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La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto

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La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto
G It Diabetol Metab 2015;35:257-263
Rassegna
La complessità della terapia
antibiotica nel piede diabetico infetto
RIASSUNTO
S. Esposito, S. Noviello, G. Boccia,
F. De Caro, G. De Simone
Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno,
Salerno
Corrispondenza: prof. Silvano Esposito, UO di Medicina
Infettivologica, Azienda Ospedaliera Universitaria
San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Università
di Salerno, largo Città di Ippocrate, 84131 Salerno
e-mail: [email protected]
G It Diabetol Metab 2015;35:257-263
Pervenuto in Redazione il 29-04-2015
Accettato per la pubblicazione il 16-10-2015
Parole chiave: piede diabetico infetto, microbiologia,
trattamento
Key words: diabetic foot infection, microbiology,
treatment
Le infezioni del piede diabetico sono una causa comune di ospedalizzazione e di complicanze nei pazienti diabetici. Le infezioni
superficiali sono per lo più sostenute da cocchi Gram-positivi,
con prevalenza di Staphylococcus aureus. Le infezioni di grado
moderato sono sostenute per lo più da batteri piogeni Grampositivi, ma possono associarsi a questi anche batteri Gramnegativi. Nelle infezioni gravi l’eziologia è polimicrobica. Tutte le
ferite del piede diabetico infette richiedono un trattamento antibiotico. La terapia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un
lato, sul grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di natura epidemiologica.
SUMMARY
The complexity of antibiotic therapy in diabetic foot infection
Diabetic foot infections are a common reason for hospitalization
and a cause of complications in patients with diabetes. Mild infections are mostly caused by Gram-positive cocci, with a prevalence of Staphylococcus aureus. Moderate infections are mostly
due to pyogenic Gram-positive cocci, but Gram-negative bacteria may also be involved. The etiology of severe infections is
polymicrobial. All infected diabetic foot wounds require antibiotics. The initial empirical therapy should be based on the severity of the infection and, secondly, on epidemiological data.
Introduzione
Il diabete mellito è oggi una delle più comuni malattie non trasmissibili in tutto il mondo e, in molti Paesi in via di sviluppo e
di recente industrializzazione, l’epidemia cresce a ritmi vertiginosi(1). Il piede diabetico è stato definito dall’International
Working Group on the Diabetic Foot (IWGDF) come: “una
condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti
profondi associata ad anomalie neurologiche e a vari gradi di
vasculopatia periferica degli arti inferiori (secondo criteri stabiliti dall’OMS)”. Tale definizione, proposta per la prima volta
258
S. Esposito et al.
dall’IWGDF, in occasione della prima International Consensus
Conference sul piede diabetico, è stata mantenuta nelle successive Conference e ripresa da diversi autori nel corso degli
anni(2-4). Tuttavia è interessante notare come il “Gruppo di Studio Piede Diabetico” della Società Italiana di Diabetologia
abbia proposto, nel 2000, di modificare tale definizione in
“piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica”. In questo modo si estende la definizione a tutti quei
soggetti diabetici che in assenza di ulcera sono a rischio di ulcerazione(5). Stime della WHO dicono che circa il 15% dei diabetici andrà incontro nel corso della propria vita a un’ulcera
del piede che necessita di cure mediche. Tuttavia il problema
più rilevante, legato a un’ulcera del piede nei diabetici, è il rischio di amputazione. Infatti, i principali risultati negativi della
gestione del piede diabetico sono le ulcere e le amputazioni(1).
Fino all’85% di tutte le amputazioni inizia con un’ulcera; ogni
anno circa 4 milioni e più di persone nel mondo sviluppano ulcere del piede diabetico. Le ulcere del piede si verificano sia
nel diabete di tipo 1 sia nel diabete di tipo 2(6). La prevalenza
annuale di ulcere al piede nella popolazione normale è appena superiore al 2%(1). Invece, nella popolazione con fattori
di rischio predisponenti, il tasso annuale di ulcere al piede
varia tra il 5% e il 7%(7). Come risultato si ha un rischio di sviluppo di ulcera al piede nel corso dell’intera vita pari al 25%(8).
Nell’84% dei casi l’amputazione viene effettuata in conseguenza di un’ulcera del piede che non guarisce e si aggrava
con la presenza di infezione. Secondo diversi studi, addirittura il 25-50% di pazienti diabetici riceve un’amputazione immediata al momento della prima visita a causa dell’infezione.
In aggiunta, le infezioni sono anche la causa più frequente di
ricoveri nei pazienti diabetici(9,10). Pertanto una complicazione
grave di un piede diabetico che abbia un’ulcera aperta è l’infezione, spesso la vera causa che porta all’amputazione(9).
Classificazione dell’infezione
La classificazione delle lesioni associata alla valutazione del livello di gravità dell’infezione consente di impostare il trattamento
più adeguato in termini di durata e scelta terapeutica(11-13).
L’Infectious Diseases Society of America (IDSA) ha creato un
sistema di classificazione semplice che permette di dividere le
infezioni in lieve, moderata e grave. Lo scopo più importante
di questa classificazione è quello di riconoscere rapidamente
i pazienti che rientrano nello stadio “grave”; essi richiedono
infatti un’immediata ospedalizzazione, una terapia antibiotica
tempestiva per via parenterale ed esami strumentali specifici
ed eventualmente una consulenza chirurgica. Risulta ancora
utile sottolineare come lo stadio “grave”, correlato con la più
alta percentuale di amputazioni, sia accompagnato da segni
clinici sistemici (alterazione della pressione, temperatura, acidosi, alterazioni glicemiche ecc.) che rendono evidente che
uno studio del paziente nel suo complesso sia importante
quanto l’analisi attenta della sola ferita(14). Le infezioni definite
“lievi”, da distinguere dalle lesioni clinicamente non infette,
sono relativamente semplici da riconoscere; esse interessano
epidermide e derma, senza tendenza alla diffusione ai tessuti
circostanti o per via sistemica. Con questa classe di lesioni
non c’è rischio di amputazione(15). Maggiore difficoltà presenta
la definizione di infezione “moderata”; questo termine, infatti,
comprende un ampio spettro di lesioni, alcune delle quali possono anche richiedere un trattamento molto aggressivo. Per
questo motivo alcuni schemi di classificazione utilizzano i termini di infezione complicata o non complicata come sinonimi
di infezioni gravi o moderate. Risulta evidente però che la distinzione tra infezione grave e moderata non si basa tanto
sullo stato del piede (simile in entrambe le forme), ma piuttosto sulle condizioni generali del paziente, decisamente compromesse nel primo caso rispetto alle forme moderate(13).
Nello specifico, le infezioni moderate possono presentarsi
come ulcere superficiali infette, onicomicosi o perionichie suppurative. Per quanto riguarda i tessuti coinvolti, c’è interessamento del derma fino alla fascia muscolare esterna con
diffusione locale per contiguità e attraverso il circolo linfatico
locale. La forma clinica più frequente è l’ulcera profonda infetta; in questo stadio c’è il rischio di amputazioni minori. Le
infezioni gravi sono quelle che, per estensione, oltrepassano
la fascia muscolare superficiale, interessando ossa e articolazioni. La diffusione avviene sia prossimalmente con interessamento esteso della gamba sia a distanza per diffusione
ematogena con sintomi sistemici. Le infezioni gravi, come
detto, sono il maggior determinante di amputazioni maggiori
e vengono considerate quadri di emergenza assoluta in questi pazienti. I quadri clinici principali sono: l’ulcera profonda
infetta con associati ascessi localizzati, artrite settica, osteomielite e fascite settica necrotizzante del piede o della gamba.
L’osteomielite e la fascite settica necrotizzante, per gravità
e frequenza, sono i quadri più gravi e di più difficile trattamento(13,16).
Microbiologia dell’ulcera infetta
I microrganismi coinvolti nell’eziologia del piede diabetico dipendono dal tipo di lesione infetta e dalle caratteristiche specifiche del paziente (terapia antibiotica o altri tipi di trattamenti
precedenti; pregressi episodi di ospedalizzazione)(17). I microrganismi aerobi e anaerobi facoltativi rilevati, in ordine di
frequenza, sono: Staphylococcus aureus meticillino-sensibile
(MSSA) e meticillino-resistente (MRSA), stafilococchi coagulasi negativi, Streptococcus spp., Enterococcus spp., Enterobacteriaceae, Corynebacterium spp. e Pseudomonas
aeruginosa. La distribuzione di batteri anaerobi è la seguente:
cocchi Gram-positivi, Prevotella spp., Porphyromonas spp.,
differenti specie del gruppo Bacteroides fragilis. Altri microrganismi ritrovati sono, tra gli aerobi e gli anaerobi facoltativi,
Morganella morganii, Enterococcus faecalis, Citrobacter spp.
ed Haemophilus spp. Invece, tra gli anaerobi, i più comuni
sono: Anaerococcus spp., Bacteroides fragilis, Finegoldia
magna, Peptoniphilus spp., Clostridium spp., e Veillonella
spp.(13,18). Per quanto riguarda l’eziologia microbica in relazione al grado di infezione, si può affermare che le infezioni
superficiali (lesioni lievi della classificazione IDSA) sono per lo
La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto
più sostenute da cocchi Gram-positivi, con prevalenza di
S. aureus. Si riscontrano frequentemente anche Streptococchi beta-emolitici di gruppo A, B, C e G. Viceversa, le infezioni di grado moderato secondo la classificazione IDSA sono
sostenute per lo più da Gram-positivi piogeni, ma a questi
possono associarsi anche batteri Gram-negativi (Pseudomonas, Acinetobacter). Le ulcere infette hanno quindi una flora
polimicrobica comprendente Gram-positivi anaerobi e aerobi
facoltativi, Gram-negativi e alcune specie di Candida spp.(19,20).
Infine, nelle ulcere infette gravi è stata riportata, in almeno la
metà dei campioni, la presenza di batteri anaerobi, spesso in
associazione con altre specie. Anche nel caso di infezioni profonde l’eziologia è quindi polimicrobica(18). Relativamente al
timing della lesione, nelle ferite recenti, l’infezione di solito è
causata da un singolo microrganismo, e il batterio più frequentemente ritrovato è S. aureus, seguito da differenti specie di streptococchi. Per contro, nelle infezioni croniche,
sebbene la presenza di S. aureus e Streptococcus sia sempre preponderante, il loro ritrovamento si riduce rispetto a
quello delle colture provenienti da infezioni acute; nelle lesioni
croniche si rileva un aumento di stafilococchi coagulasi negativi, Enterococcus spp., bacilli Gram-negativi (in particolare
P. aeruginosa) e anaerobi(20). I batteri isolati dalle lesioni infette
del piede diabetico possono essere dotati di resistenze multiple; i fattori di rischio per questa eventualità sono rappresentati da: precedenti terapie antibiotiche, specialmente se
prolungate, frequenti ricoveri in ospedale per il trattamento
della ferita, neuropatia, osteomielite e grandi dimensioni dell’ulcera(21,22). Focalizzando l’attenzione sulle singole specie
batteriche, si ritiene che S. aureus sia il microrganismo che
ostacola maggiormente la guarigione della ferita. Esso, inoltre, tende a formare colonie soprattutto nelle porzioni più profonde dell’ulcera e nei tessuti limitrofi(23). Si ipotizza che nella
maggior parte delle infezioni siano l’MSSA e l’MRSA, insieme
a Streptococcus spp., i patogeni che danno inizio al processo
infettivo. Indirizzare la terapia alla loro eliminazione potrebbe
portare alla guarigione della ferita anche senza effettuare un
trattamento specifico verso i patogeni commensali. Il rischio
di sviluppare resistenza alla meticillina aumenta in caso di ricovero ospedaliero, grandi dimensioni e cronicità dell’ulcera,
insufficienza renale cronica, osteomielite e terapie antibiotiche
pregresse(24,25). Per quanto riguarda invece gli stafilococchi
coagulasi negativi, le specie più comunemente ritrovate sono
S. epidermidis, S. lugdunensis e S. haemolyticus. Inoltre,
S. epidermidis si ritrova più frequentemente in corso di ulcere
neuroischemiche rispetto alle lesioni neuropatiche(26). Il ruolo
degli enterococchi è invece controverso(27). In una percentuale
significativa di pazienti sono state isolate diverse specie di corinebatteri. Sebbene si sia sempre ritenuto che questi microrganismi avessero un ruolo marginale nelle infezioni del piede
diabetico, grazie a studi di biologia molecolare si è dimostrato
che essi hanno un ruolo importante nella formazione del biofilm dell’ulcera infetta(28). P. aeruginosa si ritrova abbastanza
frequentemente nelle ulcere infette croniche. Tutte le condizioni che possono favorire la macerazione dei tessuti vanno
considerate come fattori di rischio per l’infezione da parte di
questo microrganismo. Come nel caso degli enterococchi, il
ruolo patogenetico di P. aeruginosa non è del tutto chiaro.
259
Il fatto che P. aeruginosa venga ritrovato di frequente nelle colture a eziologia mista non esclude che questo microrganismo
possa essere un semplice contaminante o commensale di
una lesione la cui patogenesi è da attribuire a un altro microrganismo. Pertanto sarebbe opportuno essere certi che P. aeruginosa non sia il batterio responsabile dell’infezione prima di
escluderne con certezza il ruolo eziopatogenetico(29).
Diagnosi
È fondamentale sottolineare che tutte le lesioni della cute sono
contaminate da microrganismi, pertanto la diagnosi di ferita infetta è clinica e, nella maggior parte dei casi, si basa sulla presenza di segni locali e/o sistemici di infiammazione. Quindi, la
presenza di febbre, brividi, leucocitosi, secrezioni purulente o
almeno due dei segni classici di infiammazione (dolore, calore, arrossamento, edema e functio lesa) sono indispensabili
per la diagnosi. L’infezione di solito coinvolge l’avampiede,
specialmente sulla superficie plantare e sulle dita. Tuttavia il
segno clinico più comune nel caso di ferita infetta del piede in
paziente con diabete è l’aumento dell’essudato a livello della
lesione(9). La presenza di piede gonfio, ulcera cronica o dita arrossate e tumefatte (dita a “salsicciotto”) dovrebbero sempre
indurre il sospetto di infezione. Bisogna tuttavia ricordare che
la gravità dell’infezione dovrebbe essere valutata dopo il debridement di eventuali tessuti necrotici o calli. Inoltre, la presenza di leucocitosi neutrofila in associazione all’incremento
degli indici di flogosi (proteina C-reattiva e velocità di eritrosedimentazione) può supportare la diagnosi del processo infettivo. Questi indici di flogosi, peraltro, sono utili per il monitoraggio settimanale dei pazienti. Comunque, in circa la metà
dei pazienti con infezione del piede diabetico, la presenza di
un’ulcera infetta non è necessariamente associata a febbre o
alterazioni laboratoristiche indicative d’infezione. Infatti, alcuni
pazienti possono mostrare solo un peggioramento della glicemia non accompagnato da peggioramento del quadro clinico(9). Indagini strumentali possono aiutare nella diagnosi e
fornire un ausilio importante per la valutazione della profondità
della lesione e l’eventuale presenza di raccolte purulente.
In particolare, l’utilizzo di una radiografia è necessario per definire la presenza di corpi estranei, gas od osteolisi. Altre indagini strumentali utili per valutare l’estensione del danno
potrebbero essere l’ecografia, la RMN o la TC. L’ecografia
può in alcuni casi identificare raccolte ascessuali sottofasciali
non reperibili facilmente all’esame fisico. La RMN o la TC possono individuare piccole lesioni osteomielitiche non evidenziabili con la radiologia tradizionale. Effettuata la diagnosi
clinica di infezione, il passo successivo è determinarne l’eziologia in modo da poter intraprendere un trattamento razionale
e appropriato. L’esame colturale deve essere effettuato in profondità, attraverso biopsia o curettage o comunque dopo che
la ferita sia stata adeguatamente pulita. Non è consigliabile
effettuare un tampone superficiale, specialmente nel caso in
cui la ferita non sia stata adeguatamente ripulita, in quanto i
risultati ottenuti possono essere poco attendibili. Un tampone
superficiale dell’ulcera può portare all’isolamento solo di
260
S. Esposito et al.
microrganismi commensali. Campioni ottenuti attraverso curettage o scraping del tessuto alla base dell’ulcera con l’utilizzo di una curette o una lama da bisturi sterile, identificano
più precisamente gli agenti patogeni rispetto al solo rolling di
un tampone sulla lesione. Anche se l’utilizzo di tamponi è più
conveniente dal punto di vista economico e di risparmio di
tempo, essi forniscono risultati meno precisi, sopratutto se la
ferita non è stata correttamente ripulita. Nei casi in cui sia necessario comunque l’utilizzo di un tampone superficiale, si
raccomanda di ruotare il tampone su una superficie di ulcera
di circa 1 cm2, con pressione sufficiente a permettere l’emissione di pus dall’interno della lesione(11). Altre metodiche accettabili per il prelievo di campioni sui quali effettuare un’analisi
colturale comprendono l’aspirazione mediante ago sterile e
siringa di secrezioni purulente della ferita o la biopsia di
4-6 mm di tessuto in ambiente sterile chirurgico o al letto del
paziente. Una volta prelevato, il campione deve essere posto
in un sistema di trasporto sterile e prontamente inviato al laboratorio, dove devono essere allestite colture per patogeni
sia aerobi sia anaerobi.
Management antibiotico
Il trattamento ottimale del piede diabetico infetto prevede un
approccio multidisciplinare che punta a ridurre il numero di
amputazioni, ridurre lo sviluppo di ulcerazioni, mantenere l’in-
tegrità della cute, migliorare le capacità funzionali del paziente
ma, soprattutto, trattare efficacemente l’infezione presente(30,31). Sfortunatamente questo tipo di infezioni sono frequentemente gestite in modo inadeguato(32). Si auspica quindi
che nel team che gestisce la lesione infetta del piede diabetico sia incluso, o comunque possa essere consultato rapidamente, uno specialista infettivologo, la cui conoscenza della
microbiologia e del trattamento chemioterapico possa ridurre
i costi di gestione e migliorare l’outcome del paziente(33). Le attuali linee guida sul management del piede diabetico infetto
non raccomandano l’utilizzo di una terapia antibiotica in caso
di lesioni clinicamente non infette, né per favorirne la guarigione né per profilassi. Questo perché l’utilizzo di antibiotici
favorisce la comparsa di farmaco-resistenze, aumenta i costi
sanitari e può scatenare nel paziente reazioni avverse al farmaco(13). Sebbene alcuni autori ritengano che anche le ferite
non accompagnate da segni clinici di infiammazione (e quindi
considerate “subclinicamente infette”, avendo una concentrazione di microrganismi superiore a 106 per grammo di
tessuto) si gioverebbero di un trattamento antibiotico, giustificando tale terapia con una guarigione più rapida e senza
complicanze, al momento poche evidenze scientifiche supportano questa condotta(34,35). Pertanto le linee guida IDSA
continuano a sostenere che in caso di ferita clinicamente non
infetta bisogna evitare il trattamento antibiotico(13). Tutte le ferite infette del piede diabetico richiedono un trattamento antibiotico. Il trattamento antibiotico viene influenzato da diverse
caratteristiche del paziente come lo stato vascolare, infatti
Tabella 1 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo alla gravità dell’infezione e all’eventuale patogeno responsabile.
Stadio infezione
Probabile patogeno
Antibiotico
Dicloxacillina
Clindamicina
MSSA
Cefalexina
Streptococcus spp.
Lieve
Levofloxacina
Amoxicillina-acido clavulanico
Doxiciclina
MRSA
Trimetoprim/Sulfametoxazolo
Levofloxacina
Cefoxitina
MSSA
Ceftriaxone
Streptococcus spp.
Ampicillina-sulbactam
Enterobacteriaceae
Moxifloxacina
anaerobi obbligati
Ertapenem
Levofloxacina o ciprofloxacina con clindamicina
Imipenem-cilastatina
Moderata o grave
Linezolid
MRSA
Daptomicina
Vancomicina
P. aeruginosa
Piperacillina-tazobactam
MRSA
Vancomicina o daptomicina o linezolid più
P. aeruginosa
ceftazidime o cefepime o piperacillina-tazobactam
Enterobacteriaceae
o aztreonam o carbapenemi
anaerobi obbligati
La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto
l’ischemia del piede riduce la quantità di farmaco che raggiunge il sito infetto e rende necessario l’utilizzo di un dosaggio più alto(36). Il regime antibiotico iniziale viene di solito scelto
empiricamente e può essere modificato sulla base di informazioni microbiologiche ottenute successivamente. La terapia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un lato, sul
grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di natura epidemiologica come la prevalenza di determinati patogeni nella
zona geografica o la presenza, in questa, di ceppi antibioticoresistenti(37,38). La quasi totalità delle ferite infette di grado lieve
e molte di grado moderato possono essere trattate con antibiotici a spettro d’azione relativamente ridotto, limitato ai cocchi Gram-positivi(29). Tuttavia nei Paesi con climi caldi non è
infrequente, anche nelle lesioni di lieve entità, il ritrovamento
di batteri Gram-negativi, specialmente P. aeruginosa. Microrganismi anaerobi obbligati sono invece più frequenti in caso
di lesioni croniche o precedentemente sottoposte a trattamento antibiotico. Purtuttavia i batteri Gram-negativi e gli anerobi obbligati non rientrano tra i patogeni più frequenti delle
lesioni infette di grado lieve o moderato per cui non ci sono
evidenze scientifiche che giustifichino un trattamento contro
questi patogeni(18). Il trattamento con antibiotici orali (preferi-
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bilmente con elevata biodisponibilità) è nella maggior parte
dei casi sufficiente nei pazienti con infezioni lievi (e in alcuni
casi con infezioni moderate) che non hanno problemi di assorbimento gastrointestinale. Nel caso di infezioni gravi o infezioni estese di grado moderato con andamento cronico,
risulta più appropriato l’utilizzo tempestivo di una terapia antibiotica ad ampio spettro. Gli antibiotici scelti dovrebbero
essere attivi contro i patogeni Gram-positivi, i più comuni
Gram-negativi e i batteri anaerobi obbligati. Inoltre, è più sicuro iniziare la terapia per via parenterale, eventualmente modificandola in somministrazione orale qualora il paziente si sia
stabilizzato dal punto di vista sistemico e la coltura microbiologica possa indirizzare verso un antibiotico più specifico(13). Il
patogeno più frequentemente riscontrato nelle infezioni del
piede diabetico, come detto, è lo Staphylococcus aureus.
Uno dei maggiori problemi per il trattamento antibiotico è la
possibile resistenza alla meticillina di questo microrganismo.
Risulta quindi importante capire, anche nell’instaurare una terapia antibiotica empirica, se esistono elementi che possano
indurre il sospetto di infezione di MRSA. Questi elementi sono
rappresentati da: una precedente terapia antibiotica a lungo
termine o inappropriata; un’ospedalizzazione recente; una
Tabella 2 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo all’eziologia.
Patogeno
Antibiotico
Dosaggio
Amoxicillina
1 g tid
Ceftriaxone
1-2 g od
Streptococcus spp.
Clindamicina
300 mg qid
Levofloxacina
500 mg od
Amoxicillina-acido clavulanico
1 g tid
Cefalexina
500 mg qid
Clindamicina
300 mg qid
MSSA
Dicloxacillina
250 mg qid
Doxiciclina
100 mg bid
Levofloxacina
500 mg od
Moxifloxacina
400 mg od
Daptomicina
4-6 mg/kg/die
Doxiciclina
100 mg bid
Linezolid
600 mg bid
MRSA
50
mg
bid con dose
Tigeciclina
iniziale da 100 mg
Trimetoprim/Sulfametoxazolo
800/160 mg bid
Vancomicina
1 g bid
Ciprofloxacina
500 mg bid
Levofloxacina
500 mg od
Enterobacteriaceae
Ceftriaxone
1-2 g od
Ertapenem
1 g od
Cefepime
2 g tid
Ceftazidime
2 g tid
P. aeruginosa
Imipenem
1 g tid
Meropenem
1 g tid
Piperacillina-tazobactam
4,5 g tid
Bid, due volte al giorno; qd, una volta al giorno; qid, quattro volte al giorno; tid, tre volte al giorno.
Via di somministrazione
Orale
Endovenosa
Orale
Orale
Orale
Orale
Orale
Orale
Orale
Orale
Orale
Endovenosa
Orale
Orale/Endovenosa
Endovenosa
Orale
Endovenosa
Orale
Orale
Endovenosa
Endovenosa
Endovenosa
Endovenosa
Endovenosa
Endovenosa
Endovenosa
262
S. Esposito et al.
ferita di lunga durata; l’interessamento osseo dell’infezione
(osteomielite). Tuttavia il migliore indicatore risulta essere una
storia clinica di pregressa infezione da MRSA(39,40). Nelle tabelle 1 e 2 sono elencati i regimi di terapia antibiotica basati
sulla gravità dell’infezione e sull’eventuale patogeno responsabile. La durata della terapia antibiotica dovrebbe essere
basata sul grado dell’infezione, la presenza o meno di osteomielite e la risposta clinica alla terapia. Per la maggior parte dei
pazienti con infezione lieve 7-15 giorni di terapia sono sufficienti(13). Nel caso di infezioni di grado moderato o grave, con
il rischio di amputazione dell’arto, che richiedono ospedalizzazione e un trattamento ad ampio spettro somministrato per
via endovenosa, la durata della terapia può essere di 2-4 settimane. In ogni caso, un adeguato debridement della lesione,
la resezione o l’amputazione del tessuto o della parte infetta
possono ridurre il tempo necessario perché la terapia antibiotica abbia effetto. Al contrario, i pazienti che si gioverebbero di un’amputazione ma che non possono usufruirne
possono richiedere un trattamento antibiotico più lungo e
spesso intermittente(41). In generale, quindi, la terapia antibiotica dovrebbe essere interrotta una volta che i segni clinici locali, come la presenza di secrezioni purulente, e i sintomi
sistemici dell’infezione, come la febbre, scompaiono. Non ci
sono, al momento, dati che giustifichino un prolungamento
della terapia antibiotica fino alla completa guarigione della ferita al fine di accelerarne la ripresa o prevenire recidive di infezione(42). D’altronde una terapia antibiotica prolungata può
essere associata a un aumento della pressione selettiva sui
microrganismi che è responsabile dell’emergenza di antibiotico-resistenza(12). Per quanto riguarda il setting di trattamento,
diversi studi hanno dimostrato che il trattamento del piede
diabetico infetto può essere effettuato anche ambulatorialmente senza la necessità di un ricovero ordinario. Ciò viene facilitato per le infezioni di grado lieve/moderato dall’utilizzo di
una terapia di tipo orale; bisogna sottolineare, inoltre, che diversi
studi hanno comprovato l’efficacia e la sicurezza anche di trattamenti parenterali somministrati ambulatorialmente(43-45). Infine,
per quanto riguarda il follow-up ematochimico, i pazienti dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio settimanale, o più
ravvicinato nelle forme gravi, dell’esame emocromocitometrico, degli indici di flogosi come la proteina C-reattiva, e degli
esami di funzionalità epatica e renale per il monitoraggio di
eventuali eventi avversi correlati alla terapia.
Conflitto d’interessi
Nessuno.
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