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La spedizione
fiumana
Antefatti
“Natale di
sangue”
Marcia di
Ronchi
Trattato di
Rapallo
Reazioni
del
governo
Nitti
Reggenza
italiana
del
Carnaro
Antefatti
Con la fine della Grande Guerra, dalle trattative di pace l'Italia ottenne le
terre di Trento e Trieste; ma una delle spinose questioni che fu a cuore a
milioni di italiani fu quella dell’annessione di Fiume e di parte della
Dalmazia come riconoscimento per gli immensi sacrifici di uomini e di
mezzi che il popolo italiano seppe sostenere durante la guerra.
Contemporaneamente Gabriele
D'Annunzio si recò a Roma per
tenere una serie di comizi in favore
dell'italianità di Fiume.
I discorsi infuocati del Vate
suscitarono soprattutto l'emozione
dei moltissimi giovani reduci che,
ritornati dalla guerra, erano
rimasti disoccupati; in particolare
insistette sul disonore della vittoria
mutilata, che induceva
un revanscismo delle aspettative
di carattere nazionalista.
Gabriele D’Annunzio
La marcia su Ronchi
« Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. [...] Quando, nella notte del 25
agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato,
non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il
cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i
morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! [...] L'Italia non è compiuta. In un
ultimo sforzo la compiremo. »
(Dalla lettera inviata a D'Annunzio da alcuni ufficiali dei Granatieri di Sardegna)
« Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume
con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è
possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile.
Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio »
(Così Gabriele D'Annunzio scriveva a Benito Mussolini: iniziava l'impresa di Fiume)
La reazione del governo Nitti
Francesco Saverio Nitti
Il governo italiano guidato
da Nitti ripudiò l'azione del Vate e
nominò Commissario straordinario per
la Venezia-Giulia Pietro Badoglio con il
compito di risolvere la situazione.
Il nuovo commissario straordinario,
come primo atto, fece gettare su Fiume
dei volantini in cui si minacciavano i
legionari di essere considerati disertori
e quindi di poter essere puniti dai
Tribunali militari.
L'ultimatum di Badoglio non fu accolto
e non ebbe alcun effetto. Nitti allora
decise di porre la città sotto assedio
impedendo l'afflusso di viveri.
Nel frattempo Mussolini avviò una
sottoscrizione pubblica per finanziare Fiume .
Intanto il 25 settembre tre battaglioni
di bersaglieri destinati all'assedio della città
disertarono e raggiunsero i legionari.
L'avvenimento spinse Badoglio a rassegnare le
proprie dimissioni, che furono però respinte.
Al fine di risolvere la situazione che si rendeva
sempre più esplosiva, Nitti acconsentì a tentare
una soluzione più diplomatica: a partire dal 20
ottobre 1919 cominciarono degli incontri tra
Badoglio e D'Annunzio, che però non
approdarono ad alcun accordo.
Così il 26 ottobre si tennero a Fiume le elezioni
che videro scontrarsi i due principali gruppi
politici: da una parte vi erano i fautori
dell'annessione di Fiume all'Italia, dall'altra
parte gli autonomisti; alla fine prevalse la lista
annessionistica con circa il 77% dei consensi.
Pietro Badoglio
Il nuovo governo italiano preparò un nuovo testo (definito Modus
vivendi), che consegnò a D'Annunzio il 23 novembre. Con questo
testo il governo italiano si impegnava innanzitutto a impedire che la
città potesse essere annessa al nuovo stato jugoslavo, e
successivamente ad ottenere per essa l'annessione all'Italia, o almeno
il conferimento dello status di “città libera” con relative garanzie e
statuto speciale.
« L'annessione formale, oggi è assolutamente impossibile. Però il governo
d'Italia assume solenne l'impegno e vi dà formale garanzia che l'annessione
possa avvenire in un periodo prossimo...Cittadini! Se voi rifiutate queste
proposte, voi comprometterete in modo fors'anche irreparabile la città, i vostri
ideali, i vostri più vitali interessi. Decidete! Decidete voi, che siete figli e i
padroni di voi e di Fiume, e non permettete, non tollerate che altri abusino del
vostro nome, del vostro diritto, e degli interessi supremi d'Italia e di Fiume. »
(Parte del testo del volantino affisso nottetempo sui muri di fiume per conto del governo italiano)
D'Annunzio rifiutò il testo reclamando l'annessione immediata.
Alceste De Ambris
Il 15 dicembre il Consiglio nazionale della
città di Fiume approvò le proposte del
governo italiano .
Gli elementi più accesi della popolazione e
dei legionari contestarono le decisioni prese
dal Consiglio arrivando anche a intimidire
gli elementi più moderati, pertanto si preferì
indire un plebiscito per decidere il da farsi.
Lo scrutinio iniziò la sera stessa, mostrando
un andamento nettamente favorevole
all'accoglimento delle proposte italiane, ma
allo stesso tempo legionari contrari alla
piattaforma proposta dal governo italiano
bloccarono lo scrutinio sequestrando anche
le urne. D'Annunzio decise allora di
sospendere lo stesso e di invalidarlo.
Di conseguenza Badoglio lasciò l'incarico, e a
lui subentrò il generale Caviglia.
Al contempo a Fiume divenne capo del
Consiglio nazionale Alceste De Ambris,
ex sindacalista rivoluzionario e interventista.
Reggenza italiana del Carnaro
La situazione di stallo in cui si trovava la città di
Fiume da ormai diversi mesi, e forse la rinuncia
ufficiale dell'Ungheria a ogni diritto sull'antico
possedimento, spinsero D'Annunzio a una nuova
azione: la proclamazione di uno stato
indipendente, ovvero la Reggenza Italiana del
Carnaro, proclamata ufficialmente il 12
agosto 1920.
L'8 settembre, pochi giorni dopo la proclamazione
dell'indipendenza, fu promulgata la Carta del
Carnaro.
La politica dannunziana a Fiume non fu univoca.
Se l'obiettivo di partenza era il ricongiungimento
di Fiume all'Italia in seguito, vista l'impossibilità
di raggiungere tale obiettivo, egli tentò di
costituire uno stato indipendente.
( Il 12 settembre fu presentato il vessillo del nuovo
Stato. Come atto di frattura la Reggenza fu il
primo stato a riconoscere ufficialmente l'Unione
Sovietica.)
Il Trattato di Rapallo
Nel frattempo il 12 novembre 1920 sia l'Italia sia
la Jugoslavia firmarono il Trattato di Rapallo, in
cui si impegnarono a garantire e a rispettare
l'indipendenza dello Stato libero di Fiume. Tutti
i partiti politici italiani accolsero favorevolmente
l'accordo stipulato; anche Mussolini e De
Ambris considerarono positivo il nuovo
Trattato.
Tuttavia D'Annunzio pochi giorni dopo decise di
rifiutare il trattato. Seguirono alcuni giorni di
frementi contatti ma, quando il Trattato di
Rapallo fu ufficialmente approvato dal Regno
d'Italia, il generale Caviglia risolse dando
l'ultimatum a D'Annunzio. Al rifiuto del Vate,
Fiume fu completamente circondata e, dopo 48
ore di tempo concesse per far evacuare i cittadini
stranieri, il mattino della vigilia di Natale fu
sferrato l'attacco.
“Natale di sangue”
Un primo attacco a Fiume fu sferrato la vigilia di Natale, che D'Annunzio
battezzò come il Natale di sangue.
Il 28 dicembre D'Annunzio riunì il Consiglio nazionale e si decise ad accettare
i termini del Trattato di Rapallo.
Il 31 dicembre 1920, al termine del Natale di sangue, vista la sconfitta,
D'Annunzio firmò la resa e da quel momento ebbe vita lo Stato libero di
Fiume.
Fiume verrà annessa a
tutti gli effetti allo stato
italiano solo nel 1924 dallo
stesso Mussolini.
Come nelle altre regioni
annesse, vi fu introdotta
una politica di
italianizzazione.
Realizzato
da
Gitto Giulia
e
Piccione Claudia
Classe V C
Fly UP