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il mais - Image Line Network

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il mais - Image Line Network
Collana ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
il mais
il mais
Ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
e 32,00
Script
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
Collana ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
il mais
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
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COORDINAMENTO GENERALE
Renzo Angelini
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Tommaso Maggiore
COORDINAMENTO REDAZIONALE
Ivan Ponti
© Copyright 2007 Bayer CropScience S.r.l. - Milano
© Copyright 2007 ART Servizi Editoriali S.p.A. - Bologna
Script è un marchio editoriale di ART S.p.A. - Bologna
ISBN: 978-88-902791-3-3
CREDITI
Le foto alle pagine 3 in basso a destra (Teresa Kenney), 6 a sinistra (Jo Ann
Snover) e a destra (Douglas Mclaughlin), 17 (Annieannie), 24 (Teresa Kenney),
25 (Andrei Calangiu), 47 (Gary Allard), 88 in alto (Hdconnelly), 89 in basso (Ulia
Taranik), 90 in basso (Ramon), 92 in alto (Robert Lerich), 92 in basso (Alex
Staroseltsev), 93 (Mafoto), 290 in alto (Thomas Perkins), 291 in alto (Tadija Savic),
359 (Annieannie) sono dell’agenzia Dreamstime.com
L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile
comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella
citazione delle fonti dei brani e delle illustrazioni riprodotti nel seguente volume.
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere
riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo o forma, sia essa
elettronica, elettrostatica, fotocopie, ciclostile ecc., senza il permesso scritto
di Bayer CropScience S.r.l.
REDAZIONE
Elisa Marmiroli
PROGETTO GRAFICO E COPERTINA
Studio Martinetti - Milano
REALIZZAZIONE EDITORIALE
ART Servizi Editoriali S.p.A.
Bologna
www.art.bo.it
Distribuzione nel circuito librario:
Hoepli S.p.A. via Hoepli 5 - 20121 Milano (Italy)
tel. +39 02 864871 – fax +39 02 8052886
www.hoepli.it
e-mail [email protected]
Finito di stampare in Italia nel mese di Dicembre 2007
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s o m m a r i o
autori
prefazione
presentazione
ringraziamenti
botanica
morfologia e fisiologia
genetica e miglioramento
storia e arte
origine e diffusione
aspetti artistici
alimentazione
aspetti nutrizionali
ricette
paesaggio
2
26
macchine per la coltivazione
parassiti animali
182
204
malattie
220
prevenzione micotossine
232
erbe selvatiche
238
gestione delle malerbe
254
conservazione della granella
266
parassiti da magazzino
276
insilamento
284
45
46
84
ricerca
ricerca genetica
295
296
105
utilizzazione
327
106
112
usi zootecnici
328
usi industriali
362
usi energetici
380
121
mais in Italia
122
coltivazione
141
tecnica colturale
agricoltura di precisione
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V
VII
IX
XI
1
142
178
mondo e mercato
importanza e diffusione
per saperne di più
391
392
425
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a u t o r i
Stella Agostini
Carlo Corino
Aldo Pollini
Istituto di Ingegneria Agraria
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Veterinarie e per la Sicurezza Alimentare
Università degli Studi di Milano
Specialista fitopatologo
Imola (BO)
Vittorio Dell’Orto
Centro di Fitofarmacia
Università degli Studi di Bologna
Paola Battilani
Istituto di Entomologia e Patologia Vegetale
Università Cattolica del Sacro Cuore
di Piacenza
Stefano Bocchi
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Veterinarie e per la Sicurezza Alimentare
Università degli Studi di Milano
Di.Pro.Ve.
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Marco Fiala
Luigi Bodria
Carlo Lorenzoni
Istituto di Ingegneria Agraria
Università degli Studi di Milano
Istituto di Botanica e Genetica Vegetale
Università Cattolica del Sacro Cuore
di Piacenza
Gianfranco Bolognesi
Ristorante la Frasca
Castrocaro Terme (FC)
Andrea Brandolini
C.R.A. – SCV
Unità di Ricerca per la Selezione
dei Cereali e la Valorizzazione
delle Varietà Vegetali
S. Angelo Lodigiano
Aureliano Brandolini
Istituto di Ingegneria Agraria
Università degli Studi di Milano
Tommaso Maggiore
Di.Pro.Ve.
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Pierangelo Marconi
Roquette Italia S.p.A.
Cassano Spinola (AL)
Luigi Mariani
Centro di Ricerca Fitotecnica
Bergamo
Di.Pro.Ve.
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Giovanni Campagna
Adriano Marocco
Centro di Fitofarmacia
Università degli Studi di Bologna
Carlo Cannella
Istituto di Scienza dell’Alimentazione
Università “La Sapienza” di Roma
Dario Casati
Dipartimento di Economia e Politica
Agraria, Agro-alimentare e Ambientale
Università degli Studi di Milano
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Istituto di Agronomia Generale
e Coltivazioni Erbacee
Università Cattolica del Sacro Cuore
di Piacenza
Antonello Negri
Dipartimento di Storia delle Arti,
della Musica e dello Spettacolo
Università degli Studi di Milano
Gabriele Rapparini
Giovanni Riva
Dipartimento di Scienze Applicate
ai Sistemi Complessi
Università Politecnica delle Marche (AN)
Francesco Salamini
Di.Pro.Ve.
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Giovanni Savoini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Veterinarie e per la Sicurezza Alimentare
Università degli Studi di Milano
Luciano Süss
Istituto di Entomologia Agraria
Università degli Studi di Milano
Mauro Vecchiettini
DISTA - Dipartimento di Scienze
e Tecnologie Agroambientali
Università degli Studi di Bologna
Alberto Verderio
C.R.A. – MAC
Unità di Ricerca per la Maiscoltura
Bergamo
Pasquale Viggiani
DISTA - Dipartimento di Scienze
e Tecnologie Agroambientali
Università degli Studi di Bologna
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p r e f a z i o n e
Il gruppo Bayer ha orientato il proprio impegno verso la ricerca di un preciso e chiaro obiettivo:
lavorare per creare, attraverso l’innovazione e lo sviluppo, una condizione ottimale per una vita
sociale migliore.
Con il sostegno a importanti iniziative in ambito culturale, sportivo e sociale, Bayer in Italia ha
saputo modellare inoltre i propri obiettivi di crescita sempre con il consenso delle comunità in cui
si trova ad operare.
Impiegare le proprie risorse nella creazione di un equilibrio stabile nel tempo tra uomo e ambiente
significa considerare “il rispetto” e la coerenza come massime espressioni dell’agire umano.
In linea con questi principi, Bayer CropScience ha reso possibile la realizzazione della collana
“Coltura & Cultura”, che ha come primo scopo quello di far conoscere i valori della produzione
agroalimentare italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio.
La collana prevede la realizzazione di oltre 10 volumi (grano, pero e vite già pubblicati, riso, patata,
pomodoro, carciofo, melo, pesco, olivo ecc.).
Per ciascuna coltura saranno trattati i diversi aspetti, da quelli strettamente agronomici, quali botanica, tecnica colturale e avversità, a quelli legati al paesaggio e alle varie forme di utilizzazione
artigianale e industriale, fino al mercato nazionale e mondiale.
Un ampio spazio è riservato agli aspetti legati alla storia di ciascuna coltura in relazione ai bisogni
dell’uomo e a tutte le sue forme di espressione artistica e culturale.
Nella sezione dedicata alla ricerca si è voluto evidenziare, in particolare, i risultati raggiunti nei
settori del miglioramento genetico.
Di particolare interesse e attualità è la parte riservata all’alimentazione, che sottolinea l’importanza di ciascun prodotto nella dieta e i suoi valori nutrizionali e salutistici. Questi elementi vengono
completati con la presentazione di ricette che si collocano nella migliore tradizione culinaria italiana.
L’auspicio di Bayer CropScience è che questa opera possa contribuire a far conoscere i valori di
qualità e sicurezza quali elementi distintivi e caratterizzanti la produzione agroalimentare italiana.
Renzo Angelini
Bayer CropScience
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p r e s e n t a z i o n e
La scarsità di cereali e l’assottigliarsi delle scorte a livello mondiale con il conseguente aumento
dei prezzi di questo momento è dovuto sia alla maggiore richiesta dei Paesi emergenti sia ad
una maggiore utilizzazione non alimentare. Ciò crea preoccupazioni, aggravate dal fatto che la
popolazione mondiale è in continuo aumento e che la superficie coltivabile non solo non può
aumentare, ma purtroppo tende a diminuire.
Questi problemi, come in passato, sono sicuro che si risolveranno con l’impegno prima della
ricerca e poi degli imprenditori agricoli, che già risolsero una situazione similare verificatasi tra
il 1970 e il 1975, anche a seguito della crisi energetica, incrementando le rese dei tre principali
cereali.
Il mais, tra i più grandi cereali al mondo, primeggia per produzione totale e resa unitaria, il riso
perché nutre un numero di persone più elevato e il frumento per le maggiori superfici impiegate.
Attualmente, mentre riso e frumento vengono prevalentemente utilizzati direttamente per l’alimentazione umana, il mais continua ad essere fonte di cibo nei paesi in via di sviluppo, mentre
nei paesi più avanzati è destinato, in quantità sempre maggiore, non solo all’allevamento del
bestiame, ma anche a una moltitudine di impieghi come in realtà già avviene. Basti in proposito
pensare alla produzione delle plastiche biodegradabili o alla grande diffusione dell’isoglucosio
come edulcorante o all’etanolo come carburante.
La coltivazione del mais in Italia, che nei primi anni del ’900 aveva raggiunto una superficie di
ben 2 milioni di ettari e una produzione totale di 2 milioni di tonnellate , si è ridotta di molto in
superficie per l’abbandono delle aree marginali, ma fa registrare oggi produzioni totali cinque
volte maggiori.
È noto che, nelle regioni padane, si è raggiunto il primato delle produzioni mondiali grazie
all’impegno profuso da scienziati, tecnici e operatori agricoli. Nelle stesse regioni ha poi stimolato una zootecnia intensiva e tecnologicamente avanzata favorendo l’affermarsi di produzioni
alimentari d’eccelenza: basti citare come esempio il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il
Prosciutto Crudo di Parma e quello di San Daniele.
Queste considerazioni hanno suggerito e sostenuto la realizzazione di quest’opera che ho avuto l’onore e l’onere di coordinare.
Ritengo che questo libro possa costituire una aggiornata e completa raccolta, anche se sintetica ed essenziale, delle attuali conoscenze maidicole e per certi versi anche una guida semplice
a una razionale coltivazione e impiego del mais, contribuendo a stimolare ulteriori progressi.
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L’opera è suddivisa, seguendo lo schema della collana, in 8 sezioni, che trattano la biologia
e il miglioramento genetico; l’origine e la storia della specie con una particolare attenzione a
quanto è avvenuto in Italia; gli antichi e i moderni impieghi del mais nell’alimentazione umana;
l’evoluzione della coltura e l’influenza della stessa sul paesaggio; la coltivazione con una serie di
sottocapitoli per trattare tutti gli argomenti che alla stessa si collegano; la ricerca nella genetica
e nel miglioramento genetico, che hanno utilizzato il mais come pianta modello; l’utilizzazione
nel settore zootecnico, in quello industriale e nella produzione di combustibili liquidi e gassosi.
Chiude il volume una visione del mais nel mondo, nell’Unione Europea e in Italia, con considerazioni importanti circa il futuro.
Hanno partecipato alla stesura dei diversi capitoli 28 diversi specialisti, nel coordinarli ho cercato di evitare il più possibile sovrapposizioni, tuttavia qualche informazione viene ripetuta in
diversi capitoli e ciò per facilitarne la lettura. Mi auguro che il lavoro svolto abbia contribuito a
rendere l’opera armoniosa e unitaria, tutto ciò nel rigoroso rispetto dell’autonomia dei singoli
Autori e nel riconoscimento da parte degli stessi della interdisciplinarietà della trattazione.
Ritengo che ancora nei prossimi anni, se l’azione politica riuscirà a far seguire gli avanzamenti
della scienza e il progresso tecnologico all’agricoltura italiana, si avrà un ulteriore incremento
quali-quantitativo delle rese atto a migliorare complessivamente la qualità della vita, tenendo
conto anche di una maggiore salvaguardia dell’ambiente.
Spero infine che il volume incontri il più vivo interesse del lettore.
Tommaso Maggiore
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r i n g r a z i a m e n t i
Questo volume è stato realizzato grazie al prezioso contributo di tutti coloro che hanno creduto
in quest’iniziativa editoriale, fornendo un supporto progettuale e redazionale decisivo.
Un significativo riconoscimento a Viktor De Nardi per le attività di supporto redazionale.
Per il materiale iconografico si segnala il contributo fornito da Consorzio Tutela Grana Padano,
Informatore Agrario e Agrilinea che hanno messo a disposizione varie immagini del proprio archivio; si ringraziano inoltre Davide Cauzzi e Vanni Bellettato.
I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri
casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo, reperite dalla Image Bank di
Bayer CropScience S.r.l. o dall’agenzia Dreamstime.com.
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botanica
Morfologia e fisiologia
Adriano Marocco, Carlo Lorenzoni
Genetica
e miglioramento
Carlo Lorenzoni, Adriano Marocco
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botanica
Morfologia e fisiologia
Caratteristiche botaniche
Il mais (Zea mays L.) fa parte della sottofamiglia Maydeae, della
grande famiglia delle Poaceae (o Gramineae) e della classe delle
Monocotiledoni.
Sulla base dei reperti fossili, si stima che questo gruppo di Poaceae derivi da un ancestrale comune presente 55-70 milioni di
anni fa, verso la fine del regno dei dinosauri.
La parola Zea è di origine greca e significa “vivere” mentre, il nome della specie mays è riconducibile alla parola indiana “mahiz” o
“marisi” che significa “pane di vita”.
Il mais è organizzato nel genere Zea, un gruppo di piante native del Messico e dell’America centrale. Questo genere comprende specie selvatiche, conosciute come “teosinte” (termine derivato da “teocintli” degli indiani Nahuátl che significa
“seme degli dei”), annuali e perenni. La specie coltivata (Zea
mays L.) deriva dall’addomesticamento di Zea parviglumis iniziato circa 10.000 anni fa nella valle del fiume Balsas nel sud
del Messico.
Si trovano anche generi selvatici affini, come Tripsacum, diffusi dal nord al sud America, che formano cespugli in zone
umide, intorno a insenature o corsi d’acqua. Negli Stati Uniti,
Tripsacum dactyloides è impiegata come foraggio per il bestiame.
Tripsacum
Zea perennis
Zea diploperennis
Zea luxurians
Zea mays
huehuetenangensis
Zea mays mexicana
Zea mays parviglumis
Zea mays mays
Diagramma che mostra le relazioni
di discendenza del mais (Zea mays mays),
dei teosinte e di Tripsacum
Confronto fra piante di mais (a sinistra) e di teosinte
(a destra), delle loro spighe e delle cariossidi
Confronto fra la spiga di mais (a destra)
e di Tripsacum (a sinistra). In quest’ultima
specie l’infiorescenza è bisessuata con fiori
femminili alla base e maschili nella parte
distale
2
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morfologia e fisiologia
Morfologia della pianta
La pianta del mais presenta molte caratteristiche comuni alle altre
Poaceae:
– il fusto o culmo distinto in nodi e internodi;
– una singola foglia a ciascun nodo e le foglie distribuite sul culmo
in due file opposte o distiche;
– ogni foglia consiste in una lamina espansa collegata a una guaina che avvolge il culmo.
I nodi basali hanno la tendenza a formare ramificazioni o culmi di
accestimento (polloni) e sviluppano radici avventizie.
Foto R. Angelini
Morfologia della pianta di mais
Pennacchio
Lamina
fogliare
La pianta si può immaginare come formata
da unità chiamate fitomeri i cui elementi,
anche se modificati, sono riconoscibili nelle
diverse parti (vegetative e riproduttive).
Le unità consistono in un nodo e in un
internodo uniti a una foglia e a una gemma
ascellare. Fa eccezione l’internodo apicale
che presenta l’infiorescenza maschile
Guaina
fogliare
Sete
Spiga
Nodo
Radici
avventizie
Apparato radicale
Particolare delle spighe e delle sete
3
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botanica
quelle dei cloroplasti delle altre cellule del mesofillo. I cloroplasti
della guaina del fascio non hanno grana, ma semplici e lunghe
lamelle che attraversano l’intero plastidio e contengono molti granuli di amido; i cloroplasti delle adiacenti cellule del mesofillo, invece, posseggono grana e pochi granuli di amido.
Infiorescenze
La pianta del mais è monoica (fiori maschili e femminili separati
sulla stessa pianta) e porta i fiori riuniti in spighette che rappresentano l’unità dell’infiorescenza. La spighetta è biflora, composta da
due glume che racchiudono i 2 fiori. Ogni fiore è protetto da una
glumella superiore o lemma e una inferiore o palea.
Esistono due tipi di spighette: maschili e femminili.
Le maschili portano tre stami e sono raccolte nell’infiorescenza maschile o pennacchio che si trova nella parte terminale del
culmo. Il pennacchio si presenta compatto o ramificato, eretto o
pendulo.
Le spighette femminili sono portate sulla spiga o spadice (volgarmente chiamata pannocchia). Essa consiste in una ramificazione laterale, prodotta da una gemma all’ascella della foglia. Gli
internodi di questa ramificazione sono raccorciati e portano foglie
modificate o brattee che coprono la spiga. Ogni spighetta porta
un solo fiore fertile sormontato da un lungo stilo o seta che cresce
rapidamente ed emerge dalla sommità delle brattee. Le spighette
si inseriscono sul rachide, chiamato tutolo; sono in numero pari,
disposte in file o ranghi. Le spighe possono avere da 4 fino a 30
o più ranghi di fiori fertili. Il numero di ranghi è determinato gene-
Infiorescenza maschile o pennacchio
Schema di infiorescenza femminile (A)
e di una coppia di spighette (B)
A
Rachide
o tutolo
Stili allungati
B
Foglie
del “cartoccio”
Stilo del fiore fertile
Lemma
Gluma
superiore
Lemma
Palea
Branca
ascellare
del culmo
Spighe femminili, dette volgarmente
pannocchie
Palea
Gluma
inferiore
Fiore
abortivo
Gluma
inferiore
Ovario
Fiore
abortivo
10
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storia e arte
Origine e diffusione
Aureliano Brandolini,
Andrea Brandolini
Aspetti artistici
Antonello Negri
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storia e arte
Classificazioni moderne del mais
La prima descrizione comparativa, basata su rilevazioni dirette
delle diverse forme di mais ritenute rappresentative di ambienti
europei e americani è dovuta a Mathieu Bonafous, agronomo sabaudo che operò principalmente a Torino come Direttore dell’Orto
Botanico della Reale Accademia di Agricoltura.
Il Bonafous prese in considerazione, oltre alle varietà della Pianura Padana, varietà provenienti dalla Spagna, dalla Grecia e dalla
Francia, come pure mais inviatigli dal Cile, dall’Argentina e dal
Nordamerica (Pennsylvania, Virginia e California).
Come risultato di tale studio sperimentale e della sua profonda
conoscenza dell’agricoltura italiana e francese, il Bonafous pubblicò nel 1836 la monografia Histoire naturelle, agricole et économique du maïs (Storia naturale, agricola ed economica del mais),
in una pregevole edizione francese in quarto, nella quale oltre ai
dati numerici, forniva rappresentazioni iconografiche a colori delle
spighe (a grandezza naturale) e delle piante (ridotte a ¼) insieme a
una tuttora fondamentale descrizione dei metodi colturali e delle
utilizzazioni del mais. L’edizione italiana (1842), curata dal Pasini e
Histoire naturelle, agricole
et économique du maïs
• Nel 1836, Matteo Bonafous pubblica
l’Histoire naturelle, agricole et
économique du maïs
• Bonafous propone un catalogo entro
il quale ordinare la gamma dei ceppi
della specie coltivati, descrive le
tecniche di coltivazione e le pratiche di
conservazione della granella raccolta,
nonché i parassiti e le malattie che
insidiano la pianta. Riveste un interesse
particolare la ricerca dell’origine
geografica della specie
Mais americani (Bonafous, 1836)
Z.m. Virginica
mais d. Virginia
Z.m. Pennsylvanica
mais d. Pennsylvania
Z.m. Rugosa
mais grinzoso
Z.m. Hirta
mais peloso
Z.m. Erythrolepsis
mais tutolo rosso
Z.m. Curagua
mais Curagua
Z.m. Sem. variis
mais Arlecchino
Z.m. Guasquinensis
mais di Guasco
Z.m. Polystachytes
mais ramificato
Z.m. Quillotensis
mais di Quillota
Z.m. Cymosa
mais a fiocco
Z.m. Cryptosperma
mais tunicato
56
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origine e diffusione
Mais e Amerindi
L’antropologo messicano Wartman definisce il mais “un artefatto
culturale”, cioè un’invenzione dell’ingegno umano, dato che tale
specie non esiste in natura e può sopravvivere solo se seminata e
curata dall’uomo. L’addomesticamento e il miglioramento del mais
sono infatti strettamente correlati allo sviluppo della complessità
culturale e la nascita di civiltà evolute nelle Americhe precolombiane. La domesticazione del genere Zea, che predata le civiltà
Mesoamericane, è ricordata nella tradizione orale con miti anche
molto elaborati. In uno dei più diffusi una volpe, seguendo una
formica, scopre un deposito di mais all’interno di una montagna,
se ne nutre e in seguito tradisce con flatulenze la presenza di un
nuovo e meraviglioso cibo. È interessante notare come in genere il
mais racchiuso nella montagna venga reso disponibile all’umanità
da un intervento divino (un fulmine): ciò spiega anche l’esistenza
di mais dai colori diversi, che vanno dal nero (lo strato esterno di
semi, bruciato dal calore) al blu, al rosso, al giallo e infine al bianco
(il mais al centro del deposito, non raggiunto dal fulmine).
La tradizione Maya (ripresa in seguito anche dagli Aztechi) ricorda
inoltre come gli esseri umani, nella loro ultima e più perfetta incarnazione, siano stati creati a partire da un impasto di mais. Gli
“uomini di mais” sono quindi la miglior creatura possibile e il mais
il miglior cibo disponibile. Bisogna ricordare come per le culture
Mesoamericane la civiltà nasca con l’agricoltura e la coltivazione
del mais: creazione e ordinamento del mondo, inizio del tempo,
origine degli esseri umani, nascita di agricoltura, scienze e arti sono contemporanei. In tale cosmogonia il dio del mais è la divinità
più importante fino a essere, nelle culture più antiche, il progenitore del cosmo e il regolatore della nuova era, abitata da agricoltori
civilizzati. Il mais e la sua coltivazione sono quindi il perno intorno a
cui ruotava (e ruota tuttora) la vita di quasi tutti i popoli Amerindi.
Nonostante la scarsa diffusione della scrittura in età precolombiana, grazie a bassorilievi e codici pittografici ci sono pervenu-
Coltura del mais in Mesoamerica
(Sahagún, XVI sec.)
Raffigurazione preincaica su ceramica della coltura del mais (Lehman
e Doering, 1924)
59
045_083_StoriaArte_AspStorici.in59 59
12-12-2007 9:53:32
storia e arte
Aspetti artistici
Polenta e pop-corn
I rapporti visivi e tattili diretti con i prodotti della campagna sono, oggi, sempre più limitati e, per lo più, mediati attraverso le
diverse forme della società dei consumi e della comunicazione
di massa, che si manifestano nella grande distribuzione e nel
cinema, la nuova arte affermatasi nel XX secolo.
Fino a qualche decennio fa – in Italia fino agli anni ’60, gli anni
del boom economico e dello sviluppo e affermazione di un sistema di produzione nel quale l’agricoltura andava perdendo la
sua centralità – era abbastanza normale, anche per un bambino
di città, giocare con le barbe delle spighe di granoturco, oppure a nascondersi nei campi di mais. Lo ricorda anche il pittore
americano John Steuart Curry a proposito di uno dei suoi quadri
più famosi, Campo di mais nel Kansas: “L’ho dipinto nell’estate
del 1933, da studi che avevo fatto nella fattoria di mio padre, e
l’ho completato l’anno dopo. Ho cercato di metterci il ‘dramma’
che avvertivo davanti a un campo di mais rigoglioso sotto i nostri
cieli del Kansas stracciati dal vento. Da bambino mi affascinavano come le foreste per i loro abitanti. Mi ricordo che ci vagavo
dentro ed ero sopraffatto dalla paura di perdermi…”.
Per molte persone il mais è soltanto quella cosa che, per un costume indotto dalla globalizzazione, da qualche decennio si è cominciato ad aggiungere alle insalate, sul modello americano; e che si
può comprare in scatola nei supermercati. I bambini di oggi, che
generalmente non si costruiscono più barbe finte con le spighe e
Campo di mais nel Kansas. J.S. Curry,
1933. (New York, The Whitney Museum of
American Art )
Mais di oggi
• Negli ultimi decenni il numero di
coloro, bambini e adulti, che hanno
avuto occasione di vedere un campo
di mais o di prendere in mano una
vera spiga di mais è, probabilmente,
diminuito in maniera radicale; mentre
è viceversa salito in misura altrettanto
esponenziale il numero di coloro che
con il mais sono entrati in rapporto
attraverso la grande distribuzione
e il cinema
Sequenza tratta dal film Intrigo internazionale di A. Hitchcock
84
084_104_StoriaArte_AspArtistici.Sez1:84 Sez1:84
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storia e arte
L’immagine del mais – che viene riproposta nelle diverse epoche
della storia del Paese come una sorta di filo conduttore naturale,
elemento di continuità delle diverse civiltà e società che si sono
succedute – ritorna in un altro importantissimo ciclo messicano di
Rivera: le imponenti decorazioni del Palazzo nazionale eseguite a
più riprese, prima e dopo la Seconda guerra mondiale, sul tema
della storia del Messico.
“Scena americana” e regionalismo
Contemporaneamente – ma in modo particolare dopo la crisi
economica del 1929 e la susseguente Grande Depressione, che
vi portò un periodo di estrema povertà, anche nelle campagne
– il tema del lavoro agricolo conobbe una particolare fortuna nella pittura e nella grafica degli Stati Uniti. Per indicare quel particolare passaggio, che caratterizza tutti gli anni ’30, gli storici
dell’arte usano l’espressione “Scena americana”, di cui un particolare aspetto – quello soprattutto legato alla rappresentazione
della vita e del lavoro in campagna nelle regioni del Middle West
– viene chiamato “regionalismo”. Ne fa parte l’opera ricordata
in apertura – e in generale tutta la produzione artistica più significativa – di John Steuart Curry il quale non a caso, ricordando
J.C. Orozco: L’età dell’oro prima della
Conquista,1934. Dartmouth College, Baker
Library (dettaglio della parete nord)
D. Rivera: La civiltà Huastec, 1950 (Città del
Messico, Palazzo Nazionale)
Particolare da La civiltà Huastec di D. Rivera, 1950 (Città del Messico,
Palazzo nazionale)
96
084_104_StoriaArte_AspArtistici.Sez1:96 Sez1:96
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alimentazione
Aspetti nutrizionali
Carlo Cannella
Ricette
Gianfranco Bolognesi
105_111_Alimentazione_AspettiNut105 105
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alimentazione
Aspetti nutrizionali
Il mais insieme al riso e al frumento contribuisce in larga misura a
coprire il fabbisogno energetico della popolazione mondiale.
Sebbene solo una piccolissima parte del mais è consumata direttamente dall’uomo come alimento (10% della produzione mondiale), quando viene trasformato in carne, latte, uova e altri prodotti di origine animale, contribuisce al benessere dell’uomo.
I semi del mais come tali o macinati sono stati l’alimento base per
le popolazioni indigene dell’America centro-meridionale e venivano utilizzati per la preparazione di tortillas, previo trattamento a
caldo con acqua resa alcalina con calce spenta. È questo un trattamento che tali popolazioni attuavano per migliorare la qualità
nutrizionale della cariosside di mais. In effetti il seme rigonfiandosi
perde il pericarpo e l’ambiente alcalino interagisce con la matrice
proteica rendendo biodisponibili alcuni nutrienti. Si tratta di una
sorta di rudimentale raffinazione della granella che, privata dello
strato più esterno, veniva a perdere eventuali contaminanti (per
esempio micotossine) e diventa anche più facilmente triturabile.
Nel nostro Paese, il mais è stato utilizzato come tale, senza dare
eccessiva importanza al rituale pretrattamento attuato nei paesi d’origine, e la polenta ricavata dalla cottura della farina venne
proposta, in alternativa a quella di farro e di frumento, soprattutto
durante i periodi di minore disponibilità dei cereali vernini. All’inizio la farina di mais fu respinta dalle tavole dei ricchi, ma divenne
tra il XVII e XVIII secolo un alimento fondamentale dei contadini in
conseguenza delle carestie provocate dal clima eccessivamente
Importanza mondiale del mais
• Attualmente, grazie soprattutto al
miglioramento genetico, il mais sta
diventando la prima coltura alimentare
del mondo con una produzione annua
di circa 600 milioni di tonnellate,
quantità superiore al riso e al frumento
Composizione e valore energetico di 100 g di mais
Acqua 12,5 g
Carboidrati 75,1 g (di cui fibre = 2 g)
Proteine 9,2 g di scarso valore biologico
Grassi 3,8 g
Vit. E 34,5 mg
Vit. B1 0,36 mg
Vit. D e C tracce
Ferro 2,4 mg
Valore energetico 353 Kcal
106
105_111_Alimentazione_AspettiNut106 106
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alimentazione
Ai nostri giorni la carenza di vitamina PP o niacina è rimasta un
brutto ricordo delle persone più anziane; per i giovani, invece,
una curiosità che si legge sui libri, anche perché con il diffondersi
dell’uso del caffè come bevanda, se ne assume ogni giorno una
quantità più che sufficiente.
Negli ultimi 50 anni, il mais per l’alimentazione umana è largamente utilizzato nel nostro Paese, oltre che come farina per la polenta,
anche per la produzione di pop-corn, di fiocchi tostati o di gallette
per la prima colazione, di vari ingredienti alimentari ecc.
Per il contenuto in amido, proteine, caroteni, acidi grassi essenziali e minerali, il mais è presente nell’alimentazione umana sotto
forma di sfarinati per polenta, gnocchi e prodotti da forno, oppure
viene consumato sotto forma di spighe intere che vengono bollite
e/o arrostite o ancora in grani che, una volta cotti al vapore, vengono aggiunti alle insalate.
Un’apprezzata variante nella preparazione alimentare del mais
è quella del pop-corn, ottenuta da una varietà di mais che ha
un pericarpo particolarmente resistente e impermeabile all’acqua. A seguito del riscaldamento del seme, l’acqua all’interno
dell’endosperma amilaceo evapora, ma resta intrappolata dallo
strato impermeabile del pericarpo fino a raggiungere pressioni
di circa 10 kg/cm2 e temperature molto elevate. Anche l’amido
si rigonfia e preme dall’interno fino a quando la parete della cariosside cede, esplodendo con fuoriuscita dell’amido gelificato.
Si può pensare che all’interno del seme si producano le stesse
condizioni che si realizzano in una pentola a pressione.
Dal germe di mais si ricavano: olio, proteine di buon valore biologico e vitamina E che protegge, con il suo potere antiossidante,
l’elevato contenuto di acidi grassi essenziali o polinsaturi del mais
stesso. Dal germe viene estratto un olio dal colore giallo paglierino dovuto alla presenza di carotenoidi, dal gusto delicato, che ha
Pop-corn
Olio di mais aromatizzato al peperoncino
Composizione di acidi grassi di vari oli vegetali
Lipidi
totali
Saturi
Monoinsaturi
Polinsaturi
%
C14
C16
C18
C20
C22
Totale
C16:1 C18:1 C20:1 C22:1
Totale
C18:2 C18:3 Totale
Olio d’oliva extra
vergine
99,9
0
10,64
3,06
0,76
0
14,46
0,79
71,87
0,29
0
72,95
6,79
0,73
7,52
Olio di mais
99,9
0,57
11,69
2,30
0,40
0
14,96
0,40
29,88
0,19
0,19
30,66
49,83
0,60
50,43
Olio di arachide
99,9
0,27
9,91
2,53
2,28
3,25
19,39
0
51,30
0
1,22
52,52
27,87
0
27,87
Olio di girasole
99,9
0
5,92
4,78
0,54
0
11,24
0,27
32,91
0,19
0
33,37
49,89
0,33
50,22
Olio di soia
99,9
0,15
9,79
3,68
0,40
0
14,02
0,30
22,26
0,20
0
22,76
51,36
7,60
58,96
Olio di vinacciolo
99,9
0,10
6,30
2,83
0
0
9,23
0,39
16,00
0
0
16,39
67,70
0,29
67,99
Tabella di composizione degli alimenti, aggiornamento 2000, a cura di E. Carnovale - L. Marletta, Istituto Nazionale della Nutrizione, Roma
108
105_111_Alimentazione_AspettiNut108 108
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alimentazione
Pernice tartufata con verze, lenticchie croccanti, polenta
e salvia fritta
Ingredienti
• 2 pernici di circa 500 g
• 200 g di verza
• 200 g di lenticchie
• 50 g di guanciale di maiale stagionato
• 150 g di polenta (125 g di farina di mais
Disossare le pernici, tagliare a pezzetti le ossa e tostarle in casseruola con un filo d’olio, assieme alle verdure e agli aromi, aggiungere il Porto e ridurre di circa la metà, unire l’acqua fredda e
cuocere lentamente per circa un’ora. Filtrare il tutto e mantenere
al caldo. Rosolare le cosce e i petti delle pernici salati e pepati
con un filo d’olio, il ginepro, due foglie di salvia e terminare la
cottura in forno. Tagliare finemente la verza e saltarla in padella
con un poco d’olio e uno spicchio d’aglio, aggiustare di sale, rosolare anche le lenticchie (precedentemente lessate al dente) fino a farle diventare croccanti e friggere in olio le foglie della salvia.
Sistemare al centro del piatto la polenta e la verza con le lenticchie attorno. Scaloppare le pernici e adagiarle sopra, decorare
con la salvia fritta e condire il tutto con la salsa mantecata, con il
burro e il tartufo tagliato a fettine.
gialla, 1 litro d’acqua, 25 g di burro,
25 g di parmigiano)
• 50 g di tartufo
• 2 spicchi d’aglio, 1 mazzetto di salvia
• 5 bacche di ginepro, 10 g di burro
• le ossa delle pernici
• 1 carota, 1 costa di sedano, 1 cipolla,
5 bacche di ginepro, 2 foglie di salvia
• 1 calice di Porto rosso
• 1 l d’acqua
• olio extravergine d’oliva, sale e pepe
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112_120_Alimentazione_Ricette.inSez1:118 Sez1:118
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paesaggio
Mais in Italia
Tommaso Maggiore, Stella Agostini
121_140_Paesaggio_MaisinItalia.i121 121
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mais in Italia
Marcia del mais
Le aziende di grande dimensioni, con affitto novennale, cominciano a diffondersi in Lombardia, Emilia e Romagna e in tutta la parte
bassa della pianura, dove predominano le foraggere avvicendate
e stabili. Il mais da granella rappresenta i due noni o i due settimi delle superfici coltivate. Nell’alta pianura rimangono prevalenti
per due terzi il grano e per un terzo il mais, coltivati tra i filari più
o meno stretti di gelsi la cui foglia era destinata all’alimentazione
del baco da seta.
I documenti dell’epoca (Czoernig,1830; catasto Lombardo Veneto, 1863; Jacini, 1880), mostrano come questa marcia del
mais, indice dei nuovi rapporti capitalistici, che cominciano ad
affermarsi nelle campagne, incida sensibilmente sull’evoluzione
ed estensione dei paesaggi agricoli. Negli scritti di Economia di
Cavour del 1840 il paesaggio agrario piemontese è fondato “sui
prati stabili ed irrigatori e sul grano turco eseguito in grande; il
frumento succede al grano turco e questo a quello, senz’altra
interruzione tranne quella dei trifogli di tempo in tempo coltivati
come raccolta sottratta” .
Diverso il paesaggio del Mezzogiorno, dove in gran parte delle aree prevale un’agricoltura di tipo estensivo caratterizzata
da produzioni modeste su appezzamenti di ampie dimensioni
e bassa potenzialità agronomica. Nei quadri paesistici aridi dell’estate, il poco mais presente, qui e là, emerge a formare delle
oasi verdi.
Nel 1925 si avvia un’ingente opera di rimodellamento del territorio che continuando sino al 1939 porterà anche alla bonifica
di 250.000 ha di terra. La battaglia del grano – consistente nell’applicazione di una precisa agrotecnica a varietà migliorate
per bassa taglia e resistenza ai parassiti, effettuata per incen-
Mais nel ’900
• Il ’900, quell’organizzazione aziendale,
che nella definizione di Serpieri
comprende la destinazione produttiva
del fondo e i rapporti fra impresa,
manodopera e proprietà, è teatro di
grandi modifiche. Nei primi anni del
secolo in Italia si coltivano circa 2
milioni di ettari a mais, più nel nord e
meno nell’Italia centrale e meridionale.
Il 90% del mais è ancora destinato
all’alimentazione umana. Dalle ricerche
di Sereni il paesaggio agrario italiano
forma un mosaico di seminativi, in
parte arborati (3.166.000 ha), in parte
nudi (3.568.000 ha)
• Nell’Italia del centro-nord
il paesaggio è quello della mezzadria,
in un’organizzazione colturale che
corre dalla Valle padana non irrigua,
alla fascia preappenninica dell’Italia
centrale. Il podere è il cuore di questo
paesaggio, ricco di alberi e di colori
in ogni stagione, cui contribuisce
anche il mais
Campi di mais nel Cuneese
Foto R. Angelini
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121_140_Paesaggio_MaisinItalia.i127 127
11-12-2007 17:52:10
paesaggio
si alternano ai pieni. Ancora una volta cambia il paesaggio che
ne risulta: le aree più vocate alla coltura del mais, sia per la produzione di granella, sia per quella da trinciato integrale, sono le
più monotone. Nei comprensori con zootecnia, il mais ha portato una drastica riduzione del prato, mentre lo ha completamente
sostituito nelle zone in cui l’allevamento è stato abbandonato,
andandosi a sovrapporre a tutte le colture meno redditizie. Gli
imponenti progressi produttivi e le diverse destinazioni d’uso
hanno influito moltissimo sia sulla modifica delle sistemazioni
idraulico-agrarie, sia sulla presenza di elementi arborei e arbustivi che ostacolavano, da una parte, la riorganizzazione degli
appezzamenti e che, dall’altra, riducevano in varia misura la produttività della coltura.
Paesaggio maidicolo nel 2000
• Fatta eccezione per alcune aree
dell’Italia centrale, il paesaggio
agrario italiano nel suo complesso è
cambiato ed è divenuto un paesaggio
generalmente piatto, orizzontale,
lineare. Nella Pianura Padana irrigua,
scomparso già da tempo l’azzurro del
lino, i colori dominanti estivi restano
quelli del mais e delle risaie. La
tessitura parcellare si è trasformata
in una “steppa a cereali” che si
interrompe soltanto quando sulle
radure piatte dei seminativi si levano
le macchie arboree della pioppicoltura.
È uno scenario per cui si potrebbe
dire quello che Manicone scriveva nel
1806, osservando il Tavoliere delle
Puglie: “Vastissimo è l’orizzonte, ma
è tedioso assai, perché presenta una
superficie unita ed uniforme”. La sola
eccezione è che oggi l’orizzonte della
Pianura Padana, quasi sempre ristretto
dall’urbanizzato, è segnato da un
fittissimo reticolo idrico utilizzato per
l’irrigazione o per lo scolo delle acque e,
in alcuni casi, per entrambe le funzioni
Paesaggi maidicoli del terzo millennio
Nel 2006 l’Istat registra 1.383.000 ha di superficie a coltura maidicola, di cui 1.108.000 ha in mais da granella e 275.000 in mais
da insilato. Il novanta percento del prodotto destinato a granella e
il settancinque percento destinato a trinciato integrale si trovano
nel Nord Italia, prevalentemente nelle aree di pianura di Piemonte,
Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia- Romagna.
Il mais resta assente dai terreni argillosi, come in Emilia, mentre
compare nel ferrarese con campi larghi e grandi e nel Veneto,
dove la falda lo alimenta in acqua. Nel medio Friuli sostituisce le
altre colture della mezzadria, oggi sparita.
La meccanizzazione ha portato ad avere i campi di dimensione
doppia o tripla. Ha fatto sparire i pioppi da ripa, ha modificato il
sistema irriguo, semplificando il reticolo di rogge.
Ma dove le condizioni geomorfologiche non hanno reso conveniente la meccanizzazione il mais si inserisce nel paesaggio in
modi diversi. Nelle zone più impervie delle vallate interne delle
Mais e riso nel Novarese
Foto R. Angelini
136
121_140_Paesaggio_MaisinItalia.i136 136
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mais in Italia
dove la città diffusa si inviluppa con l’estensione dei campi. Ovunque, in montagna come in pianura, al nord come al sud, il fulcro
percettivo resta la strada. È la strada che, nella velocità imposta
dagli spostamenti, condiziona la vita e la vista del paesaggio. In
tutti questi scenari, anche se letti dalle auto in corsa, il mais continua a colorare i campi in una distesa di tonalità che variano ancora seguendo i ritmi della natura e le scelte di produzione.
Il rosso, il marrone chiaro, o il grigio bianco della terra appena arata. Il verde chiaro e scuro dei campi da seme. Il giallo denso delle
spighe in maturazione di fine estate. L’ocra scuro della terra spoglia dell’inverno ricoperta dalle stoppie o dagli stocchi ancora non
raccolti che, passando il tempo, diventano sempre più grigi. Un
paesaggio che cambia e si contraddice anche nelle forme e nella
densità, a seconda delle stagioni. Da quello primaverile, fitto, basso e rigoglioso, a quello alto delle piante di mais in estate, a quello
spoglio d’autunno quando, dopo la raccolta, i campi nudi lasciano
emergere scheletri volumetrici diversi.
Affollato dei detriti di un’organizzazione passata, questo nuovo
paesaggio, in contrapposizione con la definizione di Sereni ricordata in apertura, sembra essere segno di un “disfarsi di genti che
non sono più”, di relazioni con la terra e con il luogo profondamente modificate. Visto dalla macchina in corsa, il paesaggio, come
quello di Kracauer, è più simile a una visione che a una possibile
meta di un viaggio, uno scenario che non dà (nè provoca) pensieri
e che quindi protegge dagli affanni. Nella perenne velocità, per
quella tendenza descritta da Musil, di vedere “sempre le cose in
mezzo a ciò che le circonda e di confonderle con il significato che
assumono nel loro ambiente”, il giallo dei campi o dei muri sbrecciati si mescola con il blu o con il grigio del cielo, sino a fondersi
in un verde orizzonte. Un paesaggio che vive e che produce più di
prima e soprattutto che continua a produrre.
Foto P. Viggiani
Stoppie di mais
Mais da granella ad Alessandria
Foto R. Angelini
139
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coltivazione
Tecnica colturale Tommaso Maggiore,
Luigi Mariani, Alberto Verderio
Agricoltura di precisione
Stefano Bocchi
Macchine per la coltivazione
Luigi Bodria, Marco Fiala
Parassiti animali Aldo Pollini
Malattie Paola Battilani
Prevenzione micotossine
Paola Battilani
Erbe selvatiche Pasquale Viggiani
Gestione malerbe
Gabriele Rapparini, Giovanni Campagna
Conservazione della granella
Luigi Bodria, Marco Fiala
Parassiti di magazzino
Luciano Süss
Insilamento Mauro Vecchiettini
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coltivazione
Panicolo visibile (Vt). Stadio di piena levata con attività molto
intensa per tutti gli organi della pianta. I principali fattori limitanti che possono intervenire sono: stress idrico, piralide e piegamento del culmo dovuto a forte vento.
Complessivamente la durata del periodo emergenza-fioritura, per
gli ibridi coltivati in Italia e per epoca di semina normale, è di 5080 giorni.
Fioritura femminile (R1). Questo stadio viene definito quando la
pianta presenta la spiga con visibili le prime sete, e convenzionalmente, a livello di appezzamento, quando il 50% delle piante si
trova nelle condizioni sopra descritte. In questo stadio avviene la
fecondazione.
Il massimo della resa si ottiene quando tutti gli ovuli presenti nella
spiga vengono fecondati. Cause avverse possono essere: stress
idrici, piralide, diabrotica e piegamento del culmo dovuto a forte
vento.
Fioritura maschile
Maturazione lattea (R3). Ci si trova in questo stadio quando
premendo la granella con le dita si ottiene il completo svuotamento, con fuoriuscita di un materiale bianco-lattiginoso e
dolciastro. Questo stadio si raggiunge dopo 20 giorni dalla fecondazione con inizio del periodo di accumulo di amido nella
granella.
Maturazione cerosa (R4). Alla maturazione lattea segue quella
cerosa (cariosside che si intacca con la pressione dell’unghia);
ciò si verifica dopo circa 25 giorni dal precedente stadio. In R4
si determina, compatibilmente con il genotipo, il peso unitario
della granella e vengono definiti la lunghezza del seme e il peso
ettolitrico.
Un qualsiasi stress in questo periodo (stadi R3-R5) può influenzare, pur essendo fuori dallo stadio critico (R1 e R2), il peso unitario,
componente anch’esso della resa unitaria. Limitano le potenzialità della pianta: gli eventuali stress idrici, la piralide e le malattie
fungine delle foglie.
Fioritura femminile
Maturazione fisiologica (R6). Il raggiungimento di questo stadio
lo si può osservare quando alla base della cariosside (punto di
attacco con il tutolo) si riscontra la presenza di un punto nero. In
questo stadio, le brattee della spiga tendono a seccare. Non si ha
più trasferimento di fotosintati nella granella e quindi un aumento
in peso della stessa.
In questo stadio i principali fattori che possono limitare la resa sono: piralide, malattie delle foglie e stroncamento del culmo dovuto
a parassiti.
Spiga in maturazione lattea
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coltivazione
Preparazione tradizionale: aratura e affinamento accurato.
Le arature permettono una più facile penetrazione dell’acqua nel
terreno; lo espongono meglio al sole, al gelo e all’alternanza del
disseccamento e umettamento, producendo una buona struttura
e distruggendo le “suole” costipate; permettono l’incorporazione dei residui colturali, dei fertilizzanti minerali che si spostano
in profondità con una certa difficoltà (fosforo e potassio) e dei
fertilizzanti organici.
Le arature autunnali sono raccomandate in terreni argillosi o tendenzialmente tali. Al contrario nei terreni leggeri e che si costipano con facilità, l’aratura autunnale può essere dannosa in quanto
le piogge potrebbero costipare di nuovo il terreno. In questo caso
l’aratura deve essere effettuata tra la fine dell’inverno o meglio
appena prima della semina, consentendo così di attuare delle colture a raccolta primaverile precoce.
Le lavorazioni superficiali o di effettiva preparazione del letto di
semina devono essere tali da rendere lo strato superficiale del
terreno affinato per poter ricevere la semente e non creare ulteriori
suole superficiali. Per questa ragione è essenziale scegliere bene
le attrezzature adatte all’ottenimento dello scopo.
Se si escludono i terreni argillosi, per i quali è difficile dare ricette
per la preparazione del letto di semina, in certe situazioni basta un
semplice passaggio di erpice per ottenere il risultato voluto, in altre
è necessario intervenire prima con erpici a disco, poi con altri a
rotazione verticale e infine con pareggiatori. Negli altri tipi di terreno
oggi si tende, dopo l’aratura, a effettuare un solo passaggio con più
attrezzi combinati tra loro, per ridurre i tempi di lavoro, economizzare carburante e ridurre il costipamento. Nelle omosuccessioni è utile o indispensabile completare il lavoro di aratura con dei ripuntatori
tipo Chiesel per eliminare le suole profonde o, nel caso in cui si
riscontrano anche suole superficiali, con ripuntatori vibranti dotati
posteriormente di un rullo a gabbia.Relativamente alla profondità di
Aratura
Foto V. Bellettato
Macchina combinata per la preparazione
del letto di semina
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154_177_Coltivazione_TecColtural156 156
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coltivazione
Semina
Epoca. Nell’Italia del nord, tradizionalmente erano possibili tre
diverse epoche di semina sia per la produzione di granella, sia
di trinciato integrale: la prima effettuata tra il 15 e il 30 aprile con
ibridi di classe 600-700; la seconda, tra il 10 e il 20 maggio, dopo
aver raccolto un erbaio autunno-vernino o dopo il primo sfalcio di
un prato da vicenda da rompere, con ibridi di classe 400-500; la
terza, dal 20 giugno al 10 luglio dopo la raccolta della granella di
un cereale vernino (frumento o orzo) con ibridi di classe 200-300.
Attualmente, sempre nel nord, anche per effetto delle politiche
comunitarie, le epoche di semina, tenendo conto della destinazione, sono le seguenti:
– prime semine, per mais da granella e da trinciato integrale, da
metà marzo a fine aprile con ibridi di classe 600 per la granella
e 700 per il trinciato;
– seconde semine, di norma per produzioni di trinciato integrale,
dopo la raccolta di erbai autunno-vernini (prevalentemente di
loiessa, Lolium multiflorum), tra il 10 e il 15 maggio con ibridi di
classe 600 e più raramente 500. Sono da considerare seconde semine anche quelle effettuate dopo la raccolta di frumento,
orzo o triticale destinati a trinciato integrale tra il 20 e il 25 di
maggio;
– terze semine, esclusivamente per trinciato integrale, oggi effettuate in quantità sempre più ridotta, dopo la raccolta dell’orzo
da granella e cioè intorno al 20 giugno, con ibridi di classe 300.
Vantaggi della semina precoce
• Il radicamento è più rapido e profondo
e ciò aumenta la resistenza alla siccità
• La raccolta è più precoce e ciò consente
di attuare in successione con più
facilità la coltura autunnale; inoltre si
può scegliere un ibrido lievemente più
tardivo, in genere più produttivo
• Lo sviluppo della pianta risulta più
compatto e di norma si consegue un
maggiore Harvest Index (Indice di
raccolto) e una superiore tolleranza
agli alti investimenti che contribuiscono
consistentemente a incrementare le
rese. Si aggiunga che sfalsando il ciclo
tradizionale si altera, almeno per il
momento, il parallelismo tra ciclo del
mais e cicli della piralide
• Le semine anticipate, inoltre,
consentono una maggiore elasticità
per la preparazione del letto di semina
senza arrecare danni alla struttura del
terreno, cui il mais è estremamente
suscettibile
Densità. Le vecchie varietà venivano allevate con un numero ridotto di piante per unità di superficie; mediamente non si superavano le 30.000 piante/ha e ciò perché scarsa era la resistenza
allo stroncamento e all’allettamento (quando la pianta si piega sul
terreno, mostrando anche parzialmente fuori terra l’apparato ra-
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154_177_Coltivazione_TecColtural168 168
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coltivazione
Agricoltura di precisione
Per la messa a punto dei piani di concimazione, di diserbo o di
irrigazione vengono generalmente effettuate analisi preliminari di
tipo fisico-chimico o biologico del terreno e, attraverso l’interpretazione dei risultati e la conoscenza dei processi di crescita e produzione della coltura di mais, ci si orienta cercando di dosare il
fertilizzante, l’acqua, o il prodotto per il controllo delle infestanti.
Generalmente, il campione composto di terreno raccolto per tali
analisi è considerato rappresentativo di tutta la superficie del campo, all’interno del quale la variabilità dei diversi parametri fisico-chimici e biologici viene considerata trascurabile (viene spesso trascurata non solo la variabilità nello spazio, ma anche quella nel tempo).
Tuttavia, in tempi in cui all’agricoltura viene chiesto di razionalizzare
l’utilizzazione delle risorse naturali, a partire da quelle più limitate, ci
si è chiesto se tale ipotesi di base sia sempre corretta.
A partire da alcuni Stati degli USA (la nascita dell’agricoltura di precisione viene collocata negli USA verso la fine degli anni ’80), dalla
Germania, Gran Bretagna, Francia l’uso di mietitrebbie munite di
GPS (Global Positioning System, un sistema collegato ai satelliti
in grado di determinare la posizione geografica della macchina)
ha consentito di ottenere rapidamente e con costi relativamente
limitati la mappa della variabilità della produzione. Tale mappa,
che non deve essere sbrigativamente interpretata (l’equazione
produzione elevata = asportazioni più consistenti = concimazioni superiori è spesso errata), rappresenta un valido strumento di
supporto alle decisioni agronomiche.
La mappa della produzione può essere, infatti, un utile punto di
partenza per analizzare la struttura della variabilità del campo e
iniziare indagini più approfondite al fine di gestire gli appezzamenti
Agricoltura di Precisione (AP)
• L’agricoltura di precisione è un insieme
di conoscenze e di tecniche che
permette razionali e puntuali interventi
agronomici, modulati in funzione delle
variazioni nello spazio e nel tempo
delle caratteristiche pedologiche,
microclimatiche e colturali
Foto Informatore Agrario
Foto Informatore Agrario
Foto Informatore Agrario
GPS montato su trattore e satellite per la
localizzazione puntuale della macchina
operatrice
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178_181_Coltivazione_AgricolPrec178 178
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coltivazione
Preparazione del letto di semina
A tale scopo si usano, fondamentalmente, due tipi di macchine:
gli erpici (di varia forma e tipologia, anche combinati fra loro) e le
zappatrici.
Gli erpici hanno la funzione di completare il lavoro dell’aratro e, più
precisamente, amminutare, livellare e pulire dalle erbe infestanti il
terreno arato preparandolo, così, a ospitare la semente.
Nella produzione attuale, l’erpice – che si presenta oggi quasi
sempre di tipo portato – può distinguersi in diverse categorie, ciascuna delle quali meglio si adatta a particolari tipi di lavoro e a
specifici terreni. In particolare, si hanno modelli: a utensili rigidi o
elastici; a telaio rigido o snodato; con organi di lavoro fissi rotanti,
folli sul proprio asse o a denti azionati dalla p.d.p., che vengono
generalmente accoppiati con rulli costipatori. La categoria che
prevede organi di lavoro rotanti per reazione dei denti sul terreno
comprende erpici a lame radiali ed erpici con rotori dentati. In terreni di medio impasto o di limitata tenacità, si impiegano in generale erpici a denti elastici o a denti rotanti folli in grado di operare
a velocità dell’ordine di 12-13 km/h.
Nel caso di terreni a elevata zollosità che richiedono un’azione
di frantumazione più energica, vengono utilizzati erpici a dischi
che offrono anche un apprezzabile interramento della biomassa
vegetale. Nel caso di terreni particolarmente tenaci o qualora sia
richiesto un più elevato grado di amminutamento, è possibile ri-
Frangizolle
Tipologie di erpice
Erpicatura
Tipologie di erpici
• I più recenti, ma ormai di gran lunga
più diffusi, sono gli erpici a denti
rotanti. Essi sono caratterizzati da una
serie di rotori ad asse verticale, rotanti
ciascuno in senso opposto all’adiacente
e provvisti di una coppia di denti
variamente conformati
Erpice a dischi
• A parità di velocità di avanzamento,
in genere compresa fra 3 e 6 km/h, il
livello di amminutamento del terreno è,
quindi, regolabile in base alla velocità
di rotazione dei denti, in generale
compresa fra i 150 e 400 giri/min
Erpice con rotori dentati folli
186
182_203_Coltivazione_Macchine.in186 186
11-12-2007 18:04:36
coltivazione
schile, minano il peduncolo della spiga ed erodono i semi. Le
spighe con il peduncolo minato si disarticolano e cadono al
suolo durante la trebbiatura.
Le erosioni interessanti la granella portano a perdite in peso
fino al 20%. In seguito all’attacco larvale a carico delle spighe
si sviluppano muffe appartenenti al genere Fusarium, dalla cui
attività metabolica si formano micotossine (fumonisine) temibili
per la salute degli animali e dell’uomo. Su mais dolce gli attacchi causano forti perdite del valore commerciale delle spighe.
La monosuccessione colturale e la mancata aratura delle stoppie, per lasciare posto alla semina su terreno non lavorato, favoriscono lo sviluppo della piralide. Mentre nel sud-est asiatico
questo lepidottero riesce a compiere più generazioni all’anno
(fino a 5-6), in Europa svolge una sola generazione oltre il 46°
parallelo di latitudine nord e due sotto questo limite, con popolazioni delle due generazioni che finiscono per sovrapporsi.
Il voltinismo (numero di generazioni) non è tuttavia ben netto in
quanto alla suddetta latitudine coesistono razze (biotipi) uni e
bivoltini. Le uova sono deposte in ovoplacche sulla pagina inferiore delle foglie. Le larve mature si incrisalidano sulle piante
danneggiate. Lo svernamento avviene con larve all’interno dei
resti degli stocchi rimasti in campo.
Trappola per il monitoraggio in campo
dei voli degli adulti di piralide
Foto E. Marmiroli
Ciclo biologico della piralide
Novembre
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Larva
Ottobre
Uova
Adulto
Tipici fori “impallinatori” sulle foglie prodotti
dalle larve
Crisalide
Larva
Uova
Adulto
Crisalide
Larva svernante
I fori di penetrazione delle larve favoriscono
lo sviluppo di funghi produttori di micotossine
206
204_219_Coltivazione_ParasAnimal206 206
11-12-2007 18:07:39
prevenzione micotossine
Raccolta e stoccaggio
L’accumulo di micotossine in mais avviene in campo, ma come detto, può proseguire dopo la raccolta se le condizioni rimangono idonee allo sviluppo del fungo, in particolare se l’umidità della granella
non è inferiore al 15%; la temperatura spesso si mantiene nell’intervallo utile per i funghi se non si lavora in ambienti condizionati.
Il mais viene raccolto solitamente a umidità superiore al 15%,
quindi dopo la raccolta deve essere effettuata tempestivamente l’essiccazione, entro 48 ore dal ricevimento del prodotto, con
temperature non troppo elevate ed evitando repentini sbalzi termici che possono comportare rotture delle cariossidi.
I danni fisici della granella (rotture e fessurazioni) sono tra gli elementi che più favoriscono l’attacco dei funghi, promuovendo così
le contaminazioni post-raccolta; è quindi necessaria un’opportuna
regolazione delle mietitrebbie per ridurre le rotture e per eliminare
dal prodotto le cariossidi ammuffite, spesso dotate di un peso specifico inferiore. Questi accorgimenti, tuttavia, non sono sufficienti
a eliminare completamente le contaminazioni dato che anche la
granella integra può contenere elevati livelli di micotossine.
Anche la pulitura della granella, eseguita per allontanare il prodotto alterato (cariossidi spezzate, farina e polvere) ha un’importante azione preventiva e può essere attuata in fase di caricamento
dall’essiccatoio e durante le successive movimentazioni dagli impianti, compresa l’uscita dai centri di stoccaggio.
Poiché fino a oggi non sono stati ancora individuati ibridi resistenti ed economiche tecniche di detossificazione e risanamento delle
partite contaminate da micotossine, la prevenzione risulta essere
ancora la migliore strategia di controllo, purché sia applicata su
tutta la filiera, a partire dal campo e durante la lavorazione del
prodotto.
Micotossine: importanza
di racolta e stoccaggio
• La prevenzione è, oggi, il migliore
sistema di controllo per evitare la
contaminazione da micotossine
• Per impedire che i miceti presenti sulle
cariossidi contaminate infettino tutta la
partita del cereale sono fondamentali:
la regolazione della mietitrebbia al
fine di ridurre le rotture ed eliminare
le cariossidi ammuffite, la tempestiva
essiccazione del prodotto trebbiato e
la succesiva pulitura della granella per
allontanare le cariossidi alterate
Foto P. Giorni
Foto R. Angelini
Conidioforo e conidi di Aspergillus flavus
al microscopio ottico
Foto A. Scandolara
Fusarium verticillioides al microscopio
Le rosure provocate dalla larva di piralide rappresentano una facile via
d’ingresso per i funghi produttori di micotossine
237
232_237_PrevDaMicotossine.indd 237
11-12-2007 18:20:55
erbe selvatiche
Tra le nuove ospiti indesiderate dei campi di mais la galinsoga ispida
(Galinsoga ciliata) è senz’altro una di quelle più diffuse, specialmente
dove non si eseguono lavorazioni profonde. Il gruppo di piante del
quale fa parte porta il nome di un medico della corte spagnola del
XIX secolo: tale Martinez Galinsoga; gli aggettivi ispida e ciliata si riferiscono, invece, alla densa peluria che ricopre i suoi fusti. Si riproduce
durante un vasto arco di tempo, in primavera e in estate, grazie a una
grande produzione di semi (ogni pianta ne produce circa 10 000).
Diffusione della galinsoga
assente o sporadica
scarsa presenza
elevata presenza
Alla stessa famiglia botanica del mais, quella delle Graminacee
(chiamate anche Poacee), appartiene una delle erbe infestanti del
mais più dannose: il giavone comune (Echinochloa crus-galli),
dalle pannocchie simili nella forma ad una zampa di gallo e spesso con reste simili agli aculei del riccio; è questo il significato del
nome latino della specie, cioè erba (= chloe) riccia (= Echino) con
zampe (= crus) di gallo (= galli). La sua diffusione è affidata ai semi
(ogni pianta ne produce alcune migliaia).
Diffusione del giavone
assente o sporadica
scarsa presenza
elevata presenza
243
238_253_Coltivazione_ErbeSelvati243 243
11-12-2007 18:23:36
coltivazione
Conservazione della granella
Introduzione
Il mais, come molti altri prodotti di origine vegetale, per poter essere conservato senza incorrere in processi degenerativi, deve
essere sottoposto a processi di stabilizzazione quali l’essiccazione e/o la refrigerazione.
Conservazione della granella
• Alla raccolta, la granella presenta
valori di umidità dell’ordine del 27-30%
che, in condizioni ambientali normali,
porterebbe nel tempo a inevitabili
processi fermentativi
Essiccazione
È un processo complesso che si basa sull’equilibrio igroscopico
che viene a stabilirsi naturalmente fra l’umidità relativa dell’aria e
quella del prodotto. L’aria, infatti, è composta da una miscela di
diversi componenti gassosi con una certa quantità di acqua sotto
forma di vapore, da cui la definizione termodinamica di aria umida.
La quantità di acqua presente nell’aria umida è variabile, con valori crescenti all’aumentare delle condizioni di temperatura e pressione dell’aria stessa, fino a un valore massimo che definisce le
condizioni di saturazione. Il rapporto fra la massa di vapore contenuta nell’aria e quella corrispondente alle condizioni di saturazione, definisce l’umidità relativa percentuale (UR%) dell’aria. Durante il processo di essiccazione il prodotto viene messo in contatto
con una grande quantità di aria, nella quale la pressione parziale
del vapore è inferiore alla tensione di vapore dell’acqua contenuta
nella granella. Conseguentemente l’acqua presente nel prodotto
passa dallo stato liquido a quello di vapore e viene asportata dall’aria di ventilazione, che va a incrementare il proprio contenuto
di acqua fino a giungere, almeno teoricamente, alle condizioni di
saturazione. Quindi, poiché riscaldandosi l’aria riduce la sua umidità relativa e risulta in grado di assorbire una maggiore massa di
acqua, il processo di essiccazione avviene in genere ventilando la
granella con aria riscaldata che viene successivamente espulsa,
una volta raggiunti valori di umidità relativa il più possibile prossi-
• Il processo di essiccazione consiste
nella asportazione di parte dell’acqua
contenuta nella granella tramite
ventilazione con una elevata massa
di aria calda. L’obiettivo è portare la
granella a una umidità non superiore
al 14% che costituisce il limite
dell’attività enzimatica. Al di sotto
di tale valore, infatti, i fenomeni di
fermentazione e respirazione vengono
ridotti al minimo o annullati
• In tempi più recenti, si sono sviluppati
processi di ventilazione/refrigerazione,
consistenti nell’abbassare la
temperatura della massa di granella
al di sotto di determinati valori, tanto
più bassi quanto più elevata è la sua
umidità e più lungo è il tempo
di conservazione previsto
Foto Informatore Agrario
Aria
calda
secca
Evaporazione
Aria
umida
raffreddata
Diffusione acqua
verso la superficie
Processo di essicazione della cariosside
Moderno impianto di essicazione della granella
266
266_275ConserGranella_Testo.indd266 266
11-12-2007 18:30:46
coltivazione
possono verificare in magazzini piani (data l’ampia superficie
esposta all’ovideposizione), o nel caso di conservazione delle
spighe in “pile” verticali, ingabbiate (metodo della tradizione
contadina).
Foto A. Pollini
Ahasverus advena
L’adulto è di piccole dimensioni (1,5-2 mm) con corpo ovale, di
colore bruno-rossastro chiaro
La femmina depone le uova isolatamente sul substrato; le larve si
nutrono preferibilmente su partite di derrate ammuffite. L’adulto si
può riscontrare tutto l’anno nei depositi, è molto attivo e longevo
(anche 300 giorni).
L’insetto si sviluppa in natura su detriti vegetali, ma è soprattutto
nei locali di conservazione di derrate che si mostra come ospite
frequente, specialmente su cereali piuttosto umidi e ammuffiti.
È frequente sul mais in granella non bene essiccato e può divenire
vettore per contatto di muffe.
Danno da Sitotroga cerealella
Foto A. Pollini
Punteruolo del grano (Sitophilus granarius)
L’adulto è di colore bruno uniforme più o meno scuro, lungo 3-5
mm. Il capo è dotato di un lungo rostro, alla cui estremità sono
localizzate le appendici boccali, con le quali è in grado di rodere e forare le cariossidi. Le ali sono atrofizzate; risulta pertanto
incapace di volare, ma è ottimo camminatore. La larva è apoda,
tozza, di colore bianco perlaceo, con capo bruno e mandibole
più scure, lunga 2,5-3 mm. Gli adulti vivono preferibilmente negli
strati interni della massa dei cereali.
La femmina depone un solo uovo per cariosside, praticandovi
un foro con il rostro; può deporre fino a 5 uova al giorno, per un
totale di 50-250 in un periodo di 3-5 mesi.
La larva si ciba della cariosside, senza mai uscire; dopo 20-40
giorni si impupa all’interno della cariosside stessa; lo sviluppo
pupale dura 5-20 giorni, cui segue un periodo di alcuni giorni
di permanenza nella celletta dell’adulto ormai completamente
differenziato, che quindi si apre un varco nel tegumento della
cariosside stessa grazie all’apparato boccale, per sfarfallare. Nei
nostri ambienti, può avere 2-3 generazioni annuali. I danni sono
causati principalmente dalle larve, che divorano la parte interna
della cariosside; tuttavia non vanno trascurate anche le perdite
prodotte dagli adulti. Infesta tutti i cereali.
Adulto e danni da Ahasverus advena
Punteruolo del riso (Sitophilus oryzae)
L’adulto è di colore bruno-rossastro, lungo 2-3 mm circa; il capo
è allungato, simile a quello di S. granarius. Il pronoto è arrotondato, più lungo che largo, con caratteristica punteggiatura
leggermente elittica.
Le ali anteriori sono bruno-rossastre, con 4 macchie non ben circoscritte rosso mattone, talvolta più o meno sfumate, ma estese.
Adulto di punteruolo del grano
278
276_283_ParassitiMagazzino.indd 278
11-12-2007 18:32:31
utilizzazione
Usi zootecnici
Vittorio Dell’Orto, Carlo Corino,
Giovanni Savoini
Usi industriali
Pierangelo Marconi
Usi energetici
Giovanni Riva
327_361_Utilizzazione_UsiZootecn327 327
11-12-2007 18:37:41
utilizzazione
Mais e Grana Padano
Quando intorno all’anno Mille nel cuore della Pianura Padana i
monaci benedettini inventarono il caseus vetus, chiamato dal popolo grana, il mais doveva ancora arrivare in Europa.
Nel tempo, questo cereale ha cambiato le abitudini alimentari tra
le Alpi e gli Appennini, soprattutto lungo il Po, non solo sulle tavole dell’uomo, ma soprattutto nella zootecnia.
Mais significa energia, arricchisce l’alimentazione degli animali,
migliora la qualità della carne e di tutti i prodotti di origine animale,
su tutti latte e formaggi. Negli anni, nelle campagne ricche di stalle
e di bestiame destinato alla produzione di Grana Padano, ai prati
si sono aggiunti gli erbai intercalari estivi e autunnali, dove il mais
da foraggio è divenuto il simbolo dell’agricoltura padana finalizzata
alla produzione zootecnica. E il disciplinare del Grana Padano lo
colloca tra gli elementi più importanti della nutrizione delle bovine.
La storia del Grana Padano è millenaria. Secondo una convenzione storica, il formaggio grana della Pianura Padana nacque nel
1135 nell’abbazia di Chiaravalle. Certo è comunque che veniva
prodotto all’interno di molti monasteri, con apposite caldaie, e
dove così nacquero i primi caseifici e con essi i primi casari, gli
esperti nella produzione del formaggio. Il formaggio di grana, o
più semplicemente grana, si distingueva in base alle province nelle quali veniva prodotto. I grana più citati sono il lodesano o lodigiano, considerato da molti il più antico, il milanese, il parmigiano,
il piacentino ed il mantovano.
Ma fu subito molto prezioso ed apprezzato. Isabella d’Este, che
regalava nel 1504 al padre Alfonso ed al fratello Ferdinando, signori di Ferrara, “meza forma de formazo per uno, perché il facto
loro consiste più in bontà cha in quantità”. Il formaggio poteva
venire dalle campagne in riva al Mincio: dove cresceva “grasso
trifoglio alto fino al zenochio” ed era tanto ricercato che “peze
Foto Archivio Storico Latteria Soresinese
e Consorzio Tutela Grana Padano
Il mais è tra gli alimenti principali
della nutrizione delle bovine il cui latte
è destinato alla produzione del Grana
Padano
Foto Archivio Storico Latteria Soresinese
e Consorzio Tutela Grana Padano
Foto Archivio Storico Latteria Soresinese e Consorzio Tutela Grana Padano
Raffreddamento del latte appena munto
in una stalla del cremasco, 1910 circa
Caldaie per la produzione del Grana Padano, 1966
346
327_361_Utilizzazione_UsiZootecn346 346
11-12-2007 18:38:28
utilizzazione
Usi energetici
Consumi energetici mondiali e nazionali
Il quadro internazionale è caratterizzato da una notevole crescita
economica in molte regioni del mondo che, in ultima analisi, si
traduce in un analogo aumento dei consumi energetici, dei relativi impatti sull’ambiente e sui prezzi delle materie prime, combustibili fossili inclusi. Nel 2004, per esempio, i consumi mondiali di
energia primaria sono cresciuti del 3,7%, a fronte di una crescita
dell’economia mondiale del 5,1%. La crescita appare particolarmente sostenuta in Asia ma è evidente anche in America Latina.
La Cina, con il 14% dei consumi energetici mondiali, ha un peso
ormai quasi equivalente all’area UE-25 (circa il 16%) e si attesta al
secondo posto dopo gli Stati Uniti (21%). Sempre con riferimento
al 2004, circa il 35% dei consumi mondiali di energia primaria è
rappresentato dal petrolio, il 25% dal carbone e il 21% dal gas
naturale. Il restante 19% è costituito da energia elettrica primaria
(9% circa, principalmente nucleare e idroelettrica), da biomassa
(10%) e da energia solare e geotermica (meno dello 0,1%).
A livello italiano, il consumo interno lordo di energia è dell’ordine dei 200 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio;
196,8 Mtep nel 2004 con crescite paragonabili a quella del PIL e
intensità energetica sui 187 tep/M€). La domanda interna di gas
naturale supera i 66 Mtep (34% dei consumi totali), mentre quello
di prodotti petroliferi gli 88 Mtep (45%). Con l’aumento dei consumi aumenta peraltro la dipendenza energetica e conseguentemente anche la fattura energetica verso l’estero. Per quanto
riguarda le rinnovabili (circa il 7%) difficilmente l’Italia potrà rispettare gli impegni presi a livello UE (copertura del 22% del consumo
interno lordo di elettricità tra il 2010 e il 2012).
Situazione energetica europea
• A livello UE il tema energetico
è un aspetto chiave per la crescita,
l’occupazione e la sostenibilità
dell’intero sistema economico
• Attualmente la dipendenza energetica
dell’Unione verso l’estero è di circa
il 50% (oltre l’80% per l’Italia) e con
gli attuali trend si porterà al 70%
in 20-30 anni
• Risulta pertanto prioritario diminuire
i consumi energetici, diversificare
le fonti di approvvigionamento e
incrementare il contributo delle fonti
rinnovabili. Per queste ultime, in
particolare, viene ritenuto importante
il ruolo delle biomasse di origine
agricola e forestale che attualmente
coprono circa la metà della produzione
energetica verde dell’UE
0,1%
10%
9%
35%
21%
25%
Petrolio
Carbone
Gas naturale
Energia nucleare e idroelettrica
Biomassa
Energia solare e geotermica
Consumi mondiali di energia nel 2004
380
380_390_Utilizzazione_UsiEnerget380 380
11-12-2007 18:42:09
mondo e mercato
Importanza e diffusione
Dario Casati
391_424_ImportanzaDiffusione.ind391 391
11-12-2007 18:46:42
mondo e mercato
Importanza e diffusione
Mais nel mondo
Mais, frumento e riso: i tre grandi cereali per molti motivi, oltre
al loro peso economico o alla loro incidenza sul totale delle superfici coltivate, dominano il panorama agricolo mondiale.
Questo ruolo preminente deriva indubbiamente dalla loro assoluta rilevanza nei confronti dell’alimentazione dei popoli della
terra, un aspetto fondamentale per comprendere questa sorta
di supremazia che li unisce e che, nello stesso tempo, ne sancisce una specie di posizione di privilegio nei confronti delle altre
colture. Ognuno di essi può essere, di volta in volta, considerato il più importante per un differente motivo: il riso perché è
in assoluto quello maggiormente impiegato per l’alimentazione
umana, il frumento perché occupa la superficie relativamente
maggiore, il mais per la quantità totale prodotta che negli ultimi
anni si è stabilmente attestata oltre 650 milioni di tonnellate,
contro circa 600 per il frumento e altrettanti per il riso. Se ci
si perdona il paragone un po’ forzato, possiamo riferirci ai tre
cereali come ai “tre tenori” dell’agricoltura mondiale, ognuno
con le sue caratteristiche e i suoi acuti.
Nello specifico, il ruolo del mais è particolare per due motivi: perché è quello che presenta il maggior numero di utilizzi oltre all’impiego diretto nell’alimentazione umana, e perché la sua produzione è in forte espansione mentre quella di riso è in crescita più
moderata e il frumento è addirittura in lieve contrazione.
La dinamica del mais è sostenuta da un lato dall’utilizzo nell’allevamento animale e dall’altro dalle sue potenzialità che, esaltate dal grande sviluppo della ricerca, in particolare in campo
genetico, si presentano effettivamente molto più elevate di
quelle degli altri due cereali.
“Tre tenori” dell’agricoltura
mondiale
• Riso: è in assoluto il cereale
maggiormente impiegato per
l’alimentazione umana
• Frumento: è il cereale che occupa
la superficie relativamente maggiore
• Mais: è il cereale con la maggiore
produzione totale, negli ultimi anni
attestatasi oltre 650 milioni di
tonnellate, contro circa 600 per
il frumento e altrettanti per il riso
Superficie (milioni ha)
250
200
150
100
50
0
Mais
Riso
Frumento
Superfici dei tre principali cereali nel mondo
(2006)
392
391_424_ImportanzaDiffusione.ind392 392
12-12-2007 10:31:08
mondo e mercato
Al di là di fenomeni episodici, la media nazionale da circa un decennio risulta superiore a 9,5 t/ha, un risultato da considerare
molto lusinghiero poiché è superiore alla media europea, ma che
tuttavia non sembra indicare una chiara tendenza verso ulteriori
Ripartizione della produzione
in Italia
Superfici, produzione e rese del mais da granella
in Italia per area geografica
• L’area di maggior rilevanza in termini
di superfici e di produzione è quella
del nord-est in cui si trova il 47,1%
della superficie e si ottiene il 46,4%
della produzione
Anno
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
ITALIA
Superficie totale (000 ettari)
• Nel nord-ovest si ha rispettivamente
il 41,8% e il 45,0% dunque con un
migliore risultato produttivo. Le rese in
questa circoscrizione sono più elevate
e quindi consentono di migliorare
il peso relativo sul totale nazionale
2003
465,7
554,9
95,6
47,1
1163,2
2004
480,8
575,9
93,8
46,3
1196,8
2005
467,6
527,5
79,1
45,2
1119,5
% 2005
41,8%
47,1%
7,1%
4,0%
100,0%
Produzione totale (000 tonnellate)
• Le due circoscrizioni in esame
concentrano poco meno del 90%
della superficie e oltre il 91% della
produzione
• Centro, sud e isole coprono il resto con
rese unitarie nettamente inferiori che
quindi riducono il contributo di queste
circoscrizioni in termini di produzione
a meno del 9% a fronte di una quota
di superficie pari all’11% del totale
2003
4003,2
3922,4
566,2
279,4
8771,2
2004
4930,0
5581,1
710,6
305,5
11527,2
2005
4761,6
4904,2
608,4
298,0
10572,2
% 2005
45,0%
46,4%
5,8%
2,8%
100,0%
Resa (tonnellate/ettaro)
2003
8,6
7,1
5,9
5,9
7,5
2004
10,3
9,7
7,6
6,6
9,6
2005
10,2
9,3
7,7
6,6
9,4
Fonte: elaborazioni su dati Istat
412
391_424_ImportanzaDiffusione.ind412 412
11-12-2007 18:47:49
Collana ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
il mais
il mais
Ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
e 32,00
Script
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
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