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indice introduzione capitolo 1. il piede diabetico capitolo 2. la

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indice introduzione capitolo 1. il piede diabetico capitolo 2. la
INDICE
INTRODUZIONE
pag. 3
CAPITOLO 1. IL PIEDE DIABETICO
1.1
Premessa: il diabete, suoi sintomi e complicanze
pag. 5
1.2
Definizione
pag. 9
1.3
Eziologia e fattori di rischio
pag. 9
1.4
Classificazione del piede diabetico in base alla patogenesi
pag. 10
1.5
Scale di classificazione delle ulcere diabetiche
pag. 12
1.6
Complicanze
pag. 13
1.7
Epidemiologia
pag. 14
CAPITOLO 2. LA GESTIONE DEL PIEDE DIABETICO
2.1
Prevenzione
pag. 16
2.2
Trattamento
pag. 18
2.3
Educazione terapeutica
pag. 22
CAPITOLO 3. LO STUDIO
3.1
Obiettivo
3.2
Materiali e metodi
pag. 27
3.2.1 Disegno di studio
pag. 27
3.2.2 Campione e campionamento
pag. 27
3.2.3 Setting
pag. 27
3.2.4 Strumento di ricerca e variabili indagate
pag. 28
3.4.5 Modalità di raccolta dati
pag. 28
1
CAPITOLO 4. RISULTATI
pag. 29
CAPITOLO 5. DISCUSSIONE
pag. 42
CAPITOLO 6. CONCLUSIONI
pag. 45
BIBLIOGRAFIA
pag. 47
ALLEGATO
pag. 55
2
INTRODUZIONE
L’innalzamento dell’età media, l’obesità, la vita sedentaria e il cambiamento delle
abitudini alimentari stanno portando anno dopo anno ad un aumento dell’incidenza del
diabete mellito a livello mondiale (Guadagni et al, 2012). Secondo i dati comunicati dalla
International Diabetes Federation nel 2012, 371 milioni di persone nel mondo soffrono di
diabete e si stima che il numero sia destinato ad aumentare raggiungendo i 552 milioni nel
2030.
Gli esperti definiscono il diabete mellito un’epidemia mondiale.
L’interesse della medicina e della ricerca scientifica verso questa patologia ha portato a
notevoli progressi nella sua cura ed allungamento dell’aspettativa di vita dei soggetti da
essa colpiti, ciò nonostante, il diabete mellito rimane una delle patologie più invalidanti.
Implica il controllo glicometabolico (controllo delle glicemie e del metabolismo dei grassi)
e
presenta
complicanze
microangiopatiche
(retinopatia,
nefropatia,
neuropatia,
vasculopatia periferica…) e macroangiopatiche (ictus, ischemia miocardica).
Rappresenta un significativo problema di salute pubblica, per l’incidenza, le complicanze
ed il carico economico che ne deriva per il sistema sanitario.
La complicanza piede diabetico è la più grave (Orio, 2013) e colpisce circa il 15% dei
soggetti diabetici; provoca gravi disabilità ed invalidità, dovute principalmente alla
neuropatia sensitivo-motoria e all’ arteriopatia periferica.
La neuropatia, con progressiva distruzione dei nervi che arrivano ai piedi, causa la
riduzione sia della sensibilità, anche al dolore, sia della capacità di movimento e facilita la
comparsa di lesioni, che con il tempo possono portare a ferite che cicatrizzano lentamente
o infezioni difficili da curare.
L’arteriopatia è caratterizzata dal ridotto flusso sanguigno (agli arti inferiori), causato dal
restringimento delle arterie, che può causare l’ischemia dell’arto.
La mancata prevenzione e cura possono portare alla claudicatio e, nei casi estremi,
all’amputazione di parte o dell’intero arto.
Per comprendere il fenomeno va tenuto presente che la mortalità associata all’amputazione
chirurgica di un arto è alta e varia da un minimo del 6% ad un massimo del 21% (Marazzi,
2010).
L’impatto del piede diabetico sulla qualità di vita del paziente è notevole ed investe molti
aspetti medici, sociali e psicologici: il trattamento delle ulcere e le recidive, la cronicità
3
della patologia, le disabilità e le invalidità che procurano la progressiva perdita
dell’autonomia, le frustrazioni ed il disagio psicologico.
Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente con tale problematica è attivo e
multifattoriale: consiste non solo nella gestione del problema medico, nell’appropriatezza
assistenziale, ma anche nella valutazione dell’aspetto psicologico e delle reazioni
comportamentali alla malattia, oltre che interventi di educazione terapeutica per una
maggiore aderenza al trattamento (Barile et al, 2008).
In considerazione dell’importanza di quanto appena descritto è stata fatta una ricerca per
analizzare e descrivere il livello di conoscenza e competenza degli infermieri nella cura di
questa complicanza.
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CAPITOLO 1.
1.1
IL PIEDE DIABETICO
Premessa: il diabete, suoi sintomi e complicanze
Il diabete è una malattia cronica molto seria causata da fattori ereditari (predisposizione
genetica) ed ambientali (International Working Group on the diabetic foot, 2000).
Le statistiche evidenziano che il diabete ha carattere di ereditarietà diretta, cioè si trasmette
di padre in figlio nel 25% dei casi, percentuale che raggiunge il 35-40% nella forma
giovanile.
Vi sono inoltre vari fattori che, quando colpiscono il pancreas e alterano la funzione
endocrina, possono facilitare e affrettare l’insorgenza della malattia in individui
costituzionalmente predisposti. Tra questi fattori vi sono innanzitutto gli abusi alimentari:
l’uso smodato di carboidrati, l’eccessivo consumo di sostanze proteiche (soprattutto di
carne) e di grassi; altri fattori da tenere in considerazione sono: la sedentarietà, l’obesità, il
tabagismo, l’etilismo, alcune malattie infettive sia croniche che acute (es. la sifilide e la
parotite epidemica); gravi traumi della regione pancreatica.
Il diabete è una malattia assai diffusa (371.000.000 di casi nel mondo) e riguarda tutte le
fasce di età. La sua curva di frequenza raggiunge il picco massimo tra i 40 e i 60 anni, per
poi decrescere. È più diffusa tra il sesso maschile. Cinque su sei soggetti con diabete
vivono in Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo (Guariguata, 2012).
Indica un insieme di patologie metaboliche, diverse tra loro per eziopatogenesi e
caratterizzate da iperglicemia, da disturbi multipli del metabolismo glucidico, lipidico,
proteico e ionico e da vari gradi di difetti dell’azione e secrezione dell’insulina (Brunetti et
al, 2011), ormone naturale secreto dalle beta-cellule delle Isole del Langerhans, situate nel
pancreas endocrino, in risposta ad elevati livelli di glucosio nel sangue (Hood, 2002).
Questa patologia si presenta con specifica sintomatologia:
 polidipsia, accentuazione del senso di sete, per cui il soggetto ingerisce notevoli
quantità di liquidi nelle 24 ore;
 poliuria, aumento notevole della produzione di urina nelle 24h;
 calo ponderale;
 polifagia, ingestione di una sproporzionata quantità di cibo;
(Muggeo et al, 2002).
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Esistono diversi tipi di diabete:
 diabete mellito di tipo 1: malattia immuno-mediata caratterizzata dalla presenza di
auto-anticorpi (islet cell antibody ICA) diretti verso le beta-cellule pancreatiche,
che solitamente dà luogo a deficit assoluto di insulina. I soggetti colpiti diventano
insulino-dipendenti.
Questo tipo di diabete viene diagnosticato in genere in età giovanile (Buzzetti et al, 2007);
 diabete mellito di tipo 2: patologia metabolica che consiste nel difetto di secrezione
dell’insulina, intesa sia come diminuzione della quantità di ormone nel sangue, sia
come calo di attività dello stesso. Costituisce la forma insulino-indipendente,
poiché le cellule beta pancreatiche conservano parte della loro attività;
 diabete gestazionale: caratterizzato da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue
nella donna in gravidanza e destinato a scomparire dopo il parto. Può essere
considerato un fattore di rischio per una futura insorgenza del tipo 2;
 altri tipi di diabete sono causati da malattie del pancreas esocrino, endocrinopatie
(malattie dovute a processi patologici o a disturbi nell’attività funzionale delle
diverse ghiandole endocrine, es. tiroide ed ipofisi), diabete chimico o da farmaci,
processi infettivi, forme non comuni di diabete immuno-mediato, sindromi
associate a diabete mellito (Rossi, 2010).
Il diabete può avere diverse complicanze sia acute che croniche.
Le complicanze acute possono essere:
 metaboliche e tra queste si possono trovare l’iperglicemia persistente, il coma
iperosmolare, la chetoacidosi diabetica e l’ipoglicemia.
L’aumento della glicemia può aggravarsi improvvisamente e diventare persistente in
seguito ad una prescrizione inadatta o ad un’alimentazione eccessiva. Può essere scatenata
da uno stress emotivo o fisico protratto.
Il coma iperosmolare compare in soggetti che non hanno presentato alcun segno o sintomo
di diabete in precedenza, oppure in persone con diabete di lieve gravità, trattato con
antidiabetici orali o con la sola dieta. Si presenta come conseguenza di un fattore
precipitante (es. terapia diuretica o cortisonica, malattia infettiva acuta...).
La chetoacidosi diabetica, causata da un deficit assoluto di insulina, provoca l’assenza di
adeguate quantità intracellulari di glucosio, in risposta alla quale l’organismo produce
quantità significative di corpi chetonici, risultanti dal metabolismo degli acidi grassi.
Vengono secreti ormoni contro-insulari (es. glucagone) che stimolano la sintesi di
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glucosio. Si assiste, per assurdo, ad una condizione iperglicemica, che può portare al coma
e, in situazioni estreme, rivelarsi fatale.
L’ipoglicemia consiste in un repentino sbalzo negativo dei livelli di glicemia. Gli episodi
possono verificarsi qualora i pasti non siano stati assunti regolarmente, dopo esercizio
fisico pesante o insolito o se è stata assunta una dose errata di ipoglicemizzanti o di
insulina (Galeone et al, 2005);
 infettive di varia natura da quelle dermatologiche (micosi) a quelle respiratorie,
alle infezioni delle vie urinarie. I processi infettivi nel paziente diabetico sono
caratterizzati da gravità e durata maggiori, ciò è dovuto alle basse difese
immunitarie e all’esaltazione della virulenza dei microrganismi, dovuta alla
concentrazione di glucosio nei tessuti. Le infezioni inoltre riducono la sensibilità
all’insulina e comportano un aggravamento dello stato diabetico (Robba, 1964);
 iatrogene: derivano da una cura o da un atto chirurgico. Il diabete iatrogeno può
comparire ad esempio dopo un trattamento prolungato di cortisonici o dopo un
intervento chirurgico al pancreas. Complicanze del diabete mellito possono
verificarsi in seguito ad una errata assunzione di farmaci (es. dosaggio insulinico).
Le complicanze croniche del diabete includono disfunzioni del sistema immunitario,
alcune disfunzioni macro-vascolari ed altre micro-vascolari.
Il sistema immunitario del soggetto diabetico è deficitario, essendo il diabete mellito di
tipo 1 una patologia auto-immune.
Tra le disfunzioni macro-vascolari si segnalano:
 la cardiopatia ischemica: lo stato metabolico alterato dei soggetti diabetici causa
una disfunzione delle arterie, predisponendole all’aterosclerosi. Il diabete modifica
la funzione di diversi tipi cellulari, tra cui le cellule endoteliali, le cellule muscolari
lisce e le piastrine, contribuendo così all’estensione del disordine vascolare. Nei
diabetici è più alta la probabilità di andare incontro ad una sindrome coronarica
acuta con conseguenze più gravi a livello di morbilità e mortalità (Raddino et al,
2008);
 la vasculopatia cerebrale è una famiglia di patologie a carico della rete vascolare
che comporta un’insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti rispetto al consumo
richiesto (condizione di ischemia). Questa situazione porta ad una serie di reazioni
a livello cellulare, che culmina con la comparsa di dolore, ulcere e gangrene;
 l’arteriopatia periferica è caratterizzata dalla presenza, sulle pareti delle arterie, di
ateromi (depositi di grassi) che conducono ad un’ostruzione dei vasi sanguigni e ad
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un conseguente insufficiente flusso sanguigno ai muscoli e agli altri tessuti. Il
sintomo più comune è la claudicatio intermittente, che è caratterizzata da dolore
all’arto inferiore e debolezza che compaiono durante la marcia (Rivolo, 2006).
Le disfunzioni micro-vascolari possono includere:
 la retinopatia diabetica, danno a carico dei piccoli vasi sanguigni che irrorano la
retina, con perdita delle facoltà visive. Le persone diabetiche hanno inoltre
maggiore probabilità di andare incontro ad altre malattie oculari come il glaucoma
e la cataratta;
 la nefropatia diabetica, espressione di scarso controllo glicemico reiterato nel
tempo, può essere responsabile della riduzione progressiva della funzione di filtro
del rene che, se non trattata, può condurre all’insufficienza renale, alla necessità di
dialisi e, nei casi più gravi, al trapianto di rene;
 la neuropatia diabetica, complicanza tra le più frequenti, è caratterizzata da un
danno a carico del sistema nervoso periferico somatico o vegetativo. La causa della
neuropatia diabetica è l'aumento prolungato della glicemia nel sangue.
L'iperglicemia non controllata determina una serie di modificazioni strutturali del
rivestimento del nervo periferico determinando sintomi di intorpidimento,
formicolio agli arti, dolori crampiformi ai polpacci; può avere come conseguenza
parestesie o disturbi di sensibilità ai piedi e comparsa di ulcerazioni, con necessità
di amputazione nei casi più gravi (Melga, 2012);
 il piede diabetico è una complicanza cronica, tardiva, altamente invalidante e
temuta. Risulta dalla combinazione di neuropatia e arteriopatia periferica e consiste
in alterazioni della cute, dei muscoli e delle ossa del piede, che possono
determinare ulcerazioni o infezioni a guarigione lenta o lentissima, a volte
evolventi fino alla gangrena con necessità di amputazione dell’estremità (Tatavitto,
2004; Pizzorno et al, 2009).
8
1.2
Definizione
Secondo l’OMS il piede diabetico può essere definito come “una condizione di infezione,
ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associati ad anomalie neurologiche e a vari
gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori” (Rivolo, 2009).
Nel Documento internazionale sul piede diabetico del 2011 viene definito come “un piede
con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o
dalla neuropatia diabetica, estendendo la definizione a tutti i soggetti diabetici a rischio di
ulcerazione” (Romano, 2006).
1.3
Eziopatologia e fattori di rischio
Una revisione sistematica della letteratura ha individuato l’associazione che intercorre tra il
piede diabetico e più di 100 variabili indipendenti. Sono stati presi in esame 71 studi e le
caratteristiche più indagate sono state l’età, il genere, la durata del diabete, il BMI (indice
di massa corporea), l’emoglobina glicata (quantità di emoglobina legata a molecole di
glucosio) e la presenza di neuropatia. Da questa revisione è emerso che la neuropatia
diabetica, la vasculopatia periferica, la deformità dei piedi, le pregresse lesioni e
l’amputazione dell’estremità inferiore sono costantemente associati allo sviluppo di ulcere
al piede (Monteiro-Soares et al, 2012).
Il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di ulcere è la presenza di neuropatia
sensitivo-motoria, responsabile del 70 – 90% delle lesioni e la sua prevalenza nella
popolazione diabetica è in genere elevata ma variabile (tra il 30 e il 70% dei casi). È una
patologia che coinvolge in genere gli arti inferiori, comportando la diminuzione della
soglia alle stimolazioni tattili, termiche e dolorifiche, accompagnata da parestesie e dolori
muscolari che compaiono generalmente durante le ore notturne. Nelle fasi avanzate può
portare ad una progressiva insensibilità ai traumi (Adda et al, 2007) e quindi ad ulcerazioni
indolori sulla pianta che possono infettarsi. Il piede desensibilizzato al dolore e non
sufficientemente irrorato dai vasi sanguigni presenta un notevole rischio infettivo e
qualunque ferita/lesione (anche minima) richiede un trattamento immediato.
Altra causa di insorgenza di questa complicanza è la vasculopatia periferica, presente nel
10 – 20% della popolazione diabetica. Ad essa sono attribuite il 10% delle lesioni ai piedi.
9
Questo fattore di rischio è già stato brevemente descritto nella premessa tra le complicanze
macro-angiopatiche del diabete.
Altri fattori di rischio da tenere in considerazione sono:
 fattori biomeccanici: limitata mobilità articolare, prominenze ossee, deformità del
piede (piede piatto, piede cavo, alluce valgo…), osteoartopatia (affezione dell’osso
e della corrispondente articolazione), ipercheratosi (ispessimento dello strato
corneo dell’epitelio) e altre alterazioni che modificano il corretto appoggio
plantare;
 traumatismi per uso di calzature non idonee, incidenti e presenza di pregresse
lesioni;
 classe socio-economica: i soggetti appartenenti a categorie disagiate sono
maggiormente a rischio per minori possibilità di accesso alle cure;
 presenza di infezioni batteriche e fungine, maggiormente presenti sulla cute e le
unghie dei diabetici per alterazioni del trofismo cutaneo e delle difese specifiche e
aspecifiche locali (Cavani et al, 2002; Medea, 2003; Rivolo, 2009).
1.4
Classificazione del piede diabetico in base alla patogenesi
A seconda degli elementi patogenetici implicati, il piede diabetico può essere definito
neuropatico, ischemico, neuro-ischemico e/o infetto:
 il piede diabetico neuropatico, in cui la neuropatia sensitivo-motoria ha modificato
l'equilibrio muscolare, la percezione degli stimoli, l'autoregolazione vegetativa. La
neuropatia sensitiva diminuisce la soglia del dolore e può consentire ad una lesione,
anche minima, di perdurare nel tempo tanto da determinare un’ulcera.
La neuropatia motoria colpisce le fibre nervose che innervano i muscoli del piede, creando
squilibrio tra muscoli estensori e flessori. Ciò può portare alle griffe delle dita (dita ad
artiglio), all’accentuarsi del cavismo e ad altre deformità. Tutto questo sconvolge ed altera
l’appoggio plantare, determinando un ipercarico in alcune aree, dove il piede, nel tentativo
di difendersi dall’eccesso di carico, svilupperà ipercheratosi. Il perdurare del sovraccarico
pressorio può portare alla formazione di un’ulcera, circondata da cute ipercheratosica.
L’ulcera neuropatica tende a localizzarsi nelle zone di iperpressione, cioè in
corrispondenza delle teste metatarsali e del calcagno;
10
 il piede diabetico ischemico: l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza determinano
la stimolazione e la proliferazione delle cellule muscolari, contribuendo alla
formazione di placche aterosclerotiche che ostruiscono i vasi sanguigni
(l’arteriopatia diabetica colpisce soprattutto le arterie di piccolo calibro). L’arto non
viene ben irrorato e l’ipossia dei tessuti determina a sua volta alterazioni trofiche
delle dita. L’iperglicemia provoca lesioni endoteliali con esposizione del collagene
sotto-endoteliale;
 il piede diabetico neuro-ischemico: spesso nei soggetti diabetici vi è una
concomitante presenza di neuropatia e di arteriopatia periferica;
 il piede diabetico infetto: la lesione della cute rappresenta la porta di ingresso dei
microrganismi. Come meccanismo di difesa dai patogeni, in un soggetto in
condizioni
normali,
si
verifica
un’iperemia
atta
a
veicolare
cellule
immunocompetenti ad azione fagocitaria e battericida. Tale meccanismo nel
diabetico è deficitario per la concomitante vasculopatia. Si verifica che le
endotossine batteriche determinano necrosi cellulare e trombosi vasale con
conseguente ipoafflusso tessutale. La conseguenza è che la compressione
meccanica riduce ulteriormente il flusso ematico. Un’ulcera infetta può provocare
fenomeni sistemici molto gravi, anche fatali (Nebbioso et al, 2004).
Segni di probabile infezione di un’ulcera sono la presenza sul fondo della lesione di un
essudato purulento, l’eritema della cute circostante l’ulcera, la comparsa di arrossamento o
il gonfiore, specie a un solo piede.
L’infezione va individuata tempestivamente e monitorata tramite l’esame colturale
dell’essudato. Per effettuarlo occorre prelevare un campione di tessuto vitale, mediante
raschiamento della base dell’ulcera con un bisturi, dopo averla detersa. Questo tipo di
esame colturale è decisamente preferibile rispetto a campioni ottenuti con tampone
(Molisso, 2001).
11
1.5
Scale di classificazione delle ulcere diabetiche
Esistono vari sistemi per classificare una lesione ulcerativa in considerazione di parametri
diversi.
La classificazione di Wagner è quella più diffusamente accettata e conosciuta, anche se
non risulta essere stata validata (Apostoli et al, 2010). Essa identifica sei categorie di ulcere
in base a gravità, interessamento dei piani tissutali, localizzazione topografica ed eventuale
presenza di infezione (Piaggesi, 2000):
 al grado “0” appartengono lesioni sia pre che post-ulcerative. La cute non presenta
soluzioni di continuità, ma possono esserci deformità, come per esempio l’alluce
valgo, le dita a martello oppure delle aree di ipercheratosi nelle zone soggette a
maggiore pressione, oltre che eventuali aree di sofferenza traumatica da calzatura;
 al grado “1” la lesione è superficiale, anche se a tutto spessore. Interessa la cute ed
il sottocutaneo, fino allo strato muscolare superficiale. L’ulcera in genere si colloca
in zone di iperpressione sulle teste metatarsali. Non ci sono cellulite perilesionale
né altri segni di infezione. Il fondo della lesione è deterso e duro;
 al grado “2” la lesione diventa più profonda e coinvolge strutture quali i tendini, la
capsula articolare o l’osso;
 al grado “3” è complicata dall’insorgenza di infezione, dando origine ad un
flemmone o ascesso, con produzione di abbondante pus, che permane nella zona
profonda.
In questo stadio vi è l’interessamento anche delle strutture osteo-articolari, con
osteomielite o osteoartrite settica. La presenza di pus, cattivo odore, cellulite, edema e
calore locale sono tutti segni di infezione. La propagazione dell’infezione avviene
solitamente lungo le guaine tendinee, i legamenti o i setti fibrosi;
 al grado “4” si ha l’avanzamento dell’infezione e la gangrena localizzata
all’avampiede o al tallone;
 il grado “5” è quello più grave. La gangrena colpisce tutto il piede.
Le linee guida per la gestione del piede diabetico dichiarano che la scala di Wagner
consente di inquadrare clinicamente una lesione e quindi le sue possibilità terapeutiche, ma
non tiene conto delle condizioni vascolari locali e dell’eventuale presenza di ischemia in
sito. Per superare questo limite, è stato recentemente messo a punto il Sistema di
Classificazione delle Lesioni dell’Università del Texas. Questo si sviluppa secondo due
12
assi che identificano le lesioni per la gravità delle stesse e per la presenza di infezioni
(Rivolo, 2005).
Tabella 1.5.1: Class. Sec. la TEXAS UNIVERSITY
GRADO
0
1
2
3
Stadio A
Lesione pre o post Ulcera superficiale che Ulcera profonda che Ulcera profonda che
ulcerativa
non coinvolge tendini, interessa i tendini o la interessa
l'osso
completamente
capsula articolare, ossa
capsula articolare
l'articolazione
o
epitelizzata
Stadio B
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Stadio C
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Stadio D
Con
infezione Con
ed ischemia
infezione Con
ed ischemia
ed ischemia
infezione Con
infezione
ed ischemia
(Nebbioso et al, 2004)
Questo sistema ha il vantaggio di prendere in considerazione non solo le caratteristiche
locali della lesione, ma anche i fattori condizionanti l’evoluzione di quest’ultima.
Questa scala è stata successivamente validata su un gruppo di 360 pazienti (Armstrong et
al, 1998), da qui il nome di Scala di Armstrong.
È importante l’inquadramento, la misurazione e la stadiazione della lesione per garantire
un approccio corretto ed orientare così la terapia, il trattamento ed il monitoraggio.
1.6
Complicanze
Il problema più rilevante legato al piede diabetico è il rischio di amputazione, qualora
l’ulcera sviluppata sia complicata da infezioni che evolvono in gangrena. Una percentuale
ancora troppo elevata di casi va incontro ad interventi chirurgici demolitivi minori (parte
del piede) o maggiori (piede o addirittura gamba): ogni anno in Italia circa 7.000 persone
subiscono un’amputazione minore e altre 2.000 un’amputazione maggiore.
L’85% dei casi di amputazione riguarda soggetti che hanno sviluppato un’ulcera recidiva,
aggravata dalla presenza di infezioni severe o gangrena (Apelqvist, 2012).
13
Le amputazioni minori non compromettono significativamente la capacità di deambulare
ma possono portare a deformità progressive che aumentano il rischio di sviluppare nuove
ulcerazioni ed altri interventi demolitivi.
Le amputazioni maggiori sono associate ad una effettiva riduzione della possibilità di
camminare e di conseguenza ad una perdita di autonomia, con riduzione della qualità di
vita. È possibile pensare ad una riabilitazione con l’utilizzo di protesi ma per gli anziani,
sopra i settanta anni, sono di difficile utilizzo e dati evidenziano che più del 75% non
riprende a deambulare.
L’amputazione totale del piede viene eseguita solo nel caso di progressiva necrosi del
tessuto, non trattabile farmacologicamente o con rivascolarizzazione dei vasi.
Ridurre il numero delle amputazioni è tra gli obiettivi prioritari.
Si stima che il 15% dei diabetici con un’ulcera al piede andrà incontro ad amputazione, il
50% degli amputati è destinato a subire entro 5 anni dal primo intervento demolitivo una
seconda amputazione. Metà dei soggetti con amputazione maggiore ha un elevato rischio
di morte entro i successivi 3 anni.
I dati sono preoccupanti. È fondamentale una buona prevenzione e gestione della patologia
fin dall’esordio per evitare di incorrere nella complicanza più severa del piede diabetico:
l’amputazione (Brem et al, 2004).
1.7
Epidemiologia
Il diabete mellito è una patologia in continuo aumento ed è stato registrato un notevole
incremento, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Gli esperti parlano di epidemia
mondiale (Vespasiani et al, 2005). Secondo le ultime stime, comunicate dalla International
Diabetes Federation nel 2012, 371 milioni di persone nel mondo hanno il diabete ed il loro
numero sarà destinato ad aumentare fino a 552 milioni nel 2030 (Guariguata, 2012).
L’ISTAT riferisce che in Italia ci sono quasi 3 milioni di persone affette da diabete, il 4,9%
della popolazione (Frova et al, 2012)
Il diabete aumenta il rischio di ospedalizzazione di 2-4 volte per la presenza concomitante
di patologie cardiovascolari, renali e di vasculopatie periferiche ed è considerato, insieme
alle complicanze ad esso correlate, la quarta causa di morte nei Paesi industrializzati
(Roggeri et al, 2000; Sicuro et al, 2011). I tempi di ricovero ospedaliero spesso si
14
protraggono per l’impatto che l’iperglicemia ha sugli interventi chirurgici e sulle
complicanze (Giorda et al, 2012).
Il costo della patologia diabetica si inserisce in un contesto di generale crescita della spesa
del comparto sanitario (Sicuro et al, 2011). I soggetti diabetici fanno uso del 12-15% delle
risorse dell’assistenza sanitaria.
Nella tabella 1.7.1 è riportata la spesa annuale in Italia del paziente diabetico.
Tabella 1.7.1: Costo del diabete in Italia
Classificazione del diabete mellito per sue complicanze
Diabete non complicato
Complicato da macroangiopatie
“
“ microangiopatie
Complicato da Macro e microangiopatie
(Sicuro et al, 2013)
Spesa annua in Italia in euro per
paziente
2.301
6.043
8.023
10.792
Il piede diabetico è uno dei principali problemi legato a questa alterazione metabolica ed è
presente nel 15% dei soggetti (Dalla Paola, 2006). Nel 20% di queste persone si sviluppano
ulcere al piede che cronicizzano ed evolvono verso l’amputazione (Guadagni, 2012). La
sopravvivenza dopo un’amputazione maggiore (ossia con perdita dell’appoggio al suolo) è
bassa: la mortalità si aggira tra il 10 e il 41% ad un anno, dal 20 al 50% a 3 anni
dall’intervento e fino al 39-68% a 5 anni. Numerose evidenze suggeriscono che la
precocità dell’intervento può ridurre il rischio di complicanze e di mortalità (Boffano,
2003).
La quasi totalità delle amputazioni è legata alle ulcere di natura ischemica e neuroischemica. La sopravvivenza è più elevata nei pazienti con lesioni neuropatiche. Dopo 25
anni dalla diagnosi di diabete la percentuale di soggetti affetti da neuropatia è del 50%.
15
CAPITOLO 2.
2.1
LA GESTIONE DEL PIEDE DIABETICO
Prevenzione
Come per la maggior parte delle patologie, anche per il piede diabetico la “cura” migliore è
la prevenzione.
Nel 2005 RNAO ha pubblicato le linee guida Assestment and management of foot ulcers
for people with diabetes a scopo educativo ed informativo per pazienti affetti da diabete
mellito. Per quanto riguarda la prevenzione è emersa l’importanza dell’educazione del
paziente al riconoscimento tempestivo dei fattori di rischio per le lesioni del piede
(Romano, 2006; De Corrado et al, 2010). Di fondamentale importanza la conoscenza che il
paziente ha sull’auto-cura dei piedi: più il soggetto sa riguardo alla patologia di base, alle
sue complicanze e all’autogestione, meno a rischio è di insorgenza di lesioni (Caula, 2004).
L’infermiere ha il compito di educare il paziente con una serie di informazioni e
suggerimenti riguardanti:

la corretta auto-cura dei piedi. Il paziente va educato ad adoperare la lima per la
cura delle unghie, dei calli e dei duroni; non tagliare le unghie troppo lunghe o
troppo corte e pulirle con uno spazzolino morbido e sapone; ispezionare e lavare
ogni giorno i piedi con acqua tiepida e sapone, avendo cura di asciugarli molto bene
soprattutto negli spazi intertarsali; mantenere i piedi asciutti e puliti e idratarli con
creme per evitare che la pelle in sito si secchi e si formino tagli e lesioni;
controllare frequentemente con uno specchio la pianta dei piedi; usare calze di
cotone o di lana e fare attenzione alle cuciture interne; indossare scarpe comode a
pianta larga, chiuse e possibilmente in pelle o cuoio, con tacco di altezza moderata
e cambiarle spesso; se necessario utilizzare plantari morbidi che consentano la
distribuzione uniforme del peso sui piedi; evitare le fonti di calore diretto
(scaldino…); evitare l’uso di medicazioni ingombranti o di cerotti che possono
essere irritanti per la pelle e pediluvi; prestare attenzione ai disinfettanti a base di
alcol in quanto disidratano i tessuti (Progetto Diabete, 2007), colorati che possono
mascherare eventuali segni di infezione, prediligendo il sodio ipoclorito 0,05%;
 l’esame annuale del piede da parte del medico curante per valutare i polsi periferici
individuando eventuali modificazioni importanti (debolezza o assenza di questi
porta a pensare ad una insufficiente irrorazione dell’arto) e per rilevare l’eventuale
16
comparsa di ipercheratosi e/o di deformità in essi (Aiello et al, 2010; Australian
Diabetes Society et al, 2011).
Un esame predittivo di future ulcerazioni è quello della sensibilità vibratoria. Essa viene
misurata a livello malleolare esterno o sul dorso dell’alluce con l’utilizzo di un diapason a
128 Hz (apparecchi elettronici come il biotesiometro e il neuroestesiometro sono assai
costosi). Il deficit nella capacità di avvertire la vibrazione è predittivo di una successiva
ulcerazione;
 i sintomi che il paziente deve riferire al medico quali dolore, sensazione di
formicolio, sensibilità ridotta e insorgenza di ferite anche insignificanti ai piedi e
alle unghie;
Un’autentica prevenzione del piede dovrebbe agire sui fattori di rischio (neuropatia e
vasculopatia periferica) (Romano, 2006) ed evitare la comparsa di lesioni (Di Berardino,
2002).
Oltre alle suddette misure di prevenzione primaria, possono essere usati metodi di
prevenzione secondaria: i così detti screening, finalizzati all’identificazione della perdita
della sensibilità protettiva alle estremità inferiori, per ridurre il rischio di amputazioni
maggiori (Del Prete et al, 2010).
Viene usato, a questo scopo, il test del monofilamento: un filamento viene appoggiato e
lievemente premuto sulla superficie cutanea dell’estremità inferiore, l’incapacità del
paziente di percepire quest ultimo è predittiva dell’insorgenza di un’ulcera, in quanto il test
risulta positivo per neuropatia.
Questo esame può essere integrato da un sistema strutturato a punteggio: il Diabetic
Neuropathy Index. Esso prevede l’ispezione del piede (deformità, cute secca, callosità,
infezioni, ulcera), la valutazione dei riflessi achillei e della sensibilità vibratoria all’alluce.
Ad ogni item viene assegnato un punteggio come sotto riportato:
Ispezione al piede: normale 0, alterazioni 1, ulcera +1
Riflessi achillei: presenti 0, con rinforzo 0,5, assenti 1
Sensibilità vibratoria all’alluce: presente 0, con rinforzo 0,5, assente 1
Il test risulta positivo se il punteggio è maggiore di 2.
Altro esame utilizzabile è l’indice di Winsor o ABI (Ankle Brachial Index), indice
pressorio caviglia braccio. È il rapporto tra la pressione sistolica alla caviglia e quella al
braccio, misurabili con uno sfigmomanometro o più precisamente con il Doppler.
Normalmente la pressione arteriosa sistolica alla caviglia è maggiore rispetto a quella al
braccio e quindi l’ABI si considera normale se maggiore o uguale a 1. Se l’ABI risulta
17
minore a 1 significa che l’asse arterioso può presentare un qualche livello di patologia che
deve essere ulteriormente indagato (Mosti et al, 2009; Aiello et al, 2010).
La Tabella 2.1.1 schematizza i vari gradi di rischio di sviluppo dell’arteriopatia secondo
l’indice ABI.
Tabella 2.1.1: Indice ABI
ABI
INTERPRETAZIONE
>1,30
No compromissione vasi
0,90-1,30
Normale
0,70-0,89
Lieve
0,40-0,69
Moderata
< o = 0, 40
Severa
(Mosti et al, 2009)
La prevenzione del piede diabetico e la conseguente riduzione dell’aggravamento della
patologia sono
determinate o possono essere dunque favorite da un’attività
multidisciplinare, di cui l’infermiere è un importante mediatore.
2.2
Trattamento
Il piede diabetico e le sue complicanze dovrebbero essere trattati con un approccio
multidisciplinare e multi-professionale (Piaggesi, 2004; Rivolo, 2005) allo scopo di
mantenere la salute, l’autonomia della persona colpita e migliorarne la qualità di vita, oltre
che per ridurre il numero di amputazioni e abbassare i costi sanitari (Knowles et al, 2001).
In particolare i pazienti ad alto rischio di ulcere devono venir seguiti da personale
specializzato nella cura del piede e con esperienza (Bekler et al, 2009), anche perché
l’approccio terapeutico è diverso a seconda che si tratti di lesioni dovute a piede diabetico
neuropatico o ischemico.
In entrambi i casi, la condizione indispensabile per un’efficace guarigione della lesione è
l’adeguata preparazione del fondo della ferita, con questo si intende la gestione
dell’essudato, la gestione del tessuto necrotico, l’attenzione agli eventi biologici che
ritardano la guarigione ed il mantenimento di un letto della lesione deterso.
18
È stato a tal riguardo dimostrato che il tessuto necrotico ed infetto ritarda la guarigione, in
quanto impedisce la formazione di tessuto di granulazione. Per questo motivo è
fondamentale rimuoverlo ed accelerare il processo di riepitelizzazione (Marazzi, 2010).
La rimozione del tessuto necrotico viene effettuata attraverso il debridement o detersione
(Fowler et al, 2003).
Esistono diversi tipi di debridement:
 autolitico. Avviene naturalmente nell’ambiente umido che caratterizza la superficie
dell’ulcera e può essere utilizzato solo se mantenuta la perfusione periferica
arteriosa e venosa;
 enzimatico. Si avvale dell’uso di agenti topici in grado di degradare il tessuto
necrotico. Richiede del tempo per produrre effetti e può causare macerazione della
cute peri-lesionale. È indicato per ammorbidire le escare estese (Dinh et al, 2006);
 meccanico. Comprende varie strategie, tra le quali: Wet-to-dry dressing, whirpools,
high-pressure water jet, ultrasonic devices. Questo tipo di debridement non è molto
indicato in quanto può avere un effetto traumatico o aumentare il rischio di
contaminazione ed infezione (Frykberg, 2005);
 chirurgico. È il gold standard per rimuovere il tessuto devitalizzato dalla lesione
(Wierman, 2005) e può essere effettuato solo in presenza di tessuto
sufficientemente vascolarizzato (Inlow et al, 2000; Sibbald et al, 2003; Kravitz et
al, 2007).
In corso di debriedement chirurgico dovrebbe essere inclusa la manovra “probe to bone”
che consiste nell’introduzione nella ferita di una sonda metallica sterile: se essa viene a
contatto con l’osso il test risulta positivo ed indica che l’osso è esposto all’ambiente
esterno. Non vi è concordanza tra gli studi sull’efficacia di questa manovra nel predire
osteomielite (Game, 2006).
Per quanto riguarda
le ulcere del piede neuropatico si possono usare la detersione
autolitica, enzimatica e chirurgica. Per quelle del piede diabetico ischemico, che sono più
delicate e bisogna trattarle più cautamente, è consigliata solamente la detersione chirurgica.
La detersione meccanica è sconsigliata in entrambe le circostanze (International Working
Group on the diabetic foot, 2000).
La decisione sul tipo di procedura da utilizzare deve essere basata sui seguenti fattori:
condizioni dell’assistito, outcomes pianificati, considerazioni ambientali, abilità e
competenze dei professionisti, costi dell’intervento (Fowler et al, 2003).
19
Dopo la rimozione del tessuto devitalizzato, è indicata la stadiazione della lesione (Younes
et al, 2004).
Il trattamento del piede diabetico neuropatico consiste in:
 mantenere in scarico la lesione: evitare che questa sia gravata dal peso del corpo
durante la deambulazione. Questo problema può essere ovviato utilizzando apposite
solette rigide a barchetta (scavate all’altezza dell’ulcera), stivaletti pneumatici,
fasciatura compressiva rigida dell’arto od ortesi. Nei casi più gravi è indicato il
riposo a letto o l’impiego di stampelle o della sedia a rotelle per la mobilizzazione;
 cheratolisi perilesionale. Questo trattamento serve a ridurre il turnover delle cellule
attorno alla ferita usando emollienti, cheratolitici, corticosteroidi topici.
I primi consentono di ammorbidire la cute e danno sollievo dall’eventuale prurito (in
genere è sufficiente l’applicazione di unguenti, seguita da bagni tiepidi); i cheratolitici
sono sostanze che ammorbidiscono i tessuti cornei (strato corneo dell’epidermide, peli ed
unghie) e tra essi l’acido salicilico è utile nella terapia locale dei calli e dei duroni; i
corticosteroidi topici sono usati per ridurre le infiammazioni provocate dall’ulcera
(Vassallo et al, 2008);
 le medicazioni locali della ferita possono essere eseguite con diversi materiali, a
seconda del grado dell’ulcera e della quantità di essudato.
Gli idrocolloidi sono particelle colloidali idrofile, legate ad una schiuma in poliuretano,
sono impermeabili ai batteri e facilitano il processo autolitico dei tessuti necrotici. Sono
indicati per le lesioni superficiali con essudato medio-basso e granuleggianti. Possono
essere usati sotto compressione e lasciati in situ per alcuni giorni (dai 3 ai 5 giorni). La
medicazione va cambiata quando l’accumulo di essudato provoca la separazione della
medicazione dalla ferita.
La schiuma in poliuretano è una medicazione semipermeabile con proprietà idrofile o
idrofobe. Non è aderente e quindi previene le lesioni della cute che circonda la ferita.
Garantisce un buon isolamento termico e crea un ambiente umido adatto alla formazione
del tessuto di granulazione. È indicata nel trattamento di lesioni cavitarie non
eccessivamente secernenti, la medicazione va sostituita in base all’entità dell’essudato.
Gli alginati sono prodotti costituiti da soffici fibre di non tessuto, modellate a forma di
cuscinetti che si adattano alla forma della lesione. Creano un gel idrofilo che assorbe le
secrezioni e un ambiente caldo-umido favorevole alla guarigione. È una medicazione
primaria che può essere lasciata in sede anche per una settimana.
20
L’idrogel a base di acqua o glicerina non è assorbente e quindi è sconsigliato per le ferite
con essudato abbondante. Grazie alla capacità di cedere umidità aiuta a ridurre il dolore, la
temperatura della ferita e l’infiammazione. Ammorbidisce il tessuto necrotico e riempie le
cavità della ferita.
La terapia topica a pressione negativa (VAC terapia) consiste nell’aspirazione dalla piaga
dell’essudato (fluido in eccesso), ciò consente una riduzione della carica batterica, crea un
ambiente umido che promuove la crescita del tessuto di granulazione, stimola la
neoangiogenesi (formazione di nuovi capillari) e promuove la riepitelizzazione, riducendo
il volume delle ulcere e avvicinandone i lembi (Berchicci et al, 2008);
 terapia antibiotica locale, su prescrizione medica si applica sulla ferita prima di
coprirla con la benda. Se l’ambiente umido favorisce la cicatrizzazione incoraggia
pure la crescita dei batteri, da qui la necessità di usare un antimicrobico (Smith,
2004).
È sempre sconsigliato nella gestione delle lesioni l’uso di medicazioni completamente
impermeabili, perché bloccano l’ossigenazione e creano un ambiente troppo umido che
può favorire le infezioni. Le polveri seccano il tessuto di granulazione e si incollano
rendendo difficile la detersione della lesione. Altrettanto sconsigliate sono le soluzioni
colorate perché non permettono la valutazione del rubor e del tumor della lesione. Si deve
tener conto che ad ogni cambio di medicazione è opportuno detergere la lesione, per
tamponamento, irrigazione o immersione, con soluzione fisiologica, ringer lattato o
detergenti sintetici.
Per quanto concerne il piede diabetico ischemico il trattamento consiste in:
 rivascolarizzazione tramite l’angioplastica con posizionamento di stent, tecnica
indicata nel caso in cui vi sia una bassa probabilità di guarigione, la presenza di
dolore ischemico a riposo o la presenza di claudicatio intermittens. È una procedura
mininvasiva che consiste nell’introduzione nell’arteria femorale di un catetere,
chiamato guida che servirà a veicolare un palloncino fino in prossimità della placca
aterosclerotica e quindi insufflato contro la stessa. Il risultato sarà un allargamento
del calibro interno dell’arteria o lume vasale con conseguente ripristino del normale
flusso del sangue. La placca viene poi definitivamente fissata alle pareti dell’arteria
mediante il posizionamento di una rete cilindrica o conica di materiale metallico
chiamata stent. Questo dispositivo rimarrà in sede definitivamente all’interno
dell’arteria, mantenendola pervia.
21
Le metodiche di rivascolarizzazione percutanea degli arti inferiori
nei pazienti con
arteriopatia periferica obliterante si sono dimostrate uno strumento determinante per la
riduzione dei tassi di amputazione nei soggetti diabetici, ma anche per il trattamento della
sintomatologia del dolore, delle ulcere ischemiche e del recupero della funzionalità
dell’arto. Nonostante l’ampia diffusione di tale procedura negli ultimi anni, l’efficacia non
è ancora definita. Scarseggiano, in letteratura, gli studi prospettici di outcome superiori a 3
anni per i soggetti rivascolarizzati, in particolare nella popolazione italiana (Da Porto et al,
2011);
 terapia antibiotica locale o sistemica, su prescrizione medica.
Sono in fase di studio alcune nuove tecniche, presso centri di ricerca.
L’utilizzo di fattori di crescita sfrutta le proprietà delle piastrine nel gel piastrinico. Dal
sangue prelevato dal paziente viene ricavata per centrifugazione e congelata una sacca di
piastrine, utilizzata poi come adiuvante e potenziante dei processi di emostasi, adesione,
riparazione. Non ci sono rischi di malattie emotrasfusive in quanto il campione è autologo.
L’introduzione del Gel Piastrinico all’interno dell’ulcera è preceduto da una forte
abrasione del callo necrotico in anestesia locale e da iniezioni di insulina nel sito di
ulcerazione per ridurre la concentrazione di glucosio. Il Gel Piastrinico è stato testato su
pazienti over 70 con ulcere del IV e V grado secondo Wagner (Chiaretti, 2012).
Un’altra metodica consiste nell’innesto di sostituti dermici artificiali e nella copertura dei
tessuti utilizzando cute autologa o cute prelevata da donatori e trattata.
2.3
Educazione Terapeutica
Come enunciato dal Codice Deontologico nell’articolo 2 l’assistenza infermieristica è di
natura tecnica, educativa e relazionale e, nell’articolo 7 dello stesso, è dichiarato che
l’infermiere orienta la sua azione al bene del suo assistito di cui attiva le risorse
sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare
quando vi sia disabilità, svantaggio e fragilità (Silvestro et al, 2009).
L’assistenza ai pazienti con piede diabetico è complessa e deve essere multidisciplinare
(Castiglione et al, 2010). Fanno parte del team di cura specialisti in diabetologia, chirurgia
vascolare, ortopedia, radiologia, medicina interna, podologia, tecnologia ortopedica.
Il personale infermieristico gioca un ruolo cruciale nella moderna organizzazione sanitaria
in generale e, nel caso specifico, di fondamentale importanza nella prevenzione
22
dell’insorgenza di ulcere al piede nel paziente diabetico (educazione sanitaria), nella cura
personalizzata (educazione terapeutica) qualora fosse già insorta la complicanza (Caligiore,
2004; Aalaa et al, 2012) e nell’accompagnamento psico-sociale del paziente (Ciaccio et al,
2011).
Per educazione sanitaria si intende uno strumento volto a promuovere la salute e
modificare lo stile di vita e i modelli comportamentali per attuare una prevenzione efficace.
Con l’espressione “educazione terapeutica” si fa riferimento ad un processo graduale,
integrato nel processo terapeutico, che comprende un insieme di attività di
sensibilizzazione, informazione, educazione ed aiuto psicologico e sociale e che si propone
di aiutare la persona e la sua famiglia nella gestione della malattia e delle cure,
nell’organizzazione delle proprie attività di vita quotidiane, nella consapevolezza degli stili
di vita da adottare e nell’individuazione precoce delle complicanze (Michelin, 2011). Lo
scopo è portare il paziente all’autogestione della patologia già in atto (Cimicchi et al,
2009).
Sul piano pedagogico la formazione del paziente rappresenta una vera e propria sfida, in
quanto si tratta di “discenti particolari”, molto eterogenei per età, origine socio-culturale e
bisogni.
La loro motivazione ad apprendere dipende dal grado di accettazione della patologia e dal
modo in cui si rappresentano il diabete e la relativa terapia.
È da tenere in considerazione che la persona affetta da tale malattia e sue complicanze,
entra a far parte del mondo della cronicità, che porta necessariamente a rivedere il proprio
futuro in un nuovo equilibrio complessivo.
Perché l’educazione terapeutica sia efficace occorre che gli operatori sanitari siano
consapevoli del loro delicato ruolo. Fattori determinanti riferiti ad essi sono:
 la motivazione e la preparazione: il disporre di un livello adeguato e continuamente
aggiornato di conoscenze e competenze viene sottolineato come elemento
essenziale per garantire qualità di cura e prevenzione del piede e sue complicanze
(NZSSD, 2009).
Per quanto riguarda la conoscenza pratica e teorica degli infermieri su tale tematica non si
trovano in letteratura evidenze scientifiche. Uno studio sperimentale che valuta le
competenze di questi riguardo alla patologia diabetica è stato condotto all’Ospedale di
Cividale del Friuli (Miniussi et al, 1993);
 l’atteggiamento comunicativo empatico;
 la disponibilità a negoziare gli obiettivi col paziente e i familiari;
23
 la sensibilità di favorire e non forzare l’autonomia;
 la capacità di coinvolgere il paziente facendolo diventare parte attiva nel processo
di cura.
L’infermiere indirizza il paziente verso l’accettazione del carattere cronico della patologia
e costruisce un piano di cura con obiettivi commisurati, che non necessariamente includano
la guarigione. Diversi studi avvalorano l’importanza di un coinvolgimento attivo del
paziente, l’infermiere deve fornire supporto psicologico e sociale di pari passo
all’assistenza clinica e determinare autoefficacia nell’utente (Brown, 2008; Edwards et al,
2009; Bobridge et al, 2010).
L’educazione terapeutica si pone tra gli obiettivi quello di fare in modo che il paziente
conosca e adotti corretti stili di vita con una dieta equilibrata, esercizio fisico regolare e
l’abbandono di cattive abitudini come quella del fumo.
Il paziente deve essere informato che una dieta corretta è fondamentale e aiuta a controllare
la malattia. È importante scegliere gli alimenti più appropriati al fine di attuare una dieta
ipoglicemica, normo-calorica, varia, che richiede il consumo di carboidrati 45%, proteine
15%, grassi 25%, il restante 15% proporzionato all’attività fisica soggettiva. La dieta va
frazionata in sei pasti. Per i soggetti diabetici è indispensabile monitorare la glicemia prima
di ogni pasto e prima di coricarsi.
Parte integrante del piano di trattamento del diabete è anche l’esercizio fisico, soprattutto
di tipo aerobico (sforzi poco intensi ma protratti nel tempo) ed effettuato in modo regolare,
sempre tenendo conto dell’idratazione.
Il fumo nei diabetici comporta un aumento assai elevato del rischio di eventi
cardiovascolari. La sola informazione a riguardo spesso non è sufficiente per abbandonare
questa abitudine. Può essere opportuno indirizzare il paziente in Centri antifumo
specializzati.
Importante è l’utilizzo di scarpe adeguate. La scarpa chiusa, a pianta ampia, a punta
rotonda, in morbida pelle, con tacco moderatamente alto, senza cuciture interne, con suola
rigida o semirigida è la calzatura ideale per un soggetto con piede diabetico. Quando ci
sono deformità del piede, con aree di sovraccarico del peso è indicato l’uso di ortesi
plantari o digitali, atte a riequilibrare, correggere, compensare patologie e a prevenire la
formazione di lesioni.
Nel caso in cui vi siano delle ulcere è necessario ricorrere ad un’apposita ortesi (scarpa con
tomaia automodellante o termoformabile con plantare).
24
Le ortesi vengono prescritte dallo specialista dell’Azienda Sanitaria di appartenenza
(Molisso, 2001).
L’educazione terapeutica del paziente con piede diabetico si focalizza sul riconoscimento
di segni e sintomi così detti “a rischio” da segnalare al medico e tra questi si trovano:
 le parestesie, alterazioni della sensibilità a carico dell’arto inferiore, che vengono
riferite dal paziente come una sensazione di bruciore, dolore, formicolio od
intorpidimento;
 le discromie, alterazioni del colorito della pelle dovuta ad eccesso di derivati
dall’emoglobina o di provenienza esogena sull’epidermide, segnalate dalla
presenza di chiazze arrossate sulla pelle delle gambe e/o dei piedi (possibile indice
di infiammazione od infezione in atto);
 la presenza di un qualsiasi trauma a livello dei piedi (calli, ulcere, graffi);
 le ipercheratosi, ispessimento dello strato epiteliale della cute, queste devono essere
rimosse con lama di bisturi per consentire la formazione del tessuto di
granulazione;
 la febbre (od una semplice febbricola), spesso sintomo di un'infezione;
 il prurito ai piedi (presunto indice d'infezione fungina a carico dei piedi);
 la difficoltà a camminare;
 la deformazione evidente dei piedi;
 il rossore, l’infiammazione e il gonfiore del piede (altro sintomo di infezione in
atto)(Musacchio, 2002).
Nel caso in cui il paziente con piede diabetico accusi febbre elevata, prostrazione e gravi
segni di scompenso glicometabolico (disidratazione, iperglicemia, acidosi..) viene avviato
subito al Pronto Soccorso.
L’educazione terapeutica, che consente il miglioramento dello stile di vita e l’autocura da
parte del paziente, si pone come obiettivo anche l’adesione di questo al programma
terapeutico (Monge, 2009). Porta ad outcomes positivi: la riduzione delle amputazioni agli
arti inferiori e la diminuzione delle ospedalizzazioni del paziente diabetico (Norris et al,
2002; Di Berardino, 2008; Commissione Nazionale Diabete, 2012).
Va sempre tenuto conto che questo tipo di paziente è complesso poiché la malattia cronica
ha un impatto progressivo sulla sua vita e quella dei familiari. Le cure, i trattamenti e la
riabilitazione richiedono tempi lunghi. Spesso il soggetto deve convivere con la paura e la
prospettiva di recidive. La sintomatologia del piede diabetico e le sue complicanze portano
ad una diminuita attività fisica, emotiva e sociale. Ciò può far insorgere atteggiamenti e
25
comportamenti depressivi. È evidente che il ruolo dell’infermiere debba superare un
modello meramente tecnico-clinico, prendendo in considerazione aspetti altrettanto
fondamentali, come l’efficacia comunicativa, l’empowerment, l’autoefficacia, la capacità
di trasmettere in modo chiaro e comprensibile le informazioni, gli aspetti relazionali.
26
CAPITOLO 3: STUDIO DESCRITTIVO SULLA CONOSCENZA
DEGLI
INFERMIERI
SUL
PIEDE
DIABETICO
E
LA
SUA
GESTIONE
3.1
Obiettivo
L’ obiettivo dello studio è quello di:
 indagare il livello di conoscenza degli infermieri rispetto il piede diabetico e il suo
trattamento.
3.2
Materiali e Metodi
3.2.1 Disegno di Studio
Si è attuata un’indagine conoscitiva per la quale è stato seguito un disegno di studio di tipo
descrittivo.
3.2.2 Campione e Campionamento
Gli infermieri coinvolti nello studio sono stati 380, appartenenti a Servizi e Reparti scelti in
modo convenzionale. In alcuni di questi è stato ipotizzato un frequente od occasionale
prendersi cura di persone con piede diabetico da parte degli infermieri, in altri raramente o
addirittura mai.
Per realizzare lo studio non sono stati adottati criteri di inclusione o esclusione e l’unica
caratteristica richiesta ai compilatori è stata l’appartenenza alla professione infermieristica.
3.2.3 Setting
La raccolta dati è stata svolta presso un’unica Struttura: l’Azienda Ospedaliera
Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine.
I Servizi/Reparti selezionati sono stati
20 e nello specifico: SOC di Anestesia e
Rianimazione 1, SOC di Anestesia e Rianimazione 2, Clinica di Anestesia e Rianimazione,
27
SOC di Cardiochirurgia, SOC di Cardiologia, SOC di Pneumologia, Clinica Ortopedica,
SOC di Ortopedia, SOC di Otorinolaringoiatria, Clinica Pediatrica, Clinica Medica, SOC
di Medicina Interna 1 A e B, SOC di Medicina Interna 2 A e B, SOS Post-acuti, Clinica
delle Malattie Infettive, SOC di Dermatologia, SOS di Diabetologia e SOC di Nefrologia.
3.2.4 Strumento di rilevazione dati e variabili indagate
È
stato
somministrato
agli
infermieri
un
questionario
strutturato,
anonimo,
autocompilativo.
Lo strumento consta di 26 quesiti con risposte a scelta multipla ed alcuni aperti a risposta
breve.
Una prima parte, nonché introduttiva, contiene 12 quesiti richiedenti aspetti anagrafici e
professionali dell’infermiere compilatore.
La seconda parte è composta da 14 domande di carattere tecnico-pratiche sul piede
diabetico e la sua gestione, tratta da analogo studio condotto presso l’Ospedale di Cividale:
“Un questionario per valutare le conoscenze sul diabete mellito nel personale
infermieristico” (Miniussi et al, 1993).
3.2.5 Modalita’ di raccolta dati
I questionari sono stati somministrati, previa autorizzazione da parte del Dirigente delle
Professioni
Sanitarie
dell’Azienda
Ospedaliera
Universitaria,
dei
Responsabili
Infermieristici e Coordinatori dei reparti e servizi sede d’ indagine nel rispetto della
privacy e dopo ottenimento del consenso informato al trattamento dei dati, secondo la
l’Art. 13 del D.Lgs 196/2003 e l’Art. 26 del D.Lgs 196/2003 sulla garanzia per i dati
sensibili.
I coordinatori infermieristici delle varie strutture, dopo un incontro preliminare, durante il
quale sono state date informazioni riguardanti finalità, modalità di compilazione e
restituzione, hanno provveduto alla somministrazione dei questionari stessi agli infermieri,
che hanno accettato di partecipare allo studio, dal 21/09/2013 al 25/10/2013.
In alcuni reparti i Direttori hanno chiesto esplicitamente anche l’anonimato del
reparto/Servizio di appartenenza, di conseguenza questi non verranno nominati ma saranno
contraddistinti da un numero (da 1 a 20).
28
4.
RISULTATI
Sono stati distribuiti 380 questionari al personale infermieristico di 20 reparti/servizi
dell’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine. Hanno risposto 198 infermieri
(52,10%).
La tabella 4.1 riassume i numeri assoluti e le percentuali dei questionari compilati per
ciascun reparto/servizio.
Tabella 4.1: Questionari compilati per reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. ASSOLUTO
QUESTIONARI COMPILATI
16/34
19/39
14/19
20/23
2/30
8/21
7/15
7/19
16/20
6/16
7/17
15/18
10/17
6/19
3/17
8/11
12/14
7/8
6/6
9/17
% QUESTIONARI COMPILATI
47,05
48,70
73,70
87
6,70
38,10
46,70
36,80
80
37,50
41,20
83,30
58,80
31,60
17,60
72,70
85,70
87,50
100
52,90
Nel campione considerato 166 infermieri sono di genere femminile (84,30%) e 31
(15,70%) di genere maschile.
Il 24, 20% ha un’età compresa tra i 20 e i 29 anni, il 28,30% tra i 30 e i 39 anni, il 30,80%
tra i 40 e i 49 anni, il 13,10% tra i 50 e i 59 anni e lo 0,5% tra i 60 e i 69 anni.
Il 94,40% (187) è di nazionalità Italiana, il 3,60% comunitaria (Romania e Polonia) e il 2%
extracomunitaria (Perù, Togo, Camerun, Ruanda).
Il 56,60% dei partecipanti ha conseguito il Diploma di Scuola regionale, il 5,50% il
Diploma Universitario, il 50,50% la Laurea in Infermieristica, il 5,05% ha un Master
(Coordinamento, Wound Care, Area critica e Rischio clinico), il 2,50% possiede una
Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. L’1% ha altre lauree.
29
Considerando che ogni infermiere poteva a questo item segnare più risposte la somma dei
dati è superiore al 100%.
Per quanto riguarda l’anzianità professionale
la percentuale più alta si registra nella
categoria tra i 16 e i 25 anni, con il 35,80%.
E’ stata considerata anche l’anzianità professionale presso il servizio/reparto di attuale
appartenenza ed è emerso che l’84,80% degli infermieri lavora presso il reparto/servizio di
appartenenza da meno di 16 anni.
Tabella 4.2: Caratteristiche anagrafiche e professionali del campione
GENERE
Maschi
Femmine
ETA’ (in anni)
20 – 29
30 – 39
40 – 49
50 – 59
60 – 69
NAZIONALITÀ
Italiana
Comunitaria
Extracomunitaria
TITOLO DI STUDIO
Diploma scuola regionale
Diploma Universitario
Laurea in Infermieristica
Master
Laurea Magistrale
Altro
ANZIANITÀ
PROFESSIONALE
< o = a 5 anni
Da 6 a 15 anni
Da 16 a 25 anni
= o > a 26 anni
ANNI NEL REPARTO
< o = a 5 anni
Da 6 a 15 anni
Da 16 a 25 anni
= o > a 26 anni
N. ASSOLUTO
%
31
166
15,70
84,30
N. ASSOLUTO
%
48
56
61
26
1
24,20
28,30
30,80
13,10
0,5
N. ASSOLUTO
%
187
7
4
94,40
3,60
2
N. ASSOLUTO
%
112
11
100
10
5
2
56,60
5,50
50,50
5,05
2,50
1
N. ASSOLUTO
%
51
45
71
29
25,70
22,70
35,80
14,60
N. ASSOLUTO
%
83
85
26
3
41,90
42,90
13,10
1,50
30
È risultato che una maggioranza rilevante del personale infermieristico dichiara di gestire
raramente o mai persone con piede diabetico (80,30%).
È emerso che il 73,20% degli infermieri non ha partecipato a Corsi di Aggiornamento,
Seminari o Convegni riguardanti la gestione di quest’ultimo.
Un numero significativo di partecipanti 43,40% reputa la sua conoscenza rispetto tale
argomento non adeguata o addirittura insufficiente.
Tabella 4.3: Caratteristiche professionali specifiche sul piede diabetico
FREQUENZA CON CUI
VIENE GESTITO IL PIEDE
DIABETICO
Ogni giorno
Ogni settimana
Ogni mese
Raramente
Mai
AGGIORNAMENTO
SPECIFICO
Si
No
AUTOVALUTAZIONE
CONOSCENZA PIEDE
DIABETICO
Insufficiente
Sufficiente
Discreta
Buona
Ottima
N. ASSOLUTO
%
4
9
25
116
43
2
4,50
12,60
58,60
21,70
N. ASSOLUTO
%
52
145
26,30
73,20
N. ASSOLUTO
%
86
61
43
7
0
43,40
30,80
21,70
3,50
0
31
Di seguito verranno analizzati gli items specifici sul piede diabetico e la sua gestione.
DOMANDA 1 “Cosa indica la positività della manovra “probe to bone”?”
A questo quesito il 15,60% degli infermieri ha risposto correttamente “L’osso è esposto
all’ambiente esterno” mentre il 54%
ha indicato
quanto segue “E’ in atto
un’osteomielite”.
Tabella 4.4: Risposte alla domanda 1 per reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
0
8
0
6
1
0
1
0
1
0
0
1
0
2
0
0
2
1
5
2
% RISPOSTE
ESATTE
0
42,10
0
30
50
0
14,30
0
6,25
0
0
6,70
0
33,30
0
0
16,70
14,30
83,30
22,20
N. RISPOSTE
ERRATE
16
11
14
14
1
8
6
7
15
6
7
14
10
4
3
8
10
6
1
7
% RISPOSTE ERRATE
100
57,90
100
70
50
100
85,70
100
93,75
100
100
93,30
100
66,70
100
100
83,30
85,70
16,70
77,80
32
DOMANDA 2 “Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della
sensibilità vibratoria?”
Il 40,90% ha risposto correttamente “Dorso dell’alluce e malleolo esterno”.
Tabella 4.5: Risposte alla domanda 2 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
3
4
3
6
2
5
0
6
7
3
4
1
7
3
0
5
6
4
5
7
%RISPOSTE
ESATTE
18,75
21
21,40
30
100
62,50
0
85,70
43,75
50
57,10
6,70
70
50
0
62,50
50
57,10
83,30
77,80
N. RISPOSTE
ERRATE
13
15
11
14
0
3
7
1
9
3
3
14
3
3
3
3
6
3
1
2
% RISPOSTE
ERRATE
81,25
79
78,60
70
0
37,50
100
14,30
56,25
50
42,90
93,30
30
50
100
37,50
50
42,90
16,70
22,20
DOMANDA 3 “Come si presenta la cute plantare di un piede neuropatico?”
Il 46,50% ha indicato la risposta corretta a questo quesito: “Ipercheratosica”. Il 49% ha
ritenuto esatte la risposta “Fredda e cianotica” o “Assottigliata e desquamata”.
DOMANDA 4 “Nel soggetto normale, è più elevata la PA sistolica alla caviglia o al
braccio?”
Il 17,20% ha scelto la risposta giusta a tale item: “Alla caviglia”. Il 71,70% ha reputato
corretta la risposta “Al braccio” o “Sono uguali”.
33
DOMANDA 5 “Qual è una sede tipica delle ulcere neuropatiche?”
Il 52,50% ha risposto correttamente a tale quesito: “La pianta della I e V testa metatarsale”.
Tabella 4.5: Risposte alla domanda 5 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
CORRETTE
10
6
5
7
2
5
6
4
7
2
1
8
9
5
3
6
7
3
5
3
% RISPOSTE
CORRETTE
62,50%
31,60%
35,70%
35%
100%
62,50%
85,70%
57,20%
43,75%
33,30%
14,30%
53,30%
90%
83,30%
100%
75%
58,30%
42,90%
83,30%
33,30%
N. RISPOSTE
ERRATE
6
13
9
13
0
3
1
3
9
4
6
7
1
1
0
2
5
4
1
6
% RISPOSTE
ERRATE
37,50%
68,40%
64,30%
65%
0
37,50%
14,30%
42,80%
56,25%
66,70%
85,70%
46,70%
10%
16,70%
0
25%
41,70%
57,10%
16,70%
66,70%
34
DOMANDA 6 “Qual è il disinfettante ideale per le ulcere infette?”
Il 57,10% ha risposto correttamente “Qualsiasi, purchè non colorato”, mentre il 22,20% ha
considerato giusta “Tintura rubra di Castellani”.
Tabella 4.6: Risposte alla domanda 6 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
CORRETTE
7
3
5
6
1
4
7
5
9
6
6
7
10
4
0
7
11
4
6
5
% RISPOSTE
CORRETTE
43,75%
15,18%
35,70%
30%
50%
50%
100%
71,40%
56,25%
100%
85,70%
46,70%
100%
66,70%
0
87,50%
91,70%
57,10%
100%
55,60%
N. RISPOSTE
ERRATE
9
16
9
14
1
4
0
2
7
0
1
8
0
2
3
1
1
3
0
4
% RISPOSTE
ERRATE
56,25%
84,20%
64,30%
70%
50%
50%
0
28,60%
43,75%
0
14,30%
53,30%
0
33,30%
100%
12,50%
8,30%
42,90%
0
44,40%
DOMANDA 7 “Come rimuovere le ipercheratosi perilesionali delle ulcere
neuropatiche?”
Il 34,30% ha risposto correttamente: “Con lama di bisturi”, il 39,90% ha considerato esatta
“Con cheratolitici chimici”. Il 9% non ha risposto al quesito.
35
DOMANDA 8 “Quale dei seguenti è un segno di probabile infezione di un’ulcera?”
L’86,40% ha ritenuto correttamente esatta la risposta “a+b” cioè “Eritema della cute
circostante l’ulcera” + ”Presenza sul fondo della lesione di un essudato purulento”.
Tabella 4.7: Risposte esatte ed errate alla domanda 8
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
15
18
12
19
1
5
7
4
16
6
6
11
10
4
3
7
9
5
6
7
% RISPOSTE
ESATTE
93,75%
94,70%
85,70%
95%
50%
62,50%
100%
57,20%
100%
100%
85,70%
73,30%
100%
66,70%
100%
87,50%
75%
71,40%
100%
77,80%
N. RISPOSTE
ERRATE
1
1
2
1
1
3
0
3
0
0
1
4
0
3
0
1
3
2
0
2
% RISPOSTE
ERRATE
6,25%
5,30%
14,30%
5%
50%
37,50%
0
42,80%
0
0
14,30%
26,70%
0
33,30%
0
12,50%
25%
28,60%
0
22,20%
DOMANDA 9 “Chi è abilitato a prescrivere le ortesi ad un paziente con piede
diabetico?”
L’80,80% ha risposto correttamente “Gli specialisti indicati dall’Azienda sanitaria di
appartenenza”. Il 7,10% non ha dato risposta al quesito.
36
DOMANDA 10 “Con quale frequenza va sostituita una medicazione assorbente in
poliuretano?”
Il 76,80% ha ritenuto correttamente esatta la risposta “In base all’entità dell’essudato. Il
3,50% non ha risposto a questo item.
Tabella 4.8: Risposte esatte ed errate alla domanda 10 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
14
15
10
18
2
3
2
7
9
4
6
9
9
5
3
7
12
5
5
7
% RISPOSTE
ESATTE
87,50%
78,90%
71,40%
90%
100%
37,50%
28,60%
100%
56,25%
66,70%
85,70%
60%
90%
83,30%
100%
87,50%
100%
71,40%
83,30%
77,80%
N. RISPOSTE
ERRATE
2
4
4
2
0
5
5
0
7
2
1
6
1
1
0
1
0
2
1
2
% RISPOSTE
ERRATE
12,50%
21,10%
28,60%
10%
0
62,50%
71,40%
0
43,75%
33,30%
14,30%
40%
10%
16,70%
0
12,50%
0
28,60%
16,70%
22,20%
37
DOMANDA 11 “Dove va prelevato il campione per esame colturale?”
L’83,30% ha considerato come risposta corretta “Dal fondo dell’ulcera prima di
detergerla”. La risposta esatta è “Dal tessuto vitale presente sul fondo dell’ulcera dopo
detersione” che è stata scelta dall’11,60% dei partecipanti allo studio.
Tabella 4.9: Risposte esatte ed errate alla domanda 11 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
2
2
0
1
1
0
0
1
0
0
0
3
2
1
0
3
3
2
2
0
% RISPOSTE
ESATTE
12,50%
10,50%
0
5%
50%
0
0
14,30%
0
0
0
20%
20%
16,70%
0
37,50%
25%
28.60%
33,30%
0
N. RISPOSTE
ERRATE
14
17
14
19
1
8
7
6
16
6
7
12
8
5
3
5
9
5
4
9
% RISPOSTE
ERRATE
87,50%
89,50%
100%
95%
50%
100%
100%
85,70%
100%
100%
100%
80%
80%
83,30%
100%
62,50%
75%
71,40%
66,70%
100%
DOMANDA 12 “Quali sono le classificazioni più usate nella descrizione delle ulcere
diabetiche?”
Il 39,40% ha ritenuto correttamente giusta la risposta “a+c” cioè “Armstrong” + “Wagner”.
Il 21,70% non ha risposto al quesito.
DOMANDA 13 “Quando un paziente con piede diabetico va avviato subito in Pronto
Soccorso?” L’87,40% ha risposto correttamente “Quando accusa febbre elevata,
prostrazione, disidratazione. Il 3,5% non ha dato risposta all’item.
38
DOMANDA 14 “Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le
calzature di un paziente con piede diabetico?”
Il 90,40% ha indicato correttamente “Tacco di 8 cm per la donna e di 6 per l’uomo”. Il
5,5% non ha risposto.
Tabella 4.10: Risposte esatte ed errate alla domanda 14 per ciascun reparto
REPARTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
N. RISPOSTE
ESATTE
16
17
14
18
2
7
7
7
15
6
6
10
10
5
3
6
12
7
6
7
% RISPOSTE
ESATTE
100%
84,20%
100%
90%
100%
87,50%
100%
100%
93,75%
100%
85,70%
66,70%
100%
83,30%
100%
75%
100%
100%
100%
77,80%
N. RISPOSTE
ERRATE
0
3
0
2
0
1
0
0
1
0
1
5
0
1
0
2
0
0
0
2
% RISPOSTE
ERRATE
0
15,80%
0
10%
0
12,50%
0
0
6,25%
0
14,30%
33,30%
0
16,70%
0
25%
0
0
0
22,20%
39
40
Nella Tabella 4.12 sono riportate le medie delle percentuali di risposte esatte e delle
risposte errate per ciascun reparto/servizio.
Tabella 4.12: Medie percentuali risposte esatte ed errate (o non risposte)
REPARTO
MEDIA% RISP. CORRETTE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
49,10%
51,50%
45,40%
50,40%
67,90%
42,90%
54,10%
56,10%
47,30%
53,60%
55,10%
44,80%
62,90%
55,95%
61,90%
60,70%
54,80%
54,10%
82,10%
50,80%
MEDIA% RISP. ERRATE O
NON RISP.
50,90%
48,50%
54,60%
49,60%
32,10%
57,10%
45,90%
43,90%
52,70%
46,40%
44,90%
55,20%
37,10%
44,05%
38,10%
39,30%
45,20%
45,90%
17,90%
49,20%
41
5.
DISCUSSIONE
Lo studio effettuato si propone di descrivere le conoscenze del personale infermieristico
riguardo il piede diabetico e la sua gestione. A questo scopo è stato somministrato un
questionario in 20 reparti/servizi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Santa Maria
della Misericordia” di Udine.
Lo strumento di ricerca è composto da alcuni items specifici di carattere teorico, altri che
prendono in esame aspetti pratici pertinenti alla cura.
Tra le domande di carattere teorico il primo quesito chiede “Cosa indica la positività della
manovra probe to bone?”. A questo quesito hanno risposto correttamente il 15,65%. Per
poco più della metà degli intervistati (107 ossia il 54%) tale manovra indica la presenza di
un’osteomielite in atto.
In letteratura viene chiaramente espresso che si usa in corso di debridement chirurgico e
consiste nell’introduzione all’interno della lesione di una sonda metallica: se essa viene a
contatto con il tessuto osseo il test risulterà positivo. Ciò sta ad indicare che l’osso è
esposto all’ambiente esterno (Game, 2006).
Non c’è concordanza tra gli studi sull’efficacia di questa procedura nel predire
osteomielite. Tra le raccomandazioni si riporta solo al “Livello C” che “nei pazienti con
infezione del piede diabetico l’esposizione ossea all’ispezione o mediante sonda è
indicativa di osteomielite” (Bader, 2009).
Al secondo item “Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della
sensibilità vibratoria?” il 40,90% dei partecipanti ha risposto correttamente “Dorso
dell’alluce e malleolo esterno”. Ciò è confermato dalle evidenze. Uno studio infatti dice
che la sensibilità vibratoria può essere misurata con un diapason o con bio-tensiometro
applicati a livello malleolare esterno o sul dorso del primo dito (alluce).
Altri studi sostengono che la valutazione della sensibilità vibratoria all’alluce viene
eseguita dal medico/diabetologo ed è uno degli esami strumentali non invasivi incluso nel
Diabetic Neuropathy Index (DNI) (Nebbioso, 2004), indice utile per stimare l’eventuale
presenza di neuropatia diabetica e il rischio del soggetto di sviluppare ulcerazioni ai piedi
(Progetto Diabete, 2007).
Al quesito riguardante “Qual è il disinfettante ideale per le ulcere diabetiche infette?” il
57% ha risposto correttamente “Qualsiasi, purchè non colorato” in linea con le relative
evidenze scientifiche. Queste ultime suggeriscono di preferire i disinfettanti incolore, in
42
quanto “non nascondono” eventuali segni di infezione in atto (tumefazione e rossore)
(Medea, 2003; Di Stasio, 2004).
Uno studio riporta che “non devono essere utilizzate le soluzioni colorate come ad esempio
il mercurocromo, la fuxina, il violetto di genziana e la tintura rubra di Castellano, in quanto
questi prodotti esplicano una ridotta azione antisettica, non permettono la valutazione della
ferita e sono sconsigliati dalle principali linee guida internazionali” (Peghetti et al, 2012).
L’86% dei compilatori identifica come segni di probabile infezione dell’ulcera diabetica
l’eritema della cute circostante la lesione e la presenza sul fondo della stessa di essudato
purulento. In letteratura se ne trova riscontro: i principi di Best Practice evocano tra i tipici
segni d’infezione localizzata l’insorgenza o aumento di dolore, l’eritema perilesionale, il
calore localizzato, il gonfiore e la presenza di essudato purulento, oltre che la guarigione
ritardata della lesione, l’ascesso e il cattivo odore (Pugh, 2008).
Alla domanda “Da dove viene prelevato il campione per esame colturale?” solo l’11,60%
degli infermieri ha risposto correttamente, mentre l’83,30% ha indicato come risposta “Dal
fondo dell’ulcera prima di detergerla”: le linee guida a tale proposito dicono che l’obiettivo
del tampone o della biopsia è quello di determinare la presenza di batteri nei tessuti
dell’ulcera, quindi non deve venire raccolto né nell’essudato, né sul tessuto necrotico, ma
dal tessuto vitale presente sul fondo della lesione, dopo averla detersa con Sodio Cloruro
0,9% (Caula, 2011). Anche uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità a riguardo conferma
che, se il prelievo del campione per esame colturale viene effettuato senza essere preceduto
dalla pulizia della ferita e rimozione del tessuto necrotico superficiale, la coltura microbica
risultante potrebbe essere falsata dallo stato di contaminazione cutaneo e avere quindi uno
scarso ed ambiguo valore diagnostico (Donelli et al, 2005; Bonham, 2009).
Al quesito “Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le calzature di un
paziente con piede diabetico?” il 90,40% ha indicato correttamente che queste non devono
avere tacchi alti (8cm per la donna e 6 per l’uomo). Le calzature consigliate devono avere
una soletta multistrato: il primo in materiale morbido per assorbire la pressione del piede, il
secondo elastico che mantenga stabile la forma e il terzo rigido di supporto per la fisiologia
dello stesso, una tomaia in pelle morbida, possibilmente termoformabile e senza cuciture
all’interno. L’altezza delle scarpe deve essere almeno di 4 cm nella regione anteriore
(Ficorelli, 2005) e il tacco non deve essere troppo alto né troppo basso rispetto alla parte
anteriore (2-2,5 centimetri per l’uomo, fino a 4 centimetri per la donna).
Lo studio fa emergere inoltre che gli infermieri non percepiscono adeguata la loro
competenza rispetto alla gestione del piede diabetico (96,50%) e il 73,20% dichiara di non
43
aver partecipato a Corsi di Aggiornamento/Seminari/Convegni specifici. Alcuni a fianco
alla domanda relativa alla formazione hanno aggiunto la loro disponibilità. Vari studi, tra
cui quello di Robb, attestano l’efficacia della formazione specifica e costante
dell’infermiere, per cambiamenti significativi nelle conoscenze, valutazione e trattamento
di questa patologia (Robb, 1999).
44
6.
CONCLUSIONI
Il diabete è un’alterazione metabolica sempre più diffusa, in Italia, secondo i dati ISTAT
del 2010, il 4,9% della popolazione (circa 3 milioni di persone) ne soffre.
Tra le complicanze ad esso derivanti la più temuta e severa è il piede diabetico, presente
nel 15% dei diabetici. Si stima che il 20% di essi sviluppi ulcere al piede che possono
cronicizzare, presentare infezioni ed evolvere in gangrena, richiedendo l’amputazione. In
Italia circa 9.000 persone all’anno vanno incontro ad interventi chirurgici demolitivi e di
essi l’85% a causa di ulcera recidiva.
Il piede diabetico ha una pesante ricaduta sociale: è una malattia cronica, progressiva ed
invalidante, che può portare alla diminuzione dell’autonomia, ad una ridotta attività fisica e
relazionale, con conseguente frustrazione e disagio psicologico. Genera costi sanitari molto
elevati e incide significativamente sulla morbilità.
Risulta di prioritaria importanza una buona prevenzione e gestione di questa patologia fin
dall’esordio. Il personale infermieristico, giocando un compito fondamentale per quanto
riguarda l’educazione sanitaria e terapeutica, l’assistenza e la cura, dovrebbe essere messo
nelle condizioni di essere formato in modo specifico, con adeguate conoscenze,
competenze tecniche ed abilità comunicativo-relazionali.
Allo scopo di indagare le conoscenze degli infermieri sul piede diabetico e la sua gestione
è stato condotto uno studio descrittivo, che ha coinvolto venti reparti/servizi dell’Azienda
Ospedaliera Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine. Questi sono stati
divisi in due macro-categorie ipotetiche: una che presumibilmente gestisce spesso pazienti
con piede diabetico ed una che ha minori contatti con questa tipologia di persona. È
emerso che non ci sono evidenti differenze tra i due gruppi e questo dato induce a
formulare due differenti ipotesi: la gravità della patologia viene a volte sottostimata o tali
pazienti vengono preferibilmente presi in carico in centri specializzati.
Un altro elemento interessante è che all’interno dello stesso reparto/servizio siano emerse
differenze nella percezione che gli infermieri hanno circa la frequenza con cui viene gestito
un paziente con questo tipo di problema, facendo sorgere il dubbio che questa procedura
possa, a volte, venire attribuita agli operatori socio-sanitari (OSS) nonostante la sua
delicatezza.
Proprio per le gravi complicanze che questa sindrome può causare è fondamentale la
formazione specifica per il suo trattamento e la prevenzione. L’aggiornamento dovrebbe
comprendere diversi aspetti: l’uso dei disinfettanti idonei, il riconoscimento di segni e
45
sintomi di infezione, le localizzazioni tipiche delle ulcere, le caratteristiche della cute
plantare del piede neuropatico, le varie tipologie di medicazione, la procedura per il
prelievo del campione colturale, l’educazione al paziente riguardo l’autocura e l’ispezione
del piede, il coinvolgimento attivo del paziente nell’adozione di stili di vita corretti e la
scelta della calzatura idonea.
Lo studio ha alcuni limiti di cui tenere conto.
Limiti dello studio
Il campione è limitato.
Mancano dati oggettivi sul numero di pazienti con piede diabetico ricoverati in un anno per
ciascun reparto: gli stessi sono stati distinti in due macro-categorie solo su base ipotetica.
46
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54
ALLEGATO
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE
Corso di Laurea in Infermieristica
a.a. 2012/2013
QUESTIONARIO SUL PIEDE DIABETICO E SUO TRATTAMENTO
1.
Genere
a)
Femmina
b)
Maschio
2.
Anni compiuti_______________
3.
Nazionalità
4.
5.
6.
a)
Italiana
b)
Comunitaria
Paese di provenienza_______________
c)
Extracomunitaria
Paese di provenienza_______________
Formazione specifica
a)
Diploma scuola regionale
b)
Diploma Universitario
c)
Laurea in Infermieristica
d)
Master (specificare) _______________
e)
Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche
f)
Altro (specificare) ________________
Anzianità professionale in anni (o mesi se inferiore all’anno)
a)
mesi _______________
b)
anni _______________
Servizio/Reparto di appartenenza: _______________
55
7.
Anzianità professionale presso l’attuale Servizio/Reparto in anni (o mesi se
inferiore all’anno)
8.
a)
mesi _______________
b)
anni _______________
Precedenti Reparti/Servizi dove ha svolto la professione infermieristica
_______________
_______________
_____________
_______________
_______________
_____________
_______________
_______________
_____________
_______________
_______________
_____________
_______________
_______________
_____________
9.
Nell’attuale sede lavorativa le capita di gestire persone con piede diabetico?
a)
Ogni giorno
b)
Ogni settimana
c)
Ogni mese
d)
Raramente
e)
Mai
10. Nelle precedenti sedi lavorative le è capitato di gestire persone con piede
diabetico?
a)
Si, spesso
b)
Si, raramente
c)
Mai
11. Ha partecipato a Corsi di Aggiornamento/Seminari/Convegni o altro per la
gestione del piede diabetico?
a)
Si
b)
No
56
12. In questo momento come giudica la sua competenza rispetto la gestione del
piede diabetico?
a)
Insufficiente
b)
Sufficiente
c)
Discreta
d)
Buona
e)
Ottima
13. Cosa indica la positività della manovra “probe to bone”?
a)
C’è una frattura patologica
b)
L’osso è esposto all’ambiente esterno
c)
È in atto un’osteomielite
d)
L’osso saggiato è osteoporotico e a rischio di frattura
14. Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della
sensibilità vibratoria?
a)
Dorso dell’alluce e malleolo esterno
b)
Malleolo interno ed esterno
c)
Pianta del I e V metatarso
d)
Estremità libera di tutte le dita
15. Come si presenta la cute plantare di un piede neuropatico?
a)
Fredda e cianotica
b)
Assottigliata e desquamata
c)
Ipercheratosica
d)
Edematosa
16. Nel soggetto normale, è più elevata la PA sistolica alla caviglia oppure al
braccio?
a)
Al braccio
b)
Sono uguali
c)
Alla caviglia
d)
Dipende dalla PA diastolica
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17. Qual è una sede tipica delle ulcere neuropatiche?
a)
I malleoli interni
b)
La pianta della I e V testa metatarsale
c)
Il bordo del tallone
d)
Il dorso del tarso
18. Qual è il disinfettante ideale per le ulcere infette?
a)
Qualsiasi, purchè non colorato
b)
Mercurocromo
c)
Violetto di genziana
d)
Tintura rubra di Castellani
19. Come rimuovere le ipercheratosi perilesionali delle ulcere neuropatiche?
a)
Con cheratolitici chimici
b)
Con forbici smusse
c)
Con pietra pomice
d)
Con lama di bisturi
20. Quale dei seguenti è un segno di probabile infezione di un’ulcera?
a)
Eritema della cute circostante l’ulcera
b)
Presenza sul fondo della lesione di un essudato purulento
c)
Assenza dei polsi periferici
d)
a+b
21. Chi è abilitato a prescrivere le ortesi ad un paziente con piede diabetico?
a)
Il medico di famiglia
b)
Il capo distretto o un medico suo delegato
c)
Gli specialisti indicati dall’Azienda sanitaria di appartenenza
d)
Un medico legale
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22. Con quale frequenza va sostituita una medicazione assorbente in
poliuretano?
a)
Ogni giorno
b)
Ogni secondo giorno
c)
Ogni terzo giorno
d)
In base all’entità dell’essudato
23. Dove va prelevato il campione per esame colturale?
a)
Dal fondo dell’ulcera prima di detergerla
b)
Dal materiale di medicazione appena rimosso dall’ulcera
c)
Dal tessuto vitale presente sul fondo dell’ulcera dopo detersione
d)
Dal tessuto devitalizzato presente sul fondo dell’ulcera dopo la detersione
24. Quali sono le classificazioni più usate nella descrizione delle ulcere
diabetiche?
a)
Armstrong
b)
Falanga
c)
Wagner
d)
a+c
25. Quando un paziente con piede diabetico va avviato subito in Pronto
Soccorso?
a)
Quando accusa febbre elevata, prostrazione, disidratazione
b)
Quando l’ulcera non accenna a migliorare dopo due settimane di cure
appropriate
c)
Quando la glicemia è superiore a 200 mg/dl
d)
Quando deve essere sottoposto a rivascolarizzazione
26. Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le calzature di
un paziente con piede diabetico?
a)
Fodera morbida
b)
Tacco di otto centimetri per la donna, di sei per l’uomo
c)
Assenza di cuciture all’interno
d)
Termoconformabilità della tomaia
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RINGRAZIAMENTI
Ringrazio la Relatrice Dott.ssa Loretta Caporale, che mi ha indirizzato con professionalità
nelle varie tappe del lavoro, stimolandomi nella scelta e nella definizione dei contenuti,
dandomi suggerimenti precisi e puntuali, dedicandomi attenzione, in un rapporto di
collaborazione.
Grazie al Correlatore Dott.re Pier Maria Miniussi, che con grande disponibilità ha messo a
mia disposizione le sue competenze specifiche e soprattutto per avermi trasmesso una
particolare motivazione rispetto al problema preso in esame.
Grazie a tutti gli infermieri che hanno collaborato, dando risposta al questionario.
Ho desiderio di ringraziare con affetto i miei genitori, mio fratello Gianmaria, i nonni e la
nonna-zia, per il loro sostegno incondizionato e per essermi stati sempre vicini in questo
percorso.
Grazie anche a tutti i miei cari amici, in particolare ad Isabella, Tullio e Sara.
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