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IL MONDO FRA LE DUE GUERRE MONDIALI LA CRISI DEL PRIMO DOPOGUERRA L’esperienza bellica aveva pervaso ogni aspetto della vita sociale e politica: in aperto contrasto con i princìpi dello Stato liberale, si consolidò una nuova modalità di gestione del potere, con l’affermazione dell’interventismo statale in economia. Lo «stato di necessità» bellica, inoltre, aveva reso normale la pratica di governare con i «decreti legge» (provvedimenti non sottoposti all’approvazione del Parlamento), che continuò ad essere adottata anche dopo la guerra, favorendo una relativa emarginazione degli organismi rappresentativi. Durante la guerra le donne, introdotte nella realtà lavorativa tradizionalmente maschile, avevano ottenuto un’autonomia e un’indipendenza economica a cui non volevano più rinunciare. La presa d’atto di questo cambiamento fece in modo che in molti Paesi occidentali le donne ottenessero il diritto di voto (1913 le norvegesi, 1918 le inglesi, 1919 le tedesche, 1920 le statunitensi; in Italia nel 1919 ottennero il diritto legale ad amministrare i propri beni). Per molti soldati, il ritorno dal fronte costituì un’esperienza difficile: se le donne provavano grande fatica a rientrare nei modelli di comportamento tradizionali, per gli uomini era altrettanto difficile accettare anche altri cambiamenti. I reduci nutrivano la convinzione di aver maturato il diritto ad un risarcimento per le sofferenze patite. Da questo disagio nacque il fenomeno dell’associazionismo combattentistico, che aveva lo scopo di sostenere le istanze dei reduci. LA GERMANIA DEL DOPOGUERRA La repubblica di Weimar Un esempio del carattere dirompente delle masse sulla scena politica arriva dalla Germania. La Repubblica di Weimar (dal nome della città dove si svolsero i lavori dell’Assemblea costituente nel 1919) nasce dall’accordo tra: democratici socialisti cattolici. La Costituzione era democratica: prevedeva il mantenimento della struttura federale dello Stato; il suffragio universale maschile e femminile; un governo responsabile di fronte al Parlamento; un presidente della Repubblica eletto dal direttamente dal popolo. La democrazia weimariana risultava debole, senza una salda maggiorana, esposta ai moti rivoluzionari dei comunisti (assenti dal governo). Fra i gruppi politici stentava ad affermarsi una forza egemone. Il partito numericamente più consistente era quello socialdemocratico (appoggiato dalla classe operaia), ma le classi medie si riconoscevano in prevalenza nel centro cattolico e nelle formazioni di destra: il Partito tedesco nazionale e il Partito tedesco popolare. A questi si affiancherà, collocandosi all’estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, fondato da Adolf Hitler nel 1920. Gran parte della media e piccola borghesia provava diffidenza nei confronti del sistema democratico perché associava la nascita della Repubblica alla sconfitta nel primo conflitto mondiale e al problema delle riparazioni di guerra. La crisi della Ruhr Nel 1923 ci fu l’occupazione della regione della Ruhr (che produceva l’85% del carbone tedesco) da parte di Francia e Belgio a causa del mancato pagamento delle riparazioni di guerra. Il governo tedesco incoraggiò la resistenza passiva della popolazione, tanto che operai e imprenditori abbandonarono le fabbriche, rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti. Per la Germania tutto ciò segnò il tracollo definitivo e il marco precipitò al punto che il suo potere d’acquisto fu annullato. Settembre 1923: fine della resistenza passiva e riallaccio dei contatti con la Francia Il nuovo primo ministro Stresemann tentò di risanare la grave crisi economica e politica tedesca, riaprendo il dialogo con le potenze internazionali in merito alle riparazioni, avviando importanti riforme economiche e monetarie. Tuttavia Hitler è contrario a questa politica di distensione internazionale: organizzò un colpo di Stato a Monaco di Baviera tra l’8 e il 9 novembre che però fu represso e lui stesso venne arrestato. Venne introdotta una nuova moneta, il Rentenmark (il marco di rendita) e fu avviata una politica deflazionistica che prevedeva: tagli alla spesa pubblica; Ciò determinò la distensione franco inasprimento fiscale. tedesca. Come conseguenza vennero Solo un accordo con le potenze internazionali avrebbe stipulati gli accordi di Locarno nel potuto ridare linfa all’economia tedesca. 1925 che prevedevano il comune Nel 1924 l’economista statunitense Charles Gates Dawes elaborò un piano di risanamento economico della Germania: riduzione dell’onere delle riparazioni; dilazionamento ulteriore del suo pagamento; aiuti finanziari per sostenere la ripresa produttiva del Paese. riconoscimento dei confini definiti a Versailles da parte di Belgio, Francia e Germania, con Inghilterra e Italia che assumevano il ruolo di garanti della situazione stabilita. Nel 1925 la Germania entrava a far parte della Società delle Nazioni (nata durante la Prima guerra mondiale come un organismo internazionale con poteri tali da garantire il rispetto dei patti e la soluzione negoziata delle controversie. PIANO YOUNG (1929): le riparazioni di guerra tedesche furono ridotte e rateizzate in sessant’anni dal finanziere americano Young. IL DOPOGUERRA IN ITALIA Anche l’Italia, all’indomani della vittoria nella Grande Guerra, si trovò coinvolta in una grave crisi economica e sociale. Pesavano i debiti esteri contratti durante la guerra, che rendevano l’Italia fortemente dipendente dal capitale statunitense. L’inflazione causata dall’emissione di cartamoneta per far fronte alle spese belliche aveva innescato un pesante processo inflazionistico e un enorme aumento dei prezzi dei beni di consumo. Tra il 1919 e il 1920 si verificò un’ondata di tumulti nelle grandi città e di scioperi PRIME ELEZIONI DEL DOPOGUERRA 1919: vittoria dei nuovi partiti di massa e la sconfitta dei gruppi liberal-democratici. Influì sul risultato anche il nuovo sistema elettorale di tipo proporzionale, che attribuiva ai partiti un numero di rappresentanti proporzionale a quello dei voti ottenuti. Partito socialista italiano ottenne la maggioranza relativa (32,4% di voti) Fondato da don Luigi Sturzo (gennaio 1919), esso raccolse elementi del mondo cattolico. Elemento di coesione fu la volontà espressa dal Vaticano di creare un’alternativa cattolica al crescente peso del movimento socialista Partito popolare italiano fu il secondo partito con il 20,6% VITTORIA MUTILATA E IMPRESA FIUMANA Tra i motivi di malessere presenti tra gli ex combattenti vi era la sensazione che la partecipazione dell’Italia al conflitto mondiale non avesse avuto il giusto riconoscimento a livello internazionale e che la vittoria italiana era una vittoria mutilata, cioè inadeguata a compensare i sacrifici compiuti. Durante i negoziati di pace a Versailles, gli Stati Uniti contrastarono le pretese italiane sulla città dalmata di Fiume, la cui assegnazione all’Italia non era prevista dal patto di Londra. Nel settembre 1919, Gabriele D’Annunzio guidò alcuni reparti militari ribelli nell’occupazione di Fiume («impresa fiumana»), proclamandone l’annessione all’Italia. L’occupazione durò fino alla fine del 1920, quando l’ottantenne Giolitti (succeduto a Nitti alla guida del governo) firmò il trattato di Rapallo secondo il quale Fiume veniva eretta a «città libera». Inoltre la Dalmazia passava alla Jugoslavia, con l’esclusione della città di Zara, mentre l’Italia manteneva Trieste, Gorizia e l’Istria. SCENARIO POLITICO gennaio 1919 nasce il Partito popolare italiano: i cattolici intendono impegnarsi direttamente nella vita politica italiana, senza delegare più al partito liberale la rappresentanza dei propri interessi; marzo 1919 Benito Mussolini fonda i Fasci di combattimento: gruppi di ex combattenti, interventisti, sindacalisti rivoluzionari che attaccano il socialismo e assumono posizioni anticapitalistiche; gennaio 1921, nel corso del XVII congresso nazionale dei socialisti riunito a Livorno, il Partito socialista italiano si scinde: nasce il Partito comunista d’Italia. LA GRANDE CRISI DEL 1929 Nell’autunno 1929 si abbatté una crisi finanziaria di proporzioni colossali: innescata dal tracollo della Borsa di Wall Street, questa crisi ebbe ripercussioni su tutto il sistema economico mondiale, e in particolare su quello europeo. Inoltre anche l’assetto politico ne risentì: il collasso economico scompaginò gli equilibri internazionali, mettendo in moto un meccanismo che porterà alla deflagrazione di un nuovo conflitto mondiale. L’euforia e l’ottimismo misero, però, in moto comportamenti che portarono al collasso del mercato borsistico americano. L’economia americana aveva ottenuto molti vantaggi dalla guerra: l’ingresso tardivo (1917) nel conflitto aveva favorito il consolidamento della posizione degli Stati Uniti come primo Paese produttore e banchiere del mondo; superata la fase recessiva dell’immediato dopoguerra, il sistema industriale statunitense si riconvertì alla domanda dei mercati internazionali molto più velocemente di quello europeo. L’impetuosa crescita del sistema industriale fece aumentare non solo i profitti ma anche il valore delle azioni e l’aspettativa di poter realizzare grandi guadagni attraverso la compravendita di azioni. Ciò comportò una speculazione azionaria, cioè acquisto di azioni nella prospettiva di lucrare sull’incremento del loro valore nel momento della rivendita. Fu la stessa ricchezza degli Stati Uniti a provocare la grave crisi economica del 1929. Il denaro abbondava e le banche concedevano facilmente ai loro clienti prestiti che venivano impiegati spesso in attività speculative e soprattutto nell’acquisto di azioni il cui prezzo cominciò a salire sempre più: quanto più il valore delle azioni saliva, tanto più esse sembravano costituire un ottimo investimento. Si trattava, tuttavia, solo di un valore nominale. La crisi finanziaria causata dal crollo della Borsa di Wall Street, a New York, il 24 ottobre 1929 («giovedì nero») esplose quando si verificò una frenetica corsa alla vendita di azioni per cercare di realizzare immediatamente gli investimenti effettuati (nella sola giornata del 24 ottobre furono venduti 13 milioni di azioni: quanto più alto era il numero delle azioni vendute, tanto più il loro prezzo scendeva). La crisi fu determinata dalla sproporzione tra produzione e attività finanziaria. Molte banche, non potendo più esigere i crediti che avevano concesso con eccessiva facilità, fallirono. Quelle che resistettero alla crisi ridussero i finanziamenti alle imprese. Tutte le classi subirono le conseguenze della crisi. La crisi del 1929 fu vissuta dagli Stati Uniti e in Europa come un trauma epocale. Essa ebbe una durata più lunga di quanto inizialmente previsto e raggiunse la sua punta peggiore nel 1932. PRESIDENTE ROOSVELT (eletto nel 1932) Inaugurò il New Deal (“nuovo corso”), una nuova strategia economica fondata sull’intervento diretto dello Stato nella vita PRESIDENTE HOOVER economica. compressione della spesa pubblica Cercò di indurre un aumento dei livelli (riduzione numero dei dipendenti salariali, offrendo supporto all’azione pubblici, delle prestazioni sociali statali sindacale, per ridare fiato ai consumi; e degli investimenti in opere pubbliche); avviò un programma di importanti forti barriere doganali ai beni di iniziative governative per assorbire la importazione. disoccupazione: lavori pubblici, di bonifica e NON OTTENNE ALCUN RISULTATO di risanamento del territorio (creazione della Tennessee Valley Authority, un ente pubblico per la gestione e lo sfruttamento delle acque del bacino del Tennessee); promosse riforme sociali per distribuire più equamente il reddito e proteggere gli strati più deboli della popolazione (Social Security Act garantiva un sistema di pensioni per la vecchiaia e per l’invalidità). La ripresa delle economie europee fu arrestata dalla crisi americana. Nel 1931 la Germania dichiarò che non era in grado di rispettare le scadenze delle riparazioni di guerra fissate dal piano Young; qualche mese dopo la sterlina sfiorò il collasso. La ripresa cominciò solo dal 1933 e fu dovuta soprattutto al generale incremento delle spese militari conseguente all’aggravamento delle tensioni internazionali. Nel settembre 1930, due mesi dopo il ritiro delle truppe francesi dalla Renania, la Francia varava la costruzione di una colossale linea di fortificazione, la linea Maginot, lungo i confini della Germania: il tempo del dialogo e delle intese era terminato.