La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto
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La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto
G It Diabetol Metab 2015;35:257-263 Rassegna La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto RIASSUNTO S. Esposito, S. Noviello, G. Boccia, F. De Caro, G. De Simone Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Salerno Corrispondenza: prof. Silvano Esposito, UO di Medicina Infettivologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Università di Salerno, largo Città di Ippocrate, 84131 Salerno e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2015;35:257-263 Pervenuto in Redazione il 29-04-2015 Accettato per la pubblicazione il 16-10-2015 Parole chiave: piede diabetico infetto, microbiologia, trattamento Key words: diabetic foot infection, microbiology, treatment Le infezioni del piede diabetico sono una causa comune di ospedalizzazione e di complicanze nei pazienti diabetici. Le infezioni superficiali sono per lo più sostenute da cocchi Gram-positivi, con prevalenza di Staphylococcus aureus. Le infezioni di grado moderato sono sostenute per lo più da batteri piogeni Grampositivi, ma possono associarsi a questi anche batteri Gramnegativi. Nelle infezioni gravi l’eziologia è polimicrobica. Tutte le ferite del piede diabetico infette richiedono un trattamento antibiotico. La terapia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un lato, sul grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di natura epidemiologica. SUMMARY The complexity of antibiotic therapy in diabetic foot infection Diabetic foot infections are a common reason for hospitalization and a cause of complications in patients with diabetes. Mild infections are mostly caused by Gram-positive cocci, with a prevalence of Staphylococcus aureus. Moderate infections are mostly due to pyogenic Gram-positive cocci, but Gram-negative bacteria may also be involved. The etiology of severe infections is polymicrobial. All infected diabetic foot wounds require antibiotics. The initial empirical therapy should be based on the severity of the infection and, secondly, on epidemiological data. Introduzione Il diabete mellito è oggi una delle più comuni malattie non trasmissibili in tutto il mondo e, in molti Paesi in via di sviluppo e di recente industrializzazione, l’epidemia cresce a ritmi vertiginosi(1). Il piede diabetico è stato definito dall’International Working Group on the Diabetic Foot (IWGDF) come: “una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associata ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori (secondo criteri stabiliti dall’OMS)”. Tale definizione, proposta per la prima volta 258 S. Esposito et al. dall’IWGDF, in occasione della prima International Consensus Conference sul piede diabetico, è stata mantenuta nelle successive Conference e ripresa da diversi autori nel corso degli anni(2-4). Tuttavia è interessante notare come il “Gruppo di Studio Piede Diabetico” della Società Italiana di Diabetologia abbia proposto, nel 2000, di modificare tale definizione in “piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica”. In questo modo si estende la definizione a tutti quei soggetti diabetici che in assenza di ulcera sono a rischio di ulcerazione(5). Stime della WHO dicono che circa il 15% dei diabetici andrà incontro nel corso della propria vita a un’ulcera del piede che necessita di cure mediche. Tuttavia il problema più rilevante, legato a un’ulcera del piede nei diabetici, è il rischio di amputazione. Infatti, i principali risultati negativi della gestione del piede diabetico sono le ulcere e le amputazioni(1). Fino all’85% di tutte le amputazioni inizia con un’ulcera; ogni anno circa 4 milioni e più di persone nel mondo sviluppano ulcere del piede diabetico. Le ulcere del piede si verificano sia nel diabete di tipo 1 sia nel diabete di tipo 2(6). La prevalenza annuale di ulcere al piede nella popolazione normale è appena superiore al 2%(1). Invece, nella popolazione con fattori di rischio predisponenti, il tasso annuale di ulcere al piede varia tra il 5% e il 7%(7). Come risultato si ha un rischio di sviluppo di ulcera al piede nel corso dell’intera vita pari al 25%(8). Nell’84% dei casi l’amputazione viene effettuata in conseguenza di un’ulcera del piede che non guarisce e si aggrava con la presenza di infezione. Secondo diversi studi, addirittura il 25-50% di pazienti diabetici riceve un’amputazione immediata al momento della prima visita a causa dell’infezione. In aggiunta, le infezioni sono anche la causa più frequente di ricoveri nei pazienti diabetici(9,10). Pertanto una complicazione grave di un piede diabetico che abbia un’ulcera aperta è l’infezione, spesso la vera causa che porta all’amputazione(9). Classificazione dell’infezione La classificazione delle lesioni associata alla valutazione del livello di gravità dell’infezione consente di impostare il trattamento più adeguato in termini di durata e scelta terapeutica(11-13). L’Infectious Diseases Society of America (IDSA) ha creato un sistema di classificazione semplice che permette di dividere le infezioni in lieve, moderata e grave. Lo scopo più importante di questa classificazione è quello di riconoscere rapidamente i pazienti che rientrano nello stadio “grave”; essi richiedono infatti un’immediata ospedalizzazione, una terapia antibiotica tempestiva per via parenterale ed esami strumentali specifici ed eventualmente una consulenza chirurgica. Risulta ancora utile sottolineare come lo stadio “grave”, correlato con la più alta percentuale di amputazioni, sia accompagnato da segni clinici sistemici (alterazione della pressione, temperatura, acidosi, alterazioni glicemiche ecc.) che rendono evidente che uno studio del paziente nel suo complesso sia importante quanto l’analisi attenta della sola ferita(14). Le infezioni definite “lievi”, da distinguere dalle lesioni clinicamente non infette, sono relativamente semplici da riconoscere; esse interessano epidermide e derma, senza tendenza alla diffusione ai tessuti circostanti o per via sistemica. Con questa classe di lesioni non c’è rischio di amputazione(15). Maggiore difficoltà presenta la definizione di infezione “moderata”; questo termine, infatti, comprende un ampio spettro di lesioni, alcune delle quali possono anche richiedere un trattamento molto aggressivo. Per questo motivo alcuni schemi di classificazione utilizzano i termini di infezione complicata o non complicata come sinonimi di infezioni gravi o moderate. Risulta evidente però che la distinzione tra infezione grave e moderata non si basa tanto sullo stato del piede (simile in entrambe le forme), ma piuttosto sulle condizioni generali del paziente, decisamente compromesse nel primo caso rispetto alle forme moderate(13). Nello specifico, le infezioni moderate possono presentarsi come ulcere superficiali infette, onicomicosi o perionichie suppurative. Per quanto riguarda i tessuti coinvolti, c’è interessamento del derma fino alla fascia muscolare esterna con diffusione locale per contiguità e attraverso il circolo linfatico locale. La forma clinica più frequente è l’ulcera profonda infetta; in questo stadio c’è il rischio di amputazioni minori. Le infezioni gravi sono quelle che, per estensione, oltrepassano la fascia muscolare superficiale, interessando ossa e articolazioni. La diffusione avviene sia prossimalmente con interessamento esteso della gamba sia a distanza per diffusione ematogena con sintomi sistemici. Le infezioni gravi, come detto, sono il maggior determinante di amputazioni maggiori e vengono considerate quadri di emergenza assoluta in questi pazienti. I quadri clinici principali sono: l’ulcera profonda infetta con associati ascessi localizzati, artrite settica, osteomielite e fascite settica necrotizzante del piede o della gamba. L’osteomielite e la fascite settica necrotizzante, per gravità e frequenza, sono i quadri più gravi e di più difficile trattamento(13,16). Microbiologia dell’ulcera infetta I microrganismi coinvolti nell’eziologia del piede diabetico dipendono dal tipo di lesione infetta e dalle caratteristiche specifiche del paziente (terapia antibiotica o altri tipi di trattamenti precedenti; pregressi episodi di ospedalizzazione)(17). I microrganismi aerobi e anaerobi facoltativi rilevati, in ordine di frequenza, sono: Staphylococcus aureus meticillino-sensibile (MSSA) e meticillino-resistente (MRSA), stafilococchi coagulasi negativi, Streptococcus spp., Enterococcus spp., Enterobacteriaceae, Corynebacterium spp. e Pseudomonas aeruginosa. La distribuzione di batteri anaerobi è la seguente: cocchi Gram-positivi, Prevotella spp., Porphyromonas spp., differenti specie del gruppo Bacteroides fragilis. Altri microrganismi ritrovati sono, tra gli aerobi e gli anaerobi facoltativi, Morganella morganii, Enterococcus faecalis, Citrobacter spp. ed Haemophilus spp. Invece, tra gli anaerobi, i più comuni sono: Anaerococcus spp., Bacteroides fragilis, Finegoldia magna, Peptoniphilus spp., Clostridium spp., e Veillonella spp.(13,18). Per quanto riguarda l’eziologia microbica in relazione al grado di infezione, si può affermare che le infezioni superficiali (lesioni lievi della classificazione IDSA) sono per lo La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto più sostenute da cocchi Gram-positivi, con prevalenza di S. aureus. Si riscontrano frequentemente anche Streptococchi beta-emolitici di gruppo A, B, C e G. Viceversa, le infezioni di grado moderato secondo la classificazione IDSA sono sostenute per lo più da Gram-positivi piogeni, ma a questi possono associarsi anche batteri Gram-negativi (Pseudomonas, Acinetobacter). Le ulcere infette hanno quindi una flora polimicrobica comprendente Gram-positivi anaerobi e aerobi facoltativi, Gram-negativi e alcune specie di Candida spp.(19,20). Infine, nelle ulcere infette gravi è stata riportata, in almeno la metà dei campioni, la presenza di batteri anaerobi, spesso in associazione con altre specie. Anche nel caso di infezioni profonde l’eziologia è quindi polimicrobica(18). Relativamente al timing della lesione, nelle ferite recenti, l’infezione di solito è causata da un singolo microrganismo, e il batterio più frequentemente ritrovato è S. aureus, seguito da differenti specie di streptococchi. Per contro, nelle infezioni croniche, sebbene la presenza di S. aureus e Streptococcus sia sempre preponderante, il loro ritrovamento si riduce rispetto a quello delle colture provenienti da infezioni acute; nelle lesioni croniche si rileva un aumento di stafilococchi coagulasi negativi, Enterococcus spp., bacilli Gram-negativi (in particolare P. aeruginosa) e anaerobi(20). I batteri isolati dalle lesioni infette del piede diabetico possono essere dotati di resistenze multiple; i fattori di rischio per questa eventualità sono rappresentati da: precedenti terapie antibiotiche, specialmente se prolungate, frequenti ricoveri in ospedale per il trattamento della ferita, neuropatia, osteomielite e grandi dimensioni dell’ulcera(21,22). Focalizzando l’attenzione sulle singole specie batteriche, si ritiene che S. aureus sia il microrganismo che ostacola maggiormente la guarigione della ferita. Esso, inoltre, tende a formare colonie soprattutto nelle porzioni più profonde dell’ulcera e nei tessuti limitrofi(23). Si ipotizza che nella maggior parte delle infezioni siano l’MSSA e l’MRSA, insieme a Streptococcus spp., i patogeni che danno inizio al processo infettivo. Indirizzare la terapia alla loro eliminazione potrebbe portare alla guarigione della ferita anche senza effettuare un trattamento specifico verso i patogeni commensali. Il rischio di sviluppare resistenza alla meticillina aumenta in caso di ricovero ospedaliero, grandi dimensioni e cronicità dell’ulcera, insufficienza renale cronica, osteomielite e terapie antibiotiche pregresse(24,25). Per quanto riguarda invece gli stafilococchi coagulasi negativi, le specie più comunemente ritrovate sono S. epidermidis, S. lugdunensis e S. haemolyticus. Inoltre, S. epidermidis si ritrova più frequentemente in corso di ulcere neuroischemiche rispetto alle lesioni neuropatiche(26). Il ruolo degli enterococchi è invece controverso(27). In una percentuale significativa di pazienti sono state isolate diverse specie di corinebatteri. Sebbene si sia sempre ritenuto che questi microrganismi avessero un ruolo marginale nelle infezioni del piede diabetico, grazie a studi di biologia molecolare si è dimostrato che essi hanno un ruolo importante nella formazione del biofilm dell’ulcera infetta(28). P. aeruginosa si ritrova abbastanza frequentemente nelle ulcere infette croniche. Tutte le condizioni che possono favorire la macerazione dei tessuti vanno considerate come fattori di rischio per l’infezione da parte di questo microrganismo. Come nel caso degli enterococchi, il ruolo patogenetico di P. aeruginosa non è del tutto chiaro. 259 Il fatto che P. aeruginosa venga ritrovato di frequente nelle colture a eziologia mista non esclude che questo microrganismo possa essere un semplice contaminante o commensale di una lesione la cui patogenesi è da attribuire a un altro microrganismo. Pertanto sarebbe opportuno essere certi che P. aeruginosa non sia il batterio responsabile dell’infezione prima di escluderne con certezza il ruolo eziopatogenetico(29). Diagnosi È fondamentale sottolineare che tutte le lesioni della cute sono contaminate da microrganismi, pertanto la diagnosi di ferita infetta è clinica e, nella maggior parte dei casi, si basa sulla presenza di segni locali e/o sistemici di infiammazione. Quindi, la presenza di febbre, brividi, leucocitosi, secrezioni purulente o almeno due dei segni classici di infiammazione (dolore, calore, arrossamento, edema e functio lesa) sono indispensabili per la diagnosi. L’infezione di solito coinvolge l’avampiede, specialmente sulla superficie plantare e sulle dita. Tuttavia il segno clinico più comune nel caso di ferita infetta del piede in paziente con diabete è l’aumento dell’essudato a livello della lesione(9). La presenza di piede gonfio, ulcera cronica o dita arrossate e tumefatte (dita a “salsicciotto”) dovrebbero sempre indurre il sospetto di infezione. Bisogna tuttavia ricordare che la gravità dell’infezione dovrebbe essere valutata dopo il debridement di eventuali tessuti necrotici o calli. Inoltre, la presenza di leucocitosi neutrofila in associazione all’incremento degli indici di flogosi (proteina C-reattiva e velocità di eritrosedimentazione) può supportare la diagnosi del processo infettivo. Questi indici di flogosi, peraltro, sono utili per il monitoraggio settimanale dei pazienti. Comunque, in circa la metà dei pazienti con infezione del piede diabetico, la presenza di un’ulcera infetta non è necessariamente associata a febbre o alterazioni laboratoristiche indicative d’infezione. Infatti, alcuni pazienti possono mostrare solo un peggioramento della glicemia non accompagnato da peggioramento del quadro clinico(9). Indagini strumentali possono aiutare nella diagnosi e fornire un ausilio importante per la valutazione della profondità della lesione e l’eventuale presenza di raccolte purulente. In particolare, l’utilizzo di una radiografia è necessario per definire la presenza di corpi estranei, gas od osteolisi. Altre indagini strumentali utili per valutare l’estensione del danno potrebbero essere l’ecografia, la RMN o la TC. L’ecografia può in alcuni casi identificare raccolte ascessuali sottofasciali non reperibili facilmente all’esame fisico. La RMN o la TC possono individuare piccole lesioni osteomielitiche non evidenziabili con la radiologia tradizionale. Effettuata la diagnosi clinica di infezione, il passo successivo è determinarne l’eziologia in modo da poter intraprendere un trattamento razionale e appropriato. L’esame colturale deve essere effettuato in profondità, attraverso biopsia o curettage o comunque dopo che la ferita sia stata adeguatamente pulita. Non è consigliabile effettuare un tampone superficiale, specialmente nel caso in cui la ferita non sia stata adeguatamente ripulita, in quanto i risultati ottenuti possono essere poco attendibili. Un tampone superficiale dell’ulcera può portare all’isolamento solo di 260 S. Esposito et al. microrganismi commensali. Campioni ottenuti attraverso curettage o scraping del tessuto alla base dell’ulcera con l’utilizzo di una curette o una lama da bisturi sterile, identificano più precisamente gli agenti patogeni rispetto al solo rolling di un tampone sulla lesione. Anche se l’utilizzo di tamponi è più conveniente dal punto di vista economico e di risparmio di tempo, essi forniscono risultati meno precisi, sopratutto se la ferita non è stata correttamente ripulita. Nei casi in cui sia necessario comunque l’utilizzo di un tampone superficiale, si raccomanda di ruotare il tampone su una superficie di ulcera di circa 1 cm2, con pressione sufficiente a permettere l’emissione di pus dall’interno della lesione(11). Altre metodiche accettabili per il prelievo di campioni sui quali effettuare un’analisi colturale comprendono l’aspirazione mediante ago sterile e siringa di secrezioni purulente della ferita o la biopsia di 4-6 mm di tessuto in ambiente sterile chirurgico o al letto del paziente. Una volta prelevato, il campione deve essere posto in un sistema di trasporto sterile e prontamente inviato al laboratorio, dove devono essere allestite colture per patogeni sia aerobi sia anaerobi. Management antibiotico Il trattamento ottimale del piede diabetico infetto prevede un approccio multidisciplinare che punta a ridurre il numero di amputazioni, ridurre lo sviluppo di ulcerazioni, mantenere l’in- tegrità della cute, migliorare le capacità funzionali del paziente ma, soprattutto, trattare efficacemente l’infezione presente(30,31). Sfortunatamente questo tipo di infezioni sono frequentemente gestite in modo inadeguato(32). Si auspica quindi che nel team che gestisce la lesione infetta del piede diabetico sia incluso, o comunque possa essere consultato rapidamente, uno specialista infettivologo, la cui conoscenza della microbiologia e del trattamento chemioterapico possa ridurre i costi di gestione e migliorare l’outcome del paziente(33). Le attuali linee guida sul management del piede diabetico infetto non raccomandano l’utilizzo di una terapia antibiotica in caso di lesioni clinicamente non infette, né per favorirne la guarigione né per profilassi. Questo perché l’utilizzo di antibiotici favorisce la comparsa di farmaco-resistenze, aumenta i costi sanitari e può scatenare nel paziente reazioni avverse al farmaco(13). Sebbene alcuni autori ritengano che anche le ferite non accompagnate da segni clinici di infiammazione (e quindi considerate “subclinicamente infette”, avendo una concentrazione di microrganismi superiore a 106 per grammo di tessuto) si gioverebbero di un trattamento antibiotico, giustificando tale terapia con una guarigione più rapida e senza complicanze, al momento poche evidenze scientifiche supportano questa condotta(34,35). Pertanto le linee guida IDSA continuano a sostenere che in caso di ferita clinicamente non infetta bisogna evitare il trattamento antibiotico(13). Tutte le ferite infette del piede diabetico richiedono un trattamento antibiotico. Il trattamento antibiotico viene influenzato da diverse caratteristiche del paziente come lo stato vascolare, infatti Tabella 1 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo alla gravità dell’infezione e all’eventuale patogeno responsabile. Stadio infezione Probabile patogeno Antibiotico Dicloxacillina Clindamicina MSSA Cefalexina Streptococcus spp. Lieve Levofloxacina Amoxicillina-acido clavulanico Doxiciclina MRSA Trimetoprim/Sulfametoxazolo Levofloxacina Cefoxitina MSSA Ceftriaxone Streptococcus spp. Ampicillina-sulbactam Enterobacteriaceae Moxifloxacina anaerobi obbligati Ertapenem Levofloxacina o ciprofloxacina con clindamicina Imipenem-cilastatina Moderata o grave Linezolid MRSA Daptomicina Vancomicina P. aeruginosa Piperacillina-tazobactam MRSA Vancomicina o daptomicina o linezolid più P. aeruginosa ceftazidime o cefepime o piperacillina-tazobactam Enterobacteriaceae o aztreonam o carbapenemi anaerobi obbligati La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto l’ischemia del piede riduce la quantità di farmaco che raggiunge il sito infetto e rende necessario l’utilizzo di un dosaggio più alto(36). Il regime antibiotico iniziale viene di solito scelto empiricamente e può essere modificato sulla base di informazioni microbiologiche ottenute successivamente. La terapia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un lato, sul grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di natura epidemiologica come la prevalenza di determinati patogeni nella zona geografica o la presenza, in questa, di ceppi antibioticoresistenti(37,38). La quasi totalità delle ferite infette di grado lieve e molte di grado moderato possono essere trattate con antibiotici a spettro d’azione relativamente ridotto, limitato ai cocchi Gram-positivi(29). Tuttavia nei Paesi con climi caldi non è infrequente, anche nelle lesioni di lieve entità, il ritrovamento di batteri Gram-negativi, specialmente P. aeruginosa. Microrganismi anaerobi obbligati sono invece più frequenti in caso di lesioni croniche o precedentemente sottoposte a trattamento antibiotico. Purtuttavia i batteri Gram-negativi e gli anerobi obbligati non rientrano tra i patogeni più frequenti delle lesioni infette di grado lieve o moderato per cui non ci sono evidenze scientifiche che giustifichino un trattamento contro questi patogeni(18). Il trattamento con antibiotici orali (preferi- 261 bilmente con elevata biodisponibilità) è nella maggior parte dei casi sufficiente nei pazienti con infezioni lievi (e in alcuni casi con infezioni moderate) che non hanno problemi di assorbimento gastrointestinale. Nel caso di infezioni gravi o infezioni estese di grado moderato con andamento cronico, risulta più appropriato l’utilizzo tempestivo di una terapia antibiotica ad ampio spettro. Gli antibiotici scelti dovrebbero essere attivi contro i patogeni Gram-positivi, i più comuni Gram-negativi e i batteri anaerobi obbligati. Inoltre, è più sicuro iniziare la terapia per via parenterale, eventualmente modificandola in somministrazione orale qualora il paziente si sia stabilizzato dal punto di vista sistemico e la coltura microbiologica possa indirizzare verso un antibiotico più specifico(13). Il patogeno più frequentemente riscontrato nelle infezioni del piede diabetico, come detto, è lo Staphylococcus aureus. Uno dei maggiori problemi per il trattamento antibiotico è la possibile resistenza alla meticillina di questo microrganismo. Risulta quindi importante capire, anche nell’instaurare una terapia antibiotica empirica, se esistono elementi che possano indurre il sospetto di infezione di MRSA. Questi elementi sono rappresentati da: una precedente terapia antibiotica a lungo termine o inappropriata; un’ospedalizzazione recente; una Tabella 2 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo all’eziologia. Patogeno Antibiotico Dosaggio Amoxicillina 1 g tid Ceftriaxone 1-2 g od Streptococcus spp. Clindamicina 300 mg qid Levofloxacina 500 mg od Amoxicillina-acido clavulanico 1 g tid Cefalexina 500 mg qid Clindamicina 300 mg qid MSSA Dicloxacillina 250 mg qid Doxiciclina 100 mg bid Levofloxacina 500 mg od Moxifloxacina 400 mg od Daptomicina 4-6 mg/kg/die Doxiciclina 100 mg bid Linezolid 600 mg bid MRSA 50 mg bid con dose Tigeciclina iniziale da 100 mg Trimetoprim/Sulfametoxazolo 800/160 mg bid Vancomicina 1 g bid Ciprofloxacina 500 mg bid Levofloxacina 500 mg od Enterobacteriaceae Ceftriaxone 1-2 g od Ertapenem 1 g od Cefepime 2 g tid Ceftazidime 2 g tid P. aeruginosa Imipenem 1 g tid Meropenem 1 g tid Piperacillina-tazobactam 4,5 g tid Bid, due volte al giorno; qd, una volta al giorno; qid, quattro volte al giorno; tid, tre volte al giorno. Via di somministrazione Orale Endovenosa Orale Orale Orale Orale Orale Orale Orale Orale Orale Endovenosa Orale Orale/Endovenosa Endovenosa Orale Endovenosa Orale Orale Endovenosa Endovenosa Endovenosa Endovenosa Endovenosa Endovenosa Endovenosa 262 S. Esposito et al. ferita di lunga durata; l’interessamento osseo dell’infezione (osteomielite). Tuttavia il migliore indicatore risulta essere una storia clinica di pregressa infezione da MRSA(39,40). Nelle tabelle 1 e 2 sono elencati i regimi di terapia antibiotica basati sulla gravità dell’infezione e sull’eventuale patogeno responsabile. La durata della terapia antibiotica dovrebbe essere basata sul grado dell’infezione, la presenza o meno di osteomielite e la risposta clinica alla terapia. Per la maggior parte dei pazienti con infezione lieve 7-15 giorni di terapia sono sufficienti(13). Nel caso di infezioni di grado moderato o grave, con il rischio di amputazione dell’arto, che richiedono ospedalizzazione e un trattamento ad ampio spettro somministrato per via endovenosa, la durata della terapia può essere di 2-4 settimane. In ogni caso, un adeguato debridement della lesione, la resezione o l’amputazione del tessuto o della parte infetta possono ridurre il tempo necessario perché la terapia antibiotica abbia effetto. Al contrario, i pazienti che si gioverebbero di un’amputazione ma che non possono usufruirne possono richiedere un trattamento antibiotico più lungo e spesso intermittente(41). In generale, quindi, la terapia antibiotica dovrebbe essere interrotta una volta che i segni clinici locali, come la presenza di secrezioni purulente, e i sintomi sistemici dell’infezione, come la febbre, scompaiono. Non ci sono, al momento, dati che giustifichino un prolungamento della terapia antibiotica fino alla completa guarigione della ferita al fine di accelerarne la ripresa o prevenire recidive di infezione(42). D’altronde una terapia antibiotica prolungata può essere associata a un aumento della pressione selettiva sui microrganismi che è responsabile dell’emergenza di antibiotico-resistenza(12). Per quanto riguarda il setting di trattamento, diversi studi hanno dimostrato che il trattamento del piede diabetico infetto può essere effettuato anche ambulatorialmente senza la necessità di un ricovero ordinario. Ciò viene facilitato per le infezioni di grado lieve/moderato dall’utilizzo di una terapia di tipo orale; bisogna sottolineare, inoltre, che diversi studi hanno comprovato l’efficacia e la sicurezza anche di trattamenti parenterali somministrati ambulatorialmente(43-45). Infine, per quanto riguarda il follow-up ematochimico, i pazienti dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio settimanale, o più ravvicinato nelle forme gravi, dell’esame emocromocitometrico, degli indici di flogosi come la proteina C-reattiva, e degli esami di funzionalità epatica e renale per il monitoraggio di eventuali eventi avversi correlati alla terapia. Conflitto d’interessi Nessuno. Bibliografia 1. Leone S, Pascale R, Vitale M, Esposito S. Epidemiology of diabetic foot. Infez Med 2012;20(suppl. 1):8-13. 2. Apelqvist J, Bakker K, van Houtum WH, Schaper NC. Practical guidelines on the management and prevention of the diabetic foot: based upon the International Consensus on the Diabetic Foot (2007) Prepared by the International Working Group on the Diabetic Foot. Diabetes Metab Res Rev 2008;24(suppl. 1):181-7. 3. Boulton AJ, Vileikyte L, Ragnarson-Tennvall G, Apelqvist J. The global burden of diabetic foot disease. Lancet 2005;366:1719-24. 4. 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