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Comparto_ maidicolo_it_Macri

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Comparto_ maidicolo_it_Macri
ISBN 978-88-8145-421-1
IL COMPARTO MAIDICOLO
ITALIANO
Redditività e criticità del settore
a cura di
Maria Carmela Macrì, Greta Zilli
INEA 2014
IL COMPARTO MAIDICOLO ITALIANO
Redditività e criticità del settore
a cura di Maria Carmela Macrì e Greta Zilli
Il rapporto è stato sviluppato nell’ambito del Piano Cerealicolo Nazionale - Azione 1.2.2 Piano
nazionale di miglioramento della produttività e qualità maidicola.
La documentazione riportata nel terzo capitolo è stata condivisa con il gruppo di lavoro del
MIPAAF – Tavolo tecnico Linee guida per la filiera maidicola.
Il rapporto è a cura di Maria Carmela Macrì e Greta Zilli ed è frutto del lavoro comune, in
particolare Maria Carmela Macrì ha redatto il capitolo 2 e il paragrafo 4.1, Greta Zilli i capitoli 1 e
3, i paragrafi 4.2 e 4.3 e il Quadro sinottico dell’Allegato 1.
Si ringrazia Antonio Giampaolo per la disponibilità e i suggerimenti forniti.
2
Sommario
1 La coltivazione del mais in Italia ..................................................................................................................... 4
1.1 Gli inizi ..................................................................................................................................................... 4
1.2 Avvento degli ibridi .................................................................................................................................. 6
2 Lo scenario di riferimento .............................................................................................................................. 8
2.1 La produzione di mais .............................................................................................................................. 8
2.2 Il commercio con l’estero e gli scambi di mais ...................................................................................... 14
3. Analisi della redditività del settore maidicolo italiano attraverso i dati RICA ............................................. 17
3.1 Quadro del settore maidicolo rilevato attraverso la RICA .................................................................... 17
3.2 La Produzione lorda, il Margine lordo e i costi di produzione della coltura mais - prodotto granella e
insilato ......................................................................................................................................................... 21
3.3 Produttività e redditività delle aziende specializzate in produzione del mais ..................................... 24
3.4 Analisi del contesto europeo secondo i dati FADN. L’evoluzione del comparto maidicolo negli ultimi
anni .............................................................................................................................................................. 28
3.5 Conclusioni............................................................................................................................................ 31
4. Criticità del settore e linee guida................................................................................................................. 32
4.1 La problematica della aflatossine .......................................................................................................... 32
4.2 Linee guida - Fase di campo.................................................................................................................. 33
4.3 Appunti per la fase di Stoccaggio e Conservazione ............................................................................... 39
Bibliografia ....................................................................................................................................................... 45
Allegato 1: Quadro Sinottico ........................................................................................................................... 47
Allegato 2: Gruppo di lavoro Linee guida per la filiera maidicola .................................................................. 58
3
1 La coltivazione del mais in Italia
1.1 Gli inizi
Il mais (Zea mays L.) è noto in Italia da 500 anni e annovera al suo interno diverse sottospecie. Dal
punto di vista evolutivo, il mais è il risultato di un processo di ricerca e selezione iniziato agli albori
dell’agricoltura nella zona dell’America Centrale. Nel corso dei secoli ha acquistato una rilevanza
sempre maggiore, diventando una delle principali fonti alimentari delle popolazioni del Centro e
Sud America. Con i viaggi di Colombo, arrivarono in Europa diverse popolazioni di mais, scelte tra
quelle trovate lungo le coste e che meglio si adattavano alla conservazione nelle navi. Dalla
Spagna, il mais arriva in Italia, grazie ai fiorenti scambi commerciali che transitavano a Venezia. A
partire dalla metà del 1500 grazie all’arrivo di popolazioni dai pendii andini e dagli altopiani
messicani, viene largamente coltivato grazie alle maggiori rese rispetto ad altri cereali. Diventa
l’ideale sostituto del sorgo, del miglio, della segale e del grano saraceno, affermandosi come cibo
delle popolazioni più povere (Brandolini, 1970). In particolare nella parte orientale del Veneto ed
in Friuli Venezia Giulia, si è verificata una diffusione delle varietà a granella bianca. In Italia il
“sorgoturco” non si diffonderà come coltura agraria per molto tempo ancora in quanto farà parte
delle coltivazioni tipicamente orticole e quindi prodotto in quantità esigue. Il settecento consacra
l’avvenuta diffusione della nuova coltura nonostante le fonti omettano l’importanza di questa
pianta. Infatti il sorgoturco in questo periodo è ancora una riserva alimentare del “colono” per cui
difficilmente entrava nella composizione dei listini dei mercati locali. Nell’800 il mais è largamente
coltivato nelle province lombarde, piemontesi e venete oltre che emiliane. Nel solo Veneto, la
produzione di granoturco, che alla fine del ‘700 copriva circa la metà dell’intero raccolto di cereali,
nel 1825 fornisce una produzione doppia rispetto al frumento. Nel frattempo la semina del mais
comincia a diffondersi anche nelle isole interfluviali del padovano e del basso Polesine. Questa
produzione raddoppia le disponibilità alimentari, tale evento segna un passo importante per gli
agricoltori poiché influisce sull’evoluzione capitalistica dell’azienda. Nel’900 si ha lo sviluppo del
sistema economico collegato a questa coltivazione. L’organizzazione delle aziende produttrici di
mais, che prevede stretti rapporti fra impresa, manodopera e proprietà, è teatro di grandi
modifiche. Nei primi anni del secolo in Italia si coltivano circa 2 milioni di ettari a mais, destinato
per il 90% all’alimentazione umana. All’inizio del XX secolo, le varietà coltivate sono poco
selezionate e le piante mostrano una grande difformità. Fino agli anni 1950 il mais è coltivato “a
mano”. In pianura la coltivazione è affidata alle mogli dei salariati o all’intera famiglia, che
conserva in questo modo la possibilità di lavorare a mezzadria; per l’epoca, una famiglia salariata
aveva la possibilità di coltivare circa mezzo ettaro di mais in compartecipazione con la proprietà,
secondo gli schemi economici della mezzadria che concedeva al mezzadro la metà del prodotto.
Nel decennio dal 1948 al 1958, con l’introduzione degli ibridi, la produzione italiana di mais passa
da 20 a 38 milioni di quintali. La nuova tecnica colturale cambia la tessitura dei campi. La distanza
fra le file dipende da quella dei separatori della testata spannocchiatrice (70 - 80 cm), mentre
quella lungo la fila è legata alla densità finale che si vuole ottenere, si passa dalle 3-4 piante/mq
4
delle varietà tradizionali al doppio degli ibridi moderni. Pur con queste innovazioni il lavoro
manuale è ancora rilevante, molte pratiche quali il diradamento, la sarchiatura, la rincalzatura,
nonché il recupero delle spighe cadute nel corso della raccolta è infatti, svolto principalmente
dalle donne. Una forte riduzione di manodopera si ha durante gli anni ‘70 quando si comincia a
disporre dei primi diserbanti, e nel giro di qualche anno si meccanizzano le operazioni colturali. Si
avvia l’utilizzo delle seminatrici di precisione (prima quelle meccaniche e poi quelle pneumatiche)
e la fertilizzazione con azoto di sintesi. Si diffondono gli essiccatoi della granella e
conseguentemente i sili per l’accumulo e la conservazione1. Tra gli anni ‘80 e ‘90 si impone, per
l’alimentazione zootecnica, la produzione del silo mais attraverso la coltivazione di ibridi a
maturazione cerosa, molto produttivi. L’evoluzione del comparto cerealicolo ha avuto il suo apice
negli ultimi 20 anni, con uno sviluppo del mais fortemente predominante in alcune regioni italiane.
La coltura oltre ad essere diffusa sul territorio ha una connotazione intensiva volta a massimizzare
le rese, raggiungendo nei terreni vocati ed irrigui produzioni che raggiungono i 200 quintali ad
ettaro. Le caratteristiche fisiologiche della pianta, fortemente esigente di azoto e irrigazione,
unito all’utilizzo di questi mezzi e metodi produttivi comportano un forte impatto sull’ambiente
determinando una difficile sostenibilità.
Concorrono a mitigare gli effetti sullo sfruttamento del suolo e dell’impatto sull’ambiente le
recenti politiche comunitarie.
L’importanza della salvaguardia dell’ambiente emerge chiaramente dalla Pac 2014-2020, che
individua tre macro-obiettivi: la produzione di cibo, la gestione delle risorse naturali e lo sviluppo
territoriale. Il secondo di questi, in particolare, richiede un’agricoltura più verde (greening) da
realizzarsi tramite pratiche agro-ambientali appropriate (azioni di inverdimento, set aside,
rotazioni, pascoli) e che prevedono pagamenti “verdi” agli agricoltori virtuosi. All’agricoltura,
inoltre, viene affidato il compito della lotta al cambiamento climatico. Perché l’agricoltura è
particolarmente vulnerabile all’impatto del cambiamento climatico, permettendo al settore di
adattarsi meglio agli effetti delle variazioni estreme del clima e ridurre gli effetti negativi ad esso
connessi. Vengono favoriti lo sviluppo territoriale equilibrato, il miglioramento dell'economia
rurale e promossa la diversificazione allo scopo di consentire agli attori locali di sviluppare il loro
potenziale. All’agricoltore, pertanto, è richiesto uno sforzo in più per rispondere alle esigenze di
un’agricoltura in rapida evoluzione2, orientata alla sostenibilità ambientale e allo sviluppo del
territorio rurale e che si allontana dallo sfruttamento del suolo riconducibile alle produzioni
intensive.
1
Emanuele Fasolato e Fabiano Ramin “Caratterizzazione agronomica, genotipica e organolettica del mais biancoperla”
Agrifoglio Notiziario delle Scuole Agrarie di Padova - Anno IV - Ottobre 2009 - N. 11 supplemento
2
Terra e vita n. 42/2010
5
1.2 Avvento degli ibridi
Uno spettacolare salto di qualità nel miglioramento genetico del mais fu realizzato con
l'introduzione del concetto di ibrido. L'era dei mais ibridi è cominciata nel 1909 quando si
dettarono i principi generali della costituzione degli ibridi di mais (Shull e East - genetisti
americani). L’ingresso degli ibridi dentati dagli Stati Uniti dagli anni Cinquanta del Novecento ha
cambiato profondamente il panorama varietale maidicolo italiano, fino alla quasi totale scomparsa
delle varietà locali.
L’ibrido di mais ha, dunque, totalmente cambiato la natura intima dell’agricoltura e ha realizzato
nel mondo la prima rivoluzione verde testimoniando come l’applicazione delle tecnologie
genetiche possa aumentare sensibilmente la resa (Lorenzoni e Salamini, 2007). L’ibrido in
agronomia è il risultato dell’incrocio selettivo di genotipi diversi, di linee pure e specie tra loro
differenti.
La scoperta del fenomeno dell’eterosi e lo sviluppo degli ibridi di mais ha di fatto rivoluzionato il
miglioramento genetico applicato al mais consentendo guadagni produttivi straordinari. L’eterosi
in genetica, è il fenomeno per cui gli ibridi tra due linee pure sono più vigorosi, resistenti e
produttivi delle linee da cui derivano, è detto anche lussureggiamento degli ibridi. Inizialmente gli
ibridi commerciali detti “a quattro vie” erano costituiti attraverso l’incrocio di due ibridi semplici
per ovviare alla scarsa produzione di seme che si otteneva dalle linee portaseme. Successivamente
si sono diffusi gli ibridi a tre vie e oggi, praticamente tutti gli ibridi in commercio sono semplici,
ottenuti dall’incrocio di due linee pure. L’introduzione di mais ibridi dalle superiori caratteristiche
agronomiche, quali la resistenza all’allettamento e la capacità di sopportare investimenti più
elevati (6,0 e 7,5 piante m2) e il conseguente miglioramento delle tecniche agronomiche come la
concimazione azotata e il diserbo, verificatosi nell’immediato dopoguerra, hanno reso possibile
anche in Italia il progressivo e continuo aumento delle rese nazionali, passate dai 18 ql/ha del
1948 ai 94 ql/ ha del 2007 (Bressan et al., 2003).
In Italia, come nel resto d’Europa, la massiccia e veloce diffusione degli ibridi di origine americana,
ha portato alla scomparsa di numerosissime varietà locali di mais (mais nostrano). Le varietà locali,
figlie di centinaia di anni di evoluzione, avevano sviluppato e selezionato, grazie a numerose
6
combinazioni e mutazioni genetiche, una serie di caratteristiche tali da renderle più produttive, ma
soprattutto maggiormente resistenti alle diverse condizioni climatiche. Ciascuna di queste varietà,
nel suo insieme, grazie alle differenti ibridazioni, autofecondazioni e ricombinazioni geniche,
doveva presentare caratteri morfologici, fenologici, fisiologici e agronomici molto variabili,
mostrando però alcune caratteristiche distintive derivate direttamente dalla popolazione
originaria. L’Italia, può essere considerato un centro di differenziazione secondario, o addirittura
terziario, in quanto le varietà italiane, pur conservando talora evidenti legami con le varietà
americane di origine, possono essere considerate come originali, in considerazione delle grandi
trasformazioni apportate a esse dall’uomo attraverso i ripetuti incroci e la selezione in relazione
all’ambiente che ha prodotto modificazioni sostanziali per quanto riguarda sia il comportamento
del ciclo biologico sia le caratteristiche della pianta e dell’infiorescenza. Nel nostro Paese, le
differenti condizioni climatiche hanno dato origine ad un complesso di varietà locali. La
classificazione delle varietà locali di mais in Italia, ha avuto inizio in modo sistematico solamente
dal 1954. Questo avvenne grazie ad un programma a livello nazionale, ideato e condotto dalla
“Stazione Sperimentale per la Maiscoltura di Bergamo”, affiancata dagli Ispettori Agrari Provinciali,
con lo scopo di acquisire le varietà locali ancora coltivate, appartenenti alle varietà indentata ed
indurata. L’importanza della caratterizzazione e conservazione delle varietà locali di mais è una
priorità sostenuta negli ultimi decenni, in cui sono state effettuate campagne di raccolta e
descrizione delle numerose varietà locali, basandosi, in Italia, sui tratti morfologici e fisiologici,
sulla precocità, sulla struttura della pianta e del pennacchio, sulla forma della spiga e della
granella.
Altro argomento di discussione è l’impiego delle moderne tecnologie genetiche che nella
percezione comune si identificano con la costituzione di organismi geneticamente modificati. Nel
mais consiste nell’introdurre i geni direttamente nella cellula vegetale da modificare. In questo
caso si “sparano”, all’interno delle cellule, micro-proiettili metallici ricoperti di DNA: questi
penetrano nel nucleo e si inseriscono nel genoma. Come suggerito da un recente documento della
Società Italiana di Genetica Agraria l’isolamento di un singolo gene, la valutazione della sua
funzione e il suo trasferimento a differenti varietà, costituisce una soluzione scientifica da
affiancare al miglioramento genetico classico. Comunque, il risultato che si ottiene è una pianta
che contiene un gene “estraneo”, che manifesterà al massimo l’espressione di un tipo di molecola
in più, rispetto alle migliaia di prodotti molecolari che caratterizzano la pianta. Bisogna poi
ricordare le procedure di selezione assistita da marcatori molecolari. Nel mais lo stato delle
conoscenze, con la collocazione su mappe di circa 8000 marcatori genetici, risulta fra i più avanzati
nell’ambito delle piante coltivate.
7
2 Lo scenario di riferimento
2.1 La produzione di mais
Insieme al riso e al frumento, il mais è una delle principali produzioni agricole mondiali, esso è
infatti alla base dell’alimentazione umana, sia perché viene consumato direttamente come
alimento sia e soprattutto perché impiegato nell’allevamento di bovini, suini e avicoli.
Inoltre il mais negli ultimi anni sta acquisendo un ruolo importante come biomassa per la
produzione di bioenergie. Le molteplici finalità per cui può essere impiegato spiegano l’andamento
crescente della sua produzione (grafico 2.1)
1200000
200000
180000
1000000
160000
Migliaia
Grafico 2.1 : Mais, produzione e superficie agricola coltivata a mais nel mondo
140000
800000
120000
600000
100000
80000
400000
Produzione (000 ton)
60000
200000
SAU (000 ha) Asse dx
40000
20000
0
0
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Fonte: FAO database
Nell’Unione Europea a 28 la produzione di mais raggiunge complessivamente quasi i 70 milioni di
tonnellate, per una superficie dedicata pari a circa 10 milioni di ettari totali, ma per lo più si
concentra in pochi Paesi (grafico 2.2). Il primo produttore è la Francia, sebbene sia la Romania a
destinare alla coltura la superficie maggiore, ma presenta rese più basse (grafico 2.3). Al contrario,
Germania e Spagna presentano rese molto elevate, ma destinano a questa coltura una superficie
più contenuta (grafico 2.4). L’Italia fino al 2013 era al terzo posto come produttore nell’UE, ma nel
2014 è stata scavalcata dall’Ungheria grazie a due fattori concomitanti: il miglioramento nelle rese
in Ungheria e la riduzione della superficie destinata alla coltura in Italia (grafico 2.2).
8
Grafico 2.2 : La produzione di mais (000t) nei principali produttori nell’UE. Anno 2014
20.000
18.000
16.000
14.000
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
0
Francia
Romania
Ungheria
Italia
Germania
Spagna
Fonte: Eurostat, Agriculture, forestry and fishery statistics
Grafico 2.3 : La superficie coltivata a mais (000 ha) nei principali produttori nell’UE. Anno 2014
3.000,0
2.500,0
2.000,0
1.500,0
1.000,0
500,0
0,0
Francia
Romania
Ungheria
Italia
Fonte: Eurostat, Agriculture, forestry and fishery statistics
9
Germania
Spagna
Grafico 2.4: Rese produttive nei principali produttori dell’UE ( Tonnellate per ettaro)
Francia
Romania
Ungheria
Italia
Germania
Spagna
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Fonte: Eurostat, Agriculture, forestry and fishery statistics
Infatti in l’Italia, la superficie destinata a mais presenta un andamento alterno, ma
tendenzialmente in diminuzione e nel 2014 si è attestata a circa 860 migliaia di ettari per una
produzione di poco superiori e a 8 milioni di tonnellate (figura 2.5). Il mais rimane comunque, una
delle principali produzioni in Italia, il secondo cereale, dopo il frumento duro, per estensione, il
primo per quantità prodotte e per valore della produzione.
Grafico 2.5: La produzione e le superfici a mais in Italia
12.000,0
Produzione (asse sx)
Superficie (asse dx)
10.000,0
1.200
1.000
8.000,0
800
6.000,0
600
4.000,0
400
2.000,0
200
0,0
0
2006
2007
2008
2009
2010
Fonte: Eurostat, Agriculture, forestry and fishery statistics
10
2011
2012
2013
2014
Secondo un’evoluzione che ha caratterizzato diffusamente l’attività primaria in Italia, anche la
coltivazione del mais ha subito un processo di concentrazione a vantaggio delle aziende di
maggiori dimensioni. Dai dati del 6° Censimento dell’agricoltura, le aziende che coltivavano mais in
Italia, nel 2010, sono quasi 155 mila, un quarto rispetto a quelle che del 1982, a fronte di tale
contrazione, la superficie media per azienda nel frattempo è triplicata (tabella 2.1).
Tabella 2.1: Numero di aziende e superficie coltivata a mais in Italia
1982
numero di aziende
superficie
1990
2000
2010
604783
461646
299336
154824
1114195
875972,6
1069155
890237,5
1,8
1,9
3,6
5,7
superficie media coltivata a mais per azienda
Fonte: Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura, serie storiche
Grafico 2.6: Distribuzione per altimetria delle aziende che coltivano mais
Montagna
7%
Collina
26%
Pianura
67%
Fonte: Elaborazioni Inea su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura
Le caratteristiche della coltura e, soprattutto, la maggiore accessibilità per i mezzi meccanici,
fanno si che due terzi delle aziende (grafico 2.6) e quasi i tre quarti della superficie a mais (grafico
2.7) si trovino in pianura.
Grafico 2.7: distribuzione per altimetria della superficie coltivata a mais
Montagna
2%
Collina
15%
Pianura
83%
Fonte: Elaborazioni Inea su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura
11
La distribuzione regionale delle aziende (tabella 2.2) e delle superfici (tabella 2.3)3, inoltre, è
molto sbilanciata a favore del nord Italia, anche in conseguenza delle caratteristiche del terreno e
del clima favorevoli alla coltivazione.
Tabella 2.2: Aziende che coltivano mais in Italia per regione
Numero di aziende
Regione
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Bolzano
Trento
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Totale
Montagna Collina
781
30
526
27
295
824
91
360
51
456
584
304
909
610
651
2.178
17
751
776
17
4
10.242
7.896
2.358
5.883
2.614
155
830
2.824
2.330
3.092
3.450
1.793
605
4.960
83
40
1.308
35
114
40.370
Pianura
Totale
12.723
16.293
51.136
9.688
11.006
1.018
726
1.269
96
25
89
3
140
104.212
21.400
30
19.177
27
295
57.843
12.393
515
11.887
4.298
2.914
3.396
5.085
2.403
1.256
8.407
196
816
2.173
55
258
154.824
Fonte: Elaborazioni Inea su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura
3
Si ringrazia Concetta Cardillo per l’elaborazione dei dati delle tabelle 2.2. e 2.3.
12
Totale
aziende con
SAU
66.747
3.499
53.680
20.055
16.375
118.850
22.262
20.149
72.958
72.480
36.185
44.767
98.001
66.750
26.236
136.585
271.545
51.710
137.378
219.049
60.329
1.615.590
% aziende
con mais
su aziende
con SAU
32,1
0,9
35,7
0,1
1,8
48,7
55,7
2,6
16,3
5,9
8,1
7,6
5,2
3,6
4,8
6,2
0,1
1,6
1,6
0,0
0,4
9,6
Tabella 2.3: Superfici a mais in Italia per regione
Regione
Superficie a mais (ha)
Montagna
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Bolzano
Trento
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Totale
2.322
24
525
49
474
3.215
204
192
145
645
1.067
562
2.111
815
328
1.434
52
532
673
35
84
15.488
Collina
38.178
14.066
17.489
13.882
63
6.026
9.084
7.701
6.060
6.713
3.039
1.367
5.210
310
265
1.509
142
563
131.667
Pianura
124.019
219.703
235.075
59.760
91.458
4.090
2.896
3.755
467
90
538
10
1.221
743.082
Totale
164.519
24
234.294
49
474
255.779
73.846
256
97.629
13.819
8.768
6.622
11.720
3.853
1.695
10.399
829
887
2.720
187
1.868
890.237
% della
superficie
SAU totale
a mais
regionale
sulla SAU
regionale
1.010.780
16,3
55.596
0,0
986.826
23,7
240.535
0,0
137.219
0,3
811.440
31,5
218.443
33,8
43.784
0,6
1.064.214
9,2
754.345
1,8
326.877
2,7
471.828
1,4
638.602
1,8
453.629
0,8
197.517
0,9
549.532
1,9
1.285.290
0,1
519.127
0,2
549.254
0,5
1.387.521
0,0
1.153.691
0,2
12.856.048
6,9
Fonte: Elaborazioni Inea su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura
Le aree in cui si concentra la produzione sono, non casualmente, i distretti zootecnici italiani,
cosicché cinque regioni da sole sommano il 90% della superficie a mais (grafico 2.8) e della
produzione totale (grafico 2.9) configurando una particolare vulnerabilità di questi distretti
agricoli. I mangimi sono uno dei principali intput, nonché una della maggiori voci di costo delle
aziende zootecniche. I problemi di contaminazione da aflatossine che di recente hanno più volte
colpito la produzione di mais costituiscono un fattore di debolezza anche per il comparto
zootecnico italiano. Ne consegue l’aumento della dipendenza dall’estero (paragrafo 2.2) per
l’approvvigionamento dell’alimentazione animale, incidendo sulla crescita dei costi, per un settore
che già spunta margini di redditività piuttosto contenuti. Queste criticità spiega l’attenzione
dedicata alla midicoltura all’interno del Piano Cerealicolo Nazionale e motiva lo sforzo di
individuare pratiche in grado di ovviare alla problematica della contaminazione da aflatossine
(capitolo 4).
13
Grafico 2.8 : Superficie (ha) a mais in Italia. Anno 2013
Migliaia
300
250
200
150
100
50
0
Piemonte
Veneto
Lombardia
Emilia-Romagna Friuli-Venezia
Giulia
Altre Regioni
Fonte: Istat, stima delle superfici e produzioni delle coltivazioni agrarie
Migliaia
Grafico 2.9: produzione di mais in Italia (qt), le principali regioni, anno 2013
25000
20000
15000
10000
5000
0
Fonte: Istat, stima delle superfici e produzioni delle coltivazioni agrarie
2.2 Il commercio con l’estero e gli scambi di mais
Nonostante l’Italia sia uno dei maggior produttori europei, la produzione nazionale non è
sufficiente e, pur coprendo ancora una buona parte del fabbisogno nazionale (tabella 2.1), viene
integrata con quantità crescenti di importazioni (grafico 2.10)
14
Tabella 2.2: Bilancio di approvvigionamento del mais e dei prodotti trasformati
2007/08
Produzione
utilizzabile
9.809
Importazioni
2.483
Disponibilità
totali
12.292
Esportazioni
769
Scorte iniziali
900
Scorte finali
900
Variazione delle
scorte
0
Utilizzazione
interna
11.522
Sementi
28
Alimentazione
animale
10.690
Usi industriali
523
Trasformazione
95
Consumo umano
186
Tasso di
autoapprovvigio
namento (%)
85,1
Fonte: Inea, Annuario dell’agricoltura italiana
2008/09
2009/10
2010/11
9.372
2.426
8.143
2.349
8.496
3.155
11.798
746
900
900
10.492
766
900
900
11.651
902
900
900
0
0
0
11.052
28
9.726
23
10.749
23
10.284
501
91
148
8.900
429
78
296
9.580
474
86
586
84,8
83,7
79,0
Migliaia
Grafico 2.10 : Importazioni di mais in quantità (ton)
4.500
4.000
3.500
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Fonte: INEA, Banca dati commercio con l’estero
A partire dalla grave emergenza del 2003, quando le condizioni climatiche determinarono basse
rese e allo stesso tempo favorirono la diffusione delle aflatossine oltre i limiti disposti dalla
normativa, la superficie destinata al mais in Italia presenta un andamento decrescente, e, di
conseguenza, sebbene negli anni le rese siano migliorate, anche le quantità prodotte nel
complesso ne hanno risentito (grafico 2.5). Probabilmente, anche a seguito di quella crisi si sono
15
aperti nuovi mercati di approvvigionamento, come quello ucraino che, nel 2013, ha rappresentato
il primo fornitore di mais, con una quota del 30% (grafico 2.11)
Migliaia
Grafico 2.11 : I principali fornitori, valori in migliaia di euro. Anno 2013
300
250
200
150
100
50
Fonte: INEA, Banca dati commercio con l’estero
Infine, considerando che l’offerta italiana incide poco su quella mondiale, la sostanziale
dipendenza dalla volatilità del mercato internazionale degli ultimi anni, può costituire un ulteriore
fattore disincentivante per i produttori italiani (grafico 2.12 ).
12,0
2.500,0
10,0
2.000,0
Migliaia
Migliaia
Grafico 2.12: Mais, valore e produzione
8,0
1.500,0
6,0
1.000,0
4,0
Qtà (000 ton) asse SX
2,0
500,0
Valore (000 Euro) Asse DX
,0
,0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Fonte: Inea, Banca dati dell’Annuario
Oltre la crescente dipendenza dall’estero, va segnalato il fatto che la produzione in Italia è
fortemente concentrata a livello territoriale andando sostanzialmente a coincidere con le aree a
specializzazione zootecnica.
16
3. Analisi della redditività del settore maidicolo italiano attraverso i dati
RICA
3.1 Quadro del settore maidicolo rilevato attraverso la RICA
Nel quadriennio 2009-2012 il numero dei processi produttivi a mais rilevati dalla RICA supera
annualmente le 2.700 osservazioni con un massimo di casi rilevati, oltre 2.840, nel 2012 (grafico
3.1).
Le aziende in cui è presente la coltivazione del mais sono concentrate soprattutto in cinque regioni
del Nord, che coprono il 76,5% della produzione nazionale rilevata dalla RICA.
Grafico 3.1: Aziende RICA con coltivazione Mais nel quadriennio 2009 - 2012
2860
2840
2820
2800
2780
2760
2740
2720
2700
2680
2009
2010
2011
2012
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2009-2012
Nello specifico si distinguono le elevate numerosità del Piemonte (564), del Veneto (550), della
Lombardia (480), del Friuli Venezia Giulia (352) e dell’Emilia-Romagna (226) e, proprio in queste
regioni, si concentrano le aziende specializzate nella produzione di mais (grafico 3.2). Al Centro e al
Sud si colloca il rimanente 33,5% dei processi mais, dove solo Lazio e Campania superano le cento
rilevazioni.
La coltura del mais presente in banca dati si differenzia per tipologia di prodotto e specie. In 2.129
aziende (2012) si coltiva mais ibrido, mentre il mais nostrano registra 66 casi, ed è frequente
soprattutto nelle regioni del Centro-Sud Italia. Queste due coltivazioni si differenziano per varietà
e la produzione principale in questo caso è la granella. Oltre ad alcuni casi di mais dolce che non
hanno trovato nella RICA una numerosità tale da permetterne l’analisi, una consistente quota
della coltivazione del mais è rivolta alla produzione di insilati di mais (644 casi, 2012), destinati o al
reimpiego per allevamento o alla alimentazione di impianti a biomassa per la produzione di
energie rinnovabili. Nella tabella 3.1 si riporta la numerosità dei vari processi produttivi registrati
sul territorio nazionale distribuiti per regione.
17
Grafico 3.2: Distribuzione della coltivazione del mais per regione all’interno del campione RICA Anno 2012
Calabria; 7 Puglia; 3 Basilicata; 11
Campania; 135
Molise; 23
Abruzzo; 49
Lazio; 117
Umbria; 93
Marche; 53
Sicilia; 4 Sardegna; 53
Valle D’Aosta; 2
Piemonte; 564
Toscana; 66
Emilia Romagna;
226
Lombardia; 480
Liguria; 4
Friuli Venezia
Giulia; 352
Trentino; 47
Veneto; 550
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Tabella 3.1: Distribuzione per regione dei processi produttivi mais: ibrido, nostrano e insilato
Regioni
mais ibrido
mais nostrano
mais insilato
N. Az.
N. Az.
N. Az.
Valle D’Aosta
2
Piemonte
487
77
Lombardia
384
96
Trentino Alto Adige
4
43
Veneto
426
124
Friuli Venezia Giulia
307
45
Liguria
Emilia Romagna
2
2
190
36
Toscana
51
6
9
Marche
39
11
3
Umbria
83
8
2
Lazio
52
4
61
Abruzzo
42
2
5
Molise
16
4
3
Campania
36
13
86
Calabria
1
6
Puglia
1
1
1
Basilicata
4
3
4
Sicilia
Sardegna
4
8
Italia
2129
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
45
66
644
18
Le rese ad ettaro e le modalità di coltivazione si differenziano per tipologia di prodotto e per
ambiti territoriali.
A differenza della produzione di granella, nel mais insilato tutta la pianta, ancora verde, viene
trinciata e alla fine di un processo fermentativo controllato si costituisce il prodotto insilato, che
mostra una resa ad ettaro significativamente maggiore rispetto al prodotto granella.
Le rese più contenute in alcune regioni, soprattutto al Centro e al Sud Italia, giustificano in parte la
limitata diffusione della coltura. Va segnalato anche che la coltura è molto esigente di fertilizzanti
a base di azoto e fortemente sofferente in condizioni di elevato stress idrico. Questi elementi
confermano la forte propensione delle principali regioni maidicole del nord Itlaia.
Grafico 3.3: Rese ad ettaro dei processi produttivi: mais ibrido, mais nostrano e mais insilato
600
500
400
300
200
100
0
mais ibrido
mais nostrano
mais insilato
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Rispetto alle singole realtà territoriali si distinguono per elevate rese le aziende lombarde, friulane
ma anche abruzzesi, che superano i 100 q.li/ha per la produzione di mais ibrido da granella (grafico
3.3), mostrando una propensione alle produzioni intensive. Gli insilati, invece, nel 2012, in media
raggiungono anche i 540 – 550 q.li/ha, in Lombardia, Piemonte e Toscana. Il mais nostrano è molto
meno diffuso, solo in tre regioni del Centro e una del Sud, sono rilevate numerosità significative.
Le rese che emergono dalla banca dati RICA provano quanto asserito nell’introduzione: una più
contenuta produttività delle specie nostrane rispetto agli ibridi, con quantità che variano dai 50
agli 80 q.li/ha. E’ comunque da tenere conto che nelle regioni dove sono coltivate le varietà
nostrane anche gli ibridi non mostrano rese significative come invece accade nelle regioni più
vocate.
19
I valori del mais ibrido nel 2012 sono compresi tra 20,00 e 25,00 euro/q.le (grafico 3.4) a eccezione
del Friuli dove la quotazione si attesta sui 19,00 euro/q.le. Le valutazioni del mais nostrano sono in
genere inferiori agli ibridi e variano tra compresi tra 16,00 e 24,00 euro/q.le, mentre le quotazioni
del silo mais controbilancia le rese elevate con importi che non superano i 5,00 euro/q.le.
Grafico 3.4: Valori al quintale dei processi produttivi: mais ibrido, mais nostrano e mais insilato
30
25
20
15
10
5
0
mais ibrido
mais nostrano
mais insilato
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Nota: I dati riportati riguardano le realtà (regioni – casistiche ecc.) per le quali è possibile calcolare la media su almeno
5 rilevazioni.
20
3.2 La Produzione lorda, il Margine lordo e i costi di produzione della coltura
mais - prodotto granella e insilato
L’analisi di seguito esposta affronta i processi produttivi del mais con prodotto principale granella
e del mais con prodotto principale insilato (silo mais). Si prendono in considerazione la Produzione
Lorda Totale (PLT), i Costi Variabili (CV) e il Margine Lordo (ML) generato dalla differenza dei due
precedenti aggregati. L’analisi sottolinea i diversi risultati conseguiti per il mais nelle varie realtà
regionali.
Inoltre la comparazione tra i due grafici permette di valutare le differenze tra le produzioni di
granella rispetto all’insilato, giungendo alla conclusione, soprattutto nel confronto del dato
nazionale, che non ci sono grossi scostamenti per le variabili economiche dei due processi
produttivi. Le variazioni tra rese e valori dei due prodotti in sostanza si compensano definendo
una Produzione Lorda totale ad ettaro pari a 2.134 euro/ha, per la granella, e 1.958 euro/ha per
l’insilato. Il valore dei Costi Variabili compreso tra 831 euro/ha e 849 euro/ha, si discosta, tra le
due produzioni, per meno di 20 euro, ne consegue che il Margine lordo ad ettaro si attesta tra i
1.308 euro/ha e i 1.109 euro/ha.
Grafico 3.5: I dati del processo mais (produzione di granella) Produzione Lorda, Costi variabili e
Margine Lordo (euro/ha)
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
-
PLT/Ha
CV/Ha
ML/Ha
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Relativamente alla produzione di granella, in alcune regioni (Piemonte, Friuli Venezia Giulia,
Sardegna), i dati medi delle variabili economiche sono in linea con i valori nazionali. Spiccano per
valori sopra la media la Lombardia e l’Abruzzo, che a fronte di una PLT che supera i 2.500 euro/ha
conseguono un ML/ha compreso rispettivamente tra 1.633 euro/ha, in Lombardia e 1.462 euro/ha
21
in Abruzzo. Diversamente nella altre regioni si realizzano risultati produttivi medi ad ettaro
inferiori alla media italiana.
Il silo mais non evidenzia dal punto di vista economico importanti scostamenti delle variabili nel
confronto tra i vari contesti regionali soprattutto se si osserva il risultato finale del RN/ha, anche
se in alcune regioni la PLT/ha era sensibilmente maggiore alla media nazionale (Friuli Venezia
Giulia e Toscana). Si evince una situazione anomala per la regione Abruzzo, ma il numero di
osservazioni raccolte, all’interno del campione RICA, per questo processo produttivo nella
circoscrizione in oggetto (tabella 3.1) è piuttosto limitato per fornire indicazioni oggettive sulla
anomalia del processo.
Grafico 3.6: I dati del processo mais (produzione di insilato) Produzione Lorda, Costi variabili e
Margine Lordo (euro/ha)
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
-
PLT/Ha
CV/Ha
ML/Ha
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
I Costi Variabili sono i costi specifici sostenuti dall’azienda per realizzare la coltura escluso il costo
del lavoro (uomo e macchina): sono costituiti dalla somma dei fattori di consumo extra-aziendali
(sementi e piantine, fertilizzanti, antiparassitari e diserbanti, meccanizzazione, acqua, elettricità,
combustibile, commercializzazione, altri costi) più le altre spese dirette e i servizi di terzi (noleggi
passivi, assicurazioni, ecc).
22
Grafico 3.7: Composizione dei Costi Variabili nella produzione maidicola
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Le tecniche di coltivazione del mais sono uguali a prescindere dalla tipologia di prodotto, e anche il
valore dei costi è piuttosto simile, come emerge dal grafico 3.7.
A livello medio nazionale i costi variabili ammontano a circa 850,00 euro/ha per il processo
produttivo nel suo complesso. La quota più consistenze di costi è rappresentata dai fertilizzanti
(32% -37%), seguiti dalle sementi (23% - 24%) e dagli antiparassitari (14% - 18%) (grafico 3.7). Alla
quota di costi dedicata alle lavorazioni e alla raccolta che implica spese per i carburanti e l’energia
e/o costi per il contoterzismo, sono riservate percentuali molto contenute, pari a poco più dell’1%,
per i combustibili, mentre il contoterzismo varia tra il 15% e il 19%. La commercializzazione, gli
altri costi e le spese assicurative hanno valori che pesano meno del 2% e l’incidenza dell’irrigazione
varia tra il 5% e il 7% a livello nazionale, percentuali che vengono superate, anche ampiamente,
nelle regioni del Centro e Sud Italia (grafico 3.8).
Osservando la distribuzione dei costi nelle diverse regioni (grafico 3.8) emerge la variabilità del
peso: dei fertilizzanti che in alcune realtà raggiungono anche il 40%; dei costi di difesa e del
contoterzismo. Per contro le sementi si mantengono piuttosto costanti in termini percentuali pari
a quasi il 20% o poco più.
23
Grafico 3.8: Composizione dei Costi Variabili nella produzione maidicola per regione
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
acqua
assicurazioni
concimi
combustibili energia
contoterzi
commercializzazione trasformazione
difesa
sementi
altri costi
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
3.3 Produttività e redditività delle aziende specializzate in produzione del mais
Secondo la classificazione comunitaria le aziende specializzate nella produzione del mais rientrano
nell’Orientamento Tecnico Economico (OTE) generale Seminativi4. Una più attenta analisi dei dati,
con alcune elaborazioni specifiche ha permesso di individuare all’interno di tale OTE le aziende che
presentavano un’incidenza della produzione lorda del processo produttivo sulla produzione lorda
aziendale superiore ai 2/3, coerentemente con i regolamenti comunitari. Le unità così individuate
sono state pertanto identificate come aziende specializzate nella produzione di mais. Oltre alle
valutazioni sulla produzione lorda è stato fatto un approfondimento anche sulla composizione
4
La tipologia comunitaria di classificazione delle aziende agricole - Regolamento CE n. 1242/2008. L’attribuzione
dell’OTE (Orientamento Tecnico Economico) ad una qualsiasi azienda presuppone la conoscenza di tre tipi di
Produzione Standard: la PS di ciascuna attività produttiva agricola praticata; la PS di tutti i raggruppamenti nei quali
confluiscono le attività produttive agricole praticate; la PS complessiva aziendale. Partendo da questi elementi, la
griglia di classificazione stabilisce una serie di confronti successivi che consentono di attribuire univocamente a
ciascuna azienda l’OTE di appartenenza. La distinzione tra gli OTE viene stabilita in base al concetto di specializzazione,
che viene definito come quota della PS superiore ai 2/3 del PS complessiva aziendale.
24
della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) che per queste aziende confermava la predominanza
dell’impiego di SAU a mais rispetto ad altri seminativi (altri cereali o colture industriali). Lavorando
all’interno dell’OTE seminativi, è emerso un elemento interessante per alcune realtà che
mostravano una netta prevalenza della SAU aziendale investita nella coltivazione del mais,
compresa tra il 90% e il 100%, definendo tuttavia un’incidenza della produzione lorda della coltura
sulla produzione aziendale molto contenuta, inferiore al 50%. L’informazione è riconducibile alla
presenza di attività connesse – complementari che vanno fortemente ad incidere sulla definizione
della produzione aziendale. Nello specifico è ipotizzabile che molte di queste strutture siano
indirizzate alla produzione di mais per la “trasformazione” in energie rinnovabili. La recente
destinazione d’uso del prodotto maidicolo rappresenta una improntante fonte di guadagno per i
grandi imprenditori e per i piccoli proprietari di terreni. Le entrate derivate da questi utilizzi, nella
RICA, confluiscono nella PLV.
L’approfondimento rivolto alle sole aziende specializzate nella produzione di mais all’interno del
campione RICA 2012, individua 202 unità (tabella 3.2), concentrate nelle cinque regioni maidicole
del Nord Italia. Nel resto del territorio nazionale si sono riscontrati pochi casi sparsi nelle diverse
regioni che non hanno mai raggiunto la numerosità di cinque osservazioni.
Dal punto di vista strutturale le aziende piemontesi sono le più estese, con oltre 43,2 ettari di
superficie, seguite da quelle friulane e lombarde con una superficie media rispettivamente di
38,07 ettari le prime e 31 ettari le seconde. Relativamente alla struttura delle aziende dell’Emilia
Romagna nella RICA sono presenti poche strutture che rilevano, in funzione della elaborazione
fatta, un’incidenza del mais sulla produzione aziendale elevata e le aziende dove questo si è
verificato mostrano comunque una estensione piuttosto limitata rispetto alle dimensioni delle
imprese delle altre regioni.
Tabella 3.2: I dati strutturali delle aziende specializzate nella produzione di Mais
Nr Az.
SAU az.
UL az.
%ULF/UL SAU/UL
Piemonte
42
43,20
1,07
96,9
40,2
Lombardia
71
31,00
1,53
94,4
20,3
Veneto
33
23,56
0,81
97,6
29,2
Friuli Venezia Giulia
36
38,07
1,27
98,5
30,0
Emilia Romagna
11
9,32
0,87
100,0
10,7
Italia
202
31,70
1,21
96,4
26,3
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
L’impiego di lavoro medio aziendale è tendenzialmente stabile nelle cinque regioni, attestandosi in
genere a poco più di una unità lavorativa, con valori leggermente più elevati in Lombardia (1,53
UL) e inferiori all’unità in Emilia-Romagna. L’incremento delle Unità di Lavoro (UL) impiegate,
tuttavia, non è sempre proporzionale all’estensione dell’azienda, infatti, in Piemonte 1 UL coltiva
mediamente 40,2 ha, contro i 10,7 ha dell’Emilia Romagna.
Il tasso d’impiego di lavoro familiare sul totale lavoro è in quasi tutte le regioni prossimo al 100%
solo in Lombardia è inferiore al 95%. Si evidenzia in generale un limitato ricorso a manodopera
extra – familiare, a prescindere dalle maggiori dimensioni produttive delle aziende che risultano
facilmente gestibili con la sola forza lavoro offerta dalla famiglia dell’imprenditore. Le modalità di
25
coltivazione, le tecniche agronomiche, la tecnologia e l’evoluzione della meccanizzazione nel
settore dei seminativi si sono ampiamente diffuse comportando, nel tempo, la diminuzione
dell’impiego di manodopera sostituita dalla meccanizzazione spinta.
L’analisi delle variabili economiche permette di verificare una progressiva ripresa della produttività
del mais, infatti il grafico 3.9 evidenzia l’incremento della Produzione Lorda Vendibile nel triennio,
che passa da oltre 55.000 euro a 89.695 euro del 2012. La PLV viene intaccata dai costi variabili
anch’essi in crescita, passando da poco più di 20.000 euro del 2010, a quasi 40.000 mila euro del
2012. I costi fissi, che si attestano sui 10.000 euro, mostrano una sensibile crescita nell’ultimo
anno del triennio, probabilmente collegata a un incremento degli ammortamenti collegati a nuovi
investimenti aziendali.
Grafico 3.9 : Il trend economico delle aziende maidicole nel triennio 2010-2012
100000
90000
80000
70000
PLV az.
60000
RO az.
50000
RN az.
CV az.
40000
CF az.
30000
20000
10000
0
2010
2011
2012
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Tabella 3.3: I dati economici delle aziende specializzate nella produzione di mais
PLV az
RO az
RN az
CV az
Piemonte
120.391
52.333 50.536 51.042
Lombardia
97.839
34.069 25.388 41.545
Veneto
58.769
20.822 17.330 28.015
Friuli Venezia Giulia
102.772
45.287 40.990 43.160
Emilia Romagna
18.676
6.678
6.329 10.325
Italia
89.695
35.165 30.418 38.735
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
26
%
CF az
aiuti/PLV PLV/UL RO/UL
RN/UL
11.552
14,1 112.017 48.693
47.020
17.528
14,6 64.136 22.333
16.642
8.771
16,1 72.908 25.832
21.500
11.202
12,7 81.100 35.737
32.346
2.275
16,5 21.422
7.660
7.259
12.230
14,3 74.399 29.168
25.231
Nel complesso l’erosione sulla PLV causata dai costi permette comunque un incremento del
Reddito Operativo (RO), ovvero il risultato dell’attività caratteristica, che nel 2012 è pari a 35.165
euro. Su questa componente del bilancio vanno a gravare la gestione straordinaria e quella
finanziaria, definendo il valore finale del Reddito Netto.
Nelle diverse regioni la variabile del Reddito Operativo (RO), si discosta dal RN in modo
differenziato, con variazioni che passano da meno di 1.000 euro, in Emilia Romagna, ai quasi 9.000
euro della Lombardia. Nelle aziende maidicole la gestione extra caratteristica5 ha una ricaduta sul
risultato finale con un effetto negativo, infatti il RN è sempre inferiore al RO, ciò significa che il
flusso in entrata dell’aiuto pubblico6 non è tale da sostenere gli oneri derivati dalle altre gestioni
non agricole. Complessivamente gli aiuti rappresentano una componente contenuta nel bilancio
delle aziende, che varia dal 12% ai 16%. Il valore piuttosto stabile di tale incidenza a prescindere
dalla localizzazione geografica delle aziende e dalla loro dimensione, evidenzia la dipendenza del
premio unico dalla superficie aziendale. Attualmente il premio unico disaccoppiato, che
rappresenta la componente più consistente dell’aiuto pubblico, non è direttamente collegato alla
superficie delle colture, però, la sua definizione in passato, è avvenuta sulla base dei premi
accoppiati, quindi in funzione degli ettari delle coltivazioni. Alla luce di questa considerazione si
può affermare che l’estensione delle superfici è un elemento strategico per il conseguimento del
reddito delle aziende solo se viene collegato alla componente mercantile e alle economie di scala.
L’effetto economico dell’incidenza del lavoro è facilmente individuabile nell’analisi dei dati di
bilancio delle aziende (tabella 3.3). Complessivamente risulta interessante osservare che a fronte
di poco più di una unità investita in quasi tutte le regioni, le aziende più estese del Piemonte
raggiungono un grado di remunerazione del lavoro pari a 47.020 euro/UL, seguite dalle aziende
friulane con 32.346 euro/UL.
L’analisi fino a qui condotta permette di osservare una dipendenza della redditività economica in
funzione della dimensione, infatti, sia in termini assoluti, sia il rapporto rispetto alle unità di lavoro
mostrano i valori più elevati nelle aziende più estese.
L’indice sulla redditività della superficie (grafico 3.10) presenta delle significative variazioni del
rapporto tra le regioni. Il 2012 è stato l’anno in cui è scoppiato il problema della aflatossine che in
futuro potrebbe modificare l’assetto del settore. Il fenomeno, nel tempo, si sta manifestando con
cadenze sempre più ravvicinate. Esso, infatti è collegato al riscaldamento globale, all’aumento
delle temperature e ai sempre più frequenti periodi di siccità. Lo stress idrico per la pianta, infatti
è la causa principale della piralide del mais che danneggiano le cariossidi favorendo la
penetrazione di muffe e agenti patogeni. Le micotossine, in particolare le aflatossine sono
considerate pericolose per la salute animale ed umana, colpiscono i cereali in genere ma
5
Nel documento “Relazione Piano dei conti Bilancio INEA” la gestione extra caratteristica del bilancio INEA RICA
comprende la gestione finanziaria, gestione straordinaria, gestioni diverse, trasferimenti pubblici.
6
Secondo la metodologia GAIA-RICA nel Bilancio INEA l’aiuto pubblico contribuisce a vario livello tra le componenti
del Conto Economico a formare reddito: nella sezione dell’Attività Agricola, nella PLV confluiscono gli Aiuti pubblici in
conto esercizio: Politiche OCM UE (Aiuti in conto esercizio e aiuti alle attività produttive); tra le sopravvenienze attive
della gestione Straordinaria gli Aiuti pubblici in conto capitale; nella sezione dei Trasferimenti pubblici ci sono Aiuti
pubblici in conto esercizio non OCM (Integrazioni al reddito aziendale e aiuti all’azienda).
27
soprattutto il mais, proprio perché proliferano nello stesso periodo di sviluppo e maturazione della
pianta.
Grafico 3.10 : Indice di redditività della terra, 2012.
1400
1200
1000
800
600
400
RN/sau
200
0
Fonte: Elaborazioni INEA su Banca dati RICA 2012
Nel 2012 si è verificata una contaminazione del mais nazionale che alcune stime attestano anche
pari al 70% della produzione. Le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno
maggiormente subito le conseguenze di questa problematica, mentre nel Piemonte e in Friuli
Venezia Giulia la contaminazione è stata limitata senza importanti conseguenze dal punto di vista
commerciale. La lettura dell’indice di redditività della terra, calcolato con i dati rilevati dalla RICA,
esprime in modo efficace gli effetti economici di tale contaminazione, seguendo gli andamenti
diversi nelle varie regioni.
3.4 Analisi del contesto europeo secondo i dati FADN. L’evoluzione del comparto
maidicolo negli ultimi anni
I cereali rappresentano un quarto del valore della produzione delle coltivazioni dell'UE e un ottavo
del valore totale dei suoi prodotti agricoli. La metà delle aziende agricole dell'UE coltiva cereali e i
cereali occupano un terzo della superficie agricola dell'UE (DG Agri, EU Cereal Farms Report 2013).
Negli anni recenti si sono verificati diversi cambiamenti politici, ma il principale è stato il
disaccoppiamento dei pagamenti diretti nel 2004-06 che ha rimosso le sovvenzioni dal valore della
produzione cerealicola.
Il periodo 2010-11 è stato favorevole per i produttori di cereali nell'Unione europea.
I prezzi del granella sono stati piuttosto elevati con rese nella media. Tuttavia, i costi di produzione
sono cresciuti oltre i livelli massimi. I margini lordi ottenuti per ettaro di cereali o per tonnellata di
prodotto sono comunque migliorati rispetto alle scorse annate e le stime per il 2012 indicano una
28
ulteriore crescita della redditività per le colture cerealicole, anche se si stimano andamenti
discordanti a livello di singola coltura.
In questo contesto il mais presenta il margine lordo più elevato e il recupero migliore rispetto alla
redditività minima conseguita nel 2009. Con 870 euro/ha nel 2011, la media del margine lordo
europeo per il mais risulta superiore rispetto alla media pluriennale (grafico 3.11).
Grazie alle rese elevate e all’incremento dei prezzi dei cereali i margini per ettaro sono stati più
vantaggiosi rispetto alle altre granelle. I costi e le rese variano ampiamente tra gli Stati membri,
mentre i prezzi sono rimasti abbastanza uniformi.
Grafico 3.11: Margine lordo dei cereali nell’UE
Grafico 3.12: Reddito delle aziende cerealicole nell’UE
Fonte : European Commission - EU FADN 2011
Fonte : European Commission - EU FADN 2011
La superficie media investita nella coltivazione del granturco (nel campione analizzato di aziende
agricole specializzate nella produzione di mais - FADN) è di 13-18 ettari. In Germania, Francia e
Polonia il mais è stato coltivato su aree 2-3 volte più grandi e la superficie maidicola slovacca si
estende per oltre 80 ettari. All'altra estremità del scala ci sono le aziende agricole di Grecia, Italia,
Portogallo e Romania, che spesso presentano una dimensione inferiore ai 10 ettari di mais. Negli
Stati membri del Mediterraneo, la produzione di mais è per lo più irrigata.
La forza lavoro è in media a livello europeo pari a circa 1 ULA, nel 2011, si passa dalle 0,8 ULA della
Grecia alle 1,6 ULA della Polonia, con l'eccezione delle aziende slovacche, che
richiedono oltre 3 ULA aziendali. Le rese del mais nel 2011 sono comprese tra le 8 tonn/ha della
Slovacchia alle 13 tonn/ha della Grecia, registrando nel complesso una crescita rilevante, rispetto
agli anni precedenti, nella maggior parte degli Stati membri, tuttavia le simulazioni stimano un calo
nel 2012.
Nel 2011, i prezzi conseguiti dalle aziende del campione RICA sono risultati pari a 190
€/tonn, circa il 60% al di sopra dei bassi livelli del 2009 (grafico 3.13).
29
Grafico 3.13: Indice nominale dei prezzi del mais (2005=100)
Fonte : European Commission - EU FADN 20011
Dopo un periodo di relativa stabilità dei costi di produzione tra il 2008 e il 2010, nel 2011 il livello è
cresciuto del 13% rispetto all'anno precedente, attestandosi sui 1.170 €/ha (grafico 3.15).
A differenza dei prezzi, che variavano molto tra gli anni, ma relativamente poco tra
gli Stati membri i costi di produzione è cambiato lentamente nel tempo, ma sono piuttosto
differenti tra Stati membri. I costi di produzione più alti si registrano in Grecia (1.400 €/ha nel
2011), seguiti da quelli della Francia, Italia e Germania (circa 1.200 €/ha), mentre i costi più bassi
sono rilevati in Spagna (meno di 800 €/ha).
Grafico 3.14 Componenti del Margine lordo del mais
Grafico 3.15: Costi specifici del mais
media EU €/ha
media EU €/ha
Fonte: FADN EU - DG AGRI, seminativo modello della determinazione di costi
Nota: 2012 (e) - le stime basate su dati 2011.
Prima del 2004, il margine lordo medio del mais a livello europeo era pari a 800 €/ha.
Successivamente in seguito al disaccoppiamento dei premi si registrò un significativo calo,
compensato nel 2007 da un incremento dei prezzi soprattutto negli stati membri dell’UE 15.
Tuttavia, con il crollo delle valutazione del 2009, i margini sono scesi al di sotto di 260 €/ha,
raggiungendo l’importo più basso del decennio, la successiva ripresa dei mercati nelle annate
seguenti ha definito nel 2011 un margine lordo medio europeo di 870 €/ha, con differenze
significative tra i vari stati (grafico 3.14). Il valore medio per i paesi dell’ UE 15 è di 900 €/ha, tra cui
30
primeggia la Spagna, con 1.320 €/ha, per contro il margine più basso è definito in Slovacchia 380
€/ha.
3.5 Conclusioni
L’analisi ha mostrato come in Italia la produzione di mais pur differenziandosi per specie e
tipologia di prodotto, dal punto di vista economico definisce risultati abbastanza simili. Questo
tipo di considerazione ha permesso pertanto di analizzare le aziende specializzate nella produzione
di mais senza distinzione di prodotto.
Così come attraverso i dati del processo produttivo sono emersi alcuni scostamenti dei valori tra le
regioni, allo stesso modo l’analisi di alcuni indici collegati al bilancio delle aziende maidicole ha
evidenziato una presenza significativa di specializzazione solo in alcune circoscrizioni, storicamente
vocate alla produzione di questa coltura. Inoltre si è potuto costatare un miglioramento,
nell’ultimo triennio, dei redditi aziendali con valori economici di bilancio che superano la media
degli anni precedenti, ma l’attenta osservazione dei dati ha messo in evidenza un peggioramento
della situazione delle aziende maidicole nel 2012. Tale valutazione è emersa dall’analisi degli indici
di redditività della superficie che hanno palesato il peggioramento dell’indicatore soprattutto in
alcune regioni, mostrando gli effetti economici dei problemi qualitativi emersi in seguito alla
contaminazione del mais da aflatossine.
Nel contesto europeo sebbene il settore della produzione cerealicola abbia margini unitari bassi in
confronto con altri settori, le grandi aree dedicate alla coltivazione dei cereali, con una gestione
efficiente e una forza lavoro ridotta ha permesso ai produttori cerealicoli di raggiungere un reddito
per persona paragonabile a quello di altri settori agricoli. Tuttavia a livello complessivo le aziende
agricole cerealicole, senza le sovvenzioni, sono in grado di coprire solo i costi i produzione.
Relativamente alle capacità di produrre margine la situazione varia in base al tipo di cereale.
Anche se la redditività aumentato per tutti i cereali per il secondo anno consecutivo nel 2011, il
mais la raggiunto i migliori margini ed è stato il più redditizio dei cereali.
Infine a livello europeo le stime effettuate confermano un peggioramento delle rese e dei margini
produttivi delle produzioni nel 2012.
31
4. Criticità del settore e linee guida
4.1 La problematica della aflatossine
Una delle principali criticità messa in evidenza nel piano cerealicolo nazionale è rappresentata
dalle emergenze dovute alla contaminazione da aflatossine in parte riconducibili a fattori climatici
stagionali ma comunque ormai troppo ricorrenti per essere considerate occasionali come emerge
nelle “Procedure operative straordinarie per la prevenzione e la gestione del rischio
contaminazione da aflatossine nella filiera lattiero-casearia e nella produzione del mai destinato
all’alimentazione umana e animale a seguito delle condizioni climatiche estreme” del Ministero
della Salute del 16 gennaio 2013. Nel documento citato infatti si legge «i casi di incremento delle
non conformità per aflatossine B1 e totali (B1, B2, G1, G2) nel mais e Aflatossina M1 7 nel latte,
segnalati in più occasioni dal 2003, evidenziano che non siamo più dinanzi a occorrenze sporadiche
ma piuttosto a situazioni che richiedono un approccio diretto alla prevenzione della possibile
immissione nella catena alimentare o mangimistica del mais contaminato».
A questo proposito, la ricerca, però, ha evidenziato che esiste la possibilità di controllare la
contaminazione, ma si rende necessario l’adozione di una prospettiva di filiera con un
atteggiamento collaborativo e sinergico tale che in ogni fase della produzione da quella agricola
alla trasformazione, al trasporto e allo stoccaggio dei prodotto semilavorati e finiti, si utilizzi la
migliore tecnologia disponibile.
Pertanto su iniziativa del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali si è costituito un
tavolo tecnico per la definizione di linee guida per il controllo delle aflatossine che ha coinvolto
esponenti del mondo della ricerca scientifica e gli assessorati regionali maggiormente interessati
dalla produzione maidicola (vedi allegato 2). L’obiettivo è quello di dare precise indicazioni al fine
di promuovere e sostenere la produzione nazionale maidicola orientandola verso un alto valore
d’uso, ovvero verso una qualità mirata per le diverse filiere.
Dalla ricognizione delle linee guida regionali e alla luce dei risultati della ricerca recente, sono emerse
alcune indicazioni condivise da prendere a riferimento per la definizione di linee guida nazionali. In questo
processo l’Inea ha prodotto la rassegna e la comparazione delle linee guida riguardanti la fase agricola
dalla scelta varietale alla raccolta.
A tal proposito le linee guida hanno considerato con particolare attenzione la produzione volta a
ad attuare i mezzi preventivi e di lotta alle micotossine che rappresentano il problema qualitativo
e merceologico principale delle produzioni maidicole nazionali. Nei diversi aspetti trattati si sono
anche posti in luce i caratteri e gli interventi indicati per accrescere quegli aspetti merceologici
chiave per accedere e rispondere alle esigenze delle filiere.
7
Secondo la classificazione definita dallo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro):
1= cancerogena per l’uomo;
2A= probabilmente cancerogena per l’uomo;
2B= possibilmente cancerogena per l’uomo
3= non classificabile cancerogena per l’uomo
le aflatossine B1 è classificata 1, la M1 come 2B (fonte: Comitato Scientifico AIA “Come fronteggiare il problema delle
aflatossine nel latte”)
32
E’ opportuno sottolineare che l’adozione delle misure per controllare la contaminazione da
micotossine, non è solo un pre-requisito da rispettare come è noto per tutti gli aspetti igienicosanitari, ma è in piena concordanza con gli obiettivi qualitativi e merceologici ricordati.
Per ridurre le probabilità di incorrere in una elevata contaminazione da micotossine e ottenere
granelle di alto peso specifico adatte a valorizzare le produzioni di filiera, occorre innanzitutto
tenere presenti questi aspetti generali che devono orientare le tecniche di coltivazione:
 contenere gli stress alla pianta sia di natura biotica (competizione con le malerbe, presenza di
fitofagi), sia abiotica (carenze o eccessi nutrizionali e idrici);
 anticipare la fioritura per ridurre la durata della seconda parte della maturazione (da quella
lattea alla raccolta) adottando semine tempestive e ibridi di precocità opportuna così da
collocare la maturazione stessa per quanto è possibile nel colmo dell’estate quanto le
temperature accelerano lo sviluppo della pianta, la pressione della piralide è contenuta e la
maturazione si completa correttamente.
Più in generale ogni intervento volto a favorire la produttività della coltura tende a ridurre la
concentrazione delle tossine per 2 motivi: se la pianta è posta nelle migliori condizioni esplica una
maggiore “resistenza” verso le muffe tossigene; quanto più alta è la produzione tanto maggiore è
la diluizione delle micotossine nella granella.
4.2 Linee guida - Fase di campo
4.2.1 Avvicendamento e gestione dei residui colturali
L’entità delle contaminazioni sono strettamente correlate alla presenza dell’inoculo nel terreno, in
quanto l’infezione si verifica ad opera di conidi e/o propaguli presenti nel terreno o su i residui
colturali infetti, ma sono da rapportare alla facilità con cui i diversi funghi tossigeni sono in grado
di produrre e diffondere l’inoculo stesso.
Nel caso di F, verticillioides produttore di fumonisine, l’abbondante inoculo evidenzia che
l’adozione di una rotazione più ampia delle colture non ha effetti significativi sulla incidenza del
patogeno. Il fungo è endemicamente presente nel terreno e sui residui colturali ed uno sforzo per
ridurre il potenziale di inoculo attraverso una rotazione più ampia non sembra abbia portato
risultati apprezzabili.
Nel caso di F. graminearum produttore di DON e Zearalenone, la relativa difficoltà a diffondere
l’inoculo consiglia in ambienti o condizioni a forte rischio di tali contaminazioni, di far precedere il
mais da una coltura in grado di lasciare pochi residui colturali (soia, girasole, pisello proteico,
barbabietola, erba medica) o in alternativa, specie dopo cereale vernino o il mais da granella
effettuare le lavorazioni che assicurano un elevato e completo interramento dei residui colturali
evitando le minime lavorazioni o la semina su sodo.
Nel caso di A. flavus, produttore di aflatossine, la produzione di inoculo è favorita dalla presenza di
abbondanti residui da parte della coltura in precessione, ma l’entità dello stesso è soprattutto
influenzata dalle condizioni meteorologiche e dallo stress. Pertanto l’avvicendamento colturale
33
rimane una pratica consigliabile soprattutto nelle condizioni in cui la pianta di mais si avvantaggia
delle migliori condizioni agronomiche.
In areali a forte infestazione da Diabrotica occorre evitare la monosuccessione prolungata per
ridurre i danni alla pianta che risultano favorire la contaminazione da micotossine.
La trinciatura fine delle stoppie può concorrere a ridurre la presenza di piralide della prima
generazione.
4.2.2. Gestione del terreno
Le sistemazioni del terreno prima della semina della coltura devono essere condotte in maniera
tale da favorire la crescita delle piante ed evitare condizioni anche temporanee di stress. Pertanto
si consiglia di curare con attenzione lo sgrondo delle acque in eccesso, in particolare modo nei
terreni meno permeabili dove il drenaggio può essere limitato.
Nei terreni sciolti o ghiaiosi la coltivazione del mais deve essere limitata alla disponibilità di acqua
irrigua per evitare stress che possono condurre a forte contaminazioni da aflatossine e fumonisine.
4.2.3. Modalità di Semina
Scelta varietale
L’effetto varietale sullo sviluppo delle micotossine nella granella è spesso marcato.
E’ necessario scegliere un ibrido idoneo alle condizioni pedoclimatiche e all’agrotecnica applicabile
nella zona di coltivazione, tenendo conto della necessita di contenere gli stress di natura biotica
(competizione con le malerbe, presenza di fitofagi) e abiotica (carenze o eccessi nutrizionali e
idrici), deve essere finalizzata a contenere la durata del periodo dalla maturazione lattea alla
raccolta, adottando ibridi di classe opportuna.
In ogni condizione dove sia probabile un certo stress è opportuno orientarsi su ibridi a ciclo medioprecoce mentre nelle condizioni più favorevoli a ciclo medio tardivo se le semine sono tempestive.
In ambienti freschi gli ibridi più tardivi presentano maggiori rischi di contaminazioni da
zearalenone, DON e ocratossina A. Un andamento analogo è stato osservato anche per le
fumonisine ma solo in alcuni anni, mentre è molto più chiara la relazione che queste tossine hanno
con altre caratteristiche varietali della granella ed in particolare con la compattezza del chicco,
risultando più contaminate quelle con granella a frattura più farinosa.
La scelta della varietà è inoltre di prima importanza per rispondere alle esigenze delle diverse filiere.
Caratteristiche della spiga e della granella
Orientativamente alcune caratteristiche morfologiche della spiga e della granella possono essere
di qualche vantaggio nel contenere lo sviluppo del fungo: completa copertura della spiga e brattee
consistenti, efficace a limitare i danni da insetti; portamento non eretto della spiga in fase di
maturazione, ad evitare la ritenzione dell’acqua piovana e la reidratazione della granella; granella
a frattura semivitrea (a buona durezza dell’endosperma) per la minore suscettibilità alle rosure da
insetti e alle rotture meccaniche nei processi di raccolta, essiccazione, movimentazione.
34
Si ricorda ancora che gli ibridi a frattura vitrea o semivitrea ad alto peso specifico sono indicati per le filiere
food, la produzione di gritz, per le produzioni avicole, quelle a frattura intermedia o semi farinosa per la
filiera amido o del suino pesante.
Epoca di semina
Centrale per il controllo delle fusarium tossine (fumonisine, DON e zearalenone) è l’anticipo
dell’epoca di fioritura con l’obiettivo di completarla entro giugno. Questa è ottenibile con una
semina tempestiva (possibilmente entro la metà di aprile e comunque quando la temperatura del
terreno è di almeno 10°C da alcuni giorni a 5 cm di profondità), la corretta preparazione dei
terreni,la collocazione in banda di concimi fosfo-azotati alla semina, le lavorazioni successive
dell’interfila accoppiate con distribuzione di concimi azotati.
Densità
Adozione di investimenti equilibrati in relazione ai possibili stress colturali: le colture troppo fitte
possono manifestare in modo più grave i sintomi di appassimento, proterandria, disseccamenti
basali con negative conseguenze produttive più evidenti con limitati rifornimenti idrici. In questi
casi è conveniente ridurre la densità ottimale di 1 piante/m2 al fine di non indurre condizioni di
stress idrico accentuato.
Alti investimenti possono essere adottati con ibridi di taglia controllata, di ciclo adeguato
all’ambiente e con sesti di impianto adatti (interfila di 45-50 cm oppure con file binate). In
ambienti freschi con maturazioni di norma prolungate evitare gli alti investimenti.
Concia
La concia fungicida del seme con agrofarmaci non e in grado di agire direttamente sulle infezioni
fungine da Fusarium che interessano la spiga. Ciò nondimeno proteggendo la pianta nel primo
sviluppo permettono di ridurre forme di stress che si ripercuotono sulla crescita regolare delle
piante in campo.
Geodisinfestanti
In ambienti colturali con una potenziale e riconosciuta presenza di elateridi e soprattutto in
successione a mais, patata e prato, l’impiego di insetticidi granulari alla semina è consigliata per
proteggere le piante nel primo sviluppo. L’effetto di questi insetti sulle tossine è indiretto, in
quanto proteggendo l’investimento concorre a sostenere la produzione e quindi a contribuire ad
attenuare l’attacco di insetti che colpiscono la spiga e diluire i contaminanti con la maggiore
produzione. In ambienti con forte presenza di diabrotica, la difesa di geo-insetticidi in banda
contribuisce ad abbassare l’attacco alle radici e lo stress conseguente con i vantaggi più volte
accennati sulla sanità della granella.
4.2.4. Fertilizzazione
35
L’intensità dell’infestazione e la produzione di tossina da parte del fungo sono correlate
all’apporto sub ottimale di elementi nutritivi o uno sbilanciamento tra gli stessi. Pertanto la
fertilizzazione deve basarsi su una corretta applicazione del bilancio degli elementi fertilizzanti,
tenendo presente una realistica aspettativa di resa e un buon bilanciamento azoto/potassio.
Apporti di azoto equilibrati risultano essere il miglior compromesso per contenere lo sviluppo delle muffe e
per assicurare un’elevato valore merceologico della granella: infatti, carenze nutrizionali si
riflettono sul peso specifico e sulle rese di lavorazione e di trasformazione in ogni filiera.
Indicazioni: nel caso di probabili infezioni da F. verticillioides e A. flavus stress nutrizionali per
carenze azotate comportano maggiori infezioni e rischi di contaminazione da fumonisine e
aflatossine; viceversa, elevati apporti dell’elemento nutritivo concorrono ad aumentare il rischio di
elevate infezioni di F. graminearum per il prolungamento eccessivo della maturazione e quindi
maggiori concentrazioni di zearalenone e DON. Anche se in modo meno evidente, gli stress
provocati da altri elementi (P, K, S) possono anch’essi favorire la crescita delle muffe.
In ogni condizione, ma in particolare nei suoli più freddi la concimazione localizzata fosfo-azotata
alla semina è di grande importanza per il positivo effetto sullo sviluppo della pianta e sull’anticipo
della fioritura. Per l’azoto distribuito in copertura sono opportuni interventi frazionati quando la
dose da applicare in copertura supera i 100 kg/ha di N; inoltre è buona norma associare le
concimazioni di copertura con gli interventi di sarchiatura per provvedere tempestivamente
all’interramento dei fertilizzanti.
Il mais risponde molto bene all’impiego di ammendanti organici di origine zootecnica o da impianti
di biogas. Ai fini di una corretta impostazione del bilancio, la concimazione organica deve essere
adeguatamente considerata, al fine di non sotto o sovrastimare la quantità di unità fertilizzanti.
4.2.5. Irrigazione
Un adeguato e regolare rifornimento di acqua alla coltura contribuisce a mantenere un adeguato
stato sanitario della coltura.
Indicazioni: nelle situazioni di non completo controllo del fattore acqua, per ridotta disponibilità o
alti costi di distribuzione, e nelle aree con maggiore incidenza di eccessi termici, è opportuno
diminuire il potenziale livello di stress evapotraspiratorio anticipando l’epoca di fioritura e
adottando investimenti moderati. Negli ambienti dove l’acqua può essere un fattore limitante e
necessario quindi optare per semine anticipate e ibridi di ciclo opportuno e che meglio si adattano
agli stress idrici. Più in particolare, lo stress idrico successivo alla maturazione cerosa della granella
crea una situazione di alto rischio di infezioni in campo da A. flavus tale da favorire in modo
rilevante l’accumulo di aflatossine. Nel caso di infezioni da muffe del genere Fusarium, occorre
evitare gli stress, in particolare durante la fase di fioritura. Si segnala inoltre che irrigazioni tardive,
successive all’inizio della maturazione cerosa, in suoli compatti, possono prolungare lo stay green
rallentando la maturazione della granella a favore dello sviluppo di tali muffe e quindi l’accumulo
di fumonisine, DON e zearalenone.
In caso di significativi stress idrici la granella assume un peso inferiore e un valore merceologico
scadente riducendosi il contenuto negli elementi costitutivi della cariosside.
36
4.2.6. Gestione delle infestanti
Un elevato livello di piante infestanti influenza negativamente la sanità della granella per
l’accentuazione degli stress sia idrici sia nutrizionali alla pianta.
Indicazioni : trattamenti con diserbo chimico secondo le norme e interventi di sarchiatura (in
abbinamento alla somministrazione di N) in pre e post emergenza della coltura.
Per le colture convenzionali, i piani di diserbo chimico o integrato danno origine a infestazioni in
genere contenute con qualche eccezione per le capezzagne; nel caso quest’ultime si presentassero
molto infestate è opportuno organizzare la raccolta per separare le produzioni originate dalle
capezzagne perché la loro maggiore contaminazione può significativamente influenzare la qualità
dell’intero campo.
4.2.7. Difesa e trattamenti antipiralide
L’attività larvale sulla spiga della piralide (Ostrinia nubilalis), oltre che di sesamia (Sesamia spp,) ed
elicoverpa (Helicoverpa spp.), favorisce la contaminazione della granella da parte di F.
verticillioides e di A. flavus produttori di fumonisine e di aflatossine, mentre la diffusione di F.
graminearum, e quindi la presenza di zearalenone e DON, non sembra essere influenzata dalla
presenza del lepidottero. Forti riduzioni delle contaminazioni da fumonisine e anche di aflatossine
sono quindi possibili attuando gli interventi di lotta preventiva e/o diretta verso questi insetti.
Tra i primi le indicazioni sono di non utilizzare gli ibridi manifestamente più suscettibili alla piralide,
di anticipare l’epoca di fioritura per anteporre le prime fasi della maturazione, le più sensibili della
coltura, al momento di maggiore infestazione.
Tra i metodi di lotta diretta il trattamento mediante insetticidi alle larve di seconda generazione
del fitofago, effettuato, mediante macchine irroratrici munite di trampoli, è attualmente quello
più efficace.
L’applicazione deve essere realizzata secondo specifiche strategie intervenendo al momento in cui
le catture degli adulti della prima generazione diventano rilevanti, per fioriture entro la prima
decade di luglio e al termine della fioritura femminile (all’inizio dell’imbrunimento delle barbe) per
quelle più tardive. Il trattamento risulta meno efficace nelle colture seminate tardivamente.
La difesa dalla piralide rappresenta anche un elemento importante per aumentare l’integrità del
chicco e quindi l’efficienza dei processi molitori e in particolare per la produzione di gritz grandi e
di homini gritz.
Non sono attualmente registrati fungicidi espressamente applicabili per controllare le muffe
tossigene; sono invece possibili le applicazioni fungicide per la difesa della foglia da l’elmintosporio
(Setosphaeria turcica) e dalle ruggini (Puccinia spp). L’indicazione è di effettuare tali applicazioni
dalla 8a foglia all’emissione del pennacchio. Viceversa, trattamenti successivi dalla fine della
fioritura alla maturazione lattea possono incrementare la concentrazione delle fusarium tossine
(fumonisine, DON, zearalenone).
37
4.2.8. Raccolta
Epoca di raccolta
Le raccolte anticipate garantiscono un prodotto di sanità sempre superiore. Nel caso di raccolte a
fine estate e di possibili contaminazione da aflatossine è indicato di raccogliere sopra il 22% di
umidità della granella. Nel caso la trebbiatura sia ritardata nel corso della stagione autunnale, la
probabilità di un peggioramento della qualità igienico-sanitaria delle produzioni risulta assai
elevato per gli ibridi tardivi, con possibili forti incrementi per fumonisine e soprattutto DON e
zearalenone. In queste condizioni è indicata un’umidità ideale per la raccolta prossima al 28% di
umidità della granella.
Operazioni di mietitrebbiatura
Le fessurazioni (cracking) e le rotture della granella favoriscono la penetrazione e lo sviluppo delle
muffe nella cariosside nel post raccolta e rendono meno efficaci le operazioni successive di
pulitura. Pertanto sono indicate la regolazione attenta degli organi trebbianti e la raccolta entro
intervalli compresi tra il 22 e il 26% di umidità a cui corrispondono i minori danni alla granella.
E’ opportuno trebbiare e mantenere separate le zone periferiche dell’appezzamento, più a rischio
di stress per la coltura e potenziale contaminazione da micotossine, rispetto al resto del campo.
La riduzione di fessurazioni e rotture rappresenta un obiettivo di grande rilevanza per la
produzione per le filiere alimentari, non solo per i motivi prima ricordati, ma per la positiva
influenza sulle rese molitorie e il raggiungimento delle giuste granulometrie.
4.2.9. Percorsi produttivi
Nessuna delle pratiche colturali fino ad ora considerata è, se singolarmente adottata, in grado di
assicurare una riduzione importante delle principali tossine, mentre si ottengono risultati rilevanti
solo applicando le diverse pratiche in modo corretto e combinato secondo definiti percorsi
produttivi. In tali percorsi, a seconda della prevalenza del rischio di una elevata contaminazione di
una delle micotossine citate, è indicato di dare precedenza all’attuazione di alcune specifiche
pratiche.
Elevato rischio di aflatossine: un’attenzione particolare va posta allo stress idrico e alle condizioni
alla raccolta. Nelle annate più calde la formazione di aflatossine è favorita dalle temperature
elevate a fine ciclo e da umidità contenute della granella: pertanto una sensibile riduzione dei
rischi si può ottenere raccogliendo la granella con umidità prossime al 24% e non inferiore al 22%,
seguita da una successiva e pronta essiccazione. Inoltre gli stress idrici in fioritura e quindi durante
la maturazione debbono essere evitati con attenzione
Elevato rischio di fumonisine: l’attenzione deve essere rivolta all’anticipo della fioritura e al
trattamento di difesa contro la seconda generazione della piralide. Pertanto la chiave del controllo
è l’anticipo del ciclo colturale dalla semina alla raccolta mediante semine tempestive seguito da un
trattamento insetticida al momento più opportuno.
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Elevato rischio di DON e Zearalenone: l’attività di F. graminearum, più microtermo dei precedenti,
è favorita dalla lenta maturazione frequenti nelle raccolte autunnali tardive. Pertanto, il controllo
più efficace viene ottenuto con la semina tempestiva di ibridi di ciclo opportuno seguite da una
raccolta operata con umidità della granella anche prossima al 28% se tardiva.
4.3 Appunti per la fase di Stoccaggio e Conservazione
4.3.1 Raccolta
Anticipo della raccolta
Effettuare raccolte tempestive ed una immediata essiccazione garantiscono un abbattimento della
potenziale carica di tossine. La permanenza del mais in campo, soprattutto in presenza di cattive
condizioni climatiche, causa un rapido deterioramento della qualità. Si dovranno preferire quindi
raccolte anticipate. Anticipare la raccolta per previene la fase più attiva dell'invasione fungina.
Nello specifico per l’aspergillo e delle aflatossine, l’umidità ottimale della cariosside per lo sviluppo
del fungo è compresa tra il 16 ed il 20%. Valori di umidità al di sotto del 20% sono considerati ad
elevato rischio in quanto possono favorire l’accumulo delle aflatossine, soprattutto in annate con
andamento stagionale caldo e asciutto. Nelle varie regioni del Nord i disciplinari stabiliscono di
raccogliendo la granella con umidità non inferiore a livelli di umidità diversi che variano dal 22%
(Lombardia) al 24% (Friuli Venezia Giulia).
Effettuare una raccolta anticipata consente anche di ridurre la contaminazione dalle fumonisine.
Ne consegue che e preferibile effettuare trebbiature tempestive, anche se con qualche punto di
umidità in più, in modo da ridurre il tempo a disposizione dei funghi tossigeni per svilupparsi e
accumulare tossine nella granella.
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Modalità di raccolta granella
La raccolta è una delle fasi in cui e possibile intervenire maggiormente per il controllo delle
micotossine. La formazione di questi metaboliti avviene a partire dalla fase di maturazione cerosa
della granella.
Un’azione non energica di trebbiatura seguita da un’accurata pulitura e ventilazione della granella,
possono concorrere a ridurre significativamente la presenza di cariossidi ammuffite, spezzate o
fessurate. La trebbiatura ottimale si realizza con le mietitrebbiatrici a flusso assiale, che riducono
notevolmente le lesioni alle cariossidi; operando con macchine di tipo tradizionale si possono
ugualmente ottenere buoni risultati a condizione che la macchina sia ben regolata, che l’umidità
della granella sia sufficientemente elevata e che si mantenga una bassa velocità sia del battitore
sia dell’avanzamento. In caso di cattiva trebbiatura (velocità troppo elevate su prodotto secco, con
lesioni alla granella) si verificano perdite sia in campo sia al momento della pulitura delle
cariossidi, con relativo danno economico per il produttore.
È responsabilità del raccoglitore:
• Regolare al meglio la distanza e la velocità del battitore in funzione del tipo di prodotto da
raccogliere (varietà, umidità, forma della cariosside) controllando in “vasca” il processo.
• Evitare velocità di avanzamento eccessive.
• Aumentare i flussi d’aria della mietitrebbia.
• Adottare crivelli più aperti.
• Evitare, la raccolta delle spighe a contatto con il terreno (continua regolazione della testata).
• Diminuire i “giochi” di coclee ed elevatori, eliminare ogni giorno i materiali fermi negli spazi
morti.
• Raccogliere a parte zone di campo stressate, individuate con attività di “scouting” (controllo “a
terra” dello stato della coltura).
Raccolta trinciato e pastone
Per la produzione di trinciato integrale, la trinciatura tempestiva intorno al 35% di sostanza secca
dell’intera massa da insilare e un requisito per condizioni di basso rischio di contaminazione da
micotossine. Nella fase di formazione dell’insilato le pratiche che consentono di compattare e
chiudere efficacemente l’insilato per indurre velocemente e compiutamente la fermentazione
lattica riducono il rischio di contaminazione. Per il pastone da granella, le indicazioni appena
fornite sono ancora più importanti. In particolare la raccolta deve essere effettuata ponendo
particolare attenzione al rispetto dell’umidità del materiale da insilare (65-70% di sostanza secca).
4.3.2 Intervallo tra raccolta ed essicazione
E’ opportuno che i tempi di raccolta e di trasporto siano concordati tra produttore, trebbiatori ed
essiccatoio in modo tale che il completamento dell’essiccazione avvenga nel più breve tempo
possibile, con periodo di attesa in cumulo ridotto e, complessivamente, non più di 48 ore a
partire dalla trebbiatura, che dovranno essere ridotte a 36 ore in caso di temperatura ambientale
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superiore ai 24°C. Inoltre, si raccomanda di eseguire la pulizia dei mezzi di trasporto al fine di
eliminare eventuale materiale contaminato.
4.3.3 Trasporto
Effettuato con mezzi i idonei alla movimentazione di materiali sfusi di piccole dimensioni dotati di
rivestimenti lisci o tali da impedire incrostazioni e depositi permanenti di materiali residui, di facile
pulizia e di rapido svuotamento. I tempi di permanenza del materiale verde sui mezzi di trasporto
deve essere ridotto ai meri tempi tecnici di percorrenza “campo – impianto (o piarda)”. Gli
operatori devono essere istruiti e responsabilizzati su questo argomento. E’ inoltre necessario
effettuare una corretta manutenzione dei mezzi, ordinaria e straordinari.
4.3.4 Centro di raccolta diverso da essiccatoio
Nel caso in cui il mais verde sia ritirato direttamente dal centro di raccolta (piarda), questo deve
organizzare il ritiro e la consegna del prodotto all’essiccatoio affinché l’essiccazione sia effettuata
entro le 48 ore dal ricevimento al centro stesso di raccolta (piarda). Rappresentando questa fase
un punto critico, è necessario prevedere la registrazione della data e ora di arrivo di ogni lotto di
granella in entrata e il relativo tenore di umidità. Gli stoccatori che dispongono di impianti di
condizionamento e raffreddamento del mais verde possono aumentare i tempi di stoccaggio in
pre-essiccazione fino a 72 ore.
4.3.5 Accettazione
Il flusso del materiale umido in entrata deve essere commisurato alla reale capacità di essiccazione
dell’impianto. Nella fase di accettazione del prodotto presso un centro di essiccazione e stoccaggio
sono comprese le fasi di ricevimento e scarico della granella.
controllo fisico
Individuare l’eventuale presenza di corpi estranei macroscopici (riferimento contratto nazionale
103)
- controllo visivo (rif. contratto nazionale 103)
Verificare il colore, la presenza di grani scuri per alterazioni biologiche, l’assenza di muffe
(cariossidi ammuffite, fermentate, germinate, spezzate) e di parassiti animali, o inquinamento da
semi di infestanti
pulitura - a monte
In caso di positività ai controlli fisici e visivi è necessario procedere alla vagliatura della partita
utilizzando o getti d’aria, o aspiratori o vagli, o griglie o metodi combinati “densimetrici”.
Coloro che hanno a disposizione l’impianto di pulitura al verde eliminano gli eventuali
contaminanti fisici o “corpi estranei” che possono essere parti verdi (brattee, tutoli, stocchi)
oppure sassi, terriccio, pezzi di plastica. L’attrezzatura utilizzata per la pulizia va tenuta in buona
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efficienza. Pertanto deve essere predisposta un’apposita procedura per la manutenzione periodica
e il controllo del corretto funzionamento del pulitore.
controllo strumentale sulla percentuale di umidità
L' umidità va riportata sui documenti di consegna; laddove si verifichi una percentuale di umidità
inferiore al 20% - 22% (dipende dalle regioni), in presenza di molte rotture o grani avariati, è
necessario considerare la partita come “a rischio”, e predisporre procedure di essiccazione e
pulizia più severe ed adeguate (in entrata o più facilmente in uscita dall’essiccatoio). Su queste
partite è necessario prevedere l’umidità di conservazione costantemente al di sotto del 14 % e
l’applicazione di sistemi di pulitura più selettivi nei confronti di granelli striminziti, spezzati o
difettati. Sarà necessario, inoltre, effettuare campionamenti lungo i flussi di movimentazione delle
partite e prevedere un’analisi quantitativa relativamente all’inquinamento da micotossine. Per
ridurre i rischi di fermentazione, monitorare la temperatura del cumulo “verde” e di destinare
prioritariamente all’essiccazione le partite con il grado di umidità più elevato.
4.3.6 Essiccazione
L’obiettivo è quello di raggiungere il valore dell’umidità finale od umidità residua pari al 14%. Ogni
azienda risponde agli obiettivi fissati dalle linee guida con l’utilizzo al meglio delle attrezzature di
cui dispone. La temperatura di esercizio in fase di essiccazione è di 90°C +/- 30°C o 90°C +/- 20°C
(dipende dalle regioni), variabile a seconda dell’umidità del prodotto da essiccare e delle
condizioni ambientali esterne, salvo diversa indicazione della ditta costruttrice dell’impianto.
Essendo questo un punto critico bisogna procedere al monitoraggio, per ogni lotto, del rapporto
tempo/temperatura prevedendo la sua registrazione e le misure correttive qualora il tenore
d’umidità residuo sia al di fuori del limite critico predeterminato.
pulitura a valle
Sulla granella in uscita dal processo di essiccazione dovrà essere effettuata una pulizia al secco
per l’eliminazione delle polveri e parti piccole presenti (generate da parti spezzate o cracking). Il
sistema di pulitura dovrà essere idoneo, (vagli o aspiratori o getti d’aria o griglie o metodi
combinati “densimetrici”) e in grado di garantire l’eliminazione delle impurità. Dovrà essere
prevista apposita procedura per la manutenzione di tale attrezzatura verificandone il corretto
funzionamento attraverso il controllo visivo del prodotto dopo trattamento.
4.3.7 Umidità
Una umidità finale della granella, adeguata alla tipologia dell’impianto, alla durata dello
stoccaggio ed alle caratteristiche del prodotto in entrata è la condizione primaria per inibire ogni
attività fungina in fase di conservazione
Umidità di riferimento pari il 14%
Come indicato dall’attuale Contratto Nazionale 103. - Può essere considerata idonea in
riferimento alle caratteristiche medie degli impianti, al tempo di conservazione ed alle condizioni
climatiche dei nostri ambienti di produzione.
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Umidità superiori, fino al 14,5-15%
Tecnicamente sopportabili soltanto per impianti “più che ordinari” (con la possibilità di
raffreddamento della massa o di atmosfera controllata in silos verticali) o per prodotti con livelli di
acqua libera relativamente più bassi rispetto alla media (granella ad alto peso specifico con
endosperma duro).
Umidità prudenziale intorno al 13-13,5%
È consigliata per impianti con minori possibilità di controllo del prodotto (impianti con
conservazione in capannone o platea).
Umidità di garanzia intorno al 12-12,5%
Viene adottata quando esistono strette condizioni contrattuali con utilizzatori finali esigenti,
oppure quando vengano stoccati prodotti a rischio per probabile presenza di aspergillus dal
campo.
4.3.8 Partite a rischio in fase di accettazione
Le partite oggetto di segregazione in fase di accettazione devono essere sottoposte ad azioni
correttive quali: pulitura, ventilazione ed altri interventi appropriati opportunamente descritti ed
essiccate a parte. Tali partite potranno rientrare nel circuito del prodotto conforme solo dopo
controllo con esito favorevole.
4.3.9 Stoccaggio
La granella in uscita viene portata attraverso nastri trasportatori ai silos di stoccaggio; con pulizia e
disinfestazione dei locali atti allo stoccaggio. Il controllo delle temperature in post-essiccazione è
importante soprattutto nelle prime fasi di stoccaggio, in quanto possono avvenire dei fenomeni di
“rinvenimento”, con innalzamento anomalo della temperatura. Al fine di evitare tali fenomeni e
garantire condizioni omogenee del prodotto è raccomandabile il ricorso alla ventilazione forzata,
alla refrigerazione - condizionamento (temperature comprese tra 15 e 18°C) o alla
movimentazione della massa stoccata. Questa fase, è un punto critico e deve essere tenuta sotto
controllo attraverso la verifica della temperatura, stabilendo a priori frequenza e modalità del
controllo e le azioni correttive in caso di superamento dei limiti critici.
4.3.10 Conservazione
Durante la fase di conservazione il prodotto già stoccato deve essere sottoposto ad ulteriore
analisi; lo stoccatore definisce: l’entità del lotto da controllare, le procedure di campionamento
(tale da garantire la rappresentatività), le micotossine da ricercare e il numero di analisi da
effettuare in base alle risultanze dei controlli precedenti. In ogni caso deve essere eseguita almeno
una analisi durante tutto il periodo di conservazione.
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4.3.11 Partite in uscita
Il piano di autocontrollo prevede la pulizia dei sistemi di convogliamento, dei mezzi per la
movimentazione e degli automezzi adibiti al trasporto al fine di evitare successive
ricontaminazioni.
Verificare il rispetto dei limiti di legge vigenti relativamente all’inquinamento da Aflatossina B1,
con registrazione dei risultati. Nel caso di superamento di tali limiti, il prodotto potrà lasciare
l’impianto a condizione che ne venga abbassato il livello di inquinamento mediante ulteriore
trattamento
44
Bibliografia
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Zaccaria Lisa, Valutazione delle variazioni dei caratteri morfo-fisiologici intervenute nel corso degli
anni nella varietà di mais Marano Vicentino. Tesi dai laurea, Università degli Studi di Padova –
2012
46
Allegato 1: Quadro Sinottico
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
Allegato 2: Gruppo di lavoro Linee guida per la filiera maidicola
GRUPPO DI LAVORO LINEE GUIDA PER LA FILIERA MAIDICOLA
AGGIORNATO LUGLIO 2014
NOME
Elisabetta
Sabrina
Carlotta
Alessandra
Greta
Michele
Alfredo
Giovanni
Daniele
Elena
Gianfranco
Francesco
Maria Carmela
Amedeo
Roberto
Giovanni
COGNOME
Lupotto
Locatelli
Balconi
Pesce
Zilli
Pisante
Battistini
Di Genova
Govi
Brugna
Latino
Osele
Macrì
Reyneri
Causin
Di Genova
TAVOLO TECNICO AFLATOSSINE NEL MAIS
ENTE
Mail
CRA
[email protected]
CRA
[email protected]
CRA
[email protected]
INEA
[email protected]
INEA
[email protected]
Università di Teramo
[email protected]
MIPAAF
[email protected]
MIPAAF
[email protected]
Regione Emilia Romagna
[email protected]
Regione Lombardia
[email protected]
Regione Piemonte
[email protected]
Regione Veneto
[email protected]
INEA
[email protected]
Università di Torino
[email protected]
Università di Padova
[email protected]
MODERATORE DEL GRUPPO DI LAVORO
MIPAAF Coordinatore DIQPI
[email protected]
58
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