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Protesi combinata - protesi dentale fissa implantare rimovibile

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Protesi combinata - protesi dentale fissa implantare rimovibile
Fra prescrizione medica e progettazione tecnica
Dott. Laura Seracchiani
Sig. Vincenzo Bettazzoni
Da il nuovo laboratorio
odontotecnico 2001
Dott. Laura Seracchiani Sig.Vincenzo Bettazzonidiritti riservati
Diplomata alla scuola odontotecnica
“Edmondo De Amicis”, nel 1976 vince il
premio “Stiatti” per aver ottenuto il voto
più alto dell’istituto.
Nel 1977 consegue la maturità
odontotecnica con 58/60.
Dal novembre 1977 fino al 1981
insegna laboratorio odontotecnico nella
suddetta scuola.
Nel 1985 si laurea in Odontoiatria e
protesi dentaria all’università degli studi
di Roma “la Sapienza” con 110 e lode,
discutendo la tesi su “Problemi e
soluzioni inerenti la riabilitazione
protesica delle arcate ad estremità
libera”.
Fa la sua prima conferenza nel 1987.
Esercita in uno studio associato di Roma,
con pratica specializzata in ambito
protesico e gnatologico.
Dott. Laura Seracchiani
Sig.Vincenzo Bettazzoni- diritti
riservati
È nato nel 1941 a Bologna, città, dove si è
diplomato presso l’Istituto professionale per
Odontotecnici “Il Villaggio del Fanciullo”-.
Ha iniziato l’attività professionale nel 1955 e
dal 1964 è titolare di laboratorio a Bologna,
dove attualmente esercita insieme alle sue
figlie e alcuni collaboratori.
Sin dall’inizio della propria carriera si è
interessato alla protesi combinata. Ha
collaborato con vari medici nella protesi
scheletrata con ganci di precisione,
specializzandosi nella tecnica della protesi
combinata con fresaggi attivabili.
Ha fatto parte della consulta dei relatori
Antlo ed è stato membro dell’Arco. Dal 1986
è stato membro del comitato scientifico
Antlo tenendo corsi, conferenze e
partecipando a congressi in tutta Italia e in
Europa.
Dott. Laura Seracchiani
Sig.Vincenzo Bettazzoni- diritti
riservati
L’esperienza quotidiana indica la necessità di un comune linguaggio, tra
l’odontoiatra e l’odontotecnico, in modo che i dati tecnici possano
integrarsi con le valutazioni cliniche e condurre alla realizzazione di una
progettazione corretta sia sotto il profilo estetico sia funzionale.
Un tale approccio largamente utilizzato in protesi fissa, in modo
particolare se si tratta di ricostruzioni su impianti, è scarsamente
impiegato in protesi parziale mobile (PPM).
In queste riabilitazioni, infatti, non è raro che le mutilazioni dentali siano
estese rispetto agli elementi di supporto residui e di conseguenza la PPM
dovrà utilizzare sia il supporto dentale sia mucoso.
Ciò comporta la necessità di un costruttivo scambio d’informazioni fra il
clinico, chiamato alla valutazione di tutti i tessuti orali, e l’odontotecnico,
incaricato di una ricostruzione complessa che coinvolge tutti i tipi di
lavorazioni:fissa scheletrata e mobile.
Tale interscambio ha origine dal clinico che in fase preliminare, valuta lo
stato di salute del cavo orale e le aspettative estetiche del paziente
(elenco 1) ipotizzando di conseguenza il tipo di riabilitazione protesica
più indicata. Egli quindi invia una prescrizione medica al tecnico avente
per oggetto la richiesta di un progetto tecnico.
Dott. Laura Seracchiani Sig.Vincenzo
Bettazzoni- diritti riservati
Elenco 1
Valutazioni cliniche


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








Il numero e la distribuzione dei denti residui
La situazione paradontale
La condizione dei denti residui terminali
L’entità delle lesioni cariose presenti
La cario-suscettibilità
L’estensione delle protesi da applicare sulle mucose
Le forze esercitate dall’arcata antagonista
Le abitudini masticatorie
La presenza nel paziente di parafunzioni
Le abitudini d’igiene orale
Le esigenze estetiche
Le esigenze economiche
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Foto 2
Condizioni della bocca
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La prescrizione medica è quindi il passaggio d’informazioni fra il medico e il
tecnico per lo studio del caso che contiene l’ipotesi di protesizzazione
scelta dal clinico per il paziente.
Essa riporterà le informazioni sullo stato di salute degli elementi residui,
evidenziando eventuali denti a rischio, e sarà corredata dai modelli studio
con un vallo di masticazione.
Il progetto tecnico è lo studio della fattibilità della prescrizione medica
effettuato dall’odontotecnico in base a considerazioni meccaniche,
all’analisi dei rischi e alla scelta dei materiali utilizzabili.
Sarà inviato al clinico per la discussione di eventuali variazioni rispetto a
quanto indicato e alla successiva approvazione (foto 3, 4 e 5).
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Foto 3
Montaggio e ceratura diagnostica, indispensabili per una corretta valutazione degli spazi
disponibili
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Foto 4
Analisi degli spazi per gli ancoraggi richiesti
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Foto 5
Predisposizione della corona che supporta l’attacco
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Sebbene le motivazioni che portano a scegliere di realizzare una
protesi parziale mobile PPM possano essere molteplici si opti
principalmente per questo tipo di riabilitazione quando le mutilazioni
dentali sono, estese rispetto agli elementi di supporto residui. In questi
casi occorrono quindi protesi che utilizzino sia il supporto dentale sia
mucoso.
E’ importante però conoscere le sollecitazioni cui sono sottoposti i
tessuti di sostegno (denti e mucose) e i principi meccanici che una
soluzione protesica sfrutta, perché non esiste una soluzione sempre
idonea o migliore delle altre, ma ogni caso clinico si presenta con
situazioni e problematiche diverse e quindi diverse saranno le
soluzioni ottimali.
Le possibili soluzioni varieranno in relazione alle forze di traslazione e
rotazione che si esplicano nel cavo orale (figura B).
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Figura B
1° classe
2° classe
3° classe
4° classe
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Vi sono inoltre le regole fisiche basilari, in particolare quelle riguardanti
leve e piani inclinati, fondamentali in fase di progettazione per evitare di
produrre scheletrati che, proprio per il mancato rispetto di primarie leggi
meccaniche, potrebbero diventare agenti demolitivi dei denti di supporto
e dei tessuti circostanti, invece che protesi riabilitative (foto 6 e 7). Le
forze che si accumulano su una protesi mobile, possono essere in buona
parte distribuite, dirette e bilanciate per mezzo di un’attenta
progettazione e dello sviluppo di un’occlusione armonica. Quest’ultima è
un elemento di gran rilievo, poiché non esiste nessun tipo di ancoraggio
capace di vincere le forze destabilizzanti causate da un’errata
occlusione. La collaborazione fra clinico e tecnico è fondamentale,
perché un lavoro è mal eseguito se non conforme alla prescrizione
medica o non è preciso sul modello ed è mal progettato se è causa di
lesioni ai danni dell’utilizzatore finale (il paziente) ed ha una durata
limitata nel tempo.
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Foto 6
Appoggio su un piano
inclinato
La forza che agisce su un
piano si scompone in due
forze: una perpendicolare ed
una parallela al piano stesso.
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Corretta applicazione di una forza rispetto all’asse del dente
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Lo scheletrato con ganci nasce all’inizio del 1900, ma pur essendo una
valida soluzione dal punto di vista economico e funzionale, spesso non è
utilizzato per le sue carenze sotto il profilo estetico.
Il funzionamento della protesi con ganci è legato al giusto equilibrio fra
appoggio, abbraccio e ritenzione; maggiori sono l’abbraccio e l’appoggio e
migliore è la distribuzione delle forze (foto 10 e 11).
Tutti i ganci devono essere composti, infatti, da tre elementi: appoggio,
abbraccio e ritenzione.
L’appoggio (rest) carica l’elemento pilastro delle forze verticali di
masticazione.
L’abbraccio distribuisce le forze orizzontali e fa da guida all’appoggio e alla
ritenzione.
La ritenzione compensa le forze destabilizzanti di masticazione come il bolo
alimentare.
I ganci attualmente conosciuti e utilizzati sono frutto di studi dedicati alla
ricerca di compensazione delle forze che agiscono nel cavo orale.
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Foto 8
Scheletrato superiore prima classe di
Kennedy con ganci ad azione
posteriore
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Foto 9
Scheletrato superiore prima classe di Kennedy con ganci R.P.I. con nicchia per appoggi predisposta
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Scheletrato superiore 1° classe di Kennedy
sottoclasse II sono presenti sei piani guida e
cinque appoggi
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Scheletrato superiore 2° classe di Kennedy
sottoclasse I, presenta 3 piani guida e due bracci di
Cumber
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Nella prima e seconda classe di Kennedy, dove vi è una sella
libera, le forze danno atto a delle rotazioni con il fulcro
rappresentato dall’appoggio terminale (rest).
Tale appoggio se posto distalmente crea una leva di primo
genere, svantaggiosa per il dente perché destabilizzante,
mentre se sistemato mesialmente, sposta il fulcro e modifica la
leva: da leva di primo genere a leva di secondo genere.
Questo concetto si rende concreto nel gancio R.P.I., dove il
carico destabilizzante sull’elemento pilastro terminale è molto
ridotto (foto12).
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Carico verticale sull’asse
del dente
Dimostrazione grafica di come le forze
di masticazione agiscono su un dente a
cui è stato applicato un gancio R.P.I.
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Mantenendo i principi base che regolano la progettazione di uno
scheletrito con ganci (connettori principali e secondari ecc.), nel
tempo si è cercata un’evoluzione al gancio, che ha dato origine alla
nascita dell’attacco e poi del fresaggio e quindi alla realizzazione di
scheletrati fresati o di scheletrati con attacchi. Il fresaggio è costituito
da un insieme di coulisse (dal francese coulisse: incastro o
scanalatura) di vario tipo che permettono la replica di tutte le
caratteristiche dei ganci. (foto 13)
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


Coulisse chiusa
cieca
Coulisse chiusa
non in appoggio
(quando non è
possibile eseguirla
sfondata)
Coulisse aperta
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riservati
La coulisse si dice “aperta” se l’arco di cerchio che la compone è
inferiore a 180° e “chiusa” se è superiore. E’ detta inoltre “cieca” o
“passante” a seconda che abbia o meno un arresto finale (figura A).
Coulisse chiusa e cieca
Coulisse chiusa e
passante
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Nella progettazione di uno scheletrato fresato è necessario distribuire il
carico masticatorio sui denti pilastro, tenendo conto del loro stato di
salute e del numero degli stessi, nonché dei movimenti di rotazione e di
traslazione e di come progettare gli ancoraggi in relazione alle quattro
classi di Kennedy. Si deve tenere conto inoltre, che anch’esso deve
presentare i tre elementi costitutivi di un gancio e quindi un appoggio,
un abbraccio e una ritenzione, proprio come uno scheletrato con ganci.
L’appoggio è localizzato nella parte terminale della coulisse (l’arresto
della coulisse “cieca”).
L’abbraccio è costituito da tutte le parti fresate contrapposte così come,
avviene nel gancio R.P.I. (foto 14 e 15).
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foto14 - fresatura
doppia coulisse
Foto 15 – fresatura doppia
coulisse con scheletrato inserito
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La ritenzione è data dal frizionamento delle pareti e può essere resa
attivabile quando il fresaggio termina con una coulisse aperta di
diametro 0,7 mm. (foto 16 e 17).
Foto 16-scheletrato inferiore di prima
classe Kennedy eseguito con fresaggi a
doppia coulisse (corone fresate)
Foto 17 - scheletrato inferiore di prima
classe Kennedy eseguito con fresaggi a
doppia coulisse (scheletrato inserito).
Dott. Laura Seracchiani
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riservati
Per l’ancoraggio possiamo usare: coulisse “chiuse” (preferibilmente 225°
circa) che possono essere cieche o no a seconda se si vuole o meno
ottenere un appoggio verticale e si comportano come attacchi
prefabbricati privi di attivazione; coulisse “aperte”; spalle o pareti
fresate (pareti contrapposte che forniscono attrito e quindi ritenzione)
(foto 18.)
Foto 18
 Coulisse distale
sfondata con clips,
questa soluzione
evita il ribaltamento
antero-posteriore.
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Per eseguire la progettazione di uno scheletrato fresato di prima
classe Kennedy (protesi ad appoggio dento-tessutale) è
indispensabile considerare i tre possibili movimenti della protesi
parziale a estensione distale:
Rotazione attorno al fulcro che passa attraverso i due principali
appoggi occlusali quando la base protesica si muove verso le creste
residue (linea A figura B).
Rotazione attorno ad un asse verticale localizzato vicino al centro
dell’arcata dentaria (linea B- figura B).
Rotazione attorno ad un asse longitudinale formato dalla sommità
della cresta residua (linea C- figura B).
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Appoggio misto
(dentale e mucoso)
1° classe
La protesi in seguito alle
sollecitazioni
masticatorie, agisce
lungo la linea di fulcro
passante attraverso gli
appoggi posti sui
pilastri più distali di
entrambe le arcate e
tende a destabilizzarsi
affondandosi e
sollevandosi
alternativamente.
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Appoggio misto
(dentale e mucoso)
La protesi in seguito alle
sollecitazioni
masticatorie, agisce
lungo la linea di fulcro
passante attraverso gli
appoggi posti sui pilastri
più distali di entrambe le
arcate e tende a
destabilizzarsi
affondandosi e
sollevandosi
alternativamente.
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Tre delle caratteristiche necessarie per il successo di una tale protesi
sono: sostegno adeguato per le basi a estensione distale, ritenzione
diretta (elastica per ganci, data dal frizionamento per i fresaggi) e
ritenzione indiretta.
Il fresaggio che andremo a costruire sui denti terminali, (nel caso
della figura B i due premolari) dovrà tenere conto delle considerazioni
fatte in precedenza.
Faremo quindi una coulisse chiusa cieca mesiale (appoggio), una
spalla fresata terminante con una coulisse aperta di diametro 0,7 mm
(abbraccio e attivazione), e una coulisse di diametro 1 mm chiusa e
passante alla base in posizione distale.
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Quest’ultima deve essere passante, per compensare la resilienza dei
tessuti mucosi, che è diversa da quella dei denti, per evitare l’appoggio
distale, che causerebbe una leva di primo genere (capace di danneggiare
l’elemento pilastro) (foto 16) Inoltre deve essere contrapposta alla
mesiale, in modo che il fresaggio coinvolga il pilastro per almeno 180°,
caricando così il dente su tutto l’asse.
Nell’esecuzione dello scheletrato terremo le due contro coulisse (patrice)
divise fra loro, ma unite da un congiunture secondario ottenendo in
questo modo una ritenzione diretta (foto 17).
Dott. Laura Seracchiani
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Eseguendo il fresaggio su due denti contrapposti creiamo una
ritenzione indiretta, perché si attivino vicendevolmente quando
sottoposti alle sollecitazioni rotatorie sull’asse della linea mediana
(raffigurate nella figura B- linea B).
La parete fresata non deve avere appoggio, per questo sono
sconsigliati tutti i tipi di spalle o biselli sia cervicali sia occlusali (foto
18).
Se questo tipo di progetto non fosse eseguibile per motivi vari, si può
ricorrere ad alcune varianti, fermo restante i principi prima citati.
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Sig.Vincenzo Bettazzoni- diritti
riservati
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La coulisse distale chiusa deve essere necessariamente passante, ma se
ciò non fosse possibile, è sufficiente tenere la contro coulisse più corta
(impedendo così la funzione appoggio) per ovviare al problema (foto
19).

Foto 19
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La coulisse distale chiusa deve essere necessariamente passante, ma se
ciò non fosse possibile, è sufficiente tenere la contro coulisse più corta
(impedendo così la funzione appoggio) per ovviare al problema (foto
19).
Il concetto non cambia se vogliamo eseguire il progetto di uno
scheletrato con attacchi prefabbricati. L’attacco del commercio ha il
vantaggio di avere una funzione ritentiva standard, eseguita a livello
industriale e per questo misurabile e sempre uguale, ed è inoltre
attivabile anche dopo anni; ma da solo non è sufficiente per eseguire
un progetto, deve, infatti, essere utilizzato come appoggio e
ritenzione. In un caso di prima classe si deve per forza posizionarlo
nella parete distale, va quindi montato in sostituzione della coulisse
distale, seguendo le stesse regole.
Eseguiremo perciò una coulisse mesiale chiusa cieca, una fresatura
palatale e monteremo un attacco rigido distale. Come per la coulisse
chiusa non passante distale, è sufficiente utilizzare l’attacco senza che
quest’arrivi a fine corsa, è sufficiente utilizzare l’attacco senza che
quest’arrivi a fine corsa, impedendogli così d’avere funzione
d’appoggio (foto 20).
Dott. Laura Seracchiani
Sig.Vincenzo Bettazzoni- diritti
riservati
Dott. Laura Seracchiani
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riservati
Tale soluzione impegna sempre un congiuntore secondario non sempre
ben tollerato (foto 21 e 22) per evitare il quale si è soliti montare un
attacco con una guida fresata terminante con una coulisse chiusa cieca
(foto 23 e 24); quest’abbraccio funzionerà come azione indiretta, o dito
di Cumber. In questo modo si ottiene un maggior carico distale, ma ben
tollerato dal paziente.

Foto 21
Doppia fresatura e
doppia coulisse

Foto 22
Scheletrato con
congiuntore secondario
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
Foto 23
Attacco montato con parete fresata
terminante con una coulisse chiusa
cieca di 1 mm di diametro

Foto 24
Scheletrato con attacco
montato
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In uno scheletrato, sia esso con ganci fresaggi o attacchi, è importante
stabilire dove sono l’appoggio, l’abbraccio e la ritenzione, e come le
forze destabilizzanti si comportano in quel determinato caso, perché
un’errata progettazione porterà inevitabilmente a delle tensioni. Se
saremo fortunati, sarà lo scheletrato o la protesi mobile a farne le spese,
in vari modi: rompendosi, creando zone di decubito, o dando luogo a
problemi di stabilità. In alternativa sarà la parte di protesi fissa ad avere
problemi (più difficilmente risolvibili poiché già cementata), o i denti
pilastro.
Solo attraverso uno scambio d’informazioni e un rapporto di reciproca
stima, si può ridurre fino a evitare questi inconvenienti, superando così
le distanze esistenti fra le parti, (che non sono sempre solo
chilometriche).
Un’attiva collaborazione fra odontoiatra e odontotecnico porta a una
valutazione più accurata delle problematiche riguardanti un caso, quindi
una progettazione più obiettiva.
Dott. Laura Seracchiani
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