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IL DIRITTO URBANISTICO - Università Kore di ENNA
LE FONTI DEL DIRITTO URBANISTICO • Carta Costituzionale • Art. 42: tutela la proprietà privata ponendo il limite della funzione sociale • Art. 41 comma 3°: la legge può stabilire i programmi ed i controlli affinché l’iniziativa economica risulti finalizzata a fini sociali. • E’ evidente la “tensione” fra libertà dei singoli privati e tutela della collettività laddove la prima trova il limite della seconda. • Codice Civile • L’intero Libro III del codice civile (artt. 810-1172) recante la rubrica “Della Proprietà”, diritto reale fondamentale del nostro ordinamento giuridico, che disciplina l’esercizio dei c.d. diritti reali di godimento: usufrutto, uso, abitazione, servitù, enfiteusi, superficie. • Le fonti precipue del Diritto Urbanistico • Sono leggi statali e regionali giacché, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, come modificato dalla Legge costituzionale 3/2001, l’urbanistica rientra fra le materie di competenza concorrente StatoRegioni ricomprese nella locuzione “governo del territorio”. • Competenza concorrente significa che la disciplina normativa risulterà dal “concorso” fra quella “di cornice” predisposta dallo Stato attraverso l’enunciazione dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, e quella fissata dalle Regioni. Tale limite vincola, peraltro, solo le Regioni a statuto ordinario poiché quelle a statuto speciale godono del regime di potestà legislativa primaria sicché le relative leggi incontrano il solo limite rappresentato dai principi generali dell’ordinamento interno, comunitario, di diritto internazionale e di grande riforma di natura economico-sociale. • Fonti secondarie • Tra le fonti secondarie del diritto urbanistico si annoverano quelle frutto della potestà regolamentare stabilita dall’art. 117, comma 6 della Costituzione, la quale spetta allo Stato soltanto nelle materie di esclusiva competenza legislativa statale e, in via residuale, ossia in tutte le altre materie, alle Regioni. • Ciò significa che in materia urbanistica (rectius “governo del territorio”) lo Stato non ha alcuna potestà regolamentare spettando la stessa alle Regioni e agli enti locali (Comuni, Province e Città metropolitane). . LE SINGOLE FONTI DEL DIRITTO URBANISTICO • La Legge Fondamentale 17 agosto 1942, n. 1150 (LU), che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il sistema dei “Piani Urbanistici” costituisce il pilastro essenziale della materia. • Poi modificata dalla Legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. Legge Ponte), poiché avrebbe dovuto rappresentare la transizione verso una nuova legge urbanistica generale, poi mai emanata). • Tale ultima, pur nello spirito della transizione, ha introdotto modifiche di assoluta rilevanza fra cui i limiti all’attività edilizia in assenza di strumenti urbanistici generali (c.d. standard generali o di salvaguardia) e limiti urbanistici di tipo quantitativo finalizzati all’orientamento delle decisioni urbanistiche adottate a livello locale allo scopo di garantire la presenza di infrastrutture e servizi; le norme sulla lottizzazione (frammentazione della proprietà in porzioni di terreno mediante frazionamento catastale); l’obbligo della licenzia edilizia per la realizzazione di fabbricati nel territorio comunale; la necessaria realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria anteriormente al rilascio della licenza edilizia (op. urb primaria: strade, reti fognarie e idriche di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione , spazi destinati a parcheggio; op. urb. secondaria: asili, scuole, marcati, chiese, impianti sportivi, aree destinate a verde attrezzato, centri culturali). . • Benché anteriormente e posteriormente alla L.P. si sia progressivamente formata una notevole produzione legislativa che costituisce, in buona parte, il nucleo normativo del Diritto Urbanistico contemporaneo, tre risultano, in particolare, le fonti di attuale rilievo: il T.U. in materia edilizia (DPR 06.06.2001, n 380), il T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità (DPR 08.06.2001, 327) ed il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 22.01.2004, n. 42). • Si tratta di corpi normativi che hanno avuto il merito di aver messo ordine normativo nell’affastellata successione, non sempre organica e sistematica e sovente di natura contingente, di provvedimenti legislativi, sostituendo o abrogando precedenti disposizioni (in particolare il T.U. edil. ha sostituito la concessione edilizia con il permesso di costruire assorbendo le disposizioni in materia di controllo dell’attività edilizia, salvaguardia e recupero del patrimonio edilizio; il T.U. espr. Ha disposto soprattutto sui vincoli urbanistici e sulla disciplina dei P.U.A. – Piani Urbanistici Attuativi). • Il comune denominatore essenziale attorno a cui ruota l’intero “sistema” normativo (benché sia ardito denominarlo in tal modo) del D.U. è il Piano Urbanistico variamente declinato, in ragione del relativo contenuto tematico in: • P.E.E.P. (Piano di Edilizia Economica e Popolare – L. 18.04.1962, n. 167); • Piano di Lottizzazione (L.P. 06.08.1967, n. 765) • Piano degli insediamenti produttivi (L. 27.10.1971, n. 865) • Programma Integrati d’Intervento (L. 17.02.1992, n. 179) • P.R.U. (Programma di Recupero Urbano - L. 04.12.1993, n. 493). • Ciascuno di tali piani è sovente oggetto della c.d. “Variante”, originariamente concepita come strumento di modifica del piano regolatore generale in ragione di specifiche sopravvenute ragioni di inattuabilità o nell’ipotesi di migliorabilità dello stesso e autorizzata preventivamente dal Ministero LL.P.P. (oggi le Regioni) ed oggi degradata a meccanismo “tipico” di realizzazione dell’interesse attuale ritenuto maggiormente degno di tutela. • A ciascuno di tali “piani” corrisponde un interesse sotteso ragione per cui si assiste ad una frammentazione della disciplina urbanistica quale risposta dell’ordinamento alla pluralità degli interessi da soddisfare. • Quale urbanistica oggi? . L’URBANISTICA OGGI • Nella sua più attuale accezione l’Urbanistica non detiene, in via esclusiva, il primato nella disciplina del territorio, essendo il territorio oggetto di studi disciplinari trasversali. • Ciò è emerso in modo inequivocabile a seguito dell’orientamento palesato dalla giurisprudenza costituzionale, dapprima formalizzato nel dualismo urbanistica-governo del territorio (culminata nella L. Cost. 3/2001), ed ora evolutasi nell’individuazione di discipline distinte quali il paesaggio, la protezione della natura, la difesa del suolo. • Ciò senza pregiudizio della nozione legale di Urbanistica che, ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 80/1998 (“la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio”) e della giurisprudenza amministrativa consolidata degli ultimi trent’anni, definisce il concetto di urbanistica quale elemento potenzialmente ricomprensivo di tutte le forme di uso del suolo. ATTORI PUBBLICI E FUNZIONI URBANISTICHE • L’esercizio dei poteri correlati alle finzioni urbanistiche spetta, in ragione delle norme contenute nelle leggi statali e regionali, alle Regioni, alle Province, alle Città Metropolitane ed ai Comuni oltre che a talune Amministrazioni settoriali quali le Autorità di Bacino e gli Enti Parco. • Il criterio di individuazione dei poteri spettanti a ciascuno dei superiori attori è fondato sulla valutazione di due parametri essenziali: • 1) il territorio; • 2) gli interessi. • Ciascuna amministrazione ha competenza ad un determinato livello territoriale (esistono i piani regionali, provinciali, comunali). • Tale criterio va, tuttavia, valutato in relazione alla dimensione degli interessi da tutelare la cui ampiezza, in ragione delle relative rifluenze, può essere locale, provinciale, regionale, interregionale, nazionale. • Il menzionato criterio valutativo del binomio territorio/interessi rappresenta l’elemento dirimente delle potenziali controversie nascenti fra i diversi attori pubblici nell’esercizio delle rispettive funzioni urbanistiche (si pensi, ad es., alla destinazione d’uso fissata dal PRG di un Comune laddove questo dovesse scontrarsi con altra successiva destinazione disposta in un piano provinciale). LE FUNZIONI URBANISTICHE • L’esercizio delle funzioni urbanistiche può essere descritto come l’incontro del valore rappresentato dagli interessi e di quello costituito dal territorio su un sistema di assi cartesiani ortogonali: • sull’asse delle ascisse la funzione urbanistica generale consistente nell’attribuzione di un razionale ed ordinato assetto al territorio; • sull’asse delle ordinate le funzioni determinate dalla “dimensione” degli interessi emergenti dal territorio. • Di seguito le funzioni urbanistiche: • La funzione di salvaguardia: ha carattere transitorio e rappresenta la misura necessaria alla “salvaguardia” del territorio nell’ipotesi in cui dovesse mancare lo strumento pianificatorio; è volto ad evitare le trasformazioni del territorio non pianificato in modo tale da condizionare le scelte del futuro pianificatore. • Nell’alveo della funzione di salvaguardia vanno annoverati i c.d. standard ope legis i quali rispondono all’esigenza di assicurare che le prescrizioni contenute nei PRG adottati dai Comuni, ma non ancora vigenti, risultino vanificati dal rilascio di permessi di costruire difformi dal piano medesimo in pendenza della relativa approvazione; nonché le misure di salvaguardia in senso stretto, le quali sono strettamente legate al procedimento di formazione dei piani urbanistici e risultano preordinati alla tutela dell’efficacia dei futuri PRG in pendenza di altri vigenti strumenti urbanistici. • La funzione di disciplina . del potere di pianificazione urbanistica: è quella preordinata alla fissazione di criteri utili alla guida dell’esercizio del potere di pianificazione territoriale. • La funzione di controllo sull’uso dei suoli: ha lo scopo di verificare che i singoli interventi sul territorio risultino conformi alle prescrizioni urbanistiche vigenti e si esplicano con l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi (permessi di costruire, rilascio del certificato di conformità urbanistica, ecc). • La funzione sanzionatoria: rappresenta l’esercizio del potere amministrativo nell’ipotesi di inosservanza delle prescrizioni urbanistiche (ordinanza di demolizione derivante dalla realizzazione di un’opera edilizia in assenza di permesso di costruire). • La funzione di gestione: ha lo scopo di garantire l’attuazione di previsioni di carattere generale sotto forma di incentivazione alla realizzazione di quanto prescritto nel piano (ad es. nei programmi pluriennali di attuazione esso ha il fine di orientare lo sviluppo del territorio nella direzione di quegli usi che i singoli privati non ritengano attualmente abbastanza remunerativi). GLI ATTORI PUBBLICI • Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti • L’amministrazione dello Stato più coinvolta nella disciplina del Diritto Urbanistico è certamente il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ex Ministero per i Lavori Pubblici). Prima che fosse istituito l’attuale Dicastero il Ministero dei Lavori Pubblici aveva funzione di vigilanza e di controllo sull’operato dei Comuni (attraverso l’emanazione dei piani territoriali di coordinamento – mai emanati). • Per l’esercizio di tali compiti esso era dotato di una solida struttura territoriale: provveditorati alle opere pubbliche, sezioni urbanistiche compartimentali e comitati tecnici amministrativi, oggi (tranne i primi) passati alle dipendenze delle Regioni. • Attualmente, la più parte delle funzioni urbanistiche, una volta di competenza del M. LL.PP., risulta trasferita alle Regioni. • Le attività oggi poste in essere dal M. II e TT. ha per oggetto l’esercizio del potere di indirizzo e di coordinamento afferente all’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale “con riferimento all’articolazione territoriale degli interventi di interesse statale ed alla tutela ambientale ed ecologica del territorio, nonché della difesa del suolo”. • L’esercizio della relativa funzione spetta al Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero in parola con la conferenza Stato Regioni ed Enti Locali. . • I Ministeri dell’Ambiente e dei Beni ed Attività Culturali • Tra le principali attività svolte dal M. A. in materia urbanistica si ricordano quelle relative alla tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali ed ambientali parte dei quali risultano, tuttavia, già delegati alle Regioni, nonché di promozione della cultura urbanistica ed architettonica (v. Codice dei beni culturali). • Il M. A. è strutturato sul territorio attraverso le sue articolazioni locali rappresentate dalle soprintendenze operanti su scala regionale, ciascuna in ragione di ambiti specifici di competenza (ambito storico, paesaggistico, ecc.). • Il Dicastero non risulta dotato di uffici periferici. Esso si occupa principalmente di assetto del territorio, di tutela di aree protette, di riqualificazione dell’ambiente, di V.I.A.. • La Regione • La fonte dei poteri regionali risiede negli statuti e nelle leggi emanate dalle singole Regioni nell’alveo dei principi stabiliti dalla Carta Costituzionale. • La disciplina urbanistica è presidiata dai relativi Assessorati o Dipartimenti (a seconda dell’organizzazione di ciascuna di esse) a capo dei quali è posto un componente della giunta regionale. . • Le funzioni regionali si distinguono in compiti di direzione e controllo e funzioni precettive. • 1) Le prime assolvono al compito istituzionale della Regione volto alla formazione del piano territoriale regionale. • La funzione di indirizzo di esplica sia attraverso provvedimenti amministrativi mediante leggi regionali mirate aventi per oggetto linee guida di carattere politico amministrativo indirizzate soprattutto ai Comuni ai fini della formazione dei P.R.G. • Quella di controllo afferisce ai poteri surrogatori rispetto agli obblighi inadempiuti dai Comuni in ordine alla formazione dei P.R.G. ed al rilascio dei permessi di costruire. • 2) Per quanto concerne le funzioni precettive, le Regioni non esercitano poteri di pianificazione urbanistica in senso stretto espletando compiti di conformazione del territorio attraverso la fissazione di prescrizioni urbanistiche (piani paesaggistici, piani A.S.I.). • Accanto alle predette funzioni le Regioni hanno competenza in materia di controllo sull’uso dei suoli provvedendo ad emanare provvedimenti in materia di tutela del paesaggio, dell’assetto idrogeologico, forestale, antisismica. • La Provincia • Attraverso il T.U. EE.LL. alle Province viene attribuita competenza in materia urbanistica della quale era in precedenza priva. • 1) La sua più rilevante attribuzione consiste nella predisposizione e adozione del Piano Territoriale di Coordinamento. • Il livello di governo del territorio sul quale viene esercitato il potere relativo è quello provinciale il quale rimane, comunque subordinato alla pianificazione regionale (i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali devono sottostare alle direttive contenute nei Piani Regionali ove previsti). • 2) la seconda attribuzione di cui la Provincia risulta investita è quella relativa alla funzione di controllo di competenza regionale che la stessa Regione può delegare al livello provinciale in ordine all’accertamento della conformità dei Piani Comunali con quelli provinciali. • La Città Metropolitana • Ai sensi dell’art. 114 della Carta Costituzionale anche la Città Metropolitana avrebbero competenza in materia urbanistica. • Aree territoriali di attrazione dei comuni circostanti espressamente individuate dalla legge (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli) mai istituite dovrebbero interfacciarsi con i Comuni ai fini dell’interfaccia funzionale sulle relative attività economiche, sociali e culturali. . • Il Comune . • E’ l’attore protagonista della scena del Diritto Urbanistico. • Esso è titolare delle principali funzioni urbanistico-edilizie in materia di governo del territorio. • Esso è composto da organi di indirizzo politico (il Consiglio, la Giunta ed il Sindaco) nonché da quelli gestori (dirigenti). • Il Consiglio Comunale è l’organo comunale più rilevante nel governo del relativo territorio e risulta competente all’emanazione delle prescrizioni urbanistiche tassativamente stabilite dalla legge (T.U. EE.LL.). • Fra questi: • I piani territoriali ed urbanistici; • I programmi di opere pubbliche; • I programmi annuali e pluriennali per la relativa attuazione; • La Giunta Comunale, nella sua qualità di organo del governo del Comune ed espressione della maggioranza consiliare, ha competenza nell’adozione dei piani c.d. “planovolumetrici”, particolari piani di lottizzazione derivanti da un piano particolareggiato, nonché nell’approvazione del piano urbanistico prima della sua presentazione al Consiglio per la relativa adozione. • I Dirigenti, ai quali sono state attribuite le più importanti competenze un tempo facenti capo al Sindaco esercitano i poteri legati alla funzione di controllo sull’uso dei suoli ed all’adozione dei provvedimenti afferenti alle trasformazioni urbanistico-edilizie. • Lo Sportello S.U.A.P. (Sportello Unico per le Attività Produttive) • A mente del T.U. sull’edilizia i Comuni devono dotarsi, individualmente o in forma associata, dello S.U.A.P. allo scopo di provvedere in ordine all’intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso di costruire o di denuncia di inizio d’attività. • Ai suoi impiegati con funzioni apicali sono attribuiti compiti di vigilanza sul territorio correlati strettamente alla funzione sanzionatoria in concreto esercitata mediante la polizia municipale ed il personale di appositi uffici (c.d. “antiabusivismo”). • La C.E.C. (Commissione Edilizia Comunale) rappresenta un altro organo collegiale comunale di natura tecnico-professionale (composta da architetti, avvocati, ingegneri, ecc.) e ha i suoi compiti principali in quelli consultivi consistenti nel rilascio dei permessi di costruire. . LA FUNZIONE DI SALVAGUARDIA • La funzione di salvaguardia consta di quello strumento di “supplenza” volto ad evitare che il “territorio non pianificato” sia suscettibile di essere trasformato in modo tale da condizionare le scelte del futuro pianificatore. • Quali conseguenze per l’A.C. e per i singoli privati nell’ipotesi di assenza di uno strumento urbanistico generale. • Successivamente alla L.P. sostanzialmente tutte le leggi regionali impongono all’A.C. l’adozione di un siffatto Strumento. • E’ stata proprio la L.P. ad introdurre nel nostro ordinamento la disciplina generale ed inderogabile sull’uso dei suoli da applicarsi in assenza di uno strumento urbanistico vigente o qualora questo sia divenuto totalmente o parzialmente inefficace. • Questi sono i c.d. standard ope legis. • In virtù di tali standard minimi da osservare è stato, pertanto, posto un limite al potere dei privati di utilizzazione dei propri beni immobili. • In virtù, pertanto, di tali principi non risulta in alcun modo possibile utilizzare ai fini urbanistico-edilizio alcuna porzione del territorio nazionale al di fuori di regole prestabilite. . • La disciplina attuale di tali standard è la seguente: • - fuori dal perimetro dei centri abitati l’edificazione residenziale non può eccedere la densità fondiaria di mc 0,03 per metro quadrato; • - per gli interventi edilizi a scopo produttivo, sempre posti al di fuori dei centri abitati, la superficie coperta non può eccedere il 10% dell’area di superficie della proprietà; • - fuori e dentro i centri abitati sono consentite soltanto opere di restauro e di risanamento conservativo oltre che di manutenzione ordinaria e straordinaria. • Sono fatti salvi i limiti più restrittivi previsti dalle leggi regionali. • Qual è la nozione di “centro abitato” i fini dell’applicazione degli standard ope legis? • L’art. 17 della L.P. prevedeva una preliminare delibera del Consiglio Comunale con cui individuare il centro abitato. • La giurisprudenza ha, peraltro, stabilito come, anche in mancanza di tale delibera ed in assenza di perimetrazione, gli standard trovano, comunque, applicazione dovendosi ritenere quale centro abitato la sua individuazione sulla base di un accertamento empirico e, in caso di dubbio, la relativa identificazione sulla base della norma comunque più restrittiva LE MISURE DI SALVAGUARDIA • Le misure di salvaguardia, introdotte con la l. 1902/1952 ed oggi disciplinate nel T.U. sull’edilizia, a differenza degli standard ope legis, risultano strettamente correlate al procedimento di formazione dei piani urbanistici. • Attraverso l’utilizzo di tali misure il nostro ordinamento garantisce la tutela giuridica dell’interesse pubblico cui è finalizzata la piena vigenza dello strumento urbanistico impedendo che effetti di tale piano possano risultare vanificati in ragione di atti o provvedimenti amministrativi incompatibili con la future vigenza dello stesso. • Le misure di salvaguardia in senso stretto (o ordinarie) sono quelle previste in relazione ai piani regolatori comunali. • La legge stabilisce come il Comune debba sospendere ogni propria determinazione in merito alle istanze relative a permessi di costruire che si dovessero porre in contrasto con le prescrizioni contenute nel PRG o in quello attuativo soltanto adottato dal consiglio comunale, ma non ancora approvato e, pertanto, ancora privo della sua efficacia giuridica. • Le misure di salvaguardia hanno, comunque, una durata limitata nel tempo derivante dalla loro natura cautelare: tre anni dall’adozione del piano, che possono giungere a cinque qualora si tratti di piano suscettibile di essere approvato da un’amministrazione diversa dal Comune e la trasmissione del piano adottato si avvenuta entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione. . • Qualora nei superiori termini i relativi piani non dovessero essere resi definitivi, le misure di salvaguardia diventerebbero inefficaci ed il Comune sarebbe tenuto a pronunciarsi sulla domanda secondo la disciplina urbanistica in quel momento vigente che, al limite, potrebbe essere costituita anche dagli standard ope legis qualora il Comune dovesse essere sfornito di strumenti urbanistici vigenti. • Quando i piani divengono definitivi le misure di salvaguardia perdono automaticamente la loro efficacia; in tal caso il Comune dovrà necessariamente pronunciarsi sulla domanda del privato senza nessun altro impulso da parte dello stesso. • Dalle misure sopra menzionate (ordinarie) si distinguono quelle c.d. “eccezionali”, di competenza della Regione su proposta del Comune. • La differenza sostanziale è data dal fatto che, in questo, caso, l’effetto di salvaguardia riguarda i permessi di costruzione già rilasciati al fine di “ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici”. • Mentre nel caso delle misure di salvaguardia ordinarie la P.A. è priva di discrezionalità nell’adozione della propria decisione, in quelle eccezionali la Regione deve invece valutare con attenzione gli interessi in gioco al fine di verificare se l’interesse del singolo privato risulti effettivamente in contrasto con la disciplina urbanistica in fieri. LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E TERRITORIALE • Il procedimento di pianificazione urbanistico-territoriale non risulta dissimile dalle regole generali del procedimento amministrativo procedimento amministrativo. • Va, tuttavia, rilevata la peculiarità dello stesso, ma soprattutto, la estrema complessità dei relativi provvedimenti. • Tale complessità è data sia dall’elevato numero di prescrizioni sia perché aventi come destinatari una pluralità indefinita di soggetti. • Punti cardine sotto il profilo concettuale: • 1) Le prescrizioni contenute nel piano urbanistico non sono sempre espresse in forma letterale, ma anche in quella della rappresentazione grafica e ciò costituisce una specificità del procedimento (mappe, modelli iconografici, simbolici, retinature ecc.) • Tali segni grafici costituiscono essi stessi precetti a contenuto giuridico prescrittivo nei confronti dei destinatari. • Parte grafica e parte letterale rappresentano elementi fra loro fortemente complementari che vanno interpretati in modo sistematico ed organico. • Nell’ipotesi, non infrequente, in cui dovesse insorgere un contrasto . ermeneutico fra parte grafica e parte letterale, la giurisprudenza ha avuto modo di stabilire come sia la parte letterale a prevalere su quella grafica sempre che questa risulti sufficientemente chiara e precisa. • Va, tuttavia, rilevato come l’interprete debba ricercare la ratio della prescrizione attraverso una valutazione sistematica di tutto il complesso delle prescrizioni contenute nel piano, ragione per cui può accadere che, in taluni casi, possa ritenersi prevalente la rilevanza delle tavole grafiche. • 2) Altra peculiarità del procedimento amministrativo afferente alla determinazione del provvedimento costituito dal piano è quella per cui possono configurarsi due distinte tipologie di piano: • A) piani generali; • B) piani settoriali. • Il primo persegue la finalità di ordinato assetto territoriale (la destinazione di un’area ad espansione industriale piuttosto che a terreno incolto); • Il secondo, invece, contiene norme finalizzate ad un preciso scopo comunque volto al perseguimento dell’interesse pubblico che vi presiede (tutela dell’ambiente, recupero urbanistico, ecc.) • • • • • . • • • • • I piani più frequenti nel diritto positivo sono i seguenti: a) piani regolatori generali; b) i piani particolareggiati; c) i piani regolatori intercomunali; d) i piani territoriali di coordinamento regionali, provinciali ed intercomunali. Risulta ormai acquisita dalla giurisprudenza in materia la tendenziale prevalenza del piano settoriale su quello generale. 3) Alla dicotomia piano generale-piano settoriale si sovrappone quella piano generale-piano attuativo laddove la “tensione” fra i termini generale/attuativo attiene alla diversa ampiezza non delle finalità perseguite quanto della maggiore astrattezza o meno dei relativi contenuti. 4) Altra rilevante peculiarità da considerare nell’alveo del procedimento urbanistico-territoriale è rappresentata dalla tipologia del contenuto delle prescrizioni di piano che possono distinguersi in: a) prescrizioni di zona; b) prescrizioni di localizzazione. • Le prescrizioni di zona o zoning, impiegate, soprattutto nei piani generali,ed in particolare che piano regolatore comunale. • Secondo tale tecnica i possibili usi del territorio vengono stabiliti in base alla funzione “principale” assegnata dal piano ad una determinata area spaziale (residenziale, produttiva, agricola ecc.). • Contestualmente vengono stabiliti gli indici di fabbricabilità dell’area in questione (definiti in termini di indici di “zonizzazione strutturale” o “architettonica”) oppure prescrizioni relative ad altro tipo di trasformazione degli immobili (ad es. riserva naturale). • Di norma le prescrizioni relative ai parametri di edificabilità sono contenute all’interno delle c.d. norme di attuazione (N.T.A.). IL PROCEDIMENTO • Il procedimento amministrativo riguardante la pianificazione urbanistico-territoriale si divide in fasi distinte benché tra loro funzionalmente connesse: • LA FASE DI INIZIATIVA • La prima fase è quella relativa all’iniziativa che, di regola, è d’ufficio. • E’ la stessa P.A. a promuovere il procedimento sebbene, in taluni casi, sia lo stesso singolo privato ad azionarlo, come nella proposta di un piano di lottizzazione ed allora il procedimento ha inizio su presentazione di un determinato progetto urbanistico. • Per quanto riguarda gli altri piani può essere previsto uno specifico atto di iniziativa, ma, laddove dovesse mancare, l’inaugurazione del procedimento può aver luogo anche attraverso il conferimento dell’incarico ad un progettista esterno all’amministrazione ovvero allorché ad un ufficio interno qualora dovesse essere attrezzato per l’adempimento del compito assegnatogli. • LA FASE DI ISTRUTTORIA . • La fase relativa all’istruttoria rappresenta il cuore di tutto il procedimento amministrativo nel provvedimento urbanisticoterritoriale. • Essa contiene la ponderazione dei numerosi interessi da contemperare, che, nella formazione di un piano, raggiunge la sua massima complessità. • E’, infatti, in questa fase che prende forma la decisione della P.A., continuamente soggetta a mutamenti e verifiche fino al raggiungimento dell’atto giuridico formale (il provvedimento). • Prima di tutto l’amministrazione identifica i fatti e gli interessi da valutare attraverso la determinazione degli “indirizzi” da seguire. • Ciò avviene attraverso la formalizzazione di un atto proveniente dall’organo dotato del potere decisionale che rivolge le indicazioni di indirizzo all’Uffico che seguirà l’istruttoria stessa. • Tale atto è denominato “deliberazione programmatica”. • L’Ufficio chiamato a condurre l’istruttoria è un ramo dell’amministrazione stessa (un ufficio, un servizio, …) il quale è chiamato all’acquisizione degli elementi conoscitivi finalizzati alla decisione finale. • Essi sono: • 1) l’analisi delle vocazioni territoriali sotto il profilo storico, geoeconomico, giuridico, sociale e culturale; • 2) l’assunzione dei pareri necessari o facoltativi di altre amministrazioni a contenuto prevalentemente tecnico. • Segue la “redazione” del piano ossia la prima stesura dello stesso che costituisce atto vero e proprio del procedimento con un limitato rilievo esterno sicché l’assenza di tale atto emanato dall’organo a ciò deputato dalla norma determinerebbe un vizio del procedimento impugnabile innanzi alla competente Autorità Giudiziaria Amministrativa. • Nei casi in cui la redazione di tale bozza non dovesse essere prevista dalla legge tale stadio del procedimento rimane fase essenziale dell’istruttoria e coincide con la “consegna del piano” da parte del progettista, interno o esterno all’amministrazione. • In quasi tutte le tipologie di piano territoriale, la legge o la prassi prevedono che al progetto di piano risulti allegata una relazione generale allo scopo di illustrare i punti qualificanti dello stesso (relazione tecnica illustrativa). . LA FASE DI INTERVENTO DEI PRIVATI • I procedimenti amministrativi sono, di regola, aperti all’intervento dei singoli privati ai fini dell’instaurazione del contradditorio nell’alveo della fase istruttoria. • I soggetti privati, siano essi, persone fisiche, giuridiche, associazioni riconosciute e non, altre amministrazioni, prendono normalmente parte al procedimento amministrativo mediante l’intervento che si concretizza in osservazioni e opposizioni sotto forma di memorie che, normalmente, si producono dopo l’adozione del piano e prima della decisione finale (approvazione del piano). • Che tipo di legittimazione possono vantare i privati ai fini dell’esercizio, in concreto, del proprio diritto di partecipazione mediante l’intervento. • Tale partecipazione spetta sia a quei soggetti non titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, ma che abbiano, comunque un apprezzabile legame con il territorio oggetto dell’emananda prescrizione urbanistica (i frequentatori di un giardinetto che dovrebbe essere destinato a parcheggio), ma anche a quella indefinita collettività di soggetti titolari di un c.d. “interesse diffuso” ossia di un interesse collettivo alla salute, alla qualità dell’ambiente, alla tutela del paesaggio (si pensi alle osservazioni o alle opposizioni sollevate da un’associazione ambientalista sullo spianamento delle dune costiere per la realizzazione di un lungomare). . • Tali tipologie di interventi nell’ambito del procedimento amministrativo possono assumere una duplice finalità: • 1) di garanzia del giusto procedimento volto alla tutela della sfera giuridica dei privati dalle conseguenze potenzialmente negative dell’adottando provvedimento amministrativo; • 2) di collaborazione con l’amministrazione decidente nella valutazione degli interessi in gioco per l’assunzione della decisione anche alla luce delle possibili soluzioni suggerite. • Allorché l’amministrazione riceve gli inputs partecipativi dei privati non è, tuttavia, l’obbligo della stessa di accoglierne le ragioni o di motivare specificamente i motivi del loro mancato accoglimento essendo sufficiente l’indicazione, anche sintetica e cumulativa, delle ragioni del loro mancato accoglimento. • LA FASE DECISORIA • La fase relativa all’assunzione della decisione si presenta molto complessa poiché alla medesima partecipano più amministrazioni. • Nella pianificazione territoriale, a più forte ragione, nella misura in cui il tasso di complessità risulta massimo laddove il provvedimento si articola attraverso tutta una serie di atti e subprocedimenti amministrativi posti in essere a distanza di tempo l’uno dagli altri. . • La complessità di cui si parla afferisce a diverse ipotesi concrete. • In primo luogo la complessità del provvedimento amministrativo, in materia di pianificazione territoriale riguarda il fatto che gli atti amministrativi posti in essere da varie amministrazioni sembrano fondersi in unico atto (“atto complesso”). • Ciò avviene nel PRG laddove il diverso contenuto volitivo dei diversi atti amministrativi che vanno a comporre la decisione finale è comunque mosso dallo stesso fine rappresentato dal superiore interesse pubblico. • Nel PRG, tuttavia, tale complessità risulta “”ineguale” laddove gli che si succedono nella fase di “adozione” non sempre coincidono la decisione presa nella fase di “approvazione” nel senso che, posta una serie di atti amministrativi volti al perseguimenti di uno scopo comune (di interesse pubblico), l’atto complesso può subire in fieri modifiche salvo il limite della conservazione dei suoi contenuti qualificanti senza la presenza dei quali si snaturerebbe il provvedimento finale che, in tal caso, non sarebbe più logicamente riferibile all’atto preliminare del procedimento stesso. • La natura “complessa” del procedimento amministrativo che da luogo al . provvedimento non va confusa con la decisione assunta “d’intesa” con le altre amministrazioni giacché in tal caso ciascuna amministrazione esprime la propria volontà in ordine ad un diverso e specifico interesse pubblico di cui ciascuna amministrazione è portatrice, anche se le diverse volontà dovranno, comunque, condurre all’adozione di un’unica decisione capace di contemperare le esigenze dei diversi attori amministrativi (si pensi a provvedimenti emanati “d’intesa” fra i Comuni coinvolti nell’approvazione del piano di un parco, da assumersi “d’intesa” con Regione ed Ente Parco). • LA CONFERENZA DEI SERVIZI DECISORIA • Negli ultimi anni la decisione assunta “d’intesa” fra le amministrazioni coinvolte nel procedimento amministrativo viene, sempre più spesso, posta in essere attraverso uno strumento di “semplificazione procedurale” denominato “conferenza dei servizi”. • Si tratta di un istituto tipico introdotto da leggi speciali (L. 241/1990 integrato e modificato dalla L. 15/2005 e dalla L. 69/2009) che dispone l’indizione di tale “conferenza” ogni qualvolta “sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento”. Tale conferenza è disposta obbligatoriamente qualora l’amministrazione procedente debba ottenere N.O., assensi, o intese comunque denominate da parte di altre amministrazioni pubbliche. • In questo caso il provvedimento conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza dei servizi, che viene assunta che è il risultato delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni convenute, tiene luogo di (rectius: sostituisce) ogni autorizzazione, concessione, N.O. o qualunque di provvedimento amministrativo prodotto da ciascuna amministrativa partecipante o, comunque, invitata a partecipare e che non sia convenuta. • La Conferenza dei Servizi, quale sede decisione “unica”, è stata prevista, in prima battuta, per l’assunzione di provvedimenti amministrativi finalizzati alla localizzazione di OO.PP., la cui rapida realizzazione ha rappresentato una priorità per il legislatore. • La decisione assunta in tale sede produce gli effetti di “variante automatica” nei confronti di tutte le prescrizioni urbanistiche vigenti. • Va, quindi, distinta, la conferenza convocata per legge in ragione della necessità di velocizzare il procedimento volto alla soddisfazione di un interesse primario (es. localizzazione delle OO.PP.) e in tal caso l’interesse specifico individuato come primario si misura con l’assetto del territorio vigente; da quella convocata per la formazione del piano territoriale necessaria per l’acquisizione dei necessari atti di consenso delle amministrazioni cointeressati e, in tal caso, è l’assetto del territorio in fieri (non ancora disciplinato) a doversi misurare con i diversi interessi e valori presenti sul territorio. . • Si tratta certamente di un sacrificio dell’analitica e completa ponderazione degli interessi in gioco nell’assunzione del provvedimento rispetto all’altare dell’efficacia della decisione. • Si tratta di un provvedimento assunto dall’Amministrazione procedente tenuto conto delle posizioni prevalenti espresse tra quelle presenti. Non è necessaria una determinazione condivisa, frutto del coordinamento delle varie amministrazioni presenti; l’eventuale dissenso espresso da una o più amministrazioni necessita di obbligatoria motivazione e non vincola la decisione finale. • Va, al riguardo, valutato anche l’interesse di cui l’amministrazione dissenziente si fa portatrice: spetterebbe al Consiglio dei Ministri assumere la decisione ove l’amministrazione dissenziente fosse statale, alla Conferenza Stato-Regioni qualora fosse regionale e statale, alla Conferenza unificata ove fosse un ente locale. • In caso di inerzia la decisione spetterebbe comunque al Consiglio dei Ministri. • Nel project financing sono i privati aggiudicatari del pubblico appalto ovvero le società di progetto, e non soltanto le amministrazioni pubbliche, ad intervenire in sede di Conferenza dei Servizi, i quali devono obbligatoriamente essere convocati senza diritto di voto. . . • LA PRODUZIONE DEGLI EFFETTI • Ogni procedimento di pianificazione territoriale è composta da un fase procedimentale finalizzata al controllo e alla pubblicità del decisione finale (che determinano l’efficacia del provvedimento nei confronti dei suoi destinatari). • La fase di controllo può essere prevista da norme generali le quali presiedono alla verifica di tutta l’attività amministrativa posta in essere (oggi assolutamente tramontata) (es. il DPR necessario alla localizzazione di un’opera pubblica di interesse statale è ancora soggetta al controllo di legittimità della Corte dei Conti). • Può, peraltro, comprendere quei casi in cui una norma imponga nell’integrazione dell’efficacia del piano il concorso di figure e/o soggetti non solo con funzione decisoria , ma anche con quella di controllo: in tal caso il controllo è assai più pregnante estendendosi non solo ad un profilo di legittimità, ma anche a quello di merito. • Perché il provvedimento amministrativo risulti efficace è necessario che il relativo contenuto sia reso “pubblico” mediante la sua conoscibilità legale da parte della collettività (es. talune leggi regionali dispongono l’entrata in vigore del piano solo dopo il decorso del quindicesimo giorno successivo alla relativa pubblicazione sul Bollettino Regionale). IL PIANO REGOLATORE GENERALE • Tutte le vicende procedimentali affrontate in ordine alla pianificazione territoriale trovano puntuale riscontro nella disciplina nazionale e regionale del PRG, istituto giuridico che rappresenta l’archetipo della nozione di “piano territoriale” poiché, essendo stato per lunghissimo tempo l’unico strumento effettivamente utilizzato per la pianificazione territoriale, costituisce l’elemento tecnico giuridico attorno al quale si è costruita tutta la disciplina del diritto urbanistico. • Fino a pochi anni fa il quadro normativo del PRG rimaneva quello disegnato nell’art. 7 e ss. della LU come successivamente integrata e modificata. • Solo di recente ha assunto connotati diversi ragione per cui se si poteva parlare di modello di PRG su scala nazionale oggi si deve fare riferimento ai principi entro cui le singole regioni modellano i PRG su base autonoma. • Si tratta del risultato della riforma effettuata attraverso la L. Costituzionale 3/2001 mediante la quale è stata stabilita una rilevante erosione dei poteri statali in favore di quelli regionali tendenzialmente finalizzata a far scomparire del tutto le regole contenute nella legislazione statale per lasciare il posto ai soli principi fondamentali. . • In base all’art. 7 e ss. della LU il PRG deve, innanzitutto, disporre la “divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano” (zonizzazione funzionale) e “la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona” (zonizzazione architettonica). • Deve, poi, indicare la localizzazione di opere e impianti pubblici, fra cui le principali reti di comunicazione stradale, ferroviaria e marittima, nonché “i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico”. • L’art. 7 citato include, fra i contenuti del PRG, anche le c.d. NTA (Norme Tecniche di Attuazione). • IL PROCEDIMENTO • Il Consiglio comunale definisce con la c.d. “adozione” il subprocedimento di competenza del Comune. • All’adozione segue il “deposito”, con relativo avviso al pubblico di tutti i documenti che compongono il Piano (tavole grafiche e normative) per una durata di almeno trenta giorni, decorsi i quali i privati hanno facoltà, negli ulteriori trenta giorni, di presentare le proprie osservazioni/opposizioni. • Il deposito e l’approvazione segnano il passaggio formale dalla fase di adozione a quella di approvazione che, invece, è di competenza degli Organi regionali o provinciali a seconda degli ordinamenti di ciascuna Regione. • Prima dell’invio del Piano alla Regione o alla Provincia lo stesso rimane presso gli uffici comunali al fine di raccogliere tutte le osservazioni e opposizioni pervenute perché sulle stesse il Comune possa esprimersi motivatamente. • Tale pronuncia (delibera di controdeduzioni) che è sempre di competenza del consiglio comunale, ha natura giuridica di parere poiché la decisione sull’accoglimento o meno delle osservazioni degli intervenienti è demandata all’amministrazione che approva, ossia alla Regione o alla Provincia. • Gli elaborati che rappresentano il progetto di piano adottato, unitamente alle osservazioni e alle relative controdeduzioni, vengono inviati agli uffici dell’amministrazione approvante i quali, a loro volta, avviano una nuova istruttoria consistente nel riesame del materiale prodotto. • Non si tratta, in tale fase, tuttavia di un vero e proprio riesame nel merito della documentazione offerta, ma di una procedura meramente cartolare che non consiste in ulteriori attività di indagine, ma verifica il quadro documentale già acquisito. • L’esito della procedura è la deliberazione di approvazione che definisce il piano. . I POTERI DELL’AMMINISTRAZIONE APPROVANTE • Quale natura giuridica hanno e quali effetti sono suscettibili di spiegare i poteri esercitati dall’amministrazione approvante nell’esercizio della sua funzione deliberativa di PRG? • In primo luogo l’amministrazione non può incidere sul nucleo del piano predisposto in seno al consiglio comunale poiché ciò lederebbe il principio dell’autonomia comunale garantito dalla Carta Costituzionale. • I poteri di modifica risultano, infatti, tassativamente stabiliti dall’art. 10 LU come ss. mm. e ii. dall’art 3 LP: • Modifiche d’ufficio qualificate • si tratta della possibilità conferita all’amministrazione approvante di adottare le innovazioni indispensabili a garantire: • A) il rispetto delle prescrizioni contenute nei piani territoriali di livello sovracomunale; • B) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti d’interesse sovracomunale; • C) la tutela del paesaggio e dei complessi di interesse storico, culturale, ambientale; • D) l’osservanza degli standard urbanistico edilizi. . • Modifiche d’ufficio generiche. • Si tratta di un vero potere di codeterminazione del contenuto del PRG disciplinato per la prima volta nella LP che trova, tuttavia, il limite invalicabile nell’impossibilità di “mutare le caratteristiche essenziali ed i suoi caratteri di impostazione”. • Appare evidente la difficoltà di definire l’ampiezza dei poteri attribuiti all’amministrazione approvante in sede deliberativa, oggi interpretabile solo alla luce della giurisprudenza amministrativa la quale ha avuto modo di stabilire, caso per caso, il raggio d’azione della stessa. • La “sostanziale innovazione” è stata, ad esempio ravvisata nel ridimensionamento delle previsioni insediative mediante una generale riduzione degli indici di fabbricabilità o di destinazione di larga parte del centro urbano a zona agricola. • L’esito del procedimento deliberativo presso l’amministrazione approvante può non consistere necessariamente nell’emissione del provvedimento di piano con le modifiche, ben potendosi tradurre in altre tipologie di approvazione. • Specificamente: • A) mediante l’approvazione pura e semplice; • B) attraverso la restituzione in ragione di modifiche, integrazioni o rielaborazioni; • C) tramite la c.d. “approvazione stralcio”, ossia mediante l’approvazione di una parte del piano, con o senza modifiche d’ufficio finalizzata ad evitare che talune questioni rimaste irrisolte possano inficiare l’entrata in vigore di tutte le altre previsioni urbanistiche. • OSSERVAZIONI DEI PRIVATI SUL PRG • Un aspetto sicuramente rilevante del processo di formazione del PRG è rappresentato dalle rifluenze che possono determinarsi in seguito all’effettuazione di osservazioni da parte dei privati in seno al procedimento stesso. • Qualora il Comune dovesse decidere di accogliere una o più osservazioni formulate dai privati e, pertanto, dovesse ritenere di modificare il piano adottato, dovrà ricominciare tutto il percorso segnato dl procedimento (rielaborazione, adozione, deposito, pubblicazione e nuovi termini per le osservazioni). • Occorre, tuttavia, distinguere fra applicazione del modello di cui alla LU e quello teorizzato dai nuovi modelli regionali maturati a seguito della riforma disposta dalla L. Cost. 3/2001. • Nella prima delle due ipotesi risulta di difficile interpretazione l’agire del Comune il quale, pronunciandosi sulle osservazioni, potrebbe “riadottare” il PRG innovando i contenuti, ovvero esprimersi sulle osservazioni attraverso il proprio parere all’amministrazione approvante: sarà verificato caso per caso, sulla base della condotta assunta in concreto dal Comune, se interpretarsi come riadozione o come parere (il tutto al fine di correttamente distinguere le due fasi del procedimento – dei due subprocedimenti: adozione e approvazione). . • Una diversa ricostruzione giurisprudenziale passa, invece, . necessariamente, per l’attenuazione dei vincoli identitari del procedimento esistenti fra adozione e approvazione alla luce dei nuovi modelli regionali. • In tal senso si renderebbe praticabile l’effettivo apprezzamento dell’apporto partecipativo dei privati anche quando questo dovesse profilare soluzioni molto innovative rispetto all’atto adottato. • In tale prospettiva non si parlerebbe neanche del problema della “riadozione” del piano, e nemmeno di modifica di un piano adottato poiché non vi sarebbe nemmeno un pianno da modificare, ma di attività endoprocedimentale ordinata e preordinata alla decisione finale. • IL REGOLAMENTO EDILIZIO COMUNALE • Nell’ambito della disciplina comunale di regolazione delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, un ruolo di particolare rilievo assume il regolamento edilizio (art. 33 LU abrogato dal TU edilizia) il quale ha rappresentato un pilastro di cognizione normativa fondamentale nella disciplina d’uso dei suoli ma i cui contenuti sono stati trasfusi nelle NTA del PRG. • La LU prevedeva, tra i contenuti del Regolamento Edilizio, le prescrizioni edificatorie nell’ambito del territorio comunale, i criteri di composizione e funzionamento della CEC, ecc. • Il TU edilizia, all’art. 4, prevede che il REC contenga la disciplina delle modalità costruttive unitamente agli argomenti da sottoporre al parere della CEC. • La differenza rispetto al passato sta in ciò che il REC non si occupa più di determinare i parametri costruttivi di cui si occupa, invece, i PRG e le NTA. • Oggi il REC elencale prescrizioni igienico-sanitarie , di pubblica incolumità, di decoro, di estetica degli edifici. • E’ il PRG a dettare le regole afferenti ai parametri edilizi, alle distanze legali fra edifici definendo gli indici fondiari, edilizi e tecnici. • Solo all’esito favorevole e, pertanto, al riscontro di tutte le predette prescrizioni potrà essere rilasciato il certificato di agibilità (all’esito del collaudo dell’opera, del rilascio del certificato di conformità urbanistica dell’opera rispetto all’elaborato di progetto approvato il dirigente dell’uffici comunale competente, previa eventuale ispezione, rilascia il certificato nei trenta gg. successivi alla richiesta; in caso di inutile decorso del termine dei trenta gg. l’agibilità si intende rilasciata qualora sia stato rilasciato il parere dell’ASP in sede di procedimento per il rilascio del permesso di costruire. In tal caso il rilasci si ha per avvenuto decorsi sessanta gg. dall’autocertificazione di avvenuta espressione di detto parere). . . • IL NUOVO MODELLO DI PRG NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE • La legislazione regionale ha profondamente modificato l’originario modello di PRG elaborato nella LU del 1942. • Oggi il PRG si presenta come atto complesso costituito da due provvedimenti temporalmente autonomi: • 1) il piano strutturale, quale cornice strategica fissante le linee guida del piano; • 2) e il piano operativo, volto a stabilire le regole attuative di tali linee. • Mentre il piano strutturale tende a fissare le “invarianti” del territorio (parametri geomorfologici, ambientali, paesaggistici, ecc.) i contenuti del piano operativo, che ha durata limitata nel tempo, determinano i l’effettiva conformazione urbanistica dei suoli anche tramite piani attuativi negoziati con i privati. • In definitiva, dalla pianificazione imperativa del PRG così come prevista nella LU, si è passati alla flessibilità operativa della conformazione dei suoli mediante il ricorso continuo all’urbanistica consensuale sulla base di una pianificazione per accordi nell’ambito del piano operativo. • • • • LA FUNZIONE DI GESTIONE Accanto alla funzione di conformazione del territorio, e a completamento di questa, va esaminata la funzione di gestione che rappresenta il momento dinamico della pianificazione urbanistica, ossia la fase operativa, scandita dalle modalità e termini di applicazione delle prescrizioni urbanistiche contenute nel PRG. Perché la trasformazione del territorio possa, tuttavia, avvenire, è necessario che questa sia realizzabile, sia sotto il profilo funzionale sia sotto l’aspetto economico-finanziario, sicché si dice che accanto all’obiettivo tipico di dare ordinato e regolare assetto al territorio via sia quello realizzarlo in modo “flessibile”, ossia in coerenza con la disponibilità dei privati coinvolti e compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili. IL PROGRAMMA PLURIENNALE DI ATTUAZIONE DEL PRG Il primo degli strumenti volti all’attuazione delle prescrizioni urbanistiche contenute nel PRG è il Programma Pluriennale di Attuazione il quale scandisce i momenti delle trasformazioni urbanistiche contenute nel PRG. • I programmi pluriennali di attuazione sono di esclusiva competenza comunale, e si prefiggono lo scopo di determinare le aree e le zone nelle quali realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni urbanistiche con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni. • Trattandosi di un atto di programmazione con contenuti precettivi indirizzati ai proprietari degli immobili interessati il PPA implica la perimetrazione grafica delle aree comunali incluse nel programma. • La normativa vigente impone ai singoli proprietari di beni immobili inclusi nel PPA di richiedere il permesso di costruire nei tempi ivi stabiliti, disponendo, in caso contrario, l’esproprio delle aree da parte del Comune che agisce surrogandosi ai privati nell’attuazione delle previsioni di piano (circostanza assai rara in concreto). • Oltre all’efficacia diretta nei confronti dei privati il PPA esercita un effetto indiretto, molto più pregnante, nei confronti del territorio: • 1) dispone l’inedificabilità dei suoli; • 2) individua gli interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente; • 3) determina gli interventi da realizzare su aree di completamento dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate con quelle comunali; • 4) fissa gli interventi ricompresi nei piani di zona. . • Quale operatività per il PPA? • Praticamente nessuna. • Il PPA non ha mai assunto i connotati di vero e proprio strumento di pianificazione non essendo stati i Comuni in grado di darvi concreta attuazione in ragione della cronica carenza di fondi. • Con la riforma effettuata con la L. 136/1999 il legislatore nazionale ha tentato di “tonificare” tale strumento, ma inutilmente visto che le legislazioni regionali di recepimento delle nuove indicazioni stabilite nella predetta legge hanno, di fatto, del tutto ignorato l’istituto del PPA non considerandolo principio fondamentale della materia. • IL COMPARTO EDIFICATORIO E LA PEREQUAZIONE • Il più risalente fra gli istituti finalizzati alla gestione della funzione urbanistica è quello del comparto. • Originariamente previsto in seno alla LU, oggi abrogato dal TU edilizia esso aveva un raggio d’azione limitato alle “norme riguardanti l’espropriazione”. • La residua normativa rimasta tuttora vigente si preoccupa di stabilire come il Comune debba procedere, in sede di approvazione di un piano particolareggiato, o anche successivamente, alla “formazione di comparti costituenti unità fabbricabili, comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni”. . • Una volta definito il perimetro del comparto spetta al Comune invitare i proprietari a dichiarare, entro un determinato termine, la propria intenzione, o meno, di procedere all’edificazione da soli, se titolari del diritto di proprietà sull’intero territorio considerato, ovvero in consorzio o in comunione ordinaria. • Il connotato peculiare di tale strumento è dato dal fatto che, ai fini della costituzione del consorzio, è sufficiente la partecipazione di tanti proprietari che rappresentino catastalmente almeno i tre quarti dei diritti di proprietà sul fondo considerato. • In tal caso il comparto conseguirebbe la proprietà dell’intero (il condizionale è d’obbligo giacché si tratta di norma abrogata dal TU edilizia) mediante l’esproprio, a cura del Comune, delle porzioni immobiliari facenti capo ai proprietari non aderenti al consorzio. • Nell’ipotesi, invece, di mancata associazione fra i proprietari dei fondi, sarebbe il Comune a procedere all’esproprio di tutte le aree contenute nel comparto per poi indire una gara fra i proprietari medesimi per la realizzazione delle prescrizioni urbanistiche contenute nel piano particolareggiato. • Le superiori previsioni normative, benché abrogate dal TU, sono state riprese dalle legislazioni regionali e successivamente adattate alle specificità presenti in ciascun territorio. . . • L’istituto giuridico del comparto, a lungo dimenticato, ha solo di recente, acquisito nuovo vigore sotto il profilo della perequazione urbanistica. • Il ricorso al comparto non si giustifica più con l’esigenza di attuare previsioni urbanistiche, ma con la necessità che tali previsioni realizzino un effettivo contemperamento delle posizioni dei singoli proprietari dei fondi. • Il risultato della perequazione nel comparto è rinvenibile ove si consideri che nei PRG ai comparti viene assegnato un unico parametro quantitativo (c.d. indice territoriale) da quale emerge il rapporto fra superfici edificabili e volumi realizzabili. • In parole più semplici a ciascun proprietario di una porzione di fondo incluso nel comparto viene riconosciuta una quota di edificabilità realizzabile all’interno del comparto stesso a prescindere dal fatto che sul suo terreno sorgerà un edificio destinato al libero mercato (abitazioni private, uffici, ecc,) ovvero un pubblico servizio (verde pubblico, piazze, ecc.). • Nello stesso solco si collocano i trasferimenti di volumetria o cubatura. . • Il modello del comparto, che trova la sua ratio giuridica nella convenzione di lottizzazione, rappresenta, in definitiva, un disegno pianificatorio rimesso alla volontà dei privati proprietari del comparto perequativo, nei limiti degli accordi siglati con il Comune in ragione delle indicazioni di piano circa la riserva di aree a pubblici servizi o a opere di urbanizzazione primaria ovvero ancora di esigenze di concentrazione dell’edificabilità in un’area piuttosto che in un’altra. • Tali “vincoli” disposti dal comune non assumono, tuttavia, la forma dell’esproprio, ma un limite ai compartisti nell’esecuzione degli accordi perequativi. • D’altronde il rispetto di tali limiti risulta garantito dall’azione di controllo effettata dal Comune in sede di rilascio dei titoli concessori. • Si può, dunque, affermare che l’attuazione delle previsioni urbanistiche fissate all’interno del comparto risulti basata sulle relazioni contrattuali che si instaurano con i destinatari delle stesse. • Sono gli stessi proprietari a contrattare il trasferimento e la distribuzione delle quote di edificabilità assegnate al comparto nelle aree a ciò destinate. • E’ a carico dei compartisti la cessione gratuita delle aree al Comune e di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria previste nel comparto in ossequio alle previsioni di PRG. . • Le esperienze comunali in corso pongono il problema della compatibilità dei sistemi perequativi con il sistema di pianificazione comunale vigente sulla zonizzazione. • Il punto è che non può in alcun modo rinunciarsi alla zonizzazione sancita dalla LU. La pianificazione perequativa non può che attuare e non derogare all’irrinunciabile principio della zonizzazione consacrata nel PRG. • Ciò premesso va osservato come in molte legislazioni regionali si siano orientate nel senso di configurare la perequazione come “equa distribuzione tra i proprietari degli immobili interessati dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali”. • Espressione condivisibile, ma insufficiente a porre al riparo da abusi posti in essere da molti Comuni nei propri piani urbanistici dai quali emerge una perequazione strumentale alla richiesta di oneri di urbanizzazione esorbitanti al solo scopo di “far cassa” o di eccessi in termini di cessione di aree ovvero in quelli di edificazione di opere di edilizia sociale. . • LE SOCIETA’ DI TRASFORMAZIONE URBANA • Alla funzione precettiva va ricondotta anche quella afferente alla facoltà delle Città metropolitane e dei Comuni di costituire “società di trasformazione urbana” il cui obiettivo è quello di progettare, realizzare e commercializzare interventi di trasformazione urbanistica in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. • Si tratta di uno strumento giuridico mediante il quale attori pubblici e privati si prefiggono lo scopo di promuovere interventi di ristrutturazione urbanistica all’interno di una determinata area territoriale. • L’elemento di novità sta proprio nella previsione legislativa espressamente finalizzata alla disciplina della trasformazione urbana a mezzo di appositi tipi sociali, la società per azioni delimitando non solo gli scopi, ma anche modalità operative delle medesime. • La scelta del tipo sociale è demandata alle amministrazioni primarie (Comuni e Città metropolitane) a mezzo deliberazione consiliare. • La detenzione del capitale sociale è rimessa alla libera determinazione contrattuale dei soci sicché si esclude che la P.A. possa o debba possedere più del 50% delle azioni.. • E’, tuttavia, necessario che i soci vengano selezionati sulla base di una gara ad evidenza pubblica. . • Lo scopo sociale è limitato alle aree di intervento preventivamente individuate dall’amministrazione: in linea generale l’oggetto sociale si articola negli interventi di trasformazione urbana in aree specifiche che, per ciò stesso, assumono i connotati di pubblica utilità. • Si tratta di uno strumento assimilabile al Piano Pluriennale di Attuazione che, come visto, risulta volto all’armonica ed effettiva attuazione delle destinazioni d’uso prescritte dallo strumento urbanistico vigente. • Differisce, invece, dai PEEP (Programmi di Edilizia Economica e Popolare) poiché in tali ultimi l’interesse pubblico è legato alla realizzazione di alloggi destinati a ceti meno abbienti laddove la STU tale interesse è in se e per se rilevante. • Come si individuano i soci nella STU. • 3 casi: • A) la Provincia e la Regione o altri enti pubblici possono conferire i beni in proprietà o mediante concessione di diritti di superficie; • B) i proprietari delle aree possono conferire il valore delle aree cedute; • C) attori privati, scelti sulla base di una gara ad evidenza pubblica. . • LA PIANIFICAZIONE ATTUATIVA • Muovendo dalla LU il PRG risulta attuato attraverso i “Piani Particolareggiati di Esecuzione” che, in origine, avrebbero dovuto limitarsi alla materiale attuazione delle previsioni contenute nei piani urbanistici generali. • Il PPE non era in grado, pertanto, di contraddire la disciplina sancita nel PRG. • Si è trattato, in passato, di uno strumento (PPE) di scarsa applicazione in ragione della capacità dei PRG di contenere norme attuative delle sue stesse prescrizioni. • A partire dagli Anni ‘60 al PPE si sono affiancate altre figure giuridiche aventi fini attuativi degli strumenti urbanistici vigenti: • 1) il Piano di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare; • 2) il Piano per gli Insediamenti Produttivi; • 3) il Piano per il Recupero del Patrimonio Edilizio Esistente; • 4) il Programma Integrato d’Intervento; • 5) altre fattispecie regionali. • In ragione della precipua natura di tali piani, volti prevalentemente al perseguimento delle finalità loro proprie, piuttosto che alla materiale attuazione di quanto stabilito negli strumenti urbanistici vigenti, si è imposta la necessità di allentare i vincoli di gerarchia fissati fra questi e gli strumenti di PRG (questo è il caso dei Piani di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare ex L. 167/1962 configurati alla stregua dei Programmi di Fabbricazione, ossia sostanzialmente svincolati e autonomi rispetto al PRG). • In tale quadro è risultata essenziale la disciplina introdotta dalla L. 47/1985 a mezzo della quale, eliminandosi il principio di gerarchia fra piani attuativi e PRG, si è attribuita piena legittimazione normativa a quel modello di pianificazione urbanistica comunale fondato su un ordine discendente di atti amministrativi fra loro concatenati non in una relazione di causa-effetto, ma su una continua attualizzazione di interessi in gioco e, pertanto, delle relativa previsioni normative. • L’art. 25 della L. 47/1985 dispone, infatti, espressamente la possibilità di modificare il PRG mediante l’utilizzo dei piani attuativi stabilendo che le relative “varianti” debbano seguire “procedure semplificate” disciplinate con legge regionale e, comunque, fissando un termine di 120 gg. entro il quale l’amministrazione approvante deve comunicare al Comune le proprie determinazioni decorso inutilmente il quale la variante si intende approvata. . . Più di recente la L. 136/1999 rubricato “Piani Attuativi degli Strumenti Urbanistici”, contiene, invece, una disciplina dettagliata dei piani attuativi dei PRG (stavolta in senso stretto). Due aspetti rilevanti: - La previsione che demanda alla Regione l’emanazione di norme che definiscano contenuti e limiti delle c.d. “varianti non essenziali”. Si tratta invero di fattispecie, in presenza delle quali, il piano attuativo può porsi in contrasto con il PRG senza la necessità di ricorrere allo strumento della variante (non è necessario, ad es., una procedura di variante se, in luogo della piazza, viene realizzato un parco giochi). - Il secondo aspetto rilevante riguarda il riconoscimento da parte del legislatore regionale della totale assimilazione dell’iniziativa d’ufficio a quella di parte privata, ossia dei proprietari degli immobili oggetto della pianificazione (si pensi, ad es. alle convenzioni urbanistiche). - Ancor più di recente rileva la L 166/2002 a mezzo della quale si prevede una disciplina delle modalità di attuazione degli stessi piani attuativi. - Aspetti peculiari: . • Primo: • I piani attuativi vengono eseguiti in virtù della costituzione di un consorzio per costituire il quale risulta sufficiente il concorso dei proprietari che rappresentino la maggioranza assoluta del valore degli immobili sulla base dei parametri catastali (e non i tre quarti come nei comparti); • Secondo: • Il consorzio si propone di presentare al Comune progetti di realizzazione dell’intervento e non proposte di esecuzione delle prescrizioni di dettaglio; • Terzo: • Solo dopo che si è formato il consorzio il Sindaco invia una diffida volta a convincere i proprietari degli immobili coinvolti ad aderire alla progetto formulato dei proponenti nell’attuazione degli interventi. Decorso inutilmente il termine della diffida il consorzio acquisisce la disponibilità dell’area di superficie ed è abilitato a procedere nell’intervento pianificatorio. • IL RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO E URBANISTICO • La cronica scarsità di risorse finanziarie ha imposto una concezione dello sviluppo del territorio improntato al “recupero” dell’esistente piuttosto che all’espansione dell’aggregato urbano, causativo di consumo di suolo. • Il nostro ordinamento prevede diversi istituti giuridici volti al conseguimento del fine rappresentato dalla riqualificazione urbanistica di parti più o meno estese del territorio. • 1) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; • 2) gli interventi su singoli manufatti effettuati direttamente dai privati mediante la presentazione al Comune di di un progetto di recupero edilizio; • 3) i programmi di recupero urbano. • La ristrutturazione urbanistica è finalizzata alla “sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”. • Ciò può avvenire: • A) attraverso l’adozione, da parte del Comune, di un Piano di Recupero; • B) attraverso l’adozione, da parte del Comune o di altri soggetti giuridici di diritto pubblico o privato, dei PRINT (Programmi Integrati di Intervento). • Il Piano di recupero ha origine normativa nella L.457/1978 . . • Il Piano di Recupero ha origine normativa nella L.457/1978. • Essa si propone di individuare le zone di degrado con apposito atto emanato dal consiglio comunale che costituisce il prius procedimentale di un ulteriore atto amministrativo con il quale si esegue la perimetrazione degli immobili o di complessi di beni immobili o di intere aree oggetto del recupero. • Il procedimento consta, pertanto, di tre subprocedimenti amministrativi di cui solo il terzo si conclude con un atto pianificatorio consistendo i due precedenti in un accertamento tecnico (individuazione degli immobili da sottoporre al recupero, accertamento del degrado del patrimonio edilizio sottoposto all’intervento, ecc.). • Tali subprocedimenti possono anche svolgersi contestualmente con il risultato di fare emergere nei confronti di tutti i terzi un unicum provvedimentale rappresentato da una sola delibera consiliare che identifichi le zone e adotti il piano urbanistico di recupero. • Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa il PdR va adottato nel rispetto dello strumento urbanistico generale e dei volumi esistenti nell’area di intervento a meno che norme regionali non dispongano diversamente attraverso i c.d. premi di cubatura. • Il rilievo pratico di questo strumento risulta molto limitato essendo stato utilizzato quasi esclusivamente per recuperi di tipo edilizio. • Passando al Programma di Recupero Urbano (PRU), esso risulta normato dalla L. 493/1993 al cui art. 11 dispone, quale finalità dell’istituto giuridico, quella di ammodernare e completare le urbanizzazioni primarie e secondarie, integrare l’edificazione di complessi urbanistici esistenti, realizzare interventi di arredo urbano nonché di manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia, soprattutto al servizio del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. • Il PRU viene proposto al Comune da soggetti giuridici sia pubblici sia privati secondo un progetto comune che prevede l’investimento di risorse sia pubbliche sia private. • L’adozione del programma avviene attraverso la promozione e la conclusione di un “accordo di programma”. • IL PIANO DI RECUPERO DEGLI INSEDIAMENTI ABUSIVI • La L. 47/1985 prevede espressamente una disciplina generale, ora integrata dalla legislazione regionale concorrente, volta al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi esistenti al 1° ottobre 1983, mediante la formazione, adozione e approvazione di varianti adottate dai Comuni sulla base dei criteri indicati dalle Regioni. • Si tratta di uno strumento giuridico la cui finalità va individuata nella reinserimento organico di ampi insediamenti abusivi nell’alveo del territorio comunale in modo tale da conseguire il risultato dell’ordinato e armonico assetto territoriale sia sotto il profilo strutturale sia sotto quello socioecnomico. . • Non si tratta, pertanto, di uno strumento finalizzato al recupero di fenomeni isolati di abusivismo edilizio, bensì di piani urbanistici volti a risanare interi complessi edilizi per renderli nuovamente funzionali a fini sociali. • Identifichiamo i momenti formativi del piano di recupero mediante la loro scansione temporale e funzionale. • 1) perimetrazione delle aree mediante criteri variamente interpretati dai legislatori regionali (continuità insediativa, omogeneità funzionale per relativa destinazione d’uso, ecc); • 2) realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria strettamente correlate all’insediamento oggetto del piano; • 3) recupero dell’insediamento abitativo attraverso demolizioni o ricostruzioni, manutenzioni straordinarie. • Il tutto risulta regolato da un programma finanziario, anche pluriennale, che funge da cronoprogramma che segna ogni momento del percorso esecutivo del piano. • GLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI • Altro strumento urbanistico comunale è rappresentato dal Piano per gli insediamenti Produttivi funzionale all’infrastrutturazione di aree specificamente destinate all’attività produttiva. . In origine la disciplina dei piani degli insediamenti produttivi era disciplinata (e in parte lo è ancora oggi) dalla L. 865/1971 a mente della quale nell’ambito delle aree destinate da PRG ad insediamenti produttivi (c.d. zona D) il Comune poteva formare il piano dei relativi insediamenti produttivi con la conseguenza che solo le aree così contrassegnate avrebbero potuto essere oggetto di piano e non necessariamente tutte le aree così indicate nel PRG. Nella versione legislativa oggi abrogata era prevista una preventiva autorizzazione regionale alla formazione del piano e una certificazione di conformità dello stesso alle previsione dello strumento urbanistico regionale (oggi non esistono più). Analogamente a quanto previsto nella L. 47/1985 in relazione ai Piani attuativi “in variante”, anche nei Piani degli Insediamenti Produttivi risulta possibile includere nel piano aree non necessariamente a ciò destinate dal PRG. Si tratta di una disciplina, questa, espressamente ribadita nel DPR 47/1998 il quale prevede, fra l’altro, l’ipotesi della realizzazione di singoli progetti di impianti produttivi in contrato con gli strumenti urbanistici comunali vigenti attraverso una forma particolare di conferenza di servizi che il Comune è legittimato a convocare su istanza dell’interessato a condizione che il progetto sia conforme alla normativa vigente in materia sanitaria, ambientale, di sicurezza sul lavoro qualora gli strumenti urbanistici vigenti non individuino aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o risultino insufficienti in base al progetto presentato. In tali casi il Comune deve dare adeguata pubblicità-notizia del piano e si esprime solo a valle della determinazione assunta dalla Conferenza dei Servizi a seguito dell’esito favorevole della quale viene disposta la “variante”. . • Perché la destrutturazione del piano degli insediamenti produttivi rispetto alla normativa originaria? • Risposta: la necessità di attualizzare gli interessi in gioco dovuta alle lungaggini amministrative determinate dai tempi lunghi intercorrenti fra la redazione del PRG e quella dei piani attuativi (in definitiva è risultato non più opportuno identificare le aree di sviluppo produttivo nello strumento generale in ragione della sua anacronistica e incoerente funzione rispetto al mutato assetto urbanistico dell’area prescelta). • Concetto di insediamento produttivo: ogni impianto di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico come da definizione normativa espressa dalla L. 865/1971: • Durata del piano: dieci anni con connotati pianificatori analoghi al piano particolareggiato. • Attuazione: all’entrata in vigore mediante esproprio delle aree in esso ricadenti • Utilizzo: mediante cessione in proprietà o concessione del diritto di superficie per durata non inferiore a 60 anni e non superiore a 99 – a tempo indeterminato se utilizzato da enti pubblici per impianti o servizi pubblici. • Logica di assegnazione delle aree: preferenza per enti pubblici o a partecipazione pubblica; per i privati non è prevista alcuna procedura concorsuale anche se di fatto molti comuni la utilizzano. . . • La fase più operativa del piano degli insediamenti produttivi consta dell’assegnazione dei lotti di terreno sui quali esercitare l’attività produttiva prevista dal piano. • Si stipula una convenzione con il Comune in cui vengono indicati gli oneri a carico dei privati (urbanizzazione, tipologia costruttiva dei capannoni, scarichi industriali, collegamenti infrastrutturali, ecc.). • Nella realtà operativa all’esproprio generale delle aree di proprietà dei singoli è normalmente corrisposto di fatto la stipulazione diretta della convenzione con in privati acquirenti delle aree direttamente dai proprietari solo fittiziamente cessionari delle aree stesse da parte dell’amministrazione comunale. • Tra gli strumenti urbanistici finalizzati alla localizzazione di attività produttive va senz’altro annoverato il Piano regolatore di Aree di Sviluppo Industriale (ASI) (DPR 218/1978). • Si tratta di piani regolatori di stampo sovracomunale che si prefiggono l’obiettivo di industrializzare le regioni meridionali attraverso la canalizzazione dei finanziamenti pubblici per l’infrastrutturazione delle aree destinate a sviluppo industriale. • Le aree ricomprese nell’ASI sono gestite da organismi su base associativa dotati di personalità di diritto pubblico (normalmente da Comuni, Province, Regioni, Camere di Commercio, ecc.) aventi il compito di redigere e rendere vigente il Piano relativo avente la medesima dignità del Piano di coordinamento provinciale. . • I piani per l’edilizia residenziale pubblica • Il piano delle aree destinate alla realizzazione di alloggi a carattere economico o popolare previsto dalla l. 167/1982 rappresenta lo strumento di pianificazione urbanistica volto al soddisfacimento di un interesse ritenuto primario dal nostro ordinamento giuridico: il “diritto alla casa”. • L’art. 3 della medesima legge prevede, infatti, come siffatto tipo di piano possa essere approvato in variante rispetto al PRG ove fosse necessario reperire aree poste al di fuori di quelle destinate dallo strumento urbanistico generale all’edilizia residenziale. • Laddove, peraltro, il Comune risultasse sprovvisto di PRG il piano di zona assumerebbe la dignità di programma di fabbricazione connotandosi, di fatto, quale tessera del futuro mosaico urbanistico generale. • La disciplina dell’edilizia economica e popolare, avvalendosi del piano di zona nell’ambito dei comuni aventi popolazione superiore ai cinquantamila abitanti o che siano capoluoghi Provincia (ove non diversamente disposto dalla legislazione regionale), si prefigge lo scopo fondamentale di attribuire ai quartieri destinati all’edilizia residenziale pubblica disaggregati dal tessuto urbanistico un’adeguato ordine strutturale e funzionale. . • Nello specifico, il piano di zona, parificato al piano particolareggiato, determina la dichiarazione di pubblica utilità delle opere da realizzare nell’area in considerazione e ha durata corrispondente a diciotto anni. • La l. 167/1962 prevedeva, in origine, l’obbligo di esecuzione delle opere di urbanizzazione in via preventiva rispetto alla cessione delle aree ai privati a carico dei quali erano posti i relativi costi. • Con l’entrata in vigore della l. 865/1971 l’attuazione del piano di zona è stata prevista mediante l’espropriazione, da parte del Comune, di tutte le aree contenute nel perimetro del piano e la partecipazione di altri soggetti pubblici e privati nella realizzazione delle opere di urbanizzazione. • Nonostante la predetta previsione normativa, nella prassi il Comune non procede mai al preventivo esproprio delle aree disegnate dal PEEP, disponendo l’assegnazione delle aree prima della relativa acquisizione mediante esproprio secondo il medesimo meccanismo osservato nell’ambito dell’attuazione dei piani di insediamento produttivo. • Ai fini dell’esecuzione del piano di zona è necessario procedere alla stipula di una convenzione fra l’amministrazione e gli attori privati nella quale vengono stabiliti il prezzo delle opere di urbanizzazione qualora poste a carico dell’amministrazione, ovvero le garanzie finanziarie più idonee qualora queste fossero poste a carico dei privati. • Una peculiarità. • Con la normativa recata dalla l. 167/1962 si era sostenuto il principio a mente del quale era necessario reperire le aree necessarie alla realizzazione del PEEP all’interno del piano di zona; con la successiva legislazione contenuta nella l. 865/1971 si è disposto come, nei Comuni sprovvisti di piani di zona, i programmi costruttivi potessero (e possono tuttora) essere localizzati in aree individuate con delibera consiliare nell’alveo delle zone residenziali dei PRG con ciò facendo assumere al deliberato consiliare i connotati propri della pianificazione urbanistica. • Quanto al procedimento di formazione dei piani zona esso viene adottato e poi depositato per la durata di dieci giorni decorsi i quali è consentita la produzione di osservazioni dei soggetti interessati per la durata di venti giorni decorrenti dalla data di pubblicazione del deposito presso l’albo pretorio del Comune o il Foglio degli annunzi legali della Provincia. . I PRINT • Nell’ambito della riqualificazione urbana assumono un particolare rilievo i Programmi Integrati d’Intervento (c.d. PRINT), introdotti dalla l. n. 179/1992. • Lo scopo del programma è quello di attribuire ai Comuni, soprattutto di grandi dimensioni, la possibilità di disporre di uno strumento urbanistico destinato a incidere, in misura assai rilevante, su intere porzioni di territorio comunale, edificate totalmente o parzialmente ovvero destinate a nuova edificazione, necessitate di una riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale. • La notevole innovatività del programma risiede proprio nella possibilità, per i Comuni, di localizzare il PRINT in qualunque zona omogenea del PRG vigente, bypassando, di fatto, la zonizzazione ivi prevista. • Sicché il programma potrebbe avere per oggetto le più diverse tipologie d’intervento, dalla nuova edificazione di manufatti alla demolizione e ricostruzione di interi fabbricati o di interi edifici, alla completa ristrutturazione degli stessi, fino alla realizzazione di nuove opere viarie e/o di centri commerciali e al completamento delle opere di urbanizzazione sia primaria sia secondaria. • Il PRINT è promosso d’ufficio, da parte del Comune e, si ritiene, anche su iniziativa da parte dei probabili ulteriori attori territoriali pubblici e privati coinvolti in un programma di dimensioni normalmente rilevanti. • Ciò rappresenta un connotato essenziale del PRINT: la significativa natura negoziale dell’intervento urbanistico determinato dal consenso pubblico/privato sia nella realizzazione sia nello stanziamento delle risorse finanziarie per la sua concreta attuazione. • Si tratta dell’esempio più convinto di pianificazione consensuale e integrata: non si tratta di una “variante” del piano attuativo, ma di uno strumento urbanistico avente capacità sia programmatica sia attuativa. • Esso è adottato dal consiglio comunale e, rispetto al PRG, si pone come variante allo stesso, salve le disposizioni specificamente stabilite dalla legislazione regionale. • I PRINT rappresentano, peraltro, uno strumento estremamente rilevante nell’ambito delle politiche volte allo sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica che, per il tramite di tali strumenti, ha subito un notevole impulso in chiave di integrazione con la riqualificazione urbana. • Questo strumento, che ha decisamente orientato la pianificazione verso l’adozione di d’interventi più duttili, perequativi e negoziali, ha sancito l’inevitabile riduzione funzionale del PRG a “carta costituzionale” della pianificazione dovendosi evitare il costante contrasto delle prescrizioni ivi previste con la pianificazione attuativa. • Che il PRG si limiti a disegnare le linee strategiche della pianificazione evitando di assumere un ruolo conformativo del suolo inadatto a interpretare le esigenze continuamente mutevoli del territorio. . • IL PIANO CASA • Di recente formulazione il c.d. “Piano Casa” rappresenta un quadro normativo mediante il quale il legislatore ha inteso stimolare l’economia nazionale attraverso il rilancio della domanda nel settore edilizio dando indicazioni alle Regioni per la relativa normazione. • Si tratta, nello specifico, della possibilità di: • 1) incrementare, nei limiti del 20% della volumetria esistente, edifici residenziali di cubatura non superiore a 1000 mc, anche al fine di migliorare la qualità architettonica e/o energetica degli stessi; • 2) demolire e ricostruire, con ampliamento degli edifici a destinazione residenziale, entro il limite del 35% della volumetria esistente per ragioni legate al miglioramento architettonico degli edifici o della relativa efficienza energetica, salva, comunque, l’autonomia regionale per altre tipologie d’intervento; • 3) derogare, in presenza dei relativi presupposti di legge, alle previsione del PRG quanto ad altezza degli edifici, distanze fra gli stessi e densità edilizia. • Regioni come Marche, Toscana, Liguria, Lazio e Lombardia hanno, seppur in modo distinto quanto a modalità e termini, dato seguito al Piano Casa normando mediante apposita disciplina legislativa regionale. . • • • • • LE CONVENZIONI URBANISTICHE Risulta ormai acquisito il concetto in virtù del quale la pianificazione di carattere funzionale e operativo si esprima, in modo rilevante, anche sulla base di atti di natura contrattuale intrattenuti fra pubblica amministrazione e i privati. SI tratta di istituti che vengono ricompresi nell’alveo delle c.d. “convenzioni urbanistiche” che hanno origine nelle convenzioni di lottizzazione. Ai sensi dell’art. 28 LU, come sostituito dall’art. 8 della LP la convenzione di lottizzazione è così traducibile: 1) i privati (normalmente imprenditori) predispongono un piano di assetto urbanistico di una certa area di superficie e lo sottopongono al vaglio dell’amministrazione competente. Di solito, all’esito della valutazione si perviene a un’ipotesi organizzativa capace di contemperare le diverse esigenze delle parti. 2) Sulla scorta di tale accordo i privati assumono obblighi verso l’amministrazione con particolare riferimento alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. . • Quanto alla natura giuridica dell’atto proveniente dall’amministrazione non si tratta di “autorizzazione” alla lottizzazione di fondi a scopo edificatorio, come acriticamente si è ritenuto in passato in relazione al tenore letterale della norma prevista nell’art. 28 LU, bensì di atto di pianificazione urbanistica. • Si tratta di un atto pianificatorio strettamente correlato con la convenzione. • Il Consiglio comunale approva, infatti, il piano di lottizzazione recependo, di fatto, il disegno urbanistico stabilito nella convenzione, che, pertanto, ne diventa parte integrante ed essenziale. • Sicché appare assai complesso poter distinguere fra l’atto pianificatorio dell’amministrazione e la fase negoziale intervenuta con in privati giacché l’una risulta contestualizzata nell’altra e viceversa. • Ciò premesso va ora indagato il contenuto della convenzione e, specificamente, delle obbligazioni assunte dai privati nei confronti dell’amministrazione. • Il nodo centrale è rappresentato dall’ipotesi di assetto territoriale che definisce cubatura edificabile, altezze, tipologie costruttive, aree di uso pubblico, ecc. . • Va rilevato come, rientrando il piano di lottizzazione nella categoria della pianificazione attuativa, essa risulta suscettibile di derogare all’assetto territoriale disegnato dal piano regolatore e, pertanto, di modificare o abrogare i suoi contenuti. • In forza dell’atto pianificatorio frutto dell’incontro negoziale concluso con i privati l’amministrazione si obbliga a rilasciare i permessi di costruire richiesti dagli stessi in conformità alle prescrizioni urbanistiche contenute nell’atto pianificatorio concertato. • L’amministrazione dovrà, pertanto, astenersi da comportamenti idonei a frustrare la ratio della pianificazione negoziata e, quindi, a modificare l’assetto territoriale convenuto. • Quid potest nell’ipotesi in cui, ad esempio, per ragioni sopravvenute, l’amministrazione dovesse ricorrere all’esercizio del potere conformativo del territorio? • Sarebbe costretta a rinunciarvi a priori? • La risposta è negativa. L’amministrazione può, per esigenze sopravvenute ovvero al fine di adottare criteri più idonei al perseguimento dell’interesse pubblico, ricorrere alla c.d. potestas variandi . • Ciò può avvenite solo in casi di gravi e comprovate ragioni correlate al pubblico interesse e previa adeguata e ponderata valutazione circa la necessità di frustrare le legittime aspettative vantate dai privati in virtù dell’intervenuta convenzione. • Allorché, pertanto, l’amministrazione dovesse far ricorso a siffatto strumento e, quindi, dovesse ricorrere alla variante del piano regolatore sovvertendo le prescrizioni urbanistiche contenute nella convenzione, la situazione giuridica soggettiva del privato contraente degrada da diritto soggettivo acquisito mediante la convenzione a interesse legittimo. • In definitiva, se da un lato l’amministrazione non può rinunciare alla funzione conformativa del territorio anche in presenza di una convenzione di lottizzazione (la relativa clausola sarebbe radicalmente nulla ove prevista nella convenzione) risulta altrettanto vero come, la decisione di “variare” il piano urbanistico deve rispondere alla effettiva necessità di mutare l’assetto territoriale risultato incompatibile con il mantenimento in vita della convenzione; sicché, ove tale circostanza non fosse provata rigorosamente il privato può far valere il proprio interesse legittimo ricorrendo all’autorità giudiziaria nella sede amministrativa richiedendo l’annullamento della sopravvenuta prescrizione di piano regolatore. • Quanto agli obblighi facenti capo ai privati l’art. 28 LU impone ai medesimi quanto segue: • 1) la cessione gratuita, in favore del Comune, delle aree destinate alle opere di urbanizzazione primaria e, per quanto di ragione, a quelle di urbanizzazione secondaria; • 2) l’assunzione, in capo ai privati lottizzanti, degli oneri di urbanizzazione (normalmente si traduce nella diretta realizzazione, a carico dei privati lottizzanti, delle opere di urbanizzazione primaria, e per quanto di ragione, di quelle di urbanizzazione secondaria); • 3) la fissazione di un dies ad quem di esecuzione dei lavori dedotti nella convenzione non superiore alla durata decennale; • 4) la prestazione di idonee garanzie a tutela della concreta realizzazione, da parte dei privati lottizzanti, di quanto stabilito nella convenzione. • A tali obblighi imprescindibili possono aggiungersi ulteriori impegni che l’amministrazione può convenire a carico dei privati (clausole di decadenza, termini finali essenziali nella conclusione delle opere, la permuta di immobili fra PA e Privati al fine di consentire la destinazione di determinate aree all’uso pubblico, ecc.) . . • Le opere di urbanizzazione sono poste a carico della PA e dei privati in ragione di quanto stabilito nell’ambito nell’ambito della convenzione: • Specificamente si definiscono opere di urbanizzazione primaria “le strade residenziali, gli spazi destinati a parcheggio, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione del gas e dell’energia elettrica, la pubblica illuminazione, gli spazi destinati al verde attrezzato (art. 16, comma 7, TU) unitamente alle opere cimiteriali (art. 26, L. 38/1990) e alle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni (art. 86, D.lgs. 259/2003). • Quanto alle opere di urbanizzazione secondaria si definiscono tali gli asili nido e le scuole materne, le scuole dell’obbligo e di istruzione superiore all’obbligo, i mercati rionali, le delegazioni comunali, le chiese e gli edifici religiosi, gli impianti sportivi di quartiere, le aree destinate al verde di quartiere, i centri sociali, culturali e sanitari (art. 16, comma 8 TU). • Quid potest nell’ipotesi di inadempimento degli obblighi sanciti dalle parti nell’alveo della convenzione? . • Nell’ipotesi di inadempimento degli obblighi posti a carico dell’amministrazione comunale va distinto il caso di violazione determinata dall’adozione di una variante da quello in cui la funzione urbanistica dovesse essere esercitata senza l’adozione di una variante. • Nel primo caso si verificherebbe la conseguenza dello “sbiadimento” della situazione giuridica soggettiva facente capo al privato il quale non potrebbe più vantare un diritto soggettivo derivante dalla convenzione bensì un interesse legittimo da poter far valere innanzi all’autorità giudiziaria nella sede amministrativa. • Ricorrendo la seconda ipotesi, invece, non essendosi l’amministrazione comunale svincolata dagli obblighi contrattuali sanciti nella convenzione attraverso l’adozione della variante il privato sarà legittimato ad agire direttamente innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria al fine di far valere un diritto soggettivo scaturente dal contratto stipulato con la pubblica amministrazione. • Si tratta, quindi, di far valere un diritto in via diretta che, tuttavia, in considerazione del rapporto giuspubblicistico instaurato fra i privati e la PA, non può dar luogo alla scelta civilistica fra la richiesta di adempimento e la risoluzione del contratto per inadempimento con contestuale richiesta di risarcimento danni, potendosi richiedere soltanto una sentenza dichiarativa di condanna al risarcimento dei danni procurati al privato. . • Qualora ci si dovesse imbattere in un inadempimento dei privati l’amministrazione comunale si surrogherebbe al privato inadempiente nell’esecuzione delle opere previste e farebbe valere le garanzie fideiussorie prestate in seno alla convenzione. • Si tratta di un’azione civilistica che l’amministrazione comunale dovrebbe esercitare innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria anche nell’ipotesi in cui il privato dovesse disattendere l’obbligo convenzionale di cessione delle aree (in tal caso la PA potrà adire l’AGO al fine di ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo assunto avvalendosi dell’art. 2932 del codice civile). • L’ESECUZIONE DELLE OPERE DI URBANIZZAZIONE • L’esecuzione delle opere di urbanizzazione può essere effettuata dalla PA mediante l’utilizzo degli oneri posti a carico dei privati lottizzanti ovvero, come sovente accade, mediante la diretta realizzazione delle stesse da parte dei privati medesimi. • Ciò si verifica attraverso la concreta realizzazione delle strade, dei parcheggi, delle aree destinate a verde pubblico, ecc, con fondi e mezzi dei privati; sennonché, solo alla conclusione delle opere stesse, realizzate in luogo della corresponsione del relativo costo all’amministrazione comunale, tali opere potranno essere cedute alla stessa PA. . • Affinché le opere di urbanizzazione, che, successivamente alla relativa cessione, saranno poste al servizio della collettività, siano realizzate in modo corretto è d’uopo prevedere nelle convenzioni di lottizzazione clausole contrattuali volte a subordinare, ad esempio, il rilascio del certificato di abitabilità o lo svincolo delle fideiussioni offerte a garanzia della regolare esecuzione delle opere al momento del collaudo con esito favorevole delle opere stesse. • Sennonché, dovendosi ritenere che le opere di urbanizzazione non siano altro che veri e propri lavori pubblici realizzati da privati, la connotazione prettamente pubblicistica assunta dal privato ha imposto la necessità di regolare l’affidamento di tali lavori nel rispetto della Direttiva comunitaria 93/37 ragione per cui, con l’emanazione della Legge quadro sui lavori pubblici n. 109/1994, pubblicata sulla scorta della giurisprudenza comunitaria e amministrativa, si è stabilito che le opere di urbanizzazione che i privati si obbligano ad eseguire per un importo superiore alla c.d. soglia comunitaria (euro cinque milioni) dovranno essere affidate a terzi imprenditori nel rispetto delle procedure previste nella menzionata direttiva comunitaria. • Per le opere sotto soglia le oo.uu. potranno essere eseguite direttamente dai privati a scomputo dei contributi connessi ad atti abilitanti l’attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui alla LU. . In definitiva per le oo.urb. che dovessero superare la soglia comunitaria non è vietato che esse possano essere previste nella convenzione di lottizzazione e che siano realizzate “a scomputo” e “a cura” del proprietario lottizzante; esse potranno comunque essere realizzate a deconto dei relativi oneri finanziari “a propria cura” ossia mediante affidamento della relativa esecuzione mediante esperimento di una gara finalizzata all’aggiudicazione dei lavori al miglior offerente. Di recente, a seguito delle censure mosse dalla Commissione europea e dall’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici, l’art. 122 del D.lgs. 163/2006, che ha integralmente sostituito la L. 109/1994, anche negli affidamenti dei lavori pubblici “sotto soglia” comunitaria, da realizzarsi da parte di soggetti privati titolari di permesso di costruire e assumenti direttamente l’onere della realizzazione delle oo. di urb. A scomputo totale o parziale delle stesse, si applica la c.d. procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. Come funziona. Il privato lottizzante, assunte le vesti di committente dei lavori inerenti le oo. di urb., dovrà individuare gli operatori in grado di eseguire l’appalto mediante una ricerca sul mercato di quegli attori economici dotati di requisiti di capacità tecnico-organizzativa, economicofinanziaria e di trasparenza rivolgendo a essi il relativo invito alla partecipazione (invito rivolto ad almeno operatori). . Gli invitati saranno chiamati dalla stazione appaltante a presentare contemporaneamente le relative offerte mediante presentazione di una lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta. Gli operatori saranno scelti sulla base del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione previsti per l’affidamento dei contratti di uguale importo in una procedura con previa pubblicazione del bando. Ciò che, pertanto, fa scattare la possibilità della procedura negoziata è l’affidamento diretto delle oo. di urb. ai titolari dei permessi di costruire. In tal caso lo schema negoziale è quello del “mandato al privato” conferito dalla PA per l’esecuzione di oo.pp. In ossequio al contenuto della convenzione urbanistica intervenuta fra l’amministrazione comunale e il proprietario lottizzante Va, infine, precisato come per tutte le tipologie di oo. di urb., siano esse sopra o sotto soglia comunitaria è previsto che il ruolo di stazione appaltante sia svolto direttamente dall’amministrazione comunale sicché, in tal caso, è consentito al privato titolare del permesso di costruire di presentare il progetto preliminare delle opere e la possibilità, per lo stesso, di partecipare anche alla gara per la progettazione e l’esecuzione delle opere. . • LE CONVENZIONI DI RECUPERO • L’urbanistica consensuale trova la sua dimensione ideale nell’ambito della riorganizzazione del tessuto urbano esistente. • La legislazione nazionale e regionale ha prodotto una serie di tipi (convenzioni fra P.A. e proprietari) idonei a disciplinare il recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente. • Per quanto attiene le convenzioni volte all’attuazione delle prescrizioni contenute nel piano di recupero le ipotesi convenzionali sono previste nella L. 457/1978 e riguardano casi in cui la P.A. ricorre alla collaborazione di soggetti pubblici o privati in luogo dell’esecuzione diretta delle opere previste nel piano di recupero. • La legge, all’art. 28, prevede la possibilità di stipulare convenzioni fra il Comune e determinati soggetti specificamente individuati allorché tali ultimi vogliano attuare spontaneamente gli interventi di recupero in presenza di un rilevante interesse pubblico, adeguare le opere di urbanizzazione, intervenire mediante la cessione volontaria, espropriazione od occupazione temporanea nell’ipotesi di inerzia manifestata dai proprietari qualora tali interventi siano assistiti da contributo pubblico. . • Altra ipotesi è prevista dalla medesima normativa all’art. 32 allorché i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, per interventi di rilevante entità, il permesso di costruire può essere rilasciato a condizione della stipula di una convenzione a mezzo della quale i proprietari assumono, anche per i loro aventi causa, l’impegno a concedere in locazione una quota delle abitazioni recuperate a categorie di soggetti indicati dal Comune a canoni concordati. • Differente natura hanno i piani di recupero di iniziativa privata che, nell’ambito delle aree di recupero, assumono la funzione sostitutiva dei piani di iniziativa pubblica. • L’art. 30 della L. 457/1978 prevede, al riguardo, la possibilità che i proprietari di beni immobili e di aree comprese nelle aree di recupero che rappresentino i ¾ del valore catastale degli immobili interessati dal recupero, possano presentare proposte di piano. • Nell’ipotesi in cui non dovesse raggiungersi la totalità degli immobili compresi nel piano si procederebbe all’esproprio delle aree e degli edifici compresi nel piano per averne la totale disponibilità. • Le vicende giuridiche successive alla proposta pianificatoria ricalcano fedelmente il percorso normativo previsto dalla convenzioni di lottizzazione. . • LE CONVENZIONI PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI • Nell’attuazione del piano per gli insediamenti produttivi il fulcro è rappresentato dall’atto pubblico di convenzione stipulato fra il Comune e il soggetto privato nell’ambito del quale vengono previsti diritti e obblighi posti a carico delle parti. • I contenuti della convenzione riguardano specificamente: • 1) la formalità della cessione in proprietà o della concessione del diritto di superficie; • 2) il corrispettivo e le modalità di pagamento; • 3) la realizzazione delle opere di urbanizzazione; • 4) la costruzione degli immobili; • 5) le modalità di utilizzo degli immobili; • 6) le sanzioni correlate all’inosservanza degli obblighi di realizzazione; • 7) la composizione delle controversie; • 8) la trascrizione degli atti; • 9) le imposte e le tasse. . • Il legislatore statale ha, di recente, previsto nuovi strumenti negoziali finalizzati allo sviluppo economico e all’incremento dell’occupazione in relazione al disegno della programmazione negoziata quale regolamentazione concordata fra soggetti pubblici ovvero fra soggetti pubblici e privati volti al perseguimento di un’unica finalità di sviluppo. • Si tratta di tre tipi contrattuali e, specificamente: • 1) i patti territoriali che rappresentano gli accordi promossi dagli enti locali, parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati riguardanti l’attuazione di un programma d’intervento caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale; • 2) i contratti di programma ossia i contratti stipulati fra amministrazione statale competente, grandi impresse, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata; • 3) i contratti d’area che costituiscono lo strumento operativo , convenuto fra le amministrazioni , anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro oltre che da altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni volte all’accelerazione dello sviluppo e alla creazione di nuova occupazione in determinate aree territoriali. • In tale ultima tipologia negoziale le determinazioni congiunte assunte dai soggetti pubblici interessati territorialmente e sotto il profilo della competenza urbanistica sono suscettibili di “variare” allo strumento urbanistico vigente . • LE CONVENZIONI NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA • I tipi negoziali vigenti nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica sono finalizzati alla realizzazione di programmi costruttivi e si collocano temporalmente in un momento successivo rispetto a quello dell’emanazione del piano di zona. • La relativa disciplina normativa, contenuta nell’art. 35 L. 865/1971, evidenzia tre elementi essenziali: • 1) l’esproprio obbligatorio; • 2) l’assegnazione delle aree; • 3) la stipula delle convenzioni. • Nella sua originaria formulazione l’art. 35 regolava in modo significativamente differente l’ipotesi in cui le aree fossero concesse in diritto di superficie o cedute in proprietà. • La sua attuale formulazione non da adito a distinzioni. • A) Nel caso di concessione del diritto di superficie a privati questa deve avere necessariamente una durata complessiva compresa fra sessanta novantanove anni, salvo rinnovo. • E’, invece, a tempo indeterminato la concessione del diritto di superficie nei confronti di enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici. La convenzione deve prevedere: 1) la realizzazione delle opere di urbanizzazione; 2) l’accollo ai concessionari dei costi delle opere di urbanizzazione, 3) i termini di inaugurazione e di completamento degli edifici e delle opere di urbanizzazione, 4) le tipologie costruttive degli edifici, 5) i criteri di quantificazione e di aggiornamento del canone periodico, 6) i criteri disciplinanti l’eventuale facoltà di alienazione dell’immobile e la relativa quantificazione del prezzo, 7) i criteri di determinazione del prezzo nell’ipotesi di rinnovo della concessione del diritto di superficie. 8) le sanzioni da comminarsi nell’ipotesi di inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione. B) Nel caso, invece, di cessione del diritto di proprietà sulle aree interessate la convenzione deve contenere: 1) la quantificazione del prezzo di cessione degli alloggi in ragione dei criteri determinati dalla Regione, 2) la quantificazione dei prezzi dei canoni locativi determinati in proporzione a quelli stabiliti per la cessione della proprietà, 3) la previsione degli elementi progettuali delle edificande costruzioni unitamente alle tipologie costruttive, alle modalità di controllo delle stesse, ai termini di inaugurazione e conclusione dei lavori, alle sanzioni in caso di inadempimento degli obblighi ivi fissati. . • LE CONVENZIONI EDILIZIE • Le convenzioni edilizie trovano la loro ratio nella finalità di ottenere agevolazioni nella edificazione dei realizzandi edifici mediante l’espressa pattuizione, convenuta con l’Amministrazione competente, di praticare determinate condizioni sul mercato immobiliare. • L’art. 17 TU dispone, infatti, la possibilità, per i privati, di stipulare un’apposita convenzione con il Comune, secondo schemi tipo predisposti dalla Regione, in forza dei quali i privati assumono l’obbligo di praticare prezzi di vendita e/o di locazione “calmierati” per far fronte a interessi di carattere sociale (similmente a quanto accade nell’edilizia residenziale pubblica o a quanto disposto dalla L. 392/1978 sull’equo canone). • La convenzione deve contenere: • 1) le tipologie costruttive degli alloggi, • 2) la quantificazione dei prezzi di cessione degli alloggi determinato in proporzione al costo delle aree, della costruzione, delle opere di urbanizzazione, delle spese generali, di progettazione, di preammortamento e di finanziamento, • 3) la fissazione dell’ammontare dei canoni locativi in ragione dei prezzi determinati per la cessione della proprietà degli alloggi, • 4) determinazione della durata della convenzione ( 20 anni <x< 30 anni) . • La convenzione può, peraltro, prevedere l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione in luogo del pagamento dei relativi oneri e l’adeguamento dei prezzi di cessione della proprietà e della misura del canone locativo con cadenza almeno biennale in ragione della variazione degli indici ISTAT dei costi di costruzione intervenuti successivamente alla stipula della convenzione. • LE CESSIONI DI CUBATURA • Le cessioni di cubatura hanno per oggetto il trasferimento della volumetria, ossia del proprio diritto di edificare, da uno o più soggetti privati ad altri soggetti privati. • Si tratta di un’ipotesi non normata dal diritto vigente, frutto della prassi consolidata nei piani regolatori e della giurisprudenza amministrativa che ha trovato largo consenso nella sua concreta applicazione. • Esso consta di tre distinti atti: • 1) una convenzione stipulata fra i proprietari riguardante la cessione a titolo oneroso del diritto di edificare su uno o più determinati fondi; • 2) un atto d’impegno unilaterale mediante il quale il proprietario del fondo cedente si obbliga, nei confronti del Comune, a non edificare sul fondo o sui fondi oggetto della convenzione; • 3) il permesso di costruire che, preso atto dell’obbligo assunto dal privato di asservimento dell’area di cui vuole cedersi la cubatura, autorizza la maggiorazione della volumetria. I PIANI SOVRACOMUNALI E DI TUTELA DEGLI INTERESSI DIFFERENZIATI • I PIANI TERRITORIALI DI COORDINAMENTO PROV.LE • Introdotto dalla L. 142/1990 ed oggi trasfuso nell’art. 20 TU EE.LL. il piano territoriale di coordinamento provinciale risponde all’esigenza di fissare direttive e indirizzi generali sull’assetto del territorio in ragione delle relative vocazioni, della difesa del suolo, del regime della acque, delle infrastrutture presenti e della protezione naturalistica. • Ciò in relazione alla necessità di coordinamento territoriale intercomunale allo scopo di superare i problemi derivanti dalla eccessiva frammentazione amministrativa scaturente dalla presenza, nel territorio provinciale, di numerosi Comuni di piccole e piccolissime dimensioni. • Si tratta di una competenza spettante alla Provincia che integra una vera e propria funzione urbanistica. . • La rilevanza assunta dal PTCP risulta confermata dalla previsione legislativa contenuta nel D.lgs. 112/1998 al cui art. 57 configura tale piano quale punto di convergenza di tutta la pianificazione territoriale essendo concepito quale collettore dei piani territoriali in materia di tutela della natura, dell’ambiente, delle acque, di tutela del suolo e delle bellezze naturali. • Esso è adottato con legge regionale a meno che le relative disposizioni non vengano stabilite d’intesa fra la Provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti. • LA TUTELA DEL PAESAGGIO, DEL PATRIMONIO STORICO; ARTISTICO E AMBIENTALE • La tutela del paesaggio, del patrimonio storico, artistico e ambientale della nazione ha rango costituzionale (art. 9, comma 2 Cost.). • Sebbene l’urbanistica sia ritenuta la disciplina avente per oggetto anche la tutela del paesaggio comprendente tutti gli aspetti della relativa normazione e gestione (L.1187/1968 e DPR 616/1977) rimane, a livello costituzionale, una diatriba che separerebbe la disciplina della tutela del paesaggio dall’urbanistica (per tutte risulta emblematica la sentenza 180/2008). • LA TUTELA DEI BENI PAESSAGISTICI • Il c.d. “Codice dei Beni Culturali” (D.lgs. 42/2004) all’art. 134, elenca tre diverse tipologie di beni paesaggistici: • 1) beni dichiarati di notevole interesse pubblico; • 2) beni identificati direttamente dalla legge; • 3) beni immobili e aree sottoposte a tutela dai piani paesaggistici. . • I beni come sopra individuati non possono essere suscettibili di alcuna materiale modifica essendo sottoposti a un preciso vincolo. • Sarà necessario, infatti, che un progetto di modifica venga sottoposto al vaglio tecnico-valutativo della competente Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali (S. BB. CC. AA.) • 1) I beni dichiarati di notevole interesse pubblico sono quei beni rappresentati quegli elementi paesaggistici le cui particolari caratteristiche di bellezza sono dichiarate da provvedimenti di cd “certazione”; • 2) i beni individuati espressamente dalla legge sono rappresentati dai cd “beni ambientali ope legis” ossia introdotti con legge (L.431/1985, poi trasfusa nell’art. 142 del Codice dei beni culturali). Si tratta di intere categorie di beni immobili che, per il loro pregio ambientale, vengono direttamente sottoposti a tutela bypassando il relativo procedimento amministrativo; • 3) la terza tipologia di beni paesaggistici non è disciplinata da leggi ne risultano sottoposti a dichiarazione di certazione. • Si tratta di beni ricompresi all’interno dei piani paesaggistici affinché il relativo utilizzo risulti compatibile con i valori paesaggistici presenti nel territorio in cui essi insistono. . Quanto alla natura giuridica del piano paesaggistico trattasi di strumento contenente sia prescrizioni a carattere conformativo non solo della proprietà, ma anche dell’azione pubblica in ordine all’osservanza delle previsioni contenute nei piani paesaggistici a cui devo soggiacere le previsioni dei piani territoriali e urbanistici. Ciò con l’evidente conseguenza della capacità, per i piani paesaggistici di superare, prevalendo su di esse, le prescrizioni contenute nella pianificazione urbanistica comunale. I BENI CULTURALI Nell’alveo concettuale dei cd “beni culturali” sono ricompresi tanto quei beni la cui esigenza di protezione risulti dall’intrinseco valore storico-culturale dei medesimi, quanto quelli capaci di esprimere valori naturalistico-culturali meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Le normative di settore, risalenti al periodo prebellico (L. 1089/1939 e L. 1497/1939) distinguono fra beni di interesse artistico, storico, archeologico ed etnografico, da una parte, e bellezze naturali, dall’altra. Differenziazione che permane, in forma anche accentuata, nel Codice dei beni culturali. La competenza sui beni culturali è devoluta al dicastero dei beni e delle attività culturali la cui funzione viene esercitata con l’ausilio della struttura amministrativa periferica costituita dalle competenti Soprintendenze. Il procedimento di riconoscimento è identico a quello previsto per i beni paesaggistici . • IL PIANO DEL PARCO • Il Parco rappresenta un’istituzione caratterizzata dallo speciale regime al quale risultano sottoposti i beni e le attività ivi insistenti. • L’Autorità preposta al Parco detiene, infatti, il potere amministrativo di impedire o prevenire che qualsivoglia attività svolta in contrasto con le esigenze di conservazione e di valorizzazione dell’ambiente del parco possa essere esercitata, nonché il potere pianificatorio volto a favorire lo sviluppo dell’area ricadente nei limiti del parco stesso. • I capisaldi fondamentali della tutela dei parchi e delle riserve naturali risulta contenuta nella legge quadro n. 394/1991 la quale stabilisce gli obiettivi perseguiti dalle aree protette, modalità e termini di istituzione delle stesse, definendo le relative prescrizioni di tutela e distinguendo fra le differenti categorie di area (parchi nazionali e regionali, riserve statali e regionali, aree protette marine). • Il piano del parco è qualcosa di più di uno strumento urbanisticoterritoriale essendo il relativo Ente Parco, che presiede all’esercizio delle funzioni di tutela, un soggetto giuridico di diritto pubblico dotato dei più ampi poteri di regolazione e gestione di ogni attività idonea a svolgersi in modo incompatibile con l’ambiente ricompreso nell’area geografica circoscritta dal parco. . • La legge quadro richiede la presenza di taluni elementi essenziali perché il piano del parco possa esser ritenuto tale. • Specificamente: • 1) l’organizzazione del territorio mediante la sua articolazione in aree caratterizzate da usi e forme di tutela differenziate (divisione in zone); • 2) enunciazione dei vincoli con relative destinazioni delle aree individuate in base al differente grado di tutela approntato dal piano; • 3) viabilità del parco; • 4) attrezzature e servizi in dotazione al parco; • 5) programmi di tutela della fauna e della flora insistenti all’interno del parco. • Le aree in cui vengono suddivise le porzioni di territorio insistenti all’intero del perimetro del parco, cd. Zone, vengono distinte in: • A) riserve integrali, che implica la totale immodificabilità dell’area in ragione della tutela della sua integrità; • B) riserve generali, nelle quali è consentita la realizzazione di attività infrastrutturale e di interventi edilizi tassativamente individuati e strettamente necessarie alla gestione delle attività della zona; . C) zone nelle quali risulta consentito l’esercizio di talune attività economicoproduttivo-artigianali purché preesistenti all’istituzione del Parco, oltre agli interventi edilizi su manufatti preesistenti; D) zone nelle quali il grado di tutela risulta meno pregnante giacché interessate dal processo di antropizzazione (in tal caso la zonizzazione costituisce il frutto della concertazione con gli enti locali). Il procedimento di formazione del piano del parco è articolato attraverso la partecipazione di tre soggetti principali: ente parco, Regione e Comune. Esso si compone di una serie di subprocedimenti aventi origine nella predisposizione del piano del parco da parte dell’ente parco e la sua successiva adozione da parte della Regione; prosegue con il deposito del piano presso i Comuni, le comunità montane e le sedi regionali coinvolti territorialmente per la durata di quaranta giorni durante i quali i soggetti interessati possono formulare ogni osservazione scritta; continua con la l’apertura di un nuovo arco temporale della durata di centoventi giorni decorrenti dalla scadenza dei precedenti quaranta nell’ambito dei quali la Regione di pronuncia sulle eventuali osservazioni effettuate in precedenza e, successivamente, di concerto con i Comuni coinvolti territorialmente, ma limitatamente alle prime tre zone del parco, dispone sui contenuti del piano e lo approva. Ogni intervento modificativo dell’assetto territoriale delle zone ricomprese nel piano del parco è soggetto al previo N. O. da parte dell’Ente . L’istituzione dell’Ente Parco prevede, altresì, la formalizzazione di un Regolamento del Parco i cui contenuti risultano prevalenti su ogni vigente regolamento edilizio comunale. Il Piano del Parco assume, pertanto, i connotati di vero e proprio strumento principe della conformazione del territorio sottoposto alla sua tutela dovendosi ritenere, di converso, del tutto residuale l’efficacia degli strumenti urbanistici dei Comuni insistenti nel relativo perimetro. I VINCOLI IDROGEOLOGICI I vincoli idrogeologici sono disciplinati dal TU 3267/1923, dal DPR 616/1977, dalla L. 183/1989 e dal D.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’Ambiente). Tale vincolo, che risponde all’esigenza di tutela del territorio e del relativo regime delle acque attraverso la limitazione delle attività di utilizzo della aree boschive, può essere imposto come segue: 1) attraverso un provvedimento amministrativo di certazione; 2) mediante la prescrizione di vincoli contenuti nei cd. Piani di Bacino idrografico; 3) quale effetto derivato dell’approvazione del progetto di riassetto idraulico-forestale di un bacino montano in ordine ai territori ivi ricompresi. . L PIANO DI BACINO Il cd Piano di Bacino è disciplinato dall’art. 64 del “Codice dell’Ambiente” (D.Lgs. 152/2006). Il testo normativo attualmente vigente, prendendo le mosse dalla previgente normativa (L. 183/1989) avente per oggetto la difesa dei bacini fluviali su scala nazionale, regionale e interregionale, nel recepire l’orientamento comunitario contenuto nella Direttiva 2000/60 in materia di acque, ha introdotto il concetto di “distretto idrografico” la cui accezione ricomprende la nozione di bacino fluviale unitamente alla necessità di contestualizzazione dello stesso su un’area vasta di uso delle acque. Ogni Distretto Idrografico è strutturato sulla presenza dell’Autorità di Bacino i cui organi sono la Conferenza istituzionale permanente presieduta dal Ministro dell’Ambiente e composto dagli altri ministri aventi competenze territoriali oltre che dai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessati territorialmente, il Segretario Generale, la Segreteria operativa e la Conferenza operativa dei Servizi. Obiettivo dell’Autorità di Bacino è quello di predisporre il relativo piano il quale assume valore di piano territoriale contenente prescrizioni urbanistiche vere e proprie circa l’assetto territoriale idoneo alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed al corretto uso delle acque in ragione delle connotazioni geomorfologiche del territorio ricompreso nel perimetro del Parco. . Il procedimento di formazione del Piano di Bacino risulta alquanto complesso anche in ragione della molteplice e articolata tutela degli interessi cui esso è finalizzato. L’Autorità di Bacino predispone, in sede di Conferenza operativa dei Servizi, il Piano, adottandolo a maggioranza in sede di Conferenza istituzionale permanente. Così adottato il Piano viene pubblicato e reso disponibile al pubblico per la durata di almeno sei mesi durante i quali tutti i soggetti interessati potranno effettuare ogni osservazione in forma scritta. Decorso il predetto arco temporale, e formulati i pareri sulle osservazioni pervenute il Piano è definitivamente adottato dall’Autorità di Bacino a mezzo di deliberazione della Conferenza istituzionale permanente e, quindi, trasmesso al Consiglio dei Ministri per la definitiva approvazione successivamente alla valutazione ambientale strategica (VAS), da effettuarsi in sede statale, e al giudizio di compatibilità ambientale espresso dall’autorità competente. Il Piano di Bacino, caratterizzato dalla sua duplice funzione, conservativa, da un lato, e promotrice di sviluppo economico-sociale del distretto idrografico, dall’altro, presenta una forza estremamente pregnante, incidendo, in modo significativo su tutta la pianificazione territoriale e urbanistica. Le disposizioni del Piano hanno, infatti, “carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché per i soggetti privati , ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino” (art. 17 L. 183/1989 trasfuso nel Codice dell’Ambiente all’art. 65, co. 4 D.lgs. • Nelle more dell’approvazione dei piani di bacino le Autorità assumono misure di salvaguardia volte a evitare che le adottande misure di tutela del distretto idrografico possano risultare frustrate da interventi incompatibili con le esigenze in essi manifestate. • In particolare le Autorità possono adottare i cd. Piani stralcio di distretto per l’Assetto Idrogeologico (PAI) idonei a individuare le aree a rischio idrogeologico disponendone la perimetrazione e sottoponendoli alle predette misure di salvaguardia. • I BENI PUBBLICI E QUELLI CIVICI • I beni pubblici sono quei beni che appartengono allo Stato o ad altri enti pubblici. • Il loro regime è previsto dall’art. 822 del codice civile che distingue tre diverse categorie: • 1) beni demaniali • 2) i beni patrimoniali indisponibili • 3) i beni patrimoniali disponibili • E’ controverso se siano annoverabili fra i beni pubblici anche quei beni destinati all’uso e al godimento di una comunità di abitanti (cd. usi civici: beni agrari e forestali in proprietà collettiva di diritto pubblico la cui destinazione una parte della dottrina riterrebbe immodificabile in assenza di una speciale procedura, e altra parte vorrebbe suscettibile di modifica da parte degli strumenti urbanistici comunali) . . • L’insistenza, nell’ambito territoriale comunale, di tali beni implica una serie di limiti alla pianificazione comunale. • Sebbene in passato si riteneva che tali categorie di beni fossero del tutto sottratti al potere pianificatorio comunale, la disciplina attualmente vigente (art. 8 TU edilizia) attribuisce agli strumenti urbanistici di incidere sul regime giuridico dei medesimi limitandosi a stabilire che le costruzioni private su aree demaniali necessitano del permesso di costruire. Per le opere pubbliche da realizzarsi sul pubblico demanio compete, invece, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Regione, verificare che le relative opere siano compatibili con i contenuti dello strumento urbanistico comunale vigente. • (la giurisprudenza amministrativa ha rilevato, tuttavia, la possibilità, per gli strumenti urbanistici comunali, di modificare la destinazione d’uso dei beni pubblici nell’ipotesi dell’intervenuta “intesa” con l’amministrazione statale competente). • Fanno eccezione i beni pubblici destinati alla difesa militare, del tutto svincolati dalle prescrizioni urbanistiche contenute negli strumenti comunali. . Il PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE E I CENTRI STORICI E’ controverso se fra gli interessi differenziati suscettibili di limitare il potere pianificatorio comunale possano essere annoverati il patrimonio edilizio esistente e i centri storici. In realtà non sussiste alcuna norma che imponga, nel nostro diritto positivo, un divieto all’amministrazione comunale di ridefinire l’assetto urbanistico di aree già edificate. Certo è che, sebbene si tratti di situazioni di mero fatto e non diritto va, comunque, tenuto in considerazione il principio generale secondo cui lo stato di fatto debba costituire un limite interno alla discrezionalità comunale le cui scelte devono essere informate a ragionevolezza e congruamente motivate, pena la censura di legittimità da parte dell’Autorità giurisdizionale in sede amministrativa. Sicché appare necessario conciliare l’esigenza del recupero del patrimonio edilizio esistente e la sua trasformabilità con la necessità di dare voce alla funzione sociale ed economica dell’area in cui esso insiste. Uno degli strumenti predisposti dal nostro legislatore capace di contemperare tali esigenze è rappresentato dal programma integrato d’intervento, istituto dalla enorme potenzialità, in grado di produrre una ristrutturazione urbanistica equilibrata, ma non adeguatamente utilizzato. . • LE ZONE AGRICOLE • Sebbene non possa ritenersi che il cd. verde agricolo possa essere ricompreso fra le ipotesi di interessi differenziati può, tuttavia, sostenersi come esso, per consolidato orientamento giurisprudenziale, possa essere inteso come limite all’edificazione privata, non già in ragione della tutela degli interessi correlati alle colture ivi (eventualmente) insistenti, quanto in funzione delle esigenze di carattere urbanistico (limite fra edificato e non edificato). • In questa ottica la previsione di zone destinate a verde agricolo assume una valenza meramente strumentale che prescinde dalla destinazione agricola del suolo. • Ne consegue la rilevanza del ruolo giocato dall’amministrazione comunale nell’attività discrezionale di identificazione e gestione delle zone destinate a verde agricolo essendo il relativo regime determinato dalle prescrizioni di PRG. • Il profilo più rilevante afferisce, invero, alla possibilità di edificazione nelle aree destinate a verde agricolo. • In linea di principio l’edificazione risulta consentita solo qualora l’intervento edificatorio dovesse essere correlato con conduzione del fondo ovvero nell’ipotesi in cui dovesse trattarsi di attività non incompatibile con la destinazione dello stesso. . • Sarà, pertanto, assentibile la realizzazione di un fabbricato funzionale all’economia dell’area servita e non un manufatto a destinazione abitativa. • In concreto sarà necessario ricorrere all’osservanza delle disposizioni di legge regionali e degli strumenti urbanistici comunali al fine di verificare quali trasformazioni del suolo risultino o meno assentibili. FONTI NORMATIVE • D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”. • D.P.R. 5 ottobre 2010, n.207 Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”. 103 L’AMBITO OGGETTIVO Introduzione Definizione preliminare dell’ambito oggettivo e dei principi cardine Il D. Lgs. 163/2006 disciplina i contratti pubblici aventi ad oggetto l’acquisizione di: • Lavori • Servizi • Forniture Principi cardine: • economicità, efficacia, tempestività e correttezza (a tutela degli interessi della collettività) • libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità (a tutela degli interessi dei soggetti concorrenti alle procedure di affidamento) 104 L’AMBITO OGGETTIVO Introduzione Settori disciplinati I settori disciplinati dal D. Lgs. 163/2006 sono: • “settori ordinari”: settori diversi da quelli del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica; • settori “speciali”: settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica. In particolare, ai settori speciali è dedicata la parte III del codice. Si tratta della categoria dei servizi pubblici, un tempo considerati settori esclusi e, come tali, non disciplinati unitariamente ai settori tradizionali. 105 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di lavori (1/3) Gli appalti pubblici di lavori possono avere ad oggetto: • l’esecuzione • la progettazione esecutiva e l’esecuzione • l’acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione _esecutiva e l’esecuzione di “lavori” o “opere” rientranti nell’allegato I del codice. I “lavori” di cui all’allegato I includono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione di “opere”. Per “opera” si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. 106 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di lavori (2/3) Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile di cui all’allegato I, sia quelle di presidio ambientale e di ingegneria naturalistica. Rientra pertanto nell’ambito oggettivo disciplinato dal codice, qualsiasi intervento atto a ripristinare uno stato ambientale alterato, anche se non tecnicamente rientrante nelle categorie di cui all’allegato I. Si considerano, inoltre, appalti pubblici di lavori, gli appalti aventi ad oggetto l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base di un progetto preliminare presentato dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore. 107 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di lavori (3/3) Estratto dell’allegato I del codice: NACE SEZIONE F CLASSE GRUPPO DIVISIONE 45 COSTRUZIONE DESCRIZIONE Costruzioni 45.1 NOTE Questa divisione comprende: nuove costruzioni, restauri e riparazioni correnti Preparazione del cantiere edile 45.11 Demolizione di edifici, sistemazione del terreno, sterri CODICE CPV 45.000.000 45.100.000 Questa classe comprende: - la demolizione di edifici e di altre strutture - lo sgombero dei cantieri edili - … 45.110.000 … 108 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di forniture Gli appalti pubblici di forniture sono appalti pubblici diversi da quelli di lavori, aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti. Il codice, tuttavia, non si applica a contratti pubblici aventi per oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili. Conseguentemente, in via generale, si considera contratto pubblico di fornitura, un contratto avente ad oggetto l’acquisizione di un bene mobile da parte della stazione appaltante, secondo diverse tipologie contrattuali (acquisto, leasing, noleggio, ecc.). 109 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di servizi (1/2) Gli appalti pubblici di servizi sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o forniture, aventi per oggetto la prestazione di servizi di cui all’allegato II del codice. Manca pertanto una definizione, anche soltanto generica, del concetto di “servizio”. Tale lacuna, del resto, si riscontra anche nel codice civile. Il legislatore definisce analiticamente i servizi disciplinati dal codice, affidandosi alla pubblicazione di un elenco esaustivo, di derivazione comunitaria. 110 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Appalti pubblici di servizi (2/2) Estratto dell’allegato II del codice: CATEGORIE DENOMINAZIONE NUMERO DI RIFERIMENTO CPC NUMERO DI RIFERIMENTO CPV 1 Servizi di manutenzione e riparazione 6112, 6122, 633, 886 Da 50100000 a 50982000 (eccetto da 50310000 a 50324200 e 50116510-9, 50190000-3, 502290000-6, 50243000-0) 2 Servizi di trasporto terrestre, inclusi i servizi con furgoni blindati, e servizi di corriere ad esclusione del trasporto di posta 712 (eccetto71235), 7512, 87304 Da 60112000-6 a 60129300-1 (eccetto da 60121000 a 60121600, 60122200-1, 60122230-0), e da 64120000-3 a 641211200-2 Servizi di ricerca di mercato e sondaggio dell’opinione pubblica 864 Da 74130000-9 a 74133000-0, e 74423100-1, 74423110-4 … 10 … 111 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Nomenclatura di riferimento • NACE (Nomenclature statistique des Activités économiques dans la Communauté Européenne), richiamata dal codice nell’elenco dei lavori (Allegato I), con il solo riferimento alla sezione F (costruzioni) • CPC (Central Product Classification), standard elaborato dall’ONU, richiamato dal codice nell’elenco dei servizi (Allegato II) • CPV (Common Procurement Vocabulary), sistema di classificazione comunitario per gli appalti pubblici, adottato dal Regolamento (CE) n. 213/2008 e richiamato dal codice nell’elenco dei lavori (Allegato I) e nell’elenco dei servizi (Allegato II) 112 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti La concessione di lavori pubblici (1/2) La concessione di lavori pubblici è un contratto concluso in forma scritta, avente ad oggetto, in conformità al codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavoro ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al codice. 113 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti La concessione di lavori pubblici (2/2) La differenza rispetto all’appalto consiste nel rischio gravante sul concessionario, che investe proprie risorse da remunerare nel tempo attraverso la gestione dell’opera. Nonostante questo, la concessione di lavori non si sottrae alle disposizioni del codice. Conseguentemente, la concessione di lavori deve essere affidata con procedure di evidenza pubblica per la selezione del contraente (concessionario), sulla base dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità . Tale concetto è stato espresso anche dalla direttiva 2004/18 CE, che precisa come la concessione di lavori “presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori”. 114 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Contratti esclusi (1/3) I “contratti esclusi” sono contratti pubblici di cui alla parte I, titolo II del codice, sottratti del tutto o in parte alla disciplina dello stesso. Non vanno confusi con i contratti dei settori speciali. I contratti esclusi sono generalmente riferiti ad ambiti nei quali il perseguimento di interessi superiori rende necessaria una deroga , parziale o totale, ai principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità sanciti dal decreto. 115 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Contratti esclusi (2/3) Si ritengono esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione del codice i contratti: • relativi alla produzione ed al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, che siano destinati a fini specificamente militari • aventi ad oggetto opere, servizi, forniture destinati ad attività della Banca d’Italia, delle forze armate o dei corpi di polizia per la difesa della nazione o per i compiti di istituto nonché dell’amministrazione della giustizia, o quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato (contratti segretati, esempio: edilizia carceraria) 116 L’AMBITO OGGETTIVO La tipologia dei contratti Contratti esclusi (3/3) L’affidamento dei contratti dichiarati segreti o eseguibili con speciali misure di sicurezza avviene previo esperimento di gara informale a cui sono invitati almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto del contratto e sempre che la negoziazione con più di un operatore economico sia compatibile con le esigenze di segretezza. Il codice non si applica inoltre a contratti stipulati sulla base di un accordo internazionale tra l'Italia e uno o più paesi terzi e riguardante forniture o lavori destinati alla realizzazione o allo sfruttamento congiunti di un’opera da parte degli stati firmatari. 117 L’AMBITO OGGETTIVO Le soglie comunitarie Contratti sopra e sotto soglia (1/3) I contratti “di rilevanza comunitaria” sono i contratti pubblici il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto (i.v.a.) è pari o superiore alle soglie di cui agli articoli 28, 32, co. 1, lett. e), 91, 99, 196, 215, 235, e che non rientrino nel novero dei contratti esclusi I contratti “sotto soglia” sono in contratti pubblici il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto (i.v.a.) è inferiore alle soglie di cui agli articoli. 28, 32, co. 1, lett. e), 91, 99, 196, 215, 235, e che non rientrino nel novero dei contratti esclusi. 118 L’AMBITO OGGETTIVO Le soglie comunitarie Contratti sopra e sotto soglia (2/3) Soglie dei contratti pubblici in vigore per il biennio 2010 – 2011 (attuazione del Regolamento (CE) n. 1177/2009): TIPOLOGIA SOGLIE DI RIFERIMENTO BIENNIO 2010 - 2011 Lavori (settori ordinari e speciali) € 4.845.000,00 Servizi e forniture (settori ordinari) € 193.000,00 Servizi e forniture (amm.ni statali) € 125.000,00 Servizi e forniture (settori speciali) € 387.000,00 119 L’AMBITO OGGETTIVO Le soglie comunitarie Contratti sopra e sotto soglia (3/3) La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che per determinare il valore di un appalto occorre considerare il valore totale dal punto di vista di un potenziale offerente, comprensivo non solo del prezzo che paga la stazione appaltante, ma anche degli introiti provenienti da terzi. Tale affermazione si applica, in particolar modo, al caso delle concessioni. E’ inoltre fatto specifico divieto il frazionamento artificioso, al fine di eludere l’applicazione delle norme relative ai contratti di interesse comunitario. 120 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Introduzione Il novero dei soggetti che sono tenuti al rispetto di procedure di evidenza pubblica per affidare contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, è contenuto in svariate disposizioni del codice. L’ambito delle categorie soggettive varia a seconda del tipo di appalto e, in particolare, a seconda che si tratti di settori ordinari o speciali. Inoltre, in funzione del diverso grado di “pubblicità” del soggetto, varia l’ambito degli obblighi imposti. La categoria soggettiva di “amministrazione aggiudicatrice” esprime il massimo della pubblicità. Vi sono però altre categorie soggettive private, soggette all’osservanza di un numero più ridotto di obblighi. 121 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Le amministrazioni aggiudicatrici (1/3) Sono amministrazioni aggiudicatrici le amministrazioni statali, gli enti pubblici territoriali, gli altri organismi di diritto pubblico, le loro associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati. Per organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo, anche in forma societaria, che: • sia istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale • sia dotato di personalità giuridica • la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altro organismo di diritto pubblico 122 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Le amministrazioni aggiudicatrici (2/3) Sono pertanto da considerarsi, indubbiamente, amministrazioni aggiudicatrici il governo centrale e le amministrazioni statali, le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, e qualsiasi altro ente pubblico di natura territoriale. Di più complessa interpretazione è invece la nozione di organismo di diritto pubblico. In modo particolare, un dibattito giurisprudenziale si è creato intorno al concetto di “esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” . L’orientamento prevalente tende a riconoscere un carattere industriale o commerciale nell’attività di quei soggetti che si pongono sul mercato in regime di concorrenza e che pertanto possono essere soggetti ad utili o perdite. 123 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Le amministrazioni aggiudicatrici (3/3) Secondo tale interpretazione, un soggetto operante sul mercato in diversi business, dovrà essere considerato amministrazione aggiudicatrice con riferimento alle attività per le quali non è soggetto alla generazione di utili o perdite di carattere rilevante, mentre non potrà essere riconosciuto tale con riferimento alle attività per le quali opera sul mercato alla stregua di qualsiasi altro concorrente. Il codice sancisce inoltre come, affinché un soggetto sia riconosciuto come organismo di diritto pubblico, lo stesso debba essere finanziato, controllato o gestito da altri soggetti pubblici. 124 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica I concessionari di lavori pubblici (1/3) Il codice individua tra i soggetti tenuti ad osservare le norme di carattere pubblicistico dallo stesso prescritte, anche i concessionari di lavori pubblici, che non siano amministrazioni aggiudicatrici. Il concessionario esegue l’opera pubblica a proprie spese (totalmente o in parte), e la sfrutta economicamente nel periodo di durata della concessione. In quanto tale, è delegato dal pubblico allo svolgimento di un’attività pubblicistica, ed è pertanto considerato una stazione appaltante soggetta alle prescrizioni del codice (esempio: Autostrade per l’Italia S.p.A., concessionario di costruzione e gestione della rete autostradale a pedaggio nazionale). 125 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica I concessionari di lavori pubblici (2/3) Va comunque rilevato come, il concessionario di lavori pubblici sia soggetto all’osservanza di un numero di obblighi più limitato rispetto ad una amministrazione aggiudicatrice. Ad esempio, nel caso di appalti di lavori affidati dal concessionario di lavori pubblici, il concessionario stesso non è vincolato a seguire una procedura piuttosto che un’altra (aperta, ristretta o negoziata). Entro certi limiti, inoltre, i concessionari di lavori pubblici possono affidare gli appalti di lavori in house, vale a dire ad imprese che si sono raggruppate o consorziate per ottenere la concessione, o ad imprese ad esse collegate. 126 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica I concessionari di lavori pubblici (3/3) La stazione appaltante può però imporre al concessionario l’obbligo di affidare a terzi gli appalti corrispondenti ad una percentuale non inferiore al 30% del valore globale dei lavori oggetto della concessione. Inoltre per le concessioni anteriori al giugno 2002, vi è l’obbligo per il concessionario di affidare a terzi almeno il 40% dei lavori. Laddove l’affidamento in house è ammesso (perché non si violano gli obblighi legali,o imposti dal bando, di esternalizzazione di una percentuale di lavori), non occorre rispettare alcuna procedura di evidenza pubblica. 127 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Le società con capitale pubblico (1/2) Il codice contempla, inoltre, le società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che abbiano ad oggetto della loro attività la realizzazione di opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza. Tali società miste, nel caso di capitale pubblico non prevalente, non potrebbero, infatti, rientrare nella categoria delle amministrazioni aggiudicatrici. In sede di costituzione della società, la scelta del socio privato di una società a capitale pubblico andrà fatta con procedura ad evidenza pubblica. 128 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Le società con capitale pubblico (2/2) Qualora una società con capitale pubblico debba procedere all’esecuzione di un’opera o di un servizio, può evitare di ricorrere ad una ulteriore procedura di evidenza pubblica, se ricorrono le seguenti condizioni: • i lavori o i servizi sono quelli per i quali la società è stata specificamente costituita • in relazione a tali lavori o servizi il socio privato dispone di idonea qualificazione • l’opera o il servizio viene eseguita direttamente da parte della società, con mezzi propri, in misura uguale o superiore al 70% del relativo importo (la restante percentuale affidata a terzi assumerebbe i connotati di un subappalto, per il quale non è necessaria la procedura di evidenza pubblica). 129 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica I soggetti privati che eseguono lavori o servizi con finanziamento pubblico Il codice include, inoltre, tra i soggetti sottoposti all’applicazione delle norme di carattere pubblicistico dallo stesso prescritte, i soggetti privati che ricevono contributi pubblici per l’esecuzione di lavori o servizi in misura non inferiore al 50% dell’importo dei lavori o servizi. E’ il caso, ad esempio, di soggetti privati che intendono avvalersi di contributi pubblici per la costruzione di impianti sportivi o ricreativi. Il codice prevede, in tal caso, che il provvedimento che concede la sovvenzione ponga come condizione il rispetto delle norme previste dal codice stesso, e che il 50% della sovvenzione venga erogato solo dopo l’avvenuto affidamento dell’appalto, previa verifica, da parte del sovvenzionatore, che la procedura di affidamento si è svolta nel rispetto del codice. 130 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Soggetti privati responsabili delle opere di urbanizzazione a scomputo I soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, sono tenuti ad affidare tali opere tramite procedura di evidenza pubblica. L’amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che il privato presenti, in sede di richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare delle opere da eseguire, con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. Sulla base del progetto preliminare, la stessa amministrazione procederà, poi, all’esperimento della gara. 131 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Gli enti aggiudicatori dei settori speciali (1/4) Nei settori speciali, soggetti obbligati al rispetto delle procedure di evidenza pubblica e all’osservanza delle altre regole pubblicistiche sono gli “enti aggiudicatori”, che comprendono: • le amministrazioni aggiudicatrici, come già definite, e dunque comprensive degli organismi di diritto pubblico • le imprese pubbliche • i soggetti diversi dalle prime due categorie che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi loro concessi dall’autorità competente 132 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Gli enti aggiudicatori dei settori speciali (2/4) Le imprese pubbliche sono imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, alternativamente o cumulativamente: • detengono la maggioranza del capitale sottoscritto • controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa • hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa. 133 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Gli enti aggiudicatori dei settori speciali (3/4) I diritti speciali o esclusivi sono diritti costituiti per legge, regolamento o in virtù di una concessione o altro provvedimento amministrativo, avente l’effetto di riservare a uno o più soggetti l’esercizio di un’attività rientrante nei settori speciali (gas, energia termica ed elettricità, acqua, servizi di trasporto, servizi postali, produzione ed estrazione di petrolio, gas carbone e altri combustibili solidi, porti e aeroporti) e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri soggetti di esercitare tale attività 134 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica Gli enti aggiudicatori dei settori speciali (4/4) Gli elenchi, esemplificativi e non tassativi, degli enti aggiudicatori dei settori speciali sono contenuti nell’allegato VI al codice. Alcuni esempi: • SNAM Rete Gas S.p.A. • Società del gruppo Enel alle quali sono state conferite le attività di produzione, trasmissione e distribuzione di elettricità • Soggetti incaricati della gestione del servizio idrico nelle sue varie fasi • Ferrovie dello Stato S.p.A. • Trenitalia S.p.A. • Poste Italiane S.p.A. 135 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare Elenco dei soggetti ammessi (1/2) L’elenco dei soggetti ammessi alle gare è contenuto nell’art. 34 del codice. Sono ammessi alle gare: • gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative • i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro, e i consorzi tra imprese artigiane • i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro 136 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare Elenco dei soggetti ammessi (2/2) • i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui ai precedenti punti, i quali, prima della presentazione dell’offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l’offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti • i consorzi ordinari di concorrenti, costituiti tra i soggetti di cui ai primi tre punti, anche in forma di società • i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) • operatori economici stabiliti in altri stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi paesi. 137 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare Gli imprenditori individuali e le società (1/3) In relazione ai concorrenti in forma individuale, il codice fa riferimento a imprenditori e società commerciali e cooperative, vale a dire a soggetti che agiscono a fini di lucro. Sembrano però esclusi i professionisti, nonché le società non commerciali e gli enti senza fini di lucro. L’esclusione, tuttavia, non è compatibile con il diritto comunitario, se il soggetto, pur non avendo la veste giuridica indicata nell’art.34, abbia comunque la sostanza di “operatore economico”. Con il termine “operatore economico” si intende l’imprenditore, il fornitore o il prestatore di servizi, o un raggruppamento o consorzio di essi, ovvero qualsiasi soggetto che sia adibito all’esercizio professionale di una attività economica. 138 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare Gli imprenditori individuali e le società (2/3) Secondo il diritto comunitario, pertanto, vanno esclusi dal novero dei soggetti ammessi alle gare solamente quei soggetti, quali gli enti pubblici non economici, le università o i dipartimenti universitari, che rivestono una finalità diversa dall’attività economica. Va invece considerato operatore economico chi opera professionalmente con fine di lucro, o quanto meno con un criterio di economicità volto a perseguire la copertura dei costi, e in condizione di parità con gli altri operatori del mercato. 139 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare Gli imprenditori individuali e le società (3/3) Nel caso di un professionista, quando il bando di gara, richiamando l’art.34 non lo includa esplicitamente tra i soggetti ammessi a partecipare alla procedura, è opportuno presentare ricorso amministrativo avverso il bando stesso (entro 60 giorni dalla data di pubblicazione). La presentazione di un ricorso avverso l’esclusione avvenuta in forza di un’esplicita previsione del bando (lex specialis), potrebbe del resto avere dei profili di inammissibilità. Quanto detto vale, in particolar modo, quando il bando precluda apertamente la partecipazione del professionista richiedendo, ad esempio, ai soggetti partecipanti, la produzione di copia del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA). 140 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I consorzi tra società cooperative I consorzi di cooperative di produzione e lavoro e i consorzi di imprese artigiane sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara. In caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato. Da tale previsione si desume, a contrario, che non è preclusa la partecipazione alla medesima gara del consorzio e di consorziati diversi da quelli per i quali il consorzio concorre. 141 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I consorzi stabili (1/2) Si intendono per consorzi stabili quelli formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa. A differenza del consorzio ordinario, il consorzio stabile ha una durata ed una composizione consortile minima prefissata, e soprattutto è caratterizzato dalla presenza di una comune impresa effettivamente costituita, dedicata allo svolgimento di una serie di attività permanenti nel tempo. Tale elemento non si riscontra, generalmente, nel consorzio ordinario, normalmente costituito per la realizzazione di un singolo appalto. 142 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I consorzi stabili (2/2) I consorzi stabili eseguono i lavori o con la propria struttura, o tramite i consorziati indicati in sede di gara, senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. I consorzi stabili sono tenuti ad indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara. In caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato. E’ inoltre vietata la partecipazione a più di un consorzio stabile. 143 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I raggruppamenti temporanei di concorrenti (a.t.i.) (1/5) Nel caso di lavori, per raggruppamento temporaneo di tipo verticale si intende una riunione di concorrenti nell’ambito della quale uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente; per lavori scorporabili si intendono lavori non appartenenti alla categoria prevalente e così definiti nel bando di gara, assumibili da uno dei mandanti. Per raggruppamento di tipo orizzontale si intende una riunione di concorrenti finalizzata a realizzare i lavori della stessa categoria. Nell’ambito di un’a.t.i. verticale, i lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori uniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale (a.t.i. mista). 144 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I raggruppamenti temporanei di concorrenti (a.t.i.) (2/5) Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie. Per raggruppamento orizzontale si intende quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione. Le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie. 145 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I raggruppamenti temporanei di concorrenti (a.t.i.) (3/5) Nel caso di a.t.i. orizzontale, l’offerta dei concorrenti raggruppati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti di un eventuale subappaltatore e dei fornitori. Nel caso di a.t.i. verticale, per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario (capogruppo). I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento. 146 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I raggruppamenti temporanei di concorrenti (a.t.i.) (4/5) E’ fatto divieto ai concorrenti di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di partecipare alla gara anche in forma individuale qualora abbia partecipato alla gara medesima in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti. L’incompatibilità riguarda la partecipazione contemporanea come singolo e come componente di un’a.t.i., la partecipazione contemporanea in due o più a.t.i., la contemporanea partecipazione in un’a.t.i. e in un consorzio, e la contemporanea partecipazione in due consorzi. 147 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I raggruppamenti temporanei di concorrenti (a.t.i.) (5/5) E’ consentita la presentazione di offerte da parte di a.t.i. anche se non ancora costituita. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno il raggruppamento temporaneo di concorrenti, e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti. L’istituto dell’a.t.i. costituenda consente pertanto, ai soggetti che intendono eseguire l’appalto in un raggruppamento, di costituire formalmente un soggetto comune, con atto notarile, solo in caso di effettiva aggiudicazione della procedura di evidenza pubblica. 148 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I consorzi ordinari di concorrenti (1/2) Come le a.t.i., anche i consorzi ordinari possono essere di tipo orizzontale, verticale o misto. L’offerta dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti di un eventuale subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario. 149 L’AMBITO SOGGETTIVO I soggetti ammessi alle gare I consorzi ordinari di concorrenti (2/2) E’ consentita la presentazione di offerte da parte di consorzi ordinari, non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno il consorzio ordinario di concorrenti e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti. E’ vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta. 150 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Introduzione L’articolo 38 del codice elenca un totale di 14 requisiti di ordine generale che devono essere posseduti dal concorrente. In caso di difetto di uno di essi, l’esclusione è obbligatoria. Le cause di esclusione rilevano non solo al fine della partecipazione alla gara, ma anche al fine del subappalto e della stipula del contratto. Di conseguenza, esse valgono sia per l’aggiudicatario che per un eventuale subesecutore, e vanno accertate non solo al fine della partecipazione alla gara, ma anche al fine della stipulazione del contratto; qualora l’aggiudicatario, inizialmente in possesso dei requisiti, li perda prima della stipulazione, va pronunciata la decadenza dell’aggiudicazione. 151 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le procedure concorsuali Sono innanzitutto esclusi coloro che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Non viene fatto alcun riferimento all’amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi, procedura ritenuta non incompatibile con la partecipazione a pubblici appalti. 152 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le misure di prevenzione (1/2) Sono esclusi coloro nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3, legge legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), o sussista una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.575 (Disposizioni contro la mafia). L’esclusione o il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo; i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; gli amministratori muniti di potere di rappresentanza o il direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società. 153 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le misure di prevenzione (2/2) Le misure di prevenzione vengono adottate dal prefetto competente non sulla base di una sentenza penale di condanna, ma della semplice esistenza di indagini in corso a carico del soggetto. Il loro scopo è prevenire che soggetti sospettati di pericolosità per la pubblica sicurezza o la pubblica moralità, o di mafiosità, abbiano condotte che integrino fattispecie di reato. Sarà così vietata, ad esempio, la partecipazione ad una gara d’appalto di un imprenditore cui sia stato imposto il divieto di soggiorno ricadente su una certa area. 154 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le condanne penali (1/3) E’ causa di esclusione l’aver riportato condanne penali definitive per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale o per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio. La categoria dei “reati gravi” non è definita compiutamente. Si lascia, pertanto, ampio margine di discrezionalità alla stazione appaltante nel valutare la gravità e l’incidenza di una condanna sulla moralità professionale dell’appaltatore, fornendo però, in relazione alla decisione adottata, una adeguata e congrua motivazione. 155 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le condanne penali (2/3) Posto che le condanne penali si riferiscono a persone fisiche, il codice stabilisce a quali esse devono riferirsi per procedersi all’esclusione. In particolare, l’esclusione o il divieto operano se la sentenza o il decreto penale di condanna sono stati emessi nei confronti del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. 156 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le condanne penali (3/3) In ogni caso l’esclusione o il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata. In ogni caso, è consentita la partecipazione alle gare d’appalto di un soggetto nei confronti del quale sia stata dichiarata la riabilitazione, o per il quale ricorrano le condizioni di estinzione del reato a seguito di patteggiamento. 157 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Il divieto di intestazione fiduciaria Sono esclusi coloro che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria imposto dall’articolo 17 legge 55/1990 (Nuove disposizioni per la prevenzione e la delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale). L’intestazione fiduciaria consiste in un rapporto attraverso il quale un soggetto gestisce una determinata impresa per conto di altro soggetto, senza che si abbia all’esterno evidenza di tale rapporto. La ratio sottesa a tale causa di esclusione è pertanto quella di consentire alle amministrazioni di avere sempre certezza sulla reale identità dei propri interlocutori contrattuali, per prevenire il rischio di infiltrazioni occulte delle organizzazioni mafiose nell’esecuzione di pubblici appalti. 158 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le infrazioni giuslavoristiche, previdenziali e assistenziali . La violazione delle norme a tutela dei diversamente abili (1/3) Sono causa di esclusione le gravi infrazioni in materia di sicurezza e obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, e in materia di contributi previdenziali ed assistenziali. Le violazioni delle norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro devono essere, oltre che gravi, “debitamente accertate”, e risultare dai dati in possesso dell’Osservatorio. Le violazioni in materia di contributi previdenziali ed assistenziali devono essere “definitivamente accertate”. 159 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le infrazioni giuslavoristiche, previdenziali e assistenziali . La violazione delle norme a tutela dei diversamente abili (2/3) Deve, cioè, non essere più possibile, per il concorrente, presentare alcun tipo di ricorso avverso tali accertamenti. Sono definite “gravi” le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.) Costituisce requisito di partecipazione alla gara anche la dichiarazione prevista dall’articolo 17 della legge 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), sull’osservanza della normativa a tutela di tali soggetti. 160 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le infrazioni giuslavoristiche, previdenziali e assistenziali . La violazione delle norme a tutela dei diversamente abili (3/3) In particolare, è fatto obbligo ai datori di lavoro di avere alle loro dipendenze lavoratori diversamente abili nella seguente misura: • sette percento dei lavoratori occupati, se si occupano più di 50 dipendenti • due lavoratori, se si occupano da 36 a 50 dipendenti • un lavoratore, se si occupano da 15 a 35 dipendenti In realtà, per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti l’obbligo si applica solo in caso di nuove assunzioni effettuate dopo il 18 gennaio 2000 (data di entrata in vigore della legge). 161 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La frode o grave negligenza nell’esecuzione di precedenti contratti e l’errore professionale grave (1/2) Sono esclusi i concorrenti che hanno eseguito precedenti contratti con la medesima stazione appaltante, commettendo grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate. E’ pertanto legittima, ad esempio, l’esclusione di un concorrente che, in occasione di un precedente rapporto contrattuale di appalto con la stessa stazione, abbia messo in atto ripetuti inadempimenti contrattuali. Non è indispensabile che tale negligenza o malafede sia stata accertata in sede giurisdizionale, la valutazione sul passato atteggiamento del concorrente è rimessa ad una motivata valutazione della stazione appaltante. 162 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La frode o grave negligenza nell’esecuzione di precedenti contratti e l’errore professionale grave (2/2) Oltre alla negligenza o malafede in precedenti rapporti contrattuali, è causa di esclusione il grave errore professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante, anche su segnalazione di un’altra impresa partecipante alla procedura. A differenza del caso precedente, l’errore professionale grave che è causa di esclusione può essere stato commesso anche in appalti diversi da quelli affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara. 163 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le infrazioni fiscali Sono esclusi i concorrenti che hanno commesso violazioni gravi definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse, secondo la legislazione italiana, ovvero quella dello Stato in cui sono stabiliti. Sono causa di esclusione solo le violazioni “definitivamente accertate”, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse, sicché nel caso in cui la sanzione tributaria sia stata impugnata, mancando la definitività dell’accertamento, non vi è causa di esclusione dalla gara. 164 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Le false dichiarazioni su requisiti e condizioni rilevanti per partecipare a pubbliche gare Sono esclusi i concorrenti che nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, o false dichiarazioni per l’affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in possesso dell’osservatorio. Le false dichiarazioni devono avere ad oggetto o i requisiti o le condizioni rilevanti per partecipare a procedure di gara, dunque possono riferirsi a requisiti soggettivi del concorrente, o a condizioni imposte dalla stazione appaltante (ad esempio la presa visione dei luoghi). 165 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale Il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione Sono esclusi coloro che sono destinatari di sanzioni interdittive della possibilità di contrarre con pubbliche amministrazoni. Il riferimento è, in primo luogo, alle imprese cui sia stata irrogata tale sanzione a seguito della commissione di un illecito amministrativo. In secondo luogo, ci si riferisce alle imprese cui sia stato imposto tale divieto a seguito di assunzione di mano d’opera in nero o in caso di violazione delle norme in materia di sicurezza. Tale previsione è tuttavia superflua, in quanto l’esclusione è, in tali casi, già prevista dal decreto. Infine, l’ipotesi generale è una qualsivoglia sanzione amministrativa o penale, o misura di prevenzione, che comporti il divieto di contrarre con le pubbliche amministrazioni. 166 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La sospensione o la decadenza dell’attestazione SOA Un’ulteriore causa di esclusione riguarda i soggetti nei cui confronti sia stata applicata la sospensione o la decadenza dell’attestazione SOA per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazione mendaci, risultanti dal casellario informatico. La produzione di falsa documentazione o di dichiarazioni mendaci è, pertanto, condizione necessaria. Non può essere sancita l’esclusione del concorrente in forza di altre cause di decadenza dell’attestazione. Tale previsione implica che, laddove ad un soggetto viene sospesa o dichiarata decaduta l’attestazione SOA perché esso ha reso falsa documentazione o dichiarazioni mendaci, tale soggetto sia escluso da qualsivoglia pubblica gara, anche quelle di servizi o forniture, e quelle di lavori di importo inferiore a 150.000 euro. 167 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale L’omissione della denuncia di concussione o di estorsione Il concorrente deve essere escluso, inoltre, quando uno dei soggetti richiamati con riferimento alle misure di prevenzione (titolare, direttore tecnico, soci, ecc.), pur essendo stata vittima dei reati di concussione o di estorsione, non risulti aver denunciato i fatti all’autorità giudiziaria. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’ Autorità, la quale ne cura la pubblicazione sul sito dell’Osservatorio. E’ esente da tale previsione il soggetto che non abbia presentato denuncia per uno stato di necessità. 168 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La sussistenza di una situazione di controllo formale o sostanziale (1/2) Sono infine esclusi i concorrenti che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o, in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale. Il richiamo al codice civile, sancisce l’esclusione in forza di un controllo “formale” di un concorrente nei confronti di un altro. Tale situazione si verifica: • quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società • quando una società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società 169 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La sussistenza di una situazione di controllo formale o sostanziale (2/2) • quando una società esercita un’influenza dominante nei confronti di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Il codice, tuttavia, richiama anche il principio di un controllo “formale” di un concorrente nei confronti di un altro partecipante alla medesima procedura, indipendente da elementi oggettivi riscontrabili nella natura societaria della due imprese. Per la determinazione di tale tipologia di controllo, la giurisprudenza ha elaborato alcuni elementi indiziari, quali il grado di parentela tra gli amministratori delle due società, la coincidenza delle sedi legali, dei numeri di fax o degli indirizzi mail, o, ancora, la coincidenza delle data di spedizione delle offerte. 170 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La prova dei requisiti di ordine generale (1/4) Per la prova dei requisiti di ordine generale, è ammissibile la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, in conformità al d.P.R. n.445/2000. Quando si effettua una dichiarazione sostitutiva che richiami un disposto normativo, come avviene in tal caso con riferimento all’art. 38 del codice, occorre riprodurre la norma stessa nel suo contenuto integrale ed analitico. Se, pertanto, il concorrente riproduce nella dichiarazione sostitutiva solo alcune, e non tutte le lettere dell’articolo 38, o solo una parte del contenuto delle singole lettere, effettua una dichiarazione incompleta, che è di per sé causa di esclusione dalla gare, indipendentemente dall’effettivo possesso, da parte del concorrente, della totalità dei requisiti. 171 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La prova dei requisiti di ordine generale (2/4) L’amministrazione procede poi, d’ufficio, agli accertamenti in merito alle dichiarazioni rese dai concorrenti sul possesso dei requisiti di ordine generale. Ai fini degli accertamenti in ordine alle condanne penali e alle misure di prevenzione, le stazioni appaltanti possono conseguire dal competente ufficio del casellario giudiziale i certificati completi, vale a dire quelli rilasciati su richiesta del pubblico ministero, che contengono anche le condanne per le quali è stato concesso il beneficio della non menzione sui certificati rilasciati a richiesta dei privati. 172 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La prova dei requisiti di ordine generale (3/4) Al momento della stipula del contratto, è richiesto al concorrente affidatario di presentare la certificazione di regolarità contributiva (d.u.r.c.) in orginale, e non mediante dichiarazione sostitutiva. La prova relativa all’assenza di violazioni gravi definitivamente accertate in merito al pagamento di imposte e tasse viene compiuta dall’amministrazione richiedendo copia dell’estratto di ruolo alla competente sede dell’ Agenzia delle entrate. La verifica riguardo alle infrazioni alle norme in materia di sicurezza e agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, alle false dichiarazioni in merito ai requisiti, alla sospensione o decadenza dell’attestazione SOA, e all’omissione di denuncia di concussione o di estorsione viene svolta accedendo al casellario informatico dell’Osservatorio. 173 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE Requisiti di carattere generale La prova dei requisiti di ordine generale (4/4) Ai fini della prova dell’assenza di situazioni di controllo formale o sostanziali nei confronti di altri partecipanti alla medesima procedura il concorrente allega, alternativamente: • la dichiarazione di non trovarsi in alcuna situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile nei confronti di alcun soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente • la dichiarazione di non essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile, e di aver formulato l’offerta autonomamente • la dichiarazione di essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile, e di aver formulato l’offerta autonomamente. 174 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione SOA (1/4) Per i lavori di importo superiore a 150.000 euro, il codice conferma il precedente sistema unico di qualificazione SOA, introdotto dalla legge Merloni. Tale sistema di qualificazione è disciplinato dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207- “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163”. L’attestazione di qualificazione rilasciata a norma di tale decreto costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici. 175 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione SOA (2/4) Le imprese sono qualificate per categorie di opere generali e per categorie di opere specializzate. CATEGORIE GENERALI OG 1 Edifici civili e industriali OG 2 Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela OG 3 Strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, metropolitane … OG 13 Opere di ingegneria naturalistica CATEGORIE SPECIALIZZATE OS 1 Lavori in terra OS 2-A Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale, … OS 2-B Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario … OS 35 Interventi a basso impatto ambientale 176 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione SOA (3/4) Nell’ambito delle categorie loro attribuite, le imprese sono classificate secondo differenti livelli di importo. CLASSIFICA IMPORTO I fino a € 258.000 II fino a € 516.000 III fino a € 1.033.000 III – bis fino a € 1.500.000 IV fino a € 2.582.000 IV – bis fino a € 3.500.000 V fino a € 5.165.000 VI fino a € 10.329.000 VII fino a € 15.494.000 VIII oltre € 15.494.000 177 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione SOA (4/4) La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto. Nel caso di imprese raggruppate o consorziate, la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara. L’attestazione di qualificazione viene rilasciata all’impresa da una Società Organismo di Attestazione (SOA). 178 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (1/6) Per moralizzare il sistema SOA, e arginare il fenomeno delle attestazioni rilasciate sulla base di falsi documenti, sono stati previsti obblighi rigorosi a carico della SOA. Le SOA devono essere costituite nella forma di società per azioni, la cui denominazione sociale deve espressamente contenere la locuzione “organismi di attestazione”; la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica. Il capitale sociale deve essere almeno pari a 1.000.000 di euro, interamente versato. 179 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (2/6) Il patrimonio netto dell’ultimo bilancio depositato deve essere almeno pari al capitale sociale. Il bilancio delle SOA deve essere certificato dalle società di revisione, iscritte nell’apposito albo, secondo i criteri stabiliti dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni (albo speciale delle società di revisione). Lo statuto deve prevedere come oggetto esclusivo lo svolgimento delle attività di attestazione e di effettuazione dei connessi controlli tecnici sulle imprese di costruzione. 180 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (3/6) Non possono svolgere attività di attestazione le SOA: • che si trovano in stato di fallimento, liquidazione, concordato preventivo • che sono soggette a procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni • che non sono in regola con gli obblighi fiscali, contributivi ed assistenziali previsti dalla vigente legislazione, o abbiano commesso gravi violazioni debitamente accertate delle norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro 181 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (4/6) • qualora nei confronti dei propri amministratori, legali rappresentanti, soci diretti o indiretti, direttori tecnici e del personale, sia pendente un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione prevista dall’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), o sussista una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.575 (Disposizioni contro la mafia), ovvero nei cui confronti sia stato emanato un provvedimento da cui derivi il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione 182 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (5/6) • qualora nei confronti dei propri amministratori, legali rappresentanti, soci diretti o indiretti, direttori tecnici e del personale, sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato per qualsiasi reato che incida sulla affidabilità morale o professionale, o per delitti finanziari • qualora i propri amministratori, legali rappresentanti, soci diretti o indiretti, direttori tecnici e del personale, si siano resi responsabili di errore professionale grave formalmente accertato • qualora i propri amministratori, legali rappresentanti, soci diretti o indiretti, direttori tecnici e del personale abbiano reso false dichiarazioni in merito alle informazioni loro richieste o all’assenza di situazioni idonee a pregiudicare il requisito dell’indipendenza. 183 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici Le Società Organismi Attestazione (SOA) (6/6) Ai fini del controllo e della vigilanza sulla composizione azionaria delle SOA, sulla persistenza del requisito di indipendenza e l’assenza delle condizioni di preclusione dello svolgimento dell’attività di attestazione, l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici può richiedere, indicando il termine per la risposta non superiore a dieci giorni, ogni informazione riguardante i nominativi dei soci e le eventuali situazioni di controllo o collegamento. 184 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attività di attestazione (1/5) Ogni attestazione di qualificazione o di suo rinnovo è soggetta al pagamento di un corrispettivo determinato in rapporto all’importo complessivo ed al numero delle categorie generali o specializzate cui si richiede di essere qualificati, secondo le formule di cui all’allegato C del decreto. Tali importi sono considerati corrispettivo minimo della prestazione resa. Non può essere previsto il pagamento di un corrispettivo determinato in misura maggiore del doppio di quello determinato secondo le formule di cui all’allegato C del decreto. 185 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attività di attestazione (2/5) L’attività di attestazione è esercitata nel rispetto del principio di indipendenza di giudizio, garantendo l’assenza di qualunque interesse commerciale o finanziario che possa determinare comportamenti non parziali o discriminatori. Le SOA nell’esercizio dell’attività di attestazione svolgono funzioni di natura pubblicistica; ciò implica che, in caso di false attestazioni dalle stesse rilasciate, si applichino le norme penali in tema di falso materiale e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico. Tale connotazione in termini pubblicistici mira, evidentemente, a prevenire il rilascio di attestazioni non veritiere. 186 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attività di attestazione (3/5) Al fine della qualificazione, le SOA possono acquisire i certificati di esecuzione dei lavori pubblici esclusivamente tramite l’Osservatorio dei contratti pubblici, cui tali certificati sono trasmessi, in copia, dalle stazioni appaltanti. Per i lavori eseguiti all’estero da imprese stabilite in Italia, il richiedente produce alla SOA la certificazione di esecuzione dei lavori, corredata dalla copia del contratto, da ogni documento comprovante i lavori eseguiti e, laddove emesso, dal certificato di collaudo. Nel caso di committenza pubblica, la certificazione è acquisita direttamente dall’interessato presso il committente. 187 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attività di attestazione (4/5) Nel caso di lavori eseguiti su committenza privata, per i quali nel paese di esecuzione degli stessi è prevista una certificazione da parte di organismi pubblici, la certificazione è acquisita dall’interessato direttamente presso l’organismo pubblico. In entrambi i casi l’interessato richiede la legalizzazione del certificato, rilasciata dalla autorità consolari italiane all’estero. Nel caso di lavori eseguiti su committenza privata, per i quali nel paese di esecuzione degli stessi non è prevista una certificazione da parte di organismi pubblici, la certificazione è rilasciata da un tecnico di fiducia del consolato. 188 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attività di attestazione (5/5) Una volta conseguita la certificazione, il consolato italiano la trasmette alla competente struttura centrale del Ministero degli affari esteri, che provvede ad inserirla nel casellario informatico del’Osservatorio dei contratti pubblici. In tal modo, le SOA possono e devono effettuare un riscontro tra i certificati esibiti dall’impresa ed i fati risultanti dall’Osservatorio. 189 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (1/13) L’attestazione di qualificazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici. Pertanto, le stazioni appaltanti non possono richiedere ai concorrenti la dimostrazione della qualificazione con modalità, procedure e contenuti diversi dalla presentazione dell’attestazione di qualificazione. Le attestazioni rilasciate dalle SOA devono indicare espressamente le referenze che ne hanno permesso il rilascio, e i dati da esse risultanti non possono essere contestati immotivatamente. 190 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (2/13) Con tali prescrizioni formali, si vuole che l’attestazione non sia un semplice “diploma” privo di contenuto sostanziale, e che essa consenta alle stazioni appaltanti di percepire immediatamente il curriculum dell’impresa. Gli attestati hanno un duplice contenuto: • da un lato, e in via necessaria, l’accertamento del possesso dei requisiti di ordine generale, e di quelli di carattere economico-finanziario e tecnico-organizzativo, adeguati a categorie e classifiche • dall’altro, e in via eventuale, il possesso da parte dell’impresa di una certificazione di sistema qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 191 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (3/13) Il possesso della certificazione di qualità aziendale, infatti, rilasciato da organismi di certificazione accreditati, deve essere attestato dalle SOA, affinché possa essere utilizzato ai fini della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica. Il possesso della certificazione di qualità aziendale è incentivato mediante il riconoscimento alle imprese che ne sono in possesso del beneficio della riduzione del 50% dell’importo della garanzia di mantenimento dell’offerta e della garanzia di esecuzione. Inoltre, il possesso del sistema qualità aziendale è condizione necessaria ai fini della qualificazione in classifiche superiori alla II. 192 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (4/13) Le SOA trasmettono all’Autorità, entro quindici giorni dal loro rilascio, le attestazioni, inserendole telematicamente nel casellario informatico dell’Osservatorio. L’ Autorità, sulla base delle attestazioni trasmesse dalle SOA, cura la formazione su base regionale, con riferimento alla sede legale dei soggetti qualificati, di elenchi delle imprese che hanno conseguito la qualificazione. Tali elenchi sono resi pubblici tramite l’Osservatorio. L’articolazione regionale degli elenchi appare, in realtà, un inutile appesantimento burocratico di cui non vi è ragione, atteso che il sistema di qualificazione è nazionale e non vi sono limiti territoriali regionali alla partecipazione alle gare. 193 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (5/13) L’attestazione è efficace per cinque anni, ma è sottoposta a verifica entro il terzo anno, volta ad acclarare il perdurare dei requisiti. Per la verifica triennale, in data non antecedente a novanta giorni prima della scadenza del termine triennale, l’impresa che intende conseguire il rinnovo dell’attestazione deve stipulare un nuovo contratto con la medesima SOA o con un’altra autorizzata. L’impiego di SOA diversa da quella originaria è consentito quando quest’ultima sia sottoposta ad un provvedimento di sospensione ovvero di decadenza. 194 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (6/13) Qualora l’impresa si sottoponga a verifica dopo la scadenza del triennio di validità dell’attestazione, la stessa non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio fino alla data di effettuazione della verifica con esito positivo. La SOA nei quarantacinque giorni successivi alla stipula del contratto compie la procedura di verifica triennale. La procedura può essere sospesa per chiarimenti per un periodo non superiore a quarantacinque giorni; trascorso tale periodo di sospensione, e comunque trascorso un periodo complessivo non superiore a novanta giorni dalla stipula del contratto, la SOA è tenuta a dichiarare l’esito della procedura. 195 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (7/13) Dell’esito della procedura di verifica la SOA informa l’impresa e l’Autorità, inviando all’Osservatorio l’attestato revisionato o comunicando all’impresa e all’Autorità l’eventuale esito negativo. In quest’ultimo caso l’attestato decade dalla data indicata nella comunicazione, comunque non successiva alla data di scadenza del triennio. L’efficacia della verifica decorre dalla data di scadenza del triennio; ove la verifica sia compiuta dopo tale scadenza, l’efficacia della stessa decorre dalla data di effettuazione della verifica. 196 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (8/13) L’ Autorità provvede periodicamente alla verifica a campione di un numero di attestazioni rilasciate dalle SOA, di anno in anno fissato dalla stessa Autorità. Inoltre qualunque impresa interessata può denunciare all’ Autorità l’esistenza di attestazioni SOA viziate, facendo sorgere in capo all’ Autorità un dovere di verifica. La decadenza dell’attestazione di qualificazione, motivata dalla circostanza che essa si fondava su falsi documenti o dichiarazioni mendaci, è causa di risoluzione dei contratti di appalto in corso, e causa di esclusione da qualsivoglia gara per contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture. 197 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (9/13) Quale che sia la categoria e la classifica, per conseguire l’attestazione di qualificazione occorre senz’altro il possesso di tutti i requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 del codice. Il d.P.R. 207/2010 prescrive inoltre i requisiti di ordine speciale occorrenti per la qualificazione: • adeguata capacità economica e finanziaria • adeguata idoneità tecnica e organizzativa • adeguata dotazione di attrezzature tecniche • adeguato organico medio annuo Di ciascuno di tali elementi, il decreto indica il contenuto ed i mezzi di prova. 198 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (10/13) L’adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata: • da idonee referenze bancarie • dalla cifra d’affari relativa ai lavori eseguiti regolarmente e con buon esito nel quinquennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con le SOA, non inferiore al 100% degli importi delle classifiche richieste nelle varie categorie • limitatamente ai soggetti tenuti alla redazione del bilancio, dal patrimonio netto riferito all’ultimo bilancio depositato, di valore positivo 199 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (11/13) L’adeguata idoneità tecnica è dimostrata: • con la presenza di idonea direzione tecnica, qualificata secondo un titolo di studio minimo differente a seconda della classifica richiesta • dall’esecuzione di lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 90% di quello della classifica richiesta • dall’esecuzione di un singolo lavoro, in ogni singola categoria oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 40% dell’importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori, nella stessa categoria, di importo complessivo non inferiore al 55% dell’importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella stessa categoria, di importo complessivo non inferiore al 65% dell’importo della qualificazione richiesta. 200 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (12/13) L’impresa che intende ottenere l’attestazione di qualificazione deve stipulare apposito contratto con una delle SOA autorizzate, con obbligo di produrre il certificato della camera di commercio, industria e artigianato, completo di attestazione antimafia, dal cui oggetto sociale risultino le attività riconducibili alle categorie di opere generali e specializzate richieste. La SOA svolge l’istruttoria e gli accertamenti necessari alla verifica dei requisiti di qualificazione e compie la procedura di rilascio dell’attestazione entro novanta giorni dalla stipula del contratto. La procedura può essere sospesa per chiarimenti per un periodo complessivamente non superiore a novanta giorni. Trascorso tale periodo o comunque trascorso un periodo non superiore a centottanta giorni dalla stipula del contratto, la SOA è tenuta a rilasciare l’autorizzazione o il diniego di rilascio della stessa. 201 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici L’attestazione di qualificazione (13/13) A prescindere dalla verifica triennale, può sorgere l’esigenza di conseguire il rinnovo dell’attestazione, ad esempio per conseguire una modifica di categoria o classifica. Il rinnovo dell’attestazione può essere richiesto sempre che siano decorsi novanta giorni dal rilascio dell’attestazione originaria. Il rinnovo dell’attestazione avviene alle stesse condizioni e con le stesse modalità previste per il primo rilascio; dalla data della nuova attestazione decorre il termine di efficacia quinquennale. 202 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione del concorrente singolo Il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori, ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente 203 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione dei consorzi di cooperative (1/2) I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro o dei consorzi tra imprese artigiane, devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, salvo quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio, ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate. Da tale principio, deriva, che un consorzio tra società cooperative o tra imprese artigiane non può cumulare i requisiti delle singole consorziate in materia di capacità economico-finanziaria e tecnico organizzativa; tali requisiti devono essere posseduti in proprio dal consorzio stesso. 204 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione dei consorzi di cooperative (2/2) D’altra parte, il consorzio può svolgere la funzione di “procacciatore di contratti d’appalto”, aggiudicandosi l’esecuzione di servizi in virtù della qualificazione in proprio possesso, e assegnandone l’esecuzione a specifiche consorziate, indipendentemente da requisiti in capo a queste ultime. Secondo tale principio, affermato tanto dalla giurisprudenza, quanto dall’ Autorità, una cooperativa o un’impresa artigiana prive di attestazione SOA possono essere indicate come società esecutrici dei lavori da un consorzio in possesso di tale attestazione, in conformità alle previsioni del bando. 205 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione dei consorzi stabili (1/2) Il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. Per i lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle singole imprese consorziate. Qualora la somma delle classifiche delle imprese consorziate non coincida con una delle classifiche di cui al regolamento, la qualificazione è acquisita nella classifica immediatamente inferiore o in quella immediatamente superiore alla somma delle classifiche possedute dalle imprese consorziate, a seconda che tale somma si collochi, rispettivamente, al di sotto, ovvero al di sopra o alla pari della metà dell’intervallo tra le due classifiche. 206 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione dei consorzi stabili (2/2) Il conseguimento della qualificazione da parte del consorzio stabile non pregiudica la contemporanea qualificazione dei singoli consorziati, ma il documento di qualificazione di questi ultimi deve riportare la segnalazione di partecipazione ad un concorso stabile. In caso di scioglimento del consorzio stabile ai consorziati sono attribuiti pro-quota i requisiti economico finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio in quanto da questi non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione dei lavori nel quinquennio antecedente. 207 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione di raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari e GEIE (1/3) Per i raggruppamenti temporanei di concorrenti, i consorzi ordinari, e i GEIE di tipo orizzontale, i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara devono essere posseduti da un’impresa consorziata nella misura minima del 40% dell’importo dei lavori; la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle altre imprese consorziate, ciascuna nella misura minima del 10% dell’importo dei lavori. I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti nella percentuale corrispondente alle quote di partecipazione, nel rispetto delle dette percentuali minime. 208 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione di raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari e GEIE (2/3) Per i raggruppamenti temporanei di concorrenti, i consorzi ordinari, e i GEIE di tipo verticale, i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla capogruppo nella categoria prevalente. Nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l’importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola. I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non assunte da imprese mandanti sono posseduti dall’impresa mandataria con riferimento alla categoria prevalente. 209 I SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE La qualificazione per i lavori pubblici La qualificazione di raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari e GEIE (3/3) Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti necessari, possono raggruppare anche altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti dal bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20% dell’importo complessivo dei lavori. Inoltre, in questo caso, è necessario che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna di tali imprese sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati. 210 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Osservazioni generali La terminologia comunitaria (1/3) La direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture, servizi), reca l’elencazione delle procedure di scelta del contraente. La norma indica, come procedure generali e ordinarie di aggiudicazione, la procedura aperta e quella ristretta. Indica poi, come procedure ammesse solo nei casi tassativamente elencati dalla direttiva, il dialogo competitivo e la procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara. L’articolo 54 del codice recepisce puntualmente tale norma. 211 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Osservazioni generali La terminologia comunitaria (2/3) Il codice adotta definitivamente la terminologia comunitaria, sicché scompaiono le espressioni “asta pubblica”, “licitazione privata”, “appalto concorso”, “trattativa privata”, presenti nel precedente testo unico. Sono “procedure aperte” quelle in cui ogni operatore economico interessato può presentare un’offerta. Sono “procedure ristrette” quelle alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare un’offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti. 212 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Osservazioni generali La terminologia comunitaria (3/3) Il “dialogo competitivo” è una procedura nella quale la stazione appaltante, in caso di appalti particolarmente complessi, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare offerte; a tale procedura qualsiasi operatore economico può richiedere di partecipare. Le “procedure negoziate” sono le procedure in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto. 213 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Procedure aperte e ristrette Caratteristiche generali Nelle procedure aperte, gli operatori presentano le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara. Nelle procedure ristrette gli operatori economici presentano la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella lettera d’invito. Alle procedure ristrette, per l’affidamento di lavori, sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando. Tramite l’impiego di una procedura ristretta, l’amministrazione può procedere, ad esempio, alla pre-qualifica dei concorrenti non avendo ancora determinato l’impegno di spesa. 214 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Il dialogo competitivo Caratteristiche generali (1/2) Il dialogo competitivo è una procedura alla quale qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare e nella quale l’amministrazione aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte. Ai fini del ricorso al dialogo competitivo un appalto pubblico è considerato “particolarmente complesso” quando la stazione appaltante • non è oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi • non è oggettivamente in grado di specificare l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto 215 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO Il dialogo competitivo Caratteristiche generali (2/2) Le stazioni appaltanti avviano con i candidati ammessi un dialogo finalizzato all’individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le loro necessità o obiettivi. Le stazioni appaltanti proseguono il dialogo finché non sono in grado di individuare la soluzione o le soluzioni che possano soddisfare le loro necessità o obiettivi. Dopo aver dichiarato chiuso il dialogo ed informato i partecipanti, le stazioni appaltanti li invitano a presentare le loro offerte finali in base alla o alle soluzioni presentate. 216 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO La procedura negoziata La procedura negoziata previo bando La procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara è ammessa nelle seguenti ipotesi: • quando, in esito all’esperimento di una procedura ristretta o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate sono irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto • nel caso di appalti pubblici di lavori, per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimentazione o messa a punto, e non per assicurare all’appaltatore una redditività o il recupero dei costi di ricerca e di sviluppo. 217 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO La procedura negoziata La procedura negoziata senza bando (1/3) La procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è ammessa nelle seguenti ipotesi: • qualora, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto • qualora per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato • nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione del bando. 218 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO La procedura negoziata La procedura negoziata senza bando (2/3) Nei contratti relativi a lavori, servizi e forniture, tale procedura è, inoltre, consentita: • per i lavori o servizi complementari, non compresi nel progetto iniziale né nel contratto iniziale che, a seguito di una circostanza imprevista, sono divenuti necessari all'esecuzione dell'opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale, purché aggiudicati all'operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera, nel rispetto delle seguenti condizioni: a. tali lavori o servizi complementari non possono essere separati, sotto il profilo tecnico ed economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, ovvero pur essendo separabili dall’esecuzione del contratto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento 219 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO La procedura negoziata La procedura negoziata senza bando (3/3) il valore complessivo stimato dei contratti aggiudicati per lavori o servizi complementari non supera il 50% dell’importo del contratto iniziale • per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario nel contratto iniziale, a condizione che tali servizi siano conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta; in questa ipotesi la possibilità del ricorso alla procedura negoziata senza bando è consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale e deve essere indicata nel bando del contratto originario. b. 220 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO La “forcella” Il numero minimo e massimo di candidati da invitare Nelle procedure ristrette relative a servizi o forniture, ovvero a lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro, nonché nelle procedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo competitivo, le stazioni appaltanti, quando lo richieda la difficoltà o la complessità dell’opera, della fornitura o del servizio, possono limitare il numero di candidati idonei che inviteranno a presentare un’offerta, a negoziare o a partecipare al dialogo. Quando si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara i criteri, oggettivi, non discriminatori, secondo il principio di proporzionalità che intendono applicare, il numero minimo dei candidati che intendono invitare e, ove lo ritengano opportuno per motivate esigenze di buon andamento, il numero massimo. 221 I CRITERI DI SELEZIONE DELLE OFFERTE Osservazioni generali La normativa comunitaria La direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture, servizi), indica due soli criteri, quello del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la selezione delle offerte presentate. Tali due criteri hanno carattere esclusivo, nel senso che non sono consentiti criteri diversi. Sono del resto considerati i due unici criteri in grado di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione, di parità di trattamento, e che assicurino un’effettiva concorrenza. Le amministrazioni possono scegliere tra tali due criteri di volta in volta, sulla base delle caratteristiche specifiche del singolo appalto. 222 I CRITERI DI SELEZIONE DELLE OFFERTE Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa Caratteristiche generali (1/2) Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa si connota per la scomposizione dell’offerta in una pluralità di elementi, a ciascuno dei quali viene attribuito un punteggio. Rispetto al criterio del prezzo più basso, esso permette di valorizzare i profili qualitativi della prestazione offerta, e i tempi di esecuzione della stessa. E’ necessario che il bando di gara o il capitolato d’oneri indichino la ponderazione relativa che viene attribuita a ciascuno dei criteri scelti per determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, e gli eventuali subcriteri che si intenderà applicare per differenziare le offerte. 223 I CRITERI DI SELEZIONE DELLE OFFERTE Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa Caratteristiche generali (2/2) Nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il prezzo è solo uno degli elementi di valutazione. Gli altri criteri che possono essere adottati includono, tra gli altri: • la qualità • il pregio tecnico • le caratteristiche estetiche e funzionali • le caratteristiche ambientali • il costo di utilizzazione e manutenzione • la redditività • il servizio successivo alla vendita • l’assistenza tecnica • la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione 224 I CRITERI DI SELEZIONE DELLE OFFERTE Il criterio del prezzo più basso Caratteristiche generali L’articolo 82 disciplina il criterio del prezzo più basso in conformità alla direttiva comunitaria. E’ specificato come non possano essere ammesse offerte in aumento rispetto al prezzo posto a base di gara. Il bando di gara stabilisce • se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a misura, è determinato mediante ribasso sull’elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari • se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, è determinato mediante ribasso sull’importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari. Per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso è determinato mediante offerta a prezzi unitari. 225