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Riflessione su 6000 e più Stelle
Riflessione su 6000 e più Stelle Gloria Arienti 5A lst Anno Scolastico: 2013/2014 I.S.I.S. Giulio Natta, Bergamo 1 Forse s'avess'io l'ale da volar su le nubi, e noverar le stelle ad una ad una... da Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Giacomo Leopardi Ad occhio nudo si possono contare nell'intera volta celeste circa 6000 stelle, che vi brillano da miliardi di anni. Sicuramente ciò che ha osservato un abitante del popolo Maya non è ciò che ha poi veduto un cavaliere medievale; eppure è possibile trovare una certa continuità nel modo in cui gli uomini, con il passare del tempo, hanno osservato le stelle. Da puntini luminosi posti su un soffitto scuro, esse sono diventate ammassi di gas caldissimi. Da lumi creati da una divinità, sono state viste come oggetti lontani ed insensibili alle vicende umane... Forse la verità dipende troppo da come si guarda alla realtà. Forse il tempo continua a scorrere ma c'è sempre qualcosa che rimane nei ricordi che, anche viaggiando alla velocità della luce, arriverà in ritardo. E forse è sufficiente guardare in cielo di notte per accorgersi di non essere soli o, al contrario, cadere in una solitudine senza fine. 2 I ndi ce Presentazione scientifica e fisica delle Stelle, 4 Definizione, 4 Produzione di Energia, 4 Spettri Stellari e Classi Spettrali, 4 Diagramma HR, 6 Moti e Redshift, 6 Luminosità e Distanza: la Magnitudine, 7 Evoluzione di una Stella, 7 Le Costellazioni, 9 Storia dell'osservazione delle Stelle, 10 La Bibbia, dalla Genesi, Inno a Dio creatore, 10 Immanuel Kant, Critica della ragion pratica, Conclusione, 11 Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 1830, 12 Gustave Flaubert, Madame Bovary, 1857, 12 Giovanni Pascoli, X Agosto, 1896, 13 Joseph Conrad, Heart of Darkness, 1899, 13 Luigi Pirandello, Rimedio: la Geografia, 1920, 14 Giuseppe Ungaretti, Stelle, da Sentimento del Tempo 1927, 15 Bibliografia, 16 3 LE STELLE Definizione Si definiscono stelle gigantesche masse gassose, per lo più di forma sferica, dotate di temperature elevatissime e brillanti di luce propria, prodotta dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono al loro interno. Produzione di Energia Le reazioni di fusione nucleare, esotermiche, avvengono nei nuclei delle stelle e richiedono condizioni di pressione e temperatura elevate; sono infatti dette reazioni termonucleari. Consistono nella fusione di nuclei di atomi molto leggeri per formare elementi più pesanti. Si distinguono due tipi di reazioni, in base alla differenza delle caratteristiche dimensionali e termiche tra stelle. ● ciclo protone-protone. Avviene a temperature non superiori ai 15 milioni di Kelvin. I nuclei di due atomi di idrogeno, ormai allontanati dagli elettroni, e quindi due protoni, si fondono a formare un nuovo nucleo, quello del deuterio, più un positrone ed un neutrino. Successivamente un nucleo di deuterio si fonde con un altro protone a formare un nucleo di elio-3, isotopo instabile, e procedendo con la fusione di due nuclei dell'ultimo tipo si ottengono un elio-4, stabile, e due protoni che riaprono il ciclo. Il tutto libera una quantità di energia enorme: 600 miliardi di calorie per ogni ciclo. ● ciclo carbonio-azoto. Necessita di temperature superiori ai 15 milioni di Kelvin e di altri elementi chimici come catalizzatori. Il risultato è sempre un nucleo di elio-4 a partire da semplici protoni. Nelle stelle di grandi dimensioni, dopo tale trasformazione le reazioni termonucleari proseguono per portare alla formazione di elementi più pesanti come l'ossigeno, lo zolfo, il cloro, fino al ferro, ventiseiesimo nella tavola periodica. In entrambi i cicli, l'enorme quantità di energia che viene liberata proviene dalla trasformazione della massa in, appunto, energia. Infatti i reagenti avranno massa leggermente maggiore rispetto ai nuclei prodotti dalla fusione. Spettri Stellari e Classi Spettrali L'energia prodotta tramite le reazioni di fusione nucleare è emessa dalle stelle sotto forma di radiazione elettromagnetica che, secondo la teoria elaborata da Albert Einstein (1879-1955), è composta da un flusso di corpuscoli privi di massa: i fotoni. Questi “quanti” di energia si muovono alla velocità della luce, interagiscono con la materia secondo un dualismo onda-particella e trasportano un pacchetto di E calcolabile secondo la legge proposta dallo stesso. E=h∗ f dove per h si intende la Costante di Planck, valente h=6,63x10-34J×s, e f la frequenza del flusso a cui appartiene il fotone. 4 Lo spettro elettromagnetico è l'insieme di tutte le radiazioni con le relative lunghezze d'onda. Nell'intervallo compreso tra 4,3×1014Hz e 7,5×1014Hz di frequenza si ritrova la luce visibile dall'occhio umano, rappresentabile in uno spettro di emissione continuo; se infatti un gas viene portato all'incandescenza esso emetterà l'energia accumulata in precedenza sotto forma di luce, costituendo una distribuzione continua dei colori dal rosso al violetto (a). Quando invece un elemento, portato allo stato gassoso e a bassa pressione, viene notevolmente riscaldato, esso produce uno spettro caratteristico che contiene righe di una certa lunghezza d'onda (b). Da questo spettro di emissione a righe è possibile ottenere informazioni riguardanti la composizione chimica del corpo emittente. Infine, se la luce di un corpo caldo (quindi continua) attraversa dei gas a bassa pressione e relativamente freddi, si ottiene uno spettro di assorbimento a righe caratterizzato da sottili righe di Fraunhofer (c). Un ideale assorbitore ed irraggiatore è il corpo nero, chiamato appunto così per la sua teorica capacità di assorbire ogni lunghezza d'onda e di emettere onde in base alla sua temperatura. Secondo la legge di Stefan-Boltzmann, la quantità totale di energia emessa da tale corpo è proporzionale alla quarta potenza della temperatura stessa: E=σT 4 in cui σ è una costante di proporzionalità, detta appunto costante di Stefan-Boltzmann, che vale 5,67×10-8W×m-2×K-4. Considerando, con un margine di errore, le stelle come corpi neri è possibile ottenere un'efficace relazione tra radiazione emessa e temperatura. Si può così notare come, confrontando vari diagrammi di emissioni di corpo nero, la frequenza del picco massimo si sposta secondo la legge dello spostamento di Wien: f picco = ( 5,88∗1010∗s−1∗K −1 ) T È stato quindi possibile, per gli scienziati, affermare come la temperatura degli astri sia definita dallo studio dei rispettivi spettri di emissione, e quindi dallo studio della loro colorazione superficiale. Si possono ricavare inoltre informazioni riguardanti la composizione chimica della stella. Tramite tale analisi si può ora affermare come la materia stellare sia composta prevalentemente da idrogeno (in media 70%) ed elio (circa 28%), mentre la restante percentuale della massa è suddivisa tra altri elementi metallici e non; tutti allo stato plasmatico. A seconda del colore, cioè della temperatura, e delle caratteristiche dello spettro, le stelle vengono classificate in 7 classi spettrali. Alla classe di tipo 0 appartengono i corpi più caldi e luminosi, che si presentano quindi azzurri; seguono poi le suddivisioni B, A, F, G (a cui appartiene il Sole, con temperatura superficiale di 6000K e colore giallo), K e M. 5 Diagramma HR Tra il 1905 ed il 1913 due astronomi, separatamente ed in due stati diversi, progettarono un diagramma che relazionasse le stelle osservate in base a luminosità e temperatura. Tale lavoro, il diagramma di Hertzsprung-Russel, mostra come gli astri in fase di stabilità si collochino lungo una diagonale denominata Sequenza Principale, distinta da una zona per le nane bianche e da una striscia per le giganti rosse. Studiando la posizione di una stella nel grafico è possibile ricavarne rapidamente le principali informazioni energetiche. Moti e Redshift Il primo ad accorgersi dei movimenti delle stelle fu nel 1718 l'astronomo inglese Edmond Halley. Egli, confrontando le posizioni che gli antichi cataloghi stellari di Ipparco e di Tolomeo attribuivano alle stelle Sirio, Procione ed Arturo, rispetto ai cataloghi più moderni ed alle proprie osservazioni, trovò che era avvenuto uno Moto Effettivo Moto Radiale Moto Proprio spostamento. Come tutti i corpi, quindi, anche le stelle sono dotate di moti propri: ruotano su se stesse e si muovono l'una rispetto all'altra con una velocità radiale ed una trasversa. La prima, la velocità radiale, non è causa di uno spostamento della posizione di una stella contro lo sfondo di stelle più remote e può essere misurata solo con metodi spettroscopici, mentre il moto trasverso è misurabile geometricamente. Tramite l'analisi spettrale unita allo studio dell'effetto Doppler è quindi possibile individuare i movimenti di allontanamento o di avvicinamento delle stelle. Se queste si avvicinano, le righe nere dello spettro di assorbimento sono spostate verso lunghezze d'onda minori, ovvero verso il blu; se invece esse si allontanano si verifica un redshift, cioè una traslazione verso frequenze più basse come quella rossa. Il tutto è spiegato dalla relazione tra frequenza percepita e frequenza effettiva emessa dal corpo in movimento proposta dal fisico austriaco Christian Doppler nel 1842: ( uc ) f'=f ∗ 1∓ in cui u esprime la velocità relativa della sorgente e c è la velocità della luce, 3x108m/s Se i moti propri non possono essere percepiti facilmente, c'è invece un movimento apparente dovuto al giorno sidereo. Infatti la Terra ha un periodo di rotazione rispetto alle stelle di 23h 56min 4s, durante il quale tutti gli astri sembrano descrivere dei cerchi attorno al polo celeste. Anche il Sole, la Luna ed i pianeti partecipano a questo moto diurno, così come le costellazioni. I poli celesti non hanno moto diurno. 6 Nelle tre figure a sinistra sono mostrati gli effetti del moto proprio in lunghi periodi di tempo. Delle sette principali stelle dell’Ursa Major cinque si muovono nello spazio nella stessa direzione, e le altre in direzione diversa. In alto l’Orsa come appariva 100 000 anni fa; la figura centrale si riferisce a oggi; l’ultima come apparirà tra 100 000 anni. I moti propri delle stelle sono però troppo lievi per essere rilevati a occhio nudo se non in tempo lunghi. Luminosità e Distanza: la Magnitudine La luminosità con cui una stella appare ad un osservatore sulla Terra è detta magnitudine apparente: si indica con la lettera m e dipende dalla luminosità intrinseca della stella, ovvero dalla quantità di luce che essa emette ogni secondo per superficie unitaria, e dalla sua distanza. Fu proprio questo criterio ad essere utilizzato da Ipparco, nel I secolo a.C., per classificare diverse centinaia di stelle che osservava ad occhio nudo quando si pensava che tutti gli astri si trovassero alla stessa distanza dalla Terra: ogni differenza di luminosità, perciò, doveva corrispondere ad una differenza di grandezza, dividendole in 6 gruppi. Tuttavia, poiché una stella può apparire splendente per due motivi indipendenti e cioè, o perché è relativamente vicina (come avviene nel caso di Sirius) o perché effettivamente è molto luminosa (come per Rigel), in astronomia è preferita la grandezza di Magnitudine Assoluta, M. Questa è definita come la magnitudine apparente che una stella avrebbe se fosse osservata da una distanza standard fissata a 32,6 anni luce (10parsec). A tale distanza il Sole apparirebbe di magnitudine +4,7, cioè come un oggetto scuro a occhio nudo; Sirius invece avrebbe una magnitudine +1,3; Rigel apparirebbe di magnitudine -7, ovvero tale da proiettare ombre. Le magnitudini sono legate da una semplice formula: M=m+5−5∗lnd dove d è la distanza dell'oggetto osservato dalla Terra. Evoluzione di una Stella Nascita. Tutte le stelle nascono dalle nebulose, nubi di gas e polveri cosmiche molto rarefatte formate specialmente da idrogeno, elio ed altri metalli. In esse la materia si avvicina e si aggrega provocando un aumento della forza di gravità e questa, a sua volta, attira altra materia, innescando un meccanismo di aumento progressivo della massa. Successivamente l'energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica, aumentando la temperatura del corpo in formazione, dando così origine ad una protostella. Sempre per effetto della forza di gravità la concentrazione della protostella prosegue ed il suo nucleo si riscalda ulteriormente. Essa può evolvere diventando una nana bruna, ovvero una stella mancata, se la massa iniziale è insufficiente ad innescare le 7 reazioni di fusione nucleare, o può trasformarsi in una stella vera e propria se il continuo riscaldamento del nucleo giunge alla temperatura necessaria di 15 milioni di Kelvin. Fase di Stabilità. La nuova stella entra così nella fase di stabilità, in cui il calore delle reazioni termonucleari fa aumentare la pressione dei gas verso l'esterno, bilanciando la forza di gravità e fermando la contrazione della materia. Tale momento può durare alcuni milioni di anni per stelle molto calde e di massa elevata, 10 miliardi di anni per altre di caratteristiche simili a quelle del Sole oppure decine di miliardi di anni per corpi piccoli e relativamente poco caldi. Gigante Rossa. Nel momento in cui quasi tutto l'idrogeno si è trasformato in elio, il nuovo nucleo collassa su se stesso, innescando reazioni di fusione nucleare per un elemento più pesante quale il carbonio. La temperatura interna comincia a risalire, espandendo la superficie dell'astro che si raffredda: appare una Gigante Rossa. È però possibile che, se l'espansione supera il punto di equilibrio, si instauri una successione di contrazioni e di espansioni simili a pulsazioni, facendo apparire il sistema come una stella variabile. Questa fase termina assieme al combustibile nucleare. La stella, sotto la pressione del suo enorme campo gravitazionale, collassa. Fine. La conclusione del ciclo evolutivo avviene secondo modalità dipendenti dalla massa iniziale: ● poco meno di 1 massa solare. La Gigante Rossa collassa senza innescare nuove fusioni nucleari, con la nascita di una nana bianca che lentamente si raffredda. ● 1 massa solare. Quando tutto l'elio si è trasformato in carbonio, la parte centrale della stella riprende a contrarsi diventando visibile come nana bianca o in alcuni casi esplodendo in una nova, con luminosità anche 150.000 volte superiore. Gli strati più esterni, rarefatti, vengono espulsi, si dilatano e danno origine a nebulose a forma di anello dette nebulose planetarie. ● 10 masse solari. All'esaurirsi del combustibile nucleare si formano Supergiganti Rosse al cui interno avvengono nuove reazioni con la produzione di elementi più pesanti del carbonio fino a giungere al ferro, con il quale si ferma la catena delle termonucleari. Dopo di questo si verifica un altro collasso gravitazionale tale da provocare una gigantesca esplosione; nasce così una supernova con splendore aumentato di un miliardo di volte. Gran parte della materia che esplode, disintegrata, viene lanciata e diffusa nello spazio, mentre il nucleo si contrae ulteriormente, fondendo protoni ed elettroni, formando una stella di neutroni. L'opinione comune tra gli astronomi è che questi corpi emettano onde radio a variazioni ritmiche, ovvero che non siano altro che pulsar. 8 ● 30-60 masse solari. Dopo essere passate attraverso la fase di Supergigante e di Supernova, il collasso gravitazionale che interessa il nucleo prosegue originando un corpo circondato da un grande campo immenso: il buco nero. Esso è chiamato così in quanto assorbe ogni radiazione e non ne emette altra, rendendolo invisibile all'osservazione. Le Costellazioni Le costellazioni sono raggruppamenti fittizi di stelle che, unite con una linea immaginaria, sembrano costruire particolari figure geometriche, immagini di animali, strumenti e personaggi mitologici. Le origini di questi disegni non sono note, ma già i cinesi e gli egizi disegnarono fantasiose carte celesti, e lo stesso fecero i cretesi. Il modello seguito oggi è greco, e tutte le 48 costellazioni elencate da Tolomeo di Alessandria sono ancora in uso. Si dicono modelli fittizi in quanto sono solo frutto dell'immaginazione: spesso accade che stelle della stessa costellazione facciano parte di ammassi molto distanti tra di loro. È infatti tutta una questione di prospettiva, dipendente dalla posizione reciproca di Terra, stelle ed osservatore. 9 Storia dell'Osservazione delle Stelle L'astronomia è la scienza che studia i corpi celesti, le loro proprietà, natura ed evoluzione. Tra il 5000 e il 3000 a.C. gli uomini di cultura delle prime civiltà agricole sviluppatesi lungo il Nilo, in Mesopotamia (primi tra tutti i Sumeri), nelle vallate dell'Indo e del Fiume Giallo cominciarono ad indagare sugli astri visibili a occhio nudo; per loro erano dei punti luminosi fissati ad una solida sfera di cristallo. Essi furono probabilmente spinti dall'influenza che i fenomeni celesti avevano sulla loro vita: per quanto riguarda lo scorrere del tempo, l'orientamento spaziale e l'agricoltura. La Bibbia. Dalla Genesi, Inno a Dio Creatore […] e Dio disse: << Vi siano luminari nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte, e servano da segni per le ricorrenze, per i giorni e per gli anni, e servano da luminari nel firmamento del cielo per fare luce sulla terra >>. E così avvenne: Dio fece i due luminari maggiori, il luminare grande, per dominare il giorno, e il luminare piccolo, per dominare la notte, e le stelle. E Dio li pose nel firmamento del cielo per far luce sulla terra e per dominare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era un bene. E venne sera, poi venne mattina: un quarto giorno. [...] Successivamente, fu il periodo greco. I primi filosofi naturalisti quali Talete, Anassimandro ed Anassimene iniziarono ad osservare la natura ed il cielo con occhi diversi, cercando una spiegazione razionale a ciò che non comprendevano. Pitagora ed Aristotele cercarono di dare risposte, che vennero accettate e furono seguite per secoli, basandosi però ancora sulla metafisica. Fu Aristarco di Samo (310-230a.C.) il primo vero astronomo della storia: egli utilizzò strumenti matematici per indagare il cosmo e concluse che la Luna è a 30 diametri terrestri dal nostro pianeta e che il Sole è 19 volte più lontano. Più tardi, Erastotene da Cirene (276-194a.C.) trovò le reali dimensioni della Terra mentre Ipparco di Nicea, attorno al 130a.C., compilò un catalogo eccellente usando rudimentali strumenti di misura: il suo lavoro fu proseguito da Tolomeo (ca. 100-ca. 170d.C), la cui opera è giunta fino ai giorni nostri attraverso la traduzione araba “Almagesto”. Dopo la morte di quest'ultimo, l'astronomia languì per molti secoli; gli arabi, tra il IX e il XV secolo, proseguirono il lavoro di catalogazione delle stelle sempre seguendo il sistema tolemaico. Fu allora che Niccolò Copernico (1473-1543) negò ciò che per secoli si era creduto fosse la rappresentazione della realtà ed affermò che il Sole è al centro della rivoluzione di molti pianeti fra cui la Terra, teoria che più tardi si adattò perfettamente anche al pensiero di Giovanni Keplero (1571-1630). Tra il 1576 e il 1596 l'astronomo danese Tyge Brahe, strenuo oppositore del sistema copernicano e che credeva per motivi religiosi che la Terra dovesse essere il centro dell'universo, compilò il migliore catalogo stellare dei tempi pretelescopici. Poco dopo venne inventato il telescopio, e nel 1675 venne fondato l'osservatorio di Greenwich per ordine del re Carlo II d'Inghilterra. Copernico, Brahe, Keplero, con le loro rivoluzionarie innovazioni, non intaccarono più di tanto la tradizione tolemaica popolare sia perché scrissero in latino a esclusivo vantaggio dei colleghi sia perché si limitarono a esporre le proprie ipotesi senza pretese di imporle ai contemporanei. Fu Galileo Galilei (1564-1642) a rivoluzionare, con l'invenzione del metodo scientifico, lo studio della fisica e dell'astronomia. Egli si avvalse dell'osservazione tramite cannocchiali e, nonostante le sue teorie fossero supportate da attente analisi scritte, venne condannato dalla Santa Inquisizione. 10 Il fisico inglese Isaac Newton (1642-1727) continuò il lavoro del suo predecessore ed elaborò la legge di gravitazione universale, pubblicata per la prima volta nel 1687, F=G m1∗m2 d2 e consolidò la percezione che ogni fenomeno fosse regolato da poche leggi naturali fondamentali che possono essere individuate tramite l'osservazione e la sperimentazione. All'epoca furono però in molti a rifiutare le idee di questo scienziato: Leibniz, Kant e Hegel si scagliarono competitivamente contro la nuova teoria. Immanuel Kant, Critica della ragion pratica , Conclusione […] Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. [...] Il filosofo, nato nel 1724 a Könisberg e mortovi nel 1804, come conclusione all'opera pubblicata nel 1788 riflette sul rapporto tra la finita essenza fisica dell'uomo di fronte all'universo e l'infinita essenza morale dello stesso, grande della legge morale che porta dentro di sé. Egli afferma come due realtà che egli considera infinite riempiano il suo cuore di un'ammirazione anch'essa senza limiti; per il campo fisico si avvale proprio dell'osservazione di un cielo stellato. Le stelle sembrano innumerabili e guidate da leggi complesse, eppure questo spettacolo provoca un senso di piacere ed al contempo di smarrimento: l'uomo può solo osservare e trovare la sua grandezza in altri luoghi, quelli metafisici. I cambiamenti ormai si susseguirono sempre più veloci. Rømer quantificò la velocità della luce; Johan Doppler e Armand H. Fizeau mostrarono come l'allontanamento o l'avvicinamento, rispetto all'osservatore, di una sorgente di segnali sonori o luminosi provocasse l'aumento o la diminuzione della lunghezza d'onda del segnale. Grazie al lavoro combinato di William Herschel (1738-1822), Joseph Fraunhofer (17871826), Abders J. Ångström (1814-1874), Jean Foucault (1819-1868) e Gustav Kirchhoff (1824-1887) venne enunciata una legge che cambiò ancora una volta il modo di studiare il cielo: “il rapporto tra i poteri di emissione e di assorbimento per la stessa lunghezza d'onda è costante per tutti i corpi che si trovano alla stessa temperatura”. Si passò così alla chimica delle stelle, in grado di legare astronomia, astrofisica e fisica atomica. 11 G i a c o m o L e o p a r d i , C a n t o n o t t u r n o d i u n p a s t o r e e r r a n t e d e l l 'A s i a , 1 8 3 0 […] e quando miro in cielo arder le stelle; dico fra me pensando: a che tante facelle? Che fa l'aria infinita, e quel profondo infinito seren? che vuol dir questa solitudine immensa? ed io che sono? Così meco ragiono: e della stanza smisurata e superba, e dell'innumerabile famiglia; poi di tanto adoprar, di tanti moti d'ogni celeste, ogni terrena cosa, girando senza posa, per tornar sempre là donde son mosse; […] Leopardi nacque a Recanati nel 1798 e morì a Napoli nel 1837. Il canto fu composto nella cittadina natale ed è cronologicamente l'ultimo dei canti pisano-recanatesi. Lo spunto è tratto da un articolo del barone e viaggiatore russo de Meyendorff, apparso sul “Journal des Savants”, dedicato ad un viaggio in Asia centrale. La forma è quella di un idillio ma la riflessione affrontata è dolorosa e legata all'universale infelicità umana. Più di tutte le altre, questa è la poesia delle domande sul senso della vita che sono poste alla Luna, elemento naturale per sua essenza muto; le interrogazioni, benchè autentiche, sono quindi di carattere retorico. Infatti, al fondo della struttura interrogativa, si trova una serie di affermazioni lapidarie legate dalla rima in -ale. Nel passo scelto il poeta, ovvero il pastore, guarda le stelle ardere nel cielo e si domanda il motivo di tutto questo lavoro: sicuramente la Luna sarà a conoscenza della ragione dei moti dei corpi celesti, eppure lui non può fare altro che notare come tutto sia destinato, con il tempo, a ritornare nella posizione iniziale. Questa osservazione assume carattere simbolico e generale, così che nella “solitudine immensa” la sua fragilità rende malevola la vita stessa. G u s t a v e F l a u b e r t , Ma d a m e B o v a r y, 1 8 5 7 […] Non bisognava dar troppo peso, pensava, ai discorsi esaltati che nascondono gli affetti mediocri: come se la pienezza dell'anima non traboccasse talvolta con le più vuote metafore, perché nessuno mai sa dare l'esatta misura dei propri desideri, dei propri concetti, dei propri dolori, e la parola umana è come una caldaia di rame spaccato, su cui suoniamo melodie buone a far ballare gli orsi, mentre vorremmo intenerire le stelle. [...] Nato a Rouen nel 1821 e morto nel 1880 a Croisset, Flaubert pubblicò a 35 anni Madame Bovary, un romanzo inizialmente incriminato per oltraggio alla morale ma che più tardi gli procurò fama mondiale. L'intera opera è incentrata sulla vita di Emma Bovary, una giovane moglie di provincia che sogna la grande città; il tutto è accompagnato da un continuo contrasto tra desideri irraggiungibili, che provocano quindi dolore e noia, e la monotona vita borghese. Si può appunto definire il Bovarismo, la tendenza descritta da questo romanzo, come la falsa illusione di poter fuggire la mediocre realtà borghese a favore di un'esistenza splendida e lussuosa. 12 La riflessione, riportata dalla parte seconda del libro, descrive perfettamente come ogni tentativo di raggiungere uno stato superiore a quello solito della vita nell'Ottocento sia vano. Se nemmeno il modo più articolato per esprimersi, ovvero il linguaggio, permette di condividere esattamente la tormenta di emozioni che si smuovono nell'animo dei protagonisti, allora nemmeno il narratore può cercare di farlo, quindi diventa invisibile. Eppure, un obiettivo perfetto esiste, le stelle: la voglia di vincere non riesce però ad andare oltre ad un elemento rozzo e grossolano come un orso, che viene personificato per schernire ogni falso intellettuale. Giovanni Pascoli, X Agosto, 1896 San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. […] E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855 e morì a Bologna nel 1912. Le sue intere vita ed opera artistica vennero influenzate enormemente dal misterioso omicidio del padre avvenuto per mani ignote la notte del 10 agosto 1867; la poesia qui riportata venne appunto composta per ricordare questo evento. Tramite un'analogia tra la morte di una rondine e quella del padre, il poeta denuncia l'ingiusto assassinio personificando il Male, che vince sul Bene, ed il Cielo che viene accusato di essere lontano ed impotente. In una notte dal profondo significato personale si vedono delle stelle cadenti che acquisiscono le sembianze di lacrime divine e celesti: solo l'autore è a conoscenza di questa realtà e punta il dito contro la volta celeste, che inonda di pianto “quest'atomo opaco del Male!”. Si possono così ritrovare sia il tema della morte e della dualità tra male e bene, sia quello della verità, conosciuta a pochi. Joseph Conrad, Heart of Darkness, 1899 […] You should have heard him say, “My ivory”. Oh yes, I heard him. “My Intended, my ivory, my station, my river, my...” everything belonged to him. It made me hold my breath in expectation of hearing the wilderness burst into a prodigious peal of laughter than would shake the fixed stars in their places. Everything belonged to him – but that was a trifle. The thing was to know what he belonged to, how many powers of darkness claimed him for their own. That was the reflection that made you creepy all over. [...] Józef Teodor Konrad Korzeniowskj (1857-1924) was born in the Ukraine. At the age of twenty-one he joined the British Merchant Navy and spent the next sixteen years sailing around the world, also visiting the Belgian Congo which was later to be the inspiration for his most famous novel. The dominant theme in this modern novel is that of colonialism, depicted as a source of exploitation and evil. 13 While using much irony, symbolism and imagery, the word “darkness” has infinite connotations in the text and there is always a contrast but also a balance between “black” and “white”. The passage above contains the thoughts of Marlow while reflecting about Kurtz's desire of possessing everything: his ivory, his Intended, his station and his river. The main character both admires and has pity of the man who “had taken a high seat amongst the devils of the land”, as he wonders on “how many powers of darkness claimed him for their own”. Marlow is aware of the fact that the old coloniser dared too much during his life, so he expected “of hearing the wilderness burst into a prodigious peal of laughter” which, due to its strength, “would shake the fixed stars in their places”. Here it is a criticism of the western civilisation. Nuove scoperte fecero avanzare le conoscenze astrofisiche. Maxwell e la sua teoria dell'elettromagnetismo; Planck e la costante universale; Einstein e la quantizzazione dell'energia nonché la teoria della relatività. Queste scoperte diedero la possibilità di spiegare l'energia stellare e l'enorme durata delle stelle, di elaborare una scala dei tempi molto più ampia di quanto non si fosse immaginato, di elaborare ipotesi sull'evoluzione dell'universo. Luigi Pirandello, Rimedio: la Geografia, Novelle per un anno, Scialle nero, 1920 […] Se costantemente ci ricordassimo di ciò che la scienza astronomica ci ha insegnato, l'infimo, quasi incalcolabile posto che il nostro pianeta occupa nell'universo... Lo so; c'è anche la malinconia dei filosofi che ammettono, sì, piccola la terra, ma non piccola intanto l'anima nostra se può concepire l'infinita grandezza dell'universo. Già. Chi l'ha detto? Biagio Pascal. Bisognerebbe pur tuttavia pensare che questa grandezza dell'uomo, allora, se mai, è solo a patto d'intendere, di fronte a quell'infinita grandezza dell'universo, la sua infinita piccolezza, e che perciò grande è solo quando si sente piccolissimo, l'uomo, e non mai così piccolo come quando si sente grande. E allora, di nuovo, domando e dico che conforto e che consolazione ci può venire da questa speciosa grandezza, se non debba aver altra conseguenza che quella di saperci qua condannati alla disperazione di veder grandi le cose piccole (tutte le cose nostre, qua, della terra) e piccole le grandi, come sarebbero le stelle del cielo. E non varrà meglio allora per ogni sciagura che ci occorra, per ogni pubblica o privata calamità, guardare in su e pensare che dalle stelle la terra, signori miei, ma neanche si suppone che ci sia, e che alla fin fine tutto è dunque come niente? [...] Originario di Girgenti, l'attuale Agrigento, Pirandello vi nacque nel 1867 e morì a Roma nel 1936. Novellista, romanziere e drammaturgo, la sua ideologia si basava sul contrasto tra vita e forma: riteneva infatti che la società imponesse delle maschere a chiunque volesse farne parte, soltanto che ognuno non si presenta con un solo volto ma con centomila, così da rendersi conto di non essere nessuno in realtà. Nonstante questa concezione dolorosa, egli introduceva l'umorismo per trasformare una risata in una riflessione profonda. Nella novella, raccolta in Novelle per un anno, l'autore riflette come lo studio della geografia, della geologia e dell'astronomia dovrebbe servire all'uomo adulto per fuggire dalla monotonia del quotidiano. Un po' come accade a Belluca, anche il protagonista di questa breve storia si rifugia nella fantasia di terre lontane per trovare un conforto dalla prigione della famiglia 14 e del lavoro. La riflessione sopra riportata è un attacco a tutti coloro che cercano di rendere grande l'uomo e di giustificare tutti i suoi dolori; eppure, dalle stelle (davvero grandi rispetto alla Terra) sapere che milioni e milioni di esseri irrequieti si agitano sembrerebbe proprio un'inezia. G i u s e p p e U n g a r e t t i , S t e l l e , d a S e n t i m e n t o d e l Te m p o 1 9 2 7 Tornano in alto ad ardere le favole. Cadranno colle foglie al primo vento. Ma venga un altro soffio, ritornerà scintillamento nuovo. Originario dell'Egitto, Ungaretti nacque ad Alessandria nel 1888 e morì a Milano nel 1970. L'elemento determinante della sua produzione artistica fu la partecipazione alla prima guerra mondiale; le poesie scritte al fronte sono raccolte nell'opera L'Allegria, mentre Sentimento del Tempo racchiude le composizioni degli anni succssivi fino al 1933, anno della pubblicazione. Nella seconda raccolta si nota un avvicinamento alla tradizione, precedentemente allontanata, e quindi un maggiore uso della punteggiatura e dell'analogia. Infatti, solo grazie al titolo della poesia è possibile essere certi del soggetto descritto: le stelle ardono e vengono affiancate a delle favole o per ricordi che riemergono nell'autore o perché, come le storie raccontate, danno speranza. Con l'arrivo della stagione fredda le nuvole copriranno il cielo, ma basterà sempre solo un “altro soffio” di vento a scacciarle per tornare ad osservare il brillare di stelle. Queste sono così viste con occhi di speranza e di precarietà, così come l'arrivo del vento indica lo scorrere del tempo. 15 Bibliografia Temi di Geografia generale. Tramontana. Angela Mossudu. 2010 Atlante dell'Universo. Mondadori. A cura di Patrick Moore. 1970 Atlante del Cielo. Giunti. Adriana Rigutti. 2012 I volti della letteratura 4. Paravia. Sergiacomo, Cea, Ruozzi, De Meo. 2012 I volti della letteratura 5. Paravia. Sergiacomo, Cea, Ruozzi. 2012 I volti della letteratura 6. Paravia. Sergiacomo, Cea, Ruozzi, Giordano, Terrile. 2012 With Rhymes and Reason. Loescher. Medaglia, Young. 2011 La Sacra Bibbia, Vecchio Testamento. Selezione dal Reader's Digest. Galbiati, Penna, Rossano. 1968 Novelle per un anno. Giunti. Luigi Pirandello. 1994 Libri integralmente letti: Madame Bovary. BiT. Gustave Flaubert, traduzione a cura di Premoli. 1996 Cuore di tenebra. Oscar Mondadori. Joseph Conrad, traduzione a cura di Bernascone. 2012 (con testo a fronte) 16