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Quantità di moto (p,q) Legame tra forza e quantità di moto, seconda

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Quantità di moto (p,q) Legame tra forza e quantità di moto, seconda
Quantità di moto (p,q)
Una massa in movimento richiama il concetto di inerzia. Da un punto di vista intuitivo pensiamo che i corpi pesanti
abbiano maggiori possibilità di conservare, rispetto a quelli di piccola massa, il loro moto dopo l’urto. Si pensi ad un
proiettile sparato a gran velocità che sia in grado di oltrepassare le pareti di un mezzo e di proseguire nel suo moto, cosa
che una massiccia palla di bowling non riesce a fare.
La massa – da sola- oppure la sola grandezza velocità non descrive quindi ciò che accade nei casi reali. Newton si riferì
quindi a ciò che chiamiamo quantità di moto: qualcosa che ha origine congiuntamente dalla velocità e dalla quantità
di materia. La definì quindi come: 𝑞⃗ = 𝑚 ∙ 𝑣⃗
𝑝⃗ = 𝑚 ∙ 𝑣⃗.
Si osservi che
𝑚
• la quantità di moto ha le dimensioni ML𝑇 −1, che l’unità di misura nel S.I.è 𝐾𝑔
𝑠
• È una grandezza vettoriale, direzione e verso coincidono con quelle di 𝑣
�⃗𝑇𝑂𝑇 = 𝑞⃗1 + 𝑞
• Se ho un sistema formato da 3 corpi,
𝑄
����⃗2 + 𝑞
����⃗3 = 𝑚1 𝑣⃗1 + 𝑚2 𝑣⃗2 + 𝑚3 𝑣⃗3
Esempio: confronto di quantità di moto: un atleta di 100 Kg corre in linea retta con una velocità di 4 m/s. Un
proiettile di artiglieria di 1 Kg esce da un cannone con una velocità di 500 m/s. Quale dei due corpi ha quantità di
moto maggiore?
Soluzione: Il proiettile, nonostante la massa sia molto minore.
Legame tra forza e quantità di moto, seconda legge di Newton
Sappiamo che una variazione di velocità (cioè un’accelerazione) presuppone l’intervento di una forza. Ma la quantità di
moto è direttamente proporzionale alla velocità, quindi una variazione di quantità di moto richiede l’intervento di una
forza F.
Originariamente N. espresse la sua 2^ legge della dinamica in termini di quantità di moto, non di accelerazione.
La forza esterna non equilibrata che agisce sul corpo è uguale alla rapidità di variazione nel tempo della quantità di moto
considerata.
∆𝑞�
𝐹� =
∆𝑡
Dov'è F e la forza media che agisce sul corpo nell'intervallo di tempo ∆𝑡 che risulta essere costante. Se ∆𝑡 tende a zero la
forza coincide con la forza istantanea.
Dimostrazione
𝐹 = 𝑚𝑎
Ma 𝑎 = e supponiamo che m si mantenga costante. Allora
(𝑣̅ − 𝑣̅0 ) 𝑚𝑣̅ − 𝑚𝑣̅0 𝑞� − 𝑞�0 ∆𝑞�
∆𝑣̅
=𝑚
=
=
=
𝐹� = 𝑚𝑎� =
∆𝑡
∆𝑡
∆𝑡
∆𝑡
∆𝑡
∆𝑣
∆𝑡
N. B. Una variazione della quantità di moto è indice del fatto che sul corpo sta agendo una forza.
Principio di conservazione della quantità di moto
Così come l'energia di un sistema si conserva in certe situazioni, anche la quantità di moto si conserva, permettendo di
risolvere molti problemi che si verificano in fisica.
Il principio di conservazione della quantità di moto è un altro di pilastri della fisica, usato sia quando si analizzano le
collisioni tra corpi, siano essi particelle subatomiche o automobili in corsa.
Quali sono le condizioni affinché la quantità di moto si conservi? Ovvero sotto quali condizioni Q è costante nel tempo?
∆𝑞�
Considero la seconda legge di Newton espressa in termini di quantità di moto: 𝐹� = ∆𝑡
• Se la forza agente su una particella è nulla,
𝐹� = 0�
da cui
∆𝑞� = 0
𝑞�𝐹− 𝑞�𝐼 = 0
𝑞�𝐹 = 𝑞�𝐼
𝑚𝑣̅𝐹 = 𝑚𝑣̅𝐼
𝑣̅𝐹 = 𝑣̅𝐼
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Questo risultato è in accordo con la prima legge di Newton: un corpo resta in quiete (𝑞� = 0) oppure in moto rettilineo
uniforme (𝑞� = 𝑐𝑜𝑠𝑡) a meno che su di esso non agisca una forza esterna.
�
�
�
• Anche nel caso di un sistema formato da più particelle (n), si ha: 𝑄� = ���
𝑞1 + ⋯ + 𝑞
���
𝑛 , ed anche 𝐹 = 𝐹1 + ⋯ + 𝐹𝑛 ed
anche in questo caso si può dimostrare che:
𝑄�𝐹 = 𝑄�𝐼 ovvero
la quantità di moto totale di un sistema si conserva se sul sistema non agisce alcuna forza esterna (non equilibrata)
oppure (altro enunciato):
la quantità di moto totale di un sistema isolato si conserva.
Così come della terza legge di Newton si può ricavare il principio di conservazione della quantità di moto, vale anche il
viceversa. La quantità di moto di un sistema si conserva se e solo se il sistema è isolato. La terza legge di Newton si può
considerare un possibile enunciato del principio di conservazione della quantità di moto.
Il principio di conservazione della quantità di moto è spesso un potente ed utile strumento di analisi di situazioni fisiche
riguardanti il moto. Appaiono infatti masse e velocità dei corpi del sistema (vedremo degli esempi).
Osservazione: quando – in un sistema isolato - si usa il principio di conservazione della quantità di moto, le 𝑞𝑖 delle
singole particelle possono variare ma, in assenza di una forza esterna, la risultante delle quantità di moto
𝑄𝑇𝑂𝑇 = ∑𝑁
𝑖=1 𝑞𝑖 non cambia.
Esempio: se nel sistema isolato costituito da n corpi (o particelle) inizialmente in quiete, quindi 𝑄𝑇𝑂𝑇 = 0, vengono
messe in moto come conseguenza dell'azione di forze interne al sistema, le 𝑞𝑖 quantità di moto delle singole particelle,
possono variare diventando 𝑞 ′ 𝑖 , ma la somma totale dev'essere ancora nulla: 𝑄 ′ 𝑇𝑂𝑇 = 0.
Seguiranno altri esempi.
Importanza del principio di conservazione della quantità di moto
È uno dei principi più importanti della fisica e viene ampiamente utilizzato per analizzare le interazioni tra corpi più
diversi, dal particelle subatomiche negli acceleratori di particelle ai corpi celesti, sino alle auto coinvolte in un incidente.
Si noti che per applicare il principio, il sistema dev'essere isolato.
Quindi, nell'analisi delle interazioni tra corpi occorre considerare le forze di corpi si scambiano e le altre forze esterne
che agiscono su di essi (forza di gravità, attrito) in modo che il sistema complessivo sia isolato.
In realtà, nella maggior parte dei casi, le forze che i corpi si scambiano tra di loro sono così intense che -limitatamente
all'intervallo di tempo molto breve in cui avviene l'interazione - si possono trascurare le altre forze esterne e trattare il
sistema come sistema isolato.
Gli urti elastici e anelastici
Dal punto di vista fisico un urto è un'interazione tra corpi in cui avviene uno scambio di quantità di moto di energia.
Si noti che questo avviene anche senza che i corpi vengano a contatto tra di loro.
Si pensi all'esempio di una cometa che arriva alla distanza minima dal sole. Essa si può considerare come un processo di
urto e lo si può analizzare applicando il teorema della quantità di moto.
Si è detto che lo studio delle interazioni tra i corpi di un sistema (quindi gli urti) è più semplice quando il sistema è
isolato in quanto
se il sistema è isolato si conservano sia la quantità di moto sia l'energia totale.
Sono esempi di sistemi isolati i sistemi di particelle (o palle da biliardo) implicate nei processi d'urto.
Non è detto però che si conservi l’energia cinetica totale.
Un urto in cui energia cinetica totale si conserva viene detto elastico, anelastico in caso contrario.
Sono esempi di urti elastici quelli che avvengono alla giostra, all’auto-scontro, mentre sono esempi di urti anelastici
quelli che si riscontrano in un incidente automobilistico.
Ovvero: dopo un urto elastico l'energia cinetica totale di tutti corpi del sistema (detta energia finale o 𝐾𝑓 è uguale
all’energia cinetica totale prima dell'urto (energia iniziale o 𝐾𝑖 ).
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K totale dopo = K totale prima
Kf=Ki
• Durante un urto elastico, una parte della Ki viene temporaneamente convertita in Uel allorchè i corpi che si urtano
sono parzialmente trasformati. Ma subito dopo aver raggiunto il massimo di deformazione, essi ritornano
elasticamente alla loro forma originaria e il sistema ha di nuovo la stessa K totale che aveva all’inizio. Attenzione
perché questo non significa che ciascun corpo, dopo l’urto, riacquista la stessa K che aveva prima dell’urto. In
generale, dopo l’urto i corpi cambiano le loro velocità quindi le energie cinetiche, ma la somma di tutte le energie
cinetiche dopo l’urto è uguale a quella prima dell’urto.
• Sono esempi di urti quasi perfettamente elastici le biglie d’acciaio o da biliardo, in cui ciascuna delle due biglie
coinvolte ha la stessa forma, sia prima che dopo l’urto (ovvero non si ha alcuna deformazione permanente né
dissipazione di energia).
• Durante un urto anelastico (un classico esempio è il caso di un incidente automobilistico), invece, l’energia cinetica
totale non si conserva. Questo avviene quando uno o due corpi si deformano in modo permanente, cioè non
tornano alla loro forma originaria, oppure quando si sviluppa del calore.
• Nel caso di urti anelastici il lavoro è svolto da forze non conservative e parte dell’energia cinetica viene dissipata (ad
esempio per compiere il lavoro di deformazione permanente nei casi degli incidenti stradali).
K totale dopo < K totale prima
Kf<Ki
Esempio: una sfera di acciaio piena urta una sfera cava di alluminio (che può subire delle ammaccature). Quest’ultima
subisce delle ammaccature il che significa che è stato svolto del lavoro per deformare la sfera in modo permanente.
Si noti che se il sistema è isolato, la quantità di moto si conserva sia se gli urti sono elastici sia se sono anelastici.
Esempi sul principio di conservazione della quantità di moto: una forza interna e la conservazione della quantità di moto
• Esempio: Consideriamo un sistema costituito da due blocchi di massa diversa tenuti assieme da una cordicella che
tiene compressa una molla. La forza elastica della molla è una forza interna al sistema e pertanto la quantità di moto
del sistema si conserva.
•
•
•
Esercizio: Supponiamo che una cordicella (di massa trascurabile) tenga assieme alle due estremità opposte di una
molla compressa (anch’essa di massa trascurabile) due corpi di massa 𝑚1 = 1 𝐾𝑔, 𝑚2 = 2 𝐾𝑔 . La corda viene
bruciata (forza esterna trascurabile) e due corpi si allontanano l’uno dall’altro su una superficie priva d’attrito, 𝑚1 si
𝑚
allontana verso sinistra con una velocità pari a 𝑣1 = 1,8 . Qual è, in modulo e verso, la velocità di 𝑚2 ?
(Soluzione: v2 = 0,9
𝑠
m
.
s
La velocità è nel verso positivo delle x, ossia verso destra)
Esempio: Un sistema costituito da due carrelli separati da una molla compressa e tenuti assieme da un filo, posti su
una rotaia a cuscino d’aria, inizialmente fermi, a contatto con i due estremi di una molla compressa possono essere
considerati un sistema isolato. Se si fa scattare la molla, i carrelli acquistano velocità in direzioni opposte e vale il
principio di conservazione della quantità di moto.
Esperimento illustrato: forze interne (e conservazione della quantità di moto?) Una persona su uno skateboard
può essere considerata un sistema isolato. Consideriamo un sistema costituito da due persone poste sopra due
skateboard differenti.
Nel caso di due persone sono pronte a spingersi a vicenda (a), le forze sono interne a questo sistema.
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Energia e quantità di moto negli urti anelastici
• Nel primo caso due palline di ugual massa si avvicinano l’una all’altra con velocità uguali ed opposte.
Le quantità di moto (sono vettori) sono uguali ed opposte. La quantità di moto totale (somma vettoriale) prima dell’urto
è zero (vettore). L’energia cinetica è una grandezza scalare, quindi non è nulla.
Dopo l’urto le palline restano attaccate e ferme, la quantità di moto totale è ancora nulla e resta invariata. Invece
l’energia cinetica totale è cambiata passando da un valore iniziale ad un valore zero.
K è quindi andata a finire nel lavoro svolto per provocare una deformazione permanente delle due palline (si ha quindi
una trasformazione di energia in lavoro).
Una piccola parte di essa può anche essere andata a finire nel lavoro svolto contro l’attrito (generando calore) o andata
perduta in qualche altro modo (esempio nella produzione di rumore).
• Anche nel secondo caso le palline restano attaccate dopo l’urto ma continuano a muoversi assieme.
Questi due sono esempi di urti completamente anelastici, in cui i due corpi interessati aderiscono l’uno all’altro ed
hanno la stessa velocità dopo l’urto.
In generale, in un urto che non sia completamente anelastico, dopo l’urto non accade che le due palline restino
attaccate tra di loro e si fermino oppure viaggino assieme. Esse possono, per esempio, rimbalzare in versi opposti con
velocità uguali tra loro, ma minori di quelle che avevano prima dell’urto.
Anche in questo caso la quantità di moto Q si conserva mentre K non si conserva.
Energia e quantità di moto negli urti elastici
nel caso di un urto elastico tra due corpi si verificano le condizioni:
conservazione di Q
conservazione di K
conoscendo le masse dei due corpi e le loro velocità iniziali, si possono ricavare le velocità finali (sistema di 2 equazioni
in 2 incognite).
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Il moto circolare e la misura dello spostamento angolare
Dagli atomi alle galassie, dai batteri alle ruote panoramiche numerosissimi corpi si muovono di moto circolare.
Parliamo di rotazione quando l’asse attorno a cui ruota il corpo considerato passa all’interno del corpo stesso, parliamo di
rivoluzione quando l’asse di rotazione è esterno al corpo.
Quando un corpo è soggetto ad un moto di rotazione attorno al proprio asse, tutte le particelle sono soggette ad un moto di
rivoluzione (percorrono traiettorie circolari concentriche attorno all’asse di rotazione del corpo (esempio: le particelle di un DVD che
ruotano attorno al centro del DVD, noi stessi “particelle” vincolate ad essere ancorate alla superficie terrestre.
Esercizio: mediante un goniometro un marinaio misura la lunghezza di una petroliera distante sotto forma di uno
spostamento angolare di 1°9’. In base ai cataloghi marittimi conosce la lunghezza della petroliera (150 m). Quanto dista?
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Cenni sui moti circolari
Prima di proseguire lo studio dei moti rotatori, ricordiamo alcune nozioni essenziali sul moto circolare.
Moto circolare uniforme
Relazione tra velocità tangenziale ed angolare, Periodo e frequenza
Accellerazione centripeta
La forza centripeta
Accelerazione angolare
Accelerazione media,
accelerazione istantanea,
accelerazione tangenziale,
equazioni della cinematica del moto circolare in analogia a quelle del moto rettilineo
Moto circolare uniforme
Consideriamo il moto di rotazione di un corpo attorno al proprio asse, si parla di moto circolare.
Questo moto si può descrivere tramite grandezze angolari in maniera analoga a quanto fatto per il moto rettilineo.
• Indicando con 𝜔
� il valore velocità angolare media (ovvero il rapporto tra il valore dello spostamento angolare
∆𝜃 = 𝜃 − 𝜃0 (misurato in radianti) e l’intervallo di tempo in cui tale spostamento si verifica, si ha:
∆𝜃 𝜃 − 𝜃0
𝜔
�=
=
𝑡
∆𝑡
• Il vettore velocità angolare media ha come direzione quella dell’asse di rotazione, come verso lo stesso di ∆θ
(anch’esso vettore), ovvero entrante nel piano della pagina se il moto avviene in verso orario, uscente se avviene in
verso antiorario.
• L’unità di misura è il radiante al secondo. Le dimensioni sono quelle di un tempo alla meno 1.
•
Si può definire la velocità angolare istantanea e poi la velocità angolare come 𝜔
�=
𝜃−𝜃0
𝑡
𝑠𝑒 𝜃0 = 0 si ha:
Moto rettilineo uniforme
v=cost
𝑠 = 𝑣𝑡 + 𝑠0
𝜔=
𝜔𝑡 = 𝜃 − 𝜃0
𝜃 = 𝜔𝑡 + 𝜃0
𝜃 = 𝜔𝑡
𝜃−𝜃0
𝑡−𝑡0
ovvero
(assumendo 𝑡0 = 0) , da cui
Moto circolare uniforme
𝜔 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (velocità angolare costante)
𝜃 = 𝜔𝑡 + 𝜃0
La relazione tra velocità tangenziale ed angolare è: 𝒗 = 𝒓𝝎
Questa relazione è valida in generale (non solo nel caso del moto circolare uniforme) tra i moduli della velocità
tangenziale istantanea e della velocità angolare istantanea. Tale relazione vale solo tra i moduli dei vettori 𝒗 ed 𝝎
infatti 𝒗 è tangente, punto per punto, alla traiettoria circolare mentre 𝝎 è perpendicolare al piano della traiettoria. Se
indichiamo con r il vettore posizione del punto, v è perpendicolare sia ad r che a 𝝎. Dalla regola della mano destra:
𝒗 = 𝝎˄𝒓 (prodotto vettoriale)
NOTA BENE: L’equazione 𝑣 = 𝑟𝜔 è valida anche per qualunque punto di un corpo rigido esteso che ruoti attorno ad un
asse di rotazione in modo che ciascuno dei suoi punti descriva una traiettoria circolare attorno a tale asse. Si noti
tuttavia che tutte le particelle di un corpo rigido che ruota con velocità angolare costante hanno la stessa velocità
angolare mentre la loro velocità tangenziale 𝑣 varia al variare della loro distanza r dall’asse di rotazione.
Si veda esercizio 8.3
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Il periodo e la frequenza
Sono altre due grandezze usate per descrivere il moto circolare, il periodo T è il tempo che un corpo impiega per
compiere un intero giro, l’unità di misura SI del periodo è il secondo. Strettamente connessa al periodo, la frequenza 𝝂,
ovvero il numero di giri ( o cicli) compiuti in un dato intervallo di tempo, in genere in un secondo. Si noti che giri o cicli
non sono unità di misura, sono quindi adimensionali. Le dimensioni sono quelle di un tempo alla meno uno. L’unità di
misura è l’hertz.
1
Relazione tra periodo e frequenza: 𝜈 =
𝑇
Relazione tra frequenza e velocità angolare: 𝜔 =
2𝜋
𝑇
= 2𝜋𝜈
Accellerazione centripeta
Il moto della Luna attorno alla Terra e di certi elettroni attorno al nucleo sono (con buona approssimazione) esempi di
moto circolare uniforme.
È un moto curvilineo in cui, pur restando costante in modulo, la velocità istantanea varia (perché varia la sua direzione,
pur restando costante in modulo e verso) e risulta punto per punto tangente alla traiettoria del moto.
Ma quali sono il modulo, la direzione e il verso della variazione di velocità, ovvero dell’accelerazione?
L’accelerazione di cui si parla non può essere nella stessa direzione e verso della velocità istantanea. Punta verso il
centro della traiettoria e prende il nome di accelerazione centripeta. L’unità di misura nel SI è il radiante al secondo
quadrato. In generale l’accelerazione angolare ha la direzione ed il verso della variazione della velocità angolare.
𝑣 2 (𝑟𝜔)2
𝑎𝑐 =
=
= 𝑟𝜔2
𝑟
𝑟
𝑣
𝑎𝑐 = 𝑣 = 𝑣𝜔
𝑟
𝒂𝒄= 𝝎˄𝒗
Esempio: un satellite per le compuncazioni si trova su un’orbita circolare intorno alla Terra, a quota h=500 Km. Se
effettua un giro ogni 95 minuti, con quale velocità tangenziale percorre la sua orbita? Qual è la sua accelerazione
centripeta?
(Soluzioni: 7,6 10^3 m/s; 8,4 m/s^2)
Forza centripeta: per causare un’accelerazione centripeta occorre che vi sia una forza centripeta (ricavata dalla
seconda legge di Newton): 𝐹𝐶 =
𝑚𝑣 2
,
𝑟
diretta verso il centro della traiettoria circolare. Non avendo componenti lungo la
direzioen della velocità, essa non compie lavoro e pertanto, per il teorema dell’energia cinetica, non provoca aumenti
dell’energia cinetica del corpo (e quindi non fa aumentare il modulo della sua velocità).
Accelerazione angolare
Un altro tipo di accelerazione che può comparire nel moto circolare è l’accelerazione angolare che esprime la rapidità di
variazione nel tempo della velocità angolare.
Nel caso del moto circolare, se è presente un’accelerazione angolare, il moto non è uniforme perché in tal caso variano
non solo la direzione e il verso ma anche il modulo della velocità tangenziale istantanea.
� la variazione in un
In maniera analoga al caso dell’accelerazione lineare, si definisce accelerazione angolare media 𝜶
intervallo di tempo ∆𝑡 della velocità angolare:
�
∆𝝎
�=
𝜶
∆𝑡
� è costante in ogni intervallo di tempo ∆𝑡, questo rapporto definisce l’accelerazione
Se l’accelerazione angolare media 𝜶
� non è costante in ogni intervallo di tempo, si definisce l’accelerazione angolare istantanea
angolare istantanea. Se 𝜶
come limite per ∆𝑡 → 0 dell’accelerazione media.
Se l’accelerazione angolare è costante e 𝑡0 = 0, si ha:
𝝎 − 𝝎𝟎
𝜶=
𝑡
𝝎 = 𝝎𝟎 + 𝜶𝒕
L’unità di misura nel SI è il radiante al secondo quadrato. In generale l’accelerazione angolare ha la direzioen ed il verso
della variazione della velocità angolare.
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Esempio: un cd che ruota
NOTA
Accelerazione tangenziale
Una relazione simile a quella tra la lunghezza dell’arco e l’ampiezza dell’angolo al centro, in radianti (l=r𝜃) oppure a
quella tra la velocità tangenziale ed angolare (𝑣 = 𝑟𝜔) esiste anche tra l’accelerazione tangenziale e l’accelerazione
angolare.
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L’accelerazione tangenziale è quella grandezza associata alla velocità tangenziale quindi il suo verso cambia
continuamente. Il modulo dell’accelerazione tangenziale 𝑎𝑡 e di quello dell’accelerazione angolare 𝛼 sono legati da un
fattore di proporzionalità r:
Quindi 𝑎𝑡 = 𝑟𝛼,
L’accelerazione tangenziale è quindi una grandezza vettoriale, la direzione è quella della tangente alla traiettoria, il suo
verso è quello della rotazione se assistiamo ad un aumento della velocità tangenziale, quello opposto in caso contrario,
il suo modulo: 𝑎𝑡 = 𝑟𝛼.
Il moto rotatorio
Corpi rigidi, traslazioni, rotazioni
Momento di una forza, equilibrio
Momento di una forza
Equilibrio di un corpo rigido
Dinamica del moto rotatorio
Momento d’inerzia e l’analogo della seconda legge di Newton per il moto rotatorio
Per una particella, per più particelle
Il momento angolare (momento della quantità di moto)
Il principio di conservazione del momento angolare
Corpi rigidi, traslazioni, rotazioni
L’analisi del moto traslatorio dei corpi è stata fatta considerando i corpi come puntiformi assumendo cioè che il moto di
un corpo possa essere descritto dal moto di una particella (punto materiale) situata nel centro di massa del corpo
(punto del corpo in cui, agli effetti di qualsiasi forza esterna, si può considerare concentrata tutta la massa del corpo).
Osservazione 1: Nel caso di un corpo solido, un metodo empirico per individuare la posizione del centro di massa
consiste nel determinare il punto in corrispondenza del quale il corpo può essere sospeso, oppure appoggiato, in modo
tale che, pur essendo libero di ruotare, esso si mantenga in equilibrio.
Osservazione 2: Si ricordi invece la definizione di centro di gravità di un corpo: come sappiamo infatti la massa e il peso
di un corpo sono direttamente proporzionali. Se un corpo ha massa M, il suo peso è Mg, dove g è l’intensità
dell’accelerazione di gravità. In realtà, la forza di gravità agisce su ciascuna delle particelle di cui il corpo è costituito ma
mosì com’è possibile definire il centro di massa come il punto che si comporta come se in esso fosse concentrata tutta la
massa, è possibile definire il centro di gravità o baricentro di un corpo, come il punto che si comporta come se in esso
fosse concentrato tutto il peso del corpo.)
Questa semplificazione consente di prescindere dalle dimensioni degli oggetti e di descrivere anche il moto dei corpi
estesi (corpi le cui particelle si muovono tutte con la stessa velocità e le cui forze applicate non causano alcuna
deformazione al corpo). Tali condizioni sono verificate nel moto traslatorio del corpo rigido.
Un corpo rigido è definito come un corpo in cui la distanza tra due punti resta costante.
Esempi di corpi rigidi sono il ghiaccio (mentre una porzione di acqua liquida non è un corpo rigido) e, con buona
approssimazione, la maggior parte dei corpi solidi può essere considerata un corpo rigido.
Obiettivo: descrivere il moto di un corpo rigido
I principali tipi di moti sono il moto traslatorio, rotatorio o una combinazione dei due (moto rototraslatorio).
Un corpo rigido si muove di moto puramente traslatorio quando tutte le sue particelle hanno la stessa velocità
istantanea.
•
16
Per descrivere il moto di un corpo rigido che si muove di moto traslatorio basta quindi descrivere il moto di un suo
punto qualsiasi (figura a).
Sia il centro di massa che tutte le altre particelle del corpo si muovono con la stessa velocitò istantanea.
Pertanto la descrizione del moto traslatorio si riconduce a quella del moto di un corpo puntiforme vista
precedentemente. Ovvero lo studio del moto traslatorio del corpo rigido è ricondotto allo studio del moto di un corpo
puntiforme.
• Quando un corpo ruota, tutti i suoi punti hanno uguali velocità angolari ma non tutti i suoi punti hanno velocità
lineari uguali (figura b). Il centro di rotazione ha velocità nulla, due punti diametralmente opposti sulla sfera hanno
uguali velocità in modulo, direzione ma non in verso!
Per la descrizione del moto rotatorio di un corpo rigido non possiamo più prescindere dalle dimensioni.
Solitamente il corpo rigido si muove di moto rototraslatorio (combinazione dei moti rotatorio e traslatorio).
Il tipo di moto rotatorio più semplice che si possa presentare è quello rotatorio attorno ad un asse fisso.
NOTA: i termini “rotazione” e “rivoluzione” non verranno usati come sinonimi. In generale useremo il termine
“rotazione” quando l’asse attorno a cui il corpo ruota passa per un punto interno al corpo (esempio la rotazione della
Terra attorno all’asse di rotazione terrestre), mentre parleremo di “rivoluzione” quando l’asse attorno a cui il corpo
ruota è esterno al corpo (ad esempio la rivoluzione della Terra attorno al Sole).
Momento di una Forza
Obiettivo: studio del moto del corpo rigido: moti rotatori o rototraslatori
Considero moti puramente rotatori. Così come nel caso del moto traslatorio, anche in quello rotatorio serve una forza 𝐹�
per provocare un cambiamento dello stato di moto, quindi serve una ∆𝑣̅ variazione di velocità.
Ma applicando una F ad un corpo rigido, non sempre si ha variazione di velocità di rotazione del corpo.
• Consideriamo infatti una pesante porta, supponiamo di volerla aprire (e quindi di volerla porre in rotazione attorno
ad un’asse passante per i cardini).
• Se applico una forza parallela all’asse di rotazione o lungo una retta che non intersechi l’asse di rotazione (quindi la
spinta appartiene al piano della porta), essa non ruota.
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Quindi per porla in rotazione, la retta d’azione
della forza F deve appartenere al piano della porta. Inoltre, la maggiore o minore facilità con cui si apre dipende
dalla distanza della forza dall’asse di rotazione. Rappresentiamo una porta
(nella figura sono forze perpendicolari e non è detto che siano sempre così). Cosa accade provando a spingerla da un
punto vicino ai cardini?
• Nel caso di un corpo vincolato a ruotare attorno ad un asse, se ad esso si applica una forza la cui retta d’azione r
(passante per il punto di applicazione di F, avente la direzione di F) e l’asse di rotazione appartengano allo stesso
piano, allora F non causa accelerazione angolare:
�
∆𝝎
�=
𝜶
∆𝑡
� che
• Ci serve una grandezza fisica vettoriale che chiameremo momento della forza rispetto all’asse di rotazione 𝑴
tenga conto quantitativamente dei fattori che provocano una variazione dello stato di moto rotatorio
o L’intensità della forza
o La distanza tra la retta d’azione di F e l’asse di rotazione del corpo.
Consideriamo il caso di una forza appartenente al piano, perpendicolare all’asse di rotazione (in generale potrebbe non
essere così).
La forza 𝐹� forma un angolo 𝜃 con il raggio 𝑟̅ , vettore che individua la posizione, rispetto all’asse di rotazione, del punto
di applicazione di F. Guardando dall’alto il disegno precedente:
La distanza di un punto O dell’asse di rotazione e la retta d’azione di F si misura in termini di “distanza minima”. Ovvero
proietto ortogonalmente O sulla retta d’azione di F, posso definire una grandezza vettoriale
�
𝑴 = 𝒓�˄𝑭
�
• Direzione: perpendicolare al piano formato da 𝑭 ed 𝒓� (ricordarsi di specificare cosa si intende per r…)
•
•
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Verso: regola della mano destra ( le dita si avvolgono attorno all’asse di rotazione nel senso in cui M tende a far
ruotare il corpo)
Modulo: 𝑴 = 𝒓⊥ 𝑭 = 𝒓 𝒔𝒊𝒏𝜽 𝑭
o 𝒓⊥ braccio della forza
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