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Guinea Equatoriale

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Guinea Equatoriale
La Guinea Equatoriale
fonte di reddito per USA-SPAGNA-FRANCIA
Lo scandaloso ruolo della Francia in Africa(anche in Guinea Equatoriale?)
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Nel gennaio 2013 Hollande invia delle truppe francesi in Mali, sentenziando con forza:: “La Francia rimarrà con voi
finché sarà necessario”. Va infatti ricordato che tra quelle che erano le ex colonie e la Francia, nonostante il
raggiungimento dell’indipendenza talvolta al prezzo di sanguinose guerre, si viene a creare un legame molto
stretto. Le prime hanno bisogno degli investimenti francesi, la seconda delle risorse naturali africane. Per poter
attingere facilmente a queste, come petrolio, gas, oro e uranio, la Francia assicura “stabilità” in questi paesi.
Jacque Foccart, conosciuto anche come Monsieur Afrique, un influente uomo d’affari francese e molto vicino a De
Gaulle (presidente del Paese dal 1959 al 1969), sviluppò una rete che comprendeva politici, leader, uomini d’affari
sia francesi che africani per mantenere uno stretto controllo sulle ex-colonie. Questa rete era conosciuta come
Francafrique.
Questa storia rivela come il potere coloniale sia riuscito (tramite colpi di stato, omicidi, elezioni truccate e
quant’altro) a soddisfare la sete di energia della Francia. Nei decenni che seguirono l’indipendenza la Francia
appoggiò lo stile di vita dei dittatori, votato alla accrescimento delle proprie ricchezze personali e al totale spreco
di risorse naturali mentre la maggior parte del popolo non aveva di che sfamarsi. Hollande in una sua recente
visita a Dakar aveva altresì dichiarato che questo periodo storico era ormai terminato, ma è davvero così?
L’apice probabilmente fu raggiunto con lo scandalo Elf Aquitania. Una complicata rete di governo e non governo
che utilizzava denaro riciclato attraverso la compagnia petrolifera di stato. Le persone coinvolte manipolavano le
elezioni e organizzavano colpi di Stato. Il governo francese pagò persino l’incoronazione ad imperatore di un
leader africano per poi deporlo.
Dopo la caduta del muro dei Berlino e lo scandalo Elf, i leader africani si resero immediatamente conto del cambio
di potere in loro favore. Pian piano la Francia perse potere sulle sue ex colonie – alcuni lo chiamano colonizzazione
inversa, altri indipendenza – da quel momento in poi i leader africani da manipolati diventano manipolatori.
Dopo aver appoggiato la guerra in Biafra, rovesciato diversi presidenti, collassato l’economia della Guinea,
corrotto leader per appoggiare i suoi interessi, la Francia inizia a perdere il controllo che un tempo aveva in Africa.
Il ruolo di alcuni leader africani oggi è tale da poter influenzare la scelta di ambasciatori e ministri francesi. Hanno
capito che sono loro a poter determinare il prezzo della materia prima e non il contrario.
Anche se in alcune ex-colonie l’escalation anti francese sfocia a volte nella violenza, se il ruolo della Francia non è
più lo stesso, l’Africa ha ancora bisogno degli investitori francesi ed è proprio per questo motivo che l’era
Francafrique non è del tutto terminata.
Cornelia I. Toelgyes
(fonte Al Jazeera)
Italia
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Possibilita’ della penetrazione commerciale dei prodotti italiani e delle attività sul mercato locale. Dato l’elevato
livello di reddito pro-capite, il piu’ elevato del continente afrivolontà di sviluppo dello Stato, sussistono interessanti
opportunità sia per l’imprenditorialità, sia per l’offerta di beni di consumo, anche di lusso. Per quanto concerne i
beni strumentali, negli ultimi anni sono cresciute in modo esponenziale le esigenze nell’ambito del settore
petrolifero e minerario, in termini di tecnologie applicate ai processi di estrazione e di logistica e altri associati
servizi di supporto (manutenzione impianti, servizi per comunita’ , etc ). Ulteriori opportunita’ commerciali si
individuano nel settore delle telecomunicazioni, nelle infrastrutture energetichee dei trasporti, negli autoveicoli ed
altri mezzi di trasporto commerciali leggeri e pesanti, nelle attrezzature per la pesca, nella nautica, per
l’agricoltura, e nei comparti aeronautico e logistico. L'economia equatorguineana può presentare altresi’
interessanti prospettive nel settore delle infrastrutture ed in quello turistico e alberghiero (le spiagge della Guinea
Equatoriale sono fra le piu’ belle del mondo), allo stato estremamente carente ed orientato verso un turismo
d’elitè. Molto interessante anche la creazione della filiera produttiva della plastica, a valle della produzione
petrolifera. Le grandi commesse pubbliche (costruzione di strade, porti, aeroporti, centri affari, palazzi pubblici,
etc) sono sicuramente uno dei settori di sviluppo piu’ interessanti per le imprese italiane specializzate in grandi
lavori,e ciò per almeno i prossimi venti anni. A tutto ciò va aggiunto il fabbisogno nascente dagli specifici piani di
investimento dello stato in relazione ad “Horizonte 2020”, piani interamente finanziati dai proventi del petrolio.
Alla fine del 2007, il governo ha approvato unpiano di sviluppo di lungo periodo, chiamato “Horizonte 2020”che si
propone l’obiettivo di accelerare la riduzione della poverta’, la scolarizzazione, la crescita del livello imprenditoriale
e di creare le basi per trasformare il paese in una moderna economia emergente per il 2020.L’obiettivo del piano
e’ quello di promuovere la diversificazione economica del paese attraverso il supporto pubblico a specifici settoridi
sviluppo e mediante incentivi agli investimenti del settore privato. La Guinea Equatoriale -
Assieme a Camerun, Gabon, Congo, Repubblica Centro Africana e Ciad è membro della Central African Economic and
Monetary Community(CEMAC,secondo l’acronimo francese), la cui valuta e’ ancorata all’euro ad unaparita’ fissa, e
sede del Parlamento Comunitario CEMAC. Attualmente Presidente della Camera di Commercio Guineiana
rappresenta e presiede anche tutte le Camere di Commercio CEMAC
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http://internazionalizzazione.regione.marche.it/Portals/0/Documenti/Guinea_Equatoriale_Scheda_Paese.pdf
Spagna
10/01/2006stampainvia Guinea Equatoriale, petrolio e intrighi
La Repsol, compagnie petrolifere spagnole,partecipa alla spartizione della ricca torta
petrolifera guineana. Non si fa mistero dei legami economici che legano Madrid a
Malabo: l’amministrazione Zapatero ha proseguito nell’opera di avvicinamento al
regime di Obiang già cominciata nell’ultimo periodo dal governo di José Maria
Aznar, che inizialmente aveva mantenuto rapporti quantomeno freddi con la
controparte guineana. A prezzo però di vedere le compagnie petrolifere spagnole
tagliate fuori dai giacimenti equatoguineani. Almeno fino al 2003, quando la
Repsol ha avviato alcuni lavori di esplorazione nelle acque territoriali del piccolo
stato africano, e poco prima che cominciassero le prime frizioni tra Severo Moto e
il governo spagnolo.
La sorte del leader dell’opposizione rimane incerta. Le autorità spagnole hanno escluso di volerlo consegnare alla Guinea
Equatoriale e di stare studiando una soluzione alternativa perché a Moto non sarebbe garantito un processo equo in patria.
Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma. Probabilmente lo scomodo ospite dovrà andarsene dalla Spagna, il problema
sarà però trovare qualcuno disposto a accoglierlo. Severo Moto ha dichiarato che preferirebbe tornare in Guinea
Equatoriale, anche se ciò significherebbe passare il resto della vita in prigione viste le condanne pendenti sulla sua testa.
Comunque vada a finire, a uscire vincente dalla vicenda sarà solo il dittatore Obiang.
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Severo Moto, il leader dell’opposizione equatoguineana residente in Spagna dal 1980. A fine dicembre infatti il governo
spagnolo ha deciso di revocare lo status di rifugiato politico concessogli nel 1986 a causa della presunta partecipazione in un
tentativo di golpe ai danni dell’attuale presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema. Il governo di Madrid si
sbarazza così di una personalità politica scomoda e si riavvicina al regime dittatoriale di Obiang
Gli Usa
www.disinformazione.it
e la corsa all'oro nero africano
Stefano Liberti
• Ricco di petrolio e più stabile del Medioriente, il golfo di Guinea è
una regione di interesse strategico per gli Stati uniti. Che stanno
pensando di installarci una base militare.
• Mentre si impantanano nel golfo persico, gli Stati uniti stanno
portando avanti un'altra battaglia strategica ben più silenziosa in un
altro golfo a qualche migliaio di chilometri da lì: il golfo di Guinea,
fulcro dell'Africa occidentale. Ricca di petrolio, più facilmente
controllabile dal punto di vista politico, questa regione sta infatti
suscitando interessi crescenti da parte dell'amministrazione
americana. Tutto è cominciato all'indomani dell'11 settembre,
quando da più parti si è invocato un allentamento della dipendenza
energetica dall'Arabia saudita, da cui provenivano 13 dei 19
attentatori suicidi responsabili degli attentati a New York e
Washington.
La conferenza organizzata il 25 gennaio 2002 dall'Institute for
Advanced Strategic and Political Studies (Iasps)
think tank con sede a Gerusalemme attivamente impegnato nel cementare l'alleanza tra i
falchi del Likud e gli estremisti neo-conservatori in quota al Pentagono.
La conferenza, tenuta nella sede distaccata dello Iasps a Washington, ha visto la partecipazione di funzionari
dell'amministrazione, membri del congresso, responsabili delle compagnie petrolifere Usa e degli
ambasciatori di quasi tutti gli stati produttori di greggio del continente nero. Nell'allocuzione iniziale,
Walter Kansteiner, all'epoca sottosegretario di stato incaricato di questioni africane, decretava con toni
solenni che il petrolio sub-sahariano era ormai «un interesse strategico degli Stati uniti». Così, alla fine
dei lavori veniva decisa la formazione di un «Gruppo di iniziativa sulla politica petrolifera africana»
(Aopig, nel suo acronimo americano), una vera e propria lobby che vedeva riuniti allegramente, senza
timore di conflitti di interessi, responsabili dell'amministrazione Bush, rappresentanti del Congresso,
compagnie petrolifere, società di investimento e consulenti internazionali. Guidato da Paul Michael
Wihbey, membro di spicco dello Iasps e convinto sostenitore della necessità di abbandonare il petrolio
mediorientale perché serve a finanziare i nemici di Israele, il gruppo si sarebbe poi presentato in
pubblico con un libro bianco dal titolo «African oil, a priority for Us national security and african
development». Un testo che si poneva l'obiettivo di far passare tra i dirigenti Usa l'idea che l'Africa
occidentale, fino ad allora trascurata, doveva diventare una zona di interesse primario. Nel perseguire
questo obiettivo, lo Iasps si trovava peraltro tutt'altro che isolato; appena quattro giorni dopo la
conferenza di Washington, l'influente Council on foreign relations organizzava un seminario dai toni
simili - «La risposta dell'America al terrorismo: gestire i profitti del petrolio africano in un clima globale
mutevole».
Il clima globale mutevole imponeva un raddrizzamento di rotta, che l'amministrazione Usa, dominata dai
petrolieri, imprimeva lentamente ma decisamente alla propria agenda. Nel rendere pubbliche, il maggio
successivo, le linee guida della politica energetica nazionale, il vice-presidente Dick Cheney dichiarava
che «il petrolio africano, a causa della sua alta qualità e del suo basso tasso di zolfo, rappresenta un
mercato in sviluppo per le raffinerie della costa est».
La Guinea equatoriale, colonia
americana
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Da allora, la presenza americana nella regione ha subito un'impennata. Nel luglio 2002, una
delegazione dell'Aopig si è recata in visita in Nigeria, dove si è intrattenuta con il presidente
Olusegun Obasanjo, cercando di convincerlo della necessità di uscire dall'Opec e dai suoi
meccanismi di controllo della produzione e dei prezzi. Nel settembre successivo Colin Powell è
andato in Gabon, per la prima visita di un segretario di stato Usa in quel paese; nell'estate scorsa
Bush è sbarcato in Nigeria, dopo aver incontrato a più riprese a Washington gli ambasciatori dei
paesi dell'Africa occidentale; a metà ottobre gli Stati uniti hanno riaperto, dopo otto anni di
chiusura, la propria ambasciata a Malabo, capitale della Guinea equatoriale, che sta diventando una
vera e propria colonia americana. Tenendo conto della produzione giornaliera di 500.000 barili di
greggio (uno per abitante), Bush non ha avuto remore a riattivare i contatti con il dittatore guineano
Teodoro Obiang, già descritto dalla Cia come un «dirigente fuorilegge che ha saccheggiato
l'economia nazionale». Oggi i due terzi delle concessioni petrolifere guienane sono affidate a
compagnie Usa e i giacimenti sono difesi da guardiacoste formati dalla Military Professional
Ressources Inc, società privata guidata da ex ufficiali del Pentagono.
Poco più a nord, l'attivismo non è minore: nel giro di un anno è stata ultimata a tempo di record la
costruzione di un oleodotto di poco più di 1000 km da Doba, nel Ciad meridionale, alla città costiera
camerunense di Kribi, che dovrebbe produrre 225mila barili di greggio al giorno. Costato 3,5
miliardi di dollari e inaugurato il 10 ottobre scorso, il progetto è stato finanziato da un consorzio
americano-malese composto da alcune tra le principali multinazionali del petrolio - ExxonMobil,
Chevron Texaco e Petronas - e da fondi della Banca mondiale.
Un tesoro off-shore
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La frenesia è giustificata: i dati sulle potenzialità energetiche dell'Africa occidentale sono a dir poco
impressionanti. Le riserve accertate sono oggi pari a 24 miliardi barili. Ma il ritmo a cui vengono scoperti nuovi
giacimenti fa ritenere agli esperti che in realtà i paesi che si affacciano sul golfo di Guinea posseggano più di 100
miliardi di barili di petrolio. Anche la produzione, che oggi si attesta sui 4 milioni di barili quotidiani (pari il
quantitativo prodotto complessivamente ogni giorno da Messico, Venezuela e Iran), dovrebbe aumentare
considerevolmente e raggiungere, secondo previsioni realistiche, i 10 milioni al giorno entro il 2010. Il Golfo di
Guinea provvede a fornire il 15 % delle importazioni di greggio degli Stati uniti (quanto l'Arabia saudita). E,
secondo le proiezioni di diversi analisti, questa cifra potrebbe salire al 20% in appena due-tre anni. Notevoli e
multiformi sono i vantaggi del greggio del golfo di Guinea: costi di trasporto molto inferiori grazie alla relativa
vicinanza agli Stati uniti; una minore instabilità politica; una minore influenza dell'Opec (fra tutti i produttori, solo
la Nigeria ne fa parte e forse un giorno deciderà di uscirne, come già ha fatto il Gabon); una maggiore ricettività
verso gli investimenti stranieri, l'assenza di un concorrente politicamente ed economicamente agguerrito come la
Russia. La Francia e TotalFinaElf, infatti, pur sfruttando i legami politico-economici risalenti all'epoca coloniale, non
sono in grado di contrastare le risorse finanziarie di cui dispongono i giganti americani Chevron ed ExxonMobil.
Inoltre, l'ultimo ma non trascurabile vantaggio dei nuovi giacimenti del golfo di Guinea è la loro posizione: si tratta
di riserve prevalentemente off-shore, lontane da eventuali turbolenze politiche e sociali.
Per blindare e controllare l'area, gli Stati uniti stanno comunque pensando di installare un comando militare
permanente nel piccolo arcipelago di Sao Tomé e Principe, ricchissimo anch'esso di petrolio e posto
strategicamente al centro del golfo. Questo è quanto auspicava Wihbey in un rapporto pubblicato alla fine del
2001, questo è quello che gli Stati uniti si apprestano a fare, a giudicare dalle recenti visite di esperti militari a Sao
Tomé. Insomma, il futuro dell'Africa occidentale sembra destinato a seguire prevalentemente le linee guida
approntate dall'Aopig, la cui ideologia si regge su due pilastri fondamentali: estrazione e militarizzazione.
I colpi di Stato
• 1986 Severo Moto, il leader dell’opposizione equatoguineana residente in
Spagna dal 1980. A fine dicembre 2005 infatti il governo spagnolo ha
deciso di revocare lo status di rifugiato politico concessogli a causa della
presunta partecipazione in un tentativo di golpe ai danni dell’attuale
presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema
• Simon Mann Il mercenario trasparente 11/11/2011 - di Mazzetta
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Simon Mann ,i suoi compagni d’avventura e la storia del fallito golpe in Guinea Equatoriale nel
2004. Mann è ritornato nel Regno Unito e prossimamente scriverà un libro sulla simpatica vicenda
che lo ha portato a trascorrere sette anni nelle peggiori prigioni d’Africa.
http://www.giornalettismo.com/archives/167387/il-mercenario-trasparente/2/
Guinea Equatoriale: figlio della Tatcher processato per contumacia di Joshua Massarenti-
Mark Tatcher, figlio dell'ex premier britannica Margaret Tatcher a Malabo per suo
coinvolgimento in un tentativo di rovesciare il presidente equato-guineano
http://www.vita.it/societa/giustizia/guinea-equatoriale-figlio-della-tatcher-processato-per-contumac-40195.html
Storia della Guinea Equatoriale
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12°-15° sec.: popolazioni bantu (fang e ndowe) occupano la regione oggi conosciuta come Rio Muni e scacciano i pigmei
bayele (oggi ne sopravvivono solo piccoli gruppi); l’isola di Bioko è colonizzata dai bubi nel 13° secolo. 1471: il navigatore
portoghese Fernão do Pó è il primo europeo ad avvistare l’isola di Bioko, battezzandola Fernando Poo. 1778: il Portogallo
cede le isole di Fernando Poo e di Annobón agli spagnoli. Dal 1827 al 1844, con il benestare della Spagna, i britannici
amministrano l’isola. 1844: Bioko torna alla Spagna, che, nel frattempo, ha esteso il proprio controllo all’entroterra (oggi Rio
Muni). 1904: Bioko e Rio Muni sono unificate dal punto di vista amministrativo e diventano Territori dell’Africa Occidentali,
più tardi denominati Guinea Spagnola.
1964: governo autonomo. 1968, agosto: referendum costituzionale; settembre: Francisco Macías Nguema è eletto
presidente; 12 ottobre: indipendenza, con Nguema capo di stato. 1969: repressione violenta ai danni dell’opposizione,
messa al bando. 1972: Macías si autoproclama presidente a vita; migliaia di persone sono torturate e giustiziate nelle carceri
o picchiate a morte nei campi di lavoro; per anni, il paese rimane isolato dal resto del mondo; due terzi degli abitanti
fuggono all’estero. 1979, agosto: un colpo di stato, capeggiato dal col. Teodoro Obiang Nguema Mbasogo (nipote di Macías
), depone il presidente (giustiziato per «crimini contro l’umanità»); viene istituito un Consiglio militare supremo, che
prosegue le politiche di repressione del precedente governo.
1982, agosto: un referendum designa Teodoro Obiang Nguema Mbasogo presidente per sette anni. 1984: Obiang Nguema è
rieletto senza opposizione; alcuni politici esiliati fondano, all’estero, l’Alleanza nazionale per la democrazia. 1986: un
tentativo di golpe porta a nuovi arresti. 1989: Obiang Nguema riconfermato al potere.
1991: viene autorizzato il multipartitismo; inizio dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio. 1993: dopo la legalizzazione
dei partiti e la liberazione dei prigionieri politici, le elezioni (agosto) sono un parodia della democrazia; le opposizioni le
boicottano. 1996, febbraio: alle presidenziali (80% di astensionismo) Obiang Nguema ottiene il 99% dei voti; marzo: la Mobil
annuncia la scoperta di altri ricchi giacimenti di petrolio e gas naturale; il Pil cresce del 71,2% (1997), del 22% (1998), del
15% (1999), ma le cifre nascondono una iniqua distribuzione della ricchezza; il Fondo monetario internazionale accusa i
leader politici di appropriarsi dei proventi del greggio. 1998, gennaio: Amnesty International denuncia l’arresto di folti gruppi
di persone (per lo più di etnia bubi) in seguito ad attacchi contro postazioni militari nell’isola di Bioko; giugno: il tribunale
militare condanna a morte 15 persone accusate di attacchi separatisti in Bioko. 1999, marzo: il Partito democratico della
Guinea Equatoriale (Pdge), del presidente, ottiene la maggioranza dei seggi alle elezioni parlamentari; il mese dopo, dozzine
di leader dell’opposizione sono arrestati.
Seconda parte
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2001: scoperti nuovi giacimenti; l’economia cresce di oltre il 50%, ma la situazione politica rimane agitata; febbraio: il primo
ministro Angel Serafin Seriche Dougan è sostituito da Cándido Mautetema Rivas; marzo: 8 partiti dell’opposizione in esilio
formano in Spagna una coalizione per monitorare la politica interna del paese; luglio: Fiorentino Ecomo Nsogo, leader del
Partito per la ricostruzione e il benessere sociale (Prbs), rientra dall’esilio, rispondendo all’invito, rivolto da Obiang Nguema a
tutti i partiti politici, a presentarsi alle elezioni del 2003.
2002, giugno: 68 persone (tra cui il principale leader dell’opposizione, Plácido Míco Abogo) sono condannate alla prigione
con pene fino a 20 anni per complotto contro il governo; Amnesty International notifica che «gli accusati mostravano segni
di tortura»; dicembre: Nguema è rieletto con il 100% dei voti in un esercizio elettorale boicottato dall’opposizione. 2003,
agosto: a Madrid, leader politici dell’opposizione formano un governo in esilio, presieduto da Severo Moto; a Malabo,
Placido Mico Abogo e altri 17 prigionieri politici sono liberati.
2004, marzo: 18 sospetti mercenari, guidati dal sudafricano Nick du Toit, sono arrestati e accusati di tentato colpo di stato
(altri mercenari vengono fermati in Zimbabwe perché sospettati di far parte dello stesso piano); centinaia di stranieri sono
deportati; aprile: alle elezioni politiche e amministrative, il Pdge e i partiti alleati ottengono 98 dei 100 seggi; novembre:
Nick du Toit è condannato a 34 anni di prigione (in Zimbabwe, Simon Mann, britannico, capo del gruppo di mercenari
fermati all’aeroporto di Harare, è condannato a 7 anni, ridotti a 4 in appello).
2005, gennaio: Mark Thatcher, figlio di Margaret Thatcher, confessa di aver finanziato il tentato golpe del 2004; giugno: il
presidente concede l’amnistia a 6 armeni condannati per aver partecipato al golpe; luglio: 55 persone muoiono in un
incidente aereo; settembre: una corte militare condanna alla prigione 23 ufficiali militari, accusati di aver preso parte a
numerosi tentativi di colpo di stato; dicembre: la Spagna revoca lo stato di esiliato al leader dell’opposizione Severo Moto,
sospettandolo di essere coinvolto in tentati colpi di stato.
2006, agosto: il presidente accusa di corruzione il governo, che si dimette in blocco; Ricardo Mangue Obama Nfubea è il
nuovo primo ministro; ottobre: Nguema fa sapere che intende chiedere alle compagnie petrolifere di raddoppiare la
percentuale dovuta alla Guinea Equatoriale nei contratti pattuiti. 2007, novembre: 4 cittadini condannati per il tentato golpe
del 2004. 2008, febbraio: il mercenario britannico Simon Mann è estradato in Guinea Equatoriale dallo Zimbabwe; marzo: la
Spagna riconosce di nuovo lo stato di esiliato al leader dell’opposizione Severo Moto; aprile: la polizia spagnola arresta
Moto, sospettato di far giungere armi in Guinea Equatoriale; luglio: Obiang accetta le dimissioni dell’intero governo, dopo
averlo accusato di corruzione, e nomina Ignacio Milam Tang primo ministro; il mercenario britannico Simon Mann e altri 4
sudafricani condannati a 34 anni di carcere (saranno perdonati nel novembre 2009); ottobre: due poliziotti sono accusato di
aver sequestrato il colonnello ribelle Cipiamo Nguema Mba e di averlo consegnato alle autorità equato-guineane (che però
negano).
2009, febbraio: si dice che il palazzo presidenziale abbia subito attacco e 7 nigeriani sono imprigionati perché ritenuti
responsabili; novembre: Obiang rieletto con il 95% dei voti; Placido Mico Abogo, il principale candidato dell’opposizione,
dichiara di non accettare i risultati di un’elezione «non libera e non equa».
Terza parte
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2002, giugno: 68 persone (tra cui il principale leader dell’opposizione, Plácido Míco Abogo) sono condannate alla prigione con pene fino a 20 anni per
complotto contro il governo; Amnesty International notifica che «gli accusati mostravano segni di tortura»; dicembre: Nguema è rieletto con il 100%
dei voti in un esercizio elettorale boicottato dall’opposizione. 2003, agosto: a Madrid, leader politici dell’opposizione formano un governo in esilio,
presieduto da Severo Moto; a Malabo, Placido Mico Abogo e altri 17 prigionieri politici sono liberati.
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2004, marzo: 18 sospetti mercenari, guidati dal sudafricano Nick du Toit, sono arrestati e accusati di tentato colpo di stato (altri mercenari vengono
fermati in Zimbabwe perché sospettati di far parte dello stesso piano); centinaia di stranieri sono deportati; aprile: alle elezioni politiche e
amministrative, il Pdge e i partiti alleati ottengono 98 dei 100 seggi; novembre: Nick du Toit è condannato a 34 anni di prigione (in Zimbabwe, Simon
Mann, britannico, capo del gruppo di mercenari fermati all’aeroporto di Harare, è condannato a 7 anni, ridotti a 4 in appello).
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2005, gennaio: Mark Thatcher, figlio di Margaret Thatcher, confessa di aver finanziato il tentato golpe del 2004; giugno: il presidente concede
l’amnistia a 6 armeni condannati per aver partecipato al golpe; luglio: 55 persone muoiono in un incidente aereo; settembre: una corte militare
condanna alla prigione 23 ufficiali militari, accusati di aver preso parte a numerosi tentativi di colpo di stato; dicembre: la Spagna revoca lo stato di
esiliato al leader dell’opposizione Severo Moto, sospettandolo di essere coinvolto in tentati colpi di stato.
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2006, agosto: il presidente accusa di corruzione il governo, che si dimette in blocco; Ricardo Mangue Obama Nfubea è il nuovo primo ministro;
ottobre: Nguema fa sapere che intende chiedere alle compagnie petrolifere di raddoppiare la percentuale dovuta alla Guinea Equatoriale nei
contratti pattuiti. 2007, novembre: 4 cittadini condannati per il tentato golpe del 2004. 2008, febbraio: il mercenario britannico Simon Mann è
estradato in Guinea Equatoriale dallo Zimbabwe; marzo: la Spagna riconosce di nuovo lo stato di esiliato al leader dell’opposizione Severo Moto;
aprile: la polizia spagnola arresta Moto, sospettato di far giungere armi in Guinea Equatoriale; luglio: Obiang accetta le dimissioni dell’intero governo,
dopo averlo accusato di corruzione, e nomina Ignacio Milam Tang primo ministro; il mercenario britannico Simon Mann e altri 4 sudafricani
condannati a 34 anni di carcere (saranno perdonati nel novembre 2009); ottobre: due poliziotti sono accusato di aver sequestrato il colonnello ribelle
Cipiamo Nguema Mba e di averlo consegnato alle autorità equato-guineane (che però negano).
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2009, febbraio: si dice che il palazzo presidenziale abbia subito attacco e 7 nigeriani sono imprigionati perché ritenuti responsabili; novembre: Obiang
rieletto con il 95% dei voti; Placido Mico Abogo, il principale candidato dell’opposizione, dichiara di non accettare i risultati di un’elezione «non libera
e non equa».
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2010, agosto: 4 persone sospettate di golpe vengono giustiziate; ottobre: l’Unesco abbandona il progetto di istituire un premio intitolato al
presidente Obiang; novembre: una corte d’appello francese indaga su accuse di corruzione mosse contro tre capi di stato africani, tra cui il presidente
Obiang.
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2011, giugno: Amnesty International parla di arresti in massa di oppositori politici, immigrati e studenti alla vigilia del vertice dell’Unione africana
nella capitale Malabo; novembre: si tiene un referendum su alcuni cambi costituzionali, che i critici descrivono come “accaparramento del potere”.
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2012, gennaio: il paese ospita (con il Gabon) il più importante torneo di calcio africano, la Coppa delle Nazioni; il figlio del presidente, Teodoro
Nguema Obiang Mangue (noto come “Teodorin”), chiede a una corte americana di annullare la decisione dell’amministrazione americana di
sequestrare sue proprietà per il valore di 71 milioni di dollari, perché giudicati frutto di corruzione; maggio: “Teodorin” è promosso vicepresidente;
luglio: la Francia emette un mandato di arresto contro Teodorin, sospettato di aver scialacquato fondi pubblici.
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2013, maggio: attivisti dell’opposizione arrestati alla vigilia delle elezioni parlamentari; il giorno 26, il Partito democratico, al potere, vince tutti i
seggi, eccetto uno, in ambedue le camere del parlamento (lo scrutinio è giudicato dagli osservatori “una farsa”).
(Aggiornato al 22 giugno 2013)
La Guinea Equatoriale per l’occidente non è solo
interesse petrolifero
Dopo che si è conclusa l'annosa vicenda del tentato golpe in Guinea Equatoriale, l'Occidente sembra decisamente aver mutato il suo atteggiamento verso la
feroce dittatura. I fatti successivi al rilascio di Simon Mann e soci sembrano dare ragione alla ricostruzione del famigerato mercenario britannico, che
ha sempre sostenuto che l'operazione godesse del sostegno più o meno esplicito di tutte le potenze interessate, sicuramente almeno di Spagna e
Gran Bretagna.
Resta da vedere se l'iniziativa all'epoca fosse condivisa dagli Stati Uniti, al tempo forse non ancora maturi per scaricare l'alleato proprio mentre
l'amministrazione Bush faceva della Guinea Equatoriale il terzo fornitore africano degli Stati Uniti, impegnati a ridurre la loro dipendenza dai paesi
del Golfo e nell'invasione dell'Iraq.
Dopo anni nei quali pochissimi si sono interrogati sulla singolare tolleranza per il regime di Teodoro Obiang, nei giorni scorsi è stato sferrato quello
che appare un vero e proprio attacco coordinato alla dittatura. I conti e le proprietà di Teodoro Obiang e del figlio prediletto “Teodorin” sono stati
sequestrati negli Stati Uniti, in Francia Sudafrica e Spagna, operazione che è avvenuta tutt'altro che in silenzio, anche se non ha attirato grande
attenzione mediatica.
Settanta milioni di dollari, un jet Gulfstream una villa a Malibù, una collezione di memorabilia di Michael Jackson, questo il modesto bottino
sequestrato solo in California. Cinque milioni di euro, il valore delle sole macchine sportive sequestrate a Teodorin a Parigi (foto sopra).
Troppa ricchezza per chi ufficialmente guadagna qualche migliaio di dollari al mese, ancora di più se si considera che il reddito reale dei guineani è di
un dollaro e mezzo al giorno a fronte di entrate conosciute che pongono il reddito medio del paese a livello a da sceiccato, il più alto di tutta l'Africa.
Accade che le risorse naturali del paese, il petrolio nelle acque del Golfo di Guinea e il legno della foresta equatoriale nella parte continentale del
paese vadano a beneficio esclusivo della famiglia del dittatore, anche se fino a poche settimane fa la cosa non destava troppo scandalo e gli Obiang
erano benvenuti quasi ovunque. Teodorin ha provato a spiegare alle autorità sudafricane che nel suo paese è legalmente possibile che un ministro
partecipi alle gare pubbliche con una sua società in rappresentanza d'interessi stranieri e poi incassi delle royalties, ma tale bizzarria non è
contemplata dalla legge sudafricana, se non nell'elenco dei reati. Dettagli che impallidiscono di fronte alla situazione dei diritti umani nel paese, ai
crimini della dittatura, alle condizioni nelle quali annaspa il popolo virtualmente più ricco d'Africa.
La famiglia Obiang, come quella dei più illustri Gheddafi e Assad è finita nel libro nero dei dittatori cattivi e la dura mano della legge ha finalmente
accolto le denunce di numerose organizzazioni umanitarie che giacevano in fondo ai cassetti in giro per il mondo e le ha trasformate in
provvedimenti esecutivi. Nessuna condanna alle Nazioni Unite, che pure attraverso le loro agenzie denunciano da anni il regime sanguinario, nessuna
sanzione ufficiale dei governi, si comincia con il ricorso alla giustizia ordinaria, quasi che i governi ne siano all'oscuro.
Obiang può cominciare a preoccuparsi, per spazzarlo via probabilmente non servirà nemmeno una risoluzione dell'ONU, visto che la sua sicurezza e
l'integrità delle frontiere guineane sono affidate a una sparuta guardia presidenziale di mercenari che non può certo fronteggiare minacce come
quelle rappresentate da un qualsiasi esercito occidentale, figurarsi agli americani. Che nell'isola oltre ai giacimenti potrebbero trovare anche un utile
appoggio tattico, una base che permetterebbe loro facile accesso a tutti i paesi affacciati sul Golfo di Guinea, il sogno di una base per il comando
AfriCom che inseguono da anni. Occupare e mantenere l'ordine in un paese con poco più di mezzo milione d'abitanti, per lo più in miseria e
disarmati, non sembra un'impresa impegnativa come l'occupazione dell'Afghanistan.
Probabilmente quando succederà qualcosa di definitivo sarà una cosa veloce e poco cruenta. Il candidato più quotato a succedere alla dinastia
Obiang è Severo Moto, un oppositore da anni rifugiato in Spagna, a sua volta protagonista di storie oscure e troppo spesso romanzate ad arte, ma
tant'è. Manca poco ormai, la democrazia sta finalmente per essere esportata anche in Guinea Equatoriale, per l'equità sociale e una redistribuzione
delle ricchezze guineane si vedrà poi, non decideranno certo i guineani, che se non altro possono sperare sul fatto che sarà difficile per i nuovi
padroni far peggio del vecchio Teodoro.
ll giallo dell'italiano
in affari con il dittatore
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20/8/2008 “La Stampa
” (caso analogo a Berardi)
L'ombra dell'omicidio dietro l'incidente aereo in Guinea Equatoriale . PABLO TRINCIA
Uno strano incidente aereo tra le foreste dell’Africa equatoriale, il pilota che sparisce nel nulla, il corpo carbonizzato di un imprenditore italiano e una
dittatura sanguinaria che ne eredita parte delle proprietà, aprendo un complesso contenzioso internazionale.
Sono passate le cinque del pomeriggio del 21 giugno 2007, quando un Cessna 84EN decolla da Mongomo, città a Est della Guinea Equatoriale, diretto
a Bata, porto sulla sua costa atlantica. A bordo: un pilota spagnolo, Juan Cruz Manzano, e un imprenditore friulano, Igor Celotti, originario di Buja
(Udine). Intorno alle 18 e 30, a circa a metà tragitto, il velivolo perde quota e si schianta tra la vegetazione tropicale del distretto centrale di Niefang.
Due giorni dopo, i soccorritori scoprono, accanto all’aereo in pezzi, il cadavere carbonizzato di Celotti. Si pensa subito a un tragico incidente, ma
mentre i suoi resti sono ormai irriconoscibili, Juan Cruz Manzano - seppur in stato confusionale - è praticamente illeso. E appare intatta la valigetta
dell’italiano. Le autorità equatoguineane chiudono quasi subito il caso. Il pilota spagnolo viene medicato in Camerun, da dove sparirà. La salma di Igor
Celotti, dopo un funerale solenne con le più alte cariche del piccolo Stato africano, viene sigillata in una bara e riportata in Italia, dove lo attendono la
vedova e due figli piccoli.
Ad oggi, né in Guinea Equatoriale né in Italia è partita alcuna indagine sull’incidente. Ma alcuni, che per affari o amicizia erano vicini all'imprenditore
italiano, hanno rivelato a La Stampa la propria teoria: non è stato un incidente. L'ipotesi è che Igor Celotti gestisse un giro d’affari che faceva gola a
molti, e che avesse rapporti commerciali e non con personaggi di dubbia reputazione, cominciando dai membri del governo equatoguineano (la
maggior parte degli intervistati ha chiesto l’anonimato).
Ma cominciamo in ordine cronologico: classe 1961, Igor Celotti si trasferisce in Guinea Equatoriale a metà Anni 90 come tecnico per un’azienda
italiana di costruzioni. L’ex colonia spagnola è poverissima ed è governata dal dittatore Theodoro Obiang Nguema, al potere da 1979. La corruzione è
endemica, gli affari vanno male e l’azienda chiude.
Ma nel 1996 il governo scopre di avere un mare di petrolio: il Paese diventa il terzo produttore africano. Lo stato ha fiumi di denaro da investire, o da
nascondere nei conti esteri della famiglia del presidente (nel 2003 un’inchiesta del Senato statunitense scopre conti milionari di Obiang Nguema e
famiglia nella Riggs Bank di Washington).
Celotti torna in Italia e chiede un aiuto all’imprenditore Giulio Cistaro, che gli fornisce capitali, macchinari e lo mette a capo della General Work (G.
W.) Guinea Ecuatorial. La società cannibalizza appalti di strade, acquedotti, palazzi governativi, opere marittime. L’azienda fattura grosse somme,
Celotti diventa amico del presidente Nguema e della sua cricca. Tutto fila liscio, fino al 21 giugno scorso.
Secondo un imprenditore italiano vicino a Celotti, l’uomo sarebbe stato vittima di un raggiro che ha come protagonista Juan Cruz Manzano, il pilota
sparito: «Manzano aveva una procura generale sui conti esteri di Celotti che nessuna indagine ha bloccato». Ma c’è parla di un complotto da parte
del governo equatoguineano. Lo sostiene un ex agente dei servizi segreti dello Stato africano e amico di Celotti (che chiede di essere chiamato
«Santiago Ndong»): «Celotti versava molti soldi dei ricavi degli appalti pubblici ai membri del governo, ma finanziava anche l’opposizione. Il
presidente e il suo governo hanno cominciato a sospettare di lui. Perché, oggi, la famiglia del presidente controlla il 45% della Guinea General
Works?».
Un uomo d’affari italiano che lavorava con l’imprenditore friulano, sostiene che Celotti avesse lucrose attività in Gabon, in Austria e Romania e in
Medio Oriente e gestisse i propri affari attraverso società-fantasma, tra cui la Rangerbourg Panama, con la quale sarebbe entrato in possesso, grazie
a una falsa cessione notarile, della società GW Guinea Ecuatorial, sottraendola al proprietario Giulio Cistaro. Sulla vicenda è aperta una disputa legale.
Il restante 55% della società, gestita oggi in Guinea da Gimmy Ricci, affarista che in Italia ha avuto guai con la giustizia, sarebbe in mano alla famiglia
dell’imprenditore scomparso. Sempre secondo questa fonte, non sarebbe stato esaminato il dna sul corpo dell’imprenditore perché non richiesto dai
parenti. Un portavoce della famiglia di Celotti non ha rilasciato dichiarazioni.
Teodorin Obiang, figlio del dittatore della Guinea Equatoriale, ha ordinato
uno yacht di lusso
lunedì 28 febbraio 2011
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Teodoro Obiang Nguema Mbasogo è dittatore della Guinea Equatoriale dal 1979 e,
nonostante il suo patrimonio attuale sia stato stimato da Forbes intorno ai 600
milioni di dollari e nonostante il territorio sia ricco di petrolio, i suoi “sudditi”
vivono nella miseria.
Ma questo non sembra importare, soprattutto al figlio nonchè erede di Obiang,
Teodorin, che oltre a ricevere uno stipendio di 6700 dollari al mese come ministro
dell’agricoltura, vive nel lusso più sfrenato (e lo testimoniano fra le altre cose la
villa a Malibu da oltre 34 milioni di dollari, il jet privato da oltre 32 milioni di dollari
e il suo personale parco macchine).
Come ultimo capriccio, avrebbe ordinato alla compagnia tedesca Kusch Yachts un
megayacht da 375 milioni di dollari, che dovrebbe comprendere un cinema, un
ristorante e una piscina. La costruzione della barca di lusso però non sarebbe
ancora iniziata.
Il figlio di Obiang ha dichiarato tramite l’ufficio stampa del governo di aver
cambiato idea e di non voler più acquistare lo yacht; ha poi aggiunto però che se
l’ordine andrà avanti, comprerà la barca di lusso con soldi provenienti da affari
privati e non con proventi illeciti.
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