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Obbligo di diligenza e fedeltà

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Obbligo di diligenza e fedeltà
Obbligo di diligenza e
fedeltà
Obbligo di diligenza
• Art. 2104. Diligenza del prestatore di lavoro.
• Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza
richiesta dalla natura della prestazione dovuta,
dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della
produzione nazionale. Deve inoltre osservare le
disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del
lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori
di questo dai quali gerarchicamente dipende.
Obbligo di diligenza
• Interesse superiore della produzione nazionale:
• Residuo della cultura giuridica corporativa, non è
utilizzabile ai fini della misurazione e valutazione
della diligenza del lavoratore
Obbligo di diligenza
• Interesse dell’impresa:
• Eco della cultura giuridica corporativa e delle teorie
organicistico – comunitarie dell’impresa
• Non si riduce all’interesse soggettivo dell’imprenditore
• Circoscrive la diligenza del lavoratore che è obbligato a
rendere una prestazione lavorativa che possa essere
utilmente inserita nell’organizzazione aziendale
• Es. della prestazione resa con sistematico, anche se lieve,
ritardo.
Obbligo di diligenza
• Natura della prestazione dovuta:
• È una specificazione del generale dovere di
correttezza e buona fede nell’adempimento delle
obbligazioni (art. 1175 c.c.)
• Declinazione dell’art. 1176, co. 2, c.c. “la diligenza
deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività
esercitata”
Obbligo di diligenza
Il grado di diligenza richiesta dall’art. 2104 cc
varia in relazione alla posizione del dipendente,
alla qualifica professionale, alle mansioni ed alla
loro natura, nonché al contesto ambientale in cui
tipicamente queste mansioni vengono adempiute
(Cass. 22/5/2000 n. 6664).
Obbligo di diligenza
L’obbligo di diligenza, invece, impone al lavoratore
di eseguire la prestazione – indipendentemente
dalle direttive impartite dal datore di lavoro –
secondo la particolare qualità dell’attività dovuta,
risultante dalle mansioni e dai profili professionali
che la definiscono (Cass. 27 settembre 2000 n.
12769).
Obbligo di fedeltà
• Art. 2105. Obbligo di fedeltà.
• Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per
conto proprio o di terzi, in concorrenza con
l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti
all'organizzazione e ai metodi di produzione
dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad
essa pregiudizio.
Obbligo di fedeltà
• Obbligazione accessoria a quella principale del
prestatore di lavoro che opera per tutta la
vigenza del rapporto di lavoro
• Opera anche durante i periodi di sospensione
del rapporto di lavoro (malattia, gravidanza e
puerperio, infortunio, cig e cigs).
Obbligo di fedeltà
• Si compone di due obbligazioni distinte:
• A) Obbligo di non concorrenza
• B) Obbligo di riservatezza
• Entrambe sono obbligazioni in negativo, cioè
impongono dei divieti al lavoratore diretti a tutelare
l’interesse del datore di lavoro (obblighi di
protezione) e la capacità competitiva dell’impresa
Obbligo di non
concorrenza
•
Il dipendente non deve trattare
affari, per conto proprio o di terzi,
in concorrenza con l'imprenditore
 Il divieto posto dall’art. 2105 cc
riguarda non già la concorrenza
che il dipendente, dopo la
cessazione del rapporto, può
svolgere nei confronti del
precedente datore di lavoro,
bensì quella illecitamente svolta
nel corso del rapporto di lavoro
attraverso lo sfruttamento di
conoscenze
tecniche
e
commerciali acquisite grazie al
rapporto stesso (Cass. 23/4/97
n. 3528).
Obbligo di non concorrenza
• Il dipendente non deve
trattare affari, per conto
proprio o di terzi, in
concorrenza con
l'imprenditore
 Per la violazione dell’art.
2105 cc. non è sufficiente
l’assunzione della carica di
Presidente del cda di una
società
con
oggetto
sociale analogo a quello
dell’azienda datrice di
lavoro, ma sono necessari
concreti comportamenti
lesivi
tenuti
dal
lavoratore (Trib. Milano
27 settembre 2001).
Obbligo di non concorrenza
•
Il dipendente non deve
trattare affari, per conto
proprio o di terzi, in
concorrenza con
l'imprenditore.
•
Storno dei dipendenti
 Secondo
l’orientamento
giurisprudenziale prevalente è
necessario che lo storno dei
dipendenti
avvenga
con
l’intento di nuocere ovvero di
danneggiare l’altrui azienda
ben oltre la semplice perdita
di lavoratori che passano alle
dipendenze
di
un
concorrente
(Cass.
n.
6712/1996) o, ancora, che
avvenga
utilizzando
le
specifiche
conoscenze
acquistate dai lavoratori nel
precedente
rapporto
di
lavoro (Cass. n. 6079/1996).
Patto di non concorrenza
Art. 2125 c.c.
• Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività
del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla
cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto
scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del
prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro
determinati limiti di oggetto, di tempo, di luogo
• La durata del vincolo non può essere superiore a 5 anni
se si tratta di dirigenti e a tre anni negli altri casi. Se è
pattuita una durata maggiore essa si riduce nella misura
indicata nel comma precedente.
Obbligo di riservatezza
• L’obbligo di riservatezza si distingue dal segreto
professionale o industriale sanzionato penalmente che
implica la diffusione di notizie che solo alcuni lavoratori
possono conoscere a causa dello svolgimento di
specifiche mansioni.
• Divieto di rivelare notizie conosciute dal rappresentante
dei lavoratori destinatario di obblighi di informazione e
consultazione: dura per tutto il mandato e fino a tre anni
dopo (art. 10 d.lgs 113 del 2012; art. 5 d.lgs. 25/2007; art.
8 D.lgs. 188/2005 sulla società europea)
Obbligo di riservatezza
• né divulgare notizie
attinenti all'organizzazione
e ai metodi di produzione
dell'impresa, o farne uso in
modo da poter recare ad
essa pregiudizio
 Viola
l’obbligo
di
segretezza il dipendente
che trasmetta notizie
riguardanti
la
partecipazione ad una
gara d’appalto dell’azienda
presso cui lavora ad altra
società
poi
rimasta
aggiudicataria dei lavori
(Cass. pen. 12/4/1985).
Invenzioni del lavoratore
•
invenzione di servizio (art. 64 D.Lgs . 30/2005)
•
SI ha nel caso in cui l’attività inventiva venga compiuta in
adempimento di un rapporto di lavoro che preveda l’attività
inventiva quale oggetto del contratto, ed a tale scopo statuisca una
specifica retribuzione.
•
In questo caso i diritti derivanti dall’invenzione spettano al
datore di lavoro, salvo il diritto spettante al dipendente di esserne
riconosciuto autore.
•
Si deve dimostrare che il datore di lavoro ha versato ai lavoratori
un corrispettivo in denaro per l’attività inventiva. Si rileva che la
mera corresponsione di una somma superiore alla media dei
lavoratori della categoria, o di cc. dd. “super minimi” non assolve
il detto onere (Cass. Civ. 1285/2006).
Invenzioni del lavoratore
• “invenzione aziendale”
• Si ha nel caso in cui il contratto stipulato tra le parti
non disponga un compenso a fronte dell’eventuale
attività creativa.
•
il datore ha diritto all’utilizzazione esclusiva
dell’invenzione, ma all’inventore, fatti salvi i diritti
morali, spetta un equo premio
Invenzioni del lavoratore
• “invenzione occasionale”,
• Si ha quando l’invenzione non sia correlata con le
mansioni svolte dal lavoratore, ma rientri nel campo
di attività dell’impresa.
• Al prestatore di lavoro spettano tutti i diritti, morali
e patrimoniali, derivanti dall’invenzione, mentre in
capo al datore di lavoro si ha un diritto di opzione
per lo sfruttamento industriale della stessa.
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