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Cinzia Merli, signora dei grandi vini
Cinzia Merli, signora dei grandi vini Il suo motto: «L’impossibile diventa possibile». Una storia d’amore e intuizioni fra i vigneti di Bolgheri di MARIA MEINI È una grande storia d'amore la parabola di Cinzia Merli, la signora del vino di Bolgheri (nella foto di Michele Falorni/Silvi). Una storia d'amore che comincia con un finale drammatico. Per risorgere verso una nuova vita. Cinzia Merli dal 2002 è alla guida dell’azienda Le Macchiole, 18 dipendenti, una produzione di oltre 140mila bottiglie esportate in 60 Paesi, dagli Stati Uniti al Giappone, con tre etichette che svettano tra i campioni dell'enologia: Paleo, Messorio e Scrio. 24 ettari di vigneti, su quella via Bolgherese che incasella i migliori vigneron del mondo (a pochi metri dalle Macchiole c'è Ornellaia, dove nasce il Masseto) destinati a crescere di altri 5 ettari acquistati di recente. C'è crisi nel mondo del vino? Non per Cinzia Merli. La sua vita è sempre stata una sfida a superare paure e incognite. Con quel piglio concreto che le deriva dall'amore per la terra, che per lei, da buona marchigiana, è sacra. «Vivevamo a Bibbona. I miei genitori racconta - erano agricoltori, e per me la terra è una parente stretta. Dico sempre che sono abituata male: riconosco i sapori, la genuinità dei cibi fin da quand'ero bambina». Riservata, sorridente, gira per le vigne quasi con passo felpato. Ma tutto in lei emana forza. «Non mi è mai piaciuto stare sotto i riflettori - si schermisce - ed è stata questa la parte più difficile». Sul palcoscenico Cinzia è stata costretta a salire dopo la morte del marito. Eugenio Campolmi aveva appena 40 anni quando un cancro ai polmoni l'ha portato via, 14 anni fa. La notizia viene battuta dalle agenzie e dai giornali specializzati in enologia. Winenews parla di una grave perdita nel mondo del vino. Eugenio Campolmi era l'inventore del Paleo, una delle bandiere dei grandi Bolgheresi. Il primo e uno dei pochi produttori del posto a sedersi accanto ai big che declinano Bolgheri nell'empireo del vino: Antinori, Incisa della Rocchetta, Gaja. Si erano conosciuti da ragazzi, lei studentessa, lui tenace autodidatta dall'intuito felice con un sogno da realizzare. «Eugenio impianta i primi vigneti nell’82, sui terreni che il nonno aveva comprato da Antinori negli anni ’70, tre ettari a grano e frutteti lungo l’Aurelia ricorda Cinzia - dove la famiglia di mio marito aveva un alimentari con spaccio di vino, nella zona delle Macchiole». Per questo anche quando l'azienda si trasferisce sulla Bolgherese, con i nuovi vigneti che digradano verso la pineta e il mare, il nome resta lo stesso. «Eugenio stava in vigna, sul trattore, controllava ogni cosa, ogni passaggio, io avevo i bambini piccoli». Elia, che oggi ha 27 anni, laureato in agraria, lavora in azienda, e Mattia, 23, che studia lingue a Milano. I primi vini sono pronti nell'87, l’anno del matrimonio. Ma il successo arriva dopo, con il Paleo rosso. Prima vendemmia nell'89, uscita in bottiglia nel ’91. Vino rivelazione in una sfida coi Bordeaux nel ’95. È quella la strada maestra che Eugenio imbocca a 200 all'ora. «Eugenio studiava molto, andava di persona a vedere come si coltivavano i vigneti in Francia - racconta ancora Cinzia - lo trovavo a leggere libroni di enologia». Fino alla decisione di cambiare marcia: non più cabernet sauvignon e sangiovese ma una novità assoluta per Bolgheri, un cabernet franc in purezza. Nasce allora il Paleo che oggi conosciamo, Supertuscan di successo sui mercati internazionali. La produzione di monovitigni è la vera intuizione di Eugenio Campolmi. Nel ’94 al Paleo si affiancano Messorio, 100% merlot, e Scrio, sirah in purezza. «Il sirah è stata la sfida più difficile, qui non è facile produrlo, ma Eugenio ci ha creduto. Ed ha avuto ragione». Ora il nuovo disciplinare della Doc Bolgheri include la vinificazione monovarietale. Quando le cose vanno bene, arriva subdola la malattia. Cinzia riavvolge il nastro: questa è la parte più buia. Da vivere e da raccontare. Quando muore Eugenio lei ha 35 anni, i ragazzi sono ancora piccoli. Ma deve scegliere in fretta. «Non mi sono mai posta il problema di vendere o di lasciare - dice - era chiaro quello che dovevo fare, per fortuna in azienda c'erano mio fratello Massimo e Luca (D'Attoma, l'enologo, ndr) che mi hanno aiutato». Sono gli anni più tosti. «Oltretutto le prime vendemmie sono un disastro». La svolta arriva due anni dopo. E nel 2007 il Messorio 2004 è incoronato nel gotha dei vini: Wine Spectator gli assegna 100 centesimi tondi. «Prendere il posto di Eugenio - racconta ancora Cinzia - non è stato per niente facile: lui era un leader, con un carattere irruento, passionale. Ho sofferto molto per trovare il mio modo di condurre l'azienda. Ma la cosa più difficile è stata doverla rappresentare, salire sul palcoscenico». È stata dura, ma c'è riuscita. Imprimendo la sua idea di vino e di azienda. A partire dalla conversione al biologico, cominciata subito nel 2002. «Eugenio è morto di cancro - spiega l'imprenditrice - volevo dare un segnale, per rispetto verso chi lavora in azienda. Siamo passati al biologico in modo deciso, e da tre anni stiamo provando anche la biodinamica. L'unico rincrescimento è non aver chiesto la certificazione, ma non ci ho pensato. Per me era più importante recuperare il rapporto originario verso la terra, eliminando pesticidi e prodotti chimici. E i risultati sono eccellenti: i vigneti hanno sviluppato delle difese immunitarie che fanno la differenza anche negli anni più difficili». Ma il vino è cambiato? «La filosofia è la stessa di Eugenio - sottolinea Cinzia Merli continuiamo a dare predominanza al vigneto, il vino nasce dalla terra, è l'uva che va curata, grappolo per grappolo. In azienda lavorano molte donne, ma stranamente nei posti strategici ci sono uomini. Io ho un ottimo rapporto con entrambi. Dopo le prime difficoltà adesso c'è una sintonia perfetta. C'è mio fratello Massimo, c'è un nuovo enologo, Luca Rettondini». Intanto è stata ricostruita e allargata la cantina, reimpiantati i vigneti più vecchi. Sono stati acquistati altri 5 ettari. Nel 2012 è nato il club Amici del Paleo. Nel suo ufficio, Cinzia ha una bacheca: tra le foto spunta una lavagnetta. C'è scritto impossibile, con una croce sulle prime due lettere: l'impossibile diventa possibile. Il suo motto. http://iltirreno.gelocal.it/regione/2016/01/17/news/cinzia-merli-signora-dei-grandi-vini1.12795023