indice introduzione capitolo 1. il piede diabetico capitolo 2. la
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INDICE INTRODUZIONE pag. 3 CAPITOLO 1. IL PIEDE DIABETICO 1.1 Premessa: il diabete, suoi sintomi e complicanze pag. 5 1.2 Definizione pag. 9 1.3 Eziologia e fattori di rischio pag. 9 1.4 Classificazione del piede diabetico in base alla patogenesi pag. 10 1.5 Scale di classificazione delle ulcere diabetiche pag. 12 1.6 Complicanze pag. 13 1.7 Epidemiologia pag. 14 CAPITOLO 2. LA GESTIONE DEL PIEDE DIABETICO 2.1 Prevenzione pag. 16 2.2 Trattamento pag. 18 2.3 Educazione terapeutica pag. 22 CAPITOLO 3. LO STUDIO 3.1 Obiettivo 3.2 Materiali e metodi pag. 27 3.2.1 Disegno di studio pag. 27 3.2.2 Campione e campionamento pag. 27 3.2.3 Setting pag. 27 3.2.4 Strumento di ricerca e variabili indagate pag. 28 3.4.5 Modalità di raccolta dati pag. 28 1 CAPITOLO 4. RISULTATI pag. 29 CAPITOLO 5. DISCUSSIONE pag. 42 CAPITOLO 6. CONCLUSIONI pag. 45 BIBLIOGRAFIA pag. 47 ALLEGATO pag. 55 2 INTRODUZIONE L’innalzamento dell’età media, l’obesità, la vita sedentaria e il cambiamento delle abitudini alimentari stanno portando anno dopo anno ad un aumento dell’incidenza del diabete mellito a livello mondiale (Guadagni et al, 2012). Secondo i dati comunicati dalla International Diabetes Federation nel 2012, 371 milioni di persone nel mondo soffrono di diabete e si stima che il numero sia destinato ad aumentare raggiungendo i 552 milioni nel 2030. Gli esperti definiscono il diabete mellito un’epidemia mondiale. L’interesse della medicina e della ricerca scientifica verso questa patologia ha portato a notevoli progressi nella sua cura ed allungamento dell’aspettativa di vita dei soggetti da essa colpiti, ciò nonostante, il diabete mellito rimane una delle patologie più invalidanti. Implica il controllo glicometabolico (controllo delle glicemie e del metabolismo dei grassi) e presenta complicanze microangiopatiche (retinopatia, nefropatia, neuropatia, vasculopatia periferica…) e macroangiopatiche (ictus, ischemia miocardica). Rappresenta un significativo problema di salute pubblica, per l’incidenza, le complicanze ed il carico economico che ne deriva per il sistema sanitario. La complicanza piede diabetico è la più grave (Orio, 2013) e colpisce circa il 15% dei soggetti diabetici; provoca gravi disabilità ed invalidità, dovute principalmente alla neuropatia sensitivo-motoria e all’ arteriopatia periferica. La neuropatia, con progressiva distruzione dei nervi che arrivano ai piedi, causa la riduzione sia della sensibilità, anche al dolore, sia della capacità di movimento e facilita la comparsa di lesioni, che con il tempo possono portare a ferite che cicatrizzano lentamente o infezioni difficili da curare. L’arteriopatia è caratterizzata dal ridotto flusso sanguigno (agli arti inferiori), causato dal restringimento delle arterie, che può causare l’ischemia dell’arto. La mancata prevenzione e cura possono portare alla claudicatio e, nei casi estremi, all’amputazione di parte o dell’intero arto. Per comprendere il fenomeno va tenuto presente che la mortalità associata all’amputazione chirurgica di un arto è alta e varia da un minimo del 6% ad un massimo del 21% (Marazzi, 2010). L’impatto del piede diabetico sulla qualità di vita del paziente è notevole ed investe molti aspetti medici, sociali e psicologici: il trattamento delle ulcere e le recidive, la cronicità 3 della patologia, le disabilità e le invalidità che procurano la progressiva perdita dell’autonomia, le frustrazioni ed il disagio psicologico. Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente con tale problematica è attivo e multifattoriale: consiste non solo nella gestione del problema medico, nell’appropriatezza assistenziale, ma anche nella valutazione dell’aspetto psicologico e delle reazioni comportamentali alla malattia, oltre che interventi di educazione terapeutica per una maggiore aderenza al trattamento (Barile et al, 2008). In considerazione dell’importanza di quanto appena descritto è stata fatta una ricerca per analizzare e descrivere il livello di conoscenza e competenza degli infermieri nella cura di questa complicanza. 4 CAPITOLO 1. 1.1 IL PIEDE DIABETICO Premessa: il diabete, suoi sintomi e complicanze Il diabete è una malattia cronica molto seria causata da fattori ereditari (predisposizione genetica) ed ambientali (International Working Group on the diabetic foot, 2000). Le statistiche evidenziano che il diabete ha carattere di ereditarietà diretta, cioè si trasmette di padre in figlio nel 25% dei casi, percentuale che raggiunge il 35-40% nella forma giovanile. Vi sono inoltre vari fattori che, quando colpiscono il pancreas e alterano la funzione endocrina, possono facilitare e affrettare l’insorgenza della malattia in individui costituzionalmente predisposti. Tra questi fattori vi sono innanzitutto gli abusi alimentari: l’uso smodato di carboidrati, l’eccessivo consumo di sostanze proteiche (soprattutto di carne) e di grassi; altri fattori da tenere in considerazione sono: la sedentarietà, l’obesità, il tabagismo, l’etilismo, alcune malattie infettive sia croniche che acute (es. la sifilide e la parotite epidemica); gravi traumi della regione pancreatica. Il diabete è una malattia assai diffusa (371.000.000 di casi nel mondo) e riguarda tutte le fasce di età. La sua curva di frequenza raggiunge il picco massimo tra i 40 e i 60 anni, per poi decrescere. È più diffusa tra il sesso maschile. Cinque su sei soggetti con diabete vivono in Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo (Guariguata, 2012). Indica un insieme di patologie metaboliche, diverse tra loro per eziopatogenesi e caratterizzate da iperglicemia, da disturbi multipli del metabolismo glucidico, lipidico, proteico e ionico e da vari gradi di difetti dell’azione e secrezione dell’insulina (Brunetti et al, 2011), ormone naturale secreto dalle beta-cellule delle Isole del Langerhans, situate nel pancreas endocrino, in risposta ad elevati livelli di glucosio nel sangue (Hood, 2002). Questa patologia si presenta con specifica sintomatologia: polidipsia, accentuazione del senso di sete, per cui il soggetto ingerisce notevoli quantità di liquidi nelle 24 ore; poliuria, aumento notevole della produzione di urina nelle 24h; calo ponderale; polifagia, ingestione di una sproporzionata quantità di cibo; (Muggeo et al, 2002). 5 Esistono diversi tipi di diabete: diabete mellito di tipo 1: malattia immuno-mediata caratterizzata dalla presenza di auto-anticorpi (islet cell antibody ICA) diretti verso le beta-cellule pancreatiche, che solitamente dà luogo a deficit assoluto di insulina. I soggetti colpiti diventano insulino-dipendenti. Questo tipo di diabete viene diagnosticato in genere in età giovanile (Buzzetti et al, 2007); diabete mellito di tipo 2: patologia metabolica che consiste nel difetto di secrezione dell’insulina, intesa sia come diminuzione della quantità di ormone nel sangue, sia come calo di attività dello stesso. Costituisce la forma insulino-indipendente, poiché le cellule beta pancreatiche conservano parte della loro attività; diabete gestazionale: caratterizzato da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue nella donna in gravidanza e destinato a scomparire dopo il parto. Può essere considerato un fattore di rischio per una futura insorgenza del tipo 2; altri tipi di diabete sono causati da malattie del pancreas esocrino, endocrinopatie (malattie dovute a processi patologici o a disturbi nell’attività funzionale delle diverse ghiandole endocrine, es. tiroide ed ipofisi), diabete chimico o da farmaci, processi infettivi, forme non comuni di diabete immuno-mediato, sindromi associate a diabete mellito (Rossi, 2010). Il diabete può avere diverse complicanze sia acute che croniche. Le complicanze acute possono essere: metaboliche e tra queste si possono trovare l’iperglicemia persistente, il coma iperosmolare, la chetoacidosi diabetica e l’ipoglicemia. L’aumento della glicemia può aggravarsi improvvisamente e diventare persistente in seguito ad una prescrizione inadatta o ad un’alimentazione eccessiva. Può essere scatenata da uno stress emotivo o fisico protratto. Il coma iperosmolare compare in soggetti che non hanno presentato alcun segno o sintomo di diabete in precedenza, oppure in persone con diabete di lieve gravità, trattato con antidiabetici orali o con la sola dieta. Si presenta come conseguenza di un fattore precipitante (es. terapia diuretica o cortisonica, malattia infettiva acuta...). La chetoacidosi diabetica, causata da un deficit assoluto di insulina, provoca l’assenza di adeguate quantità intracellulari di glucosio, in risposta alla quale l’organismo produce quantità significative di corpi chetonici, risultanti dal metabolismo degli acidi grassi. Vengono secreti ormoni contro-insulari (es. glucagone) che stimolano la sintesi di 6 glucosio. Si assiste, per assurdo, ad una condizione iperglicemica, che può portare al coma e, in situazioni estreme, rivelarsi fatale. L’ipoglicemia consiste in un repentino sbalzo negativo dei livelli di glicemia. Gli episodi possono verificarsi qualora i pasti non siano stati assunti regolarmente, dopo esercizio fisico pesante o insolito o se è stata assunta una dose errata di ipoglicemizzanti o di insulina (Galeone et al, 2005); infettive di varia natura da quelle dermatologiche (micosi) a quelle respiratorie, alle infezioni delle vie urinarie. I processi infettivi nel paziente diabetico sono caratterizzati da gravità e durata maggiori, ciò è dovuto alle basse difese immunitarie e all’esaltazione della virulenza dei microrganismi, dovuta alla concentrazione di glucosio nei tessuti. Le infezioni inoltre riducono la sensibilità all’insulina e comportano un aggravamento dello stato diabetico (Robba, 1964); iatrogene: derivano da una cura o da un atto chirurgico. Il diabete iatrogeno può comparire ad esempio dopo un trattamento prolungato di cortisonici o dopo un intervento chirurgico al pancreas. Complicanze del diabete mellito possono verificarsi in seguito ad una errata assunzione di farmaci (es. dosaggio insulinico). Le complicanze croniche del diabete includono disfunzioni del sistema immunitario, alcune disfunzioni macro-vascolari ed altre micro-vascolari. Il sistema immunitario del soggetto diabetico è deficitario, essendo il diabete mellito di tipo 1 una patologia auto-immune. Tra le disfunzioni macro-vascolari si segnalano: la cardiopatia ischemica: lo stato metabolico alterato dei soggetti diabetici causa una disfunzione delle arterie, predisponendole all’aterosclerosi. Il diabete modifica la funzione di diversi tipi cellulari, tra cui le cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce e le piastrine, contribuendo così all’estensione del disordine vascolare. Nei diabetici è più alta la probabilità di andare incontro ad una sindrome coronarica acuta con conseguenze più gravi a livello di morbilità e mortalità (Raddino et al, 2008); la vasculopatia cerebrale è una famiglia di patologie a carico della rete vascolare che comporta un’insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti rispetto al consumo richiesto (condizione di ischemia). Questa situazione porta ad una serie di reazioni a livello cellulare, che culmina con la comparsa di dolore, ulcere e gangrene; l’arteriopatia periferica è caratterizzata dalla presenza, sulle pareti delle arterie, di ateromi (depositi di grassi) che conducono ad un’ostruzione dei vasi sanguigni e ad 7 un conseguente insufficiente flusso sanguigno ai muscoli e agli altri tessuti. Il sintomo più comune è la claudicatio intermittente, che è caratterizzata da dolore all’arto inferiore e debolezza che compaiono durante la marcia (Rivolo, 2006). Le disfunzioni micro-vascolari possono includere: la retinopatia diabetica, danno a carico dei piccoli vasi sanguigni che irrorano la retina, con perdita delle facoltà visive. Le persone diabetiche hanno inoltre maggiore probabilità di andare incontro ad altre malattie oculari come il glaucoma e la cataratta; la nefropatia diabetica, espressione di scarso controllo glicemico reiterato nel tempo, può essere responsabile della riduzione progressiva della funzione di filtro del rene che, se non trattata, può condurre all’insufficienza renale, alla necessità di dialisi e, nei casi più gravi, al trapianto di rene; la neuropatia diabetica, complicanza tra le più frequenti, è caratterizzata da un danno a carico del sistema nervoso periferico somatico o vegetativo. La causa della neuropatia diabetica è l'aumento prolungato della glicemia nel sangue. L'iperglicemia non controllata determina una serie di modificazioni strutturali del rivestimento del nervo periferico determinando sintomi di intorpidimento, formicolio agli arti, dolori crampiformi ai polpacci; può avere come conseguenza parestesie o disturbi di sensibilità ai piedi e comparsa di ulcerazioni, con necessità di amputazione nei casi più gravi (Melga, 2012); il piede diabetico è una complicanza cronica, tardiva, altamente invalidante e temuta. Risulta dalla combinazione di neuropatia e arteriopatia periferica e consiste in alterazioni della cute, dei muscoli e delle ossa del piede, che possono determinare ulcerazioni o infezioni a guarigione lenta o lentissima, a volte evolventi fino alla gangrena con necessità di amputazione dell’estremità (Tatavitto, 2004; Pizzorno et al, 2009). 8 1.2 Definizione Secondo l’OMS il piede diabetico può essere definito come “una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associati ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori” (Rivolo, 2009). Nel Documento internazionale sul piede diabetico del 2011 viene definito come “un piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica, estendendo la definizione a tutti i soggetti diabetici a rischio di ulcerazione” (Romano, 2006). 1.3 Eziopatologia e fattori di rischio Una revisione sistematica della letteratura ha individuato l’associazione che intercorre tra il piede diabetico e più di 100 variabili indipendenti. Sono stati presi in esame 71 studi e le caratteristiche più indagate sono state l’età, il genere, la durata del diabete, il BMI (indice di massa corporea), l’emoglobina glicata (quantità di emoglobina legata a molecole di glucosio) e la presenza di neuropatia. Da questa revisione è emerso che la neuropatia diabetica, la vasculopatia periferica, la deformità dei piedi, le pregresse lesioni e l’amputazione dell’estremità inferiore sono costantemente associati allo sviluppo di ulcere al piede (Monteiro-Soares et al, 2012). Il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di ulcere è la presenza di neuropatia sensitivo-motoria, responsabile del 70 – 90% delle lesioni e la sua prevalenza nella popolazione diabetica è in genere elevata ma variabile (tra il 30 e il 70% dei casi). È una patologia che coinvolge in genere gli arti inferiori, comportando la diminuzione della soglia alle stimolazioni tattili, termiche e dolorifiche, accompagnata da parestesie e dolori muscolari che compaiono generalmente durante le ore notturne. Nelle fasi avanzate può portare ad una progressiva insensibilità ai traumi (Adda et al, 2007) e quindi ad ulcerazioni indolori sulla pianta che possono infettarsi. Il piede desensibilizzato al dolore e non sufficientemente irrorato dai vasi sanguigni presenta un notevole rischio infettivo e qualunque ferita/lesione (anche minima) richiede un trattamento immediato. Altra causa di insorgenza di questa complicanza è la vasculopatia periferica, presente nel 10 – 20% della popolazione diabetica. Ad essa sono attribuite il 10% delle lesioni ai piedi. 9 Questo fattore di rischio è già stato brevemente descritto nella premessa tra le complicanze macro-angiopatiche del diabete. Altri fattori di rischio da tenere in considerazione sono: fattori biomeccanici: limitata mobilità articolare, prominenze ossee, deformità del piede (piede piatto, piede cavo, alluce valgo…), osteoartopatia (affezione dell’osso e della corrispondente articolazione), ipercheratosi (ispessimento dello strato corneo dell’epitelio) e altre alterazioni che modificano il corretto appoggio plantare; traumatismi per uso di calzature non idonee, incidenti e presenza di pregresse lesioni; classe socio-economica: i soggetti appartenenti a categorie disagiate sono maggiormente a rischio per minori possibilità di accesso alle cure; presenza di infezioni batteriche e fungine, maggiormente presenti sulla cute e le unghie dei diabetici per alterazioni del trofismo cutaneo e delle difese specifiche e aspecifiche locali (Cavani et al, 2002; Medea, 2003; Rivolo, 2009). 1.4 Classificazione del piede diabetico in base alla patogenesi A seconda degli elementi patogenetici implicati, il piede diabetico può essere definito neuropatico, ischemico, neuro-ischemico e/o infetto: il piede diabetico neuropatico, in cui la neuropatia sensitivo-motoria ha modificato l'equilibrio muscolare, la percezione degli stimoli, l'autoregolazione vegetativa. La neuropatia sensitiva diminuisce la soglia del dolore e può consentire ad una lesione, anche minima, di perdurare nel tempo tanto da determinare un’ulcera. La neuropatia motoria colpisce le fibre nervose che innervano i muscoli del piede, creando squilibrio tra muscoli estensori e flessori. Ciò può portare alle griffe delle dita (dita ad artiglio), all’accentuarsi del cavismo e ad altre deformità. Tutto questo sconvolge ed altera l’appoggio plantare, determinando un ipercarico in alcune aree, dove il piede, nel tentativo di difendersi dall’eccesso di carico, svilupperà ipercheratosi. Il perdurare del sovraccarico pressorio può portare alla formazione di un’ulcera, circondata da cute ipercheratosica. L’ulcera neuropatica tende a localizzarsi nelle zone di iperpressione, cioè in corrispondenza delle teste metatarsali e del calcagno; 10 il piede diabetico ischemico: l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza determinano la stimolazione e la proliferazione delle cellule muscolari, contribuendo alla formazione di placche aterosclerotiche che ostruiscono i vasi sanguigni (l’arteriopatia diabetica colpisce soprattutto le arterie di piccolo calibro). L’arto non viene ben irrorato e l’ipossia dei tessuti determina a sua volta alterazioni trofiche delle dita. L’iperglicemia provoca lesioni endoteliali con esposizione del collagene sotto-endoteliale; il piede diabetico neuro-ischemico: spesso nei soggetti diabetici vi è una concomitante presenza di neuropatia e di arteriopatia periferica; il piede diabetico infetto: la lesione della cute rappresenta la porta di ingresso dei microrganismi. Come meccanismo di difesa dai patogeni, in un soggetto in condizioni normali, si verifica un’iperemia atta a veicolare cellule immunocompetenti ad azione fagocitaria e battericida. Tale meccanismo nel diabetico è deficitario per la concomitante vasculopatia. Si verifica che le endotossine batteriche determinano necrosi cellulare e trombosi vasale con conseguente ipoafflusso tessutale. La conseguenza è che la compressione meccanica riduce ulteriormente il flusso ematico. Un’ulcera infetta può provocare fenomeni sistemici molto gravi, anche fatali (Nebbioso et al, 2004). Segni di probabile infezione di un’ulcera sono la presenza sul fondo della lesione di un essudato purulento, l’eritema della cute circostante l’ulcera, la comparsa di arrossamento o il gonfiore, specie a un solo piede. L’infezione va individuata tempestivamente e monitorata tramite l’esame colturale dell’essudato. Per effettuarlo occorre prelevare un campione di tessuto vitale, mediante raschiamento della base dell’ulcera con un bisturi, dopo averla detersa. Questo tipo di esame colturale è decisamente preferibile rispetto a campioni ottenuti con tampone (Molisso, 2001). 11 1.5 Scale di classificazione delle ulcere diabetiche Esistono vari sistemi per classificare una lesione ulcerativa in considerazione di parametri diversi. La classificazione di Wagner è quella più diffusamente accettata e conosciuta, anche se non risulta essere stata validata (Apostoli et al, 2010). Essa identifica sei categorie di ulcere in base a gravità, interessamento dei piani tissutali, localizzazione topografica ed eventuale presenza di infezione (Piaggesi, 2000): al grado “0” appartengono lesioni sia pre che post-ulcerative. La cute non presenta soluzioni di continuità, ma possono esserci deformità, come per esempio l’alluce valgo, le dita a martello oppure delle aree di ipercheratosi nelle zone soggette a maggiore pressione, oltre che eventuali aree di sofferenza traumatica da calzatura; al grado “1” la lesione è superficiale, anche se a tutto spessore. Interessa la cute ed il sottocutaneo, fino allo strato muscolare superficiale. L’ulcera in genere si colloca in zone di iperpressione sulle teste metatarsali. Non ci sono cellulite perilesionale né altri segni di infezione. Il fondo della lesione è deterso e duro; al grado “2” la lesione diventa più profonda e coinvolge strutture quali i tendini, la capsula articolare o l’osso; al grado “3” è complicata dall’insorgenza di infezione, dando origine ad un flemmone o ascesso, con produzione di abbondante pus, che permane nella zona profonda. In questo stadio vi è l’interessamento anche delle strutture osteo-articolari, con osteomielite o osteoartrite settica. La presenza di pus, cattivo odore, cellulite, edema e calore locale sono tutti segni di infezione. La propagazione dell’infezione avviene solitamente lungo le guaine tendinee, i legamenti o i setti fibrosi; al grado “4” si ha l’avanzamento dell’infezione e la gangrena localizzata all’avampiede o al tallone; il grado “5” è quello più grave. La gangrena colpisce tutto il piede. Le linee guida per la gestione del piede diabetico dichiarano che la scala di Wagner consente di inquadrare clinicamente una lesione e quindi le sue possibilità terapeutiche, ma non tiene conto delle condizioni vascolari locali e dell’eventuale presenza di ischemia in sito. Per superare questo limite, è stato recentemente messo a punto il Sistema di Classificazione delle Lesioni dell’Università del Texas. Questo si sviluppa secondo due 12 assi che identificano le lesioni per la gravità delle stesse e per la presenza di infezioni (Rivolo, 2005). Tabella 1.5.1: Class. Sec. la TEXAS UNIVERSITY GRADO 0 1 2 3 Stadio A Lesione pre o post Ulcera superficiale che Ulcera profonda che Ulcera profonda che ulcerativa non coinvolge tendini, interessa i tendini o la interessa l'osso completamente capsula articolare, ossa capsula articolare l'articolazione o epitelizzata Stadio B Con infezione Con infezione Con infezione Con infezione Stadio C Con ischemia Con ischemia Con ischemia Con ischemia Stadio D Con infezione Con ed ischemia infezione Con ed ischemia ed ischemia infezione Con infezione ed ischemia (Nebbioso et al, 2004) Questo sistema ha il vantaggio di prendere in considerazione non solo le caratteristiche locali della lesione, ma anche i fattori condizionanti l’evoluzione di quest’ultima. Questa scala è stata successivamente validata su un gruppo di 360 pazienti (Armstrong et al, 1998), da qui il nome di Scala di Armstrong. È importante l’inquadramento, la misurazione e la stadiazione della lesione per garantire un approccio corretto ed orientare così la terapia, il trattamento ed il monitoraggio. 1.6 Complicanze Il problema più rilevante legato al piede diabetico è il rischio di amputazione, qualora l’ulcera sviluppata sia complicata da infezioni che evolvono in gangrena. Una percentuale ancora troppo elevata di casi va incontro ad interventi chirurgici demolitivi minori (parte del piede) o maggiori (piede o addirittura gamba): ogni anno in Italia circa 7.000 persone subiscono un’amputazione minore e altre 2.000 un’amputazione maggiore. L’85% dei casi di amputazione riguarda soggetti che hanno sviluppato un’ulcera recidiva, aggravata dalla presenza di infezioni severe o gangrena (Apelqvist, 2012). 13 Le amputazioni minori non compromettono significativamente la capacità di deambulare ma possono portare a deformità progressive che aumentano il rischio di sviluppare nuove ulcerazioni ed altri interventi demolitivi. Le amputazioni maggiori sono associate ad una effettiva riduzione della possibilità di camminare e di conseguenza ad una perdita di autonomia, con riduzione della qualità di vita. È possibile pensare ad una riabilitazione con l’utilizzo di protesi ma per gli anziani, sopra i settanta anni, sono di difficile utilizzo e dati evidenziano che più del 75% non riprende a deambulare. L’amputazione totale del piede viene eseguita solo nel caso di progressiva necrosi del tessuto, non trattabile farmacologicamente o con rivascolarizzazione dei vasi. Ridurre il numero delle amputazioni è tra gli obiettivi prioritari. Si stima che il 15% dei diabetici con un’ulcera al piede andrà incontro ad amputazione, il 50% degli amputati è destinato a subire entro 5 anni dal primo intervento demolitivo una seconda amputazione. Metà dei soggetti con amputazione maggiore ha un elevato rischio di morte entro i successivi 3 anni. I dati sono preoccupanti. È fondamentale una buona prevenzione e gestione della patologia fin dall’esordio per evitare di incorrere nella complicanza più severa del piede diabetico: l’amputazione (Brem et al, 2004). 1.7 Epidemiologia Il diabete mellito è una patologia in continuo aumento ed è stato registrato un notevole incremento, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Gli esperti parlano di epidemia mondiale (Vespasiani et al, 2005). Secondo le ultime stime, comunicate dalla International Diabetes Federation nel 2012, 371 milioni di persone nel mondo hanno il diabete ed il loro numero sarà destinato ad aumentare fino a 552 milioni nel 2030 (Guariguata, 2012). L’ISTAT riferisce che in Italia ci sono quasi 3 milioni di persone affette da diabete, il 4,9% della popolazione (Frova et al, 2012) Il diabete aumenta il rischio di ospedalizzazione di 2-4 volte per la presenza concomitante di patologie cardiovascolari, renali e di vasculopatie periferiche ed è considerato, insieme alle complicanze ad esso correlate, la quarta causa di morte nei Paesi industrializzati (Roggeri et al, 2000; Sicuro et al, 2011). I tempi di ricovero ospedaliero spesso si 14 protraggono per l’impatto che l’iperglicemia ha sugli interventi chirurgici e sulle complicanze (Giorda et al, 2012). Il costo della patologia diabetica si inserisce in un contesto di generale crescita della spesa del comparto sanitario (Sicuro et al, 2011). I soggetti diabetici fanno uso del 12-15% delle risorse dell’assistenza sanitaria. Nella tabella 1.7.1 è riportata la spesa annuale in Italia del paziente diabetico. Tabella 1.7.1: Costo del diabete in Italia Classificazione del diabete mellito per sue complicanze Diabete non complicato Complicato da macroangiopatie “ “ microangiopatie Complicato da Macro e microangiopatie (Sicuro et al, 2013) Spesa annua in Italia in euro per paziente 2.301 6.043 8.023 10.792 Il piede diabetico è uno dei principali problemi legato a questa alterazione metabolica ed è presente nel 15% dei soggetti (Dalla Paola, 2006). Nel 20% di queste persone si sviluppano ulcere al piede che cronicizzano ed evolvono verso l’amputazione (Guadagni, 2012). La sopravvivenza dopo un’amputazione maggiore (ossia con perdita dell’appoggio al suolo) è bassa: la mortalità si aggira tra il 10 e il 41% ad un anno, dal 20 al 50% a 3 anni dall’intervento e fino al 39-68% a 5 anni. Numerose evidenze suggeriscono che la precocità dell’intervento può ridurre il rischio di complicanze e di mortalità (Boffano, 2003). La quasi totalità delle amputazioni è legata alle ulcere di natura ischemica e neuroischemica. La sopravvivenza è più elevata nei pazienti con lesioni neuropatiche. Dopo 25 anni dalla diagnosi di diabete la percentuale di soggetti affetti da neuropatia è del 50%. 15 CAPITOLO 2. 2.1 LA GESTIONE DEL PIEDE DIABETICO Prevenzione Come per la maggior parte delle patologie, anche per il piede diabetico la “cura” migliore è la prevenzione. Nel 2005 RNAO ha pubblicato le linee guida Assestment and management of foot ulcers for people with diabetes a scopo educativo ed informativo per pazienti affetti da diabete mellito. Per quanto riguarda la prevenzione è emersa l’importanza dell’educazione del paziente al riconoscimento tempestivo dei fattori di rischio per le lesioni del piede (Romano, 2006; De Corrado et al, 2010). Di fondamentale importanza la conoscenza che il paziente ha sull’auto-cura dei piedi: più il soggetto sa riguardo alla patologia di base, alle sue complicanze e all’autogestione, meno a rischio è di insorgenza di lesioni (Caula, 2004). L’infermiere ha il compito di educare il paziente con una serie di informazioni e suggerimenti riguardanti: la corretta auto-cura dei piedi. Il paziente va educato ad adoperare la lima per la cura delle unghie, dei calli e dei duroni; non tagliare le unghie troppo lunghe o troppo corte e pulirle con uno spazzolino morbido e sapone; ispezionare e lavare ogni giorno i piedi con acqua tiepida e sapone, avendo cura di asciugarli molto bene soprattutto negli spazi intertarsali; mantenere i piedi asciutti e puliti e idratarli con creme per evitare che la pelle in sito si secchi e si formino tagli e lesioni; controllare frequentemente con uno specchio la pianta dei piedi; usare calze di cotone o di lana e fare attenzione alle cuciture interne; indossare scarpe comode a pianta larga, chiuse e possibilmente in pelle o cuoio, con tacco di altezza moderata e cambiarle spesso; se necessario utilizzare plantari morbidi che consentano la distribuzione uniforme del peso sui piedi; evitare le fonti di calore diretto (scaldino…); evitare l’uso di medicazioni ingombranti o di cerotti che possono essere irritanti per la pelle e pediluvi; prestare attenzione ai disinfettanti a base di alcol in quanto disidratano i tessuti (Progetto Diabete, 2007), colorati che possono mascherare eventuali segni di infezione, prediligendo il sodio ipoclorito 0,05%; l’esame annuale del piede da parte del medico curante per valutare i polsi periferici individuando eventuali modificazioni importanti (debolezza o assenza di questi porta a pensare ad una insufficiente irrorazione dell’arto) e per rilevare l’eventuale 16 comparsa di ipercheratosi e/o di deformità in essi (Aiello et al, 2010; Australian Diabetes Society et al, 2011). Un esame predittivo di future ulcerazioni è quello della sensibilità vibratoria. Essa viene misurata a livello malleolare esterno o sul dorso dell’alluce con l’utilizzo di un diapason a 128 Hz (apparecchi elettronici come il biotesiometro e il neuroestesiometro sono assai costosi). Il deficit nella capacità di avvertire la vibrazione è predittivo di una successiva ulcerazione; i sintomi che il paziente deve riferire al medico quali dolore, sensazione di formicolio, sensibilità ridotta e insorgenza di ferite anche insignificanti ai piedi e alle unghie; Un’autentica prevenzione del piede dovrebbe agire sui fattori di rischio (neuropatia e vasculopatia periferica) (Romano, 2006) ed evitare la comparsa di lesioni (Di Berardino, 2002). Oltre alle suddette misure di prevenzione primaria, possono essere usati metodi di prevenzione secondaria: i così detti screening, finalizzati all’identificazione della perdita della sensibilità protettiva alle estremità inferiori, per ridurre il rischio di amputazioni maggiori (Del Prete et al, 2010). Viene usato, a questo scopo, il test del monofilamento: un filamento viene appoggiato e lievemente premuto sulla superficie cutanea dell’estremità inferiore, l’incapacità del paziente di percepire quest ultimo è predittiva dell’insorgenza di un’ulcera, in quanto il test risulta positivo per neuropatia. Questo esame può essere integrato da un sistema strutturato a punteggio: il Diabetic Neuropathy Index. Esso prevede l’ispezione del piede (deformità, cute secca, callosità, infezioni, ulcera), la valutazione dei riflessi achillei e della sensibilità vibratoria all’alluce. Ad ogni item viene assegnato un punteggio come sotto riportato: Ispezione al piede: normale 0, alterazioni 1, ulcera +1 Riflessi achillei: presenti 0, con rinforzo 0,5, assenti 1 Sensibilità vibratoria all’alluce: presente 0, con rinforzo 0,5, assente 1 Il test risulta positivo se il punteggio è maggiore di 2. Altro esame utilizzabile è l’indice di Winsor o ABI (Ankle Brachial Index), indice pressorio caviglia braccio. È il rapporto tra la pressione sistolica alla caviglia e quella al braccio, misurabili con uno sfigmomanometro o più precisamente con il Doppler. Normalmente la pressione arteriosa sistolica alla caviglia è maggiore rispetto a quella al braccio e quindi l’ABI si considera normale se maggiore o uguale a 1. Se l’ABI risulta 17 minore a 1 significa che l’asse arterioso può presentare un qualche livello di patologia che deve essere ulteriormente indagato (Mosti et al, 2009; Aiello et al, 2010). La Tabella 2.1.1 schematizza i vari gradi di rischio di sviluppo dell’arteriopatia secondo l’indice ABI. Tabella 2.1.1: Indice ABI ABI INTERPRETAZIONE >1,30 No compromissione vasi 0,90-1,30 Normale 0,70-0,89 Lieve 0,40-0,69 Moderata < o = 0, 40 Severa (Mosti et al, 2009) La prevenzione del piede diabetico e la conseguente riduzione dell’aggravamento della patologia sono determinate o possono essere dunque favorite da un’attività multidisciplinare, di cui l’infermiere è un importante mediatore. 2.2 Trattamento Il piede diabetico e le sue complicanze dovrebbero essere trattati con un approccio multidisciplinare e multi-professionale (Piaggesi, 2004; Rivolo, 2005) allo scopo di mantenere la salute, l’autonomia della persona colpita e migliorarne la qualità di vita, oltre che per ridurre il numero di amputazioni e abbassare i costi sanitari (Knowles et al, 2001). In particolare i pazienti ad alto rischio di ulcere devono venir seguiti da personale specializzato nella cura del piede e con esperienza (Bekler et al, 2009), anche perché l’approccio terapeutico è diverso a seconda che si tratti di lesioni dovute a piede diabetico neuropatico o ischemico. In entrambi i casi, la condizione indispensabile per un’efficace guarigione della lesione è l’adeguata preparazione del fondo della ferita, con questo si intende la gestione dell’essudato, la gestione del tessuto necrotico, l’attenzione agli eventi biologici che ritardano la guarigione ed il mantenimento di un letto della lesione deterso. 18 È stato a tal riguardo dimostrato che il tessuto necrotico ed infetto ritarda la guarigione, in quanto impedisce la formazione di tessuto di granulazione. Per questo motivo è fondamentale rimuoverlo ed accelerare il processo di riepitelizzazione (Marazzi, 2010). La rimozione del tessuto necrotico viene effettuata attraverso il debridement o detersione (Fowler et al, 2003). Esistono diversi tipi di debridement: autolitico. Avviene naturalmente nell’ambiente umido che caratterizza la superficie dell’ulcera e può essere utilizzato solo se mantenuta la perfusione periferica arteriosa e venosa; enzimatico. Si avvale dell’uso di agenti topici in grado di degradare il tessuto necrotico. Richiede del tempo per produrre effetti e può causare macerazione della cute peri-lesionale. È indicato per ammorbidire le escare estese (Dinh et al, 2006); meccanico. Comprende varie strategie, tra le quali: Wet-to-dry dressing, whirpools, high-pressure water jet, ultrasonic devices. Questo tipo di debridement non è molto indicato in quanto può avere un effetto traumatico o aumentare il rischio di contaminazione ed infezione (Frykberg, 2005); chirurgico. È il gold standard per rimuovere il tessuto devitalizzato dalla lesione (Wierman, 2005) e può essere effettuato solo in presenza di tessuto sufficientemente vascolarizzato (Inlow et al, 2000; Sibbald et al, 2003; Kravitz et al, 2007). In corso di debriedement chirurgico dovrebbe essere inclusa la manovra “probe to bone” che consiste nell’introduzione nella ferita di una sonda metallica sterile: se essa viene a contatto con l’osso il test risulta positivo ed indica che l’osso è esposto all’ambiente esterno. Non vi è concordanza tra gli studi sull’efficacia di questa manovra nel predire osteomielite (Game, 2006). Per quanto riguarda le ulcere del piede neuropatico si possono usare la detersione autolitica, enzimatica e chirurgica. Per quelle del piede diabetico ischemico, che sono più delicate e bisogna trattarle più cautamente, è consigliata solamente la detersione chirurgica. La detersione meccanica è sconsigliata in entrambe le circostanze (International Working Group on the diabetic foot, 2000). La decisione sul tipo di procedura da utilizzare deve essere basata sui seguenti fattori: condizioni dell’assistito, outcomes pianificati, considerazioni ambientali, abilità e competenze dei professionisti, costi dell’intervento (Fowler et al, 2003). 19 Dopo la rimozione del tessuto devitalizzato, è indicata la stadiazione della lesione (Younes et al, 2004). Il trattamento del piede diabetico neuropatico consiste in: mantenere in scarico la lesione: evitare che questa sia gravata dal peso del corpo durante la deambulazione. Questo problema può essere ovviato utilizzando apposite solette rigide a barchetta (scavate all’altezza dell’ulcera), stivaletti pneumatici, fasciatura compressiva rigida dell’arto od ortesi. Nei casi più gravi è indicato il riposo a letto o l’impiego di stampelle o della sedia a rotelle per la mobilizzazione; cheratolisi perilesionale. Questo trattamento serve a ridurre il turnover delle cellule attorno alla ferita usando emollienti, cheratolitici, corticosteroidi topici. I primi consentono di ammorbidire la cute e danno sollievo dall’eventuale prurito (in genere è sufficiente l’applicazione di unguenti, seguita da bagni tiepidi); i cheratolitici sono sostanze che ammorbidiscono i tessuti cornei (strato corneo dell’epidermide, peli ed unghie) e tra essi l’acido salicilico è utile nella terapia locale dei calli e dei duroni; i corticosteroidi topici sono usati per ridurre le infiammazioni provocate dall’ulcera (Vassallo et al, 2008); le medicazioni locali della ferita possono essere eseguite con diversi materiali, a seconda del grado dell’ulcera e della quantità di essudato. Gli idrocolloidi sono particelle colloidali idrofile, legate ad una schiuma in poliuretano, sono impermeabili ai batteri e facilitano il processo autolitico dei tessuti necrotici. Sono indicati per le lesioni superficiali con essudato medio-basso e granuleggianti. Possono essere usati sotto compressione e lasciati in situ per alcuni giorni (dai 3 ai 5 giorni). La medicazione va cambiata quando l’accumulo di essudato provoca la separazione della medicazione dalla ferita. La schiuma in poliuretano è una medicazione semipermeabile con proprietà idrofile o idrofobe. Non è aderente e quindi previene le lesioni della cute che circonda la ferita. Garantisce un buon isolamento termico e crea un ambiente umido adatto alla formazione del tessuto di granulazione. È indicata nel trattamento di lesioni cavitarie non eccessivamente secernenti, la medicazione va sostituita in base all’entità dell’essudato. Gli alginati sono prodotti costituiti da soffici fibre di non tessuto, modellate a forma di cuscinetti che si adattano alla forma della lesione. Creano un gel idrofilo che assorbe le secrezioni e un ambiente caldo-umido favorevole alla guarigione. È una medicazione primaria che può essere lasciata in sede anche per una settimana. 20 L’idrogel a base di acqua o glicerina non è assorbente e quindi è sconsigliato per le ferite con essudato abbondante. Grazie alla capacità di cedere umidità aiuta a ridurre il dolore, la temperatura della ferita e l’infiammazione. Ammorbidisce il tessuto necrotico e riempie le cavità della ferita. La terapia topica a pressione negativa (VAC terapia) consiste nell’aspirazione dalla piaga dell’essudato (fluido in eccesso), ciò consente una riduzione della carica batterica, crea un ambiente umido che promuove la crescita del tessuto di granulazione, stimola la neoangiogenesi (formazione di nuovi capillari) e promuove la riepitelizzazione, riducendo il volume delle ulcere e avvicinandone i lembi (Berchicci et al, 2008); terapia antibiotica locale, su prescrizione medica si applica sulla ferita prima di coprirla con la benda. Se l’ambiente umido favorisce la cicatrizzazione incoraggia pure la crescita dei batteri, da qui la necessità di usare un antimicrobico (Smith, 2004). È sempre sconsigliato nella gestione delle lesioni l’uso di medicazioni completamente impermeabili, perché bloccano l’ossigenazione e creano un ambiente troppo umido che può favorire le infezioni. Le polveri seccano il tessuto di granulazione e si incollano rendendo difficile la detersione della lesione. Altrettanto sconsigliate sono le soluzioni colorate perché non permettono la valutazione del rubor e del tumor della lesione. Si deve tener conto che ad ogni cambio di medicazione è opportuno detergere la lesione, per tamponamento, irrigazione o immersione, con soluzione fisiologica, ringer lattato o detergenti sintetici. Per quanto concerne il piede diabetico ischemico il trattamento consiste in: rivascolarizzazione tramite l’angioplastica con posizionamento di stent, tecnica indicata nel caso in cui vi sia una bassa probabilità di guarigione, la presenza di dolore ischemico a riposo o la presenza di claudicatio intermittens. È una procedura mininvasiva che consiste nell’introduzione nell’arteria femorale di un catetere, chiamato guida che servirà a veicolare un palloncino fino in prossimità della placca aterosclerotica e quindi insufflato contro la stessa. Il risultato sarà un allargamento del calibro interno dell’arteria o lume vasale con conseguente ripristino del normale flusso del sangue. La placca viene poi definitivamente fissata alle pareti dell’arteria mediante il posizionamento di una rete cilindrica o conica di materiale metallico chiamata stent. Questo dispositivo rimarrà in sede definitivamente all’interno dell’arteria, mantenendola pervia. 21 Le metodiche di rivascolarizzazione percutanea degli arti inferiori nei pazienti con arteriopatia periferica obliterante si sono dimostrate uno strumento determinante per la riduzione dei tassi di amputazione nei soggetti diabetici, ma anche per il trattamento della sintomatologia del dolore, delle ulcere ischemiche e del recupero della funzionalità dell’arto. Nonostante l’ampia diffusione di tale procedura negli ultimi anni, l’efficacia non è ancora definita. Scarseggiano, in letteratura, gli studi prospettici di outcome superiori a 3 anni per i soggetti rivascolarizzati, in particolare nella popolazione italiana (Da Porto et al, 2011); terapia antibiotica locale o sistemica, su prescrizione medica. Sono in fase di studio alcune nuove tecniche, presso centri di ricerca. L’utilizzo di fattori di crescita sfrutta le proprietà delle piastrine nel gel piastrinico. Dal sangue prelevato dal paziente viene ricavata per centrifugazione e congelata una sacca di piastrine, utilizzata poi come adiuvante e potenziante dei processi di emostasi, adesione, riparazione. Non ci sono rischi di malattie emotrasfusive in quanto il campione è autologo. L’introduzione del Gel Piastrinico all’interno dell’ulcera è preceduto da una forte abrasione del callo necrotico in anestesia locale e da iniezioni di insulina nel sito di ulcerazione per ridurre la concentrazione di glucosio. Il Gel Piastrinico è stato testato su pazienti over 70 con ulcere del IV e V grado secondo Wagner (Chiaretti, 2012). Un’altra metodica consiste nell’innesto di sostituti dermici artificiali e nella copertura dei tessuti utilizzando cute autologa o cute prelevata da donatori e trattata. 2.3 Educazione Terapeutica Come enunciato dal Codice Deontologico nell’articolo 2 l’assistenza infermieristica è di natura tecnica, educativa e relazionale e, nell’articolo 7 dello stesso, è dichiarato che l’infermiere orienta la sua azione al bene del suo assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare quando vi sia disabilità, svantaggio e fragilità (Silvestro et al, 2009). L’assistenza ai pazienti con piede diabetico è complessa e deve essere multidisciplinare (Castiglione et al, 2010). Fanno parte del team di cura specialisti in diabetologia, chirurgia vascolare, ortopedia, radiologia, medicina interna, podologia, tecnologia ortopedica. Il personale infermieristico gioca un ruolo cruciale nella moderna organizzazione sanitaria in generale e, nel caso specifico, di fondamentale importanza nella prevenzione 22 dell’insorgenza di ulcere al piede nel paziente diabetico (educazione sanitaria), nella cura personalizzata (educazione terapeutica) qualora fosse già insorta la complicanza (Caligiore, 2004; Aalaa et al, 2012) e nell’accompagnamento psico-sociale del paziente (Ciaccio et al, 2011). Per educazione sanitaria si intende uno strumento volto a promuovere la salute e modificare lo stile di vita e i modelli comportamentali per attuare una prevenzione efficace. Con l’espressione “educazione terapeutica” si fa riferimento ad un processo graduale, integrato nel processo terapeutico, che comprende un insieme di attività di sensibilizzazione, informazione, educazione ed aiuto psicologico e sociale e che si propone di aiutare la persona e la sua famiglia nella gestione della malattia e delle cure, nell’organizzazione delle proprie attività di vita quotidiane, nella consapevolezza degli stili di vita da adottare e nell’individuazione precoce delle complicanze (Michelin, 2011). Lo scopo è portare il paziente all’autogestione della patologia già in atto (Cimicchi et al, 2009). Sul piano pedagogico la formazione del paziente rappresenta una vera e propria sfida, in quanto si tratta di “discenti particolari”, molto eterogenei per età, origine socio-culturale e bisogni. La loro motivazione ad apprendere dipende dal grado di accettazione della patologia e dal modo in cui si rappresentano il diabete e la relativa terapia. È da tenere in considerazione che la persona affetta da tale malattia e sue complicanze, entra a far parte del mondo della cronicità, che porta necessariamente a rivedere il proprio futuro in un nuovo equilibrio complessivo. Perché l’educazione terapeutica sia efficace occorre che gli operatori sanitari siano consapevoli del loro delicato ruolo. Fattori determinanti riferiti ad essi sono: la motivazione e la preparazione: il disporre di un livello adeguato e continuamente aggiornato di conoscenze e competenze viene sottolineato come elemento essenziale per garantire qualità di cura e prevenzione del piede e sue complicanze (NZSSD, 2009). Per quanto riguarda la conoscenza pratica e teorica degli infermieri su tale tematica non si trovano in letteratura evidenze scientifiche. Uno studio sperimentale che valuta le competenze di questi riguardo alla patologia diabetica è stato condotto all’Ospedale di Cividale del Friuli (Miniussi et al, 1993); l’atteggiamento comunicativo empatico; la disponibilità a negoziare gli obiettivi col paziente e i familiari; 23 la sensibilità di favorire e non forzare l’autonomia; la capacità di coinvolgere il paziente facendolo diventare parte attiva nel processo di cura. L’infermiere indirizza il paziente verso l’accettazione del carattere cronico della patologia e costruisce un piano di cura con obiettivi commisurati, che non necessariamente includano la guarigione. Diversi studi avvalorano l’importanza di un coinvolgimento attivo del paziente, l’infermiere deve fornire supporto psicologico e sociale di pari passo all’assistenza clinica e determinare autoefficacia nell’utente (Brown, 2008; Edwards et al, 2009; Bobridge et al, 2010). L’educazione terapeutica si pone tra gli obiettivi quello di fare in modo che il paziente conosca e adotti corretti stili di vita con una dieta equilibrata, esercizio fisico regolare e l’abbandono di cattive abitudini come quella del fumo. Il paziente deve essere informato che una dieta corretta è fondamentale e aiuta a controllare la malattia. È importante scegliere gli alimenti più appropriati al fine di attuare una dieta ipoglicemica, normo-calorica, varia, che richiede il consumo di carboidrati 45%, proteine 15%, grassi 25%, il restante 15% proporzionato all’attività fisica soggettiva. La dieta va frazionata in sei pasti. Per i soggetti diabetici è indispensabile monitorare la glicemia prima di ogni pasto e prima di coricarsi. Parte integrante del piano di trattamento del diabete è anche l’esercizio fisico, soprattutto di tipo aerobico (sforzi poco intensi ma protratti nel tempo) ed effettuato in modo regolare, sempre tenendo conto dell’idratazione. Il fumo nei diabetici comporta un aumento assai elevato del rischio di eventi cardiovascolari. La sola informazione a riguardo spesso non è sufficiente per abbandonare questa abitudine. Può essere opportuno indirizzare il paziente in Centri antifumo specializzati. Importante è l’utilizzo di scarpe adeguate. La scarpa chiusa, a pianta ampia, a punta rotonda, in morbida pelle, con tacco moderatamente alto, senza cuciture interne, con suola rigida o semirigida è la calzatura ideale per un soggetto con piede diabetico. Quando ci sono deformità del piede, con aree di sovraccarico del peso è indicato l’uso di ortesi plantari o digitali, atte a riequilibrare, correggere, compensare patologie e a prevenire la formazione di lesioni. Nel caso in cui vi siano delle ulcere è necessario ricorrere ad un’apposita ortesi (scarpa con tomaia automodellante o termoformabile con plantare). 24 Le ortesi vengono prescritte dallo specialista dell’Azienda Sanitaria di appartenenza (Molisso, 2001). L’educazione terapeutica del paziente con piede diabetico si focalizza sul riconoscimento di segni e sintomi così detti “a rischio” da segnalare al medico e tra questi si trovano: le parestesie, alterazioni della sensibilità a carico dell’arto inferiore, che vengono riferite dal paziente come una sensazione di bruciore, dolore, formicolio od intorpidimento; le discromie, alterazioni del colorito della pelle dovuta ad eccesso di derivati dall’emoglobina o di provenienza esogena sull’epidermide, segnalate dalla presenza di chiazze arrossate sulla pelle delle gambe e/o dei piedi (possibile indice di infiammazione od infezione in atto); la presenza di un qualsiasi trauma a livello dei piedi (calli, ulcere, graffi); le ipercheratosi, ispessimento dello strato epiteliale della cute, queste devono essere rimosse con lama di bisturi per consentire la formazione del tessuto di granulazione; la febbre (od una semplice febbricola), spesso sintomo di un'infezione; il prurito ai piedi (presunto indice d'infezione fungina a carico dei piedi); la difficoltà a camminare; la deformazione evidente dei piedi; il rossore, l’infiammazione e il gonfiore del piede (altro sintomo di infezione in atto)(Musacchio, 2002). Nel caso in cui il paziente con piede diabetico accusi febbre elevata, prostrazione e gravi segni di scompenso glicometabolico (disidratazione, iperglicemia, acidosi..) viene avviato subito al Pronto Soccorso. L’educazione terapeutica, che consente il miglioramento dello stile di vita e l’autocura da parte del paziente, si pone come obiettivo anche l’adesione di questo al programma terapeutico (Monge, 2009). Porta ad outcomes positivi: la riduzione delle amputazioni agli arti inferiori e la diminuzione delle ospedalizzazioni del paziente diabetico (Norris et al, 2002; Di Berardino, 2008; Commissione Nazionale Diabete, 2012). Va sempre tenuto conto che questo tipo di paziente è complesso poiché la malattia cronica ha un impatto progressivo sulla sua vita e quella dei familiari. Le cure, i trattamenti e la riabilitazione richiedono tempi lunghi. Spesso il soggetto deve convivere con la paura e la prospettiva di recidive. La sintomatologia del piede diabetico e le sue complicanze portano ad una diminuita attività fisica, emotiva e sociale. Ciò può far insorgere atteggiamenti e 25 comportamenti depressivi. È evidente che il ruolo dell’infermiere debba superare un modello meramente tecnico-clinico, prendendo in considerazione aspetti altrettanto fondamentali, come l’efficacia comunicativa, l’empowerment, l’autoefficacia, la capacità di trasmettere in modo chiaro e comprensibile le informazioni, gli aspetti relazionali. 26 CAPITOLO 3: STUDIO DESCRITTIVO SULLA CONOSCENZA DEGLI INFERMIERI SUL PIEDE DIABETICO E LA SUA GESTIONE 3.1 Obiettivo L’ obiettivo dello studio è quello di: indagare il livello di conoscenza degli infermieri rispetto il piede diabetico e il suo trattamento. 3.2 Materiali e Metodi 3.2.1 Disegno di Studio Si è attuata un’indagine conoscitiva per la quale è stato seguito un disegno di studio di tipo descrittivo. 3.2.2 Campione e Campionamento Gli infermieri coinvolti nello studio sono stati 380, appartenenti a Servizi e Reparti scelti in modo convenzionale. In alcuni di questi è stato ipotizzato un frequente od occasionale prendersi cura di persone con piede diabetico da parte degli infermieri, in altri raramente o addirittura mai. Per realizzare lo studio non sono stati adottati criteri di inclusione o esclusione e l’unica caratteristica richiesta ai compilatori è stata l’appartenenza alla professione infermieristica. 3.2.3 Setting La raccolta dati è stata svolta presso un’unica Struttura: l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine. I Servizi/Reparti selezionati sono stati 20 e nello specifico: SOC di Anestesia e Rianimazione 1, SOC di Anestesia e Rianimazione 2, Clinica di Anestesia e Rianimazione, 27 SOC di Cardiochirurgia, SOC di Cardiologia, SOC di Pneumologia, Clinica Ortopedica, SOC di Ortopedia, SOC di Otorinolaringoiatria, Clinica Pediatrica, Clinica Medica, SOC di Medicina Interna 1 A e B, SOC di Medicina Interna 2 A e B, SOS Post-acuti, Clinica delle Malattie Infettive, SOC di Dermatologia, SOS di Diabetologia e SOC di Nefrologia. 3.2.4 Strumento di rilevazione dati e variabili indagate È stato somministrato agli infermieri un questionario strutturato, anonimo, autocompilativo. Lo strumento consta di 26 quesiti con risposte a scelta multipla ed alcuni aperti a risposta breve. Una prima parte, nonché introduttiva, contiene 12 quesiti richiedenti aspetti anagrafici e professionali dell’infermiere compilatore. La seconda parte è composta da 14 domande di carattere tecnico-pratiche sul piede diabetico e la sua gestione, tratta da analogo studio condotto presso l’Ospedale di Cividale: “Un questionario per valutare le conoscenze sul diabete mellito nel personale infermieristico” (Miniussi et al, 1993). 3.2.5 Modalita’ di raccolta dati I questionari sono stati somministrati, previa autorizzazione da parte del Dirigente delle Professioni Sanitarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, dei Responsabili Infermieristici e Coordinatori dei reparti e servizi sede d’ indagine nel rispetto della privacy e dopo ottenimento del consenso informato al trattamento dei dati, secondo la l’Art. 13 del D.Lgs 196/2003 e l’Art. 26 del D.Lgs 196/2003 sulla garanzia per i dati sensibili. I coordinatori infermieristici delle varie strutture, dopo un incontro preliminare, durante il quale sono state date informazioni riguardanti finalità, modalità di compilazione e restituzione, hanno provveduto alla somministrazione dei questionari stessi agli infermieri, che hanno accettato di partecipare allo studio, dal 21/09/2013 al 25/10/2013. In alcuni reparti i Direttori hanno chiesto esplicitamente anche l’anonimato del reparto/Servizio di appartenenza, di conseguenza questi non verranno nominati ma saranno contraddistinti da un numero (da 1 a 20). 28 4. RISULTATI Sono stati distribuiti 380 questionari al personale infermieristico di 20 reparti/servizi dell’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine. Hanno risposto 198 infermieri (52,10%). La tabella 4.1 riassume i numeri assoluti e le percentuali dei questionari compilati per ciascun reparto/servizio. Tabella 4.1: Questionari compilati per reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. ASSOLUTO QUESTIONARI COMPILATI 16/34 19/39 14/19 20/23 2/30 8/21 7/15 7/19 16/20 6/16 7/17 15/18 10/17 6/19 3/17 8/11 12/14 7/8 6/6 9/17 % QUESTIONARI COMPILATI 47,05 48,70 73,70 87 6,70 38,10 46,70 36,80 80 37,50 41,20 83,30 58,80 31,60 17,60 72,70 85,70 87,50 100 52,90 Nel campione considerato 166 infermieri sono di genere femminile (84,30%) e 31 (15,70%) di genere maschile. Il 24, 20% ha un’età compresa tra i 20 e i 29 anni, il 28,30% tra i 30 e i 39 anni, il 30,80% tra i 40 e i 49 anni, il 13,10% tra i 50 e i 59 anni e lo 0,5% tra i 60 e i 69 anni. Il 94,40% (187) è di nazionalità Italiana, il 3,60% comunitaria (Romania e Polonia) e il 2% extracomunitaria (Perù, Togo, Camerun, Ruanda). Il 56,60% dei partecipanti ha conseguito il Diploma di Scuola regionale, il 5,50% il Diploma Universitario, il 50,50% la Laurea in Infermieristica, il 5,05% ha un Master (Coordinamento, Wound Care, Area critica e Rischio clinico), il 2,50% possiede una Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. L’1% ha altre lauree. 29 Considerando che ogni infermiere poteva a questo item segnare più risposte la somma dei dati è superiore al 100%. Per quanto riguarda l’anzianità professionale la percentuale più alta si registra nella categoria tra i 16 e i 25 anni, con il 35,80%. E’ stata considerata anche l’anzianità professionale presso il servizio/reparto di attuale appartenenza ed è emerso che l’84,80% degli infermieri lavora presso il reparto/servizio di appartenenza da meno di 16 anni. Tabella 4.2: Caratteristiche anagrafiche e professionali del campione GENERE Maschi Femmine ETA’ (in anni) 20 – 29 30 – 39 40 – 49 50 – 59 60 – 69 NAZIONALITÀ Italiana Comunitaria Extracomunitaria TITOLO DI STUDIO Diploma scuola regionale Diploma Universitario Laurea in Infermieristica Master Laurea Magistrale Altro ANZIANITÀ PROFESSIONALE < o = a 5 anni Da 6 a 15 anni Da 16 a 25 anni = o > a 26 anni ANNI NEL REPARTO < o = a 5 anni Da 6 a 15 anni Da 16 a 25 anni = o > a 26 anni N. ASSOLUTO % 31 166 15,70 84,30 N. ASSOLUTO % 48 56 61 26 1 24,20 28,30 30,80 13,10 0,5 N. ASSOLUTO % 187 7 4 94,40 3,60 2 N. ASSOLUTO % 112 11 100 10 5 2 56,60 5,50 50,50 5,05 2,50 1 N. ASSOLUTO % 51 45 71 29 25,70 22,70 35,80 14,60 N. ASSOLUTO % 83 85 26 3 41,90 42,90 13,10 1,50 30 È risultato che una maggioranza rilevante del personale infermieristico dichiara di gestire raramente o mai persone con piede diabetico (80,30%). È emerso che il 73,20% degli infermieri non ha partecipato a Corsi di Aggiornamento, Seminari o Convegni riguardanti la gestione di quest’ultimo. Un numero significativo di partecipanti 43,40% reputa la sua conoscenza rispetto tale argomento non adeguata o addirittura insufficiente. Tabella 4.3: Caratteristiche professionali specifiche sul piede diabetico FREQUENZA CON CUI VIENE GESTITO IL PIEDE DIABETICO Ogni giorno Ogni settimana Ogni mese Raramente Mai AGGIORNAMENTO SPECIFICO Si No AUTOVALUTAZIONE CONOSCENZA PIEDE DIABETICO Insufficiente Sufficiente Discreta Buona Ottima N. ASSOLUTO % 4 9 25 116 43 2 4,50 12,60 58,60 21,70 N. ASSOLUTO % 52 145 26,30 73,20 N. ASSOLUTO % 86 61 43 7 0 43,40 30,80 21,70 3,50 0 31 Di seguito verranno analizzati gli items specifici sul piede diabetico e la sua gestione. DOMANDA 1 “Cosa indica la positività della manovra “probe to bone”?” A questo quesito il 15,60% degli infermieri ha risposto correttamente “L’osso è esposto all’ambiente esterno” mentre il 54% ha indicato quanto segue “E’ in atto un’osteomielite”. Tabella 4.4: Risposte alla domanda 1 per reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 0 8 0 6 1 0 1 0 1 0 0 1 0 2 0 0 2 1 5 2 % RISPOSTE ESATTE 0 42,10 0 30 50 0 14,30 0 6,25 0 0 6,70 0 33,30 0 0 16,70 14,30 83,30 22,20 N. RISPOSTE ERRATE 16 11 14 14 1 8 6 7 15 6 7 14 10 4 3 8 10 6 1 7 % RISPOSTE ERRATE 100 57,90 100 70 50 100 85,70 100 93,75 100 100 93,30 100 66,70 100 100 83,30 85,70 16,70 77,80 32 DOMANDA 2 “Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della sensibilità vibratoria?” Il 40,90% ha risposto correttamente “Dorso dell’alluce e malleolo esterno”. Tabella 4.5: Risposte alla domanda 2 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 3 4 3 6 2 5 0 6 7 3 4 1 7 3 0 5 6 4 5 7 %RISPOSTE ESATTE 18,75 21 21,40 30 100 62,50 0 85,70 43,75 50 57,10 6,70 70 50 0 62,50 50 57,10 83,30 77,80 N. RISPOSTE ERRATE 13 15 11 14 0 3 7 1 9 3 3 14 3 3 3 3 6 3 1 2 % RISPOSTE ERRATE 81,25 79 78,60 70 0 37,50 100 14,30 56,25 50 42,90 93,30 30 50 100 37,50 50 42,90 16,70 22,20 DOMANDA 3 “Come si presenta la cute plantare di un piede neuropatico?” Il 46,50% ha indicato la risposta corretta a questo quesito: “Ipercheratosica”. Il 49% ha ritenuto esatte la risposta “Fredda e cianotica” o “Assottigliata e desquamata”. DOMANDA 4 “Nel soggetto normale, è più elevata la PA sistolica alla caviglia o al braccio?” Il 17,20% ha scelto la risposta giusta a tale item: “Alla caviglia”. Il 71,70% ha reputato corretta la risposta “Al braccio” o “Sono uguali”. 33 DOMANDA 5 “Qual è una sede tipica delle ulcere neuropatiche?” Il 52,50% ha risposto correttamente a tale quesito: “La pianta della I e V testa metatarsale”. Tabella 4.5: Risposte alla domanda 5 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE CORRETTE 10 6 5 7 2 5 6 4 7 2 1 8 9 5 3 6 7 3 5 3 % RISPOSTE CORRETTE 62,50% 31,60% 35,70% 35% 100% 62,50% 85,70% 57,20% 43,75% 33,30% 14,30% 53,30% 90% 83,30% 100% 75% 58,30% 42,90% 83,30% 33,30% N. RISPOSTE ERRATE 6 13 9 13 0 3 1 3 9 4 6 7 1 1 0 2 5 4 1 6 % RISPOSTE ERRATE 37,50% 68,40% 64,30% 65% 0 37,50% 14,30% 42,80% 56,25% 66,70% 85,70% 46,70% 10% 16,70% 0 25% 41,70% 57,10% 16,70% 66,70% 34 DOMANDA 6 “Qual è il disinfettante ideale per le ulcere infette?” Il 57,10% ha risposto correttamente “Qualsiasi, purchè non colorato”, mentre il 22,20% ha considerato giusta “Tintura rubra di Castellani”. Tabella 4.6: Risposte alla domanda 6 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE CORRETTE 7 3 5 6 1 4 7 5 9 6 6 7 10 4 0 7 11 4 6 5 % RISPOSTE CORRETTE 43,75% 15,18% 35,70% 30% 50% 50% 100% 71,40% 56,25% 100% 85,70% 46,70% 100% 66,70% 0 87,50% 91,70% 57,10% 100% 55,60% N. RISPOSTE ERRATE 9 16 9 14 1 4 0 2 7 0 1 8 0 2 3 1 1 3 0 4 % RISPOSTE ERRATE 56,25% 84,20% 64,30% 70% 50% 50% 0 28,60% 43,75% 0 14,30% 53,30% 0 33,30% 100% 12,50% 8,30% 42,90% 0 44,40% DOMANDA 7 “Come rimuovere le ipercheratosi perilesionali delle ulcere neuropatiche?” Il 34,30% ha risposto correttamente: “Con lama di bisturi”, il 39,90% ha considerato esatta “Con cheratolitici chimici”. Il 9% non ha risposto al quesito. 35 DOMANDA 8 “Quale dei seguenti è un segno di probabile infezione di un’ulcera?” L’86,40% ha ritenuto correttamente esatta la risposta “a+b” cioè “Eritema della cute circostante l’ulcera” + ”Presenza sul fondo della lesione di un essudato purulento”. Tabella 4.7: Risposte esatte ed errate alla domanda 8 REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 15 18 12 19 1 5 7 4 16 6 6 11 10 4 3 7 9 5 6 7 % RISPOSTE ESATTE 93,75% 94,70% 85,70% 95% 50% 62,50% 100% 57,20% 100% 100% 85,70% 73,30% 100% 66,70% 100% 87,50% 75% 71,40% 100% 77,80% N. RISPOSTE ERRATE 1 1 2 1 1 3 0 3 0 0 1 4 0 3 0 1 3 2 0 2 % RISPOSTE ERRATE 6,25% 5,30% 14,30% 5% 50% 37,50% 0 42,80% 0 0 14,30% 26,70% 0 33,30% 0 12,50% 25% 28,60% 0 22,20% DOMANDA 9 “Chi è abilitato a prescrivere le ortesi ad un paziente con piede diabetico?” L’80,80% ha risposto correttamente “Gli specialisti indicati dall’Azienda sanitaria di appartenenza”. Il 7,10% non ha dato risposta al quesito. 36 DOMANDA 10 “Con quale frequenza va sostituita una medicazione assorbente in poliuretano?” Il 76,80% ha ritenuto correttamente esatta la risposta “In base all’entità dell’essudato. Il 3,50% non ha risposto a questo item. Tabella 4.8: Risposte esatte ed errate alla domanda 10 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 14 15 10 18 2 3 2 7 9 4 6 9 9 5 3 7 12 5 5 7 % RISPOSTE ESATTE 87,50% 78,90% 71,40% 90% 100% 37,50% 28,60% 100% 56,25% 66,70% 85,70% 60% 90% 83,30% 100% 87,50% 100% 71,40% 83,30% 77,80% N. RISPOSTE ERRATE 2 4 4 2 0 5 5 0 7 2 1 6 1 1 0 1 0 2 1 2 % RISPOSTE ERRATE 12,50% 21,10% 28,60% 10% 0 62,50% 71,40% 0 43,75% 33,30% 14,30% 40% 10% 16,70% 0 12,50% 0 28,60% 16,70% 22,20% 37 DOMANDA 11 “Dove va prelevato il campione per esame colturale?” L’83,30% ha considerato come risposta corretta “Dal fondo dell’ulcera prima di detergerla”. La risposta esatta è “Dal tessuto vitale presente sul fondo dell’ulcera dopo detersione” che è stata scelta dall’11,60% dei partecipanti allo studio. Tabella 4.9: Risposte esatte ed errate alla domanda 11 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 2 2 0 1 1 0 0 1 0 0 0 3 2 1 0 3 3 2 2 0 % RISPOSTE ESATTE 12,50% 10,50% 0 5% 50% 0 0 14,30% 0 0 0 20% 20% 16,70% 0 37,50% 25% 28.60% 33,30% 0 N. RISPOSTE ERRATE 14 17 14 19 1 8 7 6 16 6 7 12 8 5 3 5 9 5 4 9 % RISPOSTE ERRATE 87,50% 89,50% 100% 95% 50% 100% 100% 85,70% 100% 100% 100% 80% 80% 83,30% 100% 62,50% 75% 71,40% 66,70% 100% DOMANDA 12 “Quali sono le classificazioni più usate nella descrizione delle ulcere diabetiche?” Il 39,40% ha ritenuto correttamente giusta la risposta “a+c” cioè “Armstrong” + “Wagner”. Il 21,70% non ha risposto al quesito. DOMANDA 13 “Quando un paziente con piede diabetico va avviato subito in Pronto Soccorso?” L’87,40% ha risposto correttamente “Quando accusa febbre elevata, prostrazione, disidratazione. Il 3,5% non ha dato risposta all’item. 38 DOMANDA 14 “Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le calzature di un paziente con piede diabetico?” Il 90,40% ha indicato correttamente “Tacco di 8 cm per la donna e di 6 per l’uomo”. Il 5,5% non ha risposto. Tabella 4.10: Risposte esatte ed errate alla domanda 14 per ciascun reparto REPARTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 N. RISPOSTE ESATTE 16 17 14 18 2 7 7 7 15 6 6 10 10 5 3 6 12 7 6 7 % RISPOSTE ESATTE 100% 84,20% 100% 90% 100% 87,50% 100% 100% 93,75% 100% 85,70% 66,70% 100% 83,30% 100% 75% 100% 100% 100% 77,80% N. RISPOSTE ERRATE 0 3 0 2 0 1 0 0 1 0 1 5 0 1 0 2 0 0 0 2 % RISPOSTE ERRATE 0 15,80% 0 10% 0 12,50% 0 0 6,25% 0 14,30% 33,30% 0 16,70% 0 25% 0 0 0 22,20% 39 40 Nella Tabella 4.12 sono riportate le medie delle percentuali di risposte esatte e delle risposte errate per ciascun reparto/servizio. Tabella 4.12: Medie percentuali risposte esatte ed errate (o non risposte) REPARTO MEDIA% RISP. CORRETTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 49,10% 51,50% 45,40% 50,40% 67,90% 42,90% 54,10% 56,10% 47,30% 53,60% 55,10% 44,80% 62,90% 55,95% 61,90% 60,70% 54,80% 54,10% 82,10% 50,80% MEDIA% RISP. ERRATE O NON RISP. 50,90% 48,50% 54,60% 49,60% 32,10% 57,10% 45,90% 43,90% 52,70% 46,40% 44,90% 55,20% 37,10% 44,05% 38,10% 39,30% 45,20% 45,90% 17,90% 49,20% 41 5. DISCUSSIONE Lo studio effettuato si propone di descrivere le conoscenze del personale infermieristico riguardo il piede diabetico e la sua gestione. A questo scopo è stato somministrato un questionario in 20 reparti/servizi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine. Lo strumento di ricerca è composto da alcuni items specifici di carattere teorico, altri che prendono in esame aspetti pratici pertinenti alla cura. Tra le domande di carattere teorico il primo quesito chiede “Cosa indica la positività della manovra probe to bone?”. A questo quesito hanno risposto correttamente il 15,65%. Per poco più della metà degli intervistati (107 ossia il 54%) tale manovra indica la presenza di un’osteomielite in atto. In letteratura viene chiaramente espresso che si usa in corso di debridement chirurgico e consiste nell’introduzione all’interno della lesione di una sonda metallica: se essa viene a contatto con il tessuto osseo il test risulterà positivo. Ciò sta ad indicare che l’osso è esposto all’ambiente esterno (Game, 2006). Non c’è concordanza tra gli studi sull’efficacia di questa procedura nel predire osteomielite. Tra le raccomandazioni si riporta solo al “Livello C” che “nei pazienti con infezione del piede diabetico l’esposizione ossea all’ispezione o mediante sonda è indicativa di osteomielite” (Bader, 2009). Al secondo item “Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della sensibilità vibratoria?” il 40,90% dei partecipanti ha risposto correttamente “Dorso dell’alluce e malleolo esterno”. Ciò è confermato dalle evidenze. Uno studio infatti dice che la sensibilità vibratoria può essere misurata con un diapason o con bio-tensiometro applicati a livello malleolare esterno o sul dorso del primo dito (alluce). Altri studi sostengono che la valutazione della sensibilità vibratoria all’alluce viene eseguita dal medico/diabetologo ed è uno degli esami strumentali non invasivi incluso nel Diabetic Neuropathy Index (DNI) (Nebbioso, 2004), indice utile per stimare l’eventuale presenza di neuropatia diabetica e il rischio del soggetto di sviluppare ulcerazioni ai piedi (Progetto Diabete, 2007). Al quesito riguardante “Qual è il disinfettante ideale per le ulcere diabetiche infette?” il 57% ha risposto correttamente “Qualsiasi, purchè non colorato” in linea con le relative evidenze scientifiche. Queste ultime suggeriscono di preferire i disinfettanti incolore, in 42 quanto “non nascondono” eventuali segni di infezione in atto (tumefazione e rossore) (Medea, 2003; Di Stasio, 2004). Uno studio riporta che “non devono essere utilizzate le soluzioni colorate come ad esempio il mercurocromo, la fuxina, il violetto di genziana e la tintura rubra di Castellano, in quanto questi prodotti esplicano una ridotta azione antisettica, non permettono la valutazione della ferita e sono sconsigliati dalle principali linee guida internazionali” (Peghetti et al, 2012). L’86% dei compilatori identifica come segni di probabile infezione dell’ulcera diabetica l’eritema della cute circostante la lesione e la presenza sul fondo della stessa di essudato purulento. In letteratura se ne trova riscontro: i principi di Best Practice evocano tra i tipici segni d’infezione localizzata l’insorgenza o aumento di dolore, l’eritema perilesionale, il calore localizzato, il gonfiore e la presenza di essudato purulento, oltre che la guarigione ritardata della lesione, l’ascesso e il cattivo odore (Pugh, 2008). Alla domanda “Da dove viene prelevato il campione per esame colturale?” solo l’11,60% degli infermieri ha risposto correttamente, mentre l’83,30% ha indicato come risposta “Dal fondo dell’ulcera prima di detergerla”: le linee guida a tale proposito dicono che l’obiettivo del tampone o della biopsia è quello di determinare la presenza di batteri nei tessuti dell’ulcera, quindi non deve venire raccolto né nell’essudato, né sul tessuto necrotico, ma dal tessuto vitale presente sul fondo della lesione, dopo averla detersa con Sodio Cloruro 0,9% (Caula, 2011). Anche uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità a riguardo conferma che, se il prelievo del campione per esame colturale viene effettuato senza essere preceduto dalla pulizia della ferita e rimozione del tessuto necrotico superficiale, la coltura microbica risultante potrebbe essere falsata dallo stato di contaminazione cutaneo e avere quindi uno scarso ed ambiguo valore diagnostico (Donelli et al, 2005; Bonham, 2009). Al quesito “Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le calzature di un paziente con piede diabetico?” il 90,40% ha indicato correttamente che queste non devono avere tacchi alti (8cm per la donna e 6 per l’uomo). Le calzature consigliate devono avere una soletta multistrato: il primo in materiale morbido per assorbire la pressione del piede, il secondo elastico che mantenga stabile la forma e il terzo rigido di supporto per la fisiologia dello stesso, una tomaia in pelle morbida, possibilmente termoformabile e senza cuciture all’interno. L’altezza delle scarpe deve essere almeno di 4 cm nella regione anteriore (Ficorelli, 2005) e il tacco non deve essere troppo alto né troppo basso rispetto alla parte anteriore (2-2,5 centimetri per l’uomo, fino a 4 centimetri per la donna). Lo studio fa emergere inoltre che gli infermieri non percepiscono adeguata la loro competenza rispetto alla gestione del piede diabetico (96,50%) e il 73,20% dichiara di non 43 aver partecipato a Corsi di Aggiornamento/Seminari/Convegni specifici. Alcuni a fianco alla domanda relativa alla formazione hanno aggiunto la loro disponibilità. Vari studi, tra cui quello di Robb, attestano l’efficacia della formazione specifica e costante dell’infermiere, per cambiamenti significativi nelle conoscenze, valutazione e trattamento di questa patologia (Robb, 1999). 44 6. CONCLUSIONI Il diabete è un’alterazione metabolica sempre più diffusa, in Italia, secondo i dati ISTAT del 2010, il 4,9% della popolazione (circa 3 milioni di persone) ne soffre. Tra le complicanze ad esso derivanti la più temuta e severa è il piede diabetico, presente nel 15% dei diabetici. Si stima che il 20% di essi sviluppi ulcere al piede che possono cronicizzare, presentare infezioni ed evolvere in gangrena, richiedendo l’amputazione. In Italia circa 9.000 persone all’anno vanno incontro ad interventi chirurgici demolitivi e di essi l’85% a causa di ulcera recidiva. Il piede diabetico ha una pesante ricaduta sociale: è una malattia cronica, progressiva ed invalidante, che può portare alla diminuzione dell’autonomia, ad una ridotta attività fisica e relazionale, con conseguente frustrazione e disagio psicologico. Genera costi sanitari molto elevati e incide significativamente sulla morbilità. Risulta di prioritaria importanza una buona prevenzione e gestione di questa patologia fin dall’esordio. Il personale infermieristico, giocando un compito fondamentale per quanto riguarda l’educazione sanitaria e terapeutica, l’assistenza e la cura, dovrebbe essere messo nelle condizioni di essere formato in modo specifico, con adeguate conoscenze, competenze tecniche ed abilità comunicativo-relazionali. Allo scopo di indagare le conoscenze degli infermieri sul piede diabetico e la sua gestione è stato condotto uno studio descrittivo, che ha coinvolto venti reparti/servizi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine. Questi sono stati divisi in due macro-categorie ipotetiche: una che presumibilmente gestisce spesso pazienti con piede diabetico ed una che ha minori contatti con questa tipologia di persona. È emerso che non ci sono evidenti differenze tra i due gruppi e questo dato induce a formulare due differenti ipotesi: la gravità della patologia viene a volte sottostimata o tali pazienti vengono preferibilmente presi in carico in centri specializzati. Un altro elemento interessante è che all’interno dello stesso reparto/servizio siano emerse differenze nella percezione che gli infermieri hanno circa la frequenza con cui viene gestito un paziente con questo tipo di problema, facendo sorgere il dubbio che questa procedura possa, a volte, venire attribuita agli operatori socio-sanitari (OSS) nonostante la sua delicatezza. Proprio per le gravi complicanze che questa sindrome può causare è fondamentale la formazione specifica per il suo trattamento e la prevenzione. L’aggiornamento dovrebbe comprendere diversi aspetti: l’uso dei disinfettanti idonei, il riconoscimento di segni e 45 sintomi di infezione, le localizzazioni tipiche delle ulcere, le caratteristiche della cute plantare del piede neuropatico, le varie tipologie di medicazione, la procedura per il prelievo del campione colturale, l’educazione al paziente riguardo l’autocura e l’ispezione del piede, il coinvolgimento attivo del paziente nell’adozione di stili di vita corretti e la scelta della calzatura idonea. Lo studio ha alcuni limiti di cui tenere conto. Limiti dello studio Il campione è limitato. Mancano dati oggettivi sul numero di pazienti con piede diabetico ricoverati in un anno per ciascun reparto: gli stessi sono stati distinti in due macro-categorie solo su base ipotetica. 46 BIBLIOGRAFIA AALAA M, TABATABAEI MALAZY O, SANJARI M, PEIMANI M, MOHAJERI-TEHRANI MR. Nurses’ role in diabetic foot prevention and care; a review. Journal of Diabetes and Metabolic Disorders 2012; 11:24. 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Nazionalità 4. 5. 6. a) Italiana b) Comunitaria Paese di provenienza_______________ c) Extracomunitaria Paese di provenienza_______________ Formazione specifica a) Diploma scuola regionale b) Diploma Universitario c) Laurea in Infermieristica d) Master (specificare) _______________ e) Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche f) Altro (specificare) ________________ Anzianità professionale in anni (o mesi se inferiore all’anno) a) mesi _______________ b) anni _______________ Servizio/Reparto di appartenenza: _______________ 55 7. Anzianità professionale presso l’attuale Servizio/Reparto in anni (o mesi se inferiore all’anno) 8. a) mesi _______________ b) anni _______________ Precedenti Reparti/Servizi dove ha svolto la professione infermieristica _______________ _______________ _____________ _______________ _______________ _____________ _______________ _______________ _____________ _______________ _______________ _____________ _______________ _______________ _____________ 9. Nell’attuale sede lavorativa le capita di gestire persone con piede diabetico? a) Ogni giorno b) Ogni settimana c) Ogni mese d) Raramente e) Mai 10. Nelle precedenti sedi lavorative le è capitato di gestire persone con piede diabetico? a) Si, spesso b) Si, raramente c) Mai 11. Ha partecipato a Corsi di Aggiornamento/Seminari/Convegni o altro per la gestione del piede diabetico? a) Si b) No 56 12. In questo momento come giudica la sua competenza rispetto la gestione del piede diabetico? a) Insufficiente b) Sufficiente c) Discreta d) Buona e) Ottima 13. Cosa indica la positività della manovra “probe to bone”? a) C’è una frattura patologica b) L’osso è esposto all’ambiente esterno c) È in atto un’osteomielite d) L’osso saggiato è osteoporotico e a rischio di frattura 14. Su quali punti del piede si appoggia il diapason nella valutazione della sensibilità vibratoria? a) Dorso dell’alluce e malleolo esterno b) Malleolo interno ed esterno c) Pianta del I e V metatarso d) Estremità libera di tutte le dita 15. Come si presenta la cute plantare di un piede neuropatico? a) Fredda e cianotica b) Assottigliata e desquamata c) Ipercheratosica d) Edematosa 16. Nel soggetto normale, è più elevata la PA sistolica alla caviglia oppure al braccio? a) Al braccio b) Sono uguali c) Alla caviglia d) Dipende dalla PA diastolica 57 17. Qual è una sede tipica delle ulcere neuropatiche? a) I malleoli interni b) La pianta della I e V testa metatarsale c) Il bordo del tallone d) Il dorso del tarso 18. Qual è il disinfettante ideale per le ulcere infette? a) Qualsiasi, purchè non colorato b) Mercurocromo c) Violetto di genziana d) Tintura rubra di Castellani 19. Come rimuovere le ipercheratosi perilesionali delle ulcere neuropatiche? a) Con cheratolitici chimici b) Con forbici smusse c) Con pietra pomice d) Con lama di bisturi 20. Quale dei seguenti è un segno di probabile infezione di un’ulcera? a) Eritema della cute circostante l’ulcera b) Presenza sul fondo della lesione di un essudato purulento c) Assenza dei polsi periferici d) a+b 21. Chi è abilitato a prescrivere le ortesi ad un paziente con piede diabetico? a) Il medico di famiglia b) Il capo distretto o un medico suo delegato c) Gli specialisti indicati dall’Azienda sanitaria di appartenenza d) Un medico legale 58 22. Con quale frequenza va sostituita una medicazione assorbente in poliuretano? a) Ogni giorno b) Ogni secondo giorno c) Ogni terzo giorno d) In base all’entità dell’essudato 23. Dove va prelevato il campione per esame colturale? a) Dal fondo dell’ulcera prima di detergerla b) Dal materiale di medicazione appena rimosso dall’ulcera c) Dal tessuto vitale presente sul fondo dell’ulcera dopo detersione d) Dal tessuto devitalizzato presente sul fondo dell’ulcera dopo la detersione 24. Quali sono le classificazioni più usate nella descrizione delle ulcere diabetiche? a) Armstrong b) Falanga c) Wagner d) a+c 25. Quando un paziente con piede diabetico va avviato subito in Pronto Soccorso? a) Quando accusa febbre elevata, prostrazione, disidratazione b) Quando l’ulcera non accenna a migliorare dopo due settimane di cure appropriate c) Quando la glicemia è superiore a 200 mg/dl d) Quando deve essere sottoposto a rivascolarizzazione 26. Quale delle seguenti non è una caratteristica desiderabile per le calzature di un paziente con piede diabetico? a) Fodera morbida b) Tacco di otto centimetri per la donna, di sei per l’uomo c) Assenza di cuciture all’interno d) Termoconformabilità della tomaia 59 RINGRAZIAMENTI Ringrazio la Relatrice Dott.ssa Loretta Caporale, che mi ha indirizzato con professionalità nelle varie tappe del lavoro, stimolandomi nella scelta e nella definizione dei contenuti, dandomi suggerimenti precisi e puntuali, dedicandomi attenzione, in un rapporto di collaborazione. Grazie al Correlatore Dott.re Pier Maria Miniussi, che con grande disponibilità ha messo a mia disposizione le sue competenze specifiche e soprattutto per avermi trasmesso una particolare motivazione rispetto al problema preso in esame. Grazie a tutti gli infermieri che hanno collaborato, dando risposta al questionario. Ho desiderio di ringraziare con affetto i miei genitori, mio fratello Gianmaria, i nonni e la nonna-zia, per il loro sostegno incondizionato e per essermi stati sempre vicini in questo percorso. Grazie anche a tutti i miei cari amici, in particolare ad Isabella, Tullio e Sara. 60