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Linguaggio
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Università di Pisa Corso di Laurea di Scienze e tecniche di Psicologia della salute CORSO DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO Anno accademico 2009-2010 Docente: Dr. Filippo Gasperini LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO LINGUAGGIO Strumento che rientra nella più generale classe dei sistemi di comunicazione: è costituito da un repertorio di comportamenti che hanno la funzione di trasmettere conoscenze tra individui Segnale: il singolo comportamento che fa parte del repertorio Significato: le conoscenze comunicate dal segnale PROPRIETA’ DISTINTIVE DEL LINGUAGGIO RISPETTO AGLI ALTRI SISTEMI DI COMUNICAZIONE CREATIVITA’ chi parla una lingua è in grado di produrre un numero potenzialmente infinito di messaggi, combinando un numero finito di unità-base di quella lingua (fonemi e morfemi) (sistema di comunicazione aperto) ARBITRARIETA’ nel linguaggio la relazione tra segnali e significati è completamente arbitraria: il significato non può essere ricavato dalla forma sonora e dunque deve essere necessariamente appreso e trasmesso culturalmente La maggior parte degli altri sistemi di comunicazione sfrutta invece relazioni iconiche tra segnali e significati: il significato del messaggio può essere inferito direttamente dalla forma del segnale (esempi: suoni onomatopeici, gesti simbolici). Siffatti sistemi non consentono tuttavia di veicolare significati astratti (“pensare”, “immaginare”, “dubitare”, ecc.) FUNZIONI DEL LINGUAGGIO Funzione COMUNICATIVA il linguaggio consente la regolazione delle interazioni tra gli individui Funzione ESPRESSIVA il linguaggio consente l’eliminazione e/o l’allentamento di una tensione interna, vissuta come eccessivamente intensa Funzione REGOLATIVA il linguaggio facilita l’autoregolazione del comportamento, offrendo una guida delle condotte da assumere in una varietà di situazioni Funzione COGNITIVA il linguaggio permette la rielaborazione interna delle conoscenze, offrendo un fondamentale supporto ad una varietà di operazioni cognitive quali la memorizzazione, l’astrazione, la ristrutturazione del campo cognitivo, ecc. COMPETENZE IMPLICATE DAL LINGUAGGIO Il linguaggio è un sistema comunicativo di straordinaria complessità Imparare ad utilizzare efficacemente il linguaggio richiede di: discriminare ed identificare nel flusso sonoro le diverse unità costituenti la propria lingua materna (fonemi, morfemi, parole, frasi) padroneggiare i complessi pattern articolatori necessari a produrre i singoli fonemi e le sequenze di fonemi della propria lingua acquisire e progressivamente ampliare un vocabolario contenente un numero potenzialmente enorme di voci lessicali e altrettanti significati padroneggiare le regole morfologiche e sintattiche che consentono la combinazione rispettivamente dei morfemi nelle parole e delle parole in frasi grammaticalmente corrette e dotate di senso adeguare la forma ed i contenuti del linguaggio in funzione dell’interlocutore e del contesto padroneggiare le abilità necessarie a produrre discorsi coesi, coerenti, adatti all’ascoltatore LIVELLI DI ANALISI DELLA COMPETENZA LINGUISTICA Livello FONOLOGICO E’ il livello relativo ai suoni della lingua e alle regole che vengono impiegate per combinarli I diversi suoni linguistici non sono sempre capaci di produrre differenze di significato fra le parole; più spesso, suoni fisicamente diversi vengono raggruppati dal parlante in categorie e sono tali categorie, denominate fonemi, che assumono valore funzionalmente distintivo. Lingue differenti classificano le variazioni fisiche dei suoni in modo differente e, così, hanno repertori fonemici diversi Esempi: - nelle lingue cinese e giapponese i suoni che nella maggior parte delle altre lingue corrispondono a [l] e [r] vengono trattati come uno stesso fonema, per cui, i parlanti tali lingue hanno grosse difficoltà nel distinguerli - nella lingua italiana i suoni [ŋ] di valanga e [n] di pane non hanno valore funzionalmente distintivo e costituiscono un unico fonema Livello SEMANTICO E’ il livello relativo al significato espresso dalle varie unità linguistiche MORFEMA la più piccola unità linguistica dotata di significato Può corrispondere: - ad una parola intera, di “contenuto” (sostantivi, verbi, aggettivi, ecc.), come può avvenire in inglese (es. man), o “funzione” (articoli, preposizioni, verbi ausiliari, ecc.) come avviene sempre in italiano (es. per) - a parti differenti di una stessa parola, radice e affisso, come avviene tipicamente ad es. per le parole di “contenuto” italiane (es. man-o, bell-i, comprav-ano, sub-alpino, ecc.) LESSICO l’insieme delle parole di una lingua Livello GRAMMATICALE E’ il livello che specifica la relazione tra le parole all’interno della frase SINTASSI consente di definire il ruolo delle parole all’interno della frase (soggetto, oggetto, predicato, ecc) attraverso l’ordine di combinazione delle medesime MORFOLOGIA consente di definire il ruolo delle parole all’interno della frase modificandone la forma attraverso la flessione, o utilizzando “parole funzione” Livello PRAGMATICO E’ il livello che fa riferimento all’insieme delle regole che governano l’uso del linguaggio nel contesto Considera: sia le specifiche finalità comunicative che un messaggio persegue: richiesta , comando, affermazione, ecc. sia le caratteristiche dell'interlocutore e le sue necessità comunicative: sua posizione sociale, relazioni intercorrenti con il parlante, storia pregressa, attuale situazione emotiva, ecc. PSICOLINGUISTICA Settore della psicologia che si occupa dei processi implicati nell’utilizzo del linguaggio Principali ambiti di indagine: - i processi sottostanti la produzione del linguaggio - i processi implicati nella comprensione del linguaggio - l'acquisizione del linguaggio (psicolinguistica evolutiva) - le basi neurologiche della competenza linguistica e le alterazioni di tale competenza a seguito di lesioni cerebrali (neurolinguistica) PRINCIPALI ORIENTAMENTI TEORICI NELLO STUDIO DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO IL MODELLO AMBIENTALISTA Skinner e Mowrer i principali sostenitori (anni ‘50) L’acquisizione del linguaggio si realizza attraverso gli stessi meccanismi che presiedono ogni altra forma di apprendimento: imitazione, rinforzo, modellaggio e, più in generale, attraverso processi di condizionamento operante I bambini cercano di imitare i modelli linguistici forniti dai loro genitori, i quali rinforzano selettivamente le risposte che si avvicinano sempre di più all’uso corretto, plasmando dunque le loro risposte finché esse divengono simili alle espressioni utilizzate dagli adulti Esempio sul versante fonologico-lessicale: Il bambino emette spontaneamente una sillaba simile a[pa], mentre nelle sue vicinanze si trova una palla Un adulto presente interpreta l’emissione sonora come richiesta della palla da parte del bambino e gliela dà (rinforzo): il bambino impara ad associare [pa] alla palla e a produrre tale sequenza di suoni per richiedere e denominare la palla Attraverso successivi modellamenti, e cioè non rinforzando più la sequenza fonica [pa], ma sequenze che si approssimano di più alla sequenza fonica corretta (cioè [pal:a]), si arriva alla corretta pronuncia della parola Esempio sul versante semantico-lessicale: Il bambino utilizza la parola [pal:a]) per denominare qualsiasi oggetto che rimbalza e rotola oppure qualsiasi oggetto sferico (sovraestensione semantica) L’ adulto rinforza selettivamente il bambino nei casi in cui usa la parola [pal:a] in presenza di oggetti che sono effettivamente palle: il bambino gradualmente apprende il corretto uso della parola Nella prospettiva ambientalista la competenza è conseguenza della prestazione (o esecuzione): la competenza è il mantenimento di prestazioni apprese Critiche al modello ambientalista Se lo sviluppo linguistico richiedesse un insegnamento così minuzioso e sistematico da parte degli adulti, richiederebbe molto più tempo di quanto effettivamente occorre Non sempre gli adulti correggono in maniera puntuale e rigorosa le frasi dei bambini; essi, ad esempio, possono approvare una frase perché appropriata dal punto di vista del significato, anche se incorretta fonologicamente o grammaticalmente Il modello linguistico fornito dagli adulti contiene frequentemente errori, omissioni, frasi incomplete, esitazioni Il bambino è capace di comprendere e produrre espressioni nuove, che non ha mai ascoltato in precedenza Figli di immigrati in un paese straniero imparano la nuova lingua più rapidamente dei genitori, anche se meno esposti IL MODELLO INNATISTA Chomsky e McNeil i principali esponenti (anni ‘60) L’acquisizione del linguaggio è possibile grazie al possesso di conoscenze innate relative ad una serie di principi universali comuni a tutte le lingue e di procedimenti di analisi anch’essi innati per inferire dalla stimolazione linguistica ambientale le regole specifiche della propria lingua Esistenza nella nostra specie di un meccanismo cerebrale innato specializzato per il linguaggio: il LAD (Language Acquisition Device) Il LAD equivale ad una teoria linguistica generale, che specifica ad es. che esistono delle unità quali le frasi, che le frasi contengono un sintagma nominale ed uno verbale, ecc. Teoria linguistica di Chomsky nucleo fondamentale della lingua: la sintassi In ogni lingua esistono due componenti sintattici: i) un sistema di base, costituito dalle regole che producono la STRUTTURA PROFONDA della frase Corrisponde alla scomposizione della frase nei suoi costituenti elementari: Es. la frase “Il bimbo mangia la mela” può essere scomposta: 1°- sintagma nominale (“Il bimbo” ) + sintagma verbale (“mangia la mela”) 2°- sintagma nominale: articolo+nome; sintagma verbale: verbo+sintagma nominale La struttura profonda è astratta e come tale non può essere rappresentata direttamente; per convezione, si prende come sua rappresentazione la frase attiva, affermativa e dichiarativa i) un sistema trasformazionale, costituito dalle regole che consentono il passaggio dalla struttura profonda della frase alla sua STRUTTURA SUPERFICIALE E’ la frase come concretamente si realizza Le trasformazioni possibili sono varie: la passiva, la negativa, l’interrogrativa, ecc. Tutte le lingue possiedono sia le stesse regole di base sia le stesse regole trasformazionali. Ciò che cambia da lingua a lingua è il modo di realizzarle concretamente: - in latino l’articolo non esiste - in inglese il soggetto è sempre espresso separatamente dal verbo, mentre in italiano la terminazione della forma verbale è sufficiente - in italiano la trasformazione passiva è realizzata attraverso l’ausiliare “essere”+ il participio passato, in latino invece è realizzato con una trasformazione morfologica del verbo 2 componenti del LAD informazioni linguistiche che specificano sia le regole di base che quelle trasformazionali per la costruzione delle frasi procedimenti di analisi e di inferenza per scoprire le regole grammaticali specifiche della propria lingua Il possesso del LAD è in grado di spiegare: la rapidità con cui il bambino impara la lingua materna la similarità nelle tappe di acquisizione del linguaggio a prescindere dalla lingua che il bambino effettivamente impara Nella prospettiva innatista è la competenza linguistica a precedere e determinare la prestazione: la padronanza delle regole precederebbe il loro effettivo utilizzo da parte del bambino CRITICHE AL MODELLO INNATISTA ED AFFERMAZIONE DEI MODELLI COGNITIVISTI-FUNZIONALISTI Nel corso degli anni ‘70 il modello innatista comincia progressivamente ad entrare in crisi La critica fondamentale che gli viene rivolta è quella di avere considerato lo sviluppo del linguaggio del tutto autonomo rispetto a tutta una serie di altre competenze che parallelamente si evolvono nel bambino, in particolare le capacità comunicative e quelle cognitive Influenza dello sviluppo cognitivo sullo sviluppo linguistico A partire dagli anni ‘70 acquista sempre più forza l’idea che i bambini devono sviluppare una sufficiente conoscenza del mondo prima di cominciare a parlare; solo il possesso dei concetti, la comprensione delle relazioni semantiche e dei significati può consentire di esprimere verbalmente i medesimi “Lo sviluppo linguistico consiste, in larga misura, nell'imparare come possa venire espressa nella madre lingua ciò si sa già“ (Flavell) Varie evidenze documentano come numerosi aspetti dello sviluppo del linguaggio riflettano specifiche acquisizioni sul piano concettuale e semantico Esempi: i primi enunciati di una sola parola esprimono le categorie fondamentali dell’azione se consideriamo il loro significato derivante dalla combinazione dell’elemento linguistico con gli elementi non linguistici ricavabili dal contesto fisico e sociale (Greenfiled e Smith, 1976) le prime combinazioni di due parole esprimono, per lo più, un numero ristretto di relazioni semantiche, e cioè quelle corrispondenti alle principali categorie dell’azione e dei suoi argomenti: agenteazione, azione-oggetto, agente-oggetto, azione-paziente, luogo, possesso, ecc (Brown, 1973) l’uso corretto di avverbi e connettivi quali prima e dopo, avanti e indietro è funzione dell’acquisizione dei corrispondenti concetti spaziali e temporali (Axia e Nicolini, 1979) L’acquisizione della sintassi non sarebbe resa possibile dalla presenza di un dispositivo cerebrale innato specifico per il linguaggio, ma attraverso la messa in opera di strategie cognitive generali per l'elaborazione delle informazioni, che, applicate al linguaggio, possono essere formulate come: "presta attenzione alla parte finale delle parole", "presta attenzione all'ordine delle parole", "non tener conto delle eccezioni" e così via La cosiddetta ipotesi cognitiva sull’acquisizione del linguaggio recupera le posizioni già formulate attorno alla metà degli anni '40 da Piaget circa la dipendenza dello sviluppo linguistico dallo sviluppo cognitivo Piaget (“La formazione del simbolo”, 1954) Il linguaggio è un aspetto di una più ampia capacità simbolica, che compare nel sesto stadio sensomotorio e segna il passaggio dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa Contemporaneamente alla comparsa del linguaggio, i bambini esibiscono altre manifestazioni della nuova capacità simbolica, come l’imitazione differita, il gioco simbolico, il disegno Il linguaggio infantile rappresenta uno dei sintomi che manifestano la struttura cognitiva in ciascun momento dello sviluppo Il recupero delle posizioni piagetiane ha condotto negli anni ‘70 a condurre una serie di studi volti ad identificare i prerequisiti cognitivi del linguaggio, potenzialmente corrispondenti ad una serie di abilità cognitive caratteristiche dello sviluppo senso-motorio……... I loro risultati hanno mostrato che soltanto alcune abilità cognitive, caratteristiche dello sviluppo senso-motorio intorno ad un anno di età (l'imitazione differita, il gioco simbolico e combinatorio, la differenziazione mezzi-fini) correlano con la comparsa del linguaggio, mentre altre abilità, che pur appartengono al medesimo stadio secondo Piaget (ad esempio la permanenza dell'oggetto e le relazioni spaziali), non risultano associate all'emergere delle parole Questi risultati hanno indotto alcuni autori (es. Battacchi) a sostenere l’importante valore predittivo di certe abilità cognitive precoci rispetto al successivo sviluppo del linguaggio Imitazione differita e gioco simbolico fanno riferimento alla capacità di evocare una realtà non immediatamente percepibile, indispensabile per l’acquisizione del significato delle parole gioco combinatorio attesta la capacità di mettere insieme degli elementi in una struttura, la stessa richiesta per la sintassi la differenziazione mezzi-fini implica l’essere in grado di utilizzare intenzionalmente strumenti per raggiungere determinati obiettivi e, quindi, permette l’emergere dell’intenzionalità comunicativa Camaioni, più cautamente, conclude che linguaggio e cognizione possono avere sviluppi paralleli, spiegabili a partire da strutture sottostanti comuni La relazione tra linguaggio e cognizione viene evidenziata anche da Vygotskij, ma la sua concettualizzazione al riguardo è profondamente diversa da quella di Piaget Piaget Vygotskij lo sviluppo cognitivo precede e pensiero e linguaggio hanno due radici determina lo sviluppo linguistico genetiche differenti; fino ad un certo momento essi seguono sviluppi diversi, sono indipendenti; intorno ai due anni cominciano ad interagire, influenzandosi reciprocamente: se a forme più evolute di attività cognitiva corrispondono forme linguistiche più sofisticate, anche la sempre maggiore padronanza del linguaggio rende possibili forme più evolute di organizzazione cognitiva (funzione regolativa del linguaggio sull’attività cognitiva) Importanza delle competenze comunicative e del contesto sociale nell’acquisizione del linguaggio Dalla seconda metà degli anni ’70 comincia ad affermarsi un approccio allo studio del linguaggio che mette in primo piano gli usi e le funzioni del linguaggio nel contesto, piuttosto che i suoi aspetti più strettamente formali (approccio funzionalista) La nozione di competenza linguistica (quale conoscenza del codice linguistico) appare un po’ troppo limitata e viene sostituita dalla più ampia nozione di competenza comunicativa Si ipotizza una fondamentale continuità tra emergenza del linguaggio nel secondo anno di vita e comunicazione prelinguistica, dal momento che diverse funzioni ed intenzioni comunicative sono già presenti in fase prelinguistica nel primo anno di vita ed espresse attraverso sia modalità gestuali che vocali Si dimostra come il linguaggio che gli adulti rivolgono ai bambini che stanno imparando a parlare è un linguaggio specificamente adattato alle loro ancora limitata capacità di comprensione: le frasi sono brevi e sintatticamente semplici, l'intonazione è esagerata, il lessico concreto e sono presenti numerose ripetizioni (motherese o baby-talk) L’interesse per le basi sociali del linguaggio e la rilevanza attribuita al contesto per il suo apprendimento porta a rivolgere una particolare attenzione all’interazione precoce tra il bambino e l’adulto significativo (il genitore) Bruner L’ interazione precoce madre-bambino è vista come una matrice di significati e segnali convenzionali che confluiranno poi nella costruzione del codice linguistico vero e proprio I giochi e le routine che ripetutamente coinvolgono il bambino e la madre nella normale interazione quotidiana consentono al bambino di apprendere con una certa facilità a riconoscere ed utilizzare delle relazioni forma-funzione (gesti) o suono-significato (parole) in quanto relativamente univoche (ad es. “grazie” marca sempre l’azione di ricevere un oggetto nel gioco di dare-prendere e “guarda” o “prendi” l’azione di dare un oggetto Ripresa delle posizioni di Vygitskij relative all’importanza del contesto sociale per lo sviluppo del linguaggio, come più in generale per la crescita cognitiva Secondo Bruner, accanto ad un dispositivo su base genetica che favorisce l'apprendimento del linguaggio, è necessario postulare l'intervento di un sistema di supporto per l'acquisizione di questa abilità, il LASS (Language Acquisition Support System), che corrisponde al ruolo svolto dagli adulti e dal contesto sociale LA FASE PRELINGUISTICA: ASPETTI FONOLOGICI E ASPETTI NON-VERBALI Nel corso del primo anno di vita il bambino manifesta un’ampia gamma di comportamenti, sia di tipo vocale sia di tipo non-verbale (mimica, sguardo, gesti), che assumono una valenza comunicativa Necessità di distinguere due principali fasi nell’ambito dello sviluppo comunicativo pre-linguistico 1. Una prima fase PRE-INTENZIONALE, in cui il bambino è in grado di produrre comportamenti (pianto, vocalizzi, sorriso, posture) che possono assumere il valore di segnali per l’interlocutore adulto ma che ancora non hanno questo valore per il bambino 2. Una successiva fase INTENZIONALE, in cui il bambino volontariamente produce comportamenti che hanno valore di segnali (pianto, sorriso, gesti, lallazioni, prime parole) e ne controlla gli effetti sull’interlocutore Sviluppo fonologico nel primo anno di vita Prime settimane di vita ruttini, ecc.) pianto e suoni vegetativi (sbadigli, anche se è scatenato da cause fisiologiche (fame, sete, dolore, freddo) e dunque il bambino non lo produce con valore di segnale, esso ha l’effetto immediato di indurre l’adulto ad intervenire per nutrire, proteggere e confortare il piccolo Tra i 2 ed i 6 mesi di vita compaiono e si stabilizzano i suoni vocalici, evidenti soprattutto quando il bambino è contento e/o durante le interazioni sociali con la madre; le vocalizzazioni diventano spesso parte di sequenze “protoconversazionali” 6-7 mesi compare la lallazione canonica (balbettio o babbling), consistente nella produzione di sillabe Consonante (C)-Vocale (V), isolate o eventualmente reduplicate (es. dada, papa, mama). I primi suoni consonantici sono quelli che richiedono le articolazioni più semplici dal punto di vista motorio: [gh], [k], [m], [n], [b], [p]; sono invece generalmente assenti suoni più complessi quali: [r], [l], [f] e [s] e le sequenze di due consonanti Cominciano ad emergere caratteristiche specifiche della lingua materna: la prosodia e, inoltre, l’iniziale ampiezza e variabilità fonetica si riduce notevolmente e si sistematizzano i suoni propri della lingua materna 10-12 mesi compare la lallazione variata, consistente nella produzione di sequenze sillabiche in cui si alternano sillabe differenti ed eventualmente complesse [CCV] (es. pada, bagra) Compaiono protoparole, cioè sequenze sillabiche che assomigliano a parole della lingua materna, che pur avendo forma fonetica idiosincratica assumono una funzione comunicativa specifica in quanto vengono utilizzate coerentemente in specifici contesti (ad es. “nanà” in situazioni di richiesta) 11-13 mesi vengono prodotte le prime parole, che possono ancora per diversi mesi presentare alterazioni fonologiche abbastanza caratteristiche (es. cancellazione di sillabe non accentate di una parola plurisillaba, semplificazione della struttura sillabica CCV, sostituzione di certe consonanti con altre come [k] al posto di [gh], [l] al posto di [r], ecc.) Sviluppo comunicativo non-verbale nei primi due anni di vita FASE PRE-INTENZIONALE (dalla nascita fino ai primi 6-8 mesi di vita) Già nelle prime settimana di vita il bambino appare predisposto a rispondere in maniera selettiva agli stimoli sociali: è particolarmente attratto dal volto umano, è in grado di riconoscere il volto, la voce e l’odore della madre ed è in grado di riconoscere il movimento biologico Le espressioni facciali, il sorriso, le posture, oltre che il pianto, pur non essendo intenzionalmente messi in atto allo scopo di attirare l’attenzione dell’adulto, hanno un effetto sulle persone che se ne prendono cura, venendo interpretati come segnali disagio, gioia, ecc. Fin dai primi mesi di vita il bambino partecipa ad interazioni diadiche faccia a faccia con l’adulto che se ne prende cura: esse comprendono una varietà di comportamenti motori, espressivi e vocalici da parte di entrambi i membri della diade che già da una fase assai precoce si caratterizzano per un elevato grado di sincronia, di coordinazione e rispetto dell’alternanza di turno (protodialoghi, protoconversazioni, danza conversazionale, intersoggettività primaria) I ruoli non sono tuttavia ancora simmetrici e complementari: sono soprattutto la volontà e la capacità dell’adulto che permettono allo scambio di svolgersi in maniera armonica e coordinata L’attenzione di ciascun membro della diade è concentrata sull’altro e la comunicazione che si realizza è di tipo affettivo o espressivo Parallelamente, il bambino può impegnarsi in interazioni diadiche con oggetti della realtà e ne esplora le caratteristiche, senza mostrare desiderio di condividere questo interesse con l’adulto In questo periodo l’infante è in grado, da un lato, di instaurare scambi significativi con un adulto significativo, dall’altro, di instaurare scambi significativi con un oggetto di interesse Ciò che però non riesce a fare è coordinare l’attenzione per una persona con l’attenzione verso un oggetto, così da attuare sequenze di tipo triadico: bambino-oggetto-altra persona Intorno alla metà del primo anno si osserva un fenomeno nuovo: il bambino comincia a guardare alternativamente l’adulto e un oggetto/evento esterno che in quel momento attrae la sua attenzione; l’interazione da diadica diventa triadica e l’oggetto/evento esterno diviene qualcosa su cui si comunica, il potenziale argomento della conversazione Si fanno via via più frequenti gli episodi di attenzione condivisa: episodi in cui il bambino e l’adulto guardano lo stesso oggetto/evento, ovvero condividono un comune fuoco di attenzione esterno alla diade, mantenendo al tempo stesso un coinvolgimento sociale reciproco La comunicazione da espressiva diviene comunicazione su qualcosa FASE INTENZIONALE (a partire dai 9-10 mesi circa) Il bambino produce volontariamente comportamenti che hanno la funzione di richiamare l’attenzione dell’adulto Prerequisiti per l’emergere della comunicazione intenzionale sono: l’attenzione condivisa, nella misura in cui consente di stabilire un fuoco di attenzione esterno alla diade e, dunque, è la base per trasformare qualsiasi oggetto/evento interessante nell’argomento della comunicazione la capacità di differenziazione mezzi-fini e l’acquisizione di una nozione oggettiva di causalità, tipiche del 4° stadio senso-motorio, necessarie a comprendere che gli esseri umani possono essere utilizzati come strumenti per raggiungere i propri scopi e che non tutti gli effetti possono essere determinati direttamente dalla propria azione la capacità di differenziare la causalità psicologica da quella fisica, tipica del 5° stadio senso-motorio, necessaria a comprendere che gli esseri umani non hanno bisogno di essere “messi in moto” attraverso il contatto fisico come gli oggetti inanimati, ma comunicando loro le proprie intenzioni ed i propri desideri ed aspettando che agiscano da soli 2 tipi fondamentali di intenzioni comunicative che emergono attorno ai 9-10 mesi INTENZIONE RICHIESTIVA INTENZIONE DICHIARATIVA l’adulto è strumento per ottenere l’oggetto è strumento per ottenere l’oggetto desiderato l’attenzione dell’adulto Esempi: - il bambino che vuole del cibo sul tavolo, lo indica e contemporaneamente guarda alternativamente il cibo e l’adulto; - dopo che un oggetto a carica ha smesso di funzionare, il bambino lo prende e lo mette in mano all’adulto guardandolo negli occhi fino a che l’adulto non interviene azionando la carica Esempio: - Il bambino indica verso la finestra (da cui proviene un suono insolito) e contemporaneamente guarda alternativamente la finestra e l’adulto finché questi guarda nella stessa direzione e commenta L’intenzione dichiarativa è più complessa ed evoluta di quella richiestiva, perché implica che il bambino si rappresenti l’adulto come capace di avere stati mentali del tipo interesse/attenzione e che intenda influenzarli La comunicazione intenzionale pre-linguistica si affida in gran parte ai gesti, i quali fanno la loro comparsa intorno ai 9-10 mesi La loro natura comunicativa intenzionale è evidenziata dall’uso dello sguardo rivolto all’interlocutore (contatto visivo), prima, durante e/o dopo l’emissione del gesto gesti comunicativi deittici o performativi quali indicare, mostrare, dare e richieste “ritualizzate” (ad es. estendere il braccio con la mano aperta e il palmo in su) Esprimono un’intenzione comunicativa il cui referente è ricavabile esclusivamente dal contesto extralinguistico Compaiono tra i 9 ed i 10 mesi referenziali o simbolici quali fare “ciao” aprendo e chiudendo la mano, scuotere la testa per dire “no”, agitare le mani per significare “uccello” Esprimono un’intenzione comunicativa il cui referente è specifico, hanno cioè un significato che non varia in conseguenza del cambiare del contesto Compaiono attorno ai 12 mesi I gesti simbolici fanno la loro comparsa più o meno contemporaneamente alle prime parole Intorno ai 12 mesi la modalità prevalente è quella gestuale: i bambini usano gesti simbolici per esprimere i significati per i quali non hanno ancora le parole Intorno ai 16 mesi il numero di parole è significativamente aumentato ed è all’incirca pari a quello dei gesti simbolici Intorno ai 20 mesi il numero delle parole è ulteriormente cresciuto, mentre quello dei gesti simboli è diminuito: la modalità prevalente è ormai quella linguistica I gesti simbolici sono un fenomeno caratteristico del primo sviluppo linguistico: consentono al bambino di comunicare utilizzando come “veicoli simbolici” schemi gestuali ben esercitati piuttosto che sequenze vocaliche ancora incerte LO SVILUPPO LESSICALE E SEMANTICO L’età media di comparsa delle prime parole è generalmente compresa tra gli 11 ed i 13 mesi, sebbene esista una notevole variabilità interindividuale: tra i bambini italiani c’è chi a 18 mesi non dice ancora una parola e chi a quest’età già ne produce quasi 300 Le prime parole sono soprattutto: quelle riferite ad oggetti della vita quotidiana del bambino (palla, pappa, biberon) quelle riferite alle persone con cui essi si trovano più spesso a contatto (mamma, papà, nonna) quelli riferiti ad animali e a vari tipi di oggetti raffigurati più frequentemente nei libri per bambini (cane, gatto, mela, banana, sole, ecc) quelle che servono ad interagire con le altre persone (regolatori sociali come ciao, no, bravo, più, via) Prevalgono di gran lunga i nomi e sono assenti le parole funzione Uso contestualizzato e non referenziale delle prime parole Le parole che il bambino produce nelle prime fasi di acquisizione del linguaggio sono molto legate 1) sia al contesto immediato 2) sia a significati molto specifici: 1) le prime parole sono spesso parte integrante delle azioni in corso: i bambini le usano per indicare, commentare e descrivere quello che sta succedendo o per richiedere qualcosa che è nell’ambiente, e non ancora per riferirsi ad oggetti o a situazioni non presenti 2) le prime parole vengono spesso utilizzate solo per designare oggetti specifici od oggetti associati a contesti molto specifici e non per riferirsi a categorie di oggetti Esempi: - un bambino potrebbe dire “bau-bau” quando ved il suo cane, ma non quando vede un altro cane in televisione - un bambino potrebbe riservare “brum-brum” alle auto in movimento che vede dalla finestra, e non a quelle ferme in strada o disegnate su un libro Un fenomeno analogo è evidente anche sul versante della comprensione: all’inizio il bambino mostra di comprendere semplici frasi ed espressioni dell’adulto soltanto in contesti assai specifici e all’interno di routine (come ad es. “fai ciao”, “batti le manine”) Nel complesso ciò evidenzia come l’utilizzo e la comprensione delle prime parole sia strettamente contestualizzato, cioè fortemente legato alla presenza di quelli oggetti o eventi che le parole stanno a significare e alle situazioni specifiche in cui tali oggetti o eventi tipicamente occorrono Solo successivamente, attorno ai 18-20 mesi, il bambino impara a decontestualizzare le parole che produce e sente e a farne un uso di tipo referenziale o rappresentativo ciò in relazione all’acquisizione della funzione simbolica, alla comprensione della relazione arbitraria che collega i suoni ai loro referenti e ai progressi della capacità di concettualizzazione Fasi nell’acquisizione del vocabolario Nel corso dello sviluppo lessicale si possono distinguere: i) un primo periodo in cui il vocabolario produttivo si espande gradualmente, fino all’attestarsi sulle 50-70 parole (fase del lessico emergente) ii) un periodo successivo in cui si verifica un incremento assai rapido nell’acquisizione di nuove parole, spesso a partire dai 18 mesi circa (fase di esplosione del vocabolario) La transizione dal primo al secondo periodo avviene allorché il bambino abbandona l’uso contestuale e non-rappresentativo delle parole e attribuisce alle parole uno status propriamente simbolico: la comprensione che le parole costituiscono il mezzo per evocare le cose anche quando esse non sono immediatamente presenti e che tutte le cose hanno un nome sono scoperte che stimolano enormemente il bambino ad ampliare rapidamente il suo vocabolario Vocabolario espressivo vs. vocabolario recettivo Il vocabolario recettivo si sviluppa prima e più rapidamente del vocabolario espressivo: i bambini comprendono in media 50 parole quando ne producono 10 e arrivano a produrne 50 cinque mesi dopo Nel corso del secondo anno di vita il ritmo con cui il bambino diviene capace di comprendere nuove parole è assai superiore rispetto a quello con cui ne produce di nuove Ad un dato momento non c’è una forte correlazione tra numero di parole prodotte e numero di parole comprese: un bambino che capisce più parole di un altro, potrebbe dirne meno Esiste tuttavia una relazione longitudinale tra le parole comprese ad una certa età e parole prodotte ad un’età successiva Questi dati indicano che anche se vocabolario espressivo e recettivo si sviluppano a ritmi diversi esiste tra di loro una relazione, tale per cui la comprensione delle parole costituirebbe un prerequisito per la loro produzione Evoluzione del significato delle parole Il significato delle prime parole può fare riferimento sia alle proprietà percettive degli oggetti e/o eventi (ad es. una palla è una cosa rotonda) che alle loro proprietà funzionali (ad es. una palla è qualcosa che rimbalza e rotola). Più spesso, comunque, si passa da criteri di tipo percettivo a criteri di tipo funzionale nella costruzione del significato delle parole Le prime parole si situano generalmente ad un livello intermedio (o “basico”) di generalità rispetto alle possibili categorizzazioni del reale: i bambini di solito usano prima la parola “cane” delle parole “animale” (categoria superordinata) e “bassotto” (categoria subordinata), “sedia” prima di “mobile” o di “sedia a dondolo”; i nomi più generali ed astratti e quelli specifici vengono appresi solo in un secondo momento Il significato con cui i bambini piccoli utilizzano le parole non corrisponde sempre esattamente a quello corretto Sono particolarmente frequenti: • fenomeni di sovraestensione: essi si riferiscono al fatto che una parola venga utilizzata per riferirsi ad un insieme di oggetti più ampio (ad es. papà per indicare tutti gli adulti maschi conosciuti, brum per indicare tutti i veicoli, cane per indicare anche altri animali a quattro zampe) è stato osservato che essi sono più frequenti in produzione che in comprensione e ciò farebbe pensare che i fenomeni di sovraestensione non costituiscano spesso dei veri e propri errori, ma semplicemente un espediente cui i bambini ricorrono per compensare la limitatezza del loro lessico • fenomeni di sottoestensione: essi si riferiscono al fatto che una parola venga utilizzata per riferirsi ad un insieme più ristretto di elementi, se non addirittura a singoli esemplari (ad es. cane solo per riferirsi al proprio) La sottoestensione è più diffusa della sovraestensione: in generale, dopo avere imparato una parola nuova, i bambini sono piuttosto prudenti nell’estenderla a oggetti diversi Le prime parole hanno spesso un significato più ampio e completo di quello puramente lessicale: esse, cioè, esprimono spesso il significato di un’intera frase (parola-frase o olofrase) Tale significato è in realtà espresso combinando la singola parola con uno o più elementi non-linguistici ricavabili dal contesto e/o attraverso i gesti e la prosodia Esempi: - un bambino che spinge una porta chiusa e dice “ciao” in tono di richiesta vuol esprimere che desidera uscire - una bambina di nome Claudia che porge una matita alla mamma e contemporaneamente dice “dà” nel corso del gioco vuole significare Claudia dà la matita alla mamma LO SVILUPPO GRAMMATICALE Intorno ai 20 mesi, mediamente, i bambini producono le prime combinazioni di due parole, sebbene la variabilità interindividuale sia marcata (vi sono bambini precoci che producono le prime combinazioni già a 14 mesi, come bambini più lenti che le producono dopo i 24 mesi) La comparsa delle prime combinazioni di due parole correla più fortemente con l’ampiezza del vocabolario che con l’età cronologica: i bambini cominciano a combinare le parole quando il loro vocabolario complessivo supera le 50 parole e a farlo con elevata frequenza soprattutto quando il vocabolario oltrepassa le 100 parole Una reale capacità combinatoriale è presente quando il bambino è in grado di associare in maniera produttiva le parole, cioè è in grado di combinare una stessa parola con parole differenti in differenti occasioni, senza limitarsi produrre enunciati di 2-3 parole standard appresi come sequenze unitarie (esempi: chi è?, no grazie, ecco qua) Evoluzione della frase Le prime frasi di 2-3 parole prodotte dai bambini comprendono quasi esclusivamente “parole di contenuto”, quali sostantivi, aggettivi e (in misura minore) verbi, omettendo invece parole “funzione” quali articoli, preposizioni, pronomi, congiunzioni e verbi ausiliari. Le parole prodotte, inoltre, spesso non sono declinate correttamente: le forme plurali sono spesso sostituite dalle forme singolari, i verbi generalmente espressi al presente indicativo o all’imperativo Queste caratteristiche hanno portato alcuni autori a definire linguaggio telegrafico le produzioni verbali dei bambini che hanno da poco cominciato a produrre le prime frasi: il bambino omette tutte le parole che non sono strettamente indispensabili per trasmettere il significato voluto Le espressioni telegrafiche, più che da regole sintattiche, sono guidate da relazioni semantiche, che hanno consentito di identificare le seguenti fasi di sviluppo grammaticale del bambino (di lingua italiana): 1) produzione della struttura nucleare (seconda metà del secondo anno di vita) espressioni di due-tre parole contenenti la struttura nucleare della frase, ovvero un predicato con i suoi argomenti; inizialmente, tuttavia, vengono espressi o il predicato con uno solo dei suoi argomenti (esempi: mamma toi,) oppure due argomenti senza il predicato (esempio: io occhiali, mamma iacca) 2) Ampliamento della struttura nucleare attraverso l’inclusione di strutture facoltative (tra la fine del secondo e la fine del terzo anno) la frase si allunga con l’aggiunta di elementi che apportano informazioni ulteriori sia sul predicato che sugli argomenti, secondo la seguente successione: i) avverbiali (io pulisco co tetto), modificatori del nome (c’è a signorina Paoa), inserzione di frasi nucleari implicite (devo pendee libbi) ii) inserzione di frasi nucleari esplicite in funzione di argomenti (hai visto che ha detto), inserzione di informazione aggiuntiva sul predicato (dammi la palla perché voglio giocare) o su un argomento (c’è il bimbo che fa il cattivo) 3) Produzione di frasi complesse per coordinazione di frasi nucleari semplici (seconda metà del terzo anno) le produzioni verbali si allungano ulteriormente grazie alla coordinazione delle frasi semplici (prendo la palla e gioco) Lunghezza media dell’enunciato (LME) Indice quantitativo tradizionalmente utilizzato per valutare il livello dello sviluppo grammaticale sul versante espressivo LME tende ad aumentare con l’aumentare della complessità della struttura frasale In italiano LME = numero di parole per enunciato Sviluppo morfo-sintattico Trai 2 ed i 3 anni e mezzo vengono acquisiti buona parte dei meccanismi morfo-sintattici caratteristici della lingua italiana ed entro la fine dell’età pre-scolare (5-6 anni) il bambino italiano ha in buona parte completato il suo sviluppo grammaticale In linea generale, il bambino acquisisce prima quegli aspetti della morfo-sintassi che nella propria lingua appaiono più chiari percettivamentte, più semplici (anche fonologicamente), a più elevata frequenza e solitamente più informativi Morfologia nominale Le forme del genere (maschile/femminile) e del numero (singolare plurale) relative ai nomi risultano per lo più padroneggiate entro i 3 anni di età Il sistema degli articoli pone maggiori difficoltà: l’articolo maschile il ed il corrispondente plurale gli sono i più tardivi a comparire, con errori nel loro utilizzo che si protraggono fino ai 4-5 anni (le parole che richiedono questi due articoli sono relativamente poco frequenti e gli in particolare risulta complesso sul piano fonoarticolatorio) Morfologia verbale Le forme plurali dei verbi compaiono dopo quelle singolari e a tre anni non sono ancora ben padroneggiate; la più lenta a comparire è la seconda persona plurale relativamente ai modi e ai tempi, i primi a comparire sono il presente indicativo e l’imperativo, seguiti dal passato (prossimo ed imperfetto) e da ultimo il futuro Fenomeno degli ipercorrettismi in età prescolare, non è infrequente che i bambini regolarizzino le forme irregolari sia di sostantivi che di verbi: es. in italiano ho aprito anziché ho aperto, in inglese foots invece di feet E’ un fenomeno che dimostra la natura attiva del processo di acquisizione del linguaggio Comprensione morfo-sintattica In italiano, l’aspetto più rilevante per la corretta interpretazione della frase semplice è rappresentato dall’accordo soggetto-verbo: il soggetto grammaticale della frase si accorda in persona e numero con il verbo Es. Il cane inseguono i gatti soggetto: gatti gatti si accorda in persona e numero al predicato, diversamente da gatti non ci si basa sull’ordine delle parole Laddove l’accorso soggetto-verbo non possa essere informativo, si sfrutta il significato; solo se neanche questo permette di disambiguare la frase, si prende in considerazione l’ordine interpretando il primo nome come soggetto Ai fini dell’interpretazione della frase semplice: bambini di 3-5 anni utilizzano prevalentemente l’informazione relativa al significato e pertanto scelgono come agente il nome che corrisponde ad un essere animato solo verso i 7 anni cominciano a basarsi o su una strategia basata sull’ordine delle parole o sull’accordo soggetto-verbo solo verso i 9 anni, in caso di ambiguità, i bambini danno priorità all’informazione basata sull’accordo soggetto-predicato rispetto a tutte le altre, uniformandosi alla strategia più funzionale e impiegata dagli adulti Come mai questa discrepanza tra elaborazione dell’accordo soggettoverbo in produzione e in comprensione? Con ogni probabilità, non in relazione ad aspetti propriamente grammaticali, ma a limitazioni della memoria di lavoro, in quanto identificare l’accordo soggetto-predicato richiede ricordare il verbo e confrontarlo con ciascun nome della frase LO SVILUPPO DELLA “TEORIA DELLA MENTE” Teoria della mente Comprensione che gli individui hanno di come funzionano gli esseri umani in quanto diversi dagli oggetti inanimati, comprensione cioè degli stati psicologici propri ed altrui (emozioni, desideri, intenzioni, credenze) Implicazione fondamentale Fornire una base per l’interpretazione e la previsione del comportamento altrui e quindi poter interagire efficacemente con gli altri SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE Bambini di 2 anni possiedono una psicologia del desiderio: interpretano le azioni sulla base dei desideri e spiegano le reazioni emotive in funzione della soddisfazione o meno di tali desideri Nozione di desiderio presente assai precocemente nel linguaggio infantile: i verbi “volere” e “piacere” sono già frequenti nelle produzioni verbali di bambini tra i 18 ed i 24 mesi, in relazione sia a sé stessi (voglio la palla) che agli altri (ti piace nuotare?) Bambini di meno di 3 anni sono consapevoli che desideri e realtà non necessariamente coincidono , come evidente nelle espressioni che si riferiscono a desideri insoddisfatti (Non voglio mamma vada via, mentre la madre sta uscendo dalla stanza) Bambini di 3 anni possiedono una più complessa psicologia della credenza-desiderio: interpretano le azioni non soltanto in base ai desideri, ma anche alle credenze degli individui la spiegazione dei comportamenti si fa più complessa (Mario prende l’ombrella perché pensa che pioverà e non vuole bagnarsi) In un primo momento vengono prese in considerazione solo le credenze vere, cioè quelle che riflettono l’effettivo stato del cose A partire dai 4 anni, i bambini sviluppano una crescente consapevolezza che le persone possono essere guidate anche da false credenze, credenze cioè erronee che non corrispondono alla realtà Ciò trova la dimostrazione in un corpus ormai ampissimo di risultati che dimostra che è a partire da questa età che la maggior parte dei bambini supera compiti cosiddetti di falsa credenza, in cui tipicamente si valuta la comprensione del fatto che una persona cercerà un oggetto dove essa erroneamente ritiene che si trovi, anziché nel luogo in cui si trova realmente Compito di Sally e Ann (Wimmer e Perner, 1983) Solo attorno ai 4 anni si ottengono risposte corrette; precedentemente la risposta più frequente è che Sally cercherà la bambola dove effettivamente si trova, non essendoci la capacità di rappresentarsi delle credenze altrui difformi dalla realtà di fatto Quali sono i precursori della teoria della mente? il gioco simbolico nella seconda metà del secondo anno di vita (Leslie), in relazione al fatto che esso richiede la capacità di rappresentare una realtà differente da quella percepita, proprio come nell’attribuzione all’altro di stati mentali differenti dai dati di fatto l’ intenzione comunicativa dichiarativa, che compare verso la fine del primo anno di vita (Camaioni), in quanto essa implica che il bambino concepisca l’adulto come in grado di poter manifestare attenzione e interesse verso qualcosa e, dunque, dotato di stati mentali