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A Capodanno brinda. Ma non saltare in aria

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A Capodanno brinda. Ma non saltare in aria
FOCUS: TERRA DEI FUOCHI, PARTE IL PROGETTO ECOFOODFERTILITY
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
distribuzione gratuita
Graphic designer Tony Baldini
Anno VIII - numero 11/12 - Dicembre 2013
DAMMI
IL CINQUE
A Capodanno brinda. Ma non saltare in aria
www.chiaiamagazine.it
IUPPITER EDIZIONI
OBLÒ
SOS CITY
Santa Maria Apparente
e le scale «rompicollo»
Riceviamo e pubblichiamo la
lettera del signor Giuseppe
Mammarella che ci scrive per
segnalare una serie di istanze
che, insieme ad altri circa duecento abitanti del quartiere, ha
inteso sottoporre al nostro
giornale.Tra i punti principali
del messaggio riportiamo «la
richiesta della realizzazione di
un passamano sulla rapidissima
salita Petraio, le cui scale sconnesse, dissestate e piene di buche,
comportano un gravissimo
disagio agli abitanti (tra i quali
sono presenti disabili, anziani e
madri con bambini piccoli)».
Mammarella segnala in particolare «il pericolo che si presenta
con le piogge, che trasformano le
scale in un vero e proprio fiume
in piena, capace di trasportare a
valle uomini e cose».
Il nostro lettore tiene a evidenziare anche lo stato di degrado
della «antica e bellissima ringhiera di ferro delle scale di via
Andrea Mariconda e di quella
posta sul marciapiede del corso
Vittorio Emanuele (all’incrocio
con via Pontano all’altezza della
scuola C. Poerio), entrambe
avvolte dalla ruggine».
Sempre sulla stessa strada viene
segnalata «a partire dal numero
civico 167 e fino all’altezza del
Parco Grifeo, una lunga fila di
alberi che i giardinieri e l’assessore si sono dimenticati di potare
e la presenza di alcune fossette
sul marciapiede sprovviste di
alberi che andrebbero dunque
ripiantati». Dalla lettera arrivata in redazione apprendiamo
anche «lo stato di degrado e
abbandono del marciapiede del
corso Vittorio Emanuele all’altezza dell’incrocio con via del
Parco Margherita che presenta,
oltre ad una pavimentazione del
tutto sconnessa, dissestata e
piena di buche, una serie di
panchine semidistrutte e con
pezzi mancanti, inadatte quindi
alla seduta». Mammarella e i
cofirmatari della missiva ci
segnalano inoltre «la presenza,
sulla suddetta area pedonale di
una decina di tabelloni pubblicitari comunali, in riferimento
ai quali - si suggerisce - di destinare le imposte ricevute alla
ristrutturazione dell’area su cui
incidono».
Un capitolo a parte della lettera
è dedicato alle scale di salita
Santa Maria Apparente (e
all’area pedonale antistante alla
omonima Chiesa Monumentale)
«che vengono ormai denominate
dai residenti “scale rompicollo” a
causa delle frequenti cadute a
cui sono soggetti i passanti e per
le quali si richiede un servizio di
pulizia da effettuare almeno
una volta al mese e l’intervento
di pattuglie di vigili urbani, al
fine di far sanzionare i possessori
di cani che imbrattano il suolo».
(2)
Degrado assurdo in via Torelli
Gentile direttore, nel denunciare il
degrado del mercatino di via Torelli, ho
giudicato assurdo l’accordo chiuso dalla
Municipalità per affidare la gestione
dell'area agli operatori ortofrutticoli,
poiché li avrebbe autorizzati a fare il loro
comodo senza che nessuno potesse dirgli
niente. E così è stato! Di giorno regna il
caos: autoveicoli e ciclomotori che gli
stessi operatori posteggiano all'interno
dell'area mercatale, marciapiedi ostruiti
da cassette della frutta e motocicli, aree
di vendita debordanti, nessun
registratore di cassa, igiene zero. Dalle ore
15, poi, al posto di essere area di
parcheggio con strisce blu, la zona viene
sequestrata, nell'indifferenza totale delle
istituzioni, dai parcheggiatori abusivi.
Tutto ciò è intollerabile, ma ancor meno
sopportabile è la latitanza della
Municipalità che appare, con la
concessione dell'area, essersi lavata le
mani da ogni responsabilità. Le immagini
parlano chiaro. Datevi una s-mossa!
PAOLO SANTANELLI
L’editoriale
Il cinepanettone di
Mizzi e le vite immaginarie.
In ricordo di Alvaro Mirabelli
BASSOLINO
In
questi giorni, mentre nella “cintura” urbana
di Napoli si sta consumando uno dei più scellerati disastri ecologici, che non possono non chiamare in causa le responsabilità politiche dei remoti consolati bassoliniani - (ripetiamo responsabilità politiche, non ci
interessano quelle giudiziarie perché le sentenze si rispettano, non si discutono, anzi è
meglio ignorarle) - stiamo assistendo a una delle farse più sconsolanti della Storia del Regno
di Napoli, delle Due Sicilie e dell’Italia Repubblicana. Al “cinepanettone” di Bassolino. Colui che
oggi avrebbe dovuto spiegare il flop politico, ripetiamo politico, sulla mancata difesa, tutela e vigilanza del territorio, anche in rapporto a quei due, tre cassonetti di ecoballe ancora giacenti nell’hinterland
se ne va a zonzo per la Campania, come un disincantato viaggiatore del grand tour, per presentare il suo ultimo libro dal titolo “Le Dolomiti di Napoli”. Roba, a prima vista, da “cinepanettone” natalizio, in realtà, il diario di uno scalatore che, dopo avere conquistato tante cime, si ritrova sorprendentemente a terra, nullatenente. E, dopo Equitalia, tiene a farlo sapere anche ai suoi “compagni di strada”. Abituato da sempre a “un
posto al sole” e mai all’ombra, a lungo maestro di scalate ai palazzi, di slalom nella lottizzazione di poltrone, di alta capacità nel “bob a due” con De Mita a Santa Lucia, sport tuttora pagati a caro prezzo dai contribuenti, Antonio Bassolino ora mira soltanto a tornare in pista. Non potendosi allenare, per intuibili
ragioni di sicurezza, nella “Terra dei fuochi”, perché lì la neve tossica gli ricorda la Siberia, ha scelto di allenarsi sulla neve artificiale, sparata in Campania e altrove da tanti “cannoni amici”.
Come quelli del Colle, il cui inquilino si è congratulato con lui per l’assoluzione nel processore dei rifiuti, dimenticando quando lo bacchettava per gli errori politici che
- assoluzioni o no - restano giganteschi quanto l’Himalaya.
Errori che nessuna sentenza potrà mai annullare.
pagina 3
Il paginone
Guerra pirotecnica: Napoli si prepara
alla scellerata tradizione dei fuochi
d’artificio. L’importanza della prevenzione.
pagine 4-5
Primo Piano
Terra dei fuochi, parte il progetto
di ricerca «EcoFoodFertility».
pagina 7
L’iniziativa
Ottaviano: Biblioteca Belfanti,
scienza da sfogliare.
pagina 11
Sollecitazioni
Questione meridionale e verità storiche:
perché non ci fu l’Unità d’Italia?
pagina 11
Quartierissime
Municipalità 1: nel 2014 un milione
di euro per strade e scuole.
pagina 15
L’evento
San Gennaro in mostra a Roma.
Un tesoro in trasferta.
pagina 22
Saper Vivere
I numeri di fine anno. Alcune giocate
al lotto tra ironia e curiosità.
pagina 27
n u m q u a m
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
Anno VIII n. 11/12- Novembre/Dicembre 2013
Direttore responsabile
Max De Francesco
Redazione
Laura Cocozza
Progetto e realizzazione grafica
Fly&Fly
h o r u m
l u x
c e d e t
Società editrice
IUPPITER GROUP S.C.G.
Sede legale e redazione:
via dei Mille, 59 - 80121 Napoli
Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666
www.iuppitergroup.it
Presidente: Laura Cocozza
Stampa
Centro Offset Meridionale srl - Caserta
SOS CITY
Max
De Francesco
Laura
Cocozza
Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005
Iscrizione al Roc n°18263
© Copyright Iuppiter Group s.c.g.
Tutti i diritti sono riservati
Per comunicati e informazioni:
[email protected]
Responsabile area web
Massimiliano Tomasetta
Pubblicità (Tel. 081.19361500)
Michele Tempesta (392.1803608)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
Si ringraziano Tony Baldini per cover
e fotomontaggi, e l’archivio Ruggieri
per le fotografie
Massimiliano
Tomasetta
Lancia il tuo Sos,
indica disservizi e
problemi del tuo
quartiere e proponi soluzioni per
rendere più vivibile
la città. Contiamo
su di te.
Le lettere, firmate
con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia
Magazine» - via
dei mille, 59
80121 Napoli, oppure alla e-mail
[email protected]
L’EDITORIALE
Mizzi e le vite immaginarie
Max De Francesco
Sono le 18.50. Solita giornata di
lavoro e rincorse. In redazione le
pagine di Chiaia Magazine sono pronte e corrette, stese sulla scrivania. Si
stampa verso le 23, manca alla chiusura di questo numero di dicembre solo
questa pagina. Una falena è tra i libri,
dopo essersi esibita in un giro della
morte attorno a un filare di neon caldi.
Fuori qualche clacson lontano, davanti a me la postazione in ordine di
Alvaro Mirabelli. Computer chiuso,
una cartellina arancione con un progetto di libro lasciato a metà, la sedia
vuota. Tra un’oretta chiameranno
dalla tipografia per sapere a che punto
stiamo con l’invio del giornale. Manca
l’editoriale. Quello che non avrei mai
voluto scrivere né pensare. Avrei voluto raccontare la farsa del Forum delle
Culture, desideravo soffermarmi sulla
«non sinistra» di Renzi e sulla «non
destra» di Alfano, avrei voluto occuparmi, come da consuetudine, delle
insidie e delle ‘nzirie di Napoli, dei
suoi amministratori che, come le luci
del presepe, mostrano, con sempre più
preoccupante frequenza, la loro etica
ad intermittenza. Avrei voluto. Ma ho
quella postazione dinanzi a me, quello
schermo buio e quella sedia fredda
che mi riempiono di vuoto. Sono
passati quasi due mesi da quando
Alvaro Mirabelli, per tutti Mizzi, se n’è
andato. Giornalista, editore, poeta,
viaggiatore e dandy: Alvaro era tanta
roba. Nel giro di un’estate un destino
balordo lo ha consumato come una di
quelle brevi cicche che fumava mentre
limava un periodo o provava a «vestire» un pezzo con il giusto titolo. Alvaro
somigliava a una sigaretta: testa accesa
e corpo smilzo. Era uno che s’incendiava con facilità perché dentro di sé
portava montagne di passioni. Ricordo
quando, per ingiusta causa, fui estromesso da un giornale cittadino, mi
telefonò e, con quella sua voce gentile
e formidabile, senza perdersi in scontati attestati di solidarietà mi disse:
«Massi, se fai una società io sto con te.
Facciamogli vedere a ‘sti coglioni cosa
vuol dire essere giornalisti». Passarono
meno di una ventina di giorni e con
lui, Laura Cocozza e altri amici-colleghi, fondammo la Iuppiter. Era il 5
dicembre 2002. Era un giovedì. Non
faceva freddo. Eravamo pronti per
quella bellissima avventura. Divenimmo così una famiglia: la redazione era
il nostro luogo di culto, la nostra ragione di vita, il nostro sogno, la nostra
libertà, il nostro pane. Il nostro respiro.
Non vi dico quante rogne si devono
affrontare quando si decide, un bel
giorno, di mettersi in proprio e rischiare la via dell’impresa. Vi dico, però, che
guardando stasera quella postazione
davanti a me senza il suo comandante,
sono felice di aver scelto quel giovedì
così lontano, la strada più stretta e di
aver vissuto Alvaro. Ricordo che chiudemmo il nostro primo giornale reclusi in una tipografia d’Agnano senza
riscaldamento, con il conforto di una
coca sfiatata e di un panino ricotta e
mortadella. Ricordo che quel periodico venne una meraviglia, ma il cliente
decise, per motivi inspiegabili, di non
pagarci. Ricordo che non fu facile
mantenere Alvaro. Ricordo quando,
dalla sera alla mattina, fummo costretti a lasciare la nostra prima sede e, in
una settimana riuscimmo, per una
favorevole combinazione, a trovare la
nostra nuova redazione a via dei Mille.
Quel trasloco fu straordinario: eravamo all’inizio e tutto quello che avevamo era un computer, tre faldoni di
progetti e una lampada scarlatta.
Stretti in auto c’era tutta la Iuppiter:
quella sera via Caracciolo era magicamente sgombra di auto e il cielo era di
una lucentezza notturna mai più vista.
Fianco a fianco per undici anni con
Mizzi. Giornate intere a credere in una
passione, a non demordere anche se
tutto sembrava venirci contro. Alvaro
c’era sempre. Metteva in gioco il suo
talento e la sua energia contagiosa.
Apparteneva a quella genìa di giornalisti lontana dai clamori, amante dell’ombra e del lavoro duro, nata e
formatasi per sistemare prose sghangherate, smontare e rifinire pezzi e
soprattutto consegnare al nume giornale articoli con la stoffa della chiarezza. Sono le 20 e 43. tra poco il giornale
va in stampa. Siamo «in chiusura»,
come si usa dire in gergo giornalistico.
Alvaro manca di brutto. Dava il meglio
di sé, scattante e fumante, quando la
tensione saliva, la tipografia pressava e
i tempi di consegna si riducevano.
Chiamava quei momenti, dopo aver
disegnato un sorriso e aver degustato
con rapida golosità un bel pezzo di
cioccolata, «la notte dei giornalisti
viventi». In quelle notti s’apriva, raccontando le sue tante vite, ricordando
i suoi viaggi brasiliani, la sua strana
lotta in India contro una scimmia che
voleva scippargli la borsa, i suoi dribbling con un pallone di pezza a Santa
Lucia, la sua movida quando aveva il
«Sinsemilla», uno dei locali più noti del
by night degli anni ‘80. S’apriva e così
«si chiudeva» il giornale. Non ci saranno più quelle notti.
La vita reale consegna, spesso, brutte
sorprese. Meglio «le vite immaginarie»,
quelle narrate da Marcel Schwob, uno
degli autori preferiti da Alvaro. Quelle
vite che hanno l’aroma dell’incanto,
sono sporche di sogni e non finiscono
mai. Stiamo per chiudere, Mizzi. Ci sei
anche tu. Ci sarai sempre. La falena
dorme. La tipografia non aspetta più.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(3)
IL PAGINONE
LA TRADIZIONE SCELLERATA
Guerra pirotecnica
Napoli è pronta per il rito dei fuochi d’artificio. Prepariamoci, come al solito, al
tragico bollettino di Capodanno. Un medico spiega l’importanza della prevenzione
C
hiaia Magazine è sensibile al problema
della «guerra pirotecnica» che infiamma
Napoli, puntuale, all’alba di ogni nuovo
anno. Per questo inaugura la campagna
«Dammi il cinque. A Capodanno brinda
ma non saltare in aria» e dedica due
pagine agli interventi di prevenzione
messi in atto nel capoluogo campano, dal
1995 ad oggi, per arginare i danni provocati dallo scellerato rito dei fuochi. La
ricostruzione è stata realizzata da Mariano Marmo (nella foto), responsabile del
Piano di Prevenzione lesioni da esplosione A.O.R.N. “A. Cardarelli” di Napoli.
Ogni anno, in occasione della notte di S.
Silvestro del 31 dicembre, si consuma in
quasi tutto il mondo industrializzato il
(4)
I NUMERI
Secondo i dati illustrati
da Antonio Merone,
responsabile Terapia
Ustioni Pediatriche
dell’Ospedale
Santobono di Napoli, il
48% dei pazienti colpiti
da lesioni da fuochi
d’artificio ha meno di
15 anni. L’80% delle
lesioni sono singole
(nei bambini: 31%
mano destra, 17%
mano sinistra, 23%
volto, 21% occhi). Tra i
danni più comuni
ustioni e ferite lacero
contuse (nei bambini:
15 % ustioni 1° grado,
28% ustioni 2° grado,
17% escoriazioni e
contusioni).
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
rito effimero di “festeggiare” l’inizio del
nuovo anno facendo esplodere centinaia
di tonnellate di materiale pirotecnico.
Si tratta di una usanza che in alcune
città, come Napoli, per motivi anche
storici, raggiunge livelli di esasperazione,
rivelando una evidente aggressività
interiore, mascherata dal rituale scaramantico.
Se nel passato la traumatologia da esplosione era tristemente nota in occasione
di eventi bellici, terroristici o di incidenti
industriali catastrofici, oggi le lesioni di
tal tipo sono invece caratteristiche nelle
deflagrazioni di materiale pirotecnico a
scopo ludico. Solo in Italia, nei giorni di
fine anno si registrano una media di 700900 feriti di gravità variabile e purtroppo
non sono rari i decessi.
È bene chiarire che la maggior incidenza
e gravità degli incidenti da esplosione
riguardano l’uso di materiale pirotecnico
clandestino, che per le modalità di confezionamento, di materiale usato e di
conservazione, risultano avere un enorme potenziale di pericolosità.
A ciò si aggiunge che i laboratori clandestini sono spesso situati in locali ricavati
da cantine, autorimesse o soffitte spesso
in condomini affollati. Non sono rare
perciò le tragedie da esplosioni di queste
“S. Barbara” che vengono puntualmente
registrate dalle cronache giornalistiche.
La “Sindrome di S. Silvestro”
Oltre ai casi clinici rappresentati da
pazienti con patologie cardio-respiratorie che affluiscono al pronto soccorso per
l’inalazione passiva di esalazioni di zolfo
combusto, vi sono le conseguenze più
varie delle esplosioni e delle ustioni
sull’uomo. Queste ultime sono quanto di
più eterogeneo possa avvenire e dipendono, come è intuibile, dalla distribuzione dell’ordigno, dal soggetto e dalla sua
posizione (parallela o perpendicolare),
nonché dagli oggetti posti nelle vicinanze che si trasformano a loro volta in corpi
contundenti, ed in ultimo, dal luogo in
cui è avvenuta l’esplosione (ambiente
chiuso o aperto). Peraltro è anacronistico
che lesioni caratteristiche degli eventi
bellici e della medicina militare siano invece riscontrabili proprio in
queste occasioni che dovrebbero essere di festa collettiva. Infatti, ciò
che si verifica più facilmente oltre alle ustioni, per le aumentate capacità dei composti esplosivi, sono i traumi a carico di organi “cavi” (trachea, polmone, stomaco, intestino e vescica) da onde d’urto chiamati
dagli anglosassoni “blast injury”.
Il ricco mercato dei botti
Quello dei botti clandestini è un giro di affari che in Italia vanta un
fatturato di 40 milioni di euro. I materiali non classificati sono i più
pericolosi perché contengono quantità di esplosivo professionale senza
osservare alcuno standard di sicurezza codificato e condiviso: ogni
botto è quindi un oggetto esplosivo a sé, ad alto potenziale lesivo che
riproduce, con la propria carica di esplosivo, un nome, in quel periodo
favorevole, ad attirare l’attenzione e l’immaginifico collettivo. (pallone
di Maradona, bomba Taricone, bomba “la finanziaria”, bomba Lecciso,
bomba Ratzinger, bomba Monti).
L’A.O.R.N. “A. Cardelli” di Napoli e la prevenzione delle lesioni
Dal 1995, un gruppo di anestesisti-rianimatori dell’A.O.R.N. “A. Cardarelli”, prendendo atto dell’entità del grave fenomeno iniziò, per primo,
una campagna dissuasiva rivolta al pubblico che aveva accesso come
pazienti ed accompagnatori presso l’ospedale. L’anno successivo il
piano di prevenzione fu rivolto alle scuole dei quartieri che avevano
registrato il maggior numero di feriti tra la popolazione infantile. In
quell’occasione fu coniato un simbolo propagandistico a fumetti che
ebbe notevole successo. Tale intervento fu effettuato con la collaborazione, questa volta, anche di colleghi ortopedici, oculisti, chirurghi
vascolari ed otorini, specialisti questi chiamati sempre in causa negli
eventi del 31 dicembre. Tale opera di prevenzione fu effettuata sempre
nelle ore libere di lavoro.
A tale iniziativa si affiancò nel 1996 il patrocinio del quotidiano “Il
Mattino” di Napoli che accettò di riprodurre in stampa 10.000 copie di
un manifesto dissuasivo di nostra progettazione. Si ottenne, nel contempo, una capillare rete organizzativa da parte dell’ufficio stampa
dell’azienda ospedaliera che ha dato negli anni ampia divulgazione alla
stampa cittadina e nazionale, nonché ad organi televisivi d’informazione. Con l’avvicinarsi dell’anno 2000, l’iniziativa fu amplificata con la
presenza dei Nuclei degli Artificieri dell’Arma dei Carabinieri e della
Polizia di Stato. L’opera di dissuasione ha sempre contemplato la creazione, anno dopo anno, di materiale propagandistico, autofinanziato da
ciascun medico implicato. Dal 1995 al 2012 sono state visitate più volte,
nei 17 anni del piano di prevenzione, 125 scuole medie dei quartieri più
colpiti da questa deteriore tradizione con un coinvolgimento di una
popolazione studentesca di 68000 unità di età compresa tra i 9 e i 14
anni. L’impatto emotivo dei giovani studenti è stato generalmente
uniforme. È opinione congiunta di medici, Carabinieri ed artificieri
della Polizia di Stato che non vi sia stata una reazione negativa alle
immagini cruente presentate; nella maggior parte dei casi forte è stata
la curiosità, pochi episodi di sfida e/o di ostruzionismo, molti i casi in
cui la conoscenza del danno fisico era argomento già tristemente conosciuto per esperienze vissute da familiari o da amici. I risultati ottenuti
durante i 18 anni di attività di prevenzione presso le scuole cittadine, ed
anche presso alcune della provincia di Napoli, hanno determinato una
tangibile flessione del numero dei feriti nella popolazione adulta ed
infantile. Infatti, non è trascurabile l’impatto che i giovani studenti
hanno successivamente svolto tra gli adulti, spesso involontari vettori
di scelte ludiche deteriori.
CHIAIA MAGAZINE •NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(5)
(6)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
PRIMO PIANO
SALUTE&AMBIENTE, PARTE IL PROGETTO ECOFOODFERTILITY
Prima del territorio va bonificato l’uomo
Livia Iannotta
Nella Terra dei fuochi la
parola cancro raggela quanto
camorra. Tanto che si preferisce nasconderla sotto quella,
più generica e meno spaventosa, di “malattia”. È il male
che non risparmia, che consuma, che strappa brutalmente alla vita adulti e bambini più di ogni altro luogo in
Italia. La causa la conoscono
tutti. Ma a dimostrarlo non
c’è niente. Nulla, per ora, che
attesti scientificamente come
la pratica criminale di far
ingoiare alla terra tonnellate
di rifiuti tossici stia lentamente uccidendo l’area a nord di
Napoli e il basso casertano.
È per questo che nasce «EcofoodFertility» (www.ecofoodfertility.it), il progetto di
ricerca messo a punto da
Luigi Montano (nella foto),
dirigente medico responsabile dell’ambulatorio pubblico
di Andrologia della Asl di
Salerno presso l’ospedale di
Oliveto Citra. Due anni di
ricerca con l’obiettivo ambizioso di individuare, su base
scientifica, la correlazione tra
inquinamento ambientale e
incremento di varie patologie
(in particolare tumorali) che
si registra nel cosiddetto
“triangolo della morte”. La
risposta verrà data dall’analisi degli spermatozoi che,
come spiega Montano, per la
facile reperibilità e l’alta
sensibilità agli inquinanti
ambientali, sono considerati
bioindicatori “ideali” del
danno ambientale e sentinelle attendibili della stato di
salute dell’uomo. Il sospetto è
che le sostanze chimiche
(come metalli pesanti, diossine, idrocarburi, ecc.) che
infettano da oltre vent’anni
ambiente e alimenti, riduca-
no qualità e quantità degli
spermatozoi e ne modifichino il DNA. «Tramite tecniche
d’indagine innovative - spiega Luigi Montano - intendiamo verificare se l’ambiente in
cui viviamo e le abitudini
alimentari agiscano negativamente sul seme maschile e in
che misura». Il progetto di
ricerca prevede, in una prima
fase, la selezione di 1800
uomini di cui 300 celiaci (tra i
20 e i 40 anni), residenti da
almeno 10 anni in tre diverse
aree della Campania ad alto
(area di Acerra, Na), medio
(area di Sant’Agata dei Goti,
Bn) e basso (area di Oliveto
Citra, Sa) indice di pressione
ambientale, perfettamente
sani, non fumatori, non
bevitori. I soggetti saranno
sottoposti a visita uroandrologica, alla valutazione delle
abitudini di vita, alimentari,
all’analisi tossicologica nel
sangue e nel seme e all’analisi del DNA spermatozoario.
Ma non è tutto. Il progetto
mira anche a sperimentare
un nuovo metodo di prevenzione basato sulla nutraceutica, ovvero la somministrazione di alimenti che, avendo
una funzione benefica sul-
l’organismo umano, possono
curare e prevenire determinate patologie. «Nella seconda fase - aggiunge Montano i soggetti a rischio potranno
seguire diete personalizzate,
con precisi indirizzi nutrizionali e disintossicanti. Prima
ancora della bonifica del
territorio, per cui sono necessari milioni e molti anni, è
particolarmente urgente, ma
soprattutto possibile, una
bonifica dell’uomo». Sostenuto dai CNR di Avellino,
Napoli e Roma, dall’Università di Torino e da aziende
sanitarie pubbliche, EcofoodFertility è un progetto “aperto”, partecipato, che vedrà
coinvolte anche le associazioni campane sensibili alle
tematiche dell’ambiente, tra
cui Legambiente, Coldiretti,
Wwf, Medici per l’Ambiente.
«Il nostro - ha chiarito Montano - è un progetto altamente scientifico e civico che ci
vedrà in prima linea per dare
ai territori colpiti da calamità
ambientale più certezze e più
possibilità di cura. Per questo
partirà una campagna di
sensibilizzazione, comunicazione e ricerca di fondi per
avviare subito il progetto».
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per ogni necessità,
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OAM 227 IVASS E000397367
SEDE LEGALE:
VIA CARLO DE CESARE, 64 • 80127 NAPOLI
WWW.WORLDAGENCY.IT
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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(8)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
RICORDI
TRIBUTO AD ALVARO MIRABELLI
TRIBUTO A FASOLINO
«Era un grande signore, giornalista Com’è triste piazza dei
di razza, persona bella e giusta» Martiri senza Marcello
Nel mese di ottobre è venuto a
mancare Alvaro Mirabelli,
fondatore della Iuppiter
Group, direttore di Chiaia
Magazine dal 2006 al 2009,
giornalista di razza sempre
controcorrente, artefice di
meravigliose inchieste e
memorabili ritratti. Ma
Alvaro era soprattutto un
amico autentico e fraterno. In
questa pagina abbiamo
voluto raccogliere alcuni
ricordi e pensieri che ci sono
arrivati in redazione. Nel
2014 inaugureremo una
collana editoriale, che porterà il suo nome, dedicata
all’arte e al giornalismo, le
sue più grandi passioni.
di stacanovismo, rispondeva
da uomo semplice e modesto,
quale era: «Questo è il mio
compito, stare sempre qui a
lavorare» e nella voce non
aveva alcuna inflessione
particolare che potesse far
trasparire uno scontento. Era
gentile e generoso, ma soprattutto buono. Mi diceva:
«Quando ricevo un tuo articolo, lo passo senza alcuna
correzione, è sempre scritto
bene». Il più grande complimento che ho ricevuto nella
mia vita di scrittore-dilettante. Sarà molto difficile dimenticarlo. Addio, Alvaro, un forte
abbraccio!
FRANCESCO IODICE
***
La scomparsa di Alvaro mi ha
procurato un dolore profondo
ma profonda è la gratitudine
per aver trascorso anni in
compagnia di una persona
bella e giusta. Giornalista
puntuale e raffinato, non
privo di mordace ironia che
ha offerto, con i suoi scritti ed
i suoi servizi, una energica
riflessione sul rapporto tra
esistenza e scrittura. Una
volta mi disse: «Si scrive
perché si ha paura della
morte o si scrive piuttosto
perché si ha paura della vita?».
Alvaro è stato un ottimo
compagno di viaggio, capace
di ascoltare, consigliare e
caricare di senso quella cosa
di per sé insensata come
l’esistenza. Mi mancherà
moltissimo.
AURORA CACOPARDO
Alvaro Mirabelli era uno di
quegli eroici colleghi che si
era conquistato popolarità,
stima, affetto e ammirazione,
lavorando nelle cambuse.
Collega di profonda cultura e
di impareggiabile umanità,
libero, indipendente, mai
servile o alla ricerca di potere,
spesso anche scomodo in
ragione di tale carattere,
refrattario ad ogni sorta di
compromesso, “Mizzi” scelse
di proposito di lavorare nell’ombra, dove riteneva vi fosse
maggiore compatibilità con le
proprie idee, soprattutto la
sua coscienza, il suo stile di
vita, avido di ogni sorta di
esperienza e appagato solo da
una inesausta curiosità. Era
semplicemente un grande
uomo e un imbattibile giornalista.
ALDO DE FRANCESCO
***
Di Alvaro ho ancora presenti
gli occhi chiari, il viso sereno e
lo sguardo dolce. Era un
presenzialista: tutte le volte
che telefonavo rispondeva
quasi sempre lui. Quando mi
recavo in redazione, era
sempre al lavoro al computer
e alla mia scherzosa “accusa”
***
L’Ordine provinciale dei
Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri di Napoli esprime
alla figlia Sveva, al fratello
Massimo, alla famiglia e agli
amici più cari la più sentita
vicinanza per la scomparsa di
Alvaro Mirabelli, giornalista
straordinario, persona gentile
e pulita, per anni collaboratore dello staff di comunicazione dell’ente ordinistico. Mirabelli, co-fondatore della
società di editoria e comunicazione Iuppiter Group, ha
seguito, con professionalità
ed estrema efficienza, gli
eventi dell’Ordine, contribuendo all’elaborazione del
Bollettino. Ricordiamo con
affetto vero e stima profonda
il suo encomiabile lavoro
nella stesura di una cospicua
parte dei testi del libro del
Centenario dell’ente ordinistico. Se il volume celebrativo
“Medici napoletani” ha avuto
un meritato successo, lo si
deve anche all’opera, sempre
lontana dai clamori, di Alvaro
Mirabelli e alla sua indiscutibile e sorprendente arte nello
scrivere.
ORDINE DEI MEDICI DI NAPOLI
***
Alvaro era un vero amico. Un
grande signore, un giornalista che non retrocedeva mai,
forte della sua passione e di
quella tenacia classica in chi
vive controcorrente. Mi
mancheranno le sue chiacchierate, i suoi racconti
passionali, la sua figura di
dandy che scendeva per via
Chiaia con andatura danzante e la scia fumante di
un’eterna sigaretta.
A ottobre è venuto a mancare Marcello Fasolino,
imprenditore napoletano
di indole vulcanica e passioni infinite. Con Chiaia
Magazine e con la Iuppiter
Edizioni ha collaborato a
lungo, con i suoi articoli
pungenti e soprattutto
pubblicando due opere di
narrativa: il romanzo
«Napoli ultima chiamata»
(vincitore del Premio Rea) e
la raccolta di elzeviri «Il
quinto leone». Marcello era
un vero amico e soprattutto un uomo pieno di sorprese.Un leone nella vita e
nel lavoro. Pubblichiamo
un breve ricordo di Aldo De
Francesco, uno dei suoi
amici più cari.
NINO DE NICOLA
***
Alvaro Mirabelli non l’ho mai
visto triste. Per me era «’o
direttore» e quando lo incontravo gli segnalavo tutte le
cose che non andavano in
città. Le sue inchieste erano
davvero belle e documentate.
Era un giornalista libero e mai
servile. Aveva una cultura
immensa e una chiarezza
nello scrivere come pochi. Ci
mancherà davvero molto.
ANTONIO POSTIGLIONE
***
Mancheranno in ufficio i
nostri «processi del lunedì»
Con Alvaro era uno spasso,
infatti, parlare di calcio e di
quella inguaribile passione
per il Napoli. Non c’era giorno
in cui non discutevamo di
moduli, calcio mercato e
soprattutto ricordavamo i
tempi eroici del grande Maradona. Era una persona speciale, un lavoratore straordinario e un uomo sempre
positivo e amante della vita.
FRANCO MORANO
E ALFREDO PAPACCIO
Com’è triste piazza dei
Martiri senza Marcello.
Sono passati quasi due
mesi dalla scomparsa di
Marcello Fasolino e il suo
ricordo, sempre vivo, non
può non legarsi a a questa
piazza, ribalta quotidiana
della sua “napoletanità”
positiva”, generosa, concreta e travolgente. Passandovi, è questo il verso
struggente che si sente
dentro, come un caro,
tenero e memore “refrain”, chi gli ha voluto
bene e lo ha conosciuto. E
sono tanti, larga parte
della nostra città.
Era qui che preferiva
incontrarsi: questo il suo
“atelier” all’aperto, anche
sotto il sole a picco.
Ci veniva ogni giorno,
anche due volte, per una
“pausa caffè” relax alla sua
frenetica attività di imprenditore senza confini
con studio alla Riviera ma
anche alla ricerca di spunti utili, preziosi alla ritrovata vena di narratore,
accantonata in gioventù
Era un ineguagliabile
osservatore, un
ottimista che lasciava
dovunque il segno
della sua personalità.
È impossibile
dimenticarlo: egli
continuerà a vivere
per quanto ha fatto
e si è donato.
per dimostrare che quello
che si fa al Nord si può
anche fare al Sud. E a lui
riuscì di fare, sconfessando le dicerie degli untori
antimeridionalisti.
Fu in questa piazza, davanti al Monumento ai
Caduti, con il gruppo
scultoreo dei quattro leoni
di marmo, metafore di
altrettante rivoluzioni di
Napoli, che Marcello, da
artista dell’anima, colse
l’immagine, o meglio,
l’auspicato avvento di un
“quinto leone”, quale
decisivo risolutore dei
problemi di Napoli, divenuta ormai una ingovernabile giungla. Un’immagine mentale che diede il
titolo alla omonima raccolta dei suoi accorati
elzeviri. Marcello era un
ineguagliabile osservatore,
un ottimista che lasciava
dovunque il segno della
sua grande personalità.
Passeggiava e si interrogava, conversava e programmava futuro, lavoro, in
una città dove la glorificazione del passato serve da
sempre a coprire, nascondere le inerzie di un presente da resto di niente.
È impossibile dimenticarlo: egli continuerà a vivere
per quanto ha fatto e si è
donato.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
L’INIZIATIVA
OTTAVIANO, LA SCOPERTA
Biblioteca Belfanti, scienza da sfogliare
Luciana Ranieri
I tesori nascosti sono quelli
più preziosi e rari e l’odore dei
libri antichi arricchisce la scoperta. Si tratta della Biblioteca
Scientifica “Serafino Belfanti”
(nella foto) dell’Istituto Sieroterapico Milanese che è custodita, quasi come un cimelio di famiglia, nella sede di Ottaviano
della Svas Biosana (via Genio
Militare 40), azienda leader nella produzione di dispositivi medici di vario genere, punto di riferimento in Italia e all’estero
per il settore sanitario. L’attenzione della Svas e dei suoi dirigenti verso il progresso scientifico e culturale ha spinto nel
1995 all’acquisto della Biblioteca andata all’asta a causa del
fallimento della società che la
gestiva. Ovviamente l’azienda
napoletana non era l’unica interessata all’acquisto pregiato,
oltre a diverse società del medesimo settore, c’era infatti anche il Comune di Milano in “gara” per l’importante acquisizione. La Svas Biosana è riuscita
quindi ad ottenere l’intera collezione di libri, compresi i mobili che li contenevano, che in
seguito ad un accurato restauro sono stati trasferiti nelle sede
di Ottaviano. L’azienda, per
ospitare il prezioso patrimonio,
ha creato ampi spazi all’interno
dei locali presenti nel sito della
medical division (circa 650 mq),
avendo cura di far rivivere e preservare l’originario contesto.
La Biblioteca “Serafino Belfanti” consta di circa 30000 volumi
riguardanti argomenti che vanno dalla biologia alla chimica
alla medicina, divisi tra periodici, riviste, scritti e manuali.
L’importanza storica della biblioteca non è costituita tanto
dal numero dei volumi, piutto-
sto dalla specificità degli argomenti, si tratta infatti di una biblioteca esclusivamente scientifica. Ed è proprio questo che le
conferisce un valore aggiunto. I
volumi sono divisi secondo periodi storici, dalle cosiddette
“Seicentine” fino a collane più
attuali ed ancora di grande rilievo per gli studi in medicina. Si
annoverano tra i più importanti i testi di Agostino Bassi, Camillo Golgi e Ulisse Aldovandi.
Accanto agli scritti in italiano, e
talvolta anche in un italiano più
arcaico, è possibile trovare libri
in francese, tedesco, inglese e
latino, alcuni di questi vantano
anche annotazioni a margine
dello stesso Belfanti. La Biblioteca apparteneva in origine all’Istituto Sieroterapico Milanese, di cui fu promotore e poi
fondatore e dirigente Serafino
Belfanti (Castelletto Ticino 1860
- Milano 1939), che laureatosi
in medicina all’Università di Torino, fu un illustre immunologo
e docente in batteriologia e dedicò tutta la sua vita a questa
istituzione. I gruppi di lavoro
dell’I.S.M. iniziarono le loro ricerche sulla base dei lavori precedenti alla fondazione avvenuta nel 1896, inerenti il bacillo del tetano, per poi spostare
l’interesse su studi più moderni, ovvero sulla natura dell’antitossina difterica, e sullo studio
degli enzimi. L’I.S.M. fu fondato per iniziativa della Società
Medica lombarda e per le offerte di corpi morali e di privati cittadini, ed ebbe per oggetto di
provvedere direttamente alla
preparazione di sieri, vaccini e
prodotti biologici in generale, a
scopo medico e tecnico, e di
promuovere gli studi relativi. La
spinta che portò alla nascita di
questo istituto fu la necessità
che fosse prodotto il siero im-
munizzante antidifterico. Serafino Belfanti fu divulgatore di
scienza cooperando con medici, farmacisti, biologi, ma soprattutto egli ha lasciato la sua
indelebile impronta con le pubblicazioni bibliografiche del
“Bollettino della sezione italiana della Società internazionale
di microbiologia” e ancora con
la “Rassegna di bacterio-opo e
sieroterapia” dalla quale prese
origine la “Biochimica e terapia
sperimentale”, rimasta al Sieroterapico fino al 1915. Belfanti fu membro delle Accademie
Mediche, membro e vice presidente del Real Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Grande
Ufficiale della Corona d’Italia,
Cavaliere del Lavoro e fu nominato Senatore del Regno nel
1934. Una valido contributo alla scienza è stato dato dall’istituto con oltre trecento pubblicazioni di studi e ricerche, di cui
quasi un centinaio per opera
personale del direttore Belfanti, oggi anche questi testi sono
presenti nella biblioteca sita nei
locali della Svas Biosana.
L’azienda ha intenzione in futuro di rendere fruibile questo
patrimonio, nel frattempo la biblioteca è visitabile contattando
il numero 081/5289823.
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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SOLLECITAZIONI
PERIFERIE, ETERNE
DIMENTICATE
Dall’agenda dell’amministrazione comunale
“arancione” sono sparite le periferie: si sparla
tanto di lungomare, di piste ciclabili e ZTL,
mentre si dimentica che nelle aree poste ai
margini della città si sopravvive tra mille difficoltà. Dopo i proclami e le promesse, si registra
il nulla e, dato ancora più sconfortante, la
gente è stanca di protestare, di organizzare
cortei in difesa dei propri diritti. «La nostra
situazione è paradossale», ha evidenziato
Angelo, giovane volontario dell’area nord, «per
anni si è dato spazio a presunti comitati e
associazioni, tutte legate alla sinistra, dimenticandosi di chi non aveva santi in paradiso».
Una questione limite che si rispecchia soprattutto nella periferia a nord di Napoli: quartieri
come Scampia, Secondigliano, Miano e Piscinola sono abbandonati. La gente è stanca delle
solite tavole rotonde, dei concerti e delle manifestazioni che, sino a oggi, hanno prodotto il
nulla. La realtà è ben diversa. Si sopravvive tra
degrado ed abbandono, mentre la malavita
locale conquista sempre più spazi su di un
territorio abbandonato dallo Stato. Scampia
doveva essere il quartiere della sperimentazione, in cui, tra la fine degli anni Ottanta e gli
inizi degli anni Novanta, super pagati architetti
avrebbero potuto realizzare centri di aggregazione sociale, culturale e commerciale. Si è
tanto parlato d’insediamenti universitari, della
sede della Protezione Civile o della piazza
telematica. L’unico titolo che si ritrova il quartiere è quello di piazza per lo spaccio di droga.
In molti attendevano un intervento da parte
del sindaco de Magistris, viste le buone intenzioni manifestate ad inizio mandato. Ed invece
l’amministrazione vuole regalare alla periferia
nord siti di compostaggio per i rifiuti o assurdi
parcheggi degli automezzi dell’ASIA: camion e
camioncini sporchi e puzzolenti, posti a pochi
metri da scuole materne ed elementari.
Scampia resta sempre più nell’isolamento a
causa del mancato decollo di un’adeguata rete
di trasporti, mentre poco o nulla è stato fatto
per favorire lo sviluppo di attività commerciali
capaci di portare lavoro in un’area in cui il
tasso di disoccupazione è preoccupante. Il
Comune è latitante sulle problematiche esistenti in periferia. Basta guardare lo stato delle
strade, la mancanza di illuminazione di molte
vie, l’abbandono delle tantissime aree verdi
distrutte dall’incuria e dall’abbandono, la
mancanza di manutenzione delle strutture
sportive e ricreative pubbliche, trasformatesi
in ricovero per barboni, tossicodipendenti e
rom. In questo desolante panorama, una
citazione a parte merita lo IACP, l’Istituto case
popolari, inadempiente nella manutenzione di
gran parte del patrimonio immobiliare di
Scampia. Sono frequenti i casi di ascensori
bloccati per settimane con anziani e disabili
segregati in casa. E che dire degli incendi
sviluppatisi a causa degli impianti elettrici
vecchi e non a norma? Forse per intervenire si
aspetta la disgrazia di turno? A distanza di
decenni, gli edifici mostrano gravi problemi
strutturali: infiltrazioni ed umidità danneggiano gli appartamenti e i loro arredamenti,
minando la salute di migliaia di persone ,
soprattutto bambini e anziani. Una ricerca
svolta da alcuni medici di base che operano in
periferia, conferma l’esistenza di un elevato
tasso di malattie respiratorie. Mentre in queste
zone si sopravvive tra mille difficoltà, l’amministrazione comunale continua a promuovere
iniziative demagogiche e propagandistiche
nelle zone del centro cittadino.
CARMINE ZAMPROTTA
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
QUESTIONE MERIDIONALE E VERITA` STORICHE
Perché non ci fu
l’Unità d’Italia?
Umberto Franzese
A centocinquantadue anni da
quella che viene considerata l’Unità d’Italia, altri vessilli garriscono
al vento: sono quelli della Lega al
Nord e del regno delle Due Sicilie al
Sud. Il perché è presto detto: non ci
fu Unità d’Italia nel 1861. Non ci fu
Unità d’Italia perché il Mezzogiorno subì «una guerra d’invasione
cominciata nell’ottobre 1860 senza
una vera e propria dichiarazione
formale» (Gigi Di Fiore). Non ci fu
Unità d’Italia «perché lo Stato pontificio fu annesso al Piemonte dopo che Cavour ebbe inviato l’esercito a raggiungere quello garibaldino attraverso le Marche e l’Umbria» (G. Di Fiore). Non ci fu Unità
d’Italia perché i plebisciti avvenuti in Emilia e in Toscana furono imposti con le armi. Non ci fu Unità
d’Italia perché fu una farsa, nel
1866, l’annessione di Venezia a se
stessa. Perché? Perché non siamo
popolo, perché siamo divisi. E lo
erano i fratelli d’Italia, quando dall’alto si tentava una finta Unità che
sarebbe costata lacrime e sangue
in maggior grado al Mezzogiorno.
Erano divisi anche i promotori dell’unificazione. Angelo Brofferio,
leader della Sinistra subalpina, oppositore di Cavour, compiangeva
l’Italia perché aveva due capi: Garibaldi e Ricasoli, l’uno senza testa,
l’altro senza testicoli. Garibaldi sosteneva che Cavour era il cattivo
genio d’Italia e Pio IX un metro di
letame. E Gioberti, che suggeriva
la realizzazione di una confederazione politica degli Stati italiani sotto l’autorità del papa, raccontava
come Mazzini fosse un codardo, un
inetto, nonché il maggior nemico
d’Italia, peggiore dello stesso austriaco e che il suo nome sarebbe
stato aborrito ed esecrato. Cavour
non si fidava di Garibaldi e questi
era un fervente mazziniano. Sia
Mazzini che Garibaldi avevano in
spregio Vittorio Emanuele II.
Su queste basi andava componendosi un’unione che gli Italiani avversavano. A riprova dell’alta considerazione che i piemontesi avevano dei napoletani bastano certe
invettive lanciate dal Farini nell’assumere l’eredità lasciatagli da Garibaldi: «Altro che Italia! Questa è
Africa; i beduini a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile».
E Diomede Pantaloni inviato tra gli
indigeni da Cavour e poi da Minghetti, vedeva «la maggioranza della popolazione fiacca, indifferente,
corrotta, piena di sua importanza,
un paese di codardi da tenere con
la forza e col terrore della forza.
Contro briganti, borbonici e contadini non c’è che un rimedio:
truppa, truppa, truppa». Ad entrambi, nel lamentare il doloroso
trapianto della legislazione sardopiemontese persino nel campo
dell’istruzione elementare e delle
amministrazioni locali, faceva eco
Antonio Ranieri: «Come le Due Sicilie fossero Costantinopoli o Giava e non la patria di Vico e di Filangieri. In materia di codici e di amministrazione, le Province regnicole sono di gran lunga più progredite del Nord».
La vera Unità d’Italia fu raggiunta
con i Patti Lateranensi del febbraio 1929. Finalmente «nella capitale si riaprirono i portoni dell’aristocrazia nera rimasti chiusi dal 20
settembre del 1870 in segno di lutto per la fine del potere temporale
dei papi». Non si poteva in alcun
modo nel 1861 o nel 1870 ritenere
raggiunta l’Unità d’Italia dopo che
i fratelli d’Italia del Sud da Fratelli
non furono davvero trattati. Settantuno anni dopo l’Unità, in piazza del Duomo, il 25 ottobre del
1932, il Duce del Fascismo, rivolgendosi ai milanesi ebbe a dire:
«Ecco che come non mai, nei 27 secoli di storia, il popolo italiano fu
così compatto, così concorde, così
deciso». E a Reggio Calabria, il 31
marzo del 1939, rivolto alle genti
calabre: «I vecchi governi avevano
inventato, allo scopo di non risolverla mai, la cosiddetta questione
meridionale. Non esistono una
questione meridionale e una questione settentrionale, esistono questioni nazionali, perché la Nazione
è una famiglia e in questa famiglia
non vi devono essere figli privilegiati e figli derelitti». Nazione: un
solo blocco costituito da genti italiche con le stesse radici, gli stessi
valori, una sola volontà, gli stessi
miti, gli stessi simboli, gli stessi riti. Elemento unificante la sovranità popolare che si realizza attraverso il prestigio e l’autorità dello Stato. Un vero Stato, uno Stato solido,
compatto. Specialmente negli anni del consenso, quello Stato, ebbe
da un capo all’altro dello Stivale a
riunire in un sol fascio uomini e
donne di ogni estrazione sociale.
Cosa sia oggi il nostro Paese lo lasciò detto a chiare lettere nel febbraio del 1996 un ex partigiano,
Francesco Montanari detto “Cincino”: «Un letamaio pieno di miseria, ingiustizia e violenza, dove
comandano i ladri, i delinquenti e
i mafiosi». Siamo destinati a languire aggrappandoci ora a questa
ora a quella fazione. L’unità la si
raggiunge solo nel Pallone. Perché
il nostro Paese, tranne che in qualche incidente di percorso, non è
stato mai Patria, ma diviso tra due
fazioni o perché servo di dolore
ostello.
SOLLECITAZIONI
la vignetta
di Malatesta
IL SUDISTA
Mimmo Della Corte
QUEL LEGNO
ANTISISMICO
DEI BORBONE
Colmo
di fulmine
Diario stupendo
G.ANSALDO
Un angolo
perfetto
«Le due di notte. In
piazza san Ferdinando.
Aspetto che Cesareo
manovri con la sua
macchina al posteggio
e venga a caricarmi, e a
portarmi a casa. E
intanto indugio con lo
sguardo sul fianco
sinistro del Palazzo
Reale: meglio,
sull’attaccatura sua con
il Teatro San Carlo.
Quale trovata, quella di
saldare così insieme il
palazzo del Re, con il
teatro in cui il Re
andava ad esibirsi in
pubblico con tutta la
Corte! È stata una delle
più grandi trovate
dell’epoca monarchica.
E come è stata eseguita,
dal punto di vista
architettonico! I due
edifici, quelli del
Palazzo e quello del
Teatro, sono congiunti
ad angolo retto; ma
l’angolo quasi non si
vede, tanto gli ordini
architettonici dei due
edifici stessi sono bene
proporzionati e
combinati. E poi, quel
recinto sul fianco del
Palazzo Reale, e quella
cancellata dalle guglie
dorate, quel po’ di
verde cupo sul colore
rossiccio dei muri, tutto
è di un grandissimo
effetto. Si sente che qui
non ci sono passati
soltanto architetti che
erano padreterni
nelloro mestiere; ma
che c’è passata una
grande Corte, e tutta
una forma, in sè
conchiusa e perfetta, di
civiltà...Ed ecco che,
d’un colpo, mi
sorprende il ricordo di
Longanesi; e di quanto
gli piaceva questo
angolo della Napoli
regale; e quante volte
egli, dai tavolini del
caffè di fronte, lo
contemplò: e quante
volte disse, che qui, in
questo punto preciso,
Napoli rivelava meglio,
architettonicamente, il
suo carattere di grande
capitale. E sulla piazza
deserta, vegliata dalle
povere «passeggiatrici»,
e mentre Cesareo sta
arrivando, mi punge,
una volta di più,
sempre vivo, sempre
doloroso, il rimpianto
dell’amico perduto.
(Da «Ore napoletane»,
di Giovanni Ansaldo,
Napoli, 1960)
G.ALLIEGRO
‘Nziria,
strana virtù
«Il napoletano prima di
venire alla luce, si alimenta con un quid che
gli altri nati da mammiferi non conoscono affatto; è un prodotto
esclusivo delle donne
del luogo.Trattasi dello
sfizio e della ‘nziria.
(Da «I figli di
Partenope», Giuseppe
Alliegro, 1973)
di RENATO ROCCO
Il rimorso è il cimitero
delle occasioni
perdute.
Confessava i peccati
degli altri sapendo di
non sbagliare.
Il Parlamento: la
camera da eletto.
Il credente frettoloso:
Dio-presto.
Gli scrittori moderni
sono come i
bersaglieri: corrono
con le penne in testa.
La diceria contro il
Sud: Sud-iceria
Il marito è abituato a
prendere la moglie
sottogamba.
L’arca di Noè: il
paradiso dei
cacciatori
Caro director Max(imo),
purtroppo la vecchia
saggezza che, come a te è
ben noto, non si smentisce mai, mi costringe ad
un atto di contrizione
(che, peraltro, faccio ben
volentieri) con te, con il
gruppo editoriale Iuppiter e con quei lettori che,
dopo aver letto (almeno
mi auguro) il mio «Supersud» pensavano di
essere, finalmente,
venuti a conoscenza di
tutta la verità sul Regno
delle Due Sicilie e sui
suoi primati. Non è cosi!
Purtroppo, dal momento
che “non si finisce mai
d’imparare”, solo qualche settimana addietro,
grazie ai ricercatori del
Cnr-Ivalsa, ne ho incrociato un altro che, fino a
quel momento, mi era
assolutamente sconosciuto. Un primato che è
l’ennesima conferma
della capacità di ricerca,
innovazione e di anticipazione dei tempi dei
sudditi borbonici. Mi
riferisco al primo codice
europeo di norme antisismiche promulgato dalla
monarchia borbonica
all’indomani del sisma
del 1783 in Calabria al
termine del quale si
contarono oltre 30mila
vittime. La normativa
imponeva l’inserimento
all’interno delle pareti in
muratura, di una “rete
elastica di legno” per
attutire le scosse telluriche e resistere ai terremoti. Un metodo che,
fino a quando è stato
utilizzato, ha dato sempre ottimi risultati,
dimostrandosi efficacissimo in occasione dei
terremoti in Calabria del
1905 e 1908, in quest’ultimo anno anche in
Sicilia, tutti di notevole
intensità: 9° della scala
Mercalli e magnitudo:
6,9° della scala Richter,
che, grazie a quell’innovazione, causarono
pochissimi danni e non
registrarono alcun crollo
totale. Emblematico in
questo senso il caso del
palazzo del Vescovado di
Mileto che, crollato e
ricostruito dopo il sisma
del 1783 con i criteri
antisismici dettati dal
codice borbonico, non
subì che danni lievissimi.
Non è assolutamente un
caso, quindi, ed anzi ha
tantissime e validissime
ragioni il fatto che nel
momento in cui - nell’immediato post terremoto in Abruzzo ed in
Emilia Romagna, che ha
prodotto danni enormi
sia in termini materiali
che di vittime umane finalmente ci si è resi
conto della notevole
sismicità del nostro
Paese e si è cominciato a
porre il problema di
come ridurne ai minimi
termini conseguenze e
danni, non potendole
cancellare. Allora i “ricercatori” hanno ritenuto
opportuno rivolgere
indietro lo sguardo,
ripensare - alla luce della
buona prova di sé offerta
in passato - al sistema
elaborato dai loro colleghi di fine ‘700, per
valutare se quella soluzione possa essere riproposta anche oggi, tenendo conto dei nuovi criteri
di costruzione. Ha deciso
di sperimentarlo il Centro Nazionale di Ricerche-Ivalsa che ha sottoposto a prove di resistenza, nel proprio laboratorio di S. Michele dell’Adige, una parete in scala
realizzata con gli stessi
criteri di quelli del Palazzo vescovile di Mileto:
muratura rinforzata da
un’intelaiatura di castagno calabrese, costruita
in collaborazione con il
Dipartimento di Scienza
della Terra dell’Università della Calabria con
risultati decisamente
positivi. Ebbene, qualcuno mi dica perché, pur
senza nutrire particolari
simpatie per i Borbone,
non dovrei sentirmi - da
meridionale e campano,
innamorato della mia
terra e della mia gente orgoglioso per quanto i
miei predecessori duosiciliani hanno saputo
fare. Solo perché, una
manica di pseudo “maitre à penser”, originari
del Sud, pur di guadagnare fama, notorietà e,
perché no?, qualche
spicciolo proveniente dal
nord, continuano, da
oltre trecento anni a
dirne tutto il male possibile ed immaginabile?
“Ma mi facciano il piacere!”, direbbe Totò.
CHIAIA MAGAZINE •NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
QUARTIERISSIME
I MUNICIPALITA`, IL PUNTO SUI LAVORI DI MANUTENZIONE
1 milione di euro per strade e scuole
Livia Iannotta
A gennaio sono bastate
poche gocce di pioggia a far
sprofondare le strade di Napoli. A maggio, nell’asfalto squassato, è caduta anche l’amministrazione, con de Magistris
indagato in un’inchiesta per
ipotesi di attentato alla sicurezza stradale. Oggi, agli sgoccioli del 2013, la fotografia
della rete viaria napoletana
comincia a schiarirsi. Effetto,
anche, dello «smottamento»
registrato in giunta con i vari
rimpasti.
Il bilancio di un anno di alti e
bassi (sulla strada e non) lo
illustra Alberto Boccalatte
(nella foto), delegato alla
Manutenzione della I Municipalità. «Per il 2013 non ci
possiamo dire soddisfatti
perché i fondi per la manutenzione non sono stati sufficienti
– spiega – Ma con l’avvento
dell’assessore Mario Calabrese
al Comune la situazione è
decisamente migliorata.
Siamo riusciti, cooperando
proficuamente, a far ripartire i
lavori a via Manzoni fermi da
tempo e ad implementarli. Il
primo progetto, infatti, terminava con la riqualificazione da
via del Marzano all’incrocio
con via Orazio; attualmente
siamo riusciti ad estendere i
lavori anche all’area da via del
Marzano a torre Ranieri e da
via Orazio a Corso Europa».
La questione fondi è la più
delicata, qual è la situazione
alla Municipalità?
Finalmente ne è stata elargita
una parte, per cui per il 2014
abbiamo a disposizione 1
milione di euro per la riqualificazione di strade ed edifici
scolastici. Abbiamo stabilito, di
concerto con il presidente
Fabio Chiosi e con i consiglieri
Nicola Mattera e Alberto
Ruffolo (presidente della
commissione scuola) di dividere la somma al 50%. A breve
approveremo in Consiglio i
lavori per la riqualificazione
straordinaria di via Maria
Cristina di Savoia e per le
Rampe Brancaccio per un
totale di circa 510mila euro,
mentre agli interventi di riqualificazione straordinaria per
scuole Villanova, M. C. di
Savoia, Carlo Poerio e Viviani
saranno destinati circa 490mila euro. Il nostro Ufficio tecnico ha immaginato, poi, con lo
stanziamento triennale a
disposizione per la manutenzione ordinaria delle strade, di
non fare appalti singoli a
270mila euro annui, ma un
unico appalto di 819mila euro
per il triennio a seguire, e
abbiamo già individuato una
serie di strade, circa quindici,
di concerto con la commissione Urbanistica presieduta da
Valerio Campobasso, che
saranno interessate.
L’inverno è alle porte. Ci
ritroveremo nelle stesse
condizioni di inizio anno:
strade dissestate, buche,
voragini?
La situazione sarà migliore
perché sono in atto i lavori. Da
questo punto di vista stiamo
operando su un duplice fronte: da un lato abbiamo potenziato al massimo il lavoro di
pulizia delle caditoie. Un
migliore deflusso delle acque,
infatti, risolve in parte il problema. Abbiamo poi altri
200mila euro da appaltare ed è
mia intenzione stanziarne
almeno 100mila per un’azione
straordinaria sulle caditoie e
sui servizi fognari sottostanti.
Purtroppo molte situazioni
sono drammatiche perché le
caditoie sono cementate, per
cui è necessario liberarle e
sifonarle. Dall’altro lato il
problema è che come Municipalità non abbiamo più tra le
nostre funzioni l’intervento di
eliminazione del pericolo,
azione che è stata affidata alla
Napoli Servizi. Sono loro che
dovrebbero colmare le buche.
L’idea di affidare il servizio a
una società in house del Comune (per cui un risparmio
c’è) è giusta, ma non è possibile pensare di avere a disposizione mezzi così esigui. Quando eravamo noi a gestire il
servizio, l’impresa esterna
usciva in media tre volte a
settimana. Oggi si effettua un
solo turno a settimana.
È in corso anche un’indagine
sulla questione buche.
La Magistratura farà il suo
compito. Da un punto di vista
politico, giudico in modo
negativa l’operato dell’amministrazione. L’anno scorso
come Municipalità chiedemmo di impegnare gran parte
dei fondi disponibili per la
manutenzione di strade,
illuminazione pubblica, sistema fognario. È qui che va la
mia critica: se ci sono pochi
soldi il Comune dovrebbe
stabilire delle priorità.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBBRE 2013
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
STORIE&TERRITORI
pagina a cura di NewMediaPress
CAMPI FLEGREI, LECOBOMBA
La bonifica
dei misteri
Falda acquifera compromessa e aumento tumori:
il caso irrisolto della discarica Pianura-Pisani
Rosario Scavetta
U
na “bomba ad orologeria”
ubicata nel cuore dei Campi
Flegrei, tra il vulcano Astroni
ed il cratere Senga. Questo
rappresenta oggi l'area dell'
ex Difrabi, meglio conosciuta come discarica di Pianura-Pisani. L'indagine, riaperta in tempi recenti dalla
Procura della Repubblica di
Napoli, ha ritenuto sussistente il reato di disastro
ambientale per i veleni
presenti nel sito.
Nella zona, a quanto sembra, si muore di cancro con
una percentuale maggiore
rispetto al resto dei territori
confinanti. Le statistiche
allegate agli atti dell’inchiesta sui veleni inghiottiti
dall’ex discarica parlano
chiaro: tra i maschi sono più
alti i decessi per tumore
dello stomaco e per linfomi
Hodgkin, tra le donne invece, ci sono dati anomali di
decessi per tumore del
fegato. In entrambi i sessi
sono aumentate le morti per
tumore della laringe, per
leucemie, per malattie epatiche e risulta incrementata
anche la mortalità per mal-
formazioni congenite nel
primo anno di vita. Insomma la “bomba ad orologeria” di Pianura sta ancora
ticchettando. E non preoccupa solo gli abitanti di
Pianura e della cittadina
confinante, Quarto, ma tutta
l'area flegrea, perché l'attività illecita di sversamento di
rifiuti tossici all'interno della
discarica (già attiva negli
anni ’50), potrebbe aver
compromesso la falda acquifera presente ad una
superficie di circa 100 metri
di profondità; tutto questo
favorito dalla permeabilità
del territorio di conformazione vulcanica. Nel provvedimento stilato dal Gip si
evidenzia la preoccupazione
di una situazione d'inquinamento che non interessa
solo l’area della discarica,
ma si estende addirittura
fino alla fascia costiera di
Pozzuoli. Che il problema
della discarica di Pianura
preoccupasse anche le zone
circostanti è documentato
nelle denunce dei comitati
cittadini. Nel 2008, quando
si paventava la possibilità di
riaprire la discarica, furono i
cittadini della vicina “Località San Martino” a segnalare
l'inadeguatezza di riaprire
un sito di accumulo rifiuti,
in una zona dove oggi, a
pochi metri si trovano campi
di equitazione, vigne, frutteti, insediamenti residenziali,
scuole, piscine, centri commerciali, ecc. Senza dimen-
ticare il sito archeologico
della necropoli di San Vito e
l'oasi ecologica del Wwf
Astroni. Ma nel corso degli
anni, cosa ha determinato
tutto questo? In primis la
cattiva gestione e la mancata
messa in sicurezza dello
sversatoio che ha provocato
la continua infiltrazione di
acqua piovana e che continua a produrre biogas a
contatto con i rifiuti. Questo
fenomeno pericoloso è
destinato pertanto ad accentuarsi con il tempo. L’inquinamento ambientale causato dal biogas e dal percolato
può continuare ancora per
decine di anni. Ma anche la
raccolta di rifiuti tossici, la
Difrabi, secondo un documento dei tecnici della
Provincia di Napoli reso
pubblico nel 2008, avrebbe
assorbito 113mila chili di
polveri di amianto bricchettate, 48mila tonnellate di
rifiuti industriali speciali,
380mila tonnellate di rifiuti
speciali generici in gran
parte provenienti dalle
regioni del Nord; le stesse
che pochi anni fa negarono
le loro discariche per aiutare
Napoli ad uscire dall’emergenza spazzatura. In poche
parole, la discarica di Pianura-Pisani, è ancora una
“bomba” che andrebbe
disinnescata con una radicale bonifica, ordinata negli
anni scorsi dal Ministero
dell’Ambiente, ma fino ad
oggi, neanche cominciata.
Sofer, continua a colpire
lo spettro dell’amianto
Continua a mietere vittime l'amianto, il “nemico invisibile” che non ha lasciato
indenne lo stabilimento Sofer di Pozzuoli, fabbrica di
materiale rotabile (all'interno di esso si costruivano Locomotive, ETR 500, TAF, Metropolitane e autobus) chiusa nel settembre del 2003.
Oggi l'attenzione dei politici
sull'area (dove ancora sono
collocati gli stabili dell'azienda) è concentrata sulla sua
riqualificazione, ma si è già
dimenticato, o quasi, lo
“spettro” che ha rappresentato per quelli che sono deceduti, e che ancora rappresenta per i tanti operai che si
sono ammalati di patologie
legate all’asbesto. La storia
della Sofer parte da lontano.
L'esposizione dei lavoratori
ad inalazioni di polveri
d’amianto viene riconosciuta dalla sede Inail di Napoli il
5 dicembre 1994. Quasi nello stesso periodo la direzione
centrale dell'Inps accertò
che, già dall'ottobre del 1967,
gli operai dello stabilimento
Sofer di Pozzuoli si trovavano
a contatto con il micidiale
materiale. Le malattie tipiche
che comporta l'esposizione
all'amianto sono asbestosi,
calcinoma polmonare e mesotelioma, patologie che
hanno ammazzato almeno
50 lavoratori dell’azienda tra
il 1973 e il 1998, quasi tutti
addetti alla coibentazione
prima e alla scoibentazione
di carrozze, locomotori ed
elettrotreni per le "vecchie"
Ferrovie dello Stato. L'amianto è nocivo per la salute per la
capacità dei materiali di rilasciare fibre potenzialmente
inalabili. I più pericolosi sono i materiali friabili che si
possono ridurre in polveri
con la semplice azione manuale e a causa della scarsa
coesione interna possono liberare fibre spontaneamente (se sottoposti a vibrazioni
o se danneggiati). L’amianto
compatto invece per sua natura non tende a liberare fibre, il pericolo sussiste solo
se segato, abraso o deteriorato. Le malattie dovute alle
fibre di amianto si manifestano dopo molti anni dal-
l'esposizione: da 10 /15, anche 20 /40 in alcuni casi. Nel
maggio del 1995, il dipartimento dell'Ambiente e Salute della Cigl Campania, decise di costituire un gruppo di
lavoro sul tema dell'amianto.
L'iniziativa si rese necessaria
per rendere efficaci ed operativi il Decreto Legislativo
277/91 (per la protezione dei
lavoratori contro il rischio
dell'amianto) e la Legge
257/92 (norme relative alla
cessazione dell'impiego dell'amianto), ma che tardavano ad essere applicati da parte della Regione. Nella stessa
sede venne deciso di coinvolgere l'Associazione Auser,
Onlus riconosciuta come Ente Nazionale avente finalità
assistenziali, costituita nel
1989 dalla Cigl e dal Sindacato dei pensionati. L'Auser,
a sua volta, costituisce una
specifica sezione territoriale
(Auser Flegra). Quest’ultima,
ancora oggi, fornisce assistenza agli ex operai e alle famiglie che hanno subito vittime per l'amianto. Secondo
i dati forniti dall’associazione, dei 167 ex lavoratori rimasti, 69 sono in mobilità, 91
in cassa integrazione, 4 pensioni ed altri 3 deceduti negli
ultimi anni. Ma il problema,
ovviamente, non coinvolge
solo gli ex dipendenti della
Sofer. L'elenco delle aziende
esposte al rischio amianto in
Campania è infinito.
E non solo. Tutta la penisola
italiana ne è afflitta. Sì, perché l’amianto era un materiale molto comune non solo nelle fabbriche, ma anche
nelle case, sulle navi, sui treni e usato anche come coadiuvante nella filtrazione dei
vini. Della sua pericolosità ce
ne siamo accorti, legislativamente parlando, solo negli
anni '90, mentre il boom dei
morti si verificherà, visti i
tempi lunghi di incubazione,
entro il 2020.
E i dati inquietanti non finiscono qui: gli ultimi rapporti sulle ecomafie diffusi da
Legambiente parlano di 27
mila siti contaminati dall’amianto ancora presenti sul
territorio nazionale.
ROSARIO SCAVETTA
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
SPECIALE DIVINAZIONE
IL MITO E I GIORNI
La signora
del labirinto
Il rito del toro e la nascita del Minotauro. La
verità su Arianna: non era figlia di Minosse
Rosamaria Lentini
N
el segno del Toro troviamo uno
dei miti più celebri del panteon
greco, se non il più celebre.
Questo è il suo racconto: Zeus
vide Europa mentre giocava
con le sue amiche sulla spiaggia
di Tiro e, colpito dalla sua bellezza, se ne innamorò all’istante. Si trasformò allora in un toro bianco dalle corna simili ad
un quarto di Luna e dopo averla trasportata attraverso il mare
a Creta, la depose sotto un platano e si unì a lei. Da questa
unione nacquero tre figli: Minosse, Sarpedone e Radamanto, che furono allevati da Asterione, re di Creta.
Alla morte di Asterione, Minosse esautorò i fratelli affermando
che il regno spettava a lui per
volontà divina e, per dimostrare la benevolenza degli dei,
chiese a Poseidone un toro. Il
dio glielo donò, a patto che gli
fosse sacrificato. Minosse però
contravvenne alla promessa e
conservò il bellissimo animale
bianco fra le sue mandrie. Poseidone allora rese furioso il toro che successivamente fu catturato e domato da Ercole e che
dell’eroe rappresenta la secon-
da fatica. Di questo stesso toro,
continua il mito, si invaghì la
moglie di Minosse, Pasifae che,
entrando nel corpo di una vacca costruita da Dedalo, si accoppiò con l’animale sacro e
poi concepì il Minotauro, un
mostro dalla testa taurina e dal
corpo d’uomo che fu rinchiuso
nel labirinto. A lui, ogni nove
anni, venivano dati in pasto sette giovani e sette fanciulle. Fu
Teseo, eroe ateniese, a porre fine alla sequenza dei morti: rinchiuso nel labirinto, riuscì prima ad uccidere il mostro e poi
ad uscire dal labirinto stesso
grazie all’aiuto di Arianna.
Questa è la versione ufficiale del
mito, così come è arrivata dal
mondo ellenico, e dalla quale
discende la sua interpretazione. Dopo gli scavi che Evans ha
effettuato a Creta, però, si sono
trovate interessanti testimonianze dalle quali si evince che
l’origine e il significato del mito sono ben diversi. Analizziamo meglio alcuni elementi del
racconto. La moglie di Minosse,
Pasifae (come Medea) era una
figlia di Eete, nella cui reggia riparavano i raggi del sole durante la notte. Secondo il mito, il
sole che non risplende è Plutone e, di conseguenza, anche Pasifae appartiene al mondo del
sottoterra e quindi all’aspetto
ctonio del femminile. E anche
Minosse appartiene a questo
mondo e certo fu per questo
motivo che, dopo la morte, Zeus
lo designò giudice delle anime.
Ma il personaggio che senza
equivoco assegna al matriarcato il nucleo originario del futuro mito è Arianna. Innanzi tutto non è figlia di Minosse, come
invece racconta la versione ufficiale: una tavoletta di argilla
ritrovata a Cnosso la descrive
infatti come la «Signora del labirinto» alla quale fare offerte di
miele e, come racconta anche
Omero, il termine Signora era
riservato solamente alle Dee.
Partendo da questo ritrovamento e con una serie di raffronti anche letterari, è diventata molto attendibile l’ipotesi
che Arianna sia stata originariamente una Dea Madre appartenente all’oltretomba, come Persefone, e quindi collegata a Dioniso, del quale infatti divenne la sposa dopo essere stata abbandonata da Teseo. Il labirinto, inoltre, era certamente
un luogo di culto dove, durante
la danza, i ballerini si tenevano
uniti con un filo, «il filo di Arianna», che serviva a tornare indietro, ossia ad uscire dal labirinto. I documenti fanno pensare al labirinto come rappresentazione materiale della zoè,
con il doppio significato di mostrare l’infinita esistenza della
zoè e di costituire «una personale rinascita dalla morte». Pertanto, il labirinto ed Arianna
possono essere letti come un
parallelo, se non addirittura come la prima forma, dei successivi Misteri Eleusini.
Ma in tutto ciò, cosa c’entra il
Minotauro e la storia della sua
nascita? L’unione sessuale donna - toro va intesa come una
metafora, nella quale la donna
rappresenta la terra madre e il
toro colui che l’ingravida. In effetti il nucleo di questo mito è
rintracciabile nella sola sacralità del toro e delle feste rituali
che si compivano in suo onore.
Tutto il resto, iniziando dal rapimento di Europa da parte di
Giove-toro, appartiene alla seconda fase della nostra storia e
l’uccisione del Minotauro da
parte di Teseo, l’Eroe ateniese,
segna il passaggio dalla fase lunare-femminile a quella solaremaschile.
[email protected]
LE CARTE DEL DESTINO
Il Bagatto
LE MAT, CARTA
SENZA NUMERO
Da questo numero parte
una succinta esposizione
dei significati delle 22 lame
degli Arcani Maggiori, con
riferimento ai Tarocchi di
Marsiglia**. Si comincerà
da una delle maggiori
irregolarità del mazzo,
ovvero la carta senza numero chiamata Le Mat. Ci
si soffermerà su due particolarità: il fatto evidente
che, in un insieme di carte
numerate, questa sembra
non rientrare in alcun
ordine; il nome, che a
prima vista potrebbe far
pensare, per assonanza, al
nome Matto o alla matta
delle carte da gioco ma che,
invece, ci riporta ad un
origine ignota dell’intero
strumento di conoscenza
di cui si va discutendo.
Si è fatto cenno, in un
precedente articolo, alla
struttura numerologia dei
Tarocchi, sottolineando
come il dualismo potesse
rappresentare una delle
leggi che permeano l’intera
impalcatura mantica. In
effetti, le ventuno carte
numerali e l’Arcano senza
numero possono sottolineare un’apparente scissione simbolica tra due corpi
antitetici, con lo scopo di
enfatizzare il concetto del
viaggiatore - Le Mat - e del
viaggio - gli altri ventuno
Arcani - così che il primo
rappresenterebbe l’uomo
che rinuncia a tutto, presumibilmente in seguito a
una crisi, per intraprendere
un viaggio interiore composto da ventuno stazioni,
ventuno modi di essere,
ventuno qualità necessarie
a riconquistare l’essenza
propria di ognuno di noi.
Da questa prospettiva Le
Mat, che non è matto,
diventa la carta che incontra, assorbendo l’energia
necessaria - in un certo
spazio, in uno specifico
tempo - alla propria evoluzione. Anzi, Le Mat definisce proprio il concetto di
spazio e tempo tra gli
Arcani: egli viaggia verso Le
Monde, l’Arcano XXI, con il
suo sguardo rivolto in alto e
quindi procede dal basso
verso l’alto; egli si muove
da sinistra a destra, dal
passato al futuro, ma è
sempre qui ed ora, ricco
dell’esperienza del momento attuale. Il segreto di
questo viaggio è nel suo
nome che potrebbe derivare dall’espressione dell’antico persiano Shah Mat,
che significa: il Re (Shah) è
morto (Mat). Ma chi è il
morto? E’ colui che, morto
alla vita materiale, ricerca
la propria anima. Deve,
dunque, rinascere, come
Cristo. E’ il viandante, il
pellegrino che su un sentiero azzurro, così da richiamare simbolicamente il
cielo, avanza lungo il percorso che lo porterà ad
incontrare una nuova vita
ne Il Giudizio e la propria
anima ne Il Mondo. Quindi,
Le Mat racchiude in sè
tutto il Tarot, ovvero racconta in un solo archetipo
il processo interiore che
può assumere le ventuno
forme conseguenti, in
ordine sparso secondo il
bisogno di ognuno di noi.
La comparsa di questa
carta indica sempre una
necessità di riconsiderare
profondamente e da una
diversa prospettiva l’intera
esistenza. È un suggerimento potente che spinge
a mettersi in cammino per
scoprire il nostro compito
segreto, dunque è una carta
di crisi che può, però,
trasformarsi in una stupenda opportunità di conoscenza interiore.
** In particolare si seguirà la
struttura proposta da Carlo
Bozzoli. Utili riferimenti sono:
a) il suo libro “Il codice dei
Tarocchi. Rivelazione di
un’Intelligenza millenaria”,
Anima Edizioni; b) i suoi corsi
sull’argomento, per informazione sui quali consultare il
sito www.tarocchi.net
[email protected]
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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L’EVENTO
SGUARDI LONTANI
Francesco Iodice
SAN GENNARO IN MOSTRA A ROMA
Un tesoro
in trasferta
I gioielli del
patrono di Napoli
in esposizione a
Roma nel palazzo
Sciarra, a via del
Corso, fino al 14
febbraio 2014.
21.620 pezzi
meravigliosi
tra cui la collana
più preziosa al
mondo del 1679.
Per la prima volta
dalla seconda
guerra mondiale il
tesoro di San
Gennaro si è
spostato da Napoli.
Francesco Iodice
D
a qualche tempo Napoli
eccelle soprattutto in trasferta. Sono ancora vivi gli echi
del planetario successo della
Mostra “Pompei ed Ercolano”
al British Museum di Londra
(decima mostra d’arte di tutti i
tempi!) e l’altrettanto altisonante clamore suscitato
dall’esposizione del Tesoro di
San Gennaro a Roma (Palazzo
Sciarra, via Del Corso fino al
16 febbraio 2014). Non vorremmo che la spiegazione stia
nel fatto che – quando l’organizzazione è affidata a istituzioni come la londinese Goldman Saks Bank e la Fondazione Roma – prevale la maggiore serietà, la capacità
manageriale e, perché no, la
cospicua disponibilità di vile
danaro, e tutto questo contribuisce a far pendere la bilancia dalla parte di chi ci ospita... Se però per Pompei,
(22)
abbiamo di che vergognarci,
le pietre preziose, gli ori e gli
argenti del Patrono di Napoli
costituiscono un patrimonio
unico al mondo. Per la prima
volta dalla seconda guerra
mondiale, il tesoro si è spostato da Napoli. Per trasferire a
Roma il Tesoro di San Gennaro stavolta non è stato necessario chiedere aiuto a un
guappo. Che cosa c’entri un
guappo con il Tesoro è presto
detto: durante la seconda
guerra mondiale i preziosi
furono portati da Napoli in
Vaticano, ritenuto più sicuro
nei confronti dei bombardamenti. Si pensò, allora, a
Giuseppe Navarra, un guappo
conosciuto anche come il “re
di Poggioreale” che dispensava consigli e risolveva dispute.
Esercitava attività illecite, ma
in materia di fede era ritenuto
pienamente affidabile, per cui
nel 1947 il cardinale del tempo Alessio Ascalesi gli affidò il
compito di riportare il Tesoro
a Napoli. Il guappo, giunto
nella capitale a bordo di
un’auto appartenuta a Mussolini, caricò le preziose casse
e riprese la via del ritorno. A
Napoli fu accolto come un
eroe: applausi lungo le strade
e ricompensa di 250.000 lire
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
L’ORO “SNOBBATO”
DI MAROTTA
Il 12 ottobre del 1963 nella sua
casa di Monte di Dio moriva
Giuseppe Marotta il celebre
autore de «L’oro di Napoli», da
cui de Sica trasse il famosissimo
film della pizzaiola fedifraga,
interpretata magistralmente da
Sofia Loren. Marotta era emigrato giovanissimo verso le nebbie e
gli inverni milanesi in cerca di
fortuna e ben presto diventò un
giornalista e scrittore affermato:
elzeviri sul Corriere della Sera,
articoli di critica cinematografica per «L’Espresso», che erano
racconti veri e propri , sempre
sostenuti da un stile rigoroso e
lirico.
Ebbe una prolifica produzione
anche di libri: «San Gennaro non
dice mai no», esemplificazione
di una città che era poco milionaria, dopo il disastro della
guerra, o «Le Milanesi» , galleria
di tipi femminili che si affannano ad inseguire il boom economico. Ma la celebrità venne a
Marotta dal libro “cult” ad episodi «L’oro di Napoli». Chi non
ricorda tutta la lezione di Eduardo De Filippo sul pernacchio? E
chi potrà mai dimenticare lo
sculettamento sul marciapiede
di donna Sofia, quando dalla
pizzeria va dal “suo” cliente in
cerca del famoso anello? E ancora Paolo Stoppa che sul terrazzo,
prima di scavalcare l’inferriata,
guarda di sbieco se quelli che
stanno intorno a lui lo trattengono, e poi fa finta di buttarsi dalla
da parte del cardinale. Storie
d’altri tempi. Ora, com’è noto,
i guappi non esistono più
(sono stati sostituiti da feroci
camorristi). Le meraviglie del
nostro Patrono, comunque,
costituiscono il più antico, il
più ricco e inviolato tesoro
esistente al mondo. È molto
più prezioso di quelli della
corona d’Inghilterra, degli zar,
del delfino di Francia e di tutti
gli Asburgo messi assieme; il
tutto stabilito da una perizia
gemmologica. I pezzi che lo
compongono raggiungono la
mirabolante cifra di 21.620
unità, fra oreficeria, argenterie, tessuti, legni e quadri. E,
se la regina Elisabetta può
ostentare il brillante più
grande del mondo, il nostro
Gennaro può vantare la collana più preziosa del mondo.
Con venticinque milioni di
devoti, San Gennaro è il santo
cattolico più famoso nel
mondo. Il tesoro a lui dedicato
è unico nel suo genere: formatosi lungo settecento anni di
storia, grazie alle numerose
donazioni, si è mantenuto
intatto da allora, senza mai
subire spoliazioni e senza che
i suoi preziosi fossero venduti:
un primato imbattibile. La
Deputazione della Real Cap-
terrazza gridando: “Lassateme
sta’. Manteniteme!”. Senza trascurare il viso affilato, il portamento principesco e “altolocato” di Silvana Mangano, malgrado interpretasse la parte di “una
di quelle”.
Ma, naturalmente, come spesso
accade, “nemo profeta……” ;
infatti, la generazione dei vari
Rea, Compagnone, La Capria,
Prisco e Incoronato gli fu ostile,
in virtù di una diversa concezione della nostra città. Da una
parte la “napoletaneria” di don
Peppino, dall’altra la “napoletanità” e il “napoletanismo” di Rea
e compagni, un mondo che
guardava all’europeismo per
dare un taglio netto alla tradizione e ai padri, una gioventù ribelle che guardava a Hemingway e
Faulkner (erano gli anni della
controcultura a Londra e in
America, gli anni 50 e 60 in cui
William Carlos William, poetapediatria, e Allen Ginsberg ispirarono la Beat Generation).Quello di Rea, Compagnone e La
Capria era indubbiamente un
mondo più aperto, estroverso,
rispetto a quello più schivo di
Marotta, tendente al racconto
naturalistico di dolente nostalgia. Noi riteniamo del tutto
valida la poetica di Marotta,
ricordando, come ammoniva il
famoso economista americano J.
K. Galbraith: «Nella vita occorre
andare avanti, guardando indietro». Ed è quello che fece Marotta, il cui ricordo di grande autore
rimarrà indelebile, nonostante le
inutili diàtribe giovanili, ormai
dimenticate.
pella del Tesoro, organizzazione laica voluta da un voto
della Città di Napoli il 13
gennaio 1527, fu deputata,
infatti, prima alla sovrintendenza sulla costruzione della
Cappella dedicata al Santo nel
Duomo di Napoli, poi alla
difesa della collezione da
minacce esterne. Il tesoro di
San Gennaro nacque dall'immensa gratitudine dei napoletani per la rassicurante "presenza" del santo, e il popolo e
i potenti della terra hanno
fatto a gara per ingraziarselo
attraverso doni inestimabili.
In effetti San Gennaro accettava volentieri i regali ma a
una precisa condizione:
dovevano brillare per altissime qualità artistiche. Solo così
avrebbe accordato il privilegio
di custodirli. Ecco perché nel
tesoro di Napoli è impossibile
imbattersi in pezzi di scarso
valore, le cosiddette “ciofeche”.Vedere per credere. Il
gioiello più antico della collezione è il busto del santo
tempestato di smalti e pietre
preziose realizzato nel 1305 e
donato da Carlo d'Angiò per
contenere le ossa del cranio.
Le altre superstar della mostra
(ma tutto il resto è sbalorditivo) sono la celebre Collana,
realizzata nel 1679 per decorare il busto del Santo in processione, e la Mitria, tempestata
di smeraldi quadrati. La Collana è formata da tredici grosse
maglie di oro massiccio al
quale sono appese croci
tempestate di zaffiri e smeraldi; una venne donata da Carlo
di Borbone, un’altra dalla
regina Mafalda di Sassonia,
una terza da Maria Carolina
d’Austria. Secondo un aneddoto curioso, Maria Josè,
moglie del principe Umberto
di Savoia, nel 1933 si trovò a
visitare in forma privata la
Cappella , dove abitualmente
è custodita la Collana, e, non
avendo portato con sé nulla
da donare, si sfilò l’anello che
indossava, offrendolo al
Santo: il dono regale e spontaneo si trova ancora oggi agganciato alla Collana. Infine,
la Mitria che viene indossata
dal busto del Santo durante le
processioni, fu concepita
nell’antico Borgo degli Orefici,
sorto con i sovrani angioini e
vera fucina di talenti. Sembra
paradossale che una città dai
molti bisogni materiali, conservi ricchezze del genere,
relative, poi, ad una figura
religiosa. Ma a Napoli che
cosa non è paradossale?
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(23)
STORIE&IMPRESE
INTERVISTA A ROBERTO MAROTTA, AD DI RMS RENT&MOBILITY SOLUTIONS
Noleggio auto, così supero il caro polizza
Nel nord Europa è diffusissimo. Oltreoceano, l’America
ne è pioniera. Il noleggio a
lungo termine è la nuova
frontiera del risparmio su
quattro ruote. E, nonostante
in Italia sia decollato in ritardo
e il mercato dell’auto soffra, il
settore registra un trend in
crescita. Complici, soprattutto, il caro delle polizze assicurative e i costi di mantenimento delle vetture che lievitano giorno dopo giorno,
rendendo meno conveniente
la proprietà del veicolo e
sempre più utile dirottare su
modelli alternativi. È Roberto
Marotta (nella foto), amministratore delegato di RMS
solutions (www.rmsolutions.it),
società leader per la consulenza e fornitura di soluzioni
di mobilità per aziende, liberi
professionisti e privati, a
illustrare le potenzialità di un
servizio nuovo, vantaggioso e
in linea con il target europeo e
internazionale. Nata nel 2008
dall’idea di Marotta che, dopo
un’esperienza lavorativa nella
direzione commerciale di
Renault Italia, ha creduto
fortemente nella realtà del
noleggio a lungo termine,
RMS (sedi a Napoli, viale
Gramsci 11, e Roma, via XX
Settembre 56) è in grado di
proporre la soluzione più
competitiva a seconda delle
specifiche esigenze del cliente, grazie a rapporti di partnership consolidati con
aziende leader del settore a
livello nazionale. «Il nostro
approccio – spiega l’a. d. –
parte dall’analisi dei costi
attuali per identificare gli
eventuali margini di risparmio ed elaborare, di conseguenza, una proposta personalizzata sul cliente, ottimizzando le sue esigenze di
mobilità». Con il pagamento
del canone mensile, RMS
mette infatti a disposizione
del cliente il veicolo (per un
periodo che varia dai 24 ai 36
VIA ROMA (adz) in buon fabbricato
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condizionato € 290.000,00
mesi, fino ai 60 mesi) facendosi carico di tutti gli oneri
connessi: messa su strada ed
immatricolazione, tassa di
proprietà, assicurazione RC,
assicurazione P.A.I. (polizza
infortuni del conducente),
kasko, F/I (Furto, incendio e
rapina), manutenzione ordinaria e straordinaria, gestione
sinistri e assistenza stradale.
Un servizio di cui possono
godere non solo piccole e
medie imprese, ma anche il
libero professionista e il
privato, e che consente di
avere piena disponibilità
dell’auto, senza accollarsi i
costi, sia gestionali che assicurativi, che la proprietà comporta. In pratica, ammortizzare le spese: «Il noleggio va
vissuto come un enorme
investimento in serenità,
perché sottrae il cliente dalle
incombenze legate alla gestione dell’auto», spiega Marotta.
Grazie a una flotta di 5200
vetture e 60 marche, RMS crea
un target trasversale che
include i più svariati modelli
auto (dalla Fiat alla Porsche,
fino alle motorizzazioni ecofriendly), offrendo anche
soluzioni in pronta consegna
e una rete di assistenza capillare su tutto il territorio nazionale con call center a disposi-
zione del driver 24 ore su 24, 7
giorni su 7. Ma il noleggio è
soprattutto la soluzione
migliore per schivare il caro
delle polizze assicurative, che
in una città come Napoli è alle
stelle: «Una proposta fatta da
RMS a un napoletano – chiarisce Marotta – è la stessa che si
fa ad un cliente di Milano o
Aosta. Il noleggio non paga
l’odiosa discriminazione
assicurativa tra Nord e Sud e
quindi il canone per un napoletano è identico a quello di
un milanese». Facciamo un
esempio: «Il paradosso del
mercato assicurativo napoletano è che per una city car
come una Chevrolet Spark un
professionista napoletano
può arrivare a pagare una
polizza assicurativa di oltre
2000 euro. Basta sapere che
con un noleggio a lungo
termine ben calibrato, con
poco più, si arriva a pagare
anche l’utilizzo e manutenzione della stessa vettura.
Quindi a seconda dei costi
attuali e della tipologia dell’auto, il risparmio può variare
da un minimo di 1000 euro a
un massimo di 4000 euro
all’anno». E allora, perché
continuare a pagare costi
esorbitanti, quando è possibile risparmiare?
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(24)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
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STORIE&IMPRESE
INTERVISTA AL FASHION REPORTER LORENZO DE CARO
«Perché il mio blog è il top della rete»
Ambizioso è dire poco.
Carismatico, anche. Certo è
che Lorenzo de Caro la voglia
di sfondare ce l’ha nel sangue.
Blogger, modello, studente di
scienze della comunicazione,
si definisce «imprenditore di
se stesso». E in effetti lo è. Ad
appena ventidue anni, Lorenzo de Caro (nella foto) è già
un volto noto a Chiaia, corteggiato da brand locali e non
solo. Dopo aver sperimentato
teatro e radio, ha risposto alla
sua “vocazione” di comunicatore con l’apertura, il 1° ottobre, di uno spazio personale
in rete (www.lorenzodecaro.com). Un vero e proprio
magazine virtuale dedicato
alla moda, ma anche ai personaggi più in vista della Napoli
bene, ai pettegolezzi, alle
curiosità e ai rumours che
brulicano nella città più
chiacchierata d’Italia. Ed
evidentemente ci sa fare. De
Caro - che è anche uno dei
blogger in rete per LOVEpress.it - infatti colleziona
numeri da capogiro: ad appena un mese dal lancio più di
6000 visualizzazioni sulla sua
pagina, più di 6000 seguaci su
Instagram e innumerevoli
inviti agli eventi più “in” della
city. Di assetati di moda sul
web ce ne sono fin troppi. Ma
Lorenzo de Caro è diverso.
Anzi, è lui stesso a prendere le
distanze dalla massa di “fashion addicted” fatti con lo
stampino e ragazzini a caccia
spietata di “likes” su facebook: «I fashion blogger sono
come i negozi. Ce ne sono
tanti, ma pochi sono di qualità». Shopaholic lo è senza
dubbio, di quelli che crescono
a griffes e buongusto, ma con
un tocco di originalità che è
una firma e una garanzia di
successo. «Il mio blog è per
me un vero e proprio lavoro –
racconta – Avevo in mente un
progetto del genere da maggio. Scrivevo già su un altro
blog, così ho pensato di unire
le mie due passioni, ovvero la
moda e la scrittura, ed è nato
il giornale virtuale, come lo
definisco io, del quale sono
contemporaneamente editore, redattore e photoeditor».
Lorenzodecaro.com non è
una semplice vetrina da
riempire con bei vestiti e
scarpe eleganti. È la finestra
virtuale di un ventiduenne
che ha ben chiaro dove vuole
arrivare. Il blog è interamente
un suo prodotto: sia per
quanto riguarda il “concept”,
che l’idea grafica. «Faccio
tutto da solo – spiega – e
aggiorno più o meno tre volte
a settimana. Ho una sezione
look, in cui mi diverto a
postare foto dei miei outfit, e
un’altra dedicata alle interviste a personaggi noti di Napoli. Mi occupo, poi, anche del
sociale, ho ad esempio sponsorizzato Telethon e Unicef».
Viso fotogenico, quasi cinematografico, sguardo accattivante e sorriso sincero, aiutato dalla fotografa Sarah, posa
davanti all’obiettivo con look
sofisticati ma essenziali,
dettati interamente dal suo
gusto personale. «L’ispirazione su cosa indossare arriva
all’improvviso, ad esempio
camminando per strada,
come un lampo di genio.
Penso che la moda sia sentirsi
a proprio agio, ma con gusto.
Tutto dipende da come si
indossano gli abiti, il segreto è
trovare il look adatto a sé e al
proprio corpo, indipendentemente dalla marca. Ma soprattutto significa essere
innovativi e aggiornarsi continuamente per non restare
immobili». Lorenzo de Caro è
la prova che anche se il mondo del lavoro sembra sbarrare
le porte ai giovani, chi è
mosso dalla passione riesce a
crearsi una strada facendo
leva sul proprio talento.
«Sono convinto che se dai
tutto te stesso in un progetto
è impossibile fallire. Se accade vuol dire che non ti sei
impegnato abbastanza».
Progetti per il futuro? «Voglio
lavorare sul personaggio
Lorenzo de Caro, diventare
un nome conosciuto, punto
di riferimento per le case di
moda. Una domanda che non
mi faccio mai è cosa farò se il
blog dovesse andare male.
Sono sicuro di me stesso e
soprattutto credo nel mio
progetto. A gennaio, intanto,
ci sarà il party di lancio del
mio blog ». Più chiaro di così?
Se è vero che chi ben comincia è già a metà dell’opera,
sentiremo ancora parlare di
Lorenzo de Caro.
Napoli, stay tuned!
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(25)
IUPPITER i libri del mese
DIVERSI AMORI
Viaggio illustrato contro l’omofobia
HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE
La vita e il genio di Caravaggio
Autore: E. Silvestrini - B. Balbi
Costo: 14 euro
Pagine: 70
Autore: Mariano Marmo
Costo: 12 euro
Pagine: 124
Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente
scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi
emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla
famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti.
Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di
riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele.
NAPOLI: LUOGHI LETTERARI
Stradario del cuore
NAPOLI ULTIMA CHIAMATA
Vincitore Premio Rea 2011
Autore: A. Cacopardo - F. D’Episcopo
Costo: 10 euro
Pagine: 72
Autore: Marcello Fasolino
Costo: 18 euro
Pagine: 230
In questa escursione letteraria, autentica tipografia del cuore, tra le piazze
gremite, vie e vicoli «parlanti», scale chiassose e voci di dentro, impariamo
a conoscere meglio le fonti «vive» di quattro scrittori, Bernari, Incoronato,
Starnone e De Luca, ognuno dei quali presenta la sua Napoli, i suoi eroi ed
antieroi, le sue fughe verso la nostalgia, il suo smodato desiderio di ritrovare, attraverso la narrativa del sentimento, l’odore dei giorni perduti.
Romanzo vincitore per la «sezione narrativa» del Premio Rea 2011, in cui
il protagonista è John Savarese, noto architetto italoamericano, che torna
a Napoli per un importante convegno. L’arrivo in città non sarà dei più esaltanti, tra la reticenza della moglie e le infinite problematiche partenopee,
ma John riscoprirà la potente energia soffocata di Napoli grazie a una valente violinista, figura vulnerabile a causa di una delusione sentimentale.
LA CASA DI ASSOS
Una storia d’amore
IL GIARDINO DEI SILENZIOSI
Organi nelle chiese napoletane
Autore: Gerardo Russo Krauss
Costo: 10 euro
Pagine: 76
Autore: Mauro Castaldo
Costo: 10 euro
Pagine: 68
Nel mezzo del golfo di Cefalonia si erge una casa gialla con le persiane azzurre. La casa è stata per generazioni il perno della vita della famiglia Christacopoulos. Quando Kristina rimane sola, allora, la solidità di quelle mura rappresenta l'unica certezza fino all'arrivo di Kate. In un attimo, però,
anche l'ultimo baluardo sembra sgretolarsi come un castello di sabbia. La
casa di Assos si trasforma in un uragano inarrestabile di passioni.
Inchiesta tra storia e provocazione sugli organi nelle chiese napoletane,
strumenti nobilissimi che rinnovano l’antica arte della composizione musicale. Monsignor Vincenzo De Gregorio, organista titolare e maestro di
Cappella del Duomo di Napoli così scrive nella prefazione: «È un percorso
affascinante, quello dell’Autore, che ci fa desiderare di riavere più suono,
quello dell’organo, ad accompagnare i momenti tersi o oscuri della vita».
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Numeri di fine anno
Antonio Biancospino
D
icembre è un mese speciale per i
napoletani, che spingono al massimo
le puntate al lotto alla vigilia della
Natività. Si tratta di una strana storia,
che iniziò quando qualcuno voleva
farla finire. Era il 1734 e Carlo III,
deciso a ripristinare il gioco del Lotto soppresso dopo il terremoto del 1688 si trovò ad affrontare il furioso moralismo di un domenicano, Gregorio
Maria Rocco, contrario all’immoralità
dell’azzardo. Questi riuscì ad ottenere
dal Re una sospensione del «gioco
infame» nelle festività natalizie, per
non distrarre il popolo dalla preghiera.
Ma figuriamoci se i napoletani si
fermavano per un’ordinanza. A dispetto del divieto, si passarono parola per i
vicoli e, in attesa della Mezzanotte
Divina, adottarono i novanta numeri
del Lotto per un’estrazione da ripetere
di casa in casa, con «panarielli» di
vimini e tasselli di legno numerati. Fu
così che nacque la Tombola, per un
gesto di ribellione, e con essa la mania
di giocare sotto Natale.
Come ogni anno Chiaia Magazine, di
questi tempi, dà i numeri. Per trovare
le giuste combinazioni ci hanno dato
una mano due tabaccherie: quella dei
fratelli Moggio a via dei Mille 61/c, e
quella della famiglia Postiglione a
Largo Ferrandina a Chiaia.
5, 30 e 32. Tombola, struffoli e capitone, ingredienti di una Novena partenopea. Ma che Natale sarebbe senza
frutta secca ? 51 le «sciòsciole». Infatti
Dicembre, mese speciale per il lotto:
Chiaia Magazine, come da tradizione,
propone alcune combinazioni
tra ironia e curiosità
si dice: «A Natale tutte scurzetelle, a
Pasca tutte mullechelle». Ma anche:
«Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa
‘o buono Natale e ‘a mala Pasca».
Detto antico che ricorda come i napoletani siano disposti a tutto per onorare la Festa anche se, prima o poi, i
debiti si pagano, perché «Doppo
Natale, friddo e famma». Saggezza
antica che, cent’anni fa, faceva scrivere a Matilde Serao che il peggio che
potesse capitare, a Natale, era di essere
così poveri da non poter giocare neppure un biglietto della Lotteria.
14 e 57. Il gioco del lotto e il vizio. Un
vizio irresistibile, su cui è facile speculare. Chi di voi, ad esempio, conosce la storia di Caglicagli ? Era un
Natale degli inizi del Novecento
quando quest’uomo si mise a girare
per i quartieri più popolari vendendo, per pochi centesimi, bigliettini
miracolosi con ambi «sicuri». Siccome aveva calcolato ogni possibile
combinazione di ambi sulla ruota di
Napoli, li distribuì su altrettanti
foglietti e, se riusciva a venderli tutti,
la domenica mattina c’erano sempre
dieci vincitori. Una notizia che faceva il giro dei quartieri molto più
persuasiva degli insuccessi. Questo
genio aveva inventato un «sistema
infallibile» per guadagnare sulle
giocate altrui ma, da un giorno all’altro, sparì nel nulla, rimanendo per
sempre un personaggio misterioso.
86 e 39. La Tassa degli Imbecilli. Nep-
pure si sa chi definì il Lotto in questo
modo. Ma non esagerò perché, come
si è visto, veramente si trattò di una
gabella statale. Non per niente Giustino Fortunato sostenne la colpevolezza
di uno Stato che, attraverso il gioco,
«accumulava denaro dai più poveri».
Già, ma che competizione c’è contro
la speranza di un terno al lotto?
7 e 33. Speranza e illusione. Non poté
nulla neppure Garibaldi, che ordinò la
soppressione del gioco all’indomani
del suo ingresso a Napoli. Una battaglia persa quando la vita è rimessa ai
numeri e la speranza fa crescere l’ansia a dismisura, cibandosi di desideri
ad occhi aperti e a portata di mano per
qualche giorno.
63, 34 e 9. Il sogno, il teschio umano
e i numeri giocati. Una speranza che
contagia le anime e si trasmette di
bocca in bocca, alla vigilia delle
estrazioni, attraverso numeri che
saltellano di porta in porta, urlati
dalle finestre come segreti di Pulcinella, perché tutto il vicinato contribuisca a decifrare il mistero di Nanninella, che ieri è caduta per le scale, o
di Pasquale, che ha sognato di strozzare il capufficio. Intorno a questi
fatti si muove la cabala e dove non
arrivano gli uomini ci sono le «capuzzelle». Già, perché c’è chi adotta un
teschio al Cimitero delle Fontanelle e
lo accudisce regolarmente, sicuro che
un giorno il defunto si manifesterà in
sogno coi numeri vincenti.
24 e 25. La Vigilia e Natale. L’ambo
storico. Cosa c’è di più vincente del
25, il numero di Natale? 25 è anche il
presepe e lo zampognaro che suona
la Novena.
12 e 31, ambo di Capodanno. Giocatelo prima che sia troppo tardi. Prima
del cotechino e delle lenticchie. Potete
accompagnarlo con l’8, i fuochi d’artificio (accendete solo qualche stellina,
mi raccomando...) o con 20, la festa.
2 e 52, ovvero la bancarella e l’arte di
arrangiarsi. Questo è Ciro, un simpatico ometto che otto Natali fa mi abbordò in questo modo: «Dottò, accattateve ‘a Maronna e San Giuseppe, mettitele dint’a grotta e jucateve 8, 19 e
74… oppure 54 e 11, ‘o bue e l‘asinello». Mi avvicinai e notai, con sopresa,
Bin Laden insieme a Madre Teresa di
Calcutta. Cosicché, per stuzzicarlo, gli
dissi: «Scusate, ma che ci fa Bin Laden
nel Presepe ?» «Dottò, ma che dicite» e
subito prese il pastore di Bush e lo
mise accanto a Bin Laden, esclamando trionfante: «E vinnimme ‘nsieme,
accussí stu fetentone nun po’ fa danne
in Paradise !».
Che genialità. Quell’uomo, in pochi
istanti, aveva trovato il modo di vendere due pastori invece che uno. Non
potei fare a mano di sfruculiarne
l’intelligenza. Così mi guardai attorno
e gli occhi si posarono su un capellone
in calzoncini corti, tarchiatello, con gli
occhi come due gocce di caffè. «Gesù,
ma è Maradona!». «Dottò… se ve
l’accattate, vi do i numeri da giocare !»
Incuriosito, pagai e aspettai la rivelazione. Ciro mi strizzò l’occhio e sussurrò: «Jucateve ‘o 10 e ‘o 90. Ambo
secco sulla ruota di Napoli !». Lo guardai stralunato: «Ma 90 non è la paura?». Quello mi stroncò con uno sguardo che mi fece sembrare un marziano:
«Dottò, ma che napulitane site ! Nun
sapite che 90 è ‘o Ddio ??!!».
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(27)
ARTE
PITTURA
Il presente
è «paleo»
Luciana Ranieri
D
alla collina di Capodimonte al cuore
della città, l’arte contemporanea si
intreccia al passato, abbracciando
Napoli fino al 6 gennaio 2014.
Si tratta di «Paleocontemporanea», la
rassegna nata da risorse giovani e coraggiose della città: la cooperativa La
Paranza Onlus, che gestisce i siti delle Catacombe di Napoli, e l’associazione EsseArte dei fratelli Scuotto,
gruppo artistico che da anni s’impegna per la diffusione dell’arte al di
fuori dei circuiti tradizionali, in collaborazione con l'Arcidiocesi di Napoli, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta e la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano.
La rassegna, partita a settembre, si
svolge in quattro poli cittadini (Catacombe di San Gennaro, Museo Archeologico Nazionale, Museo di Capodimonte e Osservatorio astronomico di Capodimonte), muovendosi
su due direttrici. Da un lato, una mostra di alto profilo artistico che riunisce artisti del passato e oltre sessanta contemporanei, selezionati da
Holger Milkau, decano della Chiesa
Evangelica Luterana in Italia. Personalità di fama e talento provato si affiancano così a quelli emergenti in
una mostra ispirata al concetto della
(28)
«trascendenza», cui Paleocontemporanea 2013 fa riferimento nel sottotitolo: «Elementi di trascendenza nell’arte dall’antichità al presente».
Dall’altro, in una prospettiva più dinamica, svariati appuntamenti accompagneranno tutto il periodo della rassegna. A questo proposito, sono
in programma eventi legati al teatro,
al cinema e ai nuovi linguaggi artistici, arricchiti da convegni e seminari
su problematiche di forte interesse
culturale.
Tra queste attività, un concorso aperto a tutti gli artisti under 40 (anche
non selezionati per la mostra), che
prevede l’assegnazione di un premio
di 3.000 euro, con cui si invitano i talenti più giovani del territorio a produrre opere dedicate al tema scelto
per la rassegna. Tra realizzazioni di
nomi noti dell’arte e giovani promesse, i visitatori possono accedere
ad un percorso che, seguendo il filo
della trascendenza, svela opere d'arte del passato e del presente (come
suggerisce anche il nome della rassegna), cercando di dare visibilità alle nuove risorse artistiche del territorio e, in più, di ottimizzare la collaborazione tra comunità cristiana e
arte contemporanea.
Il Museo Archeologico e quello di Capodimonte offrono, poi, al percorso
della mostra una selezione di opere
antiche conservate nel rispettivi spazi e ospitano un’installazione di un
famoso artista contemporaneo, ispirata alla tematica della rassegna.
È possibile visitare tutte le location
della mostra con un unico biglietto
Artecard, al costo di 16 euro.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
È una «mostra
impossibile» e
ricchissima quella in
esposizione, dal 3
dicembre al 21 aprile
2014, al Convento di
San Domenico
Maggiore.
Le tele di tre grandi
nomi dell’arte italiana
vengono riprodotte con
sofisticate tecnologie
digitali su un supporto
trasparente
retroilluminato, in
scala 1:1 e ad altissima
risoluzione. 63 dipinti
di Caravaggio, 37
opere di Raffaello e 17
di Leonardo, con una
spiccata finalità
didattica: ogni opera è
infatti corredata da
pannelli illustrativi
che, oltre alle
consuete informazioni
(titolo e collocazione
attuale) ne descrivono
gli aspetti più rilevanti
con didascalie firmate
dal direttore scientifico
della mostra, il
professore Ferdinando
Bologna, autorevole
storico dell'arte del
nostro tempo.
Occhio di riguardo
Effetto museo
Riavvicinare all’arte e ampliare la fetta
di visitatori, turisti e non, dei musei di
Napoli. Con questi obiettivi nasce
«Effetto museo», il progetto multidisciplinare ideato e diretto da Pino Miraglia, in programma a Napoli fino al 12
gennaio 2014. La rassegna interdisciplianare coinvolge didattica, fotografia,
musica e teatro e interessa le varie
strutture del Polo Museale di Napoli,
che quest’anno comprende il Museo
Diego Aragona Pignatelli Cortes - Villa
Pignatelli, il Museo Nazionale di Capodimonte ed il Museo Duca di Martina Villa Floridiana. Eventi, manifestazioni e
laboratori arricchiranno la visita ai siti
di sollecitazioni culturali, rendendo
l’escursione un momento aggregante,
formativo e interattivo, e superando,
così, la fruizione passiva ai beni storici,
artistici e ambientali di cui il polo
museale è ricco. Insomma, itinerari di
musica e arte per dirottare il visitatore
verso un un concetto innovativo di
avvicinamento all’arte. In programma,
tra le manifestazioni più suggestive,
«Andar per fiabe», un insieme di spettacoli teatrali con riletture dei classici
della letteratura per l’infanzia, in cui i
giovani spettatori saranno co-protagonisti di storie fantastiche; e «Guardate!
Racconti fotografici», percorso teatrale
sull’Arte e la Fotografia (sabato 21 e
domenica 22 dicembre). Mentre, tra gli
spettacoli serali, interessante «Marlene
Kuntz vs signorina Else», concerto
speciale di sonorizzazione del film muto
“La signorina Else” di Paul Czinner, che
ha animato Villa Pignatelli il 12 dicembre.
LUCIANA RANIERI
ARTE
ritratti
Il medico
della
ceramica
RICERCATORE INSTANCABILE DI
PEZZI RARI, GIORGIO NAPOLITANO
È UN ESPERTO E COLLEZIONISTA
D’ARTE CON VIETRI NEL CUORE
Livia Iannotta
In ogni passione si inciampa per caso.
Prendiamo Giorgio Napolitano (nella
foto il primo da sinistra), 66 anni, napoletano, studioso e collezionista di
ceramiche vietresi, autore del volume
«Nuove identità. La ceramica vietrese
protagonista del Novecento» (Fioranna Ed.). Siamo agli inizi degli anni ’70
e Giorgio Napolitano è uno studente
alla facoltà di Medicina, allora con sede al Vecchio Policlinico. Libri sotto
braccio, tra una lezione e l’altra, girovagando tra le viuzze del centro storico, finisce in una chiesa, tra affreschi e
sculture, pezzi d’arte che traboccano
nel cuore della città. Di Napoli, nonostante tutto, ci si innamora sempre. E
così capita che dopo quarant’anni ci si
ritrova «medico per hobby e lavorato-
Quel
Gallery
segno nel
tempo
FINO AL 7 GENNAIO 2014
SALVATORE CIAURRO ESPONE
NELLA SALA CARLO V
DI CASTEL NUOVO
re della scultura», appendendo al chiodo, impegni permettendo, il camice
bianco. Sotto ai panni di dirigente del
Centro di Malattie Respiratorie di corso Vittorio Emanuele, Napolitano indossa ogni giorno quelli del collezionista, ricercatore instancabile di pezzi
rari dimenticati nella storia, spesso i
più suggestivi, quelli in cui il passato ha
lasciato le orme più pesanti. Il colpo di
fulmine con l’arte si è trasformato in
una vera a propria «mission», approdata nel 2011 alla formazione di un
gruppo di lavoro con l’obiettivo di «far
emergere il tessuto straordinario di arti decorative del ‘900 napoletano di cui
si è persa traccia». Insieme a lui Maria
Grazia Gargiulo, Alessandro Malgieri,
Daniele Lucignano, Antonella Delli
Paoli scavano nel passato per riportare alla luce la memoria artistica de-
pauperata, spesso violentata, di Napoli. Una cerchia di innamorati dell’arte che lotta tramite mostre e pubblicazioni. Il «tempio» dove l’arte torna a vivere è la Galleria di Arti Decorative di Maria Grazia Gargiulo e Alessandro Malgieri, in vico Ischitella 8 a
Chiaia. È lì che Napolitano ha alzato il
sipario sulla «Negritude della ceramica vietrese». Un catalogo di trenta oggetti in cui riecheggiano i colori, le immagini e i protagonisti di un’Africa primitiva e ancestrale, rimasto in esposizione fino all’11 novembre.
Si tratta di ceramiche ripescate dagli
anni ’30 ai ’60, per lo più modellate
dalla creatività di Richard Dolker, capostipite della scuola tedesca a Vietri,
e Salvatore Procida, punta di diamante della ceramica vietrese, che si arrampicano sul concetto di «negritu-
Ventiquattro opere in
cui si intrecciano
tempo e metamorfosi, ingredienti fondamentali della pittura
di Salvatore Ciaurro.
La personale dell’artista napoletano sarà
in esposizione fino al
7 gennaio 2014 nella
Sala Carlo V di Castel
Nuovo a Napoli, nella
mostra dal titolo “Il
segno nel tempo
1993-2013”, curata
da Daniela Ricci.
Ciaurro è un artista
colto, ligio ai canoni
fondamentali del
disegno e della pittura.
Al limite dell’astrattismo, la sua ricerca è
scandita prevalentemente dalla realizzazione di cicli che rappresentano i periodi
più proficui della sua
attività. E infatti la
dimensione temporale
(che dà anche il titolo
alla mostra) intesa
come tempo interiore
da cui si tracciano
nuove forme, è un
VALENZI
ERUZIONI
In esposizione al Maschio
Angioino, fino al 30 marzo
2014, la mostra «Da
Guttuso a Matta - La
Collezione Valenzi per
Napoli», organizzata dalla
Fondazione Valenzi e dal
Comune di Napoli e curata
da Olga Scotto di Vettimo.
L’esposizione raccoglie
circa sessanta opere, tra
pitture, disegni, ceramiche
e piccole sculture, incluse
nella collezione
appartenuta a Maurizio
Valenzi, militante
antifascista, sindaco di
Napoli, artista ed
intellettuale, animatore
della vita culturale
Il Vesuvio e San Gennaro.
Due entità, due simboli.
Uno soprannaturale e
l’altro naturale, che
insieme hanno influito in
modo determinante
sull’indole, il carattere e i
destini di un popolo e di
una città. Fino agli ultimi
giorni di febbraio del
prossimo anno, il Museo
del Tesoro di San Gennaro
ospita la mostra dal titolo
«Fuoco e passione», in cui
le due anime di Napoli si
fondono in un percorso
museale fatto di arte, fede,
tecnologia, storia,
realizzato in
collaborazione con
napoletana. Valenzi visse
sempre la sua vocazione di
uomo di arte e di cultura
strettamente intrecciata
all’impegno civile e
politico e la collezione
testimonia questo legame,
e consente, allo stesso
tempo, di conoscere ed
apprezzare le maggiori
opere e gli artisti del
cosiddetto “secolo breve”.
de», cui i due sono artisticamente vicini, intesa come «ritorno alle origini, avvicinamento alla magia nera, all’uomo
negro, non greco, l’uomo del sentimento e della natura», spiega Napolitano. Fino al 30 novembre, poi, la Galleria ha aperto le porte ad un’altra suggestiva mostra: «Il piccolo Principe. La
materia di un sogno». Dai ritratti di pesca, caccia, danze primitive, dal rapporto viscerale con la terra si passa così all’evocazione del sogno con le realizzazioni di Laura Mazzella, ceramista napoletana. Opere dai colori pastello, ispirate al libro che non invecchia mai, quello che tutti hanno letto
e «saccheggiato», e, prima ancora, al
bambino dallo sguardo malinconico
che abita il guscio di ogni adulto. Ma la
«task force» dell’arte decorativa punta
soprattutto a colmare il vuoto conoscitivo che incarta il passato: «È come
se la memoria artistica della città fosse degradata – spiega Napolitano – Per
la ceramica, in particolare di fine ‘800
e inizio ‘900, non vi era alcuna trattazione sistematica della sua storia. Nei
mercatini in cui giravo negli anni ’80
riuscivo ad impossessarmi di pezzi
unici a poco prezzo, perché non se ne
comprendeva il valore, mancando
punti di riferimento. Non c’era una conoscenza appropriata delle tecniche
di ceramica del periodo, dei decori».
Vuoto riempito, in parte, dalle quattro pubblicazioni di Napolitano sulla ceramica di Vietri sul mare e una su
quella napoletana («La ceramica di
Posillipo»).
tema interiore scrutato e indagato
nelle sue mille sfaccettature. Quasi
come un “archeologo” del quotidiano, Ciaurro esplora la realtà, muovendosi in una continua ricerca di
sperimentazione. «La memoria non
riproduce -spiega l’artista - ma ridisegna la realtà, la reinterpreta perché
necessariamente deve fare i conti
con il profondo». L’intera sua produzione artistica è poi scandita da cicli
produttivi influenzati soprattutto
dalla poesia e la letteratura. Tracce di
grandi della letteratura come Pavese,
Pasolini, Marquez, Lorca, Hemingway sono nascoste nelle sue opere.
l’Osservatorio Vesuviano.
Una raccolta di antiche
fotografie d’epoca,
documentazioni letterarie,
quindici gouaches
sull’eruzione del Vesuvio
con antichi strumenti di
rilevazione dei fenomeni
vulcanici (come il primo
sismografo al mondo
ideato da Luigi Palmieri),
minerali curiosi e stampi di
conio realizzati con la lava
incandescente, che
costituiscono il patrimonio
del primo osservatorio
vulcanico al mondo, voluto
dal re Ferdinando II.
La mostra è anche
l’occasione per ammirare il
tesoro di San Gennaro, una
ANTONIO BIANCOSPINO
delle collezioni più
suggestive di Napoli.
Ma non è tutto. Il Museo
organizza, nelle serate del
9, 16 e 19 dicembre, visite
guidate abbinate a
concerti, in cui si
esibiranno i Vesuvius
Ensembles, un trio con
sede a Toronto, diretto dal
tenore Francesco
Pellegrino.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(29)
LIBRI&LIBRERIE
LIBRIDINE
Aurora Cacopardo
Novità
Le pagine
«bianche»
di Giorgio
QUEL REGNO
PERDUTO
ENZA SILVESTRINI E BARBARA BALBI
CON «DIVERSI AMORI» AFFRONTANO
IL TEMA DELL’OMOSESSUALITÀ
GIOCANDO CON PAROLE E IMMAGINI
Enza Silvestrini, già nel 2008, aveva prestato la
In questi giorni in cui si è ancora scossi dal
propria voce (con “Sulla soglia di piccole porte”,
suicidio del ragazzo ventunenne romano, una
oggi alla sua seconda edizione con la Iuppiter
lettura come “Diversi amori” potrebbe fornire il
edizioni) per il racconto di una Napoli quale può
supporto adeguato a dubbi che al momento non
essere vista e vissuta da una bambina. L’incontro
si è in grado di formulare. Il libro, edito da
con Barbara Balbi, che è sempre a contatto con i
Iuppiter edizioni, vede la scrittrice Enza
bambini e i ragazzi grazie ai suoi laboratori
Silvestrini in collaborazione con la storica
artistici, potrebbe rivelare un’evoluzione nello
dell’arte Barbara Balbi per una combinazione di
stile dell’autrice e la nascita di un
parole e immagini.
sodalizio duraturo e proficuo. Le
La storia è delle più semplici:
due autrici realizzano l’intento
Giorgio, poco più di un
educativo del loro lavoro con
ragazzino, si scopre per la
incontri metaforici di poche
prima volta innamorato.
parole e collage di disegni
L’oggetto delle sue attenzioni
stilizzati e ritagli, lasciando molto
non è, però, quello che la
alla libera interpretazione e
società si aspetta, vale a dire
implicando così, in modo
Maria ma Antonio. Preda di
naturale, l’intervento di un
queste nuove sensazioni,
insegnante-guida. I volti dai tratti
piacevoli seppure inattese,
abbozzati sono lì per essere
interroga un mondo non
sostituiti dai giovani lettori con i
pronto e non disposto a dargli
propri e fare un po’ di chiarezza
le risposte adeguate. Ma
fra queste pagine «bianche» su cui
Giorgio saprà trovarle da solo e
Giorgio disegna le sue incertezze.
si riveleranno profonde e
Il risultato è uno stile delicato, che
significative.
non aggredisce, ma accompagna,
Diversi amori è un libro
cercando il più possibile di non
sull’amore, omosessuale o
DIVERSI AMORI
sovrapporsi allo voce interiore dei
eterosessuale che sia, e la sua
lettori.
magia. Dedicato ai
Enza Silvestrini
L’attenzione che il volume porta
giovanissimi, piccoli uomini e
e Barbara Balbi
alle parole si palesa già nel titolo,
piccole donne in piena
Iuppiter Edizioni
dove diverso è richiamato non,
formazione, indica la giusta
64 pagine
come vorrebbero interpretazioni
direzione: insegnare la «parità
fuorviate (e fuorvianti!), in quanto
di sentimenti». Si propone,
contrario di normale, ma perché
pertanto, come testo
sinonimo di molteplice. Un invito, questo, a
scolastico per le medie riconoscendo
scoprire e conoscere l’altro, riflettendo anche sul
l’importanza della scuola come primo
peso che le parole, talvolta in modo
microcosmo sociale in cui apprendere, per
inconsapevole, possono assumere.
metterli in pratica, la tolleranza e il rispetto, non
solo degli altri, ma soprattutto di se stessi.
SARA GIUSEPPINA D’AMBROSIO
Altri libri
NUOVO VOCABOLARIO
DIALETTALE
NAPOLETANO
Francesco D’Ascoli
A. Gallina Editore
Ogni interesse o studio
di Napoli non può
evitare l’incontro con il
dialetto napoletano.
Questo vocabolario si
presenta, quindi, come
imprescindibile
strumento di mediazione e conoscenza, anche
per gli stessi napoletani desiderosi di ritrovare il
sapore di alcune parole antiche. Un repertorio
completo delle voci è arricchito da curiosità
etimologiche. Non mancano, infine, fonti
letterarie a supportare l’intero lavoro.(s.g.d.)
(30)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
CULTI E DEI A
POZZUOLI
Charles Dubois
Valtrend Editore
Pubblicato per la prima
volta a Parigi nel 1902, il
saggio è stato tradotto
in italiano da Gabriella
Pisano e poi pubblicato,
nel 2007, in un volume
a cura di Francesco
Pisano. Opera poco
nota, propone uno sguardo interessante sulla
città di Pozzuoli come poteva apparire più di
cento anni fa agli occhi di uno straniero. Un
copioso repertorio di foto e disegni d’epoca
completa il valore di questo antico studio,
dando maggiore fruibilità al volume. (s.g.d.)
Antonino Ballarati,
amante di Omero, dei
miti, della storia, si cimenta in questo lavoro - Il Regno perduto in un viaggio lungo
ventotto secoli. Da
un’età mitologica,
quando la Kalabrya
era abitata da Enotri,
Choni, Arcadi, dalla civiltà greca a quella romana fino all’invasione piemontese. Il libro
che compie un percorso così lungo ed accidentato, dal momento che si occupa
del processo di formazione dell’Unità d’Italia e quindi anche del
Risorgimento, deve
per forza evocare fatti
politici, religiosi, sociali, economici, culturali, cosa che egregiamente fa Ballarati,
perché la storia è fatta
da «fatti». A mio avviso un libro che vuol
essere ibro di storia
dovrà necessariamente essere un libro di interpretazione, di comparazione, di avvenimenti che riguardino
la nostra terra, quel
piccolo mondo che
chiamiamo Italia. Se è
vero che non ci sono
binari precostituiti
sulla cui linea si dispiega il destino umano, allora la storia, e
Ballarati ce lo dimostra, può essere libertà o servaggio, progresso o decadenza,
gente che resiste alle
passioni o gente che
da esse si fa guidare.
Interessante è la prefazione del libro scritta da Mario Vicino, sia
perché esaltazione del
Sud è fatta dall’Alighieri «l’alpestre monte ond’è tronco Peloro», verso magnifico
che fa balenare innanzi ai nostri occhi un
pezzo di Aspromonte
cadente nell’azzurro
mare di Scilla, sia perché la Calabria viene
esaltata ancora nel Paradiso - IV cielo - allorché San Bernardo
indica al suo fianco un
grande mistico «Calavrese, vampa bruzzia
nobilissima: abate
Gioacchino da Fiore».
Mario Vicino pone in
evidenza come Ballarati abbia compiuto
un lungo viaggio nel
tempo, sia nella Calabria che nel Sud in ge-
nerale, sottolineando
che i meridionali sono
sempre presenti laddove ci sia un’opera
da costruire, una difficoltà da vincere, una
verità da dimostrare.
Lo studio delle vicende storiche è analisi
delle condizioni, delle
circostanze, degli intrecci in cui condizioni e circostanze si vengono a trovare. Ballarati ha tentato, con
buon risultato, di ordinare concettualmente la realtà del nostro Paese, lungo l’arco di ben ventotto secoli. Ci ha aiutato a
leggere il passato, ci ha
fornito strumenti per
la comprensione del
presente e per lanciare uno sguardo al futuro. A conclusione
del meticoloso lavoro,
vorrei sottolineare due
passi particolarmente
interessanti. Uno riguarda lo storico Giordano Bruno Guerri, il
quale afferma: «L’annessione del Sud fu
una guerra di conquista, spietata e brutale». L’altro riguarda
ciò che disse il diplomatico francese Henry D’Ideville, ammiratore pentito di Cavour:
«L’Unità italiana ha
generato il garibaldinismo, la guerra contro la religione, il prestito forzoso, l’imposta sui redditi. Questo
condannò il Paese alla bancarotta ed al disordine. La confederazione sarebbe stata la
soluzione della questione italiana e credo
che non vi sia un italiano amante del suo
Paese che non desideri questa soluzione».
L’Italia dal 2 giugno
1946 è diventata una
Repubblica Democratica, libera ed indipendente. Il Sud è ritornato ad essere terra
di immigrazione, come nei secoli passati e
sulle sue terre trova
posto un numero
sempre maggiore di
stranieri; il Mediterraneo è nuovamente al
centro del mondo, ma
in senso peggiorativo.
Ancora una volta l’intreccio di problemi
inestricabilmente mescolati sembra assumere aspetti inquietanti e contrddittori,
in un territorio che la
natura ha dotato in
abbondanza di bellezze di ogni genere.
LIBRI&LIBRERIE
Napoli ha
il suo
Dan Brown
tesa a cogliere - dal tumulto
della realtà esterna - forse dalla
stessa fatica del vivere un
ordine e una calma spirituale,
verità interiore in nome della
quale credere alla religione
delle cose.
Napoli in tutte le sue
angolazioni, il Cilento.
Taormina e l’Etna il cui fuoco
oscura il cielo, diventano
presenze per lui familiari di un
procedere insieme in un unico
corpo d’amore. La raccolta
poetica di Ciro Di Costanzo è
un viaggio che diviene metafora
della vita, misurazione
dell’esistenza in tutto il suo scorrere.
L’Irpinia ha un
ruolo rilevante
nella Storia della
Letteratura italiana per una serie di
presenze, circostanze e testimonianze, che la
fanno ritenere di
ineludibile riferimento. Qui, intorno alla metà del
’200, si ebbe la
gemmazione della
Scuola Poetica
Siciliana, per i componimenti amorosi di
famosi rimatori, come Rinaldo d’Aquino, già
falconiere di Federico II, e Giacomino Pugliese.
Qui, nell’800, nacque il grande pensatore,
Francesco De Sanctis, che intuì e dimostrò,
con la sua celebre Letteratura Italiana, come
l’unità di pensiero e letteraria del Paese fosse
preesistente a quella politica, anzi, la sua
ritrovata anima. Qui, a Montemarano, antico
borgo dell’Alta Irpinia, dove nel 1615 scelse di
fare il governatore al servizio dei principi
Caracciolo, Giambattista Basile stese il testo
definitivo de “Lo Cunto de li Cunti”, fonte della
favolistica mondiale, ispirata a trame popolari
locali tuttora vive. Qui sono nati e si sono
formati i più importanti italianisti del ’900
come Carlo Muscetta, Attilio Marinari, Gennaro Savarese, Dante la Terza, Antonio La Penna,
Toni Iermano. Sulla scia di questa ricchezza di
pensiero oggi si pone e va vista anche l’opera
del Centro di Documentazione di Poesia del
Sud, fondato da Paolo Saggese, saggista e
critico letterario prestigioso e da Giuseppe
Iuliano, operatore culturale e poeta tra i più
apprezzati. Coniugando l’amore per la ricerca
e la indispensabilità della promozione, come
doverosa necessità nel sapersi rapportare alle
esigenze di una società partecipativa, anzi
globale, il loro impegno da tempo si sta
spendendo nella catalogazione critica di ogni
voce e fonte ispirativa, cui non solo è conferita una dignitosa presenza ma si offre l’opportunità di uscire dall’Hortus conclusus di
luoghi, ambienti, a volte, anzi troppo spesso,
fatalmente angusti. Senza contare l’opera di
recupero di poeti ingiustamente sconosciuti
o dimenticati, destinati a definitivi oblii, che
unita alla coraggiosa battaglia di vigilanza
contro emarginazioni o esclusioni di cecità
ideologica o geografica, ha conferito a questa
terra nuovi primati letterari. Con questo
spirito originario, che quattro anni fa consentì il varo del primo volume della “Storia
della Poesia Irpina- dal primo Novecento ad
oggi (allora pubblicato da Sellino Editore), in
questi giorni ha visto la luce il secondo volume della Storia della Poesia Irpina a cura di
Paolo Saggese per la collana GhirlandeStéphanoi della “Delta 3 Edizioni”. Preceduta
da uno scavo critico illuminante- in cui
Saggese è maestro riconosciuto- l’antologia
consente di addentrarsi al meglio in un
contesto di espressività senza pari, spianando la strada a chi ama la poesia e ne ricerca le
voci più interessanti con una scansione
rigorosa ed esaustiva di centodue ritratticiascuno con più di un apporto critico- divisi
in poeti della tradizione, fascisti, antifascisti,
della diaspora americana, in latino, meridionalisti, realisti, civili , della linea sperimentale, dialettali, dell’ultima generazione. Quanto
basta per rendersi conto che, sotto una società globale e omologante, c’è ancora un’
immensa caldera di vitalità ispirativa salvifica, in perenne ebollizione.
AURORA CACOPARDO
ANTONIO BIANCOSPINO
MAURIZIO PONTICELLO LASCIA
LA VIA DEL SAGGIO E INTRAPRENDE
QUELLA DEL ROMANZO
CON IL THRILLER «LA NONA ORA»
vita in un incubo. Disperata, chiede aiuto ad un
Il minuto e mezzo del booktrailer (visibile su
amico che ha un passato avventuroso come
youtube) viene riempito da immagini scure che
agente segreto, Jax. L’aggressore si scatena,
scorrono nervose sullo schermo: un ragno che
diventando sempre più violento e pericoloso,
tesse una tela, una Napoli in controluce. Poi un
tanto che Silvana, nel primo
avvertimento: «Il libro che non
giorno di lavoro come docente
dovrebbe essere letto. Mai». Che
precaria all’Università, trova il
in fondo più che un invito a
parabrezza dell’automobile in
chiudere il romanzo per
frantumi e lo scooter fuori uso.
regalarlo alla polvere di una
Jax propone allora di consultare
mensola, ha il sapore di una
un esperto di ermetismo,
provocazione. Quell’accento di
l’ultraottantenne professor
mistero, «La nona ora»
Ambrasi, che tiene simposi sul
(Edizione Bietti, Milano),
potere occulto. Nel frattempo
debutto letterario di Maurizio
un’Organizzazione misteriosa
Ponticello (nella foto di Maria
presenta ai suoi adepti un
Teresa Gargiulo), se lo porta
sofisticato progetto, Araknes,
dietro dall’inizio alla fine,
che ha l’obiettivo di tessere una
creando, nelle 425 pagine che
trama per spiare e controllare
compongono il romanzo, un
ogni singolo abitante della
mosaico di suspance, ritmo
Terra. Qual è la chiave di
incalzante, inquietudine in
collegamento tra la bella e
crescendo. Giornalista,
tormentata docente di
scrittore, già autore di saggi
LA NONA ORA
antropologia, all’alba della sua
quali «Napoli, la città velata», «I
carriera universitaria, l’agente
misteri di Piedigrotta»,
Jax, il vecchio professor
«Misteri, segreti e storie insolite
Maurizio Ponticello
Ambrasi, l’Organizzazione e il
di Napoli», «I Pilastri dell’anno.
Bietti Edizioni
persecutore di Silvana? E che
Il significato occulto del
425 pagine
ruolo ha l’amico di lei che
Calendario», Ponticello si
sembra tessere una trappola
misura per la prima volta in un
mortale? Attorno a questi
thriller al cardiopalma, condito
interrogativi si snoda l’intero
di colpi di scena e tensione. Le
romanzo, in cui poteri occulti, manie, fantasmi,
provocazioni di cui è condito il libro, poi, sono
evidenti sin dal titolo. Nel 1999 l’artista Maurizio integralismi, fobie, conoscenze arcane e karma
diventano «humus» del contorcersi degli eventi,
Cattelan aveva battezzato così l’opera in cui
andando a toccare anche tematiche di grande
raffigurava papa Wojtyla adagiato su una
attualità come femminicidio e stalking, in
moquette rosso sangue, sotto il peso di un
un’impostazione generale del romanzo che
meteorite. Napoli contemporanea. Una città
rievoca la prosa veloce e accattivante di Dan
insolitamente solare. Silvana, giovane
antropologa, diventa preda dell’ossessione di un Brown e dei romanzieri americani di
fantathriller.
oscuro persecutore. Telefonate nel cuore della
notte e minacce continue trasformano la sua
LIVIA IANNOTTA
DI COSTANZO TRA BELLEZZA E VERITÀ
La raccolta di poesie di Ciro
Di Costanzo nel libro
“Bellezza e verità” (edito da
Book Factory, Milano 2013)
rappresenta frammenti di
ricordi, momenti di tenerezza,
lampi di memoria.
Le liriche scritte in italiano e
in vernacolo - con modalità
espressive diverse - non
perdono il fascino di un
viaggio immaginato che
implica e genera ricordi.
Sentimenti, pene, amori,
rimorsi.
L’iter poetico è costruito sulla
tensione degli opposti: lucetenebra, passato-presente, equilibriodisordine. Si tratta di una capacità astrattiva
Poesia irpina, la storia
ispirata di Saggese
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(31)
LIBRI&LIBRERIE
Novità
Un futuro
libero
e socialista
IL SAGGIO DI GIOVANNI GRIECO
TRACCIA UNA VIA DI USCITA
DALLA SPREGIUDICATA EGEMONIA
DEL MONDO FINANZIARIO
grandi giochi finanziari».
«Aleggia in questi tempi, in
Basta questo frammento, estrapoparticolare, nell’Occidente lo spetlato dalle note introduttive al libro
tro della povertà… Angoscia il
di Giovanni Grieco (nella foto):
presente e toglie speranze nel
«Mercantilismo e
futuro, scoraggia
Socialismo: dal
persino l’approfonProfitto alla Libertà”
dimento delle sue
(Semeja Editore),
origini, degli eventi,
per rendersi conto
dai quali è spinto a
della stringente
soffiare sulla vita di
attualità delle promilioni di persoblematiche affronne… Cifre, valori
tate e, allo stesso
finanziari voltegtempo, della intensa
giano, incupendo
passione civile che
l’atmosfera e non
anima e ha ispirato
lasciano intravedel’autore. Passione,
re spiragli di luce.
verificabile per di
I notiziari economipiù in una coerenza
ci sono bollettini di
di vita, di socialista
guerra tra lo Stato e
militante e di doi cittadini, entramMERCANTILISMO
cente di Medicina
bi perdenti… OrE SOCIALISMO
del Lavoro, tra i
mai c’è la perceziodi Giovanni Grieco
primi a indicare e
ne diffusa che la
Semeja Editore
denunciare senza
politica è un impo316 pagine
riserve i responsanente armamentario manovrato dai
bili di un maledetto
(32)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
e prevaricante gioco. Con queste
premesse, il saggio non poteva non
andare subito a segno, individuando il principale responsabile di
tante vicende degenerative: il mercantilismo, la visione più spregiudicata del mercato, messo rigorosamente a nudo con tutto il suo vile
arredo di trappole, lusinghe, fittizie
aperture, ma soprattutto di astuzie,
o meglio, di nequizie finanziarie,
che hanno ridotto la nostra esistenza a un’ impari sfida giornaliera,
per di più sconvolta sempre più da
amare bancarotte speculative.
Un contesto su cui Grieco punta
insistentemente il dito, invitandoci
a riflettere e a renderci conto che la
violenza non si esercita solo con
atti inconsulti ma sempre più spesso, ai nostri giorni, «con le transazioni finanziarie, dove la cifra dell’assoggettamento delle persone è
l’impoverimento fino all’indigenza
che il capitalismo finanziario esercita su milioni di persone, anche
con la finzione di dichiararli sovra-
ni del loro Stato che, in realtà, non
è che la cinghia di trasmissione del
mercantilismo, un liberismo, il
feticcio dell’autoregolamentazione
dei mercati».
Stando così le cose, che cosa c’è
rimasto da fare allora?
A differenza di chi si agita e si illude
di venirne a capo, ricorrendo a
misure estemporanee, a provvedimenti tampone - vani ed illusori
alla distanza - l’autore non ha
dubbi e avverte: la via d’uscita c’è
ma a una condizione, quella di
cambiare totalmente sistema. Che
significa recuperare la forza originaria, salvifica del socialismo, cioè
«la gestione politica di una comunità, in cui ciascuna persona sia
socia di un’impresa comune che
recuperi quei livelli di libertà che il
mercantilismo ha sottratto alle
moltitudini, in favore di minoranze
dedite al profitto».
Non solo, ma bisogna aggiungere,
anche in favore di quei capitalisti,
fruitori di rendite parassitarie, di
solito senza rischio, rispetto a chi
invece lo corre nelle rendite da
profitto.
Nel dirlo Giovanni Grieco non
nasconde però le difficoltà, gli
ostacoli che oggi si parerebbero
rispetto a una inversione di tendenza, ma non si scoraggia. A chi
accusa di utopia coloro che auspicano con tutta la loro forza il declino del mercantilismo, risponde:
«L’utopia non è fantasticazione.
L’utopia è proiezione del pensiero
in un futuro possibile». E conclude:
«Utopia parve anche il sogno di
Icaro, che ora vola».
ALDO DE FRANCESCO
SOCIETÀ&COSTUME
Concorso
Una piazza
un racconto
Sara Giuseppina D’Ambrosio
Giunto alla sua quindicesima edizione, il concorso
letterario “Una piazza, un
racconto” si è concluso il 20
novembre 2013, nella chiesa
luterana in via Carlo Poerio,
con la premiazione dei tre
vincitori e la presentazione
del volume che raccoglie i
lavori dei dodici finalisti
(nelle foto alcuni momenti
dell’evento). L’attore partenopeo Andrea De Goyzueta ha
prestato la sua arte recitando
passi tratti dai tre racconti
premiati, invece il pianista
Gabriele Pezone si è lasciato
ispirare per interpretarli con
le note del suo strumento.
Con Luciana Renzetti, direttore artistico della Comunità
Luterana, erano presenti
all’evento anche i membri
della giuria che hanno vagliato 60 elaborati prima di
giungere al verdetto definitivo: Aurora Cacopardo,
scrittrice e saggista, Francesco D’Episcopo, docente
universitario di Letteratura,
Massimiliano De Francesco,
giornalista ed editore, Christiane Groeben, presidente
del Sinodo della Chiesa
Evangelica Luterana in Italia,
e Riccardo Bachrach, presidente della Comunità Evangelicha Luterana di Napoli.
L’iniziativa è curata ogni
anno dalla comunità Evangelica Luterana di Napoli, cui
preme riconoscere l’importanza della letteratura e,
soprattutto, della stampa
nella diffusione delle nuove
idee, ieri come oggi. I quindici anni trascorsi sono la
prova dell’attenzione sempre
nuova prestata al concorso.
Nato, nel 1999, lasciando agli
autori totale libertà, si è poi
evoluto introducendo un
tema predefinito, ogni anno
differente, attraverso il quale
misurare se stessi e sfidare la
propria immaginazione così
da raccogliere risultati inattesi e, pertanto, ancora più
apprezzabili. Input di quest’anno è stato il colore rosso
per delle storie dominate da
«passione, amore, fuoco,
rivoluzione, spericolatezza,
seduzione». Storie in rosso di
cui si ha un chiaro indizio già
in copertina, dove la riproduzione di un arazzo mostra
diverse tonalità vermiglie
trasformarsi in seducenti
lingue di fuoco. Il rosso scelto
dalla vincitrice, Linda di
Giacomo, già premiata
all’edizione 2011 con un
notevole secondo posto, è
quello del regno vegetale,
cangiante a discrezione del
fiore o dell’ortaggio che lo
offre. In Rosso verticale, il
colore tinge un’intera strada,
mostra una Napoli finalmen-
Arrivato alla sua XV
edizione, il concorso
letterario “Una
piazza, un racconto”,
organizzato dalla
Comuntà Luterana di
Napoli, ha visto
quest’anno come
vincitrice Linda di
Giacomo con il
racconto “Rosso
verticale”.
te inedita e diviene simbolo
d’integrazione e metafora di
un doveroso ricordo. L’idea
originale e lo stile piano
hanno reso inevitabile la
vittoria. Anche il secondo
posto è stato assegnato ad
una concorrente, Fiorella
Borin, già vincitrice del
primo premio nel 2011, a
dimostrazione della fedeltà
riservata al concorso da parte
di molti partecipanti.
Con Il farsetto rosso siamo
nella Venezia aristocratica,
dove pure era possibile
reagire ai soprusi con la forza
della comunità. La vera
sorpresa di quest’edizione
del concorso, però, è il terzo
posto, conquistato da una
giovanissima: Viola Serena
Stefanello. Appena diciottenne è riuscita con Il mio
unico colore ad emergere fra
molti concorrenti più maturi
di lei, dal punto di vista
anagrafico e non escluso
quello letterario. Il racconto è
la storia di una vita nei toni
del grigio che seppe, seppur
in una sola occasione, colorarsi del rosso indelebile
dell’amore. Degni di nota
anche altri racconti finalisti
del volume, con i quali si
scopre l’eterogeneità dell’immaginazione, che sa palesarsi anche quando un tema
stabilito canalizza i flussi
della libertà creativa.
Proposte d’arte tra oro e colore
Regalare o regalarsi per Natale
qualcosa di prezioso e duraturo: ecco due occasioni per
farlo, una dedicata all’oreficeria e l’altra all’arte.
Per celebrare i 70 anni dell’azienda, la gioielleria De
Nobili ha creato una nuova
collezione in nanoceramica e
oro rosa. Il contrasto cromatico ottenuto (una nuance di
colore che si abbina a tutte le
carnagioni) e la riduzione del
costo dei materiali, ne hanno
ispirato il nome: un “Capriccio” che tutte possono toglier-
si, senza impoverire troppo le
tasche. La collezione è stata
presentata al museo Plart
durante un cocktail party
organizzato da Pl management di Fabio Ummarino
(nella foto la famiglia De
Nobili). La serata è stata
scandita da tre sfilate di abiti
di Alessio Visone, abbinati alle
nuove creazioni dell’ultima
collezione e di quelle storiche
ora disponibili nei due punti
vendita di via Filangieri e via
Alvino.
Due artisti estremamente
diversi: Luigi Grossi, un uomo
impetuoso, come attesta la
molteplicità delle sue opere e
Anna Maria Caselli, timida e
naive (ma non troppo).
Esporranno alle 4 pareti, in via
Fiorelli 12/d, lo spazio d’arte
dove Maria Giovanna Villari
porta avanti con entusiasmo
creativo una tradizione familiare. Il vernissage è venerdì 20
e a seguire due giorni di mostra, fino al 22. Le forme
scolpite da Grossi, fatte di
materiali corposi che spiccano su piedistalli in una danza
di magma colorato e i paesaggi della costiera, i paesi incantati e i fiori di cactus dipinti
della Caselli: ce n’è per tutti i
gusti.
LAURA COCOZZA
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(33)
MOVIDA&RELAX
NIGHT STORM
Fabio Tempesta
LE VISIONI
DI PASQUALE
ARCOPINTO
Ad immortalare in
scatti unici le serate al
«Platinum Luxury
Club» di via San
Pasquale a Chiaia è il
photomaker Pasquale
Arcopinto.
Napoletano, classe
1986, del segno dei
Gemelli, Arcopinto è
figlio d’arte e eredita
dal padre Antonio e
dal nonno la passione
per la fotografia.
Riceve la prima
macchina fotografica
in regalo e da allora
non ha più smesso di
scattare. Ha
concretizzato la sua
passione studiando
all’Accademia di Belle
Arti di Napoli, nel
settore Fashion
Design, e
specializzandosi in
fotografia di moda e
pubblicitaria.
Attualmente, oltre a
collaborare con diversi
brand di moda
campani, realizza
book fotografici per
attori e per le migliori
modelle italiane e
internazionali ed è
Marketing &
Advertising Manager
al Platinum Luxury
Club.
Si definisce spontaneo,
caparbio e ottimista.
Ma è soprattutto un
“fashion addicted” e
amante dei viaggi.
Amante sin da piccolo
dell’arte, in particolare
della pittura, è
estremamente
affascinato dagli
impressionisti francesi
e, soprattutto, dalle
tele di Claude Monet. I
fotografi cui si ispira
sono Patrick
Demarchelier e
l’americano Steven
Meisel. «Mi ispiro ai
suoi scatti - spiega
Arcopinto - perché
condivido con lui
l’interesse per la
bellezza».
La sua filosofia di vita?
«Mi sento piuttosto
europeo a livello di
mentalità - racconta Le mie priorità nella
vita sono degustare un
buon bicchiere di vino
e contemplare, ma
soprattutto
immortalare, la
bellezza delle donne e
la loro eleganza
attraverso i miei scatti.
Insieme alla fotografia,
vino e donne sono la
mia più grande
passione». Cosa non
sopporta? L’ipocrisia e
la superbia.
Bella gente
Facenight, evento
calendario a Londra
Anche quest’anno Facenight, il premio
dedicato a tutti coloro che lavorano nel
mondo dei club e che con il loro entusiasmo
arricchiscono il tempo libero dei napoletani,
ideato dal giornalista Tommy Totaro, e
patrocinato dall’Assessorato allo spettacolo
della Regione Campania e dal Silb (l’unico
ente riconosciuto dal nightclubbing
nazionale), lancia il suo calendario.
I vincitori del premio Facenight 2013
diventano protagonisti di immagini in cui,
vestendo gli abiti del passato e del futuro, si
mischiano al brio delle feste del corso della
storia: il “by night” di ieri, oggi, domani. Nel
calendario Facenight 2014, dall’età della
pietra in cui è ambientato lo scatto di
gennaio si vola agli scenari futuristici di
dicembre, passando per Impero romano
(febbraio), Medioevo (marzo) e
Rinascimento (aprile). Gli scatti di maggio e
giugno sono dedicati alle bizzarrie che
hanno animato il Barocco seicentesco e al
‘700. A luglio si torna invece alle notti
inondate di lusso e lustrini del “grande
Gatsby”, in stile anni ‘30. Per poi attraversare,
con le fotografie di agosto, settembre (nella
foto in alto), ottobre e novembre quasi
di Tommy Totaro
SPICY HOTEL
A TUTTA MUSICA
La musica entra in camera.
È l’idea originale di
Giovanni Miranno e
Danilo Fruscio, direttori
artistici dello Spicy Hotel di
Sorrento, che hanno ideato
un’originale kermesse
ospitata dalla struttura che,
come recita la
denominazione, vuole
essere “piccante” anche
nelle iniziative collaterali.
Non solo musica lounge in
sottofondo tutto il giorno
ma anche, ogni venerdì,
(34)
mezzo secolo, immortalando i tratti più
caratteristici del periodo dagli anni ‘50 agli
‘80. Autrice degli scatti è Romina Romano,
vincitrice del premio miglior fotografo
nell’edizione 2013, mentre a curare
impaginazione e stampa è stato Alessandro
Esposito della tipografia Eurograph. Hanno
collaborato alla realizzazione del calendario
anche Alessandro Esposito e Tommy Totaro
come Art Directors, e Fulvia Rossi Gagliardi,
della ditta Bambino idee dal mondo, in
qualità di costumista. Da dodici fotografie
nasce così un calendario senza tempo, in cui
passato e presente si mescolano, che ha il
compito di risvegliare emozioni, far
assaggiare il divertimento delle notti di ogni
epoca, ma che punta anche a far riflettere e
condividere. Il calendario Facenight 2014
sarà, inoltre, presentato a Londra, dal 14 al
16 dicembre, al Private members club in My
Fair (uno dei migliori members club di
Londra), al Warehouse party in Camden e al
Jaded afterhours in Elephant&Castle (tra gli
afterhours più antichi della capitale
britannica), nelle serate in cui è di scena il dj
Diego Ck family, vincitore del premio
facenight 2013 come migliore dj producer.
una serie di concerti con
artisti di primo piano che
animeranno le sale
dell’albergo e le serate
tanto dei turisti quanto dei
residenti. Ad inaugurare il
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
ciclo di serate è stato lo
spettacolo live di Sagi Rei
con il suo acustic dance,
seguiti dal “funky
all’italiana” dei Dirotta su
Cuba e, la settimana
successiva, dalle vibrazioni
di Tony Esposito, per poi
terminare la session con il
pianoshow di Maurizio
Filisdeo. Al termine del
dinner concerto che si è
tenuto alla Terrazza Veuve
Clicquot, è stata la volta
del dj set di Sasà
Avallone,che si esibirà
anche per gli altri after
show in calendario.
FRANCESCA
AVETA
Solare, dal volto cinematografico e dal sorriso davvero irresistibile, Francesca
Aveta ha certamente un
futuro nel mondo dello
spettacolo. Frequenta il
liceo linguistico, ama viaggiare ma soprattutto adora
ballare. Già vincitrice del
concorso «Miss teenager»,
con tenacia e talento si
dedica alla danza classica
al San Carlo. Presto la
vedremo ballare su altri
palchi molto prestigiosi.
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(35)
LAPILLI
Terni&Favole. A Largo Ferrandina a Chiaia
nella tabaccheria Postiglione gli argomenti di punta
sono due: gli struffoli e le tasse del governo Letta.
Anche se il Natale si presenta più magro del solito,
dopo le sferzate dell’Imu e le rivolte dei Forconi c’è
comunque la voglia di puntare sulla stella della
fortuna. Alberto Postiglione trincerato dietro una
cortina di gratta e vinci, spara le combinazioni per
cercare di fare il colpo grosso al lotto. «Anche questo
dicembre voglio riproporre i numeri della
Meraviglia: 56 - 72 - 90. Questo terno va inseguito
sulle ruote di Bari, Milano e Napoli almeno per 12
estrazioni. Per chi, invece, ama gli ambi ecco una
sfilza di “coppie” in cui credere: 28-32; 46-48, 81-90,
24-31, 26-16. Ambi da giocare sulle ruote di Napoli,
Roma e Milano almeno fino al 10 gennaio». Intanto,
in tabaccheria si alzano i toni appena s’inizia a
parlare dei tentennamenti di Letta, l’Avatar del
presidente Napolitano che doveva risollevare con le
larghe intese le sorti della povera Italia. Invece,
siamo ancora più poveri. Postiglione s’inserisce
nella discussione tra un vecchietto e una signora
vestita di rosso e sforna il terno della rivolta:
«Giocate 12(la rivoluzione) - 33 (il cambiamento) 90 (il popolo) sulle ruote di Napoli, Roma e
Milano». Buon Natale e buone rivolte a tutti.
Natale alla «Cascina del Saba»
GUSTO. IL TOP DELLA CUCINA TIPICA IRPINA
NELL’INCANTO DEL BOSCO DI MONTEMARANO
Antonio Biancospino
LA CASCINA
DEL SABA
Contrada Bosco Bolifano, 83040
(Montemarano, Avellino)
Telefono: 0827 63777
Fascia prezzo: 15 € - 30 €
Chi da Napoli vuole
raggiungere l’Alta Irpinia, goderne l’autentico
paesaggio e gustarne i
veri prodotti tipici, non
deve fare altro, imboccata la Napoli-Bari, che
uscire al casello Est di
Avellino e prendere la
vicinissima Ofantina
Bis. Percorsi poi sette
chilometri della strada
a scorrimento veloce, al
bivio di Parolise, svolti
poi a sinistra in direzione di Volturara Irpina e
dopo averne percorsi
altri otto, esca allo svin-
colo di Montemarano.
Si accorgerà subito di
trovarsi in un paesaggio,
unico, circondato da
una giogaia di monti, tra
i più maestosi del Sud
appennino meridionale,
dove sin dal dal X secolo
avanti Cristo viveva una
delle civiltà, di ceppo
sannitico, tra le più
coraggiose e vitali.
Qui, con la immediata,
concreta sensazione di
rigenerarsi in mezzo alla
bellezza di boschi unici,
dove nei secoli hanno
trovato motivo di meditazione, ispirazione e
anche di ricoveri sicuri e
irraggiungibili, santi,
eremiti, artisti, pastori e
briganti, dopo pochi
passi a piedi si ha subito
la opportunità di rifocillarsi o di prenotare un
pranzo di particolare
squisitezza alla “Cascina
del Saba”, (Tel. 0827/
63777) dentro un incantevole luogo, nel segno
della migliore e più
genuina enogastronomia irpina.
La signora Rosa Aurilia,
cortese titolare del
ristorante, tiene a dirci :
«Qui si pranza nel rispetto della più fedele
tradizione irpina, consolidata da anni di
lavoro al servizio del
buongusto e della clientela, che non ci ha mai
tradito perchè noi non
l’abbiamo mai delusa.
Maccaronare, laghene,
tagliatelle fatte in casa,
al ragù del brigante o ai
funghi del pastore,
zuppe e minestre del
bosco, carne alla brace,
tortiere e contorni di
sicuro gradimento,
accompagnati da un
rigoroso e imbattibile
aglianico locale, sono il
nostro forte.
Profitto della gentile
ospitalità del vostro
giornale “Chiaia Magazine”, che ringrazio, per
fare gli auguri di buon
Natale e di felice anno
Nuovo di ogni bene alla
nostra affezionata e
simpatica clientela
napoletana».
«BanBao», giocare e costruire con la fantasia
Chi è che fa i giocattoli? Questa è
la domanda, visto che a tutti i bambini è chiaro chi li porta. Babbo
Natale per primo nei prossimi giorni
e subito dopo la Befana. La domanda, però, non può rimanere inevasa.
Chi li fa i giocattoli? Di solito se ne
occupano persone che non hanno
smesso di sognare. Persone che
hanno conservato intatto, dentro di
sé, il ricordo di un periodo magico e
irripetibile della propria vita e di
quel bambino, se stessi, che ognuno
conserva nel cuore e che nessuno
può conoscere meglio.
La storia della famiglia Gatto è una
storia italiana ed è, al contempo, la
storia di un'amore. L'amore incondizionato per i bambini, di ieri, di
oggi, di domani e la voglia matta di
esaudirne i desideri. La ditta J&D
International Import, impresa
campana sul mercato dal 1984, ha
quest'anno deciso di cambiare in
parte le regole, perché i giocattoli li
farà costruire ai bambini e li distribuirà direttamente in tutta Italia,
pur non osando fare concorrenza a
Babbo Natale.
Francesco Gatto, da 30 anni distri-
(36)
buisce prodotti di alta qualità. Lo
affianca oggi il figlio Anthony, che in
azienda ha portato la sua profonda e
riconosciuta conoscenza maturata
nel campo dell'informatica e della
telefonia. Quest'anno i Gatto hanno
lanciato una sfida ai colossi mondiali dei giochi di costruzione. Ecco
perché saranno i bambini a costruire
da soli i propri sogni.
“BanBao”, questo il nome del pro-
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
dotto, di cui hanno l’esclusività in
Italia della distribuzione, è destinato
a scalare le vette delle vendite per le
sue particolari caratteristiche.
Nuovo, leggero, colorato, sicuro e,
soprattutto, offerto a prezzi mai
trovati prima nei negozi di giocattoli.
Un'altra caratteristica dell'azienda è
l'alta capacità distributiva in tutta
Italia, aggiunta a tempi di consegna
molto ridotti, grazie a un collaudato
sistema di logistica. Dalla Campania,
in poche ore Tir carichi di “BanBao”,
sono davanti ai migliori negozi di
giocattoli e delle principali catene di
supermercati del Paese, per abbellire
vetrine e scaffali.
Il resto è poesia: «... quando i bimbi
giocano e li odo giocare qualcosa
nella mia anima comincia a rallegrarsi» (Fernando Pessoa).
ESPEDITO PISTONE
LAPILLI
Runtastic
Pro Gps,
corsa ideale
BOOM DELL’APPLICAZIONE
CHE SOSTIENE E GUIDA
CHI AMA ALLENARSI
E MANTENERSI IN FORMA
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(jogging, camminata nordica, trekking, pattinaggio…)
e indoor (treadmill, cardio,
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PRO utilizza la funzione
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tantissimi strumenti! Vuoi
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forma e in salute? Stai
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bruciare grassi e quindi
dimagrire? Ti stai preparando per una maratona? Il tuo
allenamento non sarà più
lo stesso una volta che avrai
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bisogni per l’allenamento,
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tutte le tue attività e i tuoi
progressi e condividerli
anche su facebook. Porta
con te runtastic durante i
tuoi allenamenti e lascia
che ti dia le giuste motivazioni. Non è necessario
acquistare altri gadget, ma
basta scaricare runtastic
PRO, che è tutto quello che
ti serve per monitorare i
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allenarsi da soli! Voci femminili in inglese, tedesco,
francese, italiano o spagnolo ti guideranno annunciandoti i diversi parametri
(distanza, velocità, passo,…) e, se vuoi, ti daranno
degli incitamenti per rendere il tuo allenamento
ancora più piacevole.
.
FABRIZIO TAVASSI
L’ORA LEGALE
Adelaide Caravaglios
CHIUDE DONNA NEL DIVANO
LETTO: «DOLO EVENTUALE»
Potrebbe essere il titolo di un film, magari di
quelli pieni di suspance; invece è quello che,
purtroppo, è accaduto ad una coppia di
fidanzati: lui, «noto come soggetto violento
ed unica persona a trovarsi in casa con la
vittima» (così come si legge nella sentenza n.
24217/2013) e lei, solitamente ubriaca, che
si nascondeva nel divano letto in forte stato
di alterazione alcolica.
Durante le prime ore di un triste
pomeriggio, l’uomo, prima di recarsi ad un
colloquio di lavoro, chiude, in segno di
spregio, la fidanzata nel divano letto; quindi,
si allontana. Per fortuna incontra un amico,
che lo sollecita a tornare indietro e ad
andare a controllare lo stato della vittima
ma è troppo tardi: nonostante l’arrivo
dell’ambulanza, infatti, la donna viene
trovata esanime «con ecchimosi sul viso ed
il tronco compresso tra le due parti sollevate
del divano letto».
Secondo i giudici della I Sezione Penale, si
sarebbe trattato di dolo eventuale: chiudere
il divano e comprimervi al suo interno la
vittima, senza fare nulla per toglierla da
quello stato, ma limitandosi semplicemente
a chiamare i soccorsi, rivelatisi –
chiaramente – tardivi ed inutili,
configurerebbe un’ipotesi di omicidio
volontario, imputabile a titolo di dolo
eventuale. L’uomo – si legge in sentenza –
«ponendo in essere una condotta diretta ad
altri scopi (la chiusura della donna nel
divano letto per spregio o irrisione), si è
(ben presto) rappresentato la concreta
possibilità del verificarsi di ulteriori
conseguenze della propria azione e
nonostante ciò, ha agito (omettendo una
immediata condotta di soccorso, a quel
punto dovuta) accettando il rischio di
cagionarle.
Ovvero, pur non mirando ad un evento
mortale come proprio obiettivo
intenzionale, ha tuttavia previsto come
probabile – secondo un normale nesso di
causalità – la verificazione di un siffatto
evento lesivo, accettandone, con l’agire (o
l’omettere di agire) in presenza di tale
situazione soggettivamente rappresentatasi,
il rischio della sua eventuale verificazione».
Insomma un altro grave episodio di
femminicidio: una sostanziale indifferenza
alla sorte della donna con l’apatica, inutile,
attesa dell’intervento altrui.
Vitrone,
viaggio
intimo
L’ARTISTA CON «PICCOLE
PARTENZE» PROPONE
UN ALBUM NOTEVOLE
DI POP ROCK D’AUTORE
«DA MICHELE» RADDOPPIA CON
PIZZE FRITTE E PARTITE IN TV
“Da Michele - Via Martucci” raddoppia. La storica
pizzeria di Chiaia ha aperto, dal 19 ottobre, una nuova
sede in Piazza Rodinò, 30. Alle specialità della tradizione,
tra cui la gustosissima “margherita doppia mozzarella”,
si aggiunge la novità della pizza fritta. Il locale, con la sua
ampia sala esterna, è già diventato punto di riferimento
per i tifosi che, sempre più numerosi, si incontrano per
assistere alle partite trasmesse sul maxischermo.
Quello di Gennaro
Vitrone (nella foto), in
arte semplicemente
“Vitrone” è un viaggio
intimo, ma incandescente, all'interno della
propria storia, specchio
della storia di tutti.
Un album che procede a
mille all'ora verso il
multisfaccettato e stratificato mondo del poprock d'autore, che si
racconta, raccontando
storie altre. Assieme ad
una capacità espressiva
innata, sarà stata sicuramente la sua (lunga)
esperienza a rendere
questo lavoro ben confezionato: un prodotto
che si attesta evidente-
mente sopra la media
del mare-magnum delle
produzioni indipendenti, non solo campane,
ma nazionali. “Piccole
Partenze”, edito da
FreakHouse Records, è
un piccolo gioiello che
mostra le sue potenzialità con una dolce prepotenza. Dieci brani (dal
sognante “Inverno”, alla
title track “Piccole partenze”, fino al singolo
“Torno al giardino”,
senza dimenticare la
bella chiusura con “Sentinelle”).
Un album da ascoltare,
assaporandolo fino in
fondo, senza lasciarsi
influenzare dal primo
ascolto. Dieci tracce
frutto di quindici mesi
di lavoro tra casa e
studio di registrazione,
con collaborazioni
interessanti, che riportano Vitrone alla carriera da solista dopo la
parentesi “Vitronemaltempo” che lo aveva
portato a partecipare ai
concorsi nazionali “Musicultura”, “Premio
Fabrizio De Andrè”,
“Premio Bianca D’Aponte”, “Premio Botteghe
d’autore” e al programma radiofonico “Demorai” di Michael Pergolani. Dieci canzoni da
ascoltare e riascoltare.
A. ALFREDO CAPUANO
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(37)
(38)
CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
EXIT
Diamo i numeri
Libri
A questo numero hanno collaborato
Antonio
Biancospino
Aurora
Cacopardo
Adelaide
Caravaglios
Aldo
De
Francesco
Nino
De Nicola
Mimmo
Della Corte
Viviana
Genovese
Livia
Iannotta
Francesco
Iodice
Massimo
Lo Iacono
Carmine
Luciana
Ranieri
Renato
Rocco
Rosario
Scavetta
Pippo
Schiano
Armando
Yari
Siporso
Ignazio
Soriano
Fabrizio
Tavassi
Fabio
Tempesta
Tommy
Totaro
46
è la percentuale di
persone che hanno
letto almeno un libro
nell’ultimo anno. In
particolare,
il 39,7% è
rappresentato
dagli uomini,
il 51,9% dalle donne
Mastantuoni
Computer
52,3
per cento di cittadini
hanno usato il
computer nel corso
del 2012.
87,9 è la percentuale
massima, riscontrata
nella fascia di età tra
i 15 e 17 anni. 3,8
quella degli over 75
Criminalità
11
AI NOSTRI LETTORI
•AUGURI
Ai nostri affezionatissimi lettori e ai nostri sempre più numerosi fan auguriamo un feli-
mila sono i furti
censiti lo scorso
anno in Campania.
Solo 800 invece
sono le persone
denunciate
effettivamente
nella regione, per
questo reato
8,38
euro la spesa media
mensile familiare per
l’acquisto di vino.
5,46 sono invece gli
euro spesi per
l’acqusto di birra e
12,46 quelli sborsati
per l’acqua minerale
Economia
6
mila sono i cinesi
residenti a Napoli.
3.181 sono
imprenditori (8,5%
in più rispetto allo
scorso anno). La
Campania è la terza
regione per crescita
di presenza cinese
A CHIAIA MAGAZINE
• ABBONATI
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la BACHECA
Consumi
ce Natale e un 2014 ricco di successi e di fortuna. Chiaia Magazine ritorna, sempre
battagliero, a febbraio 2014.
non solo riceverà direttamente a casa il giornale, ma entra nel Club di Chiaia Magazine in cui ha diritto allo sconto del 30% sui libri di Iuppiter Edizioni e su altre opere
dedicate alla storia e alle tradizioni napoletane. Due le tipologie di abbonamento:
ordinario (20 euro all’anno) e sostenitore (50 euro all’anno). Per saperne di più basta
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PUOI TROVARCI
•DOVE
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culturali e mondani. Distribuzione capillare palazzo per palazzo; gazebo nei punti
strategici della città per la presentazione del numero e delle iniziative del mensile.
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all’indirizzo della redazione, via Dei Mille, 59 - 80121 NA) sulle emergenze e problemi
della città. Una raccomandazione: lettere brevi (max 1000 battute).
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CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
(39)
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