“Una comunità è come un`orchestra che suona una sinfonia. Ogni
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“Una comunità è come un`orchestra che suona una sinfonia. Ogni
27. La liturgia della festa, armonizzando la musica, la danza, i canti, con la luce, i frutti e i fiori della terra, è un momento in cui si comunica con Dio e tra di noi attraverso la preghiera, l’azione di grazia, ma anche attraverso il buon cibo. Il pasto della festa è importante. La festa è nutrimento e ricarica. Ogni comunità, come ogni popolo, ha la sua liturgia della festa. 28. Per una famiglia è importante dare festa tutti insieme. Per i bambini è importante ridere, giocare e cantare con i genitori e vedere i genitori felici di essere insieme. 29. Al cuore della festa c’è il povero. Se si escludono i più piccoli, non è più festa. La festa deve sempre essere la festa dei poveri, la festa con i poveri e non per i poveri. 30. Il pasto è la piccola festa quotidiana in cui ci si ritrova tutti attorno alla stessa tavola per nutrirsi e incontrarsi nella condivisione e nella gioia. Perciò non ci si deve sbrigare il più presto possibile, col pretesto di fare cose più importanti o più spirituali. E’ un avvenimento comunitario importante che deve essere preparato bene e pienamente vissuto. Il pasto è il momento in cui si unisce la gioia di mangiare bene e di bere, con la gioia dell’incontro.(361) 31. La risata è un nutrimento importante. Quando una comunità intera scoppia a ridere fino alle lacrime, è una cosa che guarisce e nutre. Non si tratta di ridere «di» ma di ridere «con» . Santuario S. Maria della Natività e S. Ciro Anno Pastorale 2015/2016 “Una comunità è come un’orchestra che suona una sinfonia. Ogni strumento, preso da solo, suona qualcosa di bello. Ma quando suonano tutti insieme, quando ognuno lascia passare avanti l’altro al momento debito, è ancora più bello. Una comunità è come un parco pieno di una moltitudine di fiori, di arbusti e di alberi. Ognuno aiuta l’altro a vivere. Tutti insieme nella loro armonia, sono una testimonianza della bellezza di Dio, creatore e giardiniere”. (Jean Vanier, La comunità. Luogo del perdono e della festa) 32. Più una vita comunitaria è intensa e difficile, più ci sono tensioni e lotte e più è indispensabile avere tempi di distensione. Quando ci si sente nervosi, tesi, incapaci di pregare o di ascoltare, è segno che bisogna partire per qualche giorno almeno per riposarsi. Più si vive in comunità, più si ha bisogno di una giornata di solitudine. 33. Di tanto in tanto la comunità deve interrogarsi per sapere a che punto è. Non è sempre facile, perché bisogna imparare ad attraversare le prove. 34. A volte è importante che una comunità prenda coscienza di tutte le sue infedeltà. Le celebrazioni penitenziali comunitarie in presenza di in sacerdote, se sono ben preparate, possono essere momenti importanti: i membri, diventando coscienti sia della loro chiamata all’unità, sia del loro peccato, chiedono perdono a Dio e agli altri. È un momento di grazia che unifica i cuori. (222) 35. Un altro nutrimento che crea il legame tra il nutrimento comunitario e quello personale, perché è l’uno e l’atro insieme, è l’Eucaristia. L’Eucaristia è la celebrazione, la festa comunitaria per eccellenza, perché ci fa rivivere il mistero di Gesù che dà la sua vita per noi. L’Eucaristia è il luogo di grazia di tutta la comunità. (222) 36. Le celebrazioni penitenziali comunitarie e dell’Eucaristia sono dei simboli e dei segni efficaci per creare comunione. Tuttavia, i vangeli e gli scritti dei santi attraverso i tempi, ci mostrano chiaramente che ci sono due poli nella chiesa: il Corpo di Cristo e i poveri. I due poli sono intimamente legati, che san Giovanni, nel suo vangelo, non nomina l’Eucaristia in occasione dell’ultima Cena, ma soltanto la lavanda dei piedi. La lavanda dei piedi del povero è Eucaristia. (224) 37. La preghiera in comunità (adorazione eucaristica del giovedì) è un nutrimento importante. Un a comunità che prega insieme, che entra nel silenzio e adora, si salda sotto l’azione dello Spirito Santo. Il grido che nasce dalla comunità è ascoltato da Dio. Quando si chiede insieme a Dio un dono, una grazia, Dio ascolta e ci esaudisce. 38. La comunità deve essere segno della resurrezione. Ma una comunità divisa nella quale ognuno va per la sua strada, unicamente preoccupato della propria soddisfazione e del proprio progetto personale, senza tenerezza per l’altro, è una contro-testimonianza. OBIETTIVO GENERALE COSTRUI AMOLACOMUNI TÀ… Luogo del perdono e della festa (J.Vanier) «La PARROCCHIA: isola di misericordia corporale e spirituale in un mare di indifferenza» (Papa Francesco) OBIETTIVI PARTICOLARI FAMI GLI A … e… GI OVANICAMMI NANOI NSI EME NEL “DARDA BEREAGLIASSETATI ”: COME? 39. La comunità perfetta e definitiva è solo quella trinitaria. Quella, cioè, costituita dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Dio è una famiglia di tre persone, tre Persone in comunione le une con le altre. La chiesa, e ogni comunità particolare, sono solo un’icona di quella delle tre Divine Persone. “Erano assidui: nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Atti 2,42) 40. Una comunità non si fa in un giorno. In realtà, non è mai fatta! “Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia e la speranza”. (LS 244) Alcuni spunti per la riflessione tratti dal libro di J. Vanier, La COMUNITÀ: Luogo del perdono e della festa Carissimi, ho desiderato incontrarvi tutti per farvi un dono, frutto del mio lavoro estivo, di alcune delle mie letture. Una di queste è stata quella del bel libro di J. Vanier, «La comunità, luogo del perdono e della festa». Questi brevi passaggi del testo che vi consegno, ci accompagnino durante quest’anno dedicato al tema: «Costruiamo la comunità: luogo del perdono e della festa» (Obiettivo principale). Gli altri due obiettivi scelti sono: Giovani e Famiglie camminano insieme. (Don Raffaele Galdiero) 1. Al cuore della comunità sta il perdono e la festa. Sono le due facce di una stessa realtà, quella dell’amore. 2. Una comunità è come un’orchestra che suona una sinfonia. Ogni strumento, preso da solo, suona qualcosa di bello. Ma quando suonano tutti insieme, quando ognuno lascia passare avanti l’altro al momento debito, è ancora più bello. 3. Si entra in comunità per essere felici. Si resta per rendere felici gli altri. 4. Non si è una comunità perché si ha un progetto comune, nemmeno perché ci si vuole bene, ma perché si è stati chiamati insieme da Dio. 5. Se si entra in una comunità senza sapere che vi si entra per imparare a perdonare e a farsi perdonare settanta volte sette, ben presto si resterà delusi». 6. La comunità è il luogo dove si impara ad amare e a diventare artefici di pace. 7. La comunità è definita da questi tre elementi: amare ognuno, essere legati insieme e vivere la missione. 8. La comunità è il luogo dell’appartenenza, dell’amore e dell’accoglienza, della cura degli altri e della crescita nell’amore. 9. Le comunità esistono per dare vita e speranza a coloro che soffrono. 10. Comunità vuol dire comunione di cuore e di spirito; è una rete di relazioni. Ma la relazione implica che si risponda al grido dei nostri fratelli e sorelle, specie i più poveri, i più deboli, i più feriti, e che ci si senta responsabili di loro. 11. Una comunità non è veramente un corpo se non quando la maggioranza dei membri sta facendo il passaggio dalla «comunità per me» a «io per la comunità». È il passaggio dall’egoismo all’amore, dalla morte alla resurrezione: è la Pasqua, il passaggio del Signore. 12. La comunità non è coabitazione, non è una caserma o un albergo. Non è un gruppo di lavoro e ancor meno un nido di vipere. 13. Una comunità non è semplicemente un gruppo di persone che vivono insieme e che si amano. E’ un luogo di resurrezione, una corrente di vita; un cuore, un’anima, uno spirito. Gli atti degli apostoli dicono: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune» (At 4,32). 14. D. Bonhoeffer, nel suo libro intitolato La vita comunitaria, parla dei diversi ministeri necessari alla vita comunitaria: «quello di tenere a bada la lingua, quello dell’umiltà e della dolcezza, quello di essere saper tacere quando si è criticati, quello dell’ascolto, quello di saper essere sempre pronti a rendere un servizio nelle piccole cose della vita, quello di portare e sopportare i fratelli, quello di perdonare, quello di proclamare la parola, di dire la verità, e infine il ministero dell’autorità». 15. Diceva Santa Teresa di Lisieux: «Ho visto che non le amavo (le consorelle) come il buon Dio le ama. Ah! Ora capisco che la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti altri, nel non stupirsi affatto delle loro debolezze, nell’edificarsi dei più piccoli atti di virtù che li si vede praticare». 16. Gesù dice che non c’è amore più grande che dare la propria vita. Ma non diamo vite esaurite, tese, piene di aggressività; diamo piuttosto vite piene di gioia. 17. La gelosia è uno dei flagelli che distruggono la comunità. Proviene dal fatto che si ignora il proprio dono e che non vi si crede abbastanza. Se si fosse convinti del proprio dono, non si sarebbe gelosi di quello degli altri che tende sempre ad apparirci più bello. 18. Non c’è nulla che pregiudichi la vita comunitaria come il mascherare le tensioni, fare come se non esistessero, nasconderle dietro segni di cortesia e fuggire la realtà e il dialogo. (143) 19. I responsabili della comunità o dei singoli gruppi non devono spiritualizzare i loro errori, le loro ingiustizie e le loro mancanze d’amore. No i responsabili devono imparare a rettificare i loro errori e le loro ingiustizie! 20. La qualità essenziale per vivere in comunità è la pazienza: riconoscere che noi stessi, gli altri e la comunità intera abbiamo bisogno di tempo per crescere. Nulla si fa in un solo giorno. Per vivere in comunità bisogna saper accettare il tempo e farselo come amico. E chi è amico del tempo con dice tutto il giorno: «Non ho tempo!». Non gli fa guerra: lo accetta e se ne compiace. 21. Una delle cose più importanti per la crescita delle persone e delle comunità è proprio di essere votati alla verità, anche (e forse soprattutto) se ferisce. Non c’è crescita possibile quando si vive nella menzogna e nell’illusione, quando si ha paura che la verità sia rivelata. 22. Quando i membri di una comunità vivono in comunione gli uni con gli altri e i poveri sono al centro delle loro vita, la comunità è un segno del Regno di Dio, un segno della presenza di Dio. 23. Uno dei rischi che Dio chiederà sempre alla comunità è l’accoglienza dei visitatori, e specialmente dei più poveri, quelli che «disturbano». Molto spesso Dio trasmette un messaggio particolare a una comunità, tramite una persona accolta, una lettera ricevuta, una telefonata. Se le comunità si chiudono ai poveri, si chiudono a Dio. Non è possibile mangiare il Corpo spezzato di Cristo nell’Eucaristia, bere il suo Sangue versato per noi sotto la tortura, e non aprire il proprio cuore alle persone spezzate e crocifisse del nostro mondo d’oggi. 24. Più si diventa uomini e donne d’azione e di responsabilità in una comunità, più occorre diventare uomini e donne di contemplazione. Se non si nutre la propria vita affettiva profonda con la preghiera nascosta in Dio, se non si passa del tempo nel silenzio e se si sa prendere il tempo per restare con i propri fratelli e sorelle per vivere la loro presenza e la loro tenerezza, si rischia di diventare amari e inaspriti. 25. La comunità è il luogo della festa. La festa è come un segno dell’aldilà che è il cielo. E’ il simbolo di ciò a cui l’umanità aspira: un’esperienza gloriosa della comunione totale.«Il regno dei cieli è come un pranzo nuziale…» La festa è segno della festa eterna e ogni piccola festa nelle nostre comunità deve essere come un segno di questa festa del cielo. La festa è molto diversa dallo spettacolo. Nella vera festa tutti sono attori e spettatori. Ognuno deve giocare e partecipare, altrimenti non è una vera festa. 26. La festa esprime e rende presente in modo tangibile la finalità della comunità. È quindi un elemento essenziale della vita comunitaria. Nella festa; si dimenticano le piccole dispute, le irritazioni nate dal quotidiano sono spazzate via.