la tutela cautelare nel codice della proprieta* industriale
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la tutela cautelare nel codice della proprieta* industriale
LA TUTELA CAUTELARE NEL CODICE DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE Giorgio G. Poli LE FONTI NORMATIVE 1/6 • Il Codice della proprietà industriale - d. lgs. n. 30/2005 - ha già subito tre interventi di modifica tutti incidenti sulle norme processuali contenute nel capo III del Codice (dedicato alla “Tutela giurisdizionale dei diritti della proprietà industriale”): • d. lgs. n. 140/2006 • legge n. 99/2009 che ha previsto modifiche di immediata applicazione in tema di competenza all’art. 134 c.p.c e in altra parte delegato il Governo ad emanare «disposizioni correttive o integrative, anche con riferimento all'aspetto processuale. • decreto legislativo n. 131/2010, entrato in vigore nel settembre 2010 LE FONTI NORMATIVE 2/6 • L’idea di un unitario corpus normativo nasce con lo scopo di: • semplificare • riordinare diverse fonti normative collocate a livello nazionale, comunitario ed internazionale divenute di sempre più difficile interpretazione a causa dei «diversi linguaggi utilizzati». •La legge delega 12 dicembre 2002, n. 273 assegnava al legislatore delegato il compito di emanare uno o più decreti legislativi «per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale», nel rispetto dei criteri direttivi indicati dalla legge delega. Urgeva ordine, semplificazione e riduzione. LE FONTI NORMATIVE 3/6 LE ORIGINI • Il primo intervento sembra risalire alla l. 12 marzo 1855, n. 782 per gli Stati Sardi, poi estesa al Regno d’Italia e meglio nota come l. 30 ottobre 1859, n. 3731: sull’articolo 1 Antonio Scialoja Sr affermò che il compito di questa legge era quello di «convertire in diritto il favore concesso volta per volta dal sovrano all’inventore» e che, in tal modo, si eliminava ogni idea di concessione della tutela brevettuale condizionata all’arbitrio del re. • LE FONTI NORMATIVE 4/6 •Dopo una serie di altri interventi normativi, come l’introduzione nel codice civile ‘42 di due sezioni all’interno del libro V (v. gli artt. 2574 e 2591 c.c. che, in materia di marchi e brevetti, rinviano alla disciplina delle leggi speciali) si ebbe una sostanziale stasi durata per quarant’anni, fino a quando, attorno agli anni ’80, si pose mano ad una profonda revisione della legislazione nazionale mediante il D.p.r. 22 giugno 1979, n. 338 (revisione della legislazione nazionale in materia di brevetti) emanato sulla base della l. 260/78. • A partire da questa data gli interventi si sono susseguiti con intensità crescente con una serie di leggi di rango nazionale, comunitario ed internazionale: la necessità di un riordino si poneva come improrogabile, non solo per facilitare l’opera dell’interprete, quanto per restituire organicità e coerenza ad un tessuto normativo frammentario e in progressiva espansione. LE FONTI NORMATIVE 5/6 • A livello della normativa internazionale si segnalano gli accordi TRIP’S (Trade related effects of intellectual property rights), firmati a Marrakech il 15.4.94 e ratificati in Italia con legge n. 747/94, che pongono standards minimi per i paesi membri nella tutela della proprietà intellettuale (per l’art. 1 di tali Accordi, infatti, «members may, but shall not be obliged to, implement in their law more extensive protection than is required by this Agreement, provided that such protection does not contravene the provisions of this Agreement. Members shall be free to determine the appropriate method of implementing the provisions of this Agreement within their own legal system and practice»). • A livello comunitario, importanza fondamentale riveste la c.d. “Direttiva Enforcement” n. 48/2004/Ce sul rafforzamento dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale, che ha largamente ispirato i contenuti del d.lgs. 140/2006. LE FONTI NORMATIVE 6/6 • La Convenzione di Parigi per la protezione della Proprietà Industriale firmata il 20 marzo 1883: primo trattato in materia di proprietà intellettuale ed industriale, tuttora in vigore tra ben 173 stati firmatari. Principio della “priorità” che dà diritto a chiunque brevetti una invenzione o registri un marchio nel proprio paese di residenza di estendere entro un dato termine (12 mesi per i brevetti, 6 per i marchi) questa protezione anche in altri stati. COS’È LA PROPRIETÀ INDUSTRIALE? • Nella tradizione giuridica italiana il «diritto industriale» concerne la disciplina della concorrenza sleale e quella dei diritti di esclusiva sui marchi e sui brevetti per invenzione e per modello, successivamente integrata con alcune figure di brevetti speciali (quelli sulle nuove varietà vegetali e le topografie di semiconduttori). • A questo inquadramento tradizionale si contrappone una più moderna nozione che affianca ai diritti di esclusiva «industriali» anche quelli derivanti dal diritto d'autore, riconducendoli sotto l’omnicomprensiva categoria di «diritti della proprietà intellettuale». • Questa nozione si è progressivamente affermata a livello della normativa internazionale, negli Accordi TRIPS nonché nella fondazione della WTO (Organizzazione mondiale del Commercio), ed è il frutto dell’azione del blocco dei Paesi economicamente più progrediti, che ha subordinato la liberalizzazione del commercio con i Paesi meno sviluppati al rispetto da parte loro di certi standards di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, diritti che fanno tradizionalmente capo in misura maggiore ai Paesi più ricchi ed all’avanguardia. COS’È LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE? •La tutela della PROPRIETÀ INTELLETTUALE si riferisce all’insieme di diritti (Intellectual Property Rights: IPR): • personali, ovvero il diritto di essere riconosciuto autore dell’opera o ideatore della soluzione tecnica o del marchio, che è un diritto indisponibile • patrimoniali, connessi allo sfruttamento economico del risultato della propria attività creativa, che è invece un diritto disponibile e trasmissibile. • Le opere dell’ingegno umano sono classificabili in 3 macro categorie: Opere dell’ingegno creativo • Dal mondo dell’arte e della cultura (opere letterarie, spettacoli tv, ..) • Diritto d’autore Segni distintivi Innovazioni tecniche e di design • Marchio, ditta, insegna, denominazione d’origine • Registrazione o uso di fatto • Invenzioni, modelli industriali, varietà vegetali • Diritto brevettuale COS’È LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE? • I DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE si riferiscono soltanto alle ultime due categorie (opere dell’ingegno nel settore della scienza e della tecnica): per l’art. 1 del d. lgs n. 30 del 2005 i diritti di proprietà industriale sono costituiti da «marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali» • Il Codice non disciplina dunque i diritti connessi alle opere dell’ingegno creativo. COME SI ACQUISISCONO I DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE? • L’art. 2 medesimo decreto si occupa della costituzione dei diritti inerenti alla proprietà industriale, prevedendo che essi si acquisiscano a seguito di un procedimento “amministrativo” promosso a istanza di parte, che ha luogo dinanzi all’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM), preordinato al rilascio della brevettazione o della registrazione. •E’ procedimento definito dall’art. 2 c.p.i. di accertamentocostitutivo, poiché finalizzato ad accertare la sussistenza di requisiti preesistenti di brevettabilità o di registrazione e a costituirne, all’esito dell’accertamento una situazione giuridica nuova, rappresentata dal diritto di proprietà industriale ius excludendi alios, con potestà esclusive su beni cui il diritto si riferisce e con efficacia erga omnes almeno nei limiti territoriali dell’ordinamento statale. IL BREVETTO PER INVENZIONE • Il brevetto (o brevetto per invenzione) conferisce un diritto esclusivo di sfruttamento dell'invenzione, in un territorio e per un periodo ben determinati, che impedisce ad altri di produrre, vendere o utilizzare l’invenzione senza autorizzazione. • Esso può avere ad oggetto un prodotto (con il divieto a terzi di produrre, usare, vendere, importare il prodotto) o un procedimento (con conseguente divieto a terzi di applicare il procedimento o produrre, usare, vendere, importare il prodotto ottenuto con quel procedimento). •La durata del brevetto è pari a 20 anni: scaduto tale periodo, l’uso o la commercializzazione della soluzione inventiva è libero (farmaci generici). IL BREVETTO: CENNI STORICI • Il primo brevetto della storia sembra sia stato assegnato a Filippo Brunelleschi (1377 - 1446) nel 1421 per il progetto di una chiatta, il Badalone, sospinta da ruote a pale ed eliche sia aeree che acquatiche. • Il documento emesso dalle autorità granducali prevedeva che eventuali copie della chiatta o altre imbarcazioni simili, se scoperte, dovessero essere bruciate. • In realtà l’impresa di Brunelleschi fu un enorme fiasco: una volta realizzata l’enorme chiatta, fu caricata a Pisa con 50 tonnellate di marmo di Carrara, ma si spezzò durante il suo tragitto in Arno prima di giungere a Firenze, perdendo il prezioso carico. A quanto pare Brunelleschi non si riprese mai economicamente dall’investimento andato in fumo. CONCESSIONE DEL BREVETTO • Affinché il brevetto venga concesso deve essere presentata una domanda all’UIBM che contenga: • la descrizione dell’invenzione • le rivendicazioni (ovvero ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto) • i disegni necessari alla sua intelligenza • L'invenzione deve essere descritta in modo sufficientemente chiaro e completo perché ogni persona esperta del ramo possa attuarla. SEGRETEZZA DEL BREVETTO • Decorso il termine di 18 mesi dalla data di deposito della domanda ovvero dopo 90 giorni dalla data di deposito della domanda, se il richiedente ha dichiarato nella domanda stessa di volerla rendere immediatamente accessibile al pubblico, l'Ufficio italiano brevetti e marchi pone a disposizione del pubblico la domanda con gli allegati. • Il periodo di segretezza può servire alla Autorità Militare a verificare il proprio interesse sul trovato e al richiedente il brevetto ad apprestare le strategie di sfruttamento commerciale. OGGETTO DEL BREVETTO Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale Novità Attività inventiva Industrialità • L’invenzione non è stata precedentemente divulgata al pubblico, con una dichiarazione scritta o orale, o con qualsiasi altra utilizzazione o mezzo. • “Ricerche di Anteriorità” per stabilire se l’invenzione abbia già avuto anteriore divulgazione • Sussiste quando l’invenzione sia il frutto di una attività non ovvia, ma creativa, tale da non risultare evidente agli esperti del settore secondo lo stato della tecnica • è rispettata quando l’invenzione sia atta ad avere un’applicazione industriale, ovvero l’oggetto dell’invenzione deve essere fabbricato o utilizzato a livello industriale o artigianale. • Per essere brevettabile l’invenzione deve essere tecnicamente realizzabile e ripetibile un numero infinito di volte. IL MARCHIO • Ha la funzione di contraddistinguere prodotti, servizi, imprese ed è il principale strumento di comunicazione/marketing tra imprese e consumatori. • Rappresenta un riferimento in grado di orientare le scelte del consumatore, che non deve indagare sempre sulla qualità del prodotto o servizio contraddistinto dal marchio perché può fidarsi dello standard qualitativo dato dalla notorietà del marchio stesso. •Secondo l’art. 7 C.P.I. può essere costituito da «tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purchè siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese»: deve avere capacità distintiva rispetto a prodotti/servizi diversi, ma anche rispetto a prodotti/servizi merceologicamente simili. REQUISITI Novità • Il marchio deve essere tale da non ingenerare nel pubblico confusione o associazione con altri prodotti/servizi Capacità distintiva • Marchi che corrispondono a segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi del commercio o che consistano soltanto in denominazioni generiche di prodotti o servizi • Marchi “forti” e marchi “deboli” Liceità • Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: • i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; • i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi • i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi TIPOLOGIE Marchio nominativo Marchio figurativo Marchio tridimensionale Marchio cromatico Marchio sonoro Marchio collettivo REGISTRAZIONE • I diritti di esclusiva sul marchio si ottengono attraverso la registrazione, ma gli effetti della registrazione retroagiscono al momento del deposito della domanda. • La registrazione ha durata 10 anni, salvo rinuncia del richiedente, ma può essere rinnovata per ulteriori periodi di 10 anni in perpetuo. • La decadenza non opera automaticamente ma necessita di un’ azione di tipo costitutivo; può avvenire per: Non uso del marchio Volgarizzazione Illiceità • il marchio deve avere uso effettivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro 5 anni dalla registrazione per un periodo ininterrotto di 5 anni, salvo giustificazioni da motivo legittimo • il marchio è diventato in commercio denominazione generica o standard del prodotto o servizio • Caso storico del “Velcro” : fusione delle parole VELlours (velluto) e CROchet (Gancio), oggi termine generico per indicare un certo tipo di chiusura tessile • in quanto contrario alla legge o idoneo a ingenerare confusione nel pubblico STRUTTURA GENERALE DEL CODICE • è composto di ben 245 articoli suddivisi in 8 capi, a loro volta ripartiti in più sezioni: 1. Disposizioni generali e principi fondamentali 2. Norme relative all’esistenza e all’ambito dei singoli diritti di proprietà industriale 3. Tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale 4. Acquisto e mantenimento dei diritti e procedure amministrative 5. Procedure speciali (espropiazione, segregazione militare) 6. Ordinamento professionale dei consulenti in materia di proprietà industriale 7. Gestione dei servizi inerenti alla proprietà industriale 8. Disposizioni transitorie e finali STRUTTURA GENERALE DEL CODICE: LA GIURISDIZIONE ITALIANA • Il primo comma dell’art. 120 sancisce il criterio della territorialità, statuendo che «le azioni in materia di proprietà industriale, i cui titoli sono concessi o in corso di concessione, si propongono avanti l’Autorità giudiziaria dello Stato, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio, la residenza delle parti». STRUTTURA GENERALE DEL CODICE: LA COMPETENZA PER TERRITORIO • Il criterio primario per l’individuazione della competenza è quello del «domicilio brevettuale», che si ricava dalla lettura combinata dei commi 2° e 3° dell’art. 120 c.p.i.: • il comma 2° prevede che le azioni in materia devono essere proposte davanti al giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, del luogo in cui il convenuto ha la dimora, «salvo quanto previsto nel comma 3». • Il comma 3° prevede che, ai fini della determinazione della competenza e di ogni notificazione di atti di procedimenti giurisdizionali dinanzi al giudice ordinario o amministrativo, l’indicazione di domicilio effettuata con la domanda di brevettazione o registrazione vale come elezione di domicilio esclusivo, e il domicilio così eletto può essere modificato solo previa apposita istanza di sostituzione da annotarsi sul registro a cura dell’UIBM. • In giurisprudenza è da tempo consolidato l’orientamento secondo cui il «domicilio brevettuale» rappresenta a tutti gli effetti il domicilio del convenuto, indipendentemente dal domicilio reale, avendo l'elezione di domicilio l'espressa funzione di radicare la competenza per ogni notificazione amministrativa e giudiziaria relativa al brevetto (V. Cass. 08 luglio 1995 n. 7551). CRITERI RESIDUALI • Qualora poi il convenuto non abbia residenza, domicilio o dimora nel territorio dello Stato, le azioni in materia di proprietà industriale dovranno essere proposte, in via sussidiaria, nel luogo di domicilio o residenza dell’attore. • Infine, in assenza di tutti i precedenti criteri (e cioè nel caso in cui né l’attore né il convenuto abbiano residenza, domicilio o dimora nel territorio dello Stato), vige la competenza generale del Tribunale di Roma. FORO ALTERNATIVO DEL «LOCUS COMMISSI DELICTI» • Il comma 6° dello stesso art. 120 consente che le azioni «fondate su fatti che si assumono lesivi del diritto dell’attore» (ad es. le azioni di contraffazione) possano essere proposte anche dinanzi al giudice nella cui circoscrizione «i fatti sono stati commessi»: cosicché, in tali casi, la domanda potrà essere proposta facoltativamente dinanzi al forum rei (convenuto) ovvero a quello del forum commissi delicti (v. art. 20 c.p.c. fori facoltativi su diritti di obbligazione). • Questo criterio di competenza territoriale non è derogato dalla disciplina della competenza per connessione, nell’ipotesi di azioni proposte nei confronti di più convenuti di cui all’art. 33 c.p.c., ovvero l’attore non è obbligato a scegliere uno dei fori generali dei più convenuti in giudizio, ma può legittimamente privilegiare il foro del giudice più vicino al luogo in cui si è verificato il fatto illecito Cass. civ. [ord.], sez. VI, 13-10-2011, n. 21192 (giudizio proposto per la contraffazione della bottiglia 7UP, conseguente risarcimento dei danni e distruzione delle bottiglie in commercio da una società produttrice di plastica nei confronti di PEPSI, ACQUA SAN BENEDETTO e un ipermercato in qualità di convenuti, che avevano sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale delle sezioni specializzate presso il Trib. Milano). • Il tenore della norma sembra suggerire che per forum commissi delicti debba intendersi il luogo in cui è stata posta in essere la condotta, più che quello in cui si è verificato l’evento pregiudizievole e se ne sono propagati gli effetti (Cfr. T. Catania, 08-09-2005 «Ai sensi dell’art. 120, 6º comma, cpi, è competente a disporre misure cautelari il giudice del foro nel quale è avvenuta la pubblicazione, anche tramite Internet, di un prodotto che si afferma commercializzato in violazione di un brevetto altrui»). COMPETENZA PER MATERIA: DALLE SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI P.I. AL TRIBUNALE DELLE IMPRESE (SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMPRESA) • I criteri di competenza per materia sui diritti di proprietà industriale sono ricavabili dalla lettura combinata di una serie di disposizioni: • l’art. 120, comma 4° c.p.i. secondo cui la competenza in materia di diritti di proprietà industriale appartiene alla cognizione dei tribunali espressamente indicati dal d.lgs. 168/2003 (istitutivo delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale); • l’art. 134 c.p.i., intitolato «norme in materia di competenza», che devolve agli organi innanzi indicati la cognizione di alcune materie tassative, tra cui in particolare (per quanto rileva in questa sede) «la tutela dei diritti di proprietà industriale e concorrenza sleale, con esclusione delle fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale»; • l’art. 3 d.lgs. 168/2003, recentemente modificato dal D.l. n. 1/2012 conv. nella l. 27/2012, secondo cui le sezioni specializzate sono competenti in materia di: • controversie di cui all'articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; • controversie in materia di diritto d'autore; • controversie di cui all'articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287; • controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea. COMPETENZA PER MATERIA: DALLE SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI P.I. AL TRIBUNALE DELLE IMPRESE (SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMPRESA) Le sezioni specializzate sono altresì competenti, per il novellato art. 3 per le cause relative a società per azioni, le società in accomandita per azioni, e le società a responsabilità limitata, le imprese cooperative e mutue assicuratrici, le società cooperative europee: • • • • • • • a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonche' contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter del codice civile; b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall'articolo 2341-bis del codice civile; d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; e) relativi a rapporti di cui all'articolo 2359, primo comma, numero 3), all'articolo 2497-septies e all'articolo 2545-septies del codice civile; f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle societa' di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario. 3. Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2» C’ERANO UNA VOLTA LE SEZIONI SPECIALIZZATE… • La genesi delle sezioni specializzate si deve alla legge delega 273/2002, il cui art. 16 aveva conferito al Governo il compito di adottare uno o più decreti legislativi volti ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale attraverso l’istituzione, presso le Corti di Appello e i Tribunali di 12 distretti italiani, di sezioni specializzate a composizione collegiale, per la trattazione delle controversie riguardanti le materie indicate. • Il carattere eminentemente tecnico delle controversie avrebbe suggerito di prevedere un giudice professionalmente attrezzato e specializzato. •Si è tuttavia deciso di scartare l’ipotesi dell’inserimento nei collegi giudicanti, di membri non togati, che sarebbe apparsa tutt’altro che agevole e conveniente, vuoi perché sarebbe stato difficile avere una garanzia costante sulla loro elevata preparazione professionale, vuoi per il rischio di far cadere la scelta su soggetti che (proprio in ragione della loro elevata professionalità) potevano intrattenere rapporti di consulenza con imprenditori di grandi dimensioni, interessati all’affermarsi di uno piuttosto che un altro indirizzo giurisprudenziale. LA VECCHIA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE SEZIONI SPECIALIZZATE • Istituite presso i Tribunali e le Corti di Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (oggi non più denominate sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ma in materia di impresa). • È stata dichiarata manifestamente infondata la q.l.c. (sollevata dal Tribunale di Cagliari) degli art. 16 l. 12 dicembre 2002 n. 273, 1 e 4, 1º comma, lett. i), d.leg. 27 giugno 2003 n. 168, nelle parti in cui non prevedono l’istituzione di una sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale con sede nel territorio del distretto della corte d’appello di Cagliari e stabiliscono che le sezioni specializzate di Roma sono competenti per i territori ricompresi nel distretto di corte d’appello di Cagliari e della sezione distaccata di Sassari della medesima corte, perché il Giudice delle Leggi ha ritenuto che l’opzione del legislatore delegato fosse ragionevole e riconducibile alla sua piena discrezionalità e non tale da determinare l’impossibilità o l’estrema difficoltà nell’esercizio dei diritti garantiti dall’art. 24 Cost., «come è agevolmente dimostrato dall’esistenza in Roma degli organi giurisdizionali di ultima istanza, competenti per tutto il territorio nazionale» (V. Corte cost. [ord.], 14 dicembre 2004, n. 386). LA NUOVA DISTRIBUZIONE • Il comma 1 bis dell’art. 1 d.lgs. 168/2003 ha previsto la nuova istituzione di sezioni specializzate in materia di impresa presso i Tribunali e le corti di appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non già esistenti nelle città di cui al comma 1. • Sono pertanto state istituite apposite sezioni specializzate in materia d’impresa anche a L'Aquila, Ancona, Catanzaro, Campobasso, Cagliari, Perugia, Potenza e Trento. • In deroga a questa regola (delle sole città capoluogo) è anche istituita una sezione specializzata presso il Tribunale e la corte di appello di Brescia. Per la Valle D’Aosta è competente la sezione specializzata di Torino. I CRITERI DI SCELTA DEI MAGISTRATI ADDETTI ALLE SEZIONI • Secondo il novellato art. 2, i giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze. • Tuttavia, a questi giudici può essere assegnata, dal Presidente del Tribunale o della corte di appello, la trattazione di processi diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e definizione delle controversie in materia di impresa. CRITICITÀ Inopportunità della eccessiva distribuzione territoriale delle sezioni specializzate : erano sorte sulla spinta dei Regolamento CE n. 207/2009 sul marchio comunitario (all'art. 95) e il Regolamento CE n. 6/2002 sul modello comunitario (all'art. 80) che impongono agli Stati membri di attribuire la competenza in queste materie a "un numero per quanto possibile ridotto di tribunali nazionali di prima e di seconda istanza". Non è esclusa l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia Scarsa specializzazione dei magistrati: l’aver diluito le sezioni specializzate in materia di p.i. nei neo istituiti Tribunali delle Imprese, con un notevole allargamento di competenza a materie molto eterogenee, rende soltanto teorico l’obiettivo della specializzazione del giudice, in una materia eminentemente tecnica. CRITICITA’ Invarianza dell’organico a fronte dell’aumento delle sopravvenienze: i carichi di lavoro aumenteranno molto soprattutto nelle regioni dagli indici economici significativi (controversie societarie) ma non aumenta la pianta organica. La dizione “Tribunale delle Imprese” è solo propagandistica, perché è stata scartata l’opzione più radicale di dar vita ad uffici giudiziari autonomi, come nel caso dei Tribunali per i Minorenni o di sorveglianza. DEI RAPPORTI TRA SEZIONE SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO • Il rapporto tra sezione specializzata d’impresa e tribunale ordinario costituisce questione di competenza in senso stretto ovvero un problema di ripartizione degli affari interna al medesimo ufficio giudiziario, dato che le sezioni specializzate sono pur sempre organi inseriti all’interno del Tribunale stesso? Nel primo caso il giudice adìto dovrebbe dichiarare la propria incompetenza per materia, declinando contestualmente la competenza in favore della sezione specializzata (o, viceversa, del «tribunale ordinario»); Nel secondo caso il tribunale ordinario (o, viceversa, il «giudice specializzato») potrebbe limitarsi a trasmettere (per via interna meramente amministrativa) gli atti al presidente della sezione specializzata istituita presso il proprio tribunale, affinché questi provveda all'assegnazione del fascicolo alla sezione specializzata (viceversa, analoghi incombenti sono del Presidente del tribunale al verificarsi del caso speculare contrario). DEI RAPPORTI TRA SEZIONE SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO La giurisprudenza (di merito e di legittimità) era decisamente orientata nel senso che «la statuizione relativa alla devoluzione o meno di una controversia ad una Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale integra una questione di competenza e non di mera ripartizione degli affari all'interno di un unico ufficio giudiziario». (v. Cass. civ. sez. I, 25.09.2009 n. 20690) •Trib. Venezia (30 aprile 2008) c.d. «caso Mose»: il consorzio «Venezia nuova» aveva avanzato nei confronti di alcuni ingegneri domanda di risarcimento danni per diffamazione nonché domanda di nullità del brevetto depositato dagli stessi ingegneri con riferimento ad altro progetto di convogliamento delle acque. il Tribunale ha affermato che la sezione specializzata era tenuta a dichiarare la propria incompetenza sulle domande estranee alle proprie attribuzioni (diffamazione) pur se rientranti nella competenza per territorio del medesimo tribunale. DEI RAPPORTI TRA SEZIONE SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO • Cass. 20690/2009 ha sostenuto questa tesi, sulla base di queste considerazioni: • a) la formulazione adottata dal legislatore negli artt. 3-4-5 d. lgs. 168/2003 parla espressamente di competenza delle sezioni, si presenterebbe in modo assai diverso da quanto previsto dall' art. 413 c.p.c., norma che si esprime in termini di mera "funzione" del giudice del lavoro; • b) le sezioni specializzate industriali non sono dislocate presso ogni distretto, ma solo presso alcuni di essi, con la conseguenza che non sempre il rapporto tra le sezioni specializzate e le altre sezioni ordinarie è configurabile come interno al medesimo ufficio, per cui il rapporto tra «giudice ordinario» e «giudice specializzato» va definito secondo una soluzione omogenea che prescinda dai singoli casi in concreto prospettabili; • c) la ratio dell'istituzione delle sezioni specializzate in proprietà industriale (complessità delle controversie che possono insorgere in materia e necessità di devolvere la cognizione delle stesse a magistrati dotati di specifiche competenze) in analogia a quanto era stato previsto con l'istituzione delle sezioni specializzate agrarie. Il che differisce dalla ratio ispiratrice dell'istituzione del giudice del lavoro e del giudice societario, ove invece l’intento principale era quello di snellire e di accelerare le modalità di trattazione delle cause. • DEI RAPPORTI TRA SEZIONE SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO • Tuttavia secondo Cass. 24656/2011: La ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio. Ne consegue che, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’indicata pronuncia, poiché in siffatti casi trattasi di questione che concerne la ripartizione degli affari all’interno dello stesso ufficio. •Confermata da Cass. 20 settembre 2013, n. 21668 LA TUTELA GIURISDIZIONALE: QUADRO GENERALE (ARTT. 117 – 146 C.P.I.) • La tutela giurisdizionale è ripartita tra Commissione ricorsi e giudice ordinario. • Alla Commissione ricorsi (artt. 135-136 c.p.i.) sono affidate le controversie che possono insorgere circa il diritto ad ottenere il brevetto o la registrazione, e tale giudizio avrà come contraddittore l’Uibm. Si tratta di interessi pretensivi, dato che è concessa alle parti una tutela impugnatoria avverso i provvedimenti negativi dell’Ufficio. Difatti, il soggetto legittimato può proporre ricorso avverso i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi che respingono in tutto o in parte una domanda o istanza, che rifiutano la trascrizione o che impediscono il riconoscimento di un diritto. • Al Giudice ordinario sono invece riservate le controversie che insorgono tra privati circa lo sfruttamento della proprietà industriale: è giudice dell’esistenza e della permanenza della privativa. TUTELA GIURISDIZIONALE DINANZI ALL’A.G.O. (SEZIONI SPECIALIZZATE) • Nel diritto industriale, la tutela si realizza attraverso la tradizionale tripartizione tra tutela di cognizione, cautelare, esecutiva. •La tutela di cognizione si suddivide a sua volta nella tutela di accertamento, in quella costitutiva e in quella di condanna: I. quella di accertamento è diretta all’accertamento della validità del titolo di proprietà industriale ovvero della sua titolarità e/o del diritto alla registrazione o della brevettabilità ovvero all’accertamento negativo della contraffazione o dell’esaurimento del marchio ex art. 5 o alla confondibilità dei marchi; II. quella costitutiva è diretta a far valere la nullità o decadenza della validità del titolo di proprietà industriale ex art. 122: il suo accoglimento travolge con effetti ex nunc gli effetti della registrazione del marchio o elimina il provvedimento amministrativo di concessione della privativa, venendo così a modificare una situazione esistente; III. quella di condanna è rappresentata dalle azioni di contraffazione dirette a ottenere, previo accertamento della violazione e della sua imputabilità, le misure ripristinatorie - riparatorie previste dall’ordinamento. TUTELA CAUTELARE NEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE • I diritti di proprietà industriale sono caratterizzati da una logica di tipo “dominicale”, ma hanno ad oggetto beni c.d. “immateriali” suscettibili di contemporaneo godimento da parte di una platea di soggetti potenzialmente indefinita. Come il diritto di proprietà, essi garantiscono l’appartenenza del bene a colui che deve ritenersi proprietario secondo l’ordinamento e l’esclusiva (o privativa), ovvero il diritto di escludere i terzi dal godimento: da questo punto di vista si atteggiano come diritti reali e assoluti. Hanno ad oggetto beni immateriali (es.: il diritto a sfruttare un determinato marchio), cosicché, mentre nel diritto di proprietà il rispetto dell’esclusiva è in qualche modo favorito dall’apprensione della res, nei diritti di proprietà industriale l’esclusiva del godimento viene garantita essenzialmente da una tutela giurisdizionale efficace in grado di inibire e sanzionare i comportamenti in violazione della privativa. TUTELA CAUTELARE NEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE • Questa tutela giurisdizionale deve essere: • reale, nel senso che essa deve tendere a ripristinare in toto la situazione anteriore alla violazione, attraverso l’interruzione della condotta lesiva, la rimozione dei mezzi usati per l’illecito, l’impedimento di eventuali futuri comportamenti illeciti attraverso la minaccia di una seria sanzione pecuniaria. La tutela per equivalente monetario, infatti, si rivela normalmente insufficiente, a causa della presumibile e rapida diffusione della condotta lesiva. • rapida e tempestiva, perché la condotta lesiva cresce esponenzialmente al crescere della durata della violazione e diviene difficile provarne le dimensioni: per questo suole dirsi che in questo tipo di tutela, il periculum in mora è spesso in re ipsa, perché connaturato al tipo di violazione TUTELA CAUTELARE NEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE • Per queste ragioni si fa essenzialmente ricorso alla tutela cautelare (o a quella c.d. preventiva, che tende ad eliminare o inibire comportamenti illeciti futuri) che spesso conduce ad una pronta e satisfattiva soluzione della controversia, in grado di escludere finanche la stessa ragion d’essere del giudizio di merito. • Nel settore della proprietà industriale, il ricorso alla tutela cautelare ha spesso finito per superare di gran lunga quello alla tutela c.d. ordinaria (con le normali azioni di cognizione): nei primi 5 anni di applicazione del codice di p.i. si è calcolato che circa il 70% delle cause di proprietà industriale è transitato attraverso la fase cautelare. CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA IN FUNZIONE CONCILIATIVA (ART. 128 C.P.I.). • Si tratta di una delle modifiche introdotte dalla recente riforma (art. 55 d.lgs. 131/2010), in base alla quale è possibile proporre istanza per l’espletamento della consulenza tecnica preventiva, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., al Presidente della sezione specializzata del tribunale competente per il giudizio di merito, secondo le disposizioni del citato articolo del codice di rito, in quanto compatibili. • Il vecchio art. 128 c.p.i. disciplinava la misura cautelare della descrizione, oggi ricollocata nell’art. 129 unitamente alla disciplina del sequestro. LA FUNZIONE E LA COMPETENZA • La funzione: è a metà strada tra mezzo di istruzione preventiva, in vista del futuro giudizio di merito, ed un mezzo di deflazione o di risoluzione alternativa della controversia (ADR), data la caratteristica che impone al consulente di tentare, ove possibile, la conciliazione della lite •La competenza: spetta al Presidente della Sezione specializzata (anche se l’istanza dovesse essere richiesta nel corso del giudizio di merito), a somiglianza di quanto disposto dall’art. 696 comma 3° c.p.c. per l’accertamento tecnico e ispezione giudiziale IL PROCEDIMENTO • L’art. 696 bis consente di chiedere, anche al di fuori delle fattispecie regolate dall’art. 696 - e dunque anche qualora difetti il requisito del periculum in mora, dovendo tuttavia essere sempre verificata l’esistenza del fumus del diritto fatto valere - una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite e per l’«accertamento e la relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito». • La particolarità dello strumento risiede nel compito del consulente tecnico, a fini deflattivi del contenzioso, di esperire, prima del deposito della sua relazione tecnica, un tentativo di conciliazione tra le parti. • Il processo verbale dell’avvenuta conciliazione acquisisce valore di titolo esecutivo, nonché titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, e presenta peraltro il notevole vantaggio di andare esente dall’imposta di registro; se, invece, la conciliazione non riesce, nel successivo giudizio di merito ciascuna delle parti potrà chiedere l’acquisizione della relazione tecnica espletata. DUBBI INTERPRETATIVI • Nel silenzio della legge, dovrebbe valere il richiamo generale ai presupposti applicativi dell’art. 696 bis c.p.c., cosicché la relazione tecnica del consulente dovrebbe poter estendersi sia all’accertamento dell’an della asserita violazione (contrattuale o extra contrattuale) sia alla determinazione del credito risarcitorio e dunque alla sua quantificazione. • La possibilità che il consulente tecnico incaricato svolga valutazioni non solo in ordine alla quaestio facti, ma anche in relazione alle questioni giuridiche sottese alla risoluzione della controversia (sussistenza della nullità del brevetto o ai presupposti della contraffazione): una soluzione ragionevole è quella di consentire al consulente di svolgere valutazioni giuridiche al solo fine di favorire la conciliazione delle parti, magari prefigurando il presumibile esito del giudizio di merito alla parte più recalcitrante astenendosi dall’inserire tali valutazioni nella stesura conclusiva della relazione tecnica che dovrebbe invece rimanere circoscritta alle valutazione dei fatti, anche per consentire l’identità tra la consulenza tecnica in via preventiva e quella che si sarebbe potuta concedere nel corso del giudizio di merito. DUBBI INTERPRETATIVI •Il terzo profilo di rilevanza pratica riguardava i rapporti di tale misura con la mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. 28/2010, almeno per quella interpretazione minoritaria che la ritiene applicabile alle controversie in materia di diritti «reali», tra cui sarebbero ricomprese quelle relative ai diritti di proprietà industriale. Nella vecchia versione del d.lgs. 28/2010 (anteriore al D.l. 69/2013) si discuteva se nella esclusione dalla condizione di procedibilità prevista per i procedimenti «urgenti e cautelari» potessero rientrare anche i procedimenti di istruzione preventiva, la cui natura lato sensu cautelare è fortemente discussa in dottrina: le soluzioni della giurisprudenza erano state opposte •T. Siracusa, 14-06-2012. È inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. vertente su una delle materie indicate dall’art. 5, 1º comma, d.leg. 28/10 e non preceduto dall’esperimento del procedimento di mediazione, posto che la consulenza tecnica preventiva, non avendo natura cautelare, non è ricompresa tra le materie sottratte alla disciplina della mediazione obbligatoria. • T. Pisa, 03-08-2011. Il ricorso per consulenza tecnica preventiva proposto, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., in relazione ad una delle materie indicate dall’art. 5, 1º comma, d.leg. 28/10, non deve essere preceduto, a pena di improcedibilità, dall’esperimento del procedimento di mediazione, stante la sua funzione in parte cautelare e urgente. DUBBI INTERPRETATIVI • La soluzione definitiva è arrivata grazie al D.l. 69/2013 convertito nella l. 98/2013 che ha novellato l’art. 5 comma 4 del d.lgs. 28/2010 prevedendovi espressamente che: • I commi 1-bis e 2 (quelli che prevedono la mediazione obbligatoria o delegata) non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell'azione civile esercitata nel processo penale CAMPO DI APPLICAZIONE • Il campo di applicazione di questa misura dovrebbe essere costituito dalle azioni di contraffazione, in cui accanto alla domanda volta a dimostrare la contraffazione del brevetto del modello o del software, vi è sempre una domanda di risarcimento danni causalmente connessi all’attività contraffattoria della controparte tuttavia… • L’ambito di operatività della consulenza tecnica preventiva è circoscritto alle controversie vertenti sui diritti di credito, abbiano essi matrice contrattuale o extracontrattuale, non si applica invece alle altre situazioni giuridiche che non sono fonte diretta di un diritto di credito. • Esulano dunque dall’ambito della disciplina i diritti assoluti e, per quanto rileva, le azioni volte all’accertamento della validità di un diritto di proprietà industriale (in questo senso Trib. Milano 18 maggio 2013). • La riforma del 2010 (art. 132, comma 5°, c.p.i.) ha altresì previsto che la consulenza tecnica (ma non nelle forme dell’art. 696 bis c.p.c.) possa essere disposta anche nel corso del procedimento cautelare da parte del giudice che voglia ottenere “sommarie indicazioni tecniche”. DESCRIZIONE (ART. 129 C.P.I.): GENERALITÀ • Il d.lgs. 131/2010 ha avuto il merito di accorpare la disciplina della descrizione e del sequestro nell’art. 129 c.p.i., originariamente separate quanto a collocazione (ospitate rispettivamente negli artt. 128 e 129) e disciplina del rito: si è così tornati al vecchio statuto della proprietà industriale, ove la legge invenzioni (artt. 81 e 82 R.D. 1127/1939) e la legge marchi (artt. 61 e 62 R.D. 929/1942) prevedevano una disciplina unificata delle due misure della descrizione e del sequestro • Allineamento alla normativa comunitaria ed internazionale: 1. 2. con gli Accordi GATT TRIP’S del 1994, che avevano prescritto l'adozione da parte degli Stati aderenti di misure cautelari volte, rispettivamente, a impedire la violazione di diritti di proprietà industriale e a preservare elementi di prova con l'art. 7 Dir. 2004/48/CE (c.d. Direttiva Enforcement o TRIPs plus), che prevede che gli Stati membri, ancor prima dell'instaurazione del giudizio di merito, su richiesta di una parte che abbia presentato «elementi di prova ragionevolmente accessibili per sostenere che il suo diritto di proprietà intellettuale è stato violato o sta per esserlo», dispongano «celeri ed efficaci misure provvisorie per salvaguardare le prove pertinenti», fatta salva la tutela delle informazioni riservate; e indica esplicitamente tra le misure atte allo scopo la «descrizione dettagliata, con o senza prelievo di campioni», e il «sequestro delle merci controverse e, all'occorrenza, dei materiali e degli strumenti utilizzati nella produzione e/o distribuzione di tali merci e dei relativi documenti». NATURA E SCOPO • Per l’attuale art. 129 c.p.i. il procedimento di descrizione (come quello di sequestro) è disciplinato «dalle norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari, in quanto compatibili e non derogate dal presente codice»: può certamente affermarsi la riconduzione della misura nell’alveo dei procedimenti di natura cautelare, simultaneamente al suo allontanamento dagli schemi dell’istruzione preventiva. • Si distingue da quelle di istruzione preventiva per la sua maggiore invasività, in quanto consente di accedere alla sfera di attività del presunto contraffattore, al fine di precostituirsi la prova della violazione di un diritto di privativa industriale: viene eseguita dall’Ufficiale giudiziario presso i luoghi in cui l’attività del contraffattore è in atto. Le operazioni si concludono con la redazione di un verbale nel quale l’U.G. descrive i prodotti e gli oggetti che costituiscono contraffazione, corredando tale descrizione con apposita documentazione fotografica, ai fini dell’efficacia stessa della misura (è una sorta di esecuzione coattiva). PERICULUM IN MORA • In quanto misura avente sicura natura cautelare, soggiace alla necessaria dimostrazione da parte del ricorrente della sussistenza del periculum in mora. • La giurisprudenza maggioritaria ritiene, tuttavia, che tale requisito possa considerarsi in re ipsa, in quanto ha ad oggetto danni suscettibili di sviluppi incontrollabili ed imprevedibili (si pensi alle condotte di contraffazione di prodotti e alle conseguenze sul piano dello sviamento della clientela). • Per la dottrina la valutazione giudiziale in ordine alla sussistenza del periculum deve comunque e sempre essere compiuta caso per caso, non potendosi escludere in linea di principio che la tenuità del danno, la sua agevole quantificazione, o il tempo trascorso dall’inizio della condotta di asserita violazione consentano di ritenere non integrato il periculum necessario ai fini della concessione della misura. • In ogni caso, in materia di descrizione il requisito del periculum in mora richiede presupposti meno rigorosi rispetto a quelli ai fini della concessione del sequestro c.d. industriale, essendo la prima una misura che non determina mai il blocco totale della attività produttiva dell’azienda OGGETTO • La misura viene quasi sempre concessa inaudita altera parte e può riguardare i prodotti contraffatti, i mezzi adibiti alla produzione ed i relativi elementi di prova, fra cui la documentazione contabile: in quest’ultimo caso si pongono prevedibili problemi di riservatezza risolvibili, secondo la giurisprudenza di merito, con il consentire l’esame di questa documentazione ai soli consulenti d’ufficio, senza la partecipazione diretta delle parti. • Secondo Trib. Torino sez. spec. propr. industr. ed intell., 22.09.2003, «Il provvedimento di descrizione può essere emanato "inaudita altera parte" quando considerata la facile accostabilità dei prodotti e la altrettanto facile asportabilità delle etichette contenenti il marchio, sussiste il pericolo che la convocazione della controparte possa pregiudicarne l'attuazione in relazione ai beni che potrebbero essere facilmente sottratti o modificati, nel qual caso la descrizione deve interessare non solo i prodotti contenenti il marchio, ma anche gli elementi di prova concernenti la denunciata violazione, consistenti in qualsiasi elemento documentale che sia in grado di far apprezzare l'estensione del fenomeno di contraffazione sul piano quantitativo, ivi comprese le scritture contabili del preteso contraffattore, le fatture e le liste dei clienti» OGGETTO • Tra gli elementi di prova sono ricompresi anche le fatture e le liste clienti e fornitori: a tutela delle informazioni commerciali riservate l’ufficiale giudiziario e il consulente tecnico sono tenuti a segretare la relativa documentazione e conservarla in busta sigillata, in quanto è fatto divieto al beneficiario della descrizione di impossessarsi e tanto più di utilizzare siffatte informazioni • Non è escluso poi che la misura possa estendersi anche al prelevamento di campioni o di formule di sostanze chimiche o dei relativi procedimenti di produzione, di modo che la descrizione si avvicina in tali casi al sequestro di elementi di prova: nel caso di invenzione chimica-biotecnologica, di varietà vegetale o di quant'altro non rappresenti ancora prodotto finito o messo in commercio, la descrizione si rivela l’unico mezzo in grado di conservare la prova. SEQUESTRO (ART. 129 CP..I.): NATURA E SCOPO • Se la descrizione ha il fine di precostituire una prova della violazione del diritto, il sequestro ha anche quello di evitare il perdurare della violazione, assicurando la destinazione degli oggetti sequestrati all'eventuale assegnazione in proprietà al titolare dell'esclusiva, o alla loro eventuale e successiva distruzione. •Il sequestro industriale presenta infatti almeno 4 finalità: Probatoria • che lo avvicina alla descrizione Ablativa • in quanto comporta la sottrazione della disponibilità dei beni su cui incide a chi li detiene, il che lo avvicina al sequestro giudiziario ordinario Inibitoria • in quanto è volto ad evitare il perdurare della violazione Preparatoria • rispetto all'effettività della futura sentenza, perché consente al titolare del diritto violato di conseguire l'assegnazione dei beni costituenti la violazione del suo diritto o la distruzione. •Il sequestro non solo acquisisce elementi di prova relativi alla violazione, ma impedisce anche la circolazione degli oggetti su cui la misura incide. PERICULUM IN MORA •Anche in questo caso si ripropone il criterio del periculum in mora in re ipsa. •La giurisprudenza ha però fissato dei paletti più rigorosi di quelli previsti per la descrizione, avvertendo che la tutela cautelare (in particolar modo quella finalizzata alla concessione del sequestro e dell’inibitoria) è ammissibile in presenza di un pregiudizio patrimoniale, purché vi sia un danno ancora in itinere, suscettibile di ulteriori, ed imprevedibili o incontrollabili sviluppi. Il danno, poi, deve essere significativo, relativamente alle dimensioni della attività della parte istante, in quanto un danno modesto, effettivo o potenziale, esclude in radice l’ammissibilità di tale misura cautelare. V. in particolare Trib. Napoli 20 aprile 2004. DIFFERENZE CON L’INIBITORIA • Il sequestro produce un vincolo oggettivo, insuscettibile di operare in perpetuo, su cose determinate e quindi limita la facoltà di tutti i soggetti che comunque possono entrare in relazione con tali cose (effetti più ristretti per gli oggetti ma più ampi per le persone); l'inibitoria pone un obbligo a carico di un soggetto determinato (e non di altri estranei) ma ne limita la facoltà in relazione a qualsiasi mezzo che possa comunque essere impiegato per la fabbricazione, l'uso e la commercializzazione delle cose vietate (effetti più ristretti per le persone ma più ampi per gli oggetti). •Il sequestro non è un doppione dell'inibitoria, in quanto ha funzione in primo luogo di spossessamento del contraffattore dei prodotti o mezzi con cui viola la privativa, mentre l'inibitoria contrasta con la potenzialità dannosa della contraffazione imponendo determinate condotte negative. A seguito delle recenti riforme delle misure cautelari della proprietà industriale, queste differenze si sono certamente assottigliate, essendo ora possibile estendere il sequestro a «tutti» i prodotti, fino a paralizzare completamente l'attività d'impresa. RAPPORTI TRA DESCRIZIONE E SEQUESTRO INDUSTRIALE • A seguito della riforma del 2010 è consentita la richiesta del provvedimento di sequestro subordinatamente alla proposizione dell’istanza di descrizione. • L'avverbio «subordinatamente» non va inteso, tuttavia, in senso tecnico giuridico, come cumulo "eventuale" o "subordinato" di domande sub condicione che la domanda principale venga respinta, ma in senso cronologico, ovvero il sequestro presuppone il previo accoglimento della misura della descrizione, con la conferma della violazione. • Cumulativamente o subordinatamente alla richiesta di descrizione e sequestro, può essere avanzata anche istanza di inibitoria: l’art. 132, comma 2°, c.p.i., nel fissare il termine ai fini dell’instaurazione del giudizio di merito a seguito dell’emissione del provvedimento cautelare, fa riferimento genericamente «alle misure cautelari ulteriori» chieste unitamente o subordinatamente alla descrizione. COMPETENZA E PROCEDIMENTO • Competenza: la riforma ha cancellato la previsione della assegnazione delle istanze al Presidente della sezione specializzata, inserendo l’inciso secondo cui i procedimenti di descrizione e sequestro «sono disciplinati dalle norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari, in quanto compatibili e non derogate dal presente codice». •Procedimento: si è sostanzialmente ripercorsa la traccia dell’art. 669 sexies c.p.c., prevedendo che il giudice debba provvedere con ordinanza, «nel contraddittorio delle parti ed assunte sommarie informazioni»; in casi di speciale urgenza, e in particolare quando eventuali ritardi potrebbero causare un danno irreparabile al titolare dei diritti ovvero quando la convocazione della controparte può pregiudicare l’attuazione del provvedimento di descrizione o sequestro, provvedere con decreto motivato inaudita altera parte (questa modalità di emissione è frequentissima nel caso della descrizione per ottenere l’effetto sorpresa). DIFFERENZE RISPETTO ALLA DISCIPLINA COMUNE (ART. 669 SEXIES) • Secondo l’art. 129 c.p.i. il giudice può avvalersi della assunzione di «sommarie informazioni» nell’ipotesi di provvedimento cautelare emesso con ordinanza a seguito dell’instaurazione del contraddittorio; mentre nell’art. 669 sexies le «sommarie informazioni» sono previste in caso di provvedimento reso inaudita altera parte: il che fa evidentemente pensare che nelle misure cautelari industrialistiche emesse in assenza di contraddittorio sia consentita una ancora maggiore deformalizzazione istruttoria rispetto alla disciplina comune. • Tra i motivi che giustificano l’adozione del decreto inaudita altera parte vi è anche il pericolo di danno irreparabile al titolare dei diritti, in considerazione della natura immateriale dei beni tutelati (si parla di “pericolo al quadrato”) DIFFERENZE RISPETTO ALLA DISCIPLINA COMUNE (ART. 669 SEXIES) • Aiglicorso •Nel fini provvedimenti della dellastessa conferma, udienza dimodifica, discussione, revoca, ai sensi del Per altri cautelari concessi in assenza di provvedimento comma 4 del novellato di descrizione art. 129 reso c.p.i., inaudita il valere giudice alterala potrà parte contraddittorio (sequestro ad es.) dovrebbe (e in concedere anche vista delladell’art. le eventuale altre 669 misure concessione cautelari degli altri disciplina comune sexies c.p.c. (sequestro l’udienza dio provvedimenti inibitoria o ordinecautelari ritirodeve dal chiesti commercio) unitamente chegg.siano o conferma modifica odirevoca tenersi entro 15 subordinatamente state chieste unitamente descrizione) o subordinatamente ile la giudice deve fissare alla dall’emanazione delalla provvedimento convocazione l’udienza di discussione sexies l’udienza è di descrizione stessadeve avvenire è (nell’art. dunquea 669 ammissibile un ricorso della controparte cura del ricorrente (con «comparizione») per sequestro industrialistico, senza doverentro rispettare in ilcui cialcun si perentorio rimetta termine,allea notifica di ricorso e decreto) termine differenza risultanze di quanto descrizione, prevede onde l’art. 669 valutare sexies: l’opportunità la finalità è di 8 gg. della quella di esperire di lasciare anche ilalsequestro giudice il stesso tempo necessario per dare esecuzione alla descrizione e valutarne gli esiti. DESCRIZIONE E SEQUESTRO IN FIERA • Non è possibile ottenere il sequestro, ma solo la descrizione dei beni posti all’interno del recinto di un’esposizione ufficiale o ufficialmente riconosciuta nel territorio dello stato o che siano in transito da o per la stessa è una disposizione di favore per le manifestazioni fieristiche che sono considerate essenziali per lo sviluppo competitivo del paese, ma va interpretata restrittivamente, solo con riguardo alle esposizioni accreditate di ufficialità, non anche con riferimento ad altre manifestazioni pur dotate di rilevanza sul piano nazionale. • Comunque, resta salva la possibilità di un sequestro penale delle merci esposte. ESECUZIONE • La riforma (d.lgs. 131/2010) si è limitata a sostituire la rubrica dell’art. 130 c.p.i. (precedentemente intitolata «disposizioni comuni»): l’esecuzione deve avvenire a mezzo dell’ufficiale giudiziario, con l’assistenza di periti, e con l’ausilio di mezzi tecnici fotografici o di altra natura. • Decorso il termine di 30 gg. dalla concessione dei provvedimenti (senza che siano stati compiuti la descrizione o il sequestro) non possono essere iniziate nuove operazioni di descrizione o sequestro, ma possono soltanto essere ultimate quelle già intraprese: basta dunque il compimento di un primo atto di esecuzione (ad esempio un primo sopralluogo) mentre potrà ad esempio essere depositato oltre tale termine la relazione tecnica o il materiale video - fotografico. INIBITORIA (art. 131 c.p.i) • Oggetto: L’inibitoria tende ad impedire la commissione o scongiurare la reiterazione o l’aggravamento della condotta illecita posta in essere dal contraffattore, mediante un ordine provvisorio di non facere rivolto al medesimo di astenersi o cessare dall’attività in corso («inibitoria di qualsiasi violazione imminente»). • Potrà avere ad oggetto, oltre alla fabbricazione e commercio, anche l’uso delle cose costituenti violazione del diritto di proprietà industriale, nel caso in cui il diritto in questione riservi al titolare la facoltà di impedire anche l’uso altrui: ciò è, ad esempio, possibile se ci troviamo in presenza di violazione di un brevetto di invenzione, mentre se la violazione riguarda un marchio registrato di regola non potrà essere inibito l’uso delle cose che recano illecitamente il marchio neanche a chi le utilizzi nell’attività economica INIBITORIA (art. 131 c.p.i) IL CASO: Trib. Milano 17 gennaio 2012, in Foro it., 2012, I, 3215: BARILLA c. PLASMON e HEINZ La società ricorrente aveva agito per denunciare una violazione delle norme sulla pubblicità comparativa ed il compimento di atti di contraffazione del marchio e concorrenza sleale da parte delle resistenti, in relazione ai prodotti “Macine” e “Piccolini” ORDINE DI RITIRO DAL COMMERCIO (art. 131 c.p.i) Oggetto: A completamento della tutela apprestata con l’inibitoria cautelare, può essere pronunciato l’ordine di ritiro dal commercio (in via provvisoria) delle cose costituenti violazione del diritto. Soggetti: L’ordine di ritiro dal commercio può essere chiesto nei confronti di chi sia proprietario delle cose costituenti violazione od anche nei confronti di colui che ne abbia la disponibilità; così come anche rivolto verso ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale (si pensi ai distributori/rivenditori dei prodotti che infrangono un diritto di privativa). La sua applicazione diviene problematica ove i prodotti oggetto di ordine di ritiro, ancora sul mercato, non siano più nella titolarità dell’autore della violazione, essendo difficile ipotizzare un obbligo di riacquisto da parte di quest’ultimo. A differenza dell’inibitoria, l’ordine di ritiro impone infatti un ordine positivo di facere, consistente nell’obbligo di provvedere al ritiro della merce contraffatta. MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA (art. 131 c.p.i) Il d.lgs. 140/2006 ha inserito un comma 2° nell’art. 131 c.p.i., secondo cui il giudice, pronunciando l’inibitoria, può anche fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata, ovvero anche per il semplice ritardo nell’esecuzione del provvedimento stesso Formula analoga a quella utilizzata dall’art. 614 bis c.p.c., introdotto dalla l. 69/2009, con riferimento alla attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare. CRITICITÀ La penalità di mora può accompagnarsi anche al solo ordine di ritiro dal commercio? Il riferimento al «ritardo nell’esecuzione» lascia supporre che, pur nel silenzio della legge, l’astreinte sia concedibile anche come misura accessoria all’obbligo positivo di provvedere al ritiro dal commercio. Come si calcola l’entità della sanzione in caso di inosservanza del provvedimento? Il problema consiste nella formulazione generica da parte dei giudici della comminatoria delle penali. Nel settore industrialistico, infatti, possono sorgere contestazioni sui criteri di calcolo: si pensi alla necessità di applicare la penale ad una contraffazione di marchio presente in una pubblicazione distribuita in migliaia di copie, o alla vendita su larga scala di prodotti contraffatti criterio del buon senso Criticita’ Quali sono i rapporti con la norma generale del 614 bis c.p.c.? L’interpretazione estensiva dovrebbe suggerire di integrare la disposizione del codice della proprietà industriale, con la previsione generale (assente nell’art. 131) secondo cui il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza E’ necessaria la richiesta di parte? Si, nonostante il silenzio dell’art. 131 (a differenza del 614 bis c.p.c. che parla di «richiesta di parte»), vale il principio generale della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. STABILITA’ DEI PROVV. CAUTELARI RAPPORTI TRA CAUTELA E MERITO (132) • I rapporti tra giudizio cautelare e giudizio di merito sono oggi regolati, venuta meno l’applicazione del rito societario, dall’art. 132 c.p.i. che (salvo qualche lieve scostamento relativo ai termini) prevede una disciplina assimilabile a quella prevista dall’art. 669 octies c.p.c. Termine di instaurazione del giudizio di merito. Qualora il giudice nel rilasciare il provvedimento cautelare non stabilisca il termine entro cui le parti devono iniziare il giudizio di merito, quest’ultimo deve essere iniziato nel termine di 20 giorni lavorativi, o 31 giorni di calendario se rappresentino un termine superiore, dalla comunicazione dell’ordinanza se resa fuori udienza o dalla sua pronuncia, se resa in udienza. Se il giudizio di merito non viene iniziato nel suddetto termine o se, pur iniziato, si estingue, il provvedimento cautelare industriale perde efficacia. Tuttavia, se sono state chieste misure cautelari ulteriori alla descrizione unitamente o subordinatamente a quest’ultima, ai fini del computo del termine di instaurazione del merito bisogna fare riferimento all’ordinanza del giudice che si è pronunciata anche su tali ulteriori misure. STRUMENTALITA’ ATTENUATA (ART. 132 C.P.I.) • Il comma 4° del medesimo art. 132 c.p.i. precisa poi che la necessità di instaurare il giudizio di merito entro un termine perentorio non si applica ai provvedimenti d’urgenza, nonché ai provvedimenti idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito. • L’art. 132, comma 4°, ult. parte aggiunge l’ovvia precisazione che in questi casi la parte può (ma non è obbligata a) instaurare comunque il giudizio di merito. QUALI SONO I PROVVEDIMENTI DI NATURA ANTICIPATORIA? 1/2 • • • • Certamente priva di carattere anticipatorio è la descrizione, che si avvicina alla istruzione preventiva ed ha una finalità ancora prevalentemente conservativa del diritto processuale alla prova; Normalmente privo di carattere anticipatorio è anche il sequestro: tuttavia quando ci si trovi al cospetto di un sequestro (non con finalità probatorie) che colpisca tutti gli oggetti costituenti violazione di un diritto di privativa industriale, il provvedimento soddisfa pienamente l’interesse del ricorrente (il quale vuole principalmente che non circolino prodotti con il marchio contraffatto) anticipando in tutto gli effetti esecutivi che potrebbero discendere dalla successiva emanazione del provvedimento definitivo di distruzione dei beni Trib. Bologna 30 dicembre 2010 ha concesso il sequestro e l’inibitoria dell’ulteriore commercializzazione di capi di abbigliamento contraffatti (protetti dal ricorrente con la registrazione dei relativi modelli), liquidando le spese già nella fase cautelare (v. in tal senso il novellato comma 7° dell’art. 669 octies c.p.c.) e non fissando alcun termine per la proposizione del giudizio di merito. l’inibitoria anticipa, ed anzi il più delle volte corrisponde al provvedimento di merito (inibitoria definitiva dell’art. 124 c.p.i.) e quindi se ne deve riconoscere il carattere anticipatorio, anche ove si dia una interpretazione restrittiva della anticipatorietà consistente nella necessaria identità di contenuto ed effetti tra misura cautelare e provvedimento di merito. parimenti deve ritenersi per l’ordine di ritiro dal commercio. QUALI SONO I PROVVEDIMENTI DI NATURA ANTICIPATORIA? 2/2 • Altra misura cui deve riconoscersi natura anticipatoria è quella prevista dall’art. 133 c.p.i., con riferimento alla tutela cautelare dei nomi a dominio: sono segni distintivi diversi dal marchio registrato, c.d. diritti di proprietà industriale non titolati, in quanto la registrazione prevista dall’ordinamento italiano, presso la Registration Authority, ha natura solo tecnica e non di accertamento costitutivo. • L’art. 133 prevede che possa essere pronunciato in favore del richiedente, oltre all’inibitoria dell’utilizzo del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato, anche il suo trasferimento provvisorio in capo all’istante, subordinandolo se del caso alla prestazione di idonea cauzione: la natura anticipatoria dovrebbe essere indiscussa, dal momento che il provvedimento cautelare è pienamente satisfattivo, assicurando al richiedente utilità equivalenti a quelle derivanti dall’azione di revindica proponibile ai sensi dell’art. 118, comma 6°, c.p.i. mezzo efficace contro le condotte di «cyber squatting» Cfr. T. Roma, 12-06-2012 “Va inibito, con provvedimento d’urgenza, l’uso del nome a dominio «www.mediaset.com», relativo ad un sito che commercializza dispositivi di salvataggio di dati multimediali (in inglese, media set), in quanto tale denominazione, non meramente descrittiva, si sostanzia in un indebito agganciamento al marchio registrato italiano anteriore Mediaset, attinente alla comunicazione ed ai servizi radiotelevisivi, della cui rinomanza il titolare del sito surrichiamato si avvantaggia, almeno nel momento iniziale della ricerca e dell’accesso in Internet (initial confusion) da parte degli utenti, tenuto conto che il mercato di riferimento - il web - è per ciò stesso comune (il tribunale ha però limitato la tutela al solo territorio nazionale, in quanto non è stata concessa la misura del trasferimento del dominio alla società titolare del marchio)” RAPPORTI TRA TUTELA CAUTELARE E PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO • La particolarità delineata dall’art. 132, comma 1°, c.p.i. è rappresentata dalla possibilità che, ancor prima che sia nato il diritto di privativa in via amministrativa, venga concessa la tutela cautelare, essendo previsto che i provvedimenti di descrizione, sequestro, inibitoria, ritiro dal commercio o trasferimento del nome a dominio possono essere concessi anche in corso di brevettazione o di registrazione (a patto che la domanda amministrativa sia stata resa accessibile al pubblico e non sia dunque stata secretata). • Qui la protezione cautelare non riguarda strettamente il diritto soggettivo incorporato nella privativa, non ancora esistente, ma una situazione di mero interesse, ritenuta dall’ordinamento meritevole di tutela. TUTELA CAUTELARE ATIPICA EX ART. 700 C.P.C. NEL C.P.I. • Nella giurisprudenza di merito si afferma la concedibilità del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., qualora l’effetto o il contenuto della misura cautelare non sia ottenibile attraverso strumenti di tutela cautelare tipica (v. ad esempio T. Catania, 03-07-2002), il che accade soprattutto nelle condotte di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. • Uno dei casi giurisprudenziali più rilevanti in materia è rappresentato dalla controversia “Gambero Rosso/Gambero Rozzo”. In tal caso, è stata concessa in via d’urgenza, ex art. 700 c.p.c., l’inibitoria della pubblicazione e commercializzazione della rivista “Gambero Rozzo”, che violava il diritto al marchio notorio attribuibile alla denominazione «Gambero Rosso», costituendo sfruttamento parassitario della notorietà e del prestigio del marchio della parte attrice e del successo della sua guida ai ristoranti, con la conseguenza che il lettore acquirente, nonostante la diversità del titolo, possa essere indotto a ritenere le due opere espressione di un unico progetto (Trib. Roma, 23 giugno 2008; conf. Trib. Roma, 4 febbraio 2010).