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Conoscere il piede

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Conoscere il piede
• IL PIEDE
Da sempre, nella storia, i piedi hanno rivestito un'enorme importanza poiché ci hanno
permesso il movimento e di restare in equilibrio in posizione eretta, grazie
all'inverosimile mole di recettori nervosi che si trovano proprio nella loro pianta.
Dunque un appoggio corretto alle problematiche dei piedi è fondamentale affinché la
postura possa risultare bilanciata e correttamente funzionale.
Oltre ad un aspetto recettoriale (recettori nervosi) e ad un aspetto meccanico
articolare, il piede “nasconde” in sé una grande mappa di collegamento, e dunque di
riflesso, dei vari organi del corpo (vedi la riflessologia plantare).
Per tali ragioni, vi sono svariate motivazioni per cui è molto importante che il piede
abbia un corretto appoggio al suolo: per mantenere una corretta postura; per non
trasmettere informazioni meccaniche scorrette; per funzionare come un buon
ammortizzatore grazie alle sue tre volte plantari e per “massaggiare energeticamente”
i vari organi grazie al suo movimento flessuoso ed armonioso al suolo (ovviamente
quando non è ostacolato da calzature scorrette, strette, con tacchi, con supporti alle
volte plantari, etc.). Infatti, il piede è nato per essere libero e per appoggiare
direttamente sul terreno. Oggi sappiamo che ciò risulta impossibile - a parte ai beduini
(coloro che vivono nel deserto e che non presentano nessun tipo di patologia ai piedi)
- dato lo stile della nostra società e la moda, a cui nessuno riesce a sfuggire.Svariate
sono le problematiche che possono coinvolgere i piedi: cadute delle teste metatarsali,
alluce valgo, neurinoma di Morton, piede piatto, piede cavo, piede equino, piede torto,
dita a griffe, spina calcaneare
Il piede è un miracolo di ingegneria, una macchina delicata da cui parte il benessere di
tutto il corpo. Si tratta di un sistema intricato di 26 ossa, 42 articolazioni, 33 muscoli e
107 legamenti che deve farsi carico, a ogni passo, di una pressione tre volte superiore
al peso del nostro corpo. Una distribuzione errata del carico corporeo, i movimenti
alterati nel cammino, l’uso di scarpe inadatte, possono portare, nel tempo, deformità,
problemi posturali e vascolari e dolore.
SUGGERIMENTI
Per risolvere i problemi legati al piede, a volte bastano una corretta igiene, l’utilizzo di
calzature adeguate, di calze specifiche oppure semplici cure che si possono effettuare
comodamente da casa. Ma, nei casi più gravi, è consigliabile una visita da un
podologo, che prevede l’anamnesi del paziente, l’esame obiettivo, l’esame strutturale
e biomeccanico e l’esame baropodometrico informatizzato.
Se clinicamente si ritiene che il problema sia da attribuire a una patologia della statica
del piede, si rende necessario un esame radiografico semifunzionale del piede
eseguito con i piedi divaricati in ortostasi secondo l’angolo del passo, ottenendo così
uno studio del carico del piede fisiologico. Se sarà il caso, lo specialista potrà
consigliare il tipo di plantare più adatto per risolvere una volta per tutte il problema
dei piedi e permetterci di camminare in tutta sicurezza e comodità.
• I TUOI PIEDI
L'appoggio non corretto del piede incide negativamente sull'attività motoria,
aumenta la fatica e determina un disarmonico sviluppo muscolare.
Se si sta molto in piedi o si è sovrappeso, si creano situazioni di "sfruttamento" del
piede che, oltre ad affaticarlo, possono causare sensazioni di fastidio o di dolore. E'
per tale motivo che si assumono, anche inconsciamente, atteggiamenti di compenso
che possono riflettersi sulla colonna vertebrale (mal di schiena) e sui legamenti.
Il cosiddetto "piede piatto" è causato dall'abbassamento della volta longitudinale, o
arco plantare, e può causare spesso dolore, nonché affaticamento precoce.
Chi invece è affetto da "piede cavo", ha possibilità di formazione di duroni, minore
stabilità del piede e cattiva circolazione periferica perché la minor superficie
d'appoggio comporta sovraccarico su calcagno e avampiede. In tutti i casi, è
consigliabile una visita specialistica.
SUGGERIMENTI
Il problema delle spine calcaneari, escludendo l'intervento chirurgico, può essere
risolto con l'uso di un buon plantare su misura che, copiando il piede, consenta di
scaricare, cioè alleggerire, la pressione nei punti dolenti grazie all'aumento della
superficie d'appoggio.
Inoltre si può fare una terapia con onde d'urto ad alta intensità ottenendo ottimi
risultati in molti casi e in poche sedute.
Anche per l'alluce valgo è consigliabile l'uso di un buon plantare su misura, ma, se
questo non fosse sufficiente, si può intervenire chirurgicamente con un semplice
intervento in day hospital.
Per risolvere i problemi circolatori, che provocano piedi freddi o bollenti, occorre
favorire il ricircolo del sangue tramite "massaggi" che interessino tutta la superficie
plantare, ricca di terminali venosi.
Infine, molti - e alcuni veramente gravi - sono i problemi causati dal diabete: basti
pensare che questa malattia rappresenta la prima causa di amputazione non
traumatica nel mondo occidentale. Il 25% dei soggetti con diabete nel corso della
propria vita avrà problemi a carico dei piedi, ed un terzo di questi pazienti andrà
incontro ad amputazioni. Il podologo esegue un esame strutturale, un'osservazione
dello stato cutaneo e lo studio dei carichi plantari. Le probabili ulcerazioni della cute
devono essere "isolate" dall'appoggio, per evitare rapidi peggioramenti o infezioni.
Il piede è frequentemente coinvolto nelle malattie reumatiche e il dolore che ne
deriva trova come elementi aggravanti:
- la distribuzione errata del carico corporeo,
- i movimenti alterati del cammino,
- l'uso di scarpe inadatte.
Generalmente, l'infiammazione articolare fa variare la forma e la posizione delle dita
e, di conseguenza, il volume globale del piede, il quale entra in conflitto con suola e
tomaia delle scarpe. Anche in questo caso, può tornare utile una visita specialistica
• MOVIMENTI DEL PIEDE
PIEDE IN ADDUZIONE: l’avampiede si avvicina all’asse mediale.
PIEDE IN ABDUZIONE: l’avampiede si allontana dall’asse mediale.
PIEDE IN SUPINAZIONE: la parte plantare guarda all’interno e la parte dorsale
all’esterno.
PIEDE IN PRONAZIONE: la parte plantare guarda all’esterno e la parte dorsale
all’interno.
PIEDE IN ESTENSIONE: l’avampiede si allontana dall’asse tibiale.
PIEDE IN FLESSIONE: l’avampiede si avvicina all’asse tibiale.
• IL PIEDE
Piede normale vista mediale
Piede piatto vista mediale
Piede cavo vista mediale
• AVAMPIEDE SUPINATO
Il piede fuori carico (sdraiati con i piedi sporgenti dal lettino) normalmente è a 90
gradi rispetto all'asse del calcagno-gamba. Se il piede invece è girato verso l'esterno (
cioè supinato ) si parla di sindrome dell' avampiede supinato.
Quando il piede va in carico (cioè prende contatto con il terreno ) deve forzatamente
adattarsi al terreno che è orizzontale anche se tende a girare verso l'esterno: avremo
quindi un piede che poggia in piano ma è come una molla compressa pronta
a scattare verso l'esterno quando lo si stacca dal terreno.
A livello del metatarso 5 e 4 avremo quindi aree di maggiore pressione, cioè il peso
corporeo picchia di più sui metatarsi esterni (calli - metatarsalgie)
Se durante l'appoggio l'asse del calcagno diventa obliquo verso l'esterno (valgismo del
retropiede) avremo una sindrome dell' avampiede supinato compensato .
E' il classico caso del piede piatto valgo. Immaginate il piede che subisce una
torsione :
- il calcagno che va all'esterno
- lo scafoide che cede internamente(caduta della volta mediana)
- l'avampiede che gira nuovamente sull'esterno!
• AVAMPIEDE PRONATO
Nella sindrome dell' avampiede pronato accade l'opposto della sindrome dell'
avampiede supinato:
l'avampiede tende a girare verso l'interno ed allora il calcagno per compensare
accentua (durante la fase di appoggio sul terreno) il proprio varismo fisiologico cioè la
tendenza ad essere obliquo verso l'interno: abbiamo così il classico piede cavo varo
• PIEDE PIATTO:
E' il caso opposto al piede cavo. Immaginate cosa significa camminare con delle piastre
spianate anziché con dei piedi normali !
A fine giornata si accusa un dolore sordo sotto la pianta del piede, più in regione mediale,
nel punto di inserzione del tendine del muscolo tibiale posteriore.
Alla nascita tutti i bambini hanno i piedi piatti, poiché il calcagno (retro-piede) è
normalmente strutturato in valgismo. Entro i 7-10 anni di età, la modificazione
spontanea del retro-piede darà origine ad una “cavizzazione” del piede, con i tre archi
plantari ben delineati. In alcuni casi accade che il piede piatto si conservi anche da
grandi; in tal caso visivamente si può osservare l’abbassamento verso l’interno
dell’arco plantare mediale.
Quando il piattismo del piede è molto marcato, anche l’articolazione del ginocchio si
adatta a questa condizione, strutturandosi in valgismo (volgarmente ginocchia a “x”).
E’ comunque necessario distinguere due tipi di piede piatto: uno strutturato, l’altro
adattativo.
Il piede piatto strutturato (non passibile di alcuna modificazione) risulta
percentualmente poco diffuso rispetto a quello adattativo; infatti, è quasi sempre il
piede a fare le “spese” per un problema posturale di origine discendente, piuttosto che
essere lui stesso a causare problemi posturali di carattere ascendente.
Qualora il piede risulti piatto adattativo, ovvero legato a fenomeni delle catene
muscolari che impongono il loro effetto proveniente dall’alto del corpo (effetto
discendente), quasi sempre può venir corretto con sedute posturali appropriate.
A livello funzionale il piede piatto è meno prestante rispetto al piede cavo, poiché
riesce meno ad ammortizzare il peso del corpo e gli impatti del piede al suolo.
Sintomi: normalmente il piede piatto non è accompagnato da sintomatologie
particolari. Qualche volta è possibile che i piedi risultino doloranti, a causa di una non
corretta distribuzione del peso a livello plantare.
Possibili cause: il piede piatto strutturato è di origine congenita, quello adattativo
invece trova le sue cause in problemi posturali che vengono dall’alto: occhi, denti,
colonna vertebrale, bacino, anche, ginocchia, intrarotazione degli arti inferiori, etc…
Questo perché i piedi, essendo intermediari tra il suolo e le strutture superiori del
corpo, possono “compensare” adattandosi alla situazione esistente. Altri fattori che
possono determinare il piattismo del piede sono i traumi, raramente l’obesità
nell’adulto, patologie neurologiche come la spina bifida e prolungati periodi di
inattività degli arti inferiori.
Termini connessi alla patologia: piede piatto, piede pronato, pronazione del piede,
retro-piede valgo, valgismo del retro-piede, piede in eversione, piedi a “papera”.
Questo tendine va incontro ad uno stato di cronica infiammazione perché é
costantemente sotto stress, sotto tensione: la volta é caduta e lui che si inserisce
proprio a quel livello viene tirato continuamente ! In mancanza della volta mediale il
peso viene trasferito violentemente sulla testa del primo metatarso (alluce) che
viene svirgolata all'esterno con formazione dell'alluce valgo.
Piede piatto in carico
Piede piatto vista mediale
• PIEDE CAVO:
è una deformazione del piede caratterizzata dall’accentuazione dell’arco plantare interno
(l’opposto del piede piatto). Il grado di accentuazione dell’arco plantare interno determina
la gravità della patologia. Il caso più estremo è rappresentato dal piede equino.
Si possono distinguere una forma congenita, una acquisita ed una essenziale.
La forma congenita, presente già dalla nascita, è quella più rara tra le tre.
La forma acquisita è la più frequente e viene normalmente distinta in: neurogena (causata
da lesioni del sistema nervoso), miopatica (causata da patologie a carico dei muscoli
scheletrici), post-traumatica (causata da esiti di fratture osteo-articolari o di lesioni
tendino-legamentose), degenerativa (causata da artrite reumatoide, artrosi, gotta),
secondaria a patologie delle parti molli (fibromatosi plantare).
Le patologie menzionate possono causare squilibri muscolari, instabilità del piede, ecc… i
quali possono portare, in ultima analisi, al cavismo del piede.
La forma essenziale comprende tutte quelle forme che non hanno un’eziologia ben chiara.
Spesso al piede cavo sono associate le dita a martello, la caduta delle teste metatarsali
(con conseguente formazione di callosità), il varismo del retro-piede, il varismo della
ginocchia, la tibia vara.
Sintomi: rispetto al piede piatto, il piede cavo può causare maggiori fastidi e dolori,
soprattutto quando il grado di cavismo è molto accentuato. Nel caso del piede equino la
deambulazione è abbastanza compromessa.
Possibili cause: come sopra esposto, le cause possono essere congenite (raramente),
adattative per problemi posturali provenienti dalle strutture superiori del corpo (occhi,
denti, colonna vertebrale, bacino, anche, ginocchia, intrarotazione degli arti inferiori,
ecc…), o per traumi, o per patologie neurologiche o tendino-muscolo-legamentose.
Termini connessi alla patologia: piede cavo, piede in inversione, piede supinato, piede
equino, varismo del retro-piede.
Siamo gli unici animali a camminare in
stazione eretta solo ed unicamente sui 2
piedi che di per sé hanno una superficie
ridotta... pensate un po' che nel piede cavo
la situazione é ancora peggiore perché il
piede poggia solo dietro e davanti e
non in mezzo...
Il piede cavo in pratica e' come un'auto
alta, stretta e con le gomme sottili... é
quindi più facile che "capotti" cioé che vada
incontro a distorsioni.
Fig1. Piede cavo vista mediale
Conseguenze :
1. Maggiore instabilità nel mantenere l'equilibrio :
Questo si evidenzia soprattutto negli anziani dove il cervelletto (organo deputato al
coordinamento dei muscoli agonisti-antagonisti per il mantenimento della postura)
comincia a lavorare male specie in patologie come l' aterosclerosi, il morbo di Parkinson, il
Morbo di Alzheimer, gli ictus cerebrali. E' chiaro che un plantare adeguato stabilizza l'
appoggio perché aumenta la superficie di contatto tra piede e terreno con sicuro beneficio.
2. Facilità ad avere distorsioni dell' articolazione tibio-tarsica :
Il piede ha il collo più alto e può più facilmente "capottare" come le auto.
3. Metatarsalgie :
Poiché il piede non poggia in mezzo tutto il peso del corpo va a scaricarsi sulle 5 teste
metatarsali.
Finché si é giovani il problema si sopporta meglio: il tessuto sottocutaneo é bene idratato
ed elastico(avete presente i cuscinetti sotto le zampe dei cani?). Con l' età il pannicolo
adiposo si disidrata (specie nelle donne con l'avvento della menopausa) e non riesce più a
svolgere la funzione antishock di protezione delle teste ossee dei metatarsi. Questo
favorisce anche l'insorgenza del neurinoma di Morton.
Fig2. Piede cavo in carico
• FASCITE PLANTARE
Fig 1. La fascia plantare si estende dalle basi delle
falangi prossimali fino al calcagno. Si osservi l' altezza
dell' arco longitudinale.
1.
2.
3.
4.
Fascia plantare.
Osso navicolare.
Astragalo.
Legamento deltoide.
Fig1. Fascite Plantare
Fig 2. Pressione eccessiva cronica sull' arco (1),
speso provocata da obesità o sforzi e attività troppo
intensi, determina appiattimento dell' arco (2) e
aumento di tensione sulla fascia plantare (1),
accompagnato da infiammazione della sua inserzione
posteriore.
Fig2. Fascite Plantare
Fig 3. Compare uno "sperone" di tessuto osseo
reattivo neoformato. Non è lo sperone in sé a
provocare dolore quanto l' infiammazione dell'
inserzione della fascia plantare. Dal punto di vista
clinico é presente dolore gradualmente ingravescente
sotto il calcagno, in genere in sede mediale. Acuto al
risveglio, diminuisce con le normali attività e aumenta
dopo una giornata in cui il piede ha sopportato il peso
del corpo. Spesso associato a sforzo intenso compare
dolore grave. Mediante palpazione dello sperone è
possibile evidenziare dolenza.
Fig 4. Nel 50% dei casi questa condizione può
essere alleviata con una semplice coppa di
plastica.
Sono importanti il calo ponderale e la correzione dei
problemi del piede predisponenti.
La formazione di sperone è problematica soprattutto in
pazienti con piedi molto arcuati, tipo piede cavo; piedi
piatti e pronati o cuscinetti calcaneari flaccidi e atrofici.
Fig3. Fascite Plantare
Fig4. Fascite Plantare
Nel 50% dei casi questa condizione può essere alleviata con una semplice coppa di
plastica.
Sono importanti il calo ponderale e la correzione dei problemi del piede predisponenti.
La formazione di sperone è problematica soprattutto in pazienti con piedi molto arcuati, tipo piede
cavo; piedi piatti e pronati o cuscinetti calcaneari flaccidi e atrofici.
Il termine indica l’irritazione di una spessa tela fibrosa che decorre lungo la pianta del piede e
si chiama aponeurosi plantare.
Aponeurosi plantare
Colpisce prevalentemente atleti amatoriali oltre i quarantenni d’età che pratichino corsa e
tennis. Riconosce un sovraccarico funzionale associato soventemente ad alterazioni
degenerative ossee (artrosi).
Il dolore, avvertito in sede plantare soprattutto alla flessione delle dita, in fase iniziale
regredisce con il semplice riposo. Quando cronicizza esso diviene persistente rendendo
difficoltosa la deambulazione; in questa fase diviene necessario l’uso di terapia farmacologia,
fisica (ultrasuoni) ed eventuale ortesi.
L’intervento chirurgico sull’aponeurosi viene riservato ai casi ribelli alla terapia.
• IL PIEDE DIABETICO
Prima di iniziare a trattare l'argomento, voglio chiarire che quanto scritto in questa
pagina, viene riportato unicamente a scopo illustrativo. Infatti, va subito detto che allo
stato attuale e con le moderne terapie, le complicazioni qui descritte possono essere
sicuramente evitate.
Mi viene spontaneo un esempio. Quando ci si imbarca su un aereo o su una nave, ci
vengono offerti dei libretti di istruzione su come comportarsi in caso di naufragio o
atterraggio di emergenza: non per questo il messaggio da cogliere è che l'aereo o la
nave finiranno con lo schiantarsi al suolo od affondare.
Leggete quindi queste pagine con serenità, con l'unico scopo di meglio comprendere e
conoscere il diabete.
I piedi sono tra le parti del corpo più vulnerabili per le complicanze diabetiche. È
quindi utile dedicarvi una sezione a parte. La mancata prevenzione e cura di queste
complicanze può portare, a lungo andare, alla claudicatio e, nei casi estremi,
all'amputazione di parte o dell'intero arto.
Il piede è una delle parti del corpo più esposta quotidianamente a colpi e sofferenze di
ogni genere. Nei diabetici, col tempo, questi danni ripetuti possono portare a ferite
che si cicatrizzano lentamente o a infezioni difficili da curare e, in alcuni casi più gravi,
richiedono l'intervento del chirurgo.
Alla base ci sono due motivi. Il primo è un ridotto flusso di sangue negli arti inferiori
(soprattutto dal ginocchio al piede), causato dal restringimento delle arterie, uno degli
effetti più comuni del diabete. Il secondo è la progressiva distruzione dei nervi che
arrivano al piede, che causa una riduzione della sensibilità (anche di quella al dolore)
e della capacità di movimento, e che facilita, a sua volta, la comparsa delle lesioni.
Quando il flusso di sangue alla gamba si riduce, compaiono: crampi al polpaccio o al
piede, che si accentuano camminando e si riducono con il riposo (nelle forme più gravi
il dolore è presente anche a riposo, e si fa più intenso di notte), e la sensazione di
avere il piede freddo. La pelle del piede è pallida, fredda, lucida e sottile (il pallore
aumenta in posizione sdraiata e quando si solleva la gamba, che diventa invece rossa
o violacea se la si appoggia a terra). Altri segni che devono far sospettare un disturbo
della circolazione locale sono la presenza di ulcere sull'alluce, sul quinto dito, sul
tallone e tra un dito e l'altro. Le ulcere sono aree in cui al posto della pelle si forma
una piaga circondata da un alone rosso, che tende a infettarsi.
I disturbi che dipendono, invece, dal danno dei nervi sono: pelle secca, disidratata,
con numerosi calli; eventuali cambiamenti della sensibilità; la riduzione del volume dei
muscoli; la presenza di ulcere circolari sulla pianta dei piedi, profonde talvolta fino alle
ossa; il gonfiore di piedi e caviglie. Le ulcere sono provocate anche da sofferenze
apparentemente minime (per esempio dall'utilizzo di scarpe strette), da oggetti
taglienti (forbici) o da fonti di calore (scaldini e borse dell'acqua calda).
• LA PREVENZIONE NEL PIEDE DIABETICO
Chi ha la glicemia alta da anni deve avere buona cura anche delle estremità, per
evitare ulcere che divengono difficili da trattare
Il piede diabetico causa molti disagi in chi ne soffre ed è difficile da curare:
prevenirlo è quindi di fondamentale importanza. Il primo e miglior modo è ottenere
un buon controllo della glicemia, attraverso la dieta e la cura che il medico ha
prescritto per il diabete.
Ci sono poi alcune precauzioni utili per evitare la comparsa delle lesioni al piede:
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Evitare l'uso di forbici o di oggetti taglienti per la cura delle unghie, dei calli o
dei duroni
Usare la lima invece delle forbici, sia quella classica sia quella elettrica di tipo
professionale
Tagliare le unghie come illustrato, né troppo lunghe né troppo corte, e pulirle
con una spazzolina morbida e sapone
Evitare le fonti di calore diretto sul piede, tipo scaldini per il letto
Lavare ogni giorno i piedi con acqua tiepida e sapone, avendo poi cura di
asciugarli molto bene, soprattutto tra le dita
Mantenerli sempre asciutti e puliti
Usare creme idratanti, per evitare che si formino tagli e ferite nella pelle
secca, tranne che negli spazi tra un dito e l'altro
Non camminare scalzi
Usare scarpe comode a pianta larga, chiuse, possibilmente in pelle (non
sandali o zoccoli)
Cambiare spesso calze e scarpe
Fare attenzione alle cuciture interne alle calze (se ci sono, è meglio indossare
la calza a rovescio)
Usare calze di cotone o di lana, non in fibra sintetica
Se necessario, utilizzare plantari morbidi che ridistribuiscano il peso sui piedi
mentre si cammina
Evitare l'uso di medicazioni ingombranti o di cerotti che possono essere
irritanti per la pelle
Evitare pediluvi, disinfettanti, tintura di iodio e alcol perché disidratano i
tessuti
Controllare spesso con uno specchio le piante dei piedi
Evitare fumo e alcolici
Mostrare al medico ogni piccola ferita al piede o alle unghie, anche
insignificante
Raccontare al medico se compare dolore ai piedi, o sensazione di formicolio,
se vi sembra di avere una sensibilità diversa tra un piede e l'altro, se
camminando per strada dovete fermarvi e attendere che vi passi il dolore ai
polpacci
In caso di ferita, lavarla con una saponetta disinfettante, applicarvi un po' di
mercurocromo, coprire con una garza sterile e un cerotto di carta; infine
mostrarla al medico appena possibile
Non tagliare né bucare eventuali bolle o vescicole
• PRECAUZIONI PER DIABETICI
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Prima viene la salute, poi la moda. Nella scelta delle vostre scarpe badate
sopratutto ad una buona forma che lasci sufficiente spazio al vostro piede.
Lasciatevi consigliare sulle scarpe per diabetici in un negozio specializzato in
tecniche ortopediche.
Non comprate mai scarpe nuove di mattina: fatelo di pomeriggio quando i
vostri piedi sono già leggermente gonfi, affinché le scarpe non siano troppo
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strette. Accertatevi che il piede stia comodo (attenzione ad eventuali punti
stretti) e sicuro, e quando camminate che vi sia abbastanza spazio per le dita
dei piedi.
Portate le vostre scarpe nuove solo poche ore al giorno; controllate i vostri
piedi dopo averle portate per mezz´ora e poi dopo tre ore. Non potete avere
la certezza che vi accorgerete immediatamente del punto in cui può premere
una scarpa.
I vostri piedi devono poter respirare: portate delle scarpe di pelle o stoffa,
non di materiale sintetico. All´interno le scarpe non dovrebbere avere delle
cuciture o altre parti sporgenti. Siate sicuri che in estate le scarpe lascino
respirare il piede e che in inverno tengano caldo (foderate di pelo).
Le calze e le scarpe devono proteggere i vostri piedi. Perciò non camminate
mai scalzi.
Proteggete anche le vostre dita dei piedi: per questo motivo non portate mai
sandali aperti davanti e men che meno quelli infradito!
Se di notte dovete andare dalla camera in bagno mettete sempre delle
ciabatte per evitare di ferivi in caso che inciampiate o sbattiate contro una
porta (i sanguinamenti sottocutanei nella zona unghie causati urtando un
piede contro un ostacolo sono particolarmente problematici!).
Portate scarpe con punte rinforzate e suole spesse quando sbrigate un lavoro
durante il quale esiste un pericolo di ferimento, come per esempio un lavoro
di giardinaggio. I rinforzi devono essere ben imbottiti all´interno.
Prima di infilarvi le scarpe controllate che non vi siano oggetti estranei
all´interno (sassolini, schegge, strappi o pezzi di intersuola sporgenti)
oppure pieghe o altre irregolarità che potrebbero premere sul piede.
Non portate mai le scarpe senza calzini o calze! La frizione tra la pelle del
piede e quella della scarpa potrebbe causare escoriazioni.
Se avete bisogno di plantari ortopedici o scarpe speciali rivolgetevi al vostro
medico. In questo caso portate sempre le scarpe o plantari prescritte, salvo
indicazione contrarie. Seguite le indicazioni datevi dal medico o dal calzolaio
ortopedico riguardanti l´uso dei supporti ortopedici. Col tempo il vostro piede
può cambiare; per questo motivo il vostro medico deve verificare
regolarmente se i plantari o le scarpe hanno bisogno di essere adattate.
• ATTENTI AI PIEDI
Chi soffre di questo disturbo deve prestare particolare attenzione alle estremità
inferiori. Un'adeguata prevenzione allontanerà il pericolo di infezioni e lesioni.
Come ogni altra parte del corpo, anche i piedi possono subire l'effetto negativo di
lesioni e di traumi e possono ammalarsi. In particolare, nelle persone che soffrono
di diabete mellito, una malattia del metabolismo che compare quando gli zuccheri
del sangue non riescono ad essere utilizzati dall'organismo, i piedi sono tra le parti
del corpo che vanno controllate spesso e con molta cura, in quanto sono a rischio di
numerosi disturbi.
Se è vero che il problema delle complicazioni a carico dei piedi è sempre in
agguato, è altrettanto vero, comunque, che un'adeguata prevenzione consente di
rimandare e, molto spesso, di evitare la comparsa di questi disturbi. Vediamo
allora, che cosa si deve fare per evitare che compaiano lesioni.
• PERCHÉ SI AMMALANO
•
I piedi dei diabetici si ammalano più facilmente dei piedi delle
persone sane. La causa è un minore afflusso di sangue a questa
parte del corpo, dovuto alla presenza di un'ostruzione di un'arteria (detta
vasculopatia periferica), cosicché le cellule non ricevono più le sostanze
nutritive; oppure può capitare che i piedi perdano completamente la
•
sensibilità, come se fossero addormentati (neuropatia diabetica).
Quest'ultima situazione è responsabile du una ridotta o di mancata
percezione del dolore da parte del malato, che rende i piedi più vulnerabili
ai traumi o alle lesioni.
• QUANDO IL RISCHIO È ELEVATO
•
•
Chi soffre di diabete deve considerarsi ad alto rischio per la comparsa di
lesioni ai piedi se la malattia è presente da alcuni anni, se nota una perdita di
sensibilità alle estremità (sia al tatto sia al dolore) o una ridotta circolazione
del sangue (piedi sempre freddi, dolore alle gambe mentre cammina), se ha
avuto una precedente ulcerazione al piede o deformità al piede prima o dopo
la comparsa del diabete.
Anche calli e alterazioni delle unghie possono favorire la comparsa di una
seria lesione alle estremità.
• I DANNI SONO DI VARIO GRADO
•
Le lesioni al piede possono essere più o meno serie: molto dipende
da quanto precocemente è stata scoperta la malattia.Ecco diversi gradi
in cui si può manifestare il problema.
LESIONI SUPERFICIALI
•
Interessano gli strati più superficiali della pelle e compaiono in
vicinanza di alterazioni della struttura del piede, come per esempio le
dita a martello (cioè quando le dita del piede assumono una conformazione
più o meno accentuata a "T") o in caso di alluce valgo.
LESIONI PROFONDE
•
Interessano i tessuti profondi del piede, articolazioni e muscoli.
Guariscono con difficoltà, e vanno spesso incontro a infezioni, per lo sviluppo
di microrganismi che possono coinvolgere anche le ossa sottostanti
(osteomielite).
LESIONI SERIE
•
Si presentano nei malati con seri problemi di circolazione del sangue
e, quindi, di nutrimento delle cellule. L'ostruzione dei vasi provoca la
necrosi, rendendo talvolta necessaria l'amputazione del piede.
• FASCITE E SPINA CALCANEARE
Molti sono i pazienti che lamentano un dolore alla pianta del
piede od al tallone quando camminano e stanno eretti, che non è presente invece quando
sono seduti o distesi. Il maggior dolore è sentito dal paziente al mattino, appena poggia i
piedi per terra al risveglio, un dolore che comunque si allevia un po’ dopo aver deambulato
per qualche minuto. All’esame il piede appare normale, ma quando viene applicata una
pressione sulla pianta o sul tallone ecco che del dolore si manifesta. Molto probabilmente
siamo in presenza di una Fascite, un’infiammazione della fascia(tessuto fibroso molto fino
che ricopre tutto il corpo) plantare, che sembrerebbe essere causata da ripetuti
microtraumatismi e microlacerazioni in trazione sulle inserzioni della fascia plantare e del
flessore breve delle dita e si associa a una periostite reattiva da trazione.
Spesso la Fascite si accompagna ad un altro fastidioso problema la Spina calcaneare, che è
una nuova formazione ossea, escrescenza, che cresce in una piccola lesione del periostio
nella zona inferiore del calcagno o del tendine d’Achille. Impiega per formarsi circa otto anni
e due sono i motivi principali: la cattiva postura, che mantiene in continua tensione i
muscoli plantari, e crea delle micro-lesioni nel periostio; ed un metabolismo squilibrato, che
fa depositare sostanze di scarto, come i cristalli d’acidi urici od ossalati di calcio, proprio
dove quei muscoli e la fascia si attaccano.
Il fasciitis di Plantar si sviluppa solitamente gradualmente, ma può accendersi
improvvisamente ed essere severo. Il fasciitis di Plantar può interessare entrambi i piedi,
ma si presenta solitamente in soltanto un piede alla volta. Ten d'occhio:
•
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•
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Dolore tagliente nella parte interna della parte inferiore del vostro tallone, che
può ritenere come una lama che attacca nella parte inferiore del vostro piede
Dolore del tallone che tende ad essere più difettoso con i punti primissimi dopo il
risveglio quando arrampicano le scale o quando si levano in piedi sulla punta dei
piedi
Dolore del tallone dopo i periodi lunghi di levarsi in piedi o dopo essere alzatsi da
una posizione messa
Dolore del tallone dopo, ma non solitamente durante, esercitazione
Gonfiamento delicato in vostro tallone
trattamento osteopatico
Le manipolazioni Osteopatiche sono molto utili e possono essere fatte varie volte a
settimana, con intervalli, in funzione della serietà del dolore; i trattamenti Osteopatici al
piede fra l’altro liberano la pompa podalica linfatica con beneficio per tutto l’organismo,
ricordiamoci che il nostro secondo cuore sono i nostri piedi.
• DITO A MARTELLO
Che cos'è
Deformità delle dita del piede , sovente associata all’alluce valgo , talora congenita, colpisce
con maggior frequenza il 2° dito . L’atteggiamento di flessione in cui viene costretto il dito
produce lesioni cutanee quali callosità ed ulcerazioni che rendono impossibile l’uso di calzature
e provocano acuto dolore.
Terapia
La terapia, chirurgica, mira alla restituzione dell’asse fisiologico al dito mediante sezioni
dell’osso (ostetomie).
Un'altra patologia che affligge il piede, in particolarmodo le dita, sono le "Dita a
Martello" o en griffe, ma vediamo di capire il motivo....
Si tratta di modificazioni molto presenti nei piedi, le cause possono essere molteplici, ma le più
frequenti sono:
- Lo sfregamento delle dita contro la scarpa se questa è troppo corta o troppo a punta;
- Una differenza di lunghezza dei metatarsi che sono le ossa portanti dell'avampiede;
- Cattivo appoggio al suolo dell'avampiede;
Le dita a martello o en griffe sono quasi sempre presenti nell'evoluzione del piede cavo, ma
anche nell'avampiede piatto. Questo perchè le dita assumono una posizione tale da alleggerire
le teste metatarsali sottoposte ad un abnorme carico. Fisiologicamente invece, le dita
dovrebbero allungarsi per creare la giusta stabilità del piede durante la deambulazione.
Succede che l'articolazione risulta essere troppo sporgente, quindi urta nella scarpa ad ogni
movimento deambulatorio, e la pelle nel punto di contatto diventa più doppia per la naturale
funzione di difesa che ha.
Il dito en griffe può essere trattato dal podologo per la riduzione dell'ispessimento causato dal
continuo contatto con la scarpa, o con un trattamento ortoplastico. Questo naturalmente può
avvenire se lo stato dell'affezione non è al limite, in questo caso l'intervento chirurgico è
necessario, soprattutto se non si riesce ad indossare nessun tipo di calzatura.
Per ogni ulteriore chiarimento o domanda potete scrivermi resto a vostra disposizione
• ALLUCE RIGIDO
L'alluce rigido ha luogo in seguito ad una diminuzione della mobilità a livello della prima
articolazione metatarsofalangea.
La terapia chirurgica è la scelta più valida nella terapia dell'alluce rigido e una diagnosi precoce
ha grande importanza per la riuscita del trattamento. L' osteotomia triplanare obliqua distale
della testa del primo metatarso consente di migliorare la mobilità dell'articolazione e di ridurre
la compressione articolare.
• ALLUCE VALGO
Consiste in una progressiva deviazione della I articolazione metatarsofalangea.
Naturalmente, tale alterazione non è immediata ma attraversa una serie di
fasi in cui inizialmente il I metatarso inverte rispetto all’alluce
determinando una sublussazione in valgo.
Contemporaneamente la base della falange prossimale dell’alluce si sposta
lateralmente sulla testa del primo metatarso spingendo l’alluce contro il
secondo dito.
Piede Normale
Alluce valgo I grado
In una fase più avanzata il primo raggio si devia ulteriormente a livello della sua base così da aumentare l’angolo fra il
primo e il secondo metatarso.
Alluce valgo II grado
Alluce valgo III grado
L'alluce valgo è una deformità a carico del 1° dito del piede, riscontrabile più frequentemente
nella donna che nell'uomo. La causa è soprattutto legata all'uso di calzature troppo strette ed
ad una matrice familiare.
L'età più colpita è quella tra i 40 ed i 60 anni, ma negli ultimi tempi si è notato un aumento di
questa patologia in pazienti più giovani, intorno ai 30 anni, talvolta perfino in diciottenni. Si
accompagna spesso ad altre patologie tra le quali la più frequente è il dito a griffe (più
comunemente definito a martello) ed al neuroma di Morton.
L'alluce valgo è una delle affezioni più frequenti a carico dell'avampiede. Il problema sorge
perché esso devia angolandosi verso le altre dita del piede alterando così la meccanica del
piede durante il cammino ed il carico. Si possono considerare:
1. Forme primarie o congenite, nelle quali la deformità insorge come tale
2. Forme secondarie o acquisite: rachitiche, infiammatorie, trofiche, infettive, da disturbi
posturali, ecc.
Quale misura preventiva onde rallentare il decorso della deformità viene consigliato l'utilizzo di
calzature comode in punte e con tacco basso e di evitare il sovvrappeso. Ogni alluce valgo
risulta diverso dagli altri e fattori esterni, come l'età e il sesso, concorrono a determinare
l'idoneità di una tecnica su un'altra.Se i trattamenti conservativi (plantari, calzature
fisiologiche, fisioterapia) non permettono di ottenere risultati soddisfacenti, bisogna ricorrere
alla chirurgia.
L'intervento chirurgico -osteotomie (sezioni di osso) e plastiche di tessuti molli (capsule e
tendini)- mira a:
1. rimuovere il dolore
2. ridare all' alluce la sua funzione originale
3. non creare inestetismi ma, al contrario, risolverli
Con l' età il pannicolo adiposo si disidrata (specie nelle donne con l'avvento della menopausa)
e non riesce più a svolgere la funzione antishock di protezione delle teste ossee dei metatarsi.
Questo favorisce anche l'insorgenza del Neurinoma di Morton.
LE CAUSE
Da un punto di vista biomeccanico il piede predisposto all'alluce valgo sopporta un eccessivo
carico mediale in fase dinamica: nella fase di spinta l'impegno dei cinque metatarsi non è
ottimale perché concentrato eccessivamente nell'area interna.
Questo meccanismo fa si che il primo metatarso varizzi ovvero tenda ad allargarsi verso
l'interno mentre abbiamo una valgizzazione dell'alluce per una forma di compenso. Qui
incomincia il danno dell'articolazione che può arrivare nei casi estremi ad una perdita dei
rapporti tra i due capi articolari (lussazione) .
I SINTOMI.
L'alluce valgo, almeno in una prima fase, può non essere doloroso.
La sindrome infiammatoria si scatena in modo acuto allorquando la borsa sierosa mediale in
corrispondenza della testa metatarsale si gonfia. In questi casi la cute si arrossa con turgore
e calore locale: il semplice contatto con la tomaia della calzatura può scatenare un dolore
violento.
L'alluce valgo condiziona negativamente le altre dita del piede creando problemi di ingombro
anatomico per una sorta di affollamento centrale. Spesso il secondo dito non trova più uno
spazio naturale per l'appoggio e viene a ritrovarsi sollevato oltre che mal posizionato; nel
tempo può deformarsi (dito a martello) e costituire a sua volta un elemento doloroso.
L'alluce valgo è spesso associato ad una metatarsalgia ovvero una sofferenza delle articolazioni
metatarso-falangee: questo succede di riflesso all'anomalo allineamento delle teste
metatarsali.
• NEURINOMA DI MORTON
Quante volte abbiamo sentito parlare di un nervo accavallato?
Nella geografia corporea un dolore acuto è spesso riferito ad un nervo che fa le bizze
creando incredibili grovigli. Forse credenze popolari piuttosto che frequenti sentito dire
hanno portato ad un abuso di questa espressione. Almeno in un caso però questa
situazione corrisponde quasi al vero: è il caso della neuralgia che può insorgere a livello
dell’avampiede.
Il cammino e lo sport sono attività che sollecitano non poco il piede a livello delle teste
metatarsali ovvero la porzione terminale di quelle ossa lunghe del piede che si
articolano con le falangi delle dita. Il carico, nella
fase di spinta, va a gravare proprio in quella sede e questo fatto può modificare nel
tempo l’anatomia di questa parte del piede.
In particolare l’arco anteriore traverso, quella struttura descritta dalle teste metatarsali,
può subire delle modificazioni tali da creare un avvicinamento delle stesse parti ossee.
Avviene quindi che il nervo si ingrossa, reagendo allo stimolo in compressione, creando
una situazione di ulteriore ingombro e quindi maggiore possibilità di infiammazione
locale.
L’ingrossamento del nervo viene definito Neurinoma di Morton o Cevenini/ Morton dai
nomi dei medici che per primi studiarono questa sindrome.
Caratteristiche cliniche :
Sulla superficie plantare del piede è presente dolore che aumenta camminando e
diminuisce a riposo.
Il dolore é "urente" e può irradiarsi alle dita adiacenti ad un interspazio.
Sono frequenti l' intorpidimento ed il formicolio.
Importante fattore differenziale :
nella metatarsalgia la dolenzia viene evidenziata da pressione diretta sulle teste
metatarsali ; nel neurinoma il dolore è scatenato da pressione tra le teste metatarsali.
Talvolta è possibile palpare una massa, che può essere rappresentata dal neurinoma
stesso o da una cisti sinoviale associata.
Sintomi
Ci sono due varietà di presentare i sintomi:
Acuto. Ciò può accadere in uno sprinter o un cyclist, che si presenta con elettricoscuote il dolore irradiantesi dal forefoot giù alle punte (solitamente le punte di quarto e
di terzo). L'atleta luciderà il piede nudo per alleviare bruciarsi, intorpidente il dolore.
Cronico. Un paziente segnala un disagio con acuto sotto il piede che ritiene come un calzino del wadded
intermittente, limitando il dolore che si aggrava dalla condizione e dal camminare estesi. L'inizio è frequentemen
senza causa o attività innescante specifica identificata. Ci è spesso una zona gradualmente d'espansione dell'into
lungo la parte interna delle punte implicate. Occasionalmente, due interspaces sono implicati, rendendo la localiz
difficile.
Fig 1. Neurinoma di Morton
1. Sede frequente del neurinoma interdigitale di Morton (giunzione della terza branca
del nervo plantare mediano con il nervo plantare laterale) può essere anche tra il
secondo ed il terzo dito.
2. Nervo plantare laterale.
3. Nervo plantare mediano.
4. Nervo tibiale.
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• LE ONDE D'URTO (LITOTRITORE)
Le onde d'urto sono onde acustiche ad alta energia generate da
strumentazione elettrodinamica, elettromagnetica o piezoelettrica. A
differenza degli ultrasuoni non hanno andamento sinusoidale, ma
sono impulsive e hanno ampiezza molto maggiore (500 bar contro
0,5). Se vengono applicate a una parte del corpo, il passaggio
dell'onda d'urto attraverso ai tessuti ha caratteristiche che sono
funzione dei tessuti stessi e, pur non essendo ancora
completamente chiare le cause, produce una rigenerazione dei vasi
nella zona investita.
I meccanismi di azione sono due: quello meccanico e quello dovuto
alla cavitazione, cioè la formazione di bolle di vapore all'interno di
un fluido sottoposto al passaggio di onde pressorie che si
susseguono ad alta velocità. Nei tessuti molli la permeabilità di
membrana si modifica e aumenta lo scambio ionico intracellulare. Il meccanismo è
simile a quello di una frattura quando si ha per reazione una stimolazione alla
produzione di tessuti ossei per il ripristino della situazione preesistente. L'aumentata
capillarizzazione locale conseguenza del trattamento con onde d'urto provoca una
rimozione dei fattori infiammatori. Da dati sperimentali i migliori risultati si ottengono
nelle zone in cui si ha il passaggio da tessuti molli (tendini o muscoli) a tessuti duri (per
esempio ossa).
Le onde d'urto erano già applicate negli anni '80 in nefrologia per la rottura di calcoli
renali (litotrissia) e la loro conseguente emissione spontanea. In ambito ortopedico il
litotritore, lo strumento che applica le onde d'urto, ebbe la sua prima applicazione nel
1991. Attualmente consente di ridurre il ricorso all'intervento chirurgico, non ha effetti
collaterali, è rapido (di solito bastano poche sedute, da tre a sei). È particolarmente
indicato per fibrosi o calcificazioni a livello muscolare, nelle patologie inserzionali
tendinee o in quelle circoscritte da sovraccarico (epicondiliti, talloniti, fascite plantare
ecc.); la risoluzione del problema è completa per il 30% dei casi e parziale per un altro
30%. Il litotritore è meno indicato nelle forme non calcifiche. Per ogni trattamento si
applicano 1.500-2.000 colpi con una frequenza di 120-240 colpi al minuto per una
durata quindi che è di dieci minuti circa. Il trattamento può essere doloroso e può
essere indicata un'analgesia locale o per le pseudoartrosi anche una sedazione più
generale. È controindicato in pazienti con disturbi della coagulazione, tenosinoviti
infette, osteomieliti, portatori di pace maker, polineuropatie
• IL TRAUMA DEL HAMSTRING
Gli stiramenti ricorrenti dell’Hamstring (muscolo composto dal Semitendinoso, dal
Semimembranoso, e dal Bicipite Femorale) sono uno dei traumi da corsa più comuni, gli altri
importanti traumi del corridore sono: Shin-Splint, Sindrome dell’ITB, Fascite Plantare, Tendinite
d’Achille e Condromalacia. Ora spiegheremo il perché avviene il trauma dell’Hamstring, come
potete ritornare a correre al più presto possibile, e che cosa voi potete fare per evitare tale
trauma.
Il ciclo della corsa
Quando si corre, avviene un alternarsi d’allungamento ed accorciamento del muscolo, che gli
permette un movimento efficiente. L’Hamstring lavora duramente durante la fase
d’”oscillazione”, swing, (quando il vostro piede è non appoggiato a terra) del ciclo della corsa.
L’Hamstring lavora eccentricamente per controllare il movimento del ginocchio e per fornire
energia elastica al muscolo. Quando il vostro piede colpisce il suolo durante la corsa, l’ Hamstring
lavora concentricamente con una liberazione d’energia accumulata. L’Hamstring si contrae per
stabilizzare l’articolazione del ginocchio, per estendere la vostra anca e, con il quadricipite, per
assorbire forze verticali di 3.5 – 4.5 volte il peso del corpo attraverso la gamba d’appoggio.
Quando l’Hamstring lavora durante il movimento della corsa, si possono creare diversi
meccanismi che portano al trauma, che debbono essere considerati in modo da prevenire la
ricorrenza del problema, e quindi poi il suo cronicizzarsi.
Meccanismo del trauma
Lo squilibrio musculo-scheletrico
Qualsiasi disfunzione nella biomeccanica delle gambe e della pelvi durante la corsa può
predisporre ad un trauma. Gli esempi includono:
• Cambiamenti posturali dovuti alla tensione muscolare.
• Rigidezza dell’articolazione lombare o sacro-iliaca.
• Scarsa coordinazione del movimento o fatica prematura associata alla debolezza del muscolo.
• Differenza della lunghezza delle gambe che può colpire il moto pelvico e la durata dell’andatura.
• Pronazione o supinazione, prolungata o ritardata, del piede, che altera la funzione della gamba e
della pelvi durante il ciclo della corsa.
•
SCARSA COORDINAZIONE MUSCOLARE
La corsa richiede forza, potenza, resistenza e
coordinazione. La corsa libera da problemi non può esserci
se l’Hamstring è debole, inflessibile, o se c’è una scarsa
coordinazione neuromuscolare. La perdita dell’indice
normale di rapporto di potenza tra il muscolo quadricipite
e l’Hamstring può anch’esso portare al trauma. L’indice
normale tra Quadricipite e l’Hamstring è 60:40. La sua
perdita può essere causata dall’eccessivo sviluppo del
quadricipite, o alla debolezza, attuale, dell’Hamstring. Un
indice normale è essenziale per prevenire degli squilibri
durante la corsa.
Allenamento inadeguato
Per “Inadeguato” intendiamo tutti fattori che possono colpire
l’abilità del vostro corpo ad adattarsi ai diversi stress della corsa.
I fattori includono:
• Chilometraggio eccessivo.
• Aumento veloce in chilometraggio.
• Inadeguato riscaldamento e raffreddamento.
• Scarso stretching
• Superfici da corsa a “dorso di mulo”
• Scarpe usurate od ortottici
Fatica
La fatica colpisce la performance e può in più predisporvi al trauma. Ad un livello fisiologico, la
fatica può riflettersi in un tempo di recupero prolungato delle giunzioni neuromuscolari, che così
riducono l’efficace attivazione del muscolo, che rallenta la rimozione dei metaboliti dal muscolo
stesso, portando infine un indebolimento dell’abilità di contrazione. Perciò la fatica porta ad una
diminuzione della forza, potenza e resistenza, e aumenta il rischio del trauma.
Riabilitazione incompleta
E’ ovvio che come i corridori, non vediamo l’ora di ritornare a correre il più presto possibile. Però
se un trauma non è trattato adeguatamente, o se voi non raggiungete nuovamente i vostri livelli
di forza, resistenza e flessibilità di prima del trauma, aumenta di molto il rischio di avere un altro
trauma. La riabilitazione effettiva (che significa rimettersi in tempo debito e in modo completo con
dei trattamenti Osteopatici) vi permetterà di ritornare a correre come prima.
Micro-traumi ripetuti
Spesso il trauma dell’ Hamstring non è sempre così evidente tale da causare dolore o inabilità al
momento della lesione, perciò inizialmente può anche non indebolire la performance della vostra
corsa. La riduzione nella funzione dell’Hamstring può essere cosi graduale che non sarà scoperta
fino a quando non diventa un problema serio vero e proprio. Questo è spesso descritto come “la
goccia che fa traboccare il vaso”, dove i micro-traumi ripetuti alla fine porteranno dolore e
disfunzione. Quando si corre, l’Hamstring è spesso esposto a micro-traumi ripetuti dovuti a falcate
eccessivamente ampie, come pure al cambiamento di passo. Falcate troppo ampie,
particolarmente quando s’inizia a scendere una collina, mettono l’ Hamstring sotto carica
eccentrica eccessiva mentre il muscolo lavora per stabilizzare l’articolazione del ginocchio.
L’eccessiva carica eccentrica può provocare i microtraumatismi nelle fibre del muscolo, portando
ad un danno grave.
Meccanismo del trauma
I traumi all’ Hamstring sono le lesioni più comuni del tessuto soffice della coscia. I sintomi dello
stiramento dell’ Hamstring includono dolore, spasmo muscolare, gonfiore e inibizione del
movimento.
Trattamento del trauma acuto
• Fermare di correre, specialmente in caso di dolore severo.
• Se il dolore è leggero, ridurre la carica e l’intensità d’allenamento ed evitare le piste non piane.
• Applicare ghiaccio all’Hamstring per 10 minuti ogni 2 ore, in modo da ridurre l’infiammazione.
• Quando è possibile automassagiare la zona con un olio all’arnica.
• fare lo stretching dell’Hamstring.
E’ importante fare lo stretching tanto della parte superiore come della parte inferiore degli
Hamstring:
1. Giacere sulle spalle. Tirare la gamba al petto con le mani sotto il ginocchio. Mantenere la vostra
gamba il più vicino possibile al petto e drizzare il ginocchio il più possibile.
2. Giacere sulle spalle, avvolgere un asciugamano intorno al vostro piede, drizzare il ginocchio e
usare l’asciugamano per alzare la vostra gamba e avvicinare le vostre dita verso di voi. Mantenere
ogni allungamento per 30 secondi e poi rilassare lentamente. Ripetere su entrambi i piedi due o
tre volte al giorno. Ricordarsi di fare per bene lo stretching prima di correre.
• Il recupero completo di solito occorre tra la terza e la sesta settimana.
• Ritornare a correre gradualmente.
Trattamento Osteopatico
• Trattamenti Osteopatici, massaggi del tessuto soffice, mobilizzazioni e manipolazioni,
agopuntura e modalità d’elettroterapia accelerano la velocità di recupero da un trauma
d’Hamstring. Il progressivo stretching e rinforzamento degli Hamstring aumentano ed
accellerano il processo di recupero.
• In caso di eccessiva pronazione calzare ortottici.
• In caso di forte tensione, è consigliabile l’uso di stampelle, come pure di un deambulatore,
possono essere necessarie per alleviare il dolore nel camminare.
Esercizi alternativi
• Nuotare
• Pool running
• Andare in bicicletta (con rapporti bassi)
Misure preventive
• Fare lo stretching dell’ITB, del quadricipite, dell’ Hamstring e dei muscoli del gluteo. Mantenere
ogni allungamento per 30 secondi e poi rilasciare lentamente. Ripetere ogni stretching 2 – 3 volte
al giorno e soprattutto ricordarsi di farlo per bene prima di correre. Ricordatevi che una buona
flessibilità deve essere raggiunta prima che un rafforzamento effettivo possa avvenire.
• Rafforzare gli Hamstring.
• Correggere gli squilibri tra i muscoli (Quadricipite e l’Hamstring)
• Rafforzare gli “stabilizzatori” (l’addominale trasversale, l’addominale retto, i muscoli del gluteo e
dell’adduttore (regione inguinale).
• Indossare scarpe da corsa corrette e se necessario calzare ortottici per prevenire un’eccessiva
pronazione.
• Evitare le piste a “dorso di mulo” (comunque impegnare la parte più piana della pista)
• Aumentare gradualmente il programma d’allenamento.
• Inserire dei riposi nel programma d’allenamento.
Altri fattori
Traumi ricorrenti dell’Hamstring si possono sviluppare anche a causa di questi fattori:
• Il sottovalutare il dolore del tratto lombare. Questo può essere dovuto ai dischi edematosi a
livello di L4/L5 o di L5/S1, o alla rigidità dell’articolazione del tratto lombare o sacro-iliaco, che
possono causare l’irritazione della radice del nervo. L’irritazione dei nervi può causare dolore
muscolare locale, spasmo più prolungato e/o in generale una tensione all’Hamstring. E’
necessario un trattamento Osteopatico delle articolazioni del tratto lombare e sacro-iliaco.
• Problemi al menisco del ginocchio. L'Hamstring lavora per stabilizzare l’articolazione del
ginocchio durante il ciclo della corsa. Un’alterazione alla biomeccanica dell’articolazione del
ginocchio causato dall’ intrappolamento o degenerazione del menisco può portare ad un carico
eccessivo dell’Hamstring, e di conseguenza al trauma. E’ necessaria la restaurazione della
funzione completa del ginocchio per impedire la tensione ricorrente dell’Hamstring.
• Aderenze e/o tensioni del tessuto neurale. La perdita di mobilità ed il susseguente aumento della
sensibilità del tessuto neurale (particolarmente delle radici nervose lombo-sacrali) possono
predisporre i corridori a ricorrenti tensioni dell’Hamstring. Questo è specialmente rilevante
quando si fa uno sprint o si cambia il passo. La mobilizzazione dei tessuti neurali da un Osteopata
qualificato e gli stretching sono indicati per ridurre l’incidenza della tensione neurale.
• Variazioni posturali. Una iperlordosi (curvatura della spina lombare) lombare causa un aumento
della tensione dell’Hamstring a riposo. Questo fa si che l’ Hamstringsia funzionalmente più teso
e più inclinato a affaticarsi presto. Le anormalità posturali dovrebbero essere risolte attraverso la
correzione degli squilibri del muscolo con manipolazioni Osteopatiche, lo stretching ed il
rinforzamento.
• Stile di corsa non corretto. Come menzionato prima, l’Hamstring lavora duramente durante tutta
la corsa. Uno stile di corsa scarsamente coordinato può provocare la fatica precoce, ed il trauma.
Un modello diverso d’andatura può essere necessario. Le falcate ampie devono essere corrette,
specialmente quando si corre in salita o in discesa.
• La perdita dell’indice di rapporto normale tra il quadricipite e l’Harmstring. Lo sviluppo eccessivo
del quadricipite può produrre una forza anormale all’Hamstring, particolarmente quando c’è una
perdita di coordinazione causata dalla fatica. Questo è un problema molto comune negli atleti che
mescolano il ciclismo con la corsa (i triatleti). Il ciclismo provoca lo sviluppo esagerato del
quadricipite che può predisporre l’atleta ai traumi dell’Hamstring, particolarmente quando corre.
Può anche avere una debolezza già esistente dell’Hamstring. Lo squilibrio dell’indice di forza tra il
quadricipite e l’Hamstring dev’essere corretto per evitare la ricorrenza del trauma. E’ essenziale
fare la prova di forza isokinetica ed un programma di riabilitazione efficace.
La prova isokinetica
La prova di forza isokinetica è ampiamente usata come un indicatore di recupero in seguito ai
traumi muscolari. La prova si svolge con una macchina conosciuta come un dinamometro
isokinetico. Il macchinario permette che l’hamstring sia testato lungo l’intero movimento del
ginocchio, con la valutazione della forza concentrica, eccentrica e isometrica (statica). La
resistenza del muscolo d’Hamstring può essere valutata, insieme alla forza eccentrica e all’indice
di rapporto tra il quadricipite e l’Hamstring, questo è particolarmente rilevante per i corridori. La
prova isokinetica permette che le debolezze specifiche siano identificate. Questo permetterà che
un programma di rinforzamento individuale sia in armonia con trattamento di riabilitazione dei
propri problemi specifici, e favorirà una riabilitazione effettiva.
In fine, una volta che tutti i diversi fattori sono stati identificati e avete finito il processo di
riabilitazione, ricordatevi di ritornare a correre lentamente e con costanza. Mantenetevi liberi dai
traumi, facendovi fare, una due volte l’anno, l’esame posturale da un Osteopata qualificato.
SPLINTS DI SHIN (PERIOSTITIS)
Che cosa sono splints dello shin?
Gli splints di Shin è il nome generale dato a dolore alla parte anteriore del piedino più
basso. Gli splints di Shin è una diagnosi non in sé ma una descrizione dei sintomi di cui
ci potrebbero essere un certo numero di cause. La causa più comune è infiammazione
del periostium della tibia (fodero che circonda l'osso). Le forze della trazione si
presentano dai muscoli del piedino più basso sul periostium.
I sintomi degli splints dello shin includono:
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Eccedenza di tenerezza la parte interna dello shin.
Abbassare il dolore del piedino.
A volte un certo gonfiamento.
Grumi ed urti sopra l'osso.
Fare soffrire quando le punte o il piede sono piegati verso il basso.
Un'eccedenza di rossore la parte interna dello shin.
Che cosa può l'atleta fare circa gli splints dello shin?
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Applicare il ghiaccio o la terapia fredda nelle fasi iniziali quando è molto doloroso.
La terapia fredda riduce il dolore e l'infiammazione. La terapia fredda può essere
applicata. Le più informazioni sull'applicazione del ghiaccio o cryotherapy possono
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essere vedono nella riabilitazione degli splints dello shin. Scattar per le informazioni
più dettagliate sulla terapia fredda.
Portare i sottopiedi ammortizzanti in pattini.
Effettuare la idoneità con altra non esercitazioni del cuscinetto del peso.
Applicare il calore ed usare un supporto del fermo o dello shin e del vitello di calore
dopo la fase acuta iniziale e specialmente prima dell'addestramento. Ciò può fornire
il supporto e la compressione al helping più basso del piedino per ridurre lo sforzo
sui muscoli. Inoltre mantennrà il calore naturale dei corpi. Riscaldare i vasi
sanguigni di cause per dilate e gli aumenti il flusso di anima ai tessuti.
Visitare una clinica di ferita di sport per il trattamento e la riabilitazione.
Che cosa può una clinica o un medico di ferita di sport fare?
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Prescrivere il farmaco antinfiammatorio per esempio ibuprofen. (Consultare sempre
un medico prima della presa del farmaco).
Registrare la caviglia per supporto. - Registrare portato tutto il giorno permetterà
che lo shin si riposi correttamente prendendo la pressione fuori dei collegamenti del
muscolo.
Analizzare lo stile corrente per la pronazione eccessiva ed altri problemi
biomeccanici del piede.
Le tecniche di massaggio di sport di uso sullo scompartimento profondo posteriore
del muscolo ma evitano il periostium inflamed.
Funzionare
Importante
•
Le droghe antinfiammatorie con resto e ghiaccio possono contribuire a ridurre
l'infiammazione, specialmente nelle fasi iniziali. Tuttavia se le cause di fondo quali i
muscoli stretti non sono trattate con le tecniche di massaggio di sport e di
allungamento allora il likelyhood del rinvio di ferita è più alto.
TRAUMA TIBIALE ANTERIORE
I corridori possono subire molti traumi tra i più comuni:
Tendine d’Achille, Tendinite rotulea, Shin Splints, Fascite
Plantare, Traumi all’Hamstring, Traumi al Quadricipite,
rotatori esterni del tratto Ileotibiale e traumi alla schiena
sono appena alcuni esempi. Molti di questi traumi sono
prevenibili se si fa il corretto stretching e gli esercizi per
equilibrare i muscoli. Spesso si riscontrano delle disfunzioni
nelle articolazioni delle anche e/o lungo il rachide che
impediscono alle immense forze sviluppate durante la corsa
di essere dissipate completamente dal corpo. La scarsa
capacità di movimento d’alcune articolazioni significa la
compensazione altrove, usualmente in una corsa breve questo può non causare un problema,
tuttavia quando si parte per lunghe corse, come una maratona, il trauma apparirà nel punto più
debole.
Le scarpe da corsa corrette per il peso e la dimensione del vostro corpo sono essenziali,
ricordatevi che la maggior parte delle scarpe perdono 50% della loro capacità di assorbimento
dello shock entro le prime 50 chilometri. Per quanto riguarda questioni varie concernente ai
corridori come lo stretching e la corsa visita questo nostro sito.
Nel nostro studio offriamo un check up completo della biomeccanica del corpo dei corridori, e se
necessario prescrizioni ortottiche.
• PERIOSTITE TIBIALE
La Periostite tibiale è dovuta alla infiammazione del tendine peroneale posteriore a metà della
gamba vicino alla tibia. E' frequente nei maratoneti e nei corridori.
La periostite tibiale è una patologia infiammatoria che colpisce la membrana connettivale
(periostio) che avvolge la tibia, nelle aree in cui si inseriscono i muscoli soleo e tibiale posteriore e
la fascia che le ricopre (è anche nota come sindrome mediale della tibia, sindrome del muscolo
soleo o del muscolo tibiale posteriore).
La causa più probabile è rappresentata dall'infiammazione della fascia e del
periostio. L'attività sportiva favorisce l'insorgenza dell'infiammazione sia per le
forti sollecitazioni a carico dei tendini di soleo e tibiale posteriore sia per
un'eccessiva pronazione nell'appoggio del piede. La sindrome provoca dolore
nella parte interna della gamba, inizialmente in occasione degli allenamenti;
gradualmente il dolore può persistere anche a riposo.
Le cause più frequenti
Nel runner le cause più frequenti sono:
• iperpronazione del piede. La caduta dell'arco causa infiammazione dei muscoli elevatori del
piede.
• abbinamento con altri sport (basket e, in linea del tutto teorica, salti)
• combinazione di lunghe distanze con scarpe non idonee (poco ammortizzamento)
• corsa in discesa
• sovrappeso
• marcata dismetria che provoca un'errata distribuzione del carico.
L'esame obbiettivo rileva la presenza di dolore alla pressopalpazione, mentre l'esame radiografico
consente di individuare situazioni anormali a carico del periostio. La scintigrafia ossea dà invece
esito negativo e consente di escludere altre patologie, come le fratture da stress. Il periodo di stop
consigliato è di 30 gg (nel frattempo crioterapia e radiografia per evidenziare irregolarità e
ispessimenti del periostio). Se il problema permane, l'ortopedico potrà consigliare esami più fini
(risonanza o scintigrafia per escludere fatture da stress), intervenendo con mesoterapia e
infiltrazioni locali. L'uso di plantari durante la fase riabilitativa non ha invece senso; molto più
logico riprendere la corsa solo a guarigione avvenuta per evitare che una ripresa a infortunio in
corso supportato da terapia non faccia altro che:
a) rendere inutile la terapia
b) prolungare all'infinito il problema
c) nascondere le vere cause dell'infortunio
La ripresa dovrà essere preceduta dal ripristino della muscolatura (soprattutto il tibiale anteriore),
dalla scelta di scarpe adeguate ed eventualmente (soprattutto per chi ha contratto l'infortunio al
primo approccio con la corsa) dalla scelta di ortesi plantari.
• SINDROME DELLA BANDA
ILEOTIBIALE
Definizione:
Dolore e infiammazione nella parte esterna del ginocchio, dove la
banda Ileotibiale (un muscolo nella parte esterna della coscia)
diventa fibrotico è il risultato di una sindrome da frizione dovuta
dallo sfregamento del muscolo contro il femore quando passa
lungo il fianco dell’articolazione del ginocchio.
Sintomi:
Inizialmente, si sente un dolore sordo entro i primi 1-2 chilometri di una corsa, che rimane
durante l’allenamento. Il male scompare appena finisce la corsa; più tardi, un forte dolore acuto
che impedisce il continuare la corsa, il dolore è peggiore nelle corse in discesa o in circuiti
circolari, il dolore può essere presente nel salire e scendere le scale. Vi può essere dolenzia locale
ed infiammazione.
Cause:
Qualsiasi movimento che causa alla gamba un piegamento interno ed od una intrarotazione stira
la ITB contro il femore, un’eccessiva pronazione (piede eccessivamente intraruotato nell’impatto al
suolo) irrigidisce il muscolo ileotibiale, scarso esercizio di stretching, scarpe da corsa non adatte
od usurate, eccessiva corsa in collina (in special modo in discesa) corsa su circuiti circolari e sovra
allenamento.
Trattamento
Auto-trattamento:
Fermare gli allenamenti, specialmente nei casi in cui il dolore è forte, se il
dolore è leggero ridurre i carichi d’allenamento e d’intensità, comunque, in
ogni caso evitare assolutamente di correre i percorsi in discesa e su piste
circolari.
Applicare ghiaccio per dieci minuti ogni due ore per ridurre l’infiammazione.
Quando è possibile automassagiare la zona con un olio all’arnica lungo la
parte esterna della coscia. Non massaggiare assolutamente il lato del
ginocchio dove si trova il dolore, altrimenti si aggraverà la situazione. Fare
lo stretching dell’ITB, mantenere 30 secondi e poi lentamente rilassare.
Ripetere su entrambe gambe due o tre volte al giorno. Riprendere gli
allenamenti della corsa gradualmente. In tutto per guarire necessitano dalle 3 alle 6 settimane.
Esercizi alternativi:
Nuotare, spinning, fare del ciclismo usando dei rapporti bassi. Evitare qualsiasi esercizi che
portano tensione alla ITB, specialmente evitare il movimento di salire e scendere le scale.
Misure preventive:
Fare lo stretching dell’ITB, del quadricipite, dell’hamstring e dei glutei medio, piccolo e grande.
Mantenere ogni allungamento per 30 secondi e poi rilasciare lentamente. Ripetere ogni stretching
2 – 3 volte al giorno e soprattutto ricordarsi de farlo per bene prima di correre. Rinforzare il
quadricipite, l’hamstring e i muscoli del polpaccio.
Indossare scarpe da corsa corrette, e se necessario calzare ortottici per prevenire un’eccessiva
pronazione. Aumentare gradualmente il programma d’ allenamento, evitare la corsa in discesa e
piste circolari (comunque impegnare la parte più piana della pista) e inserire dei riposi nel
programma d’allenamento.
• TENDINITE D'ACHILLE
Definizione:
Infiammazione del Tendine d’Achille: è il più grande
tendine che collega i due maggiori muscoli del
polpaccio (gastrocnemius e soleus) alla porzione
posteriore dell’osso calcaneare. Sotto elevato stress
il tendine si irrigidisce e è obbligato a lavorar troppo
duramente. Tutto ciò causa un’infiammazione che è
appunto la tendinite e nel tempo può produrre
tessuti cicatriziali che sono nettamente meno
flessibili del tendine stesso. Se il tendine d’Achille
infiammato continua ad essere stressato esso può
arrivare ad una vera e propria rottura.
Sintomi:
I sintomi principali della tendinite d’Achille sono: un
dolore sordo o tagliente ovunque lungo la porzione
posteriore del tendine, in special modo verso il
calcagno, una limitata flessibilità della caviglia,
calore e rossore nella zona dolente, un nodulo (formato da tessuto cicatriziale) che può essere
palpato lungo il tendine e un suono crocchiante (tessuti cicatriziali che strusciano contro il
tendine) durante il movimento della caviglia.
Cause:
Muscoli del polpaccio tesi ed affaticati, che trasferiscono il peso dalla corsa al tendine d’Achille.
Questo può essere causato dallo scarso stretching, il rapido aumentare della distanza, o un lavoro
eccessivo di velocità o corsa in salita, tutto ciò stressa il tendine d’Achille più di ogni tipo di altra
corsa. Scarpe da corsa non flessibili che in alcuni casi forzano il tendine a torsioni, corridori che
pronano eccessivamente (piedi che ruotano interiormente all’impatto col suolo) sono anche essi
cause per la tendinite suddetta.
Trattamento:
Auto-trattamento:
Fermare la corsa ai primi sintomi. Applicare ghiaccio per dieci minuti ogni due ore per ridurre
infiammazione. Evitare la distribuzione di carichi sull’arto che ha il tendine d’Achille infiammato,
tenere il piede elevato e quando è possibile automassagiarsi la zona con una crema all’arnica.
Massaggiare con movimenti semi-circolari in tutte le direzioni allontanandosi dai tessuti dolenti,
una volta che il nodulo è andato via massaggiare tre volte al giorno, fare stretching del muscolo
del polpaccio gentilmente e non riprendere la corsa fino a che non si è in grado di flettere e
stendere completamente il piede sottocarico e di fare dei salti senza accusare dolore, tutto ciò
normalmente richiede dalle sei alle otto settimane se iniziato ai primi sintomi. Consigliatevi
comunque con il vostro Osteopata di fiducia
Esercizi alternativi:
Nuotare, spinning, fare del ciclismo usando dei rapporti bassi.
Misure preventive:
Stretching del gastrocnemius (mantenere il ginocchio esteso), e del soleus (mantenere il ginocchio
flesso). Mantenere ogni stretch per 30 secondi e poi rilassare lentamente. Ripetere questo
esercizio due o tre volte al giorno. Ricordarsi di fare per bene lo stretching prima di correre e di
fare gli esercizi di potenziamento del piede e dei muscoli del polpaccio, usare scarpe corrette e se
necessario ortottici per prevenire l’eccessiva pronazione. Fare un programma di allenamento
graduale, evitare un eccessivo allenamento in salita e ricordarsi soprattutto di inserire riposi nel
programma di allenamento.
• TENDINE D’ACHILLE
E’ il robusto tendine che si inserisce sul calcagno originando dai muscoli della
loggia posteriore della gamba; esso ha il compito di trasmettere la forza originata
da tali muscoli allo scheletro ed è implicato costantemente durante la
deambulazione, la corsa ed il salto. Esistono, come nel caso della cuffia dei
rotatori, delle strutture che si interpongono tra osso e tendine per diminuire
l’attrito durante il movimento chiamate borse; esse possono andare incontro a
fenomeni irritativi satelliti dell’infiammazione tendinea. Il sintomo principale è il
dolore lungo il decorso del tendine, talora avvertito nella regione calcaneare,
inizialmente legato allo sforzo atletico ed in seguito presente anche a
riposo.Spesso si accompagna edema dei tessuti peritendinei ed irritazione delle
borse lungo il tendine con deformazione del normale profilo anatomico ed
apparente scomparsa dei margini del tendine stesso. Un ruolo importante nella
tendinite del tendine d'achille giocano le calzature, il fondo su cui si pratica
l’attività sportiva, la conformazione anatomica del piede e la coordinazione del
movimento.
Diagnosi
La diagnosi, oltre che sull’esame clinico, si basa su indagini radiografiche, per escludere
alterazioni ossee che sostengano la patologia, e su indagini ecografiche che documentino il
grado di lesione del tendine.
Terapia
La terapia, oltre al riposo articolare, consta di somministrazione di antinfiammatori, terapia
fisica (ultrasuoni), fisiokinesiterapia, talora la prescrizione di particolari ortesi atte a tutelare da
sollecitazioni il tendine. La terapia chirurgica viene riservata ai casi di cronicizzazione della
patologia in cui vi sia necessità di asportare il tessuto degenerato.
• TENDINE DEI PERONIERI E DEL TIBIALE
POSTERIORE
Interessa robusti tendini che dalla loggia posteriore della gamba si
inseriscono sul piede rispettivamente al lato esterno ed al lato interno
della caviglia, passando sotto i rispettivi malleoli. La loro funzione è di
stabilizzazione e flessione plantare del piede durante il cammino, la
corsa ed il salto; le cause d’irritazione sono per la gran parte simili a
quelle che colpiscono il tendine d’Achille. Il segno clinico è il dolore
durante l’attività sportiva accompagnato a volte da tumefazione delle
regioni sottomalleolari.
Diagnosi
La diagnosi si basa sulla visita clinica integrata da esame radiografico
ed ecografico.
Terapia
La terapia consiste in riposo funzionale, antinfiammatori, fisiokinesiterapia ed eventuali ortesi.
• TENDINOPATIA ACHILLEA
Il tendine di Achille ha una cattiva irrorazione: se danneggiato la riparazione
è lenta.
La causa della tendinopatia achillea è la iperpronazione del piede. L'arco
mediale cede e stira il tendine di Achille.
Cura: un adeguato plantare footclinic con un rialzo a livello calcaneare così
che il tendine e' messo a riposo
• DISTORSIONE CAVIGLIA
La distorsione di caviglia produce un danno legamentoso, più o meno complesso a seconda del
numero di legamenti coinvolti, la cui estensione e gravità viene quantificata in tre gradi.
L'articolazione tibio-tarsica è un’ articolazione assai esposta al rischio di lesioni acute al complesso
legamentoso sia interno (mediale) che esterno (laterale).
Articolazione tibio-tarsica
L’articolazione è composta dal complesso tibio-peroneale entro cui bascula, nei movimenti di flesso
estensione e rotazione del piede, l’astragalo.
La stabilità e la congruità articolare di queste ossa durante l’esecuzione del movimento è assicurata
dall’integrità di questi complessi legamentosi.
Distorsione
La distorsione di caviglia produce un danno legamentoso, più o meno complesso a seconda del numero di
legamenti coinvolti, la cui estensione e gravità viene quantificata in tre gradi.
Legamenti dell'articolazione tibio-tarsica superiore
In seguito al trauma comparirà una marcata tumefazione della regione malleolare colpita, accompagnata da
vivo dolore che spesso impedisce l’appoggio del piede a terra.
Nelle distorsioni di I grado spesso basta il riposo articolare , integrato da terapia anti infiammatoria, seguito
da cicli di terapia fisica (ionoforesi, laser) e fisiocinesiterapia; la ripresa dell’attività sportiva sarà consentita a
quadro clinico risolto.
Nelle lesioni di II grado in cui la compromissione dell’integrità legamentosa è più grave rispetto al
precedente è opportuno procedere ad immobilizzazione per 4 settimane, a cui seguirà un intenso
programma riabilitativo.
Le lesioni di III grado, ovvero la rottura completa del legamento, prevedono la terapia chirurgica seguita da
periodo di immobilizzazione.
• METATARSALGIA
Che cosa è la metatarsalgia?
Le ossa metatarsali sono le ossa lunghe del piede. Si trovano tra le ossa che formano la
caviglia (ossa tarsali) e le ossa delle dita (falangi). La metatarsalgia è il dolore che si sente alle
ossa lunghe del piede, specialmente a livello della testa, o punta.
Come insorge?
La metatarsalgia insorge tipicamente a causa dell’eccesso di attività di carico come correre,
saltare o camminare. Può insorgere anche semplicemente a causa di un nuovo paio di scarpe,
soprattutto se con il tacco alto. Ci sono persone in cui le punte di alcune ossa metatarsali sono
più inclinate verso il basso, rispetto alla norma, per cui più facilmente sono causa di dolore.
Quali sono i sintomi?
Dolore a metà del piede, in particolare “sopra” le ossa.
Come viene diagnosticata?
Lo specialista esamina il piede ed ordina una radiografia dello stesso per verificare che non vi
siano fratture. Nel caso in cui non si evidenzino fratture si tratta di metatarsalgia.
Come si cura?
Si può trattare con farmaci anti-infiammatori. Lo specialista può consigliare l’utilizzo di un
plantare da posizionare sotto la zona metatarsale dolente. Spesso vengono prescritti dei
supporti dell’arco plantare personalizzati. Durante la riabilitazione è necessario sostituire lo
sport e le attività abituali con altre che non peggiorino la situazione. Per esempio nuoto o
bicicletta al posto della corsa o della marcia.
Quando potrò tornare a praticare il mio sport o altre attività?
Lo scopo della riabilitazione è quello di ritornare a praticare sport o altre attività prima
possibile, ma in tutta sicurezza. Se è troppo presto si rischia di peggiorare la situazione e
questo potrebbe portare ad una lesione permanente. Ognuno di noi ha tempi di recupero
diversi. Ritornare a praticare il proprio sport, o attività, dipenderà dalla rapidità con cui guarirà
il piede, non dal numero dei giorni o delle settimane passate dopo la lesione. In genere più è
lungo l’intervallo tra l’insorgenza dei sintomi e l’inizio della terapia e più sarà lento il recupero.
Potrai tornare a praticare il tuo sport in sicurezza quando risponderai con un “sì” alle seguenti
affermazioni:
hai una completa mobilità del piede malato ed è uguale a quella del piede sano.
Puoi saltare con entrambi i piedi senza avvertire dolore. Puoi saltare solo con il piede malato
senza dolore.
Come prevenire la metatarsalgia?
La migliore prevenzione è indossare scarpe comode, che calzino bene.
• PUBALGIA
La Pubalgia è una Sindrome dolorosa della griglia pelvica localizzata in special modo nella
sinfisi pubica; essa colpisce principalmente gli atleti e le donne in gravidanza. Sebbene tra gli
sportivi l’incidenza maggiore è tra i giocatori di calcio essi non sono i soli a soffrirne, infatti,
schermitori, atleti dediti alla corsa, ballerini, tennisti e fantini spesso vengono nel mio studio
accusando quel fastidiosissimo dolore pubico. Questo problema è associato con diversi gradi di
lesione dei muscoli della zona frontale/bassa dell’addome, della sinfisi pubica e degli adduttori.
La diagnosi clinica è confermata dalla RX, che può solo mostrare anomalie radiologiche
dell’articolazione pubica nei casi di osteo-artropatie microtruamatiche pubiche o di tendiniti
delle inserzioni. Le anomalie si rilevano prima nella scintigrafia che negli esami radiologici e
così anche i miglioramenti saranno evidenti prima nell’esame scintigrafico che nel RX. Una RMN
può essere utile per diagnosticare una lesione dei muscoli addominali o degli adduttori, e può
anche evidenziare una lesione della sinfisi pubica. E’ sempre bene avere prima un approccio
Osteopatico della pubalgia e solo dopo, nel caso del suo fallimento o di dolorose recidive,
giungere al trattamento chirurgico, il metodo Nesovic, che viene eseguito bilateralmente.
Pubalgia e Sport
La forma che generalmente interessa gli sportivi è quella della pubalgia da sindrome rettoadduttoria e spesso, la pubalgia negli atleti è la conseguenza di altri fattori legati ad alterazioni
statiche e dinamiche del rachide, del bacino e degli arti inferiori; infatti, l’iperlordosi lombare,
la displasia congenita dell’anca, la dismetria degli arti inferiori sono tra le cause più frequenti
che possono determinare l’insorgenza della pubalgia; una delle cause predisponenti più
comuni è comunque la asimmetria del bacino, che può evidenziarsi con un attento Esame
Posturale Osteopatico.
La zona pubica è molto spesso il punto d’incontro-scontro delle forze che arrivano dal basso
(l'impatto al suolo) e di quelle discendenti (peso del tronco). Per l'atleta, tutto procede bene
finché i suoi muscoli hanno una lunghezza ed un'elasticità tali da consentire l'assorbimento di
questi impatti, mantenendo una coordinazione ottimale.
Spesso la causa delle pubalgie sono i muscoli posteriori della coscia (hamstring), che si
sviluppano eccessivamente e si accorciano, impedendo così al ginocchio di estendersi
correttamente ad esempio mentre si corre, in questo modo i muscoli adduttori non trovano più
lo spazio biomeccanico per lavorare in modo corretto: si contraggono e s’irrigidiscono.
Il movimento non riesce più ad essere ampio e fluido, come sarebbe invece necessario nella
performance atletica; durante l’attività sportiva il corpo ha bisogno di dispiegarsi per esprimere
la sua massima potenza ed invece, in questo caso, viene sollecitato mentre è bloccato. La
griglia pelvica ed in special modo la sinfisi pubica sono l’incrocio di spinte di forze
contrapposte, rendendoli facilmente vulnerabili.
Nel momento in cui uno o più gruppi muscolari diventano ipertonici s’instaurano delle
congestioni, che alterano il corretto metabolismo muscolare.
Al tatto gli adduttori saranno molto più dolenti degli ischio-crurali della coscia, ma sono proprio
questi ultimi che devono avere la precedenza nell'essere trattati, allungati e rimessi in fase,
altrimenti gli adduttori non riusciranno mai a riprendere correttamente la loro funzionalità nella
biomeccanica.
Pubalgia e Gravidanza
Uno dei problemi che maggiormente affliggono le donne durante la gravidanza è la pubalgia.
Talvolta alcuni terapisti, poco informati a riguardo, hanno liquidato le loro pazienti, che si
lamentavano di questi dolori, dicendo loro che era un segno evidente della necessità di un
parto cesareo; ma tutto ciò non è assolutamente vero! Durante la gravidanza i movimenti di
nutazione e contronutazione apportano grandi stress alla griglia pelvica, e nel caso in cui già
da prima vi fosse una restrizione nel movimento articolare, magari silente, è ovvio che durante
la gravidanza si manifesti in forma dolore. Ecco perché, sarebbe sempre bene fare controllare,
da un Osteopata qualificato, la propria postura.
La sinfisi pubica e le articolazioni Sacro-iliache giocano un ruolo molto importante durante la
gravidanza, in quanto la loro flessibilità permette alle ossa di muoversi liberamente in modo
tale da permettere al feto di svilupparsi e muovere in maniera ottimale, e di consentire un
parto meno traumatico, il tutto viene facilitato, durante la gravidanza, dagli ormoni relaxina e
progesterone che aiutano i legamenti del vostro corpo ad essere più elastici del solito.
Riassumendo la pubalgia, nelle donne in gravidanza, è causata da una restrizione
biomeccanica della griglia pelvica e/o da uno squilibrio ormonale; essa può essere di vari livelli
ed intensità di cui quella più comune in gravidanza prende il nome di Diastasi della Sinfisi
Pubica o DSP.
Relazione tra malposizione del feto, taglio cesareo e Problemi biomeccanici della griglia pelvica
Recenti ricerche hanno rilevato un collegamento tra il malposizionamento del feto, e poi quindi
tutte le sue ben note conseguenze, ed il disallineamento delle ossa, e quindi articolare, della
griglia pelvica della madre gestante.
Tra i malposizionamenti abbiamo:
• Podalico(di piedi o di sedere), il 20/25%.
• Occipite posteriore(la testa è in basso ma guarda lo stomaco della madre invece della sua
schiena), il 10%.
• Testa piegata da un lato, in modo tale che il feto si presenta principalmente con i parietali
piuttosto che con la parte alta della testa.
• Posizionamento del feto con le mani e le braccia sul viso.
Tutti questi malposizionamenti tendono a causare gravidanze e travagli molto difficili e dolorosi
sia per la madre che per il feto, portando come conseguenza l’uso del forcipe, ormai poco
usato, e del taglio cesareo.
Sintomi
I sintomi della DSP variano da persona a persona, comunque ve ne sono di comuni come:
fastidio e dolore nella zona pelvica, un dolore interno; e spesso molte donne se palpate anche
delicatamente provano dolore.
Ogni attività che implichi il sollevamento o la separazione di una gamba provoca dolore,
perfino lo stesso sollevare la gamba per infilarsi i pantaloni, o l’uscire dall’auto, il sedersi od il
sollevarsi da/su una sedia, il salire le scale diventano penosi.
Molti movimenti diventano impossibili quando si soffre di pubalgia. Sebbene il dolore sia il
sintomo più comune molte donne hanno anche una sensazione di essere bloccate a livello del
bacino, le loro anche sembrano non muoversi.
Riassumendo i sintomi principali della DSP sono:
• Dolore pubico.
• Dolenzia al tatto del pube.
• Dolore alla bassa schiena, specialmente nell’area sacro-iliaca.
• Difficoltà a girarsi nel letto.
• Difficoltà a salire e scendere le scale, salire e scendere dall’automobile etc.
• Schiocco nel bacino quando si cammina, dovuto al tendine non all’articolazione.
• Andatura ondeggiante.
• Difficoltà nel prendere il passo, specialmente dopo il risposo.
• Problemi alla vescica(incontinenza temporanea).
• Alterazioni somatiche della sinfisi pubica percepibili al tatto di un esperto Osteopata.
Consigli per alleviare i dolori da pubalgia
1. Usate un cuscino in mezzo alle gambe quando risposate a letto.
2. Durante la gravidanza usate un cuscino anche sotto il sedere.
3. Cercate di mantenere le gambe parallele e simmetriche il più possibile quando vi muovete a
letto.
4. Usate dei materassi tipo Tempur.
5. Praticare del nuoto, aiuta ad alleggerire le tensioni sulle articolazioni.
6. Fate della ginnastica aerobica in acqua.
7. Quando si è in posizione eretta e fermi cercare di distribuire il peso del corpo in maniera
uguale su entrambe le gambe.
8. Vestitevi da seduti specialmente quando indossate pantaloni o biancheria.
9. Evitate di mettervi seduti a “cavalcioni”.
10. Nel salire e scendere dall’automobile muovete le gambe insieme e non separatamente.
11. Per ridurre il dolore e l’infiammazione, applicate nella zona borse di ghiaccio.
12. Fate movimenti delicati, evitate assolutamente movimenti bruschi.
13. Evitate di sollevare pesi da terra.
14. Evitate attività sportive che comportino abduzione degli arti inferiori.
15. Consigliatevi con il vostro Osteopata di fiducia.
L’Osteopatia con le sue tecniche è il rimedio elettivo nel caso di Pubalgia, grazie ad essa si
riesce ad riallineare le ossa articolari, i legamenti, ed i tessuti molli (miofascia, connettivo etc)
riportandoli al loro movimento fisiologico. L’Osteopata è preparato ad avere una visone
globale dell’intero corpo umano vedendolo come un tutto uno biomeccanico dove il movimento
è Vita. Nel caso specifico della Pubalgia si troverà spesso uno “shear” inferiore o superiore
della sinfisi pubica che con poche e precise manipolazioni, non dolorose, verrà risolto,
ovviamente il movimento dell’articolazione del pube dovrà poi essere integrato in tutta la
biomeccanica delle varie articolazioni del corpo e del movimento viscerale.
• BORSITE DELL'ANCA
Che cosa è borsite dell'anca?
Sulla parte esterna dell'anca sono due bursas. Quello esterno può essere inflamed
da un colpo o da un effetto diretto. Uno dei due può essere inflamed da attrito
causato da overuse. L'infiammazione a Bursa significherà che gonfierà in su. Se
pronate dell’ eccedenza allora voi siete più suscettibili di questa ferita.
I sintomi della borsite dell'anca includono:
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Fare soffrire sulla parte esterna dell'anca che è più difettosa durante
funzionare?
Fare soffrire quando introducete sulla parte esterna dell'anca?
Dolore e gonfiamento intensi sulla parte esterna dell'anca?
Dolore che si irradia giù la coscia alla notte?
Che cosa può l'atleta fare circa la borsite dell'anca?
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Riposar fino a che non ci sia dolore.
Applicare il ghiaccio alla zona.
Funzionare soltanto su piano, persino superfici.
Vedere un professionista di ferita di sport.
Che cosa può un esperto o un medico di ferita di sport fare?
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Attaccare un ago a Bursa ed eliminare il liquido (aspirarlo).
Prescrivere il farmaco antinfiammatorio per esempio ibuprofen.
Dare un'iniezione steroide seguita da resto.
Controllare per vedere se avete bisogno del orthotics.
Funzionare se è una ferita di lunga durata.
• LA TALLONITE
Il termine tallonite viene comunemente utilizzato per
descrivere una condizione dolorosa del tallone. Nel linguaggio
clinico si preferisce invece parlare di dolore calcaneare o di
tallodinia.
Le cause alla base di tale sofferenza sono molteplici.
All’origine della sintomatologia dolorosa calcaneare possono
infatti esserci patologie traumatiche, metaboliche,
neurologiche e congenite che a loro volta possono colpire le
parti molli (tendiniti, borsiti, infiammazioni tendinee, fasciti) o
quelle ossee (fratture da stress, spina calcaneale, artrosi astragalo calcaneare, tumori).Anche
semplici alterazioni posturali possono modificare l'assetto podalico e la distribuzione del carico
su questa zona determinando la comparsa di tallodinie.
Le cause:
obesità/sovrappeso;artrosi e patologie reumatiche
alterazioni posturali primarie o secondarie
calzature non idonee (sportive, tacchi alti, scarpe anti infortunistiche)
attività sportiva
malattie metaboliche (gotta) e reumatiche (spondilite anchilosante, artrite reumatoide,
condrocalcinosi, psoriasi, ecc)
La tallonite dello sportivo
La tallonite dello sportivo nella maggior parte dei casi insorge a causa delle continue
sollecitazioni e microtraumi subiti dal piede. Si tratta di vere e proprie microlesioni che con il
passare del tempo possono alterare la normale funzionalità del retropiede.
Gli sport più a rischio sono la corsa, il calcio, la pallavolo, il basket, la marcia ed in generale
tutte le discipline che comportano notevoli sollecitazioni alla regione calcaneare. Tale rischio
aumenta con il soprappeso, con la mancanza di allenamento e con l’utilizzo di calzature non
idonee.
Molto spesso le scarpe da tennis che si trovano nei supermercati non sono adatte a sopportare
le fortissime sollecitazioni funzionali subite dal piede durante l'attività motoria. Nei negozi
specializzati in articoli sportivi si possono invece trovare calzature speciali dotate, per esempio,
di shock adsorber, uno speciale materiale situato nel tacco in grado di attenuare le vibrazioni
e lo shock da impatto ripetuto.
Nele donne che indossano scarpe con tacco alto la tallonite può insorgere nel passaggio da una
calzatura all’altra. Infatti la pressione esercitata sul tallone diminuisce all’aumentare
dell’altezza della scarpa. Quando si indossa una calzatura più bassa il tallone può trovarsi
impreparato a sostenere l’aumento di pressione sulle strutture ossee e ligamentose.Non a caso
ai soggetti in sovrappeso o particolarmente pesanti viene consigliato l'acquisto di calzature
sportive a tacco per alleggerire la pressione al retropiede e limitare il pericolo di lesioni. Anche
il terreno sul quale viene praticata l’attività fisica è molto importante poiché superfici
particolarmente rigide come campi sintetici, asfalto e cemento amplificano lo shock da impatto.
Anche scarsa muscolatura e preparazione atletica sommaria possono contribuire alla comparsa
di patologie calcaneari.
GUARIRE DALLA TALLONITE
L'IMPORTANZA DI UNA CORRETTA DIAGNOSI
Come abbiamo visto le patologie a carico del retropiede sono numerose e di svariata eziologia.
Diventa quindi fondamentale diagnosticare il prima possibile la causa del dolore calcaneare
tramite una visita specialistica (esame radiografico, posturale, ecografia, risonanza magnetica,
ecc).
RIPOSO PRIMA DI TUTTO
Fortunatamente le talloniti comuni guariscono nel giro di pochi giorni (1-3 settimane a
seconda del tipo e dell'entità del problema) salvo alcune forme croniche che possono richiedere
tempi di guarigione molto più lunghi.
E’ tuttavia di fondamentale importanza affrontare tempestivamente il problema in modo da
evitare possibili peggioramenti ed allontanare il rischio di paramorfismi compensativi.
Il soggetto colpito da tallonite tende infatti a limitare il carico sul piede dolente adattando la
postura e la deambulazione. A lungo andare tali compensazioni possono causare problemi
anche seri ad altre strutture corporee (bacino, colonna vertebrale e ginocchia).
Si consiglia pertanto di sospendere l'attività motoria ai primi sintomi dolorosi almeno fino a
quando non si sarà ripristinata la normale funzionalità del retropiede. Si consiglia inoltre di
applicare del ghiaccio sulla zona dolente nella fase acuta del trauma.
Inutile e pericoloso continuare gli allenamenti tentando di sopprimere il dolore con antidolorifici
ed antinfiammatori. Sovraccaricare una struttura anatomica già compromessa potrebbe
causare lesioni ben più gravi ed il prolungarsi della patologia potrebbe renderla cronica e quindi
difficilmente curabile.
Se il problema non si risolve dopo aver osservato un periodo di riposo di due settimane è
opportuno svolgere ulteriori indagini per determinare con maggiore precisione l’origine del
dolore. Può capitare infatti che il semplice esame radiografico porti ad un'errata interpretazione
della patologia.
Esercizi di stretching della fascia plantare, del polpaccio e del tendine di achille sono utili
soprattutto in caso di fascite plantare.
• LA BORSITE RETROCALCANEARE
La borsite retrocalcaneare e la borsite sottocutanea sono
infiammazioni che colpiscono la borsa sierosa retrocalcaneare o
quella sottocutanea, che si trovano nella zona di inserzione del
tendine d'Achille sul calcagno, rispettivamente fra il tendine e il
calcagno e in sede sottocutanea.
Questa patologia provoca dolori nella zona del calcagno e/o nella
parte della pianta del piede, anche di notevole intensità. Le borse
interessate sono dolenti alla pressopalpazione e il calcagno è
arrossato e gonfio. Esami ecografici e radiografici permettono di
evidenziare i processi infiammatori e individuare eventuali
patologie associate.
Le cause di queste infiammazioni possono essere:
• di tipo anatomico (spina calcaneare, malattia di Haglund,
piede cavo);
• l'utilizzo di calzature inadatte o usurate;
• allenamenti eccessivi o errati.
Da notare che anche un plantare fatto male (di quelli troppo
spessi che alzano troppo il contatto del calcagno con la scarpa) può provocare una borsite.
Più ostico il primo caso, mentre gli ultimi due possono essere gestiti solamente con un po' di
buon senso: è necessario un periodo di stop di 15-20 giorni circa durante i quali, oltre ad
adottare semplici terapie (crioterapia, pomate antinfiammatorie con bendaggi occlusivi,
antinfiammatori nei primi 2-3 giorni della patologia ecc.), è consigliabile calzare il meno
possibile scarpe che possano irritare le borse (sono consigliate calzature ortopediche aperte
posteriormente); nel caso di permanenza dei sintomi, la visita ortopedica potrà consigliare
mesoterapia o infiltrazioni. In alcuni casi si deve intervenire chirurgicamente per asportare le
borse e modificare il calcagno. Se si rende necessario l'intervento chirurgico la ripresa
dell'attività va affrontata in modo graduale.
Le borse sono delle piccole sacche ripiene di liquido che proteggono le strutture sottostanti da
attriti e sollecitazioni eccessive. Solitamente le borse sono interposte tra due tendini, tra un
osso e un tendine o tra questi e la cute sovrastante.
Nel corpo umano troviamo centinaia di borse, le più importanti si trovano in corrispondenza di
punti strategici e vulnerabili come l'articolazione del ginocchio, della spalla, dei gomiti e
dell'anca. Oltre a proteggere fisicamente queste zone i cuscinetti sierosi migliorano la
distribuzione dei carichi sulle superfici articolari, consentendo al tempo stesso una maggiore
fluidità nei movimenti. Se queste borse non fossero presenti il tendine sfregherebbe sull'osso
deteriorandosi e causando dolore.
Quando le borse subiscono irritazioni eccessive a causa di stress meccanici come sfregamenti
ed impatti ripetuti possono infiammarsi aumentando gli attriti articolari. Tali condizioni,
chiamate borsiti, si dividono in due grandi gruppi: le borsiti infiammatorie e le borsiti
emorragiche. Le prime, più frequenti, possono essere di natura fisica (borsite da sfregamento),
chimica (borsite chimica), o settica (borsite settica). Le seconde insorgono invece in seguito ad
eventi traumatici come cadute ed incidenti.
Anche alcune malattie infiammatorie come l'artrite reumatoide o croniche come la gotta
possono essere causa di borsite.
Borsiti infiammatorie
•
BORSITE DA SFREGAMENTO
Le borsiti da sfregamento o da sovraccarico funzionale sono comuni nello sportivo e in chi
svolge attività lavorative caratterizzate da movimenti ripetuti. In questi casi la borsa sopra alla
quale poggia il tendine si infiamma a causa dell'eccessivo sfregamento e della pressione
meccanica causata dal movimento. Per questo motivo l'esordio della malattia è generalmente
lento ed ingravescente nel tempo. Le borsiti da sfregamento si localizzano prevalentemente
nella regione della spalla, del gomito (gomito da tennista) del ginocchio, dell'anca e della
regione calcaneare.
CAUSE:
movimenti ripetuti
scarpe troppo strette
mancanza di allenamento
DIAGNOSI:
solitamente la diagnosi di borsite viene effettuata tramite un esame obiettivo (o clinico)
valutando la sintomatologia del paziente. Indagini diagnostiche come radiografie e risonanza
magnetica non sono normalmente necessarie ma possono essere effettuate per escludere
eventuali complicanze (fratture osee)
SINTOMI:
L'infiammazione aumenta il flusso di liquido nella borsa che diviene gonfia e dolorante alla
palpazione. Se l'irritazione è particolarmente intensa la cute sovrastante appare calda,
tumefatta ed arrossata. I sintomi caratteristici della patologia sono quindi:
gonfiore
rossore
incremento locale della temperatura
dolore alla palpazione e talvolta al movimento
TRATTAMENTO:
Se non viene curata adeguatamente la borsite tende a peggiorare fino ad evolversi in infezioni
anche piuttosto serie. Per questo motivo è bene non sottovalutare i sintomi sopra riportati.
Inizialmente il riposo è l'arma migliore, si consiglia quindi di:
sospendere immediatamente l'attività fisica o lavorativa che l'ha generata.
evitare di sovraccaricare la regione, alleggerendo al massimo le pressioni esterne e
proteggendola da eventuali traumi
applicare un bendaggio compressivo (allentarlo se avvertite un fastidioso formicolio, o se la
cute assume un colore bluastro)
raffreddare la zona applicando del ghiaccio sull'area interessata, questo trattamento
contribuirà a diminuire il gonfiore e a ridurre l'infiammazione (4 impacchi giornalieri da 5-20
minuti per i primi 2-3 giorni)
Dopo tre o quattro giorni si può applicare una borsa di acqua calda per diminuire il dolore e la
rigidità muscolare (15-20 minuti tre-quattro volte al giorno)
Se dopo una settimana di riposo non vi è una regressione spontanea della sintomatologia è
bene rivolgersi ad uno specialista. Il medico potrà quindi decidere di:
aspirare il liquido in eccesso
applicare infiltrazioni locali di corticosteroidi
prescrivere farmaci antinfiammatori
consigliare alcune terapie fisiche come gli ultrasuoni, massaggi e la crioterapia per favorire la
guarigione
prescrivere antibiotici nel caso la patologia peggiori (infezione e formazione di pus)
consigliare l'intervento di asportazione chirurgica
In genere il dolore comincia a diminuire dopo 4-5 giorni.
Il periodo di stop agonistico dev'essere prolungato sino alla completa scomparsa del dolore; è
tuttavia importante eseguire piccoli movimenti nelle varie direzioni a partire dalla seconda
settimana per evitare che l'immobilità prolungata tenda a "bloccare" l'articolazione
diminuendone la mobilità (da evitare se il dolore non è diminuito)
I tempi di guarigione, salvo complicazione, sono solitamente compresi tra i 7 ed i 14 giorni
PREVENZIONE:
correre su superfici uniformi
eseguire sempre un adeguato riscaldamento prima di iniziare l'allenamento
alternare gesti ed attività lavorative, evitando di compiere ripetutamente lo stesso movimento
correggere eventuali difetti posturali
utilizzare calzature adeguate
evitare sforzi eccessivi non supportati da una preparazione atletica adeguata
•
BORSITI CHIMICHE
Le borsiti chimiche sono causate dall'accumulo di sostanze derivanti da infiammazioni o
processi degenerativi tendinei. I sintomi della malattia assomigliano a quelli precedentemente
descritti. Trattandosi di una patologia particolarmente invalidante la cura è affidata al medico
che tenterà di bloccare l'infiammazione tramite infiltrazioni locali o eventualmente asportando
chirurgicamente la borsa infiammata. Se non trattata la borsite chimica può calcificarsi
compromettendo seriamente la funzionalità dell'intera articolazione.
•
BORSITE SETTICHE
Insorgono quando alcuni batteri entrano in contatto con la borsa sierosa, per esempio
attraverso una lesione cutanea. Se viene diagnosticata una borsite settica è quindi importante
associare ai trattamenti sopra riportati una terapia antibiotica ed un'accurata pulizia della cute
con acqua e sapone.
•
BORSITI EMORRAGICHE
La borsite emorragica o traumatica insorge in seguito ad un violento trauma subito
dall'articolazione. La conseguente lesione può interessare direttamente o indirettamente la
borsa causando un versamento di sangue al suo interno. Il sangue a sua volta causa
un'irritazione locale e nei casi più gravi coagula aumentando gli attriti e favorendo la
calcificazione.
Tale condizione si registra più frequente in sport di contatto come il rugby, la pallacanestro e
l'hockey; anche gli studenti e gli impiegati che tengono i gomiti a lungo appoggiati sulla
scrivania rischiano, a lungo andare, di sviluppare la malattia (gomito dello studente)
Sintomi e trattamento sono simili alle altre forme di borsiti; la prevenzione in campo sportivo e
lavorativo sarà rivolta soprattutto alla protezione delle articolazioni mediante ginocchiere,
gomitiere e polsiere imbottite.
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