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la tutela cautelare nel codice della proprieta* industriale

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la tutela cautelare nel codice della proprieta* industriale
LA TUTELA CAUTELARE NEL CODICE
DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE
Giorgio G. Poli
LE FONTI NORMATIVE 1/6
• Il Codice della proprietà industriale - d. lgs. n. 30/2005 - ha già subito
tre interventi di modifica tutti incidenti sulle norme processuali
contenute nel capo III del Codice (dedicato alla “Tutela giurisdizionale
dei diritti della proprietà industriale”):
• d. lgs. n. 140/2006
• legge n. 99/2009 che ha previsto modifiche di immediata
applicazione in tema di competenza all’art. 134 c.p.c e in altra
parte delegato il Governo ad emanare «disposizioni correttive o
integrative, anche con riferimento all'aspetto processuale.
• decreto legislativo n. 131/2010, entrato in vigore nel settembre
2010
LE FONTI NORMATIVE 2/6
• L’idea di un unitario corpus normativo nasce con lo scopo di:
• semplificare
• riordinare diverse fonti normative collocate a livello nazionale,
comunitario ed internazionale divenute di sempre più difficile
interpretazione a causa dei «diversi linguaggi utilizzati».
•La legge delega 12 dicembre 2002, n. 273 assegnava al legislatore
delegato il compito di emanare uno o più decreti legislativi «per il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale», nel
rispetto dei criteri direttivi indicati dalla legge delega. Urgeva ordine,
semplificazione e riduzione.
LE FONTI NORMATIVE 3/6
LE ORIGINI
• Il primo intervento sembra risalire alla l. 12 marzo 1855, n. 782 per
gli Stati Sardi, poi estesa al Regno d’Italia e meglio nota come l. 30
ottobre 1859, n. 3731: sull’articolo 1 Antonio Scialoja Sr affermò che
il compito di questa legge era quello di «convertire in diritto il favore
concesso volta per volta dal sovrano all’inventore» e che, in tal modo,
si eliminava ogni idea di concessione della tutela brevettuale
condizionata all’arbitrio del re.
•
LE FONTI NORMATIVE 4/6
•Dopo una serie di altri interventi normativi, come l’introduzione nel
codice civile ‘42 di due sezioni all’interno del libro V (v. gli artt. 2574 e
2591 c.c. che, in materia di marchi e brevetti, rinviano alla disciplina delle
leggi speciali) si ebbe una sostanziale stasi durata per quarant’anni, fino a
quando, attorno agli anni ’80, si pose mano ad una profonda revisione
della legislazione nazionale mediante il D.p.r. 22 giugno 1979, n. 338
(revisione della legislazione nazionale in materia di brevetti) emanato sulla
base della l. 260/78.
• A partire da questa data gli interventi si sono susseguiti con intensità
crescente con una serie di leggi di rango nazionale, comunitario ed
internazionale: la necessità di un riordino si poneva come improrogabile,
non solo per facilitare l’opera dell’interprete, quanto per restituire
organicità e coerenza ad un tessuto normativo frammentario e in
progressiva espansione.
LE FONTI NORMATIVE 5/6
• A livello della normativa internazionale si segnalano gli accordi
TRIP’S (Trade related effects of intellectual property rights), firmati a
Marrakech il 15.4.94 e ratificati in Italia con legge n. 747/94, che
pongono standards minimi per i paesi membri nella tutela della proprietà
intellettuale (per l’art. 1 di tali Accordi, infatti, «members may, but shall not be
obliged to, implement in their law more extensive protection than is required by this
Agreement, provided that such protection does not contravene the provisions of this
Agreement. Members shall be free to determine the appropriate method of
implementing the provisions of this Agreement within their own legal system and
practice»).
• A livello comunitario, importanza fondamentale riveste la c.d.
“Direttiva Enforcement” n. 48/2004/Ce sul rafforzamento dei diritti
di proprietà industriale ed intellettuale, che ha largamente ispirato i
contenuti del d.lgs. 140/2006.
LE FONTI NORMATIVE 6/6
• La Convenzione di Parigi per la protezione della Proprietà Industriale
firmata il 20 marzo 1883: primo trattato in materia di proprietà
intellettuale ed industriale, tuttora in vigore tra ben 173 stati firmatari.
Principio della “priorità” che dà diritto a chiunque brevetti una
invenzione o registri un marchio nel proprio paese di residenza di
estendere entro un dato termine (12 mesi per i brevetti, 6 per i marchi)
questa protezione anche in altri stati.
COS’È LA PROPRIETÀ INDUSTRIALE?
• Nella tradizione giuridica italiana il «diritto industriale» concerne la disciplina
della concorrenza sleale e quella dei diritti di esclusiva sui marchi e sui brevetti per
invenzione e per modello, successivamente integrata con alcune figure di brevetti
speciali (quelli sulle nuove varietà vegetali e le topografie di semiconduttori).
• A questo inquadramento tradizionale si contrappone una più moderna nozione che
affianca ai diritti di esclusiva «industriali» anche quelli derivanti dal diritto d'autore,
riconducendoli sotto l’omnicomprensiva categoria di «diritti della proprietà
intellettuale».
• Questa nozione si è progressivamente affermata a livello della normativa
internazionale, negli Accordi TRIPS nonché nella fondazione della WTO
(Organizzazione mondiale del Commercio), ed è il frutto dell’azione del blocco dei
Paesi economicamente più progrediti, che ha subordinato la liberalizzazione del
commercio con i Paesi meno sviluppati al rispetto da parte loro di certi standards di
protezione dei diritti di proprietà intellettuale, diritti che fanno tradizionalmente capo
in misura maggiore ai Paesi più ricchi ed all’avanguardia.
COS’È LA PROPRIETÀ
INTELLETTUALE?
•La tutela della PROPRIETÀ INTELLETTUALE si riferisce all’insieme di
diritti (Intellectual Property Rights: IPR):
• personali, ovvero il diritto di essere riconosciuto autore dell’opera o ideatore della
soluzione tecnica o del marchio, che è un diritto indisponibile
• patrimoniali, connessi allo sfruttamento economico del risultato della propria attività
creativa, che è invece un diritto disponibile e trasmissibile.
• Le opere dell’ingegno umano sono classificabili in 3 macro categorie:
Opere dell’ingegno
creativo
• Dal mondo
dell’arte e della
cultura (opere
letterarie,
spettacoli tv, ..)
• Diritto d’autore
Segni distintivi
Innovazioni
tecniche e di design
• Marchio, ditta,
insegna,
denominazione
d’origine
• Registrazione o
uso di fatto
• Invenzioni,
modelli
industriali, varietà
vegetali
• Diritto
brevettuale
COS’È LA PROPRIETÀ
INTELLETTUALE?
• I DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE si riferiscono
soltanto alle ultime due categorie (opere dell’ingegno nel settore
della scienza e della tecnica): per l’art. 1 del d. lgs n. 30 del 2005 i
diritti di proprietà industriale sono costituiti da «marchi ed altri
segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine,
disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei
prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e
nuove varietà vegetali»
• Il Codice non disciplina dunque i diritti connessi alle opere
dell’ingegno creativo.
COME SI ACQUISISCONO I DIRITTI
DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE?
• L’art.
2 medesimo decreto si occupa della costituzione dei diritti
inerenti alla proprietà industriale, prevedendo che essi si
acquisiscano a seguito di un procedimento “amministrativo”
promosso a istanza di parte, che ha luogo dinanzi all’Ufficio
italiano brevetti e marchi (UIBM), preordinato al rilascio della
brevettazione o della registrazione.
•E’ procedimento definito dall’art. 2 c.p.i. di accertamentocostitutivo, poiché finalizzato ad accertare la sussistenza di
requisiti preesistenti di brevettabilità o di registrazione e a
costituirne, all’esito dell’accertamento una situazione giuridica
nuova, rappresentata dal diritto di proprietà industriale  ius
excludendi alios, con potestà esclusive su beni cui il diritto si riferisce
e con efficacia erga omnes almeno nei limiti territoriali
dell’ordinamento statale.
IL BREVETTO PER INVENZIONE
• Il brevetto (o brevetto per invenzione) conferisce un diritto
esclusivo di sfruttamento dell'invenzione, in un territorio e per un
periodo ben determinati, che impedisce ad altri di produrre,
vendere o utilizzare l’invenzione senza autorizzazione.
• Esso può avere ad oggetto un prodotto (con il divieto a terzi di
produrre, usare, vendere, importare il prodotto) o un
procedimento (con conseguente divieto a terzi di applicare il
procedimento o produrre, usare, vendere, importare il prodotto
ottenuto con quel procedimento).
•La durata del brevetto è pari a 20 anni: scaduto tale periodo, l’uso
o la commercializzazione della soluzione inventiva è libero
(farmaci generici).
IL BREVETTO: CENNI STORICI
• Il primo brevetto della storia sembra sia stato assegnato a Filippo
Brunelleschi (1377 - 1446) nel 1421 per il progetto di una chiatta, il
Badalone, sospinta da ruote a pale ed eliche sia aeree che acquatiche.
• Il documento emesso dalle autorità
granducali prevedeva che eventuali copie
della chiatta o altre imbarcazioni simili, se
scoperte, dovessero essere bruciate.
• In realtà l’impresa di Brunelleschi fu un enorme fiasco: una volta realizzata
l’enorme chiatta, fu caricata a Pisa con 50 tonnellate di marmo di Carrara, ma si
spezzò durante il suo tragitto in Arno prima di giungere a Firenze, perdendo il
prezioso carico. A quanto pare Brunelleschi non si riprese mai
economicamente dall’investimento andato in fumo.
CONCESSIONE DEL BREVETTO
• Affinché il brevetto venga concesso deve essere presentata una
domanda all’UIBM che contenga:
• la descrizione dell’invenzione
• le rivendicazioni (ovvero ciò che si intende debba formare oggetto
del brevetto)
• i disegni necessari alla sua intelligenza
• L'invenzione deve essere descritta in modo sufficientemente
chiaro e completo perché ogni persona esperta del ramo possa
attuarla.
SEGRETEZZA DEL BREVETTO
• Decorso il termine di 18 mesi dalla data di deposito della
domanda ovvero dopo 90 giorni dalla data di deposito della
domanda, se il richiedente ha dichiarato nella domanda stessa di
volerla rendere immediatamente accessibile al pubblico, l'Ufficio
italiano brevetti e marchi pone a disposizione del pubblico la
domanda con gli allegati.
• Il periodo di segretezza può servire alla Autorità Militare a
verificare il proprio interesse sul trovato e al richiedente il brevetto
ad apprestare le strategie di sfruttamento commerciale.
OGGETTO DEL BREVETTO
Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le
invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte
ad avere un'applicazione industriale
Novità
Attività
inventiva
Industrialità
• L’invenzione non è stata precedentemente divulgata al pubblico, con una
dichiarazione scritta o orale, o con qualsiasi altra utilizzazione o mezzo.
• “Ricerche di Anteriorità” per stabilire se l’invenzione abbia già avuto anteriore
divulgazione
• Sussiste quando l’invenzione sia il frutto di una attività non ovvia, ma creativa, tale
da non risultare evidente agli esperti del settore secondo lo stato della tecnica
• è rispettata quando l’invenzione sia atta ad avere un’applicazione industriale, ovvero
l’oggetto dell’invenzione deve essere fabbricato o utilizzato a livello industriale o
artigianale.
• Per essere brevettabile l’invenzione deve essere tecnicamente realizzabile e
ripetibile un numero infinito di volte.
IL MARCHIO
• Ha la funzione di contraddistinguere prodotti, servizi, imprese ed è
il principale strumento di comunicazione/marketing tra imprese e
consumatori.
• Rappresenta un riferimento in grado di orientare le scelte del
consumatore, che non deve indagare sempre sulla qualità del
prodotto o servizio contraddistinto dal marchio perché può fidarsi
dello standard qualitativo dato dalla notorietà del marchio stesso.
•Secondo l’art. 7 C.P.I. può essere costituito da «tutti i segni suscettibili
di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di
persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della
confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purchè siano atti a
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese»: deve
avere capacità distintiva rispetto a prodotti/servizi diversi, ma anche
rispetto a prodotti/servizi merceologicamente simili.
REQUISITI
Novità
• Il marchio deve essere tale da non ingenerare nel pubblico confusione o
associazione con altri prodotti/servizi
Capacità
distintiva
• Marchi che corrispondono a segni divenuti di uso comune nel linguaggio
corrente o negli usi del commercio o che consistano soltanto in
denominazioni generiche di prodotti o servizi
• Marchi “forti” e marchi “deboli”
Liceità
• Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa:
• i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume;
• i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza
geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi
• i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di
proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi
TIPOLOGIE
Marchio nominativo
Marchio figurativo
Marchio tridimensionale
Marchio cromatico
Marchio sonoro
Marchio collettivo
REGISTRAZIONE
• I diritti di esclusiva sul marchio si ottengono attraverso la
registrazione, ma gli effetti della registrazione retroagiscono al momento
del deposito della domanda.
• La registrazione ha durata 10 anni, salvo rinuncia del richiedente, ma
può essere rinnovata per ulteriori periodi di 10 anni in perpetuo.
• La decadenza non opera automaticamente ma necessita di un’ azione di
tipo costitutivo; può avvenire per:
Non uso del marchio
Volgarizzazione
Illiceità
• il marchio deve avere uso
effettivo per i prodotti o
servizi per i quali è stato
registrato, entro 5 anni dalla
registrazione per un periodo
ininterrotto di 5 anni, salvo
giustificazioni da motivo
legittimo
• il marchio è diventato in
commercio denominazione
generica o standard del
prodotto o servizio
• Caso storico del “Velcro” :
fusione delle parole VELlours
(velluto) e CROchet (Gancio),
oggi termine generico per
indicare un certo tipo di
chiusura tessile
• in quanto contrario alla legge
o idoneo a ingenerare
confusione nel pubblico
STRUTTURA GENERALE DEL CODICE
• è composto di ben 245 articoli suddivisi in 8 capi, a loro volta
ripartiti in più sezioni:
1. Disposizioni generali
e principi fondamentali
2. Norme relative
all’esistenza e all’ambito
dei singoli diritti di
proprietà industriale
3. Tutela giurisdizionale
dei diritti di proprietà
industriale
4. Acquisto e
mantenimento dei
diritti e procedure
amministrative
5. Procedure speciali
(espropiazione,
segregazione militare)
6. Ordinamento
professionale dei
consulenti in materia di
proprietà industriale
7. Gestione dei servizi
inerenti alla proprietà
industriale
8. Disposizioni
transitorie e finali
STRUTTURA GENERALE DEL CODICE:
LA GIURISDIZIONE ITALIANA
• Il primo comma dell’art. 120 sancisce il criterio della
territorialità, statuendo che «le azioni in materia di proprietà
industriale, i cui titoli sono concessi o in corso di concessione, si
propongono avanti l’Autorità giudiziaria dello Stato, qualunque sia
la cittadinanza, il domicilio, la residenza delle parti».
STRUTTURA GENERALE DEL CODICE:
LA COMPETENZA PER TERRITORIO
• Il criterio primario per l’individuazione della competenza è quello del «domicilio
brevettuale», che si ricava dalla lettura combinata dei commi 2° e 3° dell’art. 120 c.p.i.:
•
il comma 2° prevede che le azioni in materia devono essere proposte davanti al giudice
del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti,
del luogo in cui il convenuto ha la dimora, «salvo quanto previsto nel comma 3».
• Il comma 3° prevede che, ai fini della determinazione della competenza e di ogni
notificazione di atti di procedimenti giurisdizionali dinanzi al giudice ordinario o
amministrativo, l’indicazione di domicilio effettuata con la domanda di brevettazione o
registrazione vale come elezione di domicilio esclusivo, e il domicilio così eletto può
essere modificato solo previa apposita istanza di sostituzione da annotarsi sul registro a
cura dell’UIBM.
• In giurisprudenza è da tempo consolidato l’orientamento secondo cui il «domicilio
brevettuale» rappresenta a tutti gli effetti il domicilio del convenuto, indipendentemente
dal domicilio reale, avendo l'elezione di domicilio l'espressa funzione di radicare la
competenza per ogni notificazione amministrativa e giudiziaria relativa al brevetto (V.
Cass. 08 luglio 1995 n. 7551).
CRITERI RESIDUALI
• Qualora poi il convenuto non abbia residenza, domicilio o dimora
nel territorio dello Stato, le azioni in materia di proprietà industriale
dovranno essere proposte, in via sussidiaria, nel luogo di domicilio o
residenza dell’attore.
• Infine, in assenza di tutti i precedenti criteri (e cioè nel caso in cui
né l’attore né il convenuto abbiano residenza, domicilio o dimora nel
territorio dello Stato), vige la competenza generale del Tribunale di
Roma.
FORO ALTERNATIVO DEL
«LOCUS COMMISSI DELICTI»
• Il comma 6° dello stesso art. 120 consente che le azioni «fondate su fatti che si assumono lesivi del
diritto dell’attore» (ad es. le azioni di contraffazione) possano essere proposte anche dinanzi al giudice
nella cui circoscrizione «i fatti sono stati commessi»: cosicché, in tali casi, la domanda potrà essere
proposta facoltativamente dinanzi al forum rei (convenuto) ovvero a quello del forum commissi delicti
(v. art. 20 c.p.c. fori facoltativi su diritti di obbligazione).
• Questo criterio di competenza territoriale non è derogato dalla disciplina della competenza per
connessione, nell’ipotesi di azioni proposte nei confronti di più convenuti di cui all’art. 33 c.p.c.,
ovvero l’attore non è obbligato a scegliere uno dei fori generali dei più convenuti in giudizio, ma può
legittimamente privilegiare il foro del giudice più vicino al luogo in cui si è verificato il fatto illecito
Cass. civ. [ord.], sez. VI, 13-10-2011, n. 21192 (giudizio proposto per la contraffazione della bottiglia
7UP, conseguente risarcimento dei danni e distruzione delle bottiglie in commercio da una società
produttrice di plastica nei confronti di PEPSI, ACQUA SAN BENEDETTO e un ipermercato in
qualità di convenuti, che avevano sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale delle sezioni
specializzate presso il Trib. Milano).
• Il tenore della norma sembra suggerire che per forum commissi delicti debba intendersi il luogo in
cui è stata posta in essere la condotta, più che quello in cui si è verificato l’evento pregiudizievole e se
ne sono propagati gli effetti (Cfr. T. Catania, 08-09-2005 «Ai sensi dell’art. 120, 6º comma, cpi, è
competente a disporre misure cautelari il giudice del foro nel quale è avvenuta la pubblicazione, anche
tramite Internet, di un prodotto che si afferma commercializzato in violazione di un brevetto altrui»).
COMPETENZA PER MATERIA: DALLE SEZIONI
SPECIALIZZATE IN MATERIA DI P.I. AL TRIBUNALE DELLE
IMPRESE (SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMPRESA)
• I criteri di competenza per materia sui diritti di proprietà industriale sono ricavabili
dalla lettura combinata di una serie di disposizioni:
• l’art. 120, comma 4° c.p.i. secondo cui la competenza in materia di diritti di proprietà
industriale appartiene alla cognizione dei tribunali espressamente indicati dal d.lgs.
168/2003 (istitutivo delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale);
• l’art. 134 c.p.i., intitolato «norme in materia di competenza», che devolve agli organi
innanzi indicati la cognizione di alcune materie tassative, tra cui in particolare (per
quanto rileva in questa sede) «la tutela dei diritti di proprietà industriale e concorrenza
sleale, con esclusione delle fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente,
con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale»;
• l’art. 3 d.lgs. 168/2003, recentemente modificato dal D.l. n. 1/2012 conv. nella l.
27/2012, secondo cui le sezioni specializzate sono competenti in materia di:
• controversie di cui all'articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e
successive modificazioni;
• controversie in materia di diritto d'autore;
• controversie di cui all'articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287;
• controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea.
COMPETENZA PER MATERIA: DALLE SEZIONI
SPECIALIZZATE IN MATERIA DI P.I. AL TRIBUNALE DELLE
IMPRESE (SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMPRESA)
Le sezioni specializzate sono altresì competenti, per il novellato art. 3 per le cause relative a
società per azioni, le società in accomandita per azioni, e le società a responsabilità
limitata, le imprese cooperative e mutue assicuratrici, le società cooperative europee:
•
•
•
•
•
•
•
a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la
modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque
promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore
generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonche' contro
il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti
illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi
danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma,
e 2506-ter del codice civile;
b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le
partecipazioni sociali o i diritti inerenti;
c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall'articolo 2341-bis del codice civile;
d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le
società che le controllano;
e) relativi a rapporti di cui all'articolo 2359, primo comma, numero 3), all'articolo 2497-septies e
all'articolo 2545-septies del codice civile;
f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali
sia parte una delle societa' di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al
consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista
la giurisdizione del giudice ordinario. 3. Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e
i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2»
C’ERANO UNA VOLTA LE SEZIONI
SPECIALIZZATE…
• La genesi delle sezioni specializzate si deve alla legge delega 273/2002, il cui art. 16
aveva conferito al Governo il compito di adottare uno o più decreti legislativi volti ad
assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari in
materia di proprietà industriale attraverso l’istituzione, presso le Corti di Appello e i
Tribunali di 12 distretti italiani, di sezioni specializzate a composizione collegiale, per
la trattazione delle controversie riguardanti le materie indicate.
• Il carattere eminentemente tecnico delle controversie avrebbe suggerito di
prevedere un giudice professionalmente attrezzato e specializzato.
•Si è tuttavia deciso di scartare l’ipotesi dell’inserimento nei collegi giudicanti, di
membri non togati, che sarebbe apparsa tutt’altro che agevole e conveniente, vuoi
perché sarebbe stato difficile avere una garanzia costante sulla loro elevata
preparazione professionale, vuoi per il rischio di far cadere la scelta su soggetti che
(proprio in ragione della loro elevata professionalità) potevano intrattenere rapporti
di consulenza con imprenditori di grandi dimensioni, interessati all’affermarsi di uno
piuttosto che un altro indirizzo giurisprudenziale.
LA VECCHIA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE
DELLE SEZIONI SPECIALIZZATE
• Istituite presso i Tribunali e le Corti di Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova,
Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (oggi non più denominate sezioni
specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ma in materia di impresa).
• È stata dichiarata manifestamente infondata la q.l.c. (sollevata dal Tribunale di Cagliari) degli
art. 16 l. 12 dicembre 2002 n. 273, 1 e 4, 1º comma, lett. i), d.leg. 27 giugno 2003 n. 168, nelle
parti in cui non prevedono l’istituzione di una sezione specializzata in materia di proprietà
industriale ed intellettuale con sede nel territorio del distretto della corte d’appello di Cagliari e
stabiliscono che le sezioni specializzate di Roma sono competenti per i territori ricompresi nel
distretto di corte d’appello di Cagliari e della sezione distaccata di Sassari della medesima corte,
perché il Giudice delle Leggi ha ritenuto che l’opzione del legislatore delegato fosse ragionevole
e riconducibile alla sua piena discrezionalità e non tale da determinare l’impossibilità o l’estrema
difficoltà nell’esercizio dei diritti garantiti dall’art. 24 Cost., «come è agevolmente dimostrato
dall’esistenza in Roma degli organi giurisdizionali di ultima istanza, competenti per tutto il
territorio nazionale» (V. Corte cost. [ord.], 14 dicembre 2004, n. 386).
LA NUOVA DISTRIBUZIONE
• Il comma 1 bis dell’art. 1 d.lgs. 168/2003 ha previsto la nuova istituzione di sezioni
specializzate in materia di impresa presso i Tribunali e le corti di appello aventi sede
nel capoluogo di ogni regione, ove non già esistenti nelle città di cui al comma 1.
• Sono pertanto state istituite apposite sezioni specializzate in materia d’impresa
anche a L'Aquila, Ancona, Catanzaro, Campobasso, Cagliari, Perugia,
Potenza e Trento.
• In deroga a questa regola (delle sole città capoluogo) è anche istituita una sezione
specializzata presso il Tribunale e la corte di appello di Brescia. Per la Valle D’Aosta è
competente la sezione specializzata di Torino.
I CRITERI DI SCELTA DEI MAGISTRATI
ADDETTI ALLE SEZIONI
• Secondo il novellato art. 2, i giudici che compongono le sezioni
specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze.
• Tuttavia, a questi giudici può essere assegnata, dal Presidente del Tribunale
o della corte di appello, la trattazione di processi diversi, purché ciò non
comporti ritardo nella trattazione e definizione delle controversie in materia
di impresa.
CRITICITÀ
Inopportunità della eccessiva distribuzione territoriale
delle sezioni specializzate : erano sorte sulla spinta dei
Regolamento CE n. 207/2009 sul marchio comunitario
(all'art. 95) e il Regolamento CE n. 6/2002 sul modello
comunitario (all'art. 80) che impongono agli Stati membri
di attribuire la competenza in queste materie a "un
numero per quanto possibile ridotto di tribunali nazionali
di prima e di seconda istanza". Non è esclusa l’apertura di
una procedura di infrazione contro l’Italia
Scarsa specializzazione dei magistrati: l’aver diluito le
sezioni specializzate in materia di p.i. nei neo istituiti
Tribunali delle Imprese, con un notevole allargamento di
competenza a materie molto eterogenee, rende soltanto
teorico l’obiettivo della specializzazione del giudice, in
una materia eminentemente tecnica.
CRITICITA’
Invarianza dell’organico a fronte dell’aumento delle
sopravvenienze: i carichi di lavoro aumenteranno molto
soprattutto nelle regioni dagli indici economici
significativi (controversie societarie) ma non aumenta la
pianta organica.
La dizione “Tribunale delle Imprese” è solo
propagandistica, perché è stata scartata l’opzione più
radicale di dar vita ad uffici giudiziari autonomi, come nel
caso dei Tribunali per i Minorenni o di sorveglianza.
DEI RAPPORTI TRA SEZIONE
SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO
• Il rapporto tra sezione specializzata d’impresa e tribunale ordinario
costituisce questione di competenza in senso stretto ovvero un problema di
ripartizione degli affari interna al medesimo ufficio giudiziario, dato che le
sezioni specializzate sono pur sempre organi inseriti all’interno del Tribunale
stesso?
Nel primo caso il giudice adìto
dovrebbe dichiarare la propria
incompetenza
per
materia,
declinando
contestualmente
la
competenza in favore della sezione
specializzata (o, viceversa, del
«tribunale ordinario»);
Nel secondo caso il tribunale ordinario (o,
viceversa, il «giudice specializzato»)
potrebbe limitarsi a trasmettere (per via
interna meramente amministrativa) gli atti
al presidente della sezione specializzata
istituita presso il proprio tribunale, affinché
questi provveda all'assegnazione del
fascicolo
alla
sezione
specializzata
(viceversa, analoghi incombenti sono del
Presidente del tribunale al verificarsi del
caso speculare contrario).
DEI RAPPORTI TRA SEZIONE
SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO
La giurisprudenza (di merito e di legittimità) era decisamente orientata nel senso
che «la statuizione relativa alla devoluzione o meno di una controversia ad una Sezione
specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale integra una questione di
competenza e non di mera ripartizione degli affari all'interno di un unico ufficio giudiziario».
(v. Cass. civ. sez. I, 25.09.2009 n. 20690)
•Trib. Venezia (30 aprile 2008) c.d. «caso Mose»: il consorzio «Venezia nuova»
aveva avanzato nei confronti di alcuni ingegneri domanda di risarcimento danni
per diffamazione nonché domanda di nullità del brevetto depositato dagli stessi
ingegneri con riferimento ad altro progetto di convogliamento delle acque. il
Tribunale ha affermato che la sezione specializzata era tenuta a dichiarare la
propria incompetenza sulle domande estranee alle proprie attribuzioni
(diffamazione) pur se rientranti nella competenza per territorio del medesimo
tribunale.
DEI RAPPORTI TRA SEZIONE
SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO
• Cass. 20690/2009 ha sostenuto questa tesi, sulla base di queste
considerazioni:
• a) la formulazione adottata dal legislatore negli artt. 3-4-5 d. lgs. 168/2003 parla
espressamente di competenza delle sezioni, si presenterebbe in modo assai diverso
da quanto previsto dall' art. 413 c.p.c., norma che si esprime in termini di mera
"funzione" del giudice del lavoro;
• b) le sezioni specializzate industriali non sono dislocate presso ogni distretto, ma
solo presso alcuni di essi, con la conseguenza che non sempre il rapporto tra le
sezioni specializzate e le altre sezioni ordinarie è configurabile come interno al
medesimo ufficio, per cui il rapporto tra «giudice ordinario» e «giudice
specializzato» va definito secondo una soluzione omogenea che prescinda dai
singoli casi in concreto prospettabili;
• c) la ratio dell'istituzione delle sezioni specializzate in proprietà industriale
(complessità delle controversie che possono insorgere in materia e necessità di
devolvere la cognizione delle stesse a magistrati dotati di specifiche competenze)
in analogia a quanto era stato previsto con l'istituzione delle sezioni specializzate
agrarie. Il che differisce dalla ratio ispiratrice dell'istituzione del giudice del lavoro
e del giudice societario, ove invece l’intento principale era quello di snellire e di
accelerare le modalità di trattazione delle cause.
•
DEI RAPPORTI TRA SEZIONE
SPECIALIZZATA E TRIBUNALE ORDINARIO
• Tuttavia secondo Cass. 24656/2011:
La ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del
medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo
piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio. Ne
consegue che, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria
incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero
abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione
specializzata è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’indicata
pronuncia, poiché in siffatti casi trattasi di questione che concerne la ripartizione degli
affari all’interno dello stesso ufficio.
•Confermata da Cass. 20 settembre 2013, n. 21668
LA TUTELA GIURISDIZIONALE: QUADRO
GENERALE (ARTT. 117 – 146 C.P.I.)
• La tutela giurisdizionale è ripartita tra Commissione ricorsi e giudice
ordinario.
• Alla Commissione ricorsi (artt. 135-136 c.p.i.) sono affidate le
controversie che possono insorgere circa il diritto ad ottenere il brevetto
o la registrazione, e tale giudizio avrà come contraddittore l’Uibm. Si
tratta di interessi pretensivi, dato che è concessa alle parti una tutela
impugnatoria avverso i provvedimenti negativi dell’Ufficio. Difatti, il
soggetto legittimato può proporre ricorso avverso i provvedimenti
dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi che respingono in tutto o in parte
una domanda o istanza, che rifiutano la trascrizione o che impediscono il
riconoscimento di un diritto.
• Al Giudice ordinario sono invece riservate le controversie che
insorgono tra privati circa lo sfruttamento della proprietà industriale: è
giudice dell’esistenza e della permanenza della privativa.
TUTELA GIURISDIZIONALE DINANZI
ALL’A.G.O. (SEZIONI SPECIALIZZATE)
• Nel diritto industriale, la tutela si realizza attraverso la tradizionale
tripartizione tra tutela di cognizione, cautelare, esecutiva.
•La tutela di cognizione si suddivide a sua volta nella tutela di accertamento,
in quella costitutiva e in quella di condanna:
I.
quella di accertamento è diretta all’accertamento della validità del titolo di proprietà
industriale ovvero della sua titolarità e/o del diritto alla registrazione o della brevettabilità
ovvero all’accertamento negativo della contraffazione o dell’esaurimento del marchio ex
art. 5 o alla confondibilità dei marchi;
II. quella costitutiva è diretta a far valere la nullità o decadenza della validità del titolo di
proprietà industriale ex art. 122: il suo accoglimento travolge con effetti ex nunc gli effetti
della registrazione del marchio o elimina il provvedimento amministrativo di concessione
della privativa, venendo così a modificare una situazione esistente;
III. quella di condanna è rappresentata dalle azioni di contraffazione dirette a ottenere, previo
accertamento della violazione e della sua imputabilità, le misure ripristinatorie - riparatorie
previste dall’ordinamento.
TUTELA CAUTELARE NEL CODICE
DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
• I diritti di proprietà industriale sono caratterizzati da una logica di tipo
“dominicale”, ma hanno ad oggetto beni c.d. “immateriali” suscettibili di
contemporaneo godimento da parte di una platea di soggetti potenzialmente
indefinita.
Come il diritto di proprietà, essi
garantiscono l’appartenenza del
bene a colui che deve ritenersi
proprietario secondo l’ordinamento
e l’esclusiva (o privativa), ovvero il
diritto di escludere i terzi dal
godimento: da questo punto di vista
si atteggiano come diritti reali e
assoluti.
Hanno ad oggetto beni immateriali (es.: il
diritto a sfruttare un determinato marchio),
cosicché, mentre nel diritto di proprietà il
rispetto dell’esclusiva è in qualche modo
favorito dall’apprensione della res, nei diritti
di proprietà industriale l’esclusiva del
godimento viene garantita essenzialmente da
una tutela giurisdizionale efficace in grado di
inibire e sanzionare i comportamenti in
violazione della privativa.
TUTELA CAUTELARE NEL CODICE
DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
• Questa tutela giurisdizionale deve essere:
•
reale, nel senso che essa deve tendere a ripristinare in toto la situazione
anteriore alla violazione, attraverso l’interruzione della condotta lesiva, la
rimozione dei mezzi usati per l’illecito, l’impedimento di eventuali futuri
comportamenti illeciti attraverso la minaccia di una seria sanzione pecuniaria.
La tutela per equivalente monetario, infatti, si rivela normalmente insufficiente, a
causa della presumibile e rapida diffusione della condotta lesiva.
•
rapida e tempestiva, perché la condotta lesiva cresce esponenzialmente al
crescere della durata della violazione e diviene difficile provarne le dimensioni:
per questo suole dirsi che in questo tipo di tutela, il periculum in mora è spesso
in re ipsa, perché connaturato al tipo di violazione
TUTELA CAUTELARE NEL CODICE
DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
• Per queste ragioni si fa essenzialmente ricorso alla tutela cautelare (o a
quella c.d. preventiva, che tende ad eliminare o inibire comportamenti
illeciti futuri) che spesso conduce ad una pronta e satisfattiva soluzione
della controversia, in grado di escludere finanche la stessa ragion d’essere
del giudizio di merito.
• Nel settore della proprietà industriale, il ricorso alla tutela cautelare ha
spesso finito per superare di gran lunga quello alla tutela c.d. ordinaria
(con le normali azioni di cognizione): nei primi 5 anni di applicazione del
codice di p.i. si è calcolato che circa il 70% delle cause di proprietà
industriale è transitato attraverso la fase cautelare.
CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA IN
FUNZIONE CONCILIATIVA (ART. 128 C.P.I.).
• Si tratta di una delle modifiche introdotte dalla recente riforma (art. 55
d.lgs. 131/2010), in base alla quale è possibile proporre istanza per
l’espletamento della consulenza tecnica preventiva, ai sensi
dell’art. 696 bis c.p.c., al Presidente della sezione specializzata del
tribunale competente per il giudizio di merito, secondo le disposizioni
del citato articolo del codice di rito, in quanto compatibili.
• Il vecchio art. 128 c.p.i. disciplinava la misura cautelare della
descrizione, oggi ricollocata nell’art. 129 unitamente alla disciplina del
sequestro.
LA FUNZIONE E LA COMPETENZA
• La funzione:
è a metà strada tra mezzo di istruzione preventiva, in vista del futuro
giudizio di merito, ed un mezzo di deflazione o di risoluzione alternativa
della controversia (ADR), data la caratteristica che impone al consulente di
tentare, ove possibile, la conciliazione della lite
•La competenza:
spetta al Presidente della Sezione specializzata (anche se l’istanza dovesse
essere richiesta nel corso del giudizio di merito), a somiglianza di quanto
disposto dall’art. 696 comma 3° c.p.c. per l’accertamento tecnico e ispezione
giudiziale
IL PROCEDIMENTO
• L’art. 696 bis consente di chiedere, anche al di fuori delle fattispecie regolate
dall’art. 696 - e dunque anche qualora difetti il requisito del periculum in mora,
dovendo tuttavia essere sempre verificata l’esistenza del fumus del diritto fatto
valere - una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite e
per l’«accertamento e la relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta
esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito».
• La particolarità dello strumento risiede nel compito del consulente tecnico, a
fini deflattivi del contenzioso, di esperire, prima del deposito della sua relazione
tecnica, un tentativo di conciliazione tra le parti.
• Il processo verbale dell’avvenuta conciliazione acquisisce valore di titolo
esecutivo, nonché titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, e presenta peraltro
il notevole vantaggio di andare esente dall’imposta di registro; se, invece, la
conciliazione non riesce, nel successivo giudizio di merito ciascuna delle parti
potrà chiedere l’acquisizione della relazione tecnica espletata.
DUBBI INTERPRETATIVI
• Nel silenzio della legge, dovrebbe valere il richiamo generale ai presupposti
applicativi dell’art. 696 bis c.p.c., cosicché la relazione tecnica del consulente
dovrebbe poter estendersi sia all’accertamento dell’an della asserita violazione
(contrattuale o extra contrattuale) sia alla determinazione del credito risarcitorio
e dunque alla sua quantificazione.
• La possibilità che il consulente tecnico incaricato svolga valutazioni non solo in
ordine alla quaestio facti, ma anche in relazione alle questioni giuridiche sottese alla
risoluzione della controversia (sussistenza della nullità del brevetto o ai
presupposti della contraffazione): una soluzione ragionevole è quella di
consentire al consulente di svolgere valutazioni giuridiche al solo fine di favorire
la conciliazione delle parti, magari prefigurando il presumibile esito del giudizio
di merito alla parte più recalcitrante astenendosi dall’inserire tali valutazioni nella
stesura conclusiva della relazione tecnica che dovrebbe invece rimanere
circoscritta alle valutazione dei fatti, anche per consentire l’identità tra la
consulenza tecnica in via preventiva e quella che si sarebbe potuta concedere nel
corso del giudizio di merito.
DUBBI INTERPRETATIVI
•Il terzo profilo di rilevanza pratica riguardava i rapporti di tale misura con la mediazione
obbligatoria di cui al d.lgs. 28/2010, almeno per quella interpretazione minoritaria che la
ritiene applicabile alle controversie in materia di diritti «reali», tra cui sarebbero ricomprese
quelle relative ai diritti di proprietà industriale.
Nella vecchia versione del d.lgs. 28/2010 (anteriore al D.l. 69/2013) si discuteva se nella
esclusione dalla condizione di procedibilità prevista per i procedimenti «urgenti e
cautelari» potessero rientrare anche i procedimenti di istruzione preventiva, la cui natura
lato sensu cautelare è fortemente discussa in dottrina: le soluzioni della giurisprudenza
erano state opposte
•T. Siracusa, 14-06-2012.
È inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. vertente su una delle
materie indicate dall’art. 5, 1º comma, d.leg. 28/10 e non preceduto dall’esperimento del procedimento di
mediazione, posto che la consulenza tecnica preventiva, non avendo natura cautelare, non è ricompresa tra
le materie sottratte alla disciplina della mediazione obbligatoria.
• T. Pisa, 03-08-2011.
Il ricorso per consulenza tecnica preventiva proposto, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., in
relazione ad una delle materie indicate dall’art. 5, 1º comma, d.leg. 28/10, non deve essere preceduto, a
pena di improcedibilità, dall’esperimento del procedimento di mediazione, stante la sua funzione in parte
cautelare e urgente.
DUBBI INTERPRETATIVI
• La soluzione definitiva è arrivata grazie al D.l. 69/2013 convertito nella l. 98/2013 che ha
novellato l’art. 5 comma 4 del d.lgs. 28/2010 prevedendovi espressamente che:
• I commi 1-bis e 2 (quelli che prevedono la mediazione obbligatoria o delegata) non si
applicano:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle
istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di
cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della
composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura
civile;
d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui
all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi
all'esecuzione forzata;
f) nei procedimenti in camera di consiglio;
g) nell'azione civile esercitata nel processo penale
CAMPO DI APPLICAZIONE
• Il campo di applicazione di questa misura dovrebbe essere costituito dalle azioni di
contraffazione, in cui accanto alla domanda volta a dimostrare la contraffazione del
brevetto del modello o del software, vi è sempre una domanda di risarcimento danni
causalmente connessi all’attività contraffattoria della controparte
tuttavia…
• L’ambito di operatività della consulenza tecnica preventiva è circoscritto alle
controversie vertenti sui diritti di credito, abbiano essi matrice contrattuale o
extracontrattuale, non si applica invece alle altre situazioni giuridiche che non sono
fonte diretta di un diritto di credito.
• Esulano dunque dall’ambito della disciplina i diritti assoluti e, per quanto rileva, le
azioni volte all’accertamento della validità di un diritto di proprietà industriale (in
questo senso Trib. Milano 18 maggio 2013).
• La riforma del 2010 (art. 132, comma 5°, c.p.i.) ha altresì previsto che la consulenza
tecnica (ma non nelle forme dell’art. 696 bis c.p.c.) possa essere disposta anche nel
corso del procedimento cautelare da parte del giudice che voglia ottenere “sommarie
indicazioni tecniche”.
DESCRIZIONE (ART. 129 C.P.I.):
GENERALITÀ
• Il
d.lgs. 131/2010 ha avuto il merito di accorpare la disciplina della descrizione e del
sequestro nell’art. 129 c.p.i., originariamente separate quanto a collocazione (ospitate
rispettivamente negli artt. 128 e 129) e disciplina del rito: si è così tornati al vecchio
statuto della proprietà industriale, ove la legge invenzioni (artt. 81 e 82 R.D.
1127/1939) e la legge marchi (artt. 61 e 62 R.D. 929/1942) prevedevano una
disciplina unificata delle due misure della descrizione e del sequestro
• Allineamento alla normativa comunitaria ed internazionale:
1.
2.
con gli Accordi GATT TRIP’S del 1994, che avevano prescritto l'adozione da parte degli
Stati aderenti di misure cautelari volte, rispettivamente, a impedire la violazione di diritti
di proprietà industriale e a preservare elementi di prova
con l'art. 7 Dir. 2004/48/CE (c.d. Direttiva Enforcement o TRIPs plus), che prevede che
gli Stati membri, ancor prima dell'instaurazione del giudizio di merito, su richiesta di una
parte che abbia presentato «elementi di prova ragionevolmente accessibili per sostenere
che il suo diritto di proprietà intellettuale è stato violato o sta per esserlo», dispongano
«celeri ed efficaci misure provvisorie per salvaguardare le prove pertinenti», fatta salva la
tutela delle informazioni riservate; e indica esplicitamente tra le misure atte allo scopo la
«descrizione dettagliata, con o senza prelievo di campioni», e il «sequestro delle merci
controverse e, all'occorrenza, dei materiali e degli strumenti utilizzati nella produzione
e/o distribuzione di tali merci e dei relativi documenti».
NATURA E SCOPO
• Per l’attuale art. 129 c.p.i. il procedimento di descrizione (come quello di
sequestro) è disciplinato «dalle norme del codice di procedura civile concernenti i
procedimenti cautelari, in quanto compatibili e non derogate dal presente codice»: può
certamente affermarsi la riconduzione della misura nell’alveo dei procedimenti di
natura cautelare, simultaneamente al suo allontanamento dagli schemi
dell’istruzione preventiva.
• Si distingue da quelle di istruzione preventiva per la sua maggiore invasività, in
quanto consente di accedere alla sfera di attività del presunto contraffattore, al
fine di precostituirsi la prova della violazione di un diritto di privativa industriale:
viene eseguita dall’Ufficiale giudiziario presso i luoghi in cui l’attività del
contraffattore è in atto. Le operazioni si concludono con la redazione di un
verbale nel quale l’U.G. descrive i prodotti e gli oggetti che costituiscono
contraffazione, corredando tale descrizione con apposita documentazione
fotografica, ai fini dell’efficacia stessa della misura (è una sorta di esecuzione
coattiva).
PERICULUM IN MORA
• In quanto misura avente sicura natura cautelare, soggiace alla necessaria
dimostrazione da parte del ricorrente della sussistenza del periculum in mora.
• La giurisprudenza maggioritaria ritiene, tuttavia, che tale requisito possa
considerarsi in re ipsa, in quanto ha ad oggetto danni suscettibili di sviluppi
incontrollabili ed imprevedibili (si pensi alle condotte di contraffazione di
prodotti e alle conseguenze sul piano dello sviamento della clientela).
• Per la dottrina la valutazione giudiziale in ordine alla sussistenza del periculum
deve comunque e sempre essere compiuta caso per caso, non potendosi
escludere in linea di principio che la tenuità del danno, la sua agevole
quantificazione, o il tempo trascorso dall’inizio della condotta di asserita
violazione consentano di ritenere non integrato il periculum necessario ai fini della
concessione della misura.
• In ogni caso, in materia di descrizione il requisito del periculum in mora richiede
presupposti meno rigorosi rispetto a quelli ai fini della concessione del sequestro
c.d. industriale, essendo la prima una misura che non determina mai il blocco
totale della attività produttiva dell’azienda
OGGETTO
• La misura viene quasi sempre concessa inaudita altera parte e può riguardare i
prodotti contraffatti, i mezzi adibiti alla produzione ed i relativi elementi di
prova, fra cui la documentazione contabile: in quest’ultimo caso si pongono
prevedibili problemi di riservatezza risolvibili, secondo la giurisprudenza di merito,
con il consentire l’esame di questa documentazione ai soli consulenti d’ufficio, senza
la partecipazione diretta delle parti.
• Secondo Trib. Torino sez. spec. propr. industr. ed intell., 22.09.2003, «Il
provvedimento di descrizione può essere emanato "inaudita altera parte" quando
considerata la facile accostabilità dei prodotti e la altrettanto facile asportabilità delle
etichette contenenti il marchio, sussiste il pericolo che la convocazione della
controparte possa pregiudicarne l'attuazione in relazione ai beni che potrebbero
essere facilmente sottratti o modificati, nel qual caso la descrizione deve interessare
non solo i prodotti contenenti il marchio, ma anche gli elementi di prova concernenti
la denunciata violazione, consistenti in qualsiasi elemento documentale che sia in
grado di far apprezzare l'estensione del fenomeno di contraffazione sul piano
quantitativo, ivi comprese le scritture contabili del preteso contraffattore, le fatture e
le liste dei clienti»
OGGETTO
• Tra gli elementi di prova sono ricompresi anche le fatture e le liste clienti e
fornitori: a tutela delle informazioni commerciali riservate l’ufficiale giudiziario e
il consulente tecnico sono tenuti a segretare la relativa documentazione e
conservarla in busta sigillata, in quanto è fatto divieto al beneficiario della
descrizione di impossessarsi e tanto più di utilizzare siffatte informazioni
• Non è escluso poi che la misura possa estendersi anche al prelevamento di
campioni o di formule di sostanze chimiche o dei relativi procedimenti di
produzione, di modo che la descrizione si avvicina in tali casi al sequestro di
elementi di prova: nel caso di invenzione chimica-biotecnologica, di varietà
vegetale o di quant'altro non rappresenti ancora prodotto finito o messo in
commercio, la descrizione si rivela l’unico mezzo in grado di conservare la
prova.
SEQUESTRO (ART. 129 CP..I.):
NATURA E SCOPO
• Se la descrizione ha il fine di precostituire una prova della violazione del diritto,
il sequestro ha anche quello di evitare il perdurare della violazione, assicurando la
destinazione degli oggetti sequestrati all'eventuale assegnazione in proprietà al
titolare dell'esclusiva, o alla loro eventuale e successiva distruzione.
•Il sequestro industriale presenta infatti almeno 4 finalità:
Probatoria
• che lo avvicina alla
descrizione
Ablativa
• in quanto comporta la
sottrazione della
disponibilità dei beni
su cui incide a chi li
detiene, il che lo
avvicina al sequestro
giudiziario ordinario
Inibitoria
• in quanto è volto ad
evitare il perdurare
della violazione
Preparatoria
• rispetto all'effettività
della futura sentenza,
perché consente al
titolare del diritto
violato di conseguire
l'assegnazione dei
beni costituenti la
violazione del suo
diritto o la distruzione.
•Il sequestro non solo acquisisce elementi di prova relativi alla violazione, ma
impedisce anche la circolazione degli oggetti su cui la misura incide.
PERICULUM IN MORA
•Anche in questo caso si ripropone il criterio del periculum in mora in re ipsa.
•La giurisprudenza ha però fissato dei paletti più rigorosi di quelli previsti per la
descrizione, avvertendo che la tutela cautelare (in particolar modo quella
finalizzata alla concessione del sequestro e dell’inibitoria) è ammissibile in
presenza di un pregiudizio patrimoniale, purché vi sia un danno ancora in
itinere, suscettibile di ulteriori, ed imprevedibili o incontrollabili sviluppi.
Il danno, poi, deve essere significativo, relativamente alle dimensioni della attività
della parte istante, in quanto un danno modesto, effettivo o potenziale, esclude
in radice l’ammissibilità di tale misura cautelare. V. in particolare Trib. Napoli 20
aprile 2004.
DIFFERENZE CON L’INIBITORIA
• Il sequestro produce un vincolo
oggettivo, insuscettibile di operare in
perpetuo, su cose determinate e quindi
limita la facoltà di tutti i soggetti che
comunque possono entrare in relazione
con tali cose (effetti più ristretti per gli
oggetti ma più ampi per le persone);
l'inibitoria pone un obbligo a carico di un
soggetto determinato (e non di altri
estranei) ma ne limita la facoltà in relazione
a qualsiasi mezzo che possa comunque
essere impiegato per la fabbricazione, l'uso
e la commercializzazione delle cose vietate
(effetti più ristretti per le persone ma più
ampi per gli oggetti).
•Il sequestro non è un doppione dell'inibitoria, in quanto ha funzione in primo
luogo di spossessamento del contraffattore dei prodotti o mezzi con cui viola la
privativa, mentre l'inibitoria contrasta con la potenzialità dannosa della
contraffazione imponendo determinate condotte negative.
A seguito delle recenti riforme delle misure cautelari della proprietà industriale,
queste differenze si sono certamente assottigliate, essendo ora possibile estendere
il sequestro a «tutti» i prodotti, fino a paralizzare completamente l'attività
d'impresa.
RAPPORTI TRA DESCRIZIONE E
SEQUESTRO INDUSTRIALE
• A seguito della riforma del 2010 è consentita la richiesta del provvedimento di
sequestro subordinatamente alla proposizione dell’istanza di descrizione.
• L'avverbio «subordinatamente» non va inteso, tuttavia, in senso tecnico giuridico, come cumulo "eventuale" o "subordinato" di domande sub condicione
che la domanda principale venga respinta, ma in senso cronologico, ovvero il
sequestro presuppone il previo accoglimento della misura della descrizione, con
la conferma della violazione.
• Cumulativamente o subordinatamente alla richiesta di descrizione e sequestro,
può essere avanzata anche istanza di inibitoria: l’art. 132, comma 2°, c.p.i., nel
fissare il termine ai fini dell’instaurazione del giudizio di merito a seguito
dell’emissione del provvedimento cautelare, fa riferimento genericamente «alle
misure cautelari ulteriori» chieste unitamente o subordinatamente alla
descrizione.
COMPETENZA E PROCEDIMENTO
• Competenza: la riforma ha cancellato la previsione della assegnazione delle
istanze al Presidente della sezione specializzata, inserendo l’inciso secondo cui i
procedimenti di descrizione e sequestro «sono disciplinati dalle norme del codice
di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari, in quanto compatibili e
non derogate dal presente codice».
•Procedimento: si è sostanzialmente ripercorsa la traccia dell’art. 669 sexies
c.p.c., prevedendo che il giudice debba provvedere con ordinanza, «nel
contraddittorio delle parti ed assunte sommarie informazioni»; in casi di speciale
urgenza, e in particolare quando eventuali ritardi potrebbero causare un danno
irreparabile al titolare dei diritti ovvero quando la convocazione della
controparte può pregiudicare l’attuazione del provvedimento di descrizione o
sequestro, provvedere con decreto motivato inaudita altera parte (questa modalità
di emissione è frequentissima nel caso della descrizione per ottenere l’effetto
sorpresa).
DIFFERENZE RISPETTO ALLA DISCIPLINA
COMUNE (ART. 669 SEXIES)
• Secondo l’art. 129 c.p.i. il giudice può avvalersi della assunzione di «sommarie
informazioni» nell’ipotesi di provvedimento cautelare emesso con ordinanza a
seguito dell’instaurazione del contraddittorio; mentre nell’art. 669 sexies le
«sommarie informazioni» sono previste in caso di provvedimento reso inaudita
altera parte: il che fa evidentemente pensare che nelle misure cautelari
industrialistiche emesse in assenza di contraddittorio sia consentita una ancora
maggiore deformalizzazione istruttoria rispetto alla disciplina comune.
• Tra i motivi che giustificano l’adozione del decreto inaudita altera parte vi è
anche il pericolo di danno irreparabile al titolare dei diritti, in considerazione
della natura immateriale dei beni tutelati (si parla di “pericolo al quadrato”)
DIFFERENZE RISPETTO ALLA DISCIPLINA
COMUNE (ART. 669 SEXIES)
• Aiglicorso
•Nel
fini provvedimenti
della
dellastessa
conferma,
udienza
dimodifica,
discussione,
revoca,
ai
sensi del
Per
altri
cautelari
concessi in
assenza
di
provvedimento
comma
4 del novellato
di descrizione
art.
129
reso
c.p.i.,
inaudita
il valere
giudice
alterala potrà
parte
contraddittorio
(sequestro
ad es.)
dovrebbe
(e in concedere
anche
vista
delladell’art.
le eventuale
altre 669
misure
concessione
cautelari
degli altri
disciplina
comune
sexies
c.p.c. (sequestro
l’udienza
dio
provvedimenti
inibitoria
o ordinecautelari
ritirodeve
dal
chiesti
commercio)
unitamente
chegg.siano
o
conferma
modifica
odirevoca
tenersi
entro 15
subordinatamente
state
chieste unitamente
descrizione)
o subordinatamente
ile la
giudice
deve fissare
alla
dall’emanazione
delalla
provvedimento
convocazione
l’udienza
di discussione
sexies
l’udienza
è di
descrizione
stessadeve
 avvenire
è (nell’art.
dunquea 669
ammissibile
un ricorso
della
controparte
cura
del ricorrente
(con
«comparizione»)
per
sequestro
industrialistico,
senza
doverentro
rispettare
in ilcui
cialcun
si perentorio
rimetta
termine,allea
notifica
di ricorso
e decreto)
termine
differenza
risultanze
di quanto
descrizione,
prevede onde
l’art. 669
valutare
sexies:
l’opportunità
la finalità è
di
8 gg. della
quella
di
esperire
di lasciare
anche ilalsequestro
giudice il stesso
tempo necessario per dare
esecuzione alla descrizione e valutarne gli esiti.
DESCRIZIONE E SEQUESTRO IN FIERA
• Non è possibile ottenere il sequestro, ma solo la descrizione dei beni posti
all’interno del recinto di un’esposizione ufficiale o ufficialmente riconosciuta nel
territorio dello stato o che siano in transito da o per la stessa  è una
disposizione di favore per le manifestazioni fieristiche che sono considerate
essenziali per lo sviluppo competitivo del paese, ma va interpretata
restrittivamente, solo con riguardo alle esposizioni accreditate di ufficialità, non
anche con riferimento ad altre manifestazioni pur dotate di rilevanza sul piano
nazionale.
• Comunque, resta salva la possibilità di un sequestro penale delle merci esposte.
ESECUZIONE
• La riforma (d.lgs. 131/2010) si è limitata a sostituire la rubrica dell’art. 130 c.p.i.
(precedentemente intitolata «disposizioni comuni»): l’esecuzione deve avvenire a
mezzo dell’ufficiale giudiziario, con l’assistenza di periti, e con l’ausilio di mezzi
tecnici fotografici o di altra natura.
• Decorso il termine di 30 gg. dalla concessione dei provvedimenti (senza che
siano stati compiuti la descrizione o il sequestro) non possono essere iniziate
nuove operazioni di descrizione o sequestro, ma possono soltanto essere ultimate
quelle già intraprese: basta dunque il compimento di un primo atto di esecuzione
(ad esempio un primo sopralluogo) mentre potrà ad esempio essere depositato
oltre tale termine la relazione tecnica o il materiale video - fotografico.
INIBITORIA (art. 131 c.p.i)
• Oggetto: L’inibitoria tende ad impedire la commissione o scongiurare la
reiterazione o l’aggravamento della condotta illecita posta in essere dal
contraffattore, mediante un ordine provvisorio di non facere rivolto al medesimo
di astenersi o cessare dall’attività in corso («inibitoria di qualsiasi violazione
imminente»).
• Potrà avere ad oggetto, oltre alla fabbricazione e commercio, anche l’uso
delle cose costituenti violazione del diritto di proprietà industriale, nel caso in cui
il diritto in questione riservi al titolare la facoltà di impedire anche l’uso altrui: ciò
è, ad esempio, possibile se ci troviamo in presenza di violazione di un brevetto di
invenzione, mentre se la violazione riguarda un marchio registrato di regola non
potrà essere inibito l’uso delle cose che recano illecitamente il marchio neanche a
chi le utilizzi nell’attività economica
INIBITORIA (art. 131 c.p.i)
IL CASO:
Trib. Milano 17 gennaio 2012, in Foro it., 2012, I, 3215:
BARILLA c. PLASMON e HEINZ  La società ricorrente aveva agito per
denunciare una violazione delle norme sulla pubblicità comparativa ed il
compimento di atti di contraffazione del marchio e concorrenza sleale da parte
delle resistenti, in relazione ai prodotti “Macine” e “Piccolini”
ORDINE DI RITIRO DAL COMMERCIO
(art. 131 c.p.i)
Oggetto: A completamento della tutela apprestata con l’inibitoria cautelare, può
essere pronunciato l’ordine di ritiro dal commercio (in via provvisoria) delle
cose costituenti violazione del diritto.
Soggetti: L’ordine di ritiro dal commercio può essere chiesto nei confronti di chi
sia proprietario delle cose costituenti violazione od anche nei confronti di colui
che ne abbia la disponibilità; così come anche rivolto verso ogni soggetto i cui
servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale (si pensi ai
distributori/rivenditori dei prodotti che infrangono un diritto di privativa).
La sua applicazione diviene problematica ove i prodotti oggetto di ordine di
ritiro, ancora sul mercato, non siano più nella titolarità dell’autore della
violazione, essendo difficile ipotizzare un obbligo di riacquisto da parte di
quest’ultimo.
A differenza dell’inibitoria, l’ordine di ritiro impone infatti un ordine positivo
di facere, consistente nell’obbligo di provvedere al ritiro della merce
contraffatta.
MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA
(art. 131 c.p.i)
Il d.lgs. 140/2006 ha inserito un comma 2° nell’art. 131 c.p.i., secondo cui il
giudice, pronunciando l’inibitoria, può anche fissare una somma dovuta per
ogni violazione o inosservanza successivamente constatata, ovvero anche per il
semplice ritardo nell’esecuzione del provvedimento stesso
Formula analoga a quella utilizzata dall’art. 614 bis c.p.c., introdotto dalla l.
69/2009, con riferimento alla attuazione degli obblighi di fare infungibile o di
non fare.
CRITICITÀ
La penalità di mora può accompagnarsi
anche al solo ordine di ritiro dal
commercio?
Il riferimento al «ritardo nell’esecuzione» lascia
supporre che, pur nel silenzio della legge,
l’astreinte sia concedibile anche come misura
accessoria all’obbligo positivo di provvedere al
ritiro dal commercio.
Come si calcola l’entità della sanzione in caso
di inosservanza del provvedimento?
Il problema consiste nella formulazione generica
da parte dei giudici della comminatoria delle
penali. Nel settore industrialistico, infatti, possono
sorgere contestazioni sui criteri di calcolo: si pensi
alla necessità di applicare la penale ad una
contraffazione di marchio presente in una
pubblicazione distribuita in migliaia di copie, o alla
vendita su larga scala di prodotti contraffatti 
criterio del buon senso
Criticita’
Quali sono i rapporti con la norma
generale del 614 bis c.p.c.?
L’interpretazione estensiva dovrebbe suggerire
di integrare la disposizione del codice della
proprietà industriale, con la previsione
generale (assente nell’art. 131) secondo cui il
provvedimento di condanna costituisce titolo
esecutivo per il pagamento delle somme
dovute per ogni violazione o inosservanza
E’ necessaria la richiesta di parte?
Si, nonostante il silenzio dell’art. 131 (a
differenza del 614 bis c.p.c. che parla di
«richiesta di parte»), vale il principio
generale della domanda e della
corrispondenza tra chiesto e
pronunciato.
STABILITA’ DEI PROVV. CAUTELARI
RAPPORTI TRA CAUTELA E MERITO (132)
•
I rapporti tra giudizio cautelare e giudizio di merito sono oggi regolati, venuta
meno l’applicazione del rito societario, dall’art. 132 c.p.i. che (salvo qualche lieve
scostamento relativo ai termini) prevede una disciplina assimilabile a quella
prevista dall’art. 669 octies c.p.c.
Termine di instaurazione del giudizio di merito.
Qualora il giudice nel rilasciare il provvedimento cautelare non stabilisca il termine
entro cui le parti devono iniziare il giudizio di merito, quest’ultimo deve essere
iniziato nel termine di 20 giorni lavorativi, o 31 giorni di calendario se
rappresentino un termine superiore, dalla comunicazione dell’ordinanza se resa fuori
udienza o dalla sua pronuncia, se resa in udienza.
Se il giudizio di merito non viene iniziato nel suddetto termine o se, pur iniziato, si
estingue, il provvedimento cautelare industriale perde efficacia.
Tuttavia, se sono state chieste misure cautelari ulteriori alla descrizione unitamente o
subordinatamente a quest’ultima, ai fini del computo del termine di instaurazione del
merito bisogna fare riferimento all’ordinanza del giudice che si è pronunciata anche
su tali ulteriori misure.
STRUMENTALITA’ ATTENUATA (ART. 132
C.P.I.)
• Il comma 4° del medesimo art. 132 c.p.i. precisa poi che la necessità di instaurare
il giudizio di merito entro un termine perentorio non si applica ai provvedimenti
d’urgenza, nonché ai provvedimenti idonei ad anticipare gli effetti della
sentenza di merito.
•
L’art. 132, comma 4°, ult. parte aggiunge l’ovvia precisazione che in questi casi la
parte può (ma non è obbligata a) instaurare comunque il giudizio di merito.
QUALI SONO I PROVVEDIMENTI DI
NATURA ANTICIPATORIA? 1/2
•
•
•
•
Certamente priva di carattere anticipatorio è la descrizione, che si avvicina alla istruzione
preventiva ed ha una finalità ancora prevalentemente conservativa del diritto processuale alla
prova;
Normalmente privo di carattere anticipatorio è anche il sequestro: tuttavia quando ci si trovi al
cospetto di un sequestro (non con finalità probatorie) che colpisca tutti gli oggetti costituenti
violazione di un diritto di privativa industriale, il provvedimento soddisfa pienamente l’interesse
del ricorrente (il quale vuole principalmente che non circolino prodotti con il marchio
contraffatto) anticipando in tutto gli effetti esecutivi che potrebbero discendere dalla successiva
emanazione del provvedimento definitivo di distruzione dei beni  Trib. Bologna 30 dicembre
2010 ha concesso il sequestro e l’inibitoria dell’ulteriore commercializzazione di capi di
abbigliamento contraffatti (protetti dal ricorrente con la registrazione dei relativi modelli),
liquidando le spese già nella fase cautelare (v. in tal senso il novellato comma 7° dell’art. 669 octies
c.p.c.) e non fissando alcun termine per la proposizione del giudizio di merito.
l’inibitoria anticipa, ed anzi il più delle volte corrisponde al provvedimento di merito (inibitoria
definitiva dell’art. 124 c.p.i.) e quindi se ne deve riconoscere il carattere anticipatorio, anche ove si
dia una interpretazione restrittiva della anticipatorietà consistente nella necessaria identità di
contenuto ed effetti tra misura cautelare e provvedimento di merito.
parimenti deve ritenersi per l’ordine di ritiro dal commercio.
QUALI SONO I PROVVEDIMENTI DI
NATURA ANTICIPATORIA? 2/2
• Altra misura cui deve riconoscersi natura anticipatoria è quella prevista dall’art. 133 c.p.i., con
riferimento alla tutela cautelare dei nomi a dominio: sono segni distintivi diversi dal marchio
registrato, c.d. diritti di proprietà industriale non titolati, in quanto la registrazione prevista
dall’ordinamento italiano, presso la Registration Authority, ha natura solo tecnica e non di
accertamento costitutivo.
• L’art. 133 prevede che possa essere pronunciato in favore del richiedente, oltre all’inibitoria
dell’utilizzo del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato, anche il suo trasferimento
provvisorio in capo all’istante, subordinandolo se del caso alla prestazione di idonea cauzione: la
natura anticipatoria dovrebbe essere indiscussa, dal momento che il provvedimento cautelare è
pienamente satisfattivo, assicurando al richiedente utilità equivalenti a quelle derivanti dall’azione
di revindica proponibile ai sensi dell’art. 118, comma 6°, c.p.i.  mezzo efficace contro le
condotte di «cyber squatting»
Cfr. T. Roma, 12-06-2012 “Va inibito, con provvedimento d’urgenza, l’uso del nome a dominio
«www.mediaset.com», relativo ad un sito che commercializza dispositivi di salvataggio di dati multimediali (in
inglese, media set), in quanto tale denominazione, non meramente descrittiva, si sostanzia in un indebito
agganciamento al marchio registrato italiano anteriore Mediaset, attinente alla comunicazione ed ai servizi
radiotelevisivi, della cui rinomanza il titolare del sito surrichiamato si avvantaggia, almeno nel momento iniziale
della ricerca e dell’accesso in Internet (initial confusion) da parte degli utenti, tenuto conto che il mercato di
riferimento - il web - è per ciò stesso comune (il tribunale ha però limitato la tutela al solo territorio nazionale, in
quanto non è stata concessa la misura del trasferimento del dominio alla società titolare del marchio)”
RAPPORTI TRA TUTELA CAUTELARE E
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
• La particolarità delineata dall’art. 132, comma 1°, c.p.i. è rappresentata
dalla possibilità che, ancor prima che sia nato il diritto di privativa in via
amministrativa, venga concessa la tutela cautelare, essendo previsto che i
provvedimenti di descrizione, sequestro, inibitoria, ritiro dal commercio o
trasferimento del nome a dominio possono essere concessi anche in corso
di brevettazione o di registrazione (a patto che la domanda amministrativa
sia stata resa accessibile al pubblico e non sia dunque stata secretata).
• Qui la protezione cautelare non riguarda strettamente il diritto soggettivo
incorporato nella privativa, non ancora esistente, ma una situazione di mero
interesse, ritenuta dall’ordinamento meritevole di tutela.
TUTELA CAUTELARE ATIPICA EX ART. 700
C.P.C. NEL C.P.I.
• Nella giurisprudenza di merito si afferma la concedibilità del provvedimento
d’urgenza ex art. 700 c.p.c., qualora l’effetto o il contenuto della misura cautelare non
sia ottenibile attraverso strumenti di tutela cautelare tipica (v. ad esempio T. Catania,
03-07-2002), il che accade soprattutto nelle condotte di concorrenza sleale ex art. 2598
c.c.
• Uno dei casi giurisprudenziali più rilevanti in materia è rappresentato dalla
controversia “Gambero Rosso/Gambero Rozzo”. In tal caso, è stata concessa in via
d’urgenza, ex art. 700 c.p.c., l’inibitoria della pubblicazione e commercializzazione della
rivista “Gambero Rozzo”, che violava il diritto al marchio notorio attribuibile alla
denominazione «Gambero Rosso», costituendo sfruttamento parassitario della
notorietà e del prestigio del marchio della parte attrice e del successo della sua guida ai
ristoranti, con la conseguenza che il lettore acquirente, nonostante la diversità del
titolo, possa essere indotto a ritenere le due opere espressione di un unico progetto
(Trib. Roma, 23 giugno 2008; conf. Trib. Roma, 4 febbraio 2010).
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