitazioni.
LA PROMOZIONE DEL GIOCO SIMBOLICO
ALL’INTERNO DEL PROGRAMMA PER LO SVILUPPO
DELLA TEORIA DELLA MENTE
L’ultimo livello del programma comprende una serie di attività didattiche
finalizzare allo sviluppo del gioco simbolico, che rappresenta, uno degli
aspetti più problematici nel bambino con autismo. Sono presi in
considerazioni 5 livelli di gioco:
Gioco sensomotorio si intendono le attività che il bambino si limita a
manipolare i giocattoli, sbattendoli, muovendoli nell’aria o
succhiandoli.Sono compresi a questo livello anche attività ripetitive
tipiche, come allineare oggetti o suddividerli ossessivamente per forma
e colore.
Il gioco funzionale si riferisce alla sostituzione di oggetti con altri dello
stesso tipo e funzione. A questo livello il gioco non può essere
consderato di finzione, in quanto non è certo che il bambino faccia
riferimento a capacità simboliche e non percepisca invece l’oggetto
come reale, anche se più piccolo;
 il gioco del far finta comprende due elementi: la sostituzione di
oggetti, in cui un oggetto svolge il ruolo di un altro nel gioco e
l’attribuzione di caratteristiche fittizie agli oggetti con cui sta
giocando. A questo livello l’insegnante cerca sempre di rimarcare
all’allievo la distinzione fra attività reali e finzione, cioè se si sta
effettivamente compiendo una certa azione o se si gioca a far
finta di farla.
 Il gioco del far finta acquisito viene raggiunto quando il bambino
riesce spontaneamente a giocare in modo simbolico, senza
necessità di sollecitazione o supporto.
Tutte le esercitazioni prevedono all’inizio delle interazioni fra
bambino ed educatore fortemente regolate da quest’ultimo, alle
quali seguono situazioni dove l’allievo è maggiormente
protagonista, fino a strutturare la capacità di trasferire gli
apprendimenti acquisiti nel gioco spontaneo.
Esempio: stimolazione del gioco simbolico con Luca(sostituzione di oggetti)
Luogo: palestra;
Soggetti: intera classe e insegnante di sostegno;
Attività: drammatizzazioni;
Gioco: Luca con un compagno deve rappresentare l’attività di farsi la doccia;
L’insegnante di sostegno con una mano funge di essere la doccia e dice «Io
sono la doccia, se toccate qui esce acqua ecc.»
Un bambino invitato dall’insegnante fa finta di farsi la doccia, l’insegnante
emette dei suoni come se se stesse scorrendo l’acqua, poi aggiunge «bene
ora sei pulito ecc.»
Luca osserva questa scena che viene ripetuta più volte;
L’insegnante invita Luca a farsi la doccia;
Luca si avvicina all’insegnante e si ferma, non effettua altri movimenti
pertinenti e si allontana;
L’insegnante invita gli allievi a fare la doccia a due a due.
Luca insieme ad un compagno si pone sotto la mano tesa dell’insegnante che
in quel momento rappresenta la doccia;
Il compagno apre l’acqua e si passa il finto sapone sul corpo, poi lo cede a
Luca.
Luca invitato dall’insegnante effettua alcuni movimenti come per passarsi il
sapone.
L’insegnante lo gratifica
Il gioco viene ripetuto con movimenti sempre più autonomi di Luca e senza
l’aiuto del compagno.
I SISTEMI DI COMUNICAZIONE
AUMENTATIVA ALTERNATIVA
PER ALLIEVI NON VERBALI
 La compromissione qualitativa della
comunicazione sociale rappresenta un sintomo
peculiare per la diagnosi di autismo.
 I deficit a questo livello non investono solo
l’ambito del linguaggio verbale, ma condizionano
in maniera più generale l’intero processo
comunicativo, rendendo estremamente complesso
il passaggio di informazioni con gli altri
componenti del sistema sociale di riferimento.
Modalità di
trasmissione dei
messaggi
Significato
veicolato dai
messaggi
(SEMANTICA)
(SINTASSI)
Effetti che la
comunicazione
produce sul
comportamento
(PRAGMATICA)
COMUNICAZIONE
 Recenti indagini mostrano come l’85-90% di bambini
con diagnosi di autismo è in grado di imparare a
utilizzare la comunicazione verbale come principale
modalità di comunicazione quando si interviene
precocemente attraverso training che sollecitino la
motivazione a rispondere, forniscano frequenti
opportunità per sperimentare il linguaggio espressivo
nell’ambiente di vita e utilizzino rinforzatori diretti e
naturali.
 Il linguaggio, comunque, rimane sostanzialmente
caratterizzato da una serie di problemi specifici:




Ripetitività (ecolalia)
Difficoltà ad usare pronomi personali
Forme di comprensione rigida e letterale delle parole
Difficoltà di prosodia
 E’ importante sottolineare che anche con i bambini
autistici che restano non-verbali l’attenzione all’area
della comunicazione deve essere prioritaria.
 Esistono diversi approcci educativi che hanno
dimostrato di essere efficaci per stimolare forme di
comunicazione significativa e che possono essere
sicuramente promossi anche nel contesto scolastico:
 Verbal Behavior Teaching
 Sistemi di comunicazione aumentativa alternativa per
bambini non verbale (es. PECS)
 Insegnamento delle abilità di comunicazione spontanea,
elaborato all’interno del programma TEACCH.
IL VERBAL BEHAVIOR
TEACHING
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
 Il lavoro di Skinner pone le basi per lo sviluppo di una
metodologia di lavoro educativa finalizzata alla
promozione della comunicazione verbale.
 Ciò che Skinner studia è il comportamento verbale, l’
«episodio verbale totale», che comprende non solo ciò che
il parlante, ma la situazione in cui lo dice, le reazioni che
suscita nell’ascoltatore (e che non devono
necessariamente essere verbali), lo scambio di ruoli che
avviene tra parlante e ascoltatore (nel senso che il parlante
assume a sua volta il ruolo di ascoltatore e viceversa) e così
via.
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
 Skinner identifica una serie di operanti (risposte emesse dagli
individui non soltanto sulla scorta di particolari situazioni
stimolo, ma anche in relazione all’effetto che queste risposte
hanno avuto dall’ambiente in termini di rinforzamento.
 Ogni operante verbale presenta caratteristiche specifiche,
persegue funzioni particolari e la probabilità della sua
emissione può essere sollecitata attraverso specifici training
centrati sule tecniche comportamentali. Quelli evidenziati da
Skinner sono i seguenti:




Comportamento ecoico (echoich)
Fare richieste (mand)
Comportamento intraverbale (intraverbal)
Comportamento verbale basato su se stessi (autoclitic)
 Gli operanti verbali che vengono solitamente considerati in
relazione all’insegnamento del linguaggio a bambini con
autismo sono i primi quattro.
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
COMPORTAMENTO ECOICO
 E’ un comportamento verbale di tipo imitativo, che ha
corrispondenza punto a punto con un modello verbale e vocale.
Per imparare a parlare il bambino necessita di un repertorio di
imitazione vocale che, per stabilizzarsi, deve essere rinforzato.
Skinner sostiene che questo comportamento viene stabilito nel
bambino tramite una sorta di rinforzo «pedagogico»,
generalmente utilizzato da genitori e insegnanti per ottenere,
tramite approssimazioni successive, la verbalizzazione corretta
di parole e la produzione di nuove unità di risposte.
Se, ad esempio, un genitore o un educatore dicono «acqua» e il
bambino ripete «acqua» è avvenuto un comportamento
ecoico.
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
MAND
 Quando il bambino desidera qualcosa e nel contesto è presente
un ascoltatore, la richiesta verbale della cosa è considerata un
mand. In questo caso non vi è un antecedente verbale ma solo
una motivazione ad ottenere l’oggetto che rappresenta, di fatto,
il rinforzatore del mand stesso. Il mand è tipicamente il primo
passo nell’insegnamento del linguaggio in quanto attraverso il
rinforzo positivo concesso come conseguenza del mand stesso,
il bambino inizia ad associare il suono della sua voce con la
conseguenza positiva.
Se, ad esempio, il bambino vuole la palla e la nomina in
presenza del genitore o dell’educatore è avvenuto un mand.
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
TACT
 Indica un comportamento che «mette in contatto» con il
contesto di riferimento. Si tratta di un operante verbale in cui
una risposta di forma determinata viene evocata (o almeno
intensificata) da un particolare oggetto o proprietà di un
oggetto o di un evento. Il tact è quindi un operante verbale che
prevede un antecedente non verbale e un rinforzatore
generalizzato, come l’apprezzamento positivo di un adulto del
proprio ambiente.
Ad esempio la risposta «auto» emessa in presenza di un
ascoltatore e di un’auto viene rinforzata dall’approvazione del
genitore che può affermare «Bravo! È proprio un’auto!»
VERBAL BEHAVIOR TEACHING
COMPORTAMENTO INTRAVERBALE
 E’ una particolare tipologia di operante verbale nel quale uno
stimolo verbale seleziona l’occasione per una risposta verbale,
ma al contrario di quanto avviene nel mand, la risposta non
presenta una corrispondenza punto a punto con gli stimoli che
l’hanno evocata. Skinner lo definisce come un comportamento
in cui vi è una coincidenza formale fra lo stimolo e la risposta
prodotta, ma alcune risposte verbali non mostrano nessuna
corrispondenza con gli stimoli verbali che le provocano.
L’operante verbale può essere rinforzato in vari modi, specie
con rinforzatori di tipo sociale o, quando possibile e
apprezzato, con una continuazione dello scambio di
conversazione.
E’ il caso della risposta «quattro» con lo stimolo «due più
due», o «Parigi» con «Capitale della Francia».
Il programma di insegnamento di un mand verbale sviluppato con Marco
Fra i rinforzatori particolarmente graditi per Marco ci sono le bolle di sapone, che il bambino ama
tenere in mano e far rotolare sul tavolo. Gli piace anche giocare a soffiare e ottenere le bolle, ma non
riesce a farlo in maniera autonoma: c’è bisogno che gli educatori o i genitori svitino il tappo e tengano
in mano l’oggetto vicino a Marco, che a quel punto soffia.
Per facilitare il mand è stato sviluppato anche un programma insegnando l’utilizzo di uno specifico
gesto non convenzionale, che consiste nel portare il dito indice alla bocca e soffiare. I gesti sono stati
introdotti con Marco come degli strumenti aumentativi a sostegno del linguaggio e non sostitutivi.
Vengono create delle situazioni nell’ambiente, sia scolastico che familiare, nelle quali il bambino vede
le bolle di sapone, ma non riesce a raggiungerle da solo. In questo modo viene sollecitata una forte EO.
Marco ha imparato a effettuare il gesto e solitamente gli viene subito dato il contenitore delle bolle
pronunciando il nome verbalmente.
Adesso gli insegnanti e i genitori, dietro suggerimento dello specialista, adottano una procedura più
articolata. Quando si verifica l’EO e l’allievo emette anche il gesto, non viene subito concesso il
rinforzatore (il contenitore delle bolle), ma pronunciato un prompt ecoico per tre volte. Se non c’è
imitazione verbale si attendono circa 5 secondi poi si consegnano le bolle. Si lascia il bambino a far
rotolare il tubetto per una decina di secondi, poi le bolle vengono riprese e rimesse al loro posto. Dopo
circa tre settimane di lavoro coordinato e molto inteso in questa direzione si è verificata una risposta
verbale, anche se non precisa. Marco è stato rinforzato prontamente con le bolle socialmente e lo si è
lasciato giocare per un tempo sensibilmente più lungo.
A questo punto si è attenuato il prompt ecoico, fino a eliminarlo quando la verbalizzazione di Marco è
stata ritenuta adeguata. Il mand, infatti, è un operante che non richiede un antecedente per essere
emesso.
A questo punto si è ritenuto di effettuare un fading sull’efficacia del gesto, rinforzando Marco con
l’oggetto solo quando si verificava anche la richiesta verbale.
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