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A Capodanno brinda. Ma non saltare in aria
FOCUS: TERRA DEI FUOCHI, PARTE IL PROGETTO ECOFOODFERTILITY SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI distribuzione gratuita Graphic designer Tony Baldini Anno VIII - numero 11/12 - Dicembre 2013 DAMMI IL CINQUE A Capodanno brinda. Ma non saltare in aria www.chiaiamagazine.it IUPPITER EDIZIONI OBLÒ SOS CITY Santa Maria Apparente e le scale «rompicollo» Riceviamo e pubblichiamo la lettera del signor Giuseppe Mammarella che ci scrive per segnalare una serie di istanze che, insieme ad altri circa duecento abitanti del quartiere, ha inteso sottoporre al nostro giornale.Tra i punti principali del messaggio riportiamo «la richiesta della realizzazione di un passamano sulla rapidissima salita Petraio, le cui scale sconnesse, dissestate e piene di buche, comportano un gravissimo disagio agli abitanti (tra i quali sono presenti disabili, anziani e madri con bambini piccoli)». Mammarella segnala in particolare «il pericolo che si presenta con le piogge, che trasformano le scale in un vero e proprio fiume in piena, capace di trasportare a valle uomini e cose». Il nostro lettore tiene a evidenziare anche lo stato di degrado della «antica e bellissima ringhiera di ferro delle scale di via Andrea Mariconda e di quella posta sul marciapiede del corso Vittorio Emanuele (all’incrocio con via Pontano all’altezza della scuola C. Poerio), entrambe avvolte dalla ruggine». Sempre sulla stessa strada viene segnalata «a partire dal numero civico 167 e fino all’altezza del Parco Grifeo, una lunga fila di alberi che i giardinieri e l’assessore si sono dimenticati di potare e la presenza di alcune fossette sul marciapiede sprovviste di alberi che andrebbero dunque ripiantati». Dalla lettera arrivata in redazione apprendiamo anche «lo stato di degrado e abbandono del marciapiede del corso Vittorio Emanuele all’altezza dell’incrocio con via del Parco Margherita che presenta, oltre ad una pavimentazione del tutto sconnessa, dissestata e piena di buche, una serie di panchine semidistrutte e con pezzi mancanti, inadatte quindi alla seduta». Mammarella e i cofirmatari della missiva ci segnalano inoltre «la presenza, sulla suddetta area pedonale di una decina di tabelloni pubblicitari comunali, in riferimento ai quali - si suggerisce - di destinare le imposte ricevute alla ristrutturazione dell’area su cui incidono». Un capitolo a parte della lettera è dedicato alle scale di salita Santa Maria Apparente (e all’area pedonale antistante alla omonima Chiesa Monumentale) «che vengono ormai denominate dai residenti “scale rompicollo” a causa delle frequenti cadute a cui sono soggetti i passanti e per le quali si richiede un servizio di pulizia da effettuare almeno una volta al mese e l’intervento di pattuglie di vigili urbani, al fine di far sanzionare i possessori di cani che imbrattano il suolo». (2) Degrado assurdo in via Torelli Gentile direttore, nel denunciare il degrado del mercatino di via Torelli, ho giudicato assurdo l’accordo chiuso dalla Municipalità per affidare la gestione dell'area agli operatori ortofrutticoli, poiché li avrebbe autorizzati a fare il loro comodo senza che nessuno potesse dirgli niente. E così è stato! Di giorno regna il caos: autoveicoli e ciclomotori che gli stessi operatori posteggiano all'interno dell'area mercatale, marciapiedi ostruiti da cassette della frutta e motocicli, aree di vendita debordanti, nessun registratore di cassa, igiene zero. Dalle ore 15, poi, al posto di essere area di parcheggio con strisce blu, la zona viene sequestrata, nell'indifferenza totale delle istituzioni, dai parcheggiatori abusivi. Tutto ciò è intollerabile, ma ancor meno sopportabile è la latitanza della Municipalità che appare, con la concessione dell'area, essersi lavata le mani da ogni responsabilità. Le immagini parlano chiaro. Datevi una s-mossa! PAOLO SANTANELLI L’editoriale Il cinepanettone di Mizzi e le vite immaginarie. In ricordo di Alvaro Mirabelli BASSOLINO In questi giorni, mentre nella “cintura” urbana di Napoli si sta consumando uno dei più scellerati disastri ecologici, che non possono non chiamare in causa le responsabilità politiche dei remoti consolati bassoliniani - (ripetiamo responsabilità politiche, non ci interessano quelle giudiziarie perché le sentenze si rispettano, non si discutono, anzi è meglio ignorarle) - stiamo assistendo a una delle farse più sconsolanti della Storia del Regno di Napoli, delle Due Sicilie e dell’Italia Repubblicana. Al “cinepanettone” di Bassolino. Colui che oggi avrebbe dovuto spiegare il flop politico, ripetiamo politico, sulla mancata difesa, tutela e vigilanza del territorio, anche in rapporto a quei due, tre cassonetti di ecoballe ancora giacenti nell’hinterland se ne va a zonzo per la Campania, come un disincantato viaggiatore del grand tour, per presentare il suo ultimo libro dal titolo “Le Dolomiti di Napoli”. Roba, a prima vista, da “cinepanettone” natalizio, in realtà, il diario di uno scalatore che, dopo avere conquistato tante cime, si ritrova sorprendentemente a terra, nullatenente. E, dopo Equitalia, tiene a farlo sapere anche ai suoi “compagni di strada”. Abituato da sempre a “un posto al sole” e mai all’ombra, a lungo maestro di scalate ai palazzi, di slalom nella lottizzazione di poltrone, di alta capacità nel “bob a due” con De Mita a Santa Lucia, sport tuttora pagati a caro prezzo dai contribuenti, Antonio Bassolino ora mira soltanto a tornare in pista. Non potendosi allenare, per intuibili ragioni di sicurezza, nella “Terra dei fuochi”, perché lì la neve tossica gli ricorda la Siberia, ha scelto di allenarsi sulla neve artificiale, sparata in Campania e altrove da tanti “cannoni amici”. Come quelli del Colle, il cui inquilino si è congratulato con lui per l’assoluzione nel processore dei rifiuti, dimenticando quando lo bacchettava per gli errori politici che - assoluzioni o no - restano giganteschi quanto l’Himalaya. Errori che nessuna sentenza potrà mai annullare. pagina 3 Il paginone Guerra pirotecnica: Napoli si prepara alla scellerata tradizione dei fuochi d’artificio. L’importanza della prevenzione. pagine 4-5 Primo Piano Terra dei fuochi, parte il progetto di ricerca «EcoFoodFertility». pagina 7 L’iniziativa Ottaviano: Biblioteca Belfanti, scienza da sfogliare. pagina 11 Sollecitazioni Questione meridionale e verità storiche: perché non ci fu l’Unità d’Italia? pagina 11 Quartierissime Municipalità 1: nel 2014 un milione di euro per strade e scuole. pagina 15 L’evento San Gennaro in mostra a Roma. Un tesoro in trasferta. pagina 22 Saper Vivere I numeri di fine anno. Alcune giocate al lotto tra ironia e curiosità. pagina 27 n u m q u a m SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno VIII n. 11/12- Novembre/Dicembre 2013 Direttore responsabile Max De Francesco Redazione Laura Cocozza Progetto e realizzazione grafica Fly&Fly h o r u m l u x c e d e t Società editrice IUPPITER GROUP S.C.G. Sede legale e redazione: via dei Mille, 59 - 80121 Napoli Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666 www.iuppitergroup.it Presidente: Laura Cocozza Stampa Centro Offset Meridionale srl - Caserta SOS CITY Max De Francesco Laura Cocozza Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005 Iscrizione al Roc n°18263 © Copyright Iuppiter Group s.c.g. Tutti i diritti sono riservati Per comunicati e informazioni: [email protected] Responsabile area web Massimiliano Tomasetta Pubblicità (Tel. 081.19361500) Michele Tempesta (392.1803608) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 Si ringraziano Tony Baldini per cover e fotomontaggi, e l’archivio Ruggieri per le fotografie Massimiliano Tomasetta Lancia il tuo Sos, indica disservizi e problemi del tuo quartiere e proponi soluzioni per rendere più vivibile la città. Contiamo su di te. Le lettere, firmate con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia Magazine» - via dei mille, 59 80121 Napoli, oppure alla e-mail [email protected] L’EDITORIALE Mizzi e le vite immaginarie Max De Francesco Sono le 18.50. Solita giornata di lavoro e rincorse. In redazione le pagine di Chiaia Magazine sono pronte e corrette, stese sulla scrivania. Si stampa verso le 23, manca alla chiusura di questo numero di dicembre solo questa pagina. Una falena è tra i libri, dopo essersi esibita in un giro della morte attorno a un filare di neon caldi. Fuori qualche clacson lontano, davanti a me la postazione in ordine di Alvaro Mirabelli. Computer chiuso, una cartellina arancione con un progetto di libro lasciato a metà, la sedia vuota. Tra un’oretta chiameranno dalla tipografia per sapere a che punto stiamo con l’invio del giornale. Manca l’editoriale. Quello che non avrei mai voluto scrivere né pensare. Avrei voluto raccontare la farsa del Forum delle Culture, desideravo soffermarmi sulla «non sinistra» di Renzi e sulla «non destra» di Alfano, avrei voluto occuparmi, come da consuetudine, delle insidie e delle ‘nzirie di Napoli, dei suoi amministratori che, come le luci del presepe, mostrano, con sempre più preoccupante frequenza, la loro etica ad intermittenza. Avrei voluto. Ma ho quella postazione dinanzi a me, quello schermo buio e quella sedia fredda che mi riempiono di vuoto. Sono passati quasi due mesi da quando Alvaro Mirabelli, per tutti Mizzi, se n’è andato. Giornalista, editore, poeta, viaggiatore e dandy: Alvaro era tanta roba. Nel giro di un’estate un destino balordo lo ha consumato come una di quelle brevi cicche che fumava mentre limava un periodo o provava a «vestire» un pezzo con il giusto titolo. Alvaro somigliava a una sigaretta: testa accesa e corpo smilzo. Era uno che s’incendiava con facilità perché dentro di sé portava montagne di passioni. Ricordo quando, per ingiusta causa, fui estromesso da un giornale cittadino, mi telefonò e, con quella sua voce gentile e formidabile, senza perdersi in scontati attestati di solidarietà mi disse: «Massi, se fai una società io sto con te. Facciamogli vedere a ‘sti coglioni cosa vuol dire essere giornalisti». Passarono meno di una ventina di giorni e con lui, Laura Cocozza e altri amici-colleghi, fondammo la Iuppiter. Era il 5 dicembre 2002. Era un giovedì. Non faceva freddo. Eravamo pronti per quella bellissima avventura. Divenimmo così una famiglia: la redazione era il nostro luogo di culto, la nostra ragione di vita, il nostro sogno, la nostra libertà, il nostro pane. Il nostro respiro. Non vi dico quante rogne si devono affrontare quando si decide, un bel giorno, di mettersi in proprio e rischiare la via dell’impresa. Vi dico, però, che guardando stasera quella postazione davanti a me senza il suo comandante, sono felice di aver scelto quel giovedì così lontano, la strada più stretta e di aver vissuto Alvaro. Ricordo che chiudemmo il nostro primo giornale reclusi in una tipografia d’Agnano senza riscaldamento, con il conforto di una coca sfiatata e di un panino ricotta e mortadella. Ricordo che quel periodico venne una meraviglia, ma il cliente decise, per motivi inspiegabili, di non pagarci. Ricordo che non fu facile mantenere Alvaro. Ricordo quando, dalla sera alla mattina, fummo costretti a lasciare la nostra prima sede e, in una settimana riuscimmo, per una favorevole combinazione, a trovare la nostra nuova redazione a via dei Mille. Quel trasloco fu straordinario: eravamo all’inizio e tutto quello che avevamo era un computer, tre faldoni di progetti e una lampada scarlatta. Stretti in auto c’era tutta la Iuppiter: quella sera via Caracciolo era magicamente sgombra di auto e il cielo era di una lucentezza notturna mai più vista. Fianco a fianco per undici anni con Mizzi. Giornate intere a credere in una passione, a non demordere anche se tutto sembrava venirci contro. Alvaro c’era sempre. Metteva in gioco il suo talento e la sua energia contagiosa. Apparteneva a quella genìa di giornalisti lontana dai clamori, amante dell’ombra e del lavoro duro, nata e formatasi per sistemare prose sghangherate, smontare e rifinire pezzi e soprattutto consegnare al nume giornale articoli con la stoffa della chiarezza. Sono le 20 e 43. tra poco il giornale va in stampa. Siamo «in chiusura», come si usa dire in gergo giornalistico. Alvaro manca di brutto. Dava il meglio di sé, scattante e fumante, quando la tensione saliva, la tipografia pressava e i tempi di consegna si riducevano. Chiamava quei momenti, dopo aver disegnato un sorriso e aver degustato con rapida golosità un bel pezzo di cioccolata, «la notte dei giornalisti viventi». In quelle notti s’apriva, raccontando le sue tante vite, ricordando i suoi viaggi brasiliani, la sua strana lotta in India contro una scimmia che voleva scippargli la borsa, i suoi dribbling con un pallone di pezza a Santa Lucia, la sua movida quando aveva il «Sinsemilla», uno dei locali più noti del by night degli anni ‘80. S’apriva e così «si chiudeva» il giornale. Non ci saranno più quelle notti. La vita reale consegna, spesso, brutte sorprese. Meglio «le vite immaginarie», quelle narrate da Marcel Schwob, uno degli autori preferiti da Alvaro. Quelle vite che hanno l’aroma dell’incanto, sono sporche di sogni e non finiscono mai. Stiamo per chiudere, Mizzi. Ci sei anche tu. Ci sarai sempre. La falena dorme. La tipografia non aspetta più. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (3) IL PAGINONE LA TRADIZIONE SCELLERATA Guerra pirotecnica Napoli è pronta per il rito dei fuochi d’artificio. Prepariamoci, come al solito, al tragico bollettino di Capodanno. Un medico spiega l’importanza della prevenzione C hiaia Magazine è sensibile al problema della «guerra pirotecnica» che infiamma Napoli, puntuale, all’alba di ogni nuovo anno. Per questo inaugura la campagna «Dammi il cinque. A Capodanno brinda ma non saltare in aria» e dedica due pagine agli interventi di prevenzione messi in atto nel capoluogo campano, dal 1995 ad oggi, per arginare i danni provocati dallo scellerato rito dei fuochi. La ricostruzione è stata realizzata da Mariano Marmo (nella foto), responsabile del Piano di Prevenzione lesioni da esplosione A.O.R.N. “A. Cardarelli” di Napoli. Ogni anno, in occasione della notte di S. Silvestro del 31 dicembre, si consuma in quasi tutto il mondo industrializzato il (4) I NUMERI Secondo i dati illustrati da Antonio Merone, responsabile Terapia Ustioni Pediatriche dell’Ospedale Santobono di Napoli, il 48% dei pazienti colpiti da lesioni da fuochi d’artificio ha meno di 15 anni. L’80% delle lesioni sono singole (nei bambini: 31% mano destra, 17% mano sinistra, 23% volto, 21% occhi). Tra i danni più comuni ustioni e ferite lacero contuse (nei bambini: 15 % ustioni 1° grado, 28% ustioni 2° grado, 17% escoriazioni e contusioni). CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 rito effimero di “festeggiare” l’inizio del nuovo anno facendo esplodere centinaia di tonnellate di materiale pirotecnico. Si tratta di una usanza che in alcune città, come Napoli, per motivi anche storici, raggiunge livelli di esasperazione, rivelando una evidente aggressività interiore, mascherata dal rituale scaramantico. Se nel passato la traumatologia da esplosione era tristemente nota in occasione di eventi bellici, terroristici o di incidenti industriali catastrofici, oggi le lesioni di tal tipo sono invece caratteristiche nelle deflagrazioni di materiale pirotecnico a scopo ludico. Solo in Italia, nei giorni di fine anno si registrano una media di 700900 feriti di gravità variabile e purtroppo non sono rari i decessi. È bene chiarire che la maggior incidenza e gravità degli incidenti da esplosione riguardano l’uso di materiale pirotecnico clandestino, che per le modalità di confezionamento, di materiale usato e di conservazione, risultano avere un enorme potenziale di pericolosità. A ciò si aggiunge che i laboratori clandestini sono spesso situati in locali ricavati da cantine, autorimesse o soffitte spesso in condomini affollati. Non sono rare perciò le tragedie da esplosioni di queste “S. Barbara” che vengono puntualmente registrate dalle cronache giornalistiche. La “Sindrome di S. Silvestro” Oltre ai casi clinici rappresentati da pazienti con patologie cardio-respiratorie che affluiscono al pronto soccorso per l’inalazione passiva di esalazioni di zolfo combusto, vi sono le conseguenze più varie delle esplosioni e delle ustioni sull’uomo. Queste ultime sono quanto di più eterogeneo possa avvenire e dipendono, come è intuibile, dalla distribuzione dell’ordigno, dal soggetto e dalla sua posizione (parallela o perpendicolare), nonché dagli oggetti posti nelle vicinanze che si trasformano a loro volta in corpi contundenti, ed in ultimo, dal luogo in cui è avvenuta l’esplosione (ambiente chiuso o aperto). Peraltro è anacronistico che lesioni caratteristiche degli eventi bellici e della medicina militare siano invece riscontrabili proprio in queste occasioni che dovrebbero essere di festa collettiva. Infatti, ciò che si verifica più facilmente oltre alle ustioni, per le aumentate capacità dei composti esplosivi, sono i traumi a carico di organi “cavi” (trachea, polmone, stomaco, intestino e vescica) da onde d’urto chiamati dagli anglosassoni “blast injury”. Il ricco mercato dei botti Quello dei botti clandestini è un giro di affari che in Italia vanta un fatturato di 40 milioni di euro. I materiali non classificati sono i più pericolosi perché contengono quantità di esplosivo professionale senza osservare alcuno standard di sicurezza codificato e condiviso: ogni botto è quindi un oggetto esplosivo a sé, ad alto potenziale lesivo che riproduce, con la propria carica di esplosivo, un nome, in quel periodo favorevole, ad attirare l’attenzione e l’immaginifico collettivo. (pallone di Maradona, bomba Taricone, bomba “la finanziaria”, bomba Lecciso, bomba Ratzinger, bomba Monti). L’A.O.R.N. “A. Cardelli” di Napoli e la prevenzione delle lesioni Dal 1995, un gruppo di anestesisti-rianimatori dell’A.O.R.N. “A. Cardarelli”, prendendo atto dell’entità del grave fenomeno iniziò, per primo, una campagna dissuasiva rivolta al pubblico che aveva accesso come pazienti ed accompagnatori presso l’ospedale. L’anno successivo il piano di prevenzione fu rivolto alle scuole dei quartieri che avevano registrato il maggior numero di feriti tra la popolazione infantile. In quell’occasione fu coniato un simbolo propagandistico a fumetti che ebbe notevole successo. Tale intervento fu effettuato con la collaborazione, questa volta, anche di colleghi ortopedici, oculisti, chirurghi vascolari ed otorini, specialisti questi chiamati sempre in causa negli eventi del 31 dicembre. Tale opera di prevenzione fu effettuata sempre nelle ore libere di lavoro. A tale iniziativa si affiancò nel 1996 il patrocinio del quotidiano “Il Mattino” di Napoli che accettò di riprodurre in stampa 10.000 copie di un manifesto dissuasivo di nostra progettazione. Si ottenne, nel contempo, una capillare rete organizzativa da parte dell’ufficio stampa dell’azienda ospedaliera che ha dato negli anni ampia divulgazione alla stampa cittadina e nazionale, nonché ad organi televisivi d’informazione. Con l’avvicinarsi dell’anno 2000, l’iniziativa fu amplificata con la presenza dei Nuclei degli Artificieri dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato. L’opera di dissuasione ha sempre contemplato la creazione, anno dopo anno, di materiale propagandistico, autofinanziato da ciascun medico implicato. Dal 1995 al 2012 sono state visitate più volte, nei 17 anni del piano di prevenzione, 125 scuole medie dei quartieri più colpiti da questa deteriore tradizione con un coinvolgimento di una popolazione studentesca di 68000 unità di età compresa tra i 9 e i 14 anni. L’impatto emotivo dei giovani studenti è stato generalmente uniforme. È opinione congiunta di medici, Carabinieri ed artificieri della Polizia di Stato che non vi sia stata una reazione negativa alle immagini cruente presentate; nella maggior parte dei casi forte è stata la curiosità, pochi episodi di sfida e/o di ostruzionismo, molti i casi in cui la conoscenza del danno fisico era argomento già tristemente conosciuto per esperienze vissute da familiari o da amici. I risultati ottenuti durante i 18 anni di attività di prevenzione presso le scuole cittadine, ed anche presso alcune della provincia di Napoli, hanno determinato una tangibile flessione del numero dei feriti nella popolazione adulta ed infantile. Infatti, non è trascurabile l’impatto che i giovani studenti hanno successivamente svolto tra gli adulti, spesso involontari vettori di scelte ludiche deteriori. CHIAIA MAGAZINE •NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (5) (6) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 PRIMO PIANO SALUTE&AMBIENTE, PARTE IL PROGETTO ECOFOODFERTILITY Prima del territorio va bonificato l’uomo Livia Iannotta Nella Terra dei fuochi la parola cancro raggela quanto camorra. Tanto che si preferisce nasconderla sotto quella, più generica e meno spaventosa, di “malattia”. È il male che non risparmia, che consuma, che strappa brutalmente alla vita adulti e bambini più di ogni altro luogo in Italia. La causa la conoscono tutti. Ma a dimostrarlo non c’è niente. Nulla, per ora, che attesti scientificamente come la pratica criminale di far ingoiare alla terra tonnellate di rifiuti tossici stia lentamente uccidendo l’area a nord di Napoli e il basso casertano. È per questo che nasce «EcofoodFertility» (www.ecofoodfertility.it), il progetto di ricerca messo a punto da Luigi Montano (nella foto), dirigente medico responsabile dell’ambulatorio pubblico di Andrologia della Asl di Salerno presso l’ospedale di Oliveto Citra. Due anni di ricerca con l’obiettivo ambizioso di individuare, su base scientifica, la correlazione tra inquinamento ambientale e incremento di varie patologie (in particolare tumorali) che si registra nel cosiddetto “triangolo della morte”. La risposta verrà data dall’analisi degli spermatozoi che, come spiega Montano, per la facile reperibilità e l’alta sensibilità agli inquinanti ambientali, sono considerati bioindicatori “ideali” del danno ambientale e sentinelle attendibili della stato di salute dell’uomo. Il sospetto è che le sostanze chimiche (come metalli pesanti, diossine, idrocarburi, ecc.) che infettano da oltre vent’anni ambiente e alimenti, riduca- no qualità e quantità degli spermatozoi e ne modifichino il DNA. «Tramite tecniche d’indagine innovative - spiega Luigi Montano - intendiamo verificare se l’ambiente in cui viviamo e le abitudini alimentari agiscano negativamente sul seme maschile e in che misura». Il progetto di ricerca prevede, in una prima fase, la selezione di 1800 uomini di cui 300 celiaci (tra i 20 e i 40 anni), residenti da almeno 10 anni in tre diverse aree della Campania ad alto (area di Acerra, Na), medio (area di Sant’Agata dei Goti, Bn) e basso (area di Oliveto Citra, Sa) indice di pressione ambientale, perfettamente sani, non fumatori, non bevitori. I soggetti saranno sottoposti a visita uroandrologica, alla valutazione delle abitudini di vita, alimentari, all’analisi tossicologica nel sangue e nel seme e all’analisi del DNA spermatozoario. Ma non è tutto. Il progetto mira anche a sperimentare un nuovo metodo di prevenzione basato sulla nutraceutica, ovvero la somministrazione di alimenti che, avendo una funzione benefica sul- l’organismo umano, possono curare e prevenire determinate patologie. «Nella seconda fase - aggiunge Montano i soggetti a rischio potranno seguire diete personalizzate, con precisi indirizzi nutrizionali e disintossicanti. Prima ancora della bonifica del territorio, per cui sono necessari milioni e molti anni, è particolarmente urgente, ma soprattutto possibile, una bonifica dell’uomo». Sostenuto dai CNR di Avellino, Napoli e Roma, dall’Università di Torino e da aziende sanitarie pubbliche, EcofoodFertility è un progetto “aperto”, partecipato, che vedrà coinvolte anche le associazioni campane sensibili alle tematiche dell’ambiente, tra cui Legambiente, Coldiretti, Wwf, Medici per l’Ambiente. «Il nostro - ha chiarito Montano - è un progetto altamente scientifico e civico che ci vedrà in prima linea per dare ai territori colpiti da calamità ambientale più certezze e più possibilità di cura. Per questo partirà una campagna di sensibilizzazione, comunicazione e ricerca di fondi per avviare subito il progetto». soluzioni su misura per ogni necessità, contattaci per parlare con uno dei nostri consulenti CONSULENZA PER: • PRESTITI PERSONALI • CESSIONE DEL V° DELLO STIPENDIO • MUTUI • FINANZIAMENTI AZIENDALI WORLD AGENCY SPA MEDIAZIONE CREDITIZIA E CONSULENZA FINANZIARIA OAM 227 IVASS E000397367 SEDE LEGALE: VIA CARLO DE CESARE, 64 • 80127 NAPOLI WWW.WORLDAGENCY.IT CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (7) (8) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 RICORDI TRIBUTO AD ALVARO MIRABELLI TRIBUTO A FASOLINO «Era un grande signore, giornalista Com’è triste piazza dei di razza, persona bella e giusta» Martiri senza Marcello Nel mese di ottobre è venuto a mancare Alvaro Mirabelli, fondatore della Iuppiter Group, direttore di Chiaia Magazine dal 2006 al 2009, giornalista di razza sempre controcorrente, artefice di meravigliose inchieste e memorabili ritratti. Ma Alvaro era soprattutto un amico autentico e fraterno. In questa pagina abbiamo voluto raccogliere alcuni ricordi e pensieri che ci sono arrivati in redazione. Nel 2014 inaugureremo una collana editoriale, che porterà il suo nome, dedicata all’arte e al giornalismo, le sue più grandi passioni. di stacanovismo, rispondeva da uomo semplice e modesto, quale era: «Questo è il mio compito, stare sempre qui a lavorare» e nella voce non aveva alcuna inflessione particolare che potesse far trasparire uno scontento. Era gentile e generoso, ma soprattutto buono. Mi diceva: «Quando ricevo un tuo articolo, lo passo senza alcuna correzione, è sempre scritto bene». Il più grande complimento che ho ricevuto nella mia vita di scrittore-dilettante. Sarà molto difficile dimenticarlo. Addio, Alvaro, un forte abbraccio! FRANCESCO IODICE *** La scomparsa di Alvaro mi ha procurato un dolore profondo ma profonda è la gratitudine per aver trascorso anni in compagnia di una persona bella e giusta. Giornalista puntuale e raffinato, non privo di mordace ironia che ha offerto, con i suoi scritti ed i suoi servizi, una energica riflessione sul rapporto tra esistenza e scrittura. Una volta mi disse: «Si scrive perché si ha paura della morte o si scrive piuttosto perché si ha paura della vita?». Alvaro è stato un ottimo compagno di viaggio, capace di ascoltare, consigliare e caricare di senso quella cosa di per sé insensata come l’esistenza. Mi mancherà moltissimo. AURORA CACOPARDO Alvaro Mirabelli era uno di quegli eroici colleghi che si era conquistato popolarità, stima, affetto e ammirazione, lavorando nelle cambuse. Collega di profonda cultura e di impareggiabile umanità, libero, indipendente, mai servile o alla ricerca di potere, spesso anche scomodo in ragione di tale carattere, refrattario ad ogni sorta di compromesso, “Mizzi” scelse di proposito di lavorare nell’ombra, dove riteneva vi fosse maggiore compatibilità con le proprie idee, soprattutto la sua coscienza, il suo stile di vita, avido di ogni sorta di esperienza e appagato solo da una inesausta curiosità. Era semplicemente un grande uomo e un imbattibile giornalista. ALDO DE FRANCESCO *** Di Alvaro ho ancora presenti gli occhi chiari, il viso sereno e lo sguardo dolce. Era un presenzialista: tutte le volte che telefonavo rispondeva quasi sempre lui. Quando mi recavo in redazione, era sempre al lavoro al computer e alla mia scherzosa “accusa” *** L’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Napoli esprime alla figlia Sveva, al fratello Massimo, alla famiglia e agli amici più cari la più sentita vicinanza per la scomparsa di Alvaro Mirabelli, giornalista straordinario, persona gentile e pulita, per anni collaboratore dello staff di comunicazione dell’ente ordinistico. Mirabelli, co-fondatore della società di editoria e comunicazione Iuppiter Group, ha seguito, con professionalità ed estrema efficienza, gli eventi dell’Ordine, contribuendo all’elaborazione del Bollettino. Ricordiamo con affetto vero e stima profonda il suo encomiabile lavoro nella stesura di una cospicua parte dei testi del libro del Centenario dell’ente ordinistico. Se il volume celebrativo “Medici napoletani” ha avuto un meritato successo, lo si deve anche all’opera, sempre lontana dai clamori, di Alvaro Mirabelli e alla sua indiscutibile e sorprendente arte nello scrivere. ORDINE DEI MEDICI DI NAPOLI *** Alvaro era un vero amico. Un grande signore, un giornalista che non retrocedeva mai, forte della sua passione e di quella tenacia classica in chi vive controcorrente. Mi mancheranno le sue chiacchierate, i suoi racconti passionali, la sua figura di dandy che scendeva per via Chiaia con andatura danzante e la scia fumante di un’eterna sigaretta. A ottobre è venuto a mancare Marcello Fasolino, imprenditore napoletano di indole vulcanica e passioni infinite. Con Chiaia Magazine e con la Iuppiter Edizioni ha collaborato a lungo, con i suoi articoli pungenti e soprattutto pubblicando due opere di narrativa: il romanzo «Napoli ultima chiamata» (vincitore del Premio Rea) e la raccolta di elzeviri «Il quinto leone». Marcello era un vero amico e soprattutto un uomo pieno di sorprese.Un leone nella vita e nel lavoro. Pubblichiamo un breve ricordo di Aldo De Francesco, uno dei suoi amici più cari. NINO DE NICOLA *** Alvaro Mirabelli non l’ho mai visto triste. Per me era «’o direttore» e quando lo incontravo gli segnalavo tutte le cose che non andavano in città. Le sue inchieste erano davvero belle e documentate. Era un giornalista libero e mai servile. Aveva una cultura immensa e una chiarezza nello scrivere come pochi. Ci mancherà davvero molto. ANTONIO POSTIGLIONE *** Mancheranno in ufficio i nostri «processi del lunedì» Con Alvaro era uno spasso, infatti, parlare di calcio e di quella inguaribile passione per il Napoli. Non c’era giorno in cui non discutevamo di moduli, calcio mercato e soprattutto ricordavamo i tempi eroici del grande Maradona. Era una persona speciale, un lavoratore straordinario e un uomo sempre positivo e amante della vita. FRANCO MORANO E ALFREDO PAPACCIO Com’è triste piazza dei Martiri senza Marcello. Sono passati quasi due mesi dalla scomparsa di Marcello Fasolino e il suo ricordo, sempre vivo, non può non legarsi a a questa piazza, ribalta quotidiana della sua “napoletanità” positiva”, generosa, concreta e travolgente. Passandovi, è questo il verso struggente che si sente dentro, come un caro, tenero e memore “refrain”, chi gli ha voluto bene e lo ha conosciuto. E sono tanti, larga parte della nostra città. Era qui che preferiva incontrarsi: questo il suo “atelier” all’aperto, anche sotto il sole a picco. Ci veniva ogni giorno, anche due volte, per una “pausa caffè” relax alla sua frenetica attività di imprenditore senza confini con studio alla Riviera ma anche alla ricerca di spunti utili, preziosi alla ritrovata vena di narratore, accantonata in gioventù Era un ineguagliabile osservatore, un ottimista che lasciava dovunque il segno della sua personalità. È impossibile dimenticarlo: egli continuerà a vivere per quanto ha fatto e si è donato. per dimostrare che quello che si fa al Nord si può anche fare al Sud. E a lui riuscì di fare, sconfessando le dicerie degli untori antimeridionalisti. Fu in questa piazza, davanti al Monumento ai Caduti, con il gruppo scultoreo dei quattro leoni di marmo, metafore di altrettante rivoluzioni di Napoli, che Marcello, da artista dell’anima, colse l’immagine, o meglio, l’auspicato avvento di un “quinto leone”, quale decisivo risolutore dei problemi di Napoli, divenuta ormai una ingovernabile giungla. Un’immagine mentale che diede il titolo alla omonima raccolta dei suoi accorati elzeviri. Marcello era un ineguagliabile osservatore, un ottimista che lasciava dovunque il segno della sua grande personalità. Passeggiava e si interrogava, conversava e programmava futuro, lavoro, in una città dove la glorificazione del passato serve da sempre a coprire, nascondere le inerzie di un presente da resto di niente. È impossibile dimenticarlo: egli continuerà a vivere per quanto ha fatto e si è donato. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (9) (10) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 L’INIZIATIVA OTTAVIANO, LA SCOPERTA Biblioteca Belfanti, scienza da sfogliare Luciana Ranieri I tesori nascosti sono quelli più preziosi e rari e l’odore dei libri antichi arricchisce la scoperta. Si tratta della Biblioteca Scientifica “Serafino Belfanti” (nella foto) dell’Istituto Sieroterapico Milanese che è custodita, quasi come un cimelio di famiglia, nella sede di Ottaviano della Svas Biosana (via Genio Militare 40), azienda leader nella produzione di dispositivi medici di vario genere, punto di riferimento in Italia e all’estero per il settore sanitario. L’attenzione della Svas e dei suoi dirigenti verso il progresso scientifico e culturale ha spinto nel 1995 all’acquisto della Biblioteca andata all’asta a causa del fallimento della società che la gestiva. Ovviamente l’azienda napoletana non era l’unica interessata all’acquisto pregiato, oltre a diverse società del medesimo settore, c’era infatti anche il Comune di Milano in “gara” per l’importante acquisizione. La Svas Biosana è riuscita quindi ad ottenere l’intera collezione di libri, compresi i mobili che li contenevano, che in seguito ad un accurato restauro sono stati trasferiti nelle sede di Ottaviano. L’azienda, per ospitare il prezioso patrimonio, ha creato ampi spazi all’interno dei locali presenti nel sito della medical division (circa 650 mq), avendo cura di far rivivere e preservare l’originario contesto. La Biblioteca “Serafino Belfanti” consta di circa 30000 volumi riguardanti argomenti che vanno dalla biologia alla chimica alla medicina, divisi tra periodici, riviste, scritti e manuali. L’importanza storica della biblioteca non è costituita tanto dal numero dei volumi, piutto- sto dalla specificità degli argomenti, si tratta infatti di una biblioteca esclusivamente scientifica. Ed è proprio questo che le conferisce un valore aggiunto. I volumi sono divisi secondo periodi storici, dalle cosiddette “Seicentine” fino a collane più attuali ed ancora di grande rilievo per gli studi in medicina. Si annoverano tra i più importanti i testi di Agostino Bassi, Camillo Golgi e Ulisse Aldovandi. Accanto agli scritti in italiano, e talvolta anche in un italiano più arcaico, è possibile trovare libri in francese, tedesco, inglese e latino, alcuni di questi vantano anche annotazioni a margine dello stesso Belfanti. La Biblioteca apparteneva in origine all’Istituto Sieroterapico Milanese, di cui fu promotore e poi fondatore e dirigente Serafino Belfanti (Castelletto Ticino 1860 - Milano 1939), che laureatosi in medicina all’Università di Torino, fu un illustre immunologo e docente in batteriologia e dedicò tutta la sua vita a questa istituzione. I gruppi di lavoro dell’I.S.M. iniziarono le loro ricerche sulla base dei lavori precedenti alla fondazione avvenuta nel 1896, inerenti il bacillo del tetano, per poi spostare l’interesse su studi più moderni, ovvero sulla natura dell’antitossina difterica, e sullo studio degli enzimi. L’I.S.M. fu fondato per iniziativa della Società Medica lombarda e per le offerte di corpi morali e di privati cittadini, ed ebbe per oggetto di provvedere direttamente alla preparazione di sieri, vaccini e prodotti biologici in generale, a scopo medico e tecnico, e di promuovere gli studi relativi. La spinta che portò alla nascita di questo istituto fu la necessità che fosse prodotto il siero im- munizzante antidifterico. Serafino Belfanti fu divulgatore di scienza cooperando con medici, farmacisti, biologi, ma soprattutto egli ha lasciato la sua indelebile impronta con le pubblicazioni bibliografiche del “Bollettino della sezione italiana della Società internazionale di microbiologia” e ancora con la “Rassegna di bacterio-opo e sieroterapia” dalla quale prese origine la “Biochimica e terapia sperimentale”, rimasta al Sieroterapico fino al 1915. Belfanti fu membro delle Accademie Mediche, membro e vice presidente del Real Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Grande Ufficiale della Corona d’Italia, Cavaliere del Lavoro e fu nominato Senatore del Regno nel 1934. Una valido contributo alla scienza è stato dato dall’istituto con oltre trecento pubblicazioni di studi e ricerche, di cui quasi un centinaio per opera personale del direttore Belfanti, oggi anche questi testi sono presenti nella biblioteca sita nei locali della Svas Biosana. L’azienda ha intenzione in futuro di rendere fruibile questo patrimonio, nel frattempo la biblioteca è visitabile contattando il numero 081/5289823. CONSULENZA IN MATERIA CONDOMINIALE E IMMOBILIARE - Servizi di gestione condominiale ordinaria e straordinaria - Servizi di natura fiscale e aziendale - Servizi di iscrizione a ruolo presso il Tribunale - Servizi di consultazione e ricerca presso la Conservatoria Per Info: tel/Fax 081.19804242 www.studiopasqualemarigliano.it Via Chiaia n° 160 - 80121 Napoli CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (11) SOLLECITAZIONI PERIFERIE, ETERNE DIMENTICATE Dall’agenda dell’amministrazione comunale “arancione” sono sparite le periferie: si sparla tanto di lungomare, di piste ciclabili e ZTL, mentre si dimentica che nelle aree poste ai margini della città si sopravvive tra mille difficoltà. Dopo i proclami e le promesse, si registra il nulla e, dato ancora più sconfortante, la gente è stanca di protestare, di organizzare cortei in difesa dei propri diritti. «La nostra situazione è paradossale», ha evidenziato Angelo, giovane volontario dell’area nord, «per anni si è dato spazio a presunti comitati e associazioni, tutte legate alla sinistra, dimenticandosi di chi non aveva santi in paradiso». Una questione limite che si rispecchia soprattutto nella periferia a nord di Napoli: quartieri come Scampia, Secondigliano, Miano e Piscinola sono abbandonati. La gente è stanca delle solite tavole rotonde, dei concerti e delle manifestazioni che, sino a oggi, hanno prodotto il nulla. La realtà è ben diversa. Si sopravvive tra degrado ed abbandono, mentre la malavita locale conquista sempre più spazi su di un territorio abbandonato dallo Stato. Scampia doveva essere il quartiere della sperimentazione, in cui, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, super pagati architetti avrebbero potuto realizzare centri di aggregazione sociale, culturale e commerciale. Si è tanto parlato d’insediamenti universitari, della sede della Protezione Civile o della piazza telematica. L’unico titolo che si ritrova il quartiere è quello di piazza per lo spaccio di droga. In molti attendevano un intervento da parte del sindaco de Magistris, viste le buone intenzioni manifestate ad inizio mandato. Ed invece l’amministrazione vuole regalare alla periferia nord siti di compostaggio per i rifiuti o assurdi parcheggi degli automezzi dell’ASIA: camion e camioncini sporchi e puzzolenti, posti a pochi metri da scuole materne ed elementari. Scampia resta sempre più nell’isolamento a causa del mancato decollo di un’adeguata rete di trasporti, mentre poco o nulla è stato fatto per favorire lo sviluppo di attività commerciali capaci di portare lavoro in un’area in cui il tasso di disoccupazione è preoccupante. Il Comune è latitante sulle problematiche esistenti in periferia. Basta guardare lo stato delle strade, la mancanza di illuminazione di molte vie, l’abbandono delle tantissime aree verdi distrutte dall’incuria e dall’abbandono, la mancanza di manutenzione delle strutture sportive e ricreative pubbliche, trasformatesi in ricovero per barboni, tossicodipendenti e rom. In questo desolante panorama, una citazione a parte merita lo IACP, l’Istituto case popolari, inadempiente nella manutenzione di gran parte del patrimonio immobiliare di Scampia. Sono frequenti i casi di ascensori bloccati per settimane con anziani e disabili segregati in casa. E che dire degli incendi sviluppatisi a causa degli impianti elettrici vecchi e non a norma? Forse per intervenire si aspetta la disgrazia di turno? A distanza di decenni, gli edifici mostrano gravi problemi strutturali: infiltrazioni ed umidità danneggiano gli appartamenti e i loro arredamenti, minando la salute di migliaia di persone , soprattutto bambini e anziani. Una ricerca svolta da alcuni medici di base che operano in periferia, conferma l’esistenza di un elevato tasso di malattie respiratorie. Mentre in queste zone si sopravvive tra mille difficoltà, l’amministrazione comunale continua a promuovere iniziative demagogiche e propagandistiche nelle zone del centro cittadino. CARMINE ZAMPROTTA (12) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 QUESTIONE MERIDIONALE E VERITA` STORICHE Perché non ci fu l’Unità d’Italia? Umberto Franzese A centocinquantadue anni da quella che viene considerata l’Unità d’Italia, altri vessilli garriscono al vento: sono quelli della Lega al Nord e del regno delle Due Sicilie al Sud. Il perché è presto detto: non ci fu Unità d’Italia nel 1861. Non ci fu Unità d’Italia perché il Mezzogiorno subì «una guerra d’invasione cominciata nell’ottobre 1860 senza una vera e propria dichiarazione formale» (Gigi Di Fiore). Non ci fu Unità d’Italia «perché lo Stato pontificio fu annesso al Piemonte dopo che Cavour ebbe inviato l’esercito a raggiungere quello garibaldino attraverso le Marche e l’Umbria» (G. Di Fiore). Non ci fu Unità d’Italia perché i plebisciti avvenuti in Emilia e in Toscana furono imposti con le armi. Non ci fu Unità d’Italia perché fu una farsa, nel 1866, l’annessione di Venezia a se stessa. Perché? Perché non siamo popolo, perché siamo divisi. E lo erano i fratelli d’Italia, quando dall’alto si tentava una finta Unità che sarebbe costata lacrime e sangue in maggior grado al Mezzogiorno. Erano divisi anche i promotori dell’unificazione. Angelo Brofferio, leader della Sinistra subalpina, oppositore di Cavour, compiangeva l’Italia perché aveva due capi: Garibaldi e Ricasoli, l’uno senza testa, l’altro senza testicoli. Garibaldi sosteneva che Cavour era il cattivo genio d’Italia e Pio IX un metro di letame. E Gioberti, che suggeriva la realizzazione di una confederazione politica degli Stati italiani sotto l’autorità del papa, raccontava come Mazzini fosse un codardo, un inetto, nonché il maggior nemico d’Italia, peggiore dello stesso austriaco e che il suo nome sarebbe stato aborrito ed esecrato. Cavour non si fidava di Garibaldi e questi era un fervente mazziniano. Sia Mazzini che Garibaldi avevano in spregio Vittorio Emanuele II. Su queste basi andava componendosi un’unione che gli Italiani avversavano. A riprova dell’alta considerazione che i piemontesi avevano dei napoletani bastano certe invettive lanciate dal Farini nell’assumere l’eredità lasciatagli da Garibaldi: «Altro che Italia! Questa è Africa; i beduini a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile». E Diomede Pantaloni inviato tra gli indigeni da Cavour e poi da Minghetti, vedeva «la maggioranza della popolazione fiacca, indifferente, corrotta, piena di sua importanza, un paese di codardi da tenere con la forza e col terrore della forza. Contro briganti, borbonici e contadini non c’è che un rimedio: truppa, truppa, truppa». Ad entrambi, nel lamentare il doloroso trapianto della legislazione sardopiemontese persino nel campo dell’istruzione elementare e delle amministrazioni locali, faceva eco Antonio Ranieri: «Come le Due Sicilie fossero Costantinopoli o Giava e non la patria di Vico e di Filangieri. In materia di codici e di amministrazione, le Province regnicole sono di gran lunga più progredite del Nord». La vera Unità d’Italia fu raggiunta con i Patti Lateranensi del febbraio 1929. Finalmente «nella capitale si riaprirono i portoni dell’aristocrazia nera rimasti chiusi dal 20 settembre del 1870 in segno di lutto per la fine del potere temporale dei papi». Non si poteva in alcun modo nel 1861 o nel 1870 ritenere raggiunta l’Unità d’Italia dopo che i fratelli d’Italia del Sud da Fratelli non furono davvero trattati. Settantuno anni dopo l’Unità, in piazza del Duomo, il 25 ottobre del 1932, il Duce del Fascismo, rivolgendosi ai milanesi ebbe a dire: «Ecco che come non mai, nei 27 secoli di storia, il popolo italiano fu così compatto, così concorde, così deciso». E a Reggio Calabria, il 31 marzo del 1939, rivolto alle genti calabre: «I vecchi governi avevano inventato, allo scopo di non risolverla mai, la cosiddetta questione meridionale. Non esistono una questione meridionale e una questione settentrionale, esistono questioni nazionali, perché la Nazione è una famiglia e in questa famiglia non vi devono essere figli privilegiati e figli derelitti». Nazione: un solo blocco costituito da genti italiche con le stesse radici, gli stessi valori, una sola volontà, gli stessi miti, gli stessi simboli, gli stessi riti. Elemento unificante la sovranità popolare che si realizza attraverso il prestigio e l’autorità dello Stato. Un vero Stato, uno Stato solido, compatto. Specialmente negli anni del consenso, quello Stato, ebbe da un capo all’altro dello Stivale a riunire in un sol fascio uomini e donne di ogni estrazione sociale. Cosa sia oggi il nostro Paese lo lasciò detto a chiare lettere nel febbraio del 1996 un ex partigiano, Francesco Montanari detto “Cincino”: «Un letamaio pieno di miseria, ingiustizia e violenza, dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi». Siamo destinati a languire aggrappandoci ora a questa ora a quella fazione. L’unità la si raggiunge solo nel Pallone. Perché il nostro Paese, tranne che in qualche incidente di percorso, non è stato mai Patria, ma diviso tra due fazioni o perché servo di dolore ostello. SOLLECITAZIONI la vignetta di Malatesta IL SUDISTA Mimmo Della Corte QUEL LEGNO ANTISISMICO DEI BORBONE Colmo di fulmine Diario stupendo G.ANSALDO Un angolo perfetto «Le due di notte. In piazza san Ferdinando. Aspetto che Cesareo manovri con la sua macchina al posteggio e venga a caricarmi, e a portarmi a casa. E intanto indugio con lo sguardo sul fianco sinistro del Palazzo Reale: meglio, sull’attaccatura sua con il Teatro San Carlo. Quale trovata, quella di saldare così insieme il palazzo del Re, con il teatro in cui il Re andava ad esibirsi in pubblico con tutta la Corte! È stata una delle più grandi trovate dell’epoca monarchica. E come è stata eseguita, dal punto di vista architettonico! I due edifici, quelli del Palazzo e quello del Teatro, sono congiunti ad angolo retto; ma l’angolo quasi non si vede, tanto gli ordini architettonici dei due edifici stessi sono bene proporzionati e combinati. E poi, quel recinto sul fianco del Palazzo Reale, e quella cancellata dalle guglie dorate, quel po’ di verde cupo sul colore rossiccio dei muri, tutto è di un grandissimo effetto. Si sente che qui non ci sono passati soltanto architetti che erano padreterni nelloro mestiere; ma che c’è passata una grande Corte, e tutta una forma, in sè conchiusa e perfetta, di civiltà...Ed ecco che, d’un colpo, mi sorprende il ricordo di Longanesi; e di quanto gli piaceva questo angolo della Napoli regale; e quante volte egli, dai tavolini del caffè di fronte, lo contemplò: e quante volte disse, che qui, in questo punto preciso, Napoli rivelava meglio, architettonicamente, il suo carattere di grande capitale. E sulla piazza deserta, vegliata dalle povere «passeggiatrici», e mentre Cesareo sta arrivando, mi punge, una volta di più, sempre vivo, sempre doloroso, il rimpianto dell’amico perduto. (Da «Ore napoletane», di Giovanni Ansaldo, Napoli, 1960) G.ALLIEGRO ‘Nziria, strana virtù «Il napoletano prima di venire alla luce, si alimenta con un quid che gli altri nati da mammiferi non conoscono affatto; è un prodotto esclusivo delle donne del luogo.Trattasi dello sfizio e della ‘nziria. (Da «I figli di Partenope», Giuseppe Alliegro, 1973) di RENATO ROCCO Il rimorso è il cimitero delle occasioni perdute. Confessava i peccati degli altri sapendo di non sbagliare. Il Parlamento: la camera da eletto. Il credente frettoloso: Dio-presto. Gli scrittori moderni sono come i bersaglieri: corrono con le penne in testa. La diceria contro il Sud: Sud-iceria Il marito è abituato a prendere la moglie sottogamba. L’arca di Noè: il paradiso dei cacciatori Caro director Max(imo), purtroppo la vecchia saggezza che, come a te è ben noto, non si smentisce mai, mi costringe ad un atto di contrizione (che, peraltro, faccio ben volentieri) con te, con il gruppo editoriale Iuppiter e con quei lettori che, dopo aver letto (almeno mi auguro) il mio «Supersud» pensavano di essere, finalmente, venuti a conoscenza di tutta la verità sul Regno delle Due Sicilie e sui suoi primati. Non è cosi! Purtroppo, dal momento che “non si finisce mai d’imparare”, solo qualche settimana addietro, grazie ai ricercatori del Cnr-Ivalsa, ne ho incrociato un altro che, fino a quel momento, mi era assolutamente sconosciuto. Un primato che è l’ennesima conferma della capacità di ricerca, innovazione e di anticipazione dei tempi dei sudditi borbonici. Mi riferisco al primo codice europeo di norme antisismiche promulgato dalla monarchia borbonica all’indomani del sisma del 1783 in Calabria al termine del quale si contarono oltre 30mila vittime. La normativa imponeva l’inserimento all’interno delle pareti in muratura, di una “rete elastica di legno” per attutire le scosse telluriche e resistere ai terremoti. Un metodo che, fino a quando è stato utilizzato, ha dato sempre ottimi risultati, dimostrandosi efficacissimo in occasione dei terremoti in Calabria del 1905 e 1908, in quest’ultimo anno anche in Sicilia, tutti di notevole intensità: 9° della scala Mercalli e magnitudo: 6,9° della scala Richter, che, grazie a quell’innovazione, causarono pochissimi danni e non registrarono alcun crollo totale. Emblematico in questo senso il caso del palazzo del Vescovado di Mileto che, crollato e ricostruito dopo il sisma del 1783 con i criteri antisismici dettati dal codice borbonico, non subì che danni lievissimi. Non è assolutamente un caso, quindi, ed anzi ha tantissime e validissime ragioni il fatto che nel momento in cui - nell’immediato post terremoto in Abruzzo ed in Emilia Romagna, che ha prodotto danni enormi sia in termini materiali che di vittime umane finalmente ci si è resi conto della notevole sismicità del nostro Paese e si è cominciato a porre il problema di come ridurne ai minimi termini conseguenze e danni, non potendole cancellare. Allora i “ricercatori” hanno ritenuto opportuno rivolgere indietro lo sguardo, ripensare - alla luce della buona prova di sé offerta in passato - al sistema elaborato dai loro colleghi di fine ‘700, per valutare se quella soluzione possa essere riproposta anche oggi, tenendo conto dei nuovi criteri di costruzione. Ha deciso di sperimentarlo il Centro Nazionale di Ricerche-Ivalsa che ha sottoposto a prove di resistenza, nel proprio laboratorio di S. Michele dell’Adige, una parete in scala realizzata con gli stessi criteri di quelli del Palazzo vescovile di Mileto: muratura rinforzata da un’intelaiatura di castagno calabrese, costruita in collaborazione con il Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università della Calabria con risultati decisamente positivi. Ebbene, qualcuno mi dica perché, pur senza nutrire particolari simpatie per i Borbone, non dovrei sentirmi - da meridionale e campano, innamorato della mia terra e della mia gente orgoglioso per quanto i miei predecessori duosiciliani hanno saputo fare. Solo perché, una manica di pseudo “maitre à penser”, originari del Sud, pur di guadagnare fama, notorietà e, perché no?, qualche spicciolo proveniente dal nord, continuano, da oltre trecento anni a dirne tutto il male possibile ed immaginabile? “Ma mi facciano il piacere!”, direbbe Totò. CHIAIA MAGAZINE •NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (13) (14) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 QUARTIERISSIME I MUNICIPALITA`, IL PUNTO SUI LAVORI DI MANUTENZIONE 1 milione di euro per strade e scuole Livia Iannotta A gennaio sono bastate poche gocce di pioggia a far sprofondare le strade di Napoli. A maggio, nell’asfalto squassato, è caduta anche l’amministrazione, con de Magistris indagato in un’inchiesta per ipotesi di attentato alla sicurezza stradale. Oggi, agli sgoccioli del 2013, la fotografia della rete viaria napoletana comincia a schiarirsi. Effetto, anche, dello «smottamento» registrato in giunta con i vari rimpasti. Il bilancio di un anno di alti e bassi (sulla strada e non) lo illustra Alberto Boccalatte (nella foto), delegato alla Manutenzione della I Municipalità. «Per il 2013 non ci possiamo dire soddisfatti perché i fondi per la manutenzione non sono stati sufficienti – spiega – Ma con l’avvento dell’assessore Mario Calabrese al Comune la situazione è decisamente migliorata. Siamo riusciti, cooperando proficuamente, a far ripartire i lavori a via Manzoni fermi da tempo e ad implementarli. Il primo progetto, infatti, terminava con la riqualificazione da via del Marzano all’incrocio con via Orazio; attualmente siamo riusciti ad estendere i lavori anche all’area da via del Marzano a torre Ranieri e da via Orazio a Corso Europa». La questione fondi è la più delicata, qual è la situazione alla Municipalità? Finalmente ne è stata elargita una parte, per cui per il 2014 abbiamo a disposizione 1 milione di euro per la riqualificazione di strade ed edifici scolastici. Abbiamo stabilito, di concerto con il presidente Fabio Chiosi e con i consiglieri Nicola Mattera e Alberto Ruffolo (presidente della commissione scuola) di dividere la somma al 50%. A breve approveremo in Consiglio i lavori per la riqualificazione straordinaria di via Maria Cristina di Savoia e per le Rampe Brancaccio per un totale di circa 510mila euro, mentre agli interventi di riqualificazione straordinaria per scuole Villanova, M. C. di Savoia, Carlo Poerio e Viviani saranno destinati circa 490mila euro. Il nostro Ufficio tecnico ha immaginato, poi, con lo stanziamento triennale a disposizione per la manutenzione ordinaria delle strade, di non fare appalti singoli a 270mila euro annui, ma un unico appalto di 819mila euro per il triennio a seguire, e abbiamo già individuato una serie di strade, circa quindici, di concerto con la commissione Urbanistica presieduta da Valerio Campobasso, che saranno interessate. L’inverno è alle porte. Ci ritroveremo nelle stesse condizioni di inizio anno: strade dissestate, buche, voragini? La situazione sarà migliore perché sono in atto i lavori. Da questo punto di vista stiamo operando su un duplice fronte: da un lato abbiamo potenziato al massimo il lavoro di pulizia delle caditoie. Un migliore deflusso delle acque, infatti, risolve in parte il problema. Abbiamo poi altri 200mila euro da appaltare ed è mia intenzione stanziarne almeno 100mila per un’azione straordinaria sulle caditoie e sui servizi fognari sottostanti. Purtroppo molte situazioni sono drammatiche perché le caditoie sono cementate, per cui è necessario liberarle e sifonarle. Dall’altro lato il problema è che come Municipalità non abbiamo più tra le nostre funzioni l’intervento di eliminazione del pericolo, azione che è stata affidata alla Napoli Servizi. Sono loro che dovrebbero colmare le buche. L’idea di affidare il servizio a una società in house del Comune (per cui un risparmio c’è) è giusta, ma non è possibile pensare di avere a disposizione mezzi così esigui. Quando eravamo noi a gestire il servizio, l’impresa esterna usciva in media tre volte a settimana. Oggi si effettua un solo turno a settimana. È in corso anche un’indagine sulla questione buche. La Magistratura farà il suo compito. Da un punto di vista politico, giudico in modo negativa l’operato dell’amministrazione. L’anno scorso come Municipalità chiedemmo di impegnare gran parte dei fondi disponibili per la manutenzione di strade, illuminazione pubblica, sistema fognario. È qui che va la mia critica: se ci sono pochi soldi il Comune dovrebbe stabilire delle priorità. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBBRE 2013 (15) (16) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 STORIE&TERRITORI pagina a cura di NewMediaPress CAMPI FLEGREI, LECOBOMBA La bonifica dei misteri Falda acquifera compromessa e aumento tumori: il caso irrisolto della discarica Pianura-Pisani Rosario Scavetta U na “bomba ad orologeria” ubicata nel cuore dei Campi Flegrei, tra il vulcano Astroni ed il cratere Senga. Questo rappresenta oggi l'area dell' ex Difrabi, meglio conosciuta come discarica di Pianura-Pisani. L'indagine, riaperta in tempi recenti dalla Procura della Repubblica di Napoli, ha ritenuto sussistente il reato di disastro ambientale per i veleni presenti nel sito. Nella zona, a quanto sembra, si muore di cancro con una percentuale maggiore rispetto al resto dei territori confinanti. Le statistiche allegate agli atti dell’inchiesta sui veleni inghiottiti dall’ex discarica parlano chiaro: tra i maschi sono più alti i decessi per tumore dello stomaco e per linfomi Hodgkin, tra le donne invece, ci sono dati anomali di decessi per tumore del fegato. In entrambi i sessi sono aumentate le morti per tumore della laringe, per leucemie, per malattie epatiche e risulta incrementata anche la mortalità per mal- formazioni congenite nel primo anno di vita. Insomma la “bomba ad orologeria” di Pianura sta ancora ticchettando. E non preoccupa solo gli abitanti di Pianura e della cittadina confinante, Quarto, ma tutta l'area flegrea, perché l'attività illecita di sversamento di rifiuti tossici all'interno della discarica (già attiva negli anni ’50), potrebbe aver compromesso la falda acquifera presente ad una superficie di circa 100 metri di profondità; tutto questo favorito dalla permeabilità del territorio di conformazione vulcanica. Nel provvedimento stilato dal Gip si evidenzia la preoccupazione di una situazione d'inquinamento che non interessa solo l’area della discarica, ma si estende addirittura fino alla fascia costiera di Pozzuoli. Che il problema della discarica di Pianura preoccupasse anche le zone circostanti è documentato nelle denunce dei comitati cittadini. Nel 2008, quando si paventava la possibilità di riaprire la discarica, furono i cittadini della vicina “Località San Martino” a segnalare l'inadeguatezza di riaprire un sito di accumulo rifiuti, in una zona dove oggi, a pochi metri si trovano campi di equitazione, vigne, frutteti, insediamenti residenziali, scuole, piscine, centri commerciali, ecc. Senza dimen- ticare il sito archeologico della necropoli di San Vito e l'oasi ecologica del Wwf Astroni. Ma nel corso degli anni, cosa ha determinato tutto questo? In primis la cattiva gestione e la mancata messa in sicurezza dello sversatoio che ha provocato la continua infiltrazione di acqua piovana e che continua a produrre biogas a contatto con i rifiuti. Questo fenomeno pericoloso è destinato pertanto ad accentuarsi con il tempo. L’inquinamento ambientale causato dal biogas e dal percolato può continuare ancora per decine di anni. Ma anche la raccolta di rifiuti tossici, la Difrabi, secondo un documento dei tecnici della Provincia di Napoli reso pubblico nel 2008, avrebbe assorbito 113mila chili di polveri di amianto bricchettate, 48mila tonnellate di rifiuti industriali speciali, 380mila tonnellate di rifiuti speciali generici in gran parte provenienti dalle regioni del Nord; le stesse che pochi anni fa negarono le loro discariche per aiutare Napoli ad uscire dall’emergenza spazzatura. In poche parole, la discarica di Pianura-Pisani, è ancora una “bomba” che andrebbe disinnescata con una radicale bonifica, ordinata negli anni scorsi dal Ministero dell’Ambiente, ma fino ad oggi, neanche cominciata. Sofer, continua a colpire lo spettro dell’amianto Continua a mietere vittime l'amianto, il “nemico invisibile” che non ha lasciato indenne lo stabilimento Sofer di Pozzuoli, fabbrica di materiale rotabile (all'interno di esso si costruivano Locomotive, ETR 500, TAF, Metropolitane e autobus) chiusa nel settembre del 2003. Oggi l'attenzione dei politici sull'area (dove ancora sono collocati gli stabili dell'azienda) è concentrata sulla sua riqualificazione, ma si è già dimenticato, o quasi, lo “spettro” che ha rappresentato per quelli che sono deceduti, e che ancora rappresenta per i tanti operai che si sono ammalati di patologie legate all’asbesto. La storia della Sofer parte da lontano. L'esposizione dei lavoratori ad inalazioni di polveri d’amianto viene riconosciuta dalla sede Inail di Napoli il 5 dicembre 1994. Quasi nello stesso periodo la direzione centrale dell'Inps accertò che, già dall'ottobre del 1967, gli operai dello stabilimento Sofer di Pozzuoli si trovavano a contatto con il micidiale materiale. Le malattie tipiche che comporta l'esposizione all'amianto sono asbestosi, calcinoma polmonare e mesotelioma, patologie che hanno ammazzato almeno 50 lavoratori dell’azienda tra il 1973 e il 1998, quasi tutti addetti alla coibentazione prima e alla scoibentazione di carrozze, locomotori ed elettrotreni per le "vecchie" Ferrovie dello Stato. L'amianto è nocivo per la salute per la capacità dei materiali di rilasciare fibre potenzialmente inalabili. I più pericolosi sono i materiali friabili che si possono ridurre in polveri con la semplice azione manuale e a causa della scarsa coesione interna possono liberare fibre spontaneamente (se sottoposti a vibrazioni o se danneggiati). L’amianto compatto invece per sua natura non tende a liberare fibre, il pericolo sussiste solo se segato, abraso o deteriorato. Le malattie dovute alle fibre di amianto si manifestano dopo molti anni dal- l'esposizione: da 10 /15, anche 20 /40 in alcuni casi. Nel maggio del 1995, il dipartimento dell'Ambiente e Salute della Cigl Campania, decise di costituire un gruppo di lavoro sul tema dell'amianto. L'iniziativa si rese necessaria per rendere efficaci ed operativi il Decreto Legislativo 277/91 (per la protezione dei lavoratori contro il rischio dell'amianto) e la Legge 257/92 (norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), ma che tardavano ad essere applicati da parte della Regione. Nella stessa sede venne deciso di coinvolgere l'Associazione Auser, Onlus riconosciuta come Ente Nazionale avente finalità assistenziali, costituita nel 1989 dalla Cigl e dal Sindacato dei pensionati. L'Auser, a sua volta, costituisce una specifica sezione territoriale (Auser Flegra). Quest’ultima, ancora oggi, fornisce assistenza agli ex operai e alle famiglie che hanno subito vittime per l'amianto. Secondo i dati forniti dall’associazione, dei 167 ex lavoratori rimasti, 69 sono in mobilità, 91 in cassa integrazione, 4 pensioni ed altri 3 deceduti negli ultimi anni. Ma il problema, ovviamente, non coinvolge solo gli ex dipendenti della Sofer. L'elenco delle aziende esposte al rischio amianto in Campania è infinito. E non solo. Tutta la penisola italiana ne è afflitta. Sì, perché l’amianto era un materiale molto comune non solo nelle fabbriche, ma anche nelle case, sulle navi, sui treni e usato anche come coadiuvante nella filtrazione dei vini. Della sua pericolosità ce ne siamo accorti, legislativamente parlando, solo negli anni '90, mentre il boom dei morti si verificherà, visti i tempi lunghi di incubazione, entro il 2020. E i dati inquietanti non finiscono qui: gli ultimi rapporti sulle ecomafie diffusi da Legambiente parlano di 27 mila siti contaminati dall’amianto ancora presenti sul territorio nazionale. ROSARIO SCAVETTA CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (17) (18) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 SPECIALE DIVINAZIONE IL MITO E I GIORNI La signora del labirinto Il rito del toro e la nascita del Minotauro. La verità su Arianna: non era figlia di Minosse Rosamaria Lentini N el segno del Toro troviamo uno dei miti più celebri del panteon greco, se non il più celebre. Questo è il suo racconto: Zeus vide Europa mentre giocava con le sue amiche sulla spiaggia di Tiro e, colpito dalla sua bellezza, se ne innamorò all’istante. Si trasformò allora in un toro bianco dalle corna simili ad un quarto di Luna e dopo averla trasportata attraverso il mare a Creta, la depose sotto un platano e si unì a lei. Da questa unione nacquero tre figli: Minosse, Sarpedone e Radamanto, che furono allevati da Asterione, re di Creta. Alla morte di Asterione, Minosse esautorò i fratelli affermando che il regno spettava a lui per volontà divina e, per dimostrare la benevolenza degli dei, chiese a Poseidone un toro. Il dio glielo donò, a patto che gli fosse sacrificato. Minosse però contravvenne alla promessa e conservò il bellissimo animale bianco fra le sue mandrie. Poseidone allora rese furioso il toro che successivamente fu catturato e domato da Ercole e che dell’eroe rappresenta la secon- da fatica. Di questo stesso toro, continua il mito, si invaghì la moglie di Minosse, Pasifae che, entrando nel corpo di una vacca costruita da Dedalo, si accoppiò con l’animale sacro e poi concepì il Minotauro, un mostro dalla testa taurina e dal corpo d’uomo che fu rinchiuso nel labirinto. A lui, ogni nove anni, venivano dati in pasto sette giovani e sette fanciulle. Fu Teseo, eroe ateniese, a porre fine alla sequenza dei morti: rinchiuso nel labirinto, riuscì prima ad uccidere il mostro e poi ad uscire dal labirinto stesso grazie all’aiuto di Arianna. Questa è la versione ufficiale del mito, così come è arrivata dal mondo ellenico, e dalla quale discende la sua interpretazione. Dopo gli scavi che Evans ha effettuato a Creta, però, si sono trovate interessanti testimonianze dalle quali si evince che l’origine e il significato del mito sono ben diversi. Analizziamo meglio alcuni elementi del racconto. La moglie di Minosse, Pasifae (come Medea) era una figlia di Eete, nella cui reggia riparavano i raggi del sole durante la notte. Secondo il mito, il sole che non risplende è Plutone e, di conseguenza, anche Pasifae appartiene al mondo del sottoterra e quindi all’aspetto ctonio del femminile. E anche Minosse appartiene a questo mondo e certo fu per questo motivo che, dopo la morte, Zeus lo designò giudice delle anime. Ma il personaggio che senza equivoco assegna al matriarcato il nucleo originario del futuro mito è Arianna. Innanzi tutto non è figlia di Minosse, come invece racconta la versione ufficiale: una tavoletta di argilla ritrovata a Cnosso la descrive infatti come la «Signora del labirinto» alla quale fare offerte di miele e, come racconta anche Omero, il termine Signora era riservato solamente alle Dee. Partendo da questo ritrovamento e con una serie di raffronti anche letterari, è diventata molto attendibile l’ipotesi che Arianna sia stata originariamente una Dea Madre appartenente all’oltretomba, come Persefone, e quindi collegata a Dioniso, del quale infatti divenne la sposa dopo essere stata abbandonata da Teseo. Il labirinto, inoltre, era certamente un luogo di culto dove, durante la danza, i ballerini si tenevano uniti con un filo, «il filo di Arianna», che serviva a tornare indietro, ossia ad uscire dal labirinto. I documenti fanno pensare al labirinto come rappresentazione materiale della zoè, con il doppio significato di mostrare l’infinita esistenza della zoè e di costituire «una personale rinascita dalla morte». Pertanto, il labirinto ed Arianna possono essere letti come un parallelo, se non addirittura come la prima forma, dei successivi Misteri Eleusini. Ma in tutto ciò, cosa c’entra il Minotauro e la storia della sua nascita? L’unione sessuale donna - toro va intesa come una metafora, nella quale la donna rappresenta la terra madre e il toro colui che l’ingravida. In effetti il nucleo di questo mito è rintracciabile nella sola sacralità del toro e delle feste rituali che si compivano in suo onore. Tutto il resto, iniziando dal rapimento di Europa da parte di Giove-toro, appartiene alla seconda fase della nostra storia e l’uccisione del Minotauro da parte di Teseo, l’Eroe ateniese, segna il passaggio dalla fase lunare-femminile a quella solaremaschile. [email protected] LE CARTE DEL DESTINO Il Bagatto LE MAT, CARTA SENZA NUMERO Da questo numero parte una succinta esposizione dei significati delle 22 lame degli Arcani Maggiori, con riferimento ai Tarocchi di Marsiglia**. Si comincerà da una delle maggiori irregolarità del mazzo, ovvero la carta senza numero chiamata Le Mat. Ci si soffermerà su due particolarità: il fatto evidente che, in un insieme di carte numerate, questa sembra non rientrare in alcun ordine; il nome, che a prima vista potrebbe far pensare, per assonanza, al nome Matto o alla matta delle carte da gioco ma che, invece, ci riporta ad un origine ignota dell’intero strumento di conoscenza di cui si va discutendo. Si è fatto cenno, in un precedente articolo, alla struttura numerologia dei Tarocchi, sottolineando come il dualismo potesse rappresentare una delle leggi che permeano l’intera impalcatura mantica. In effetti, le ventuno carte numerali e l’Arcano senza numero possono sottolineare un’apparente scissione simbolica tra due corpi antitetici, con lo scopo di enfatizzare il concetto del viaggiatore - Le Mat - e del viaggio - gli altri ventuno Arcani - così che il primo rappresenterebbe l’uomo che rinuncia a tutto, presumibilmente in seguito a una crisi, per intraprendere un viaggio interiore composto da ventuno stazioni, ventuno modi di essere, ventuno qualità necessarie a riconquistare l’essenza propria di ognuno di noi. Da questa prospettiva Le Mat, che non è matto, diventa la carta che incontra, assorbendo l’energia necessaria - in un certo spazio, in uno specifico tempo - alla propria evoluzione. Anzi, Le Mat definisce proprio il concetto di spazio e tempo tra gli Arcani: egli viaggia verso Le Monde, l’Arcano XXI, con il suo sguardo rivolto in alto e quindi procede dal basso verso l’alto; egli si muove da sinistra a destra, dal passato al futuro, ma è sempre qui ed ora, ricco dell’esperienza del momento attuale. Il segreto di questo viaggio è nel suo nome che potrebbe derivare dall’espressione dell’antico persiano Shah Mat, che significa: il Re (Shah) è morto (Mat). Ma chi è il morto? E’ colui che, morto alla vita materiale, ricerca la propria anima. Deve, dunque, rinascere, come Cristo. E’ il viandante, il pellegrino che su un sentiero azzurro, così da richiamare simbolicamente il cielo, avanza lungo il percorso che lo porterà ad incontrare una nuova vita ne Il Giudizio e la propria anima ne Il Mondo. Quindi, Le Mat racchiude in sè tutto il Tarot, ovvero racconta in un solo archetipo il processo interiore che può assumere le ventuno forme conseguenti, in ordine sparso secondo il bisogno di ognuno di noi. La comparsa di questa carta indica sempre una necessità di riconsiderare profondamente e da una diversa prospettiva l’intera esistenza. È un suggerimento potente che spinge a mettersi in cammino per scoprire il nostro compito segreto, dunque è una carta di crisi che può, però, trasformarsi in una stupenda opportunità di conoscenza interiore. ** In particolare si seguirà la struttura proposta da Carlo Bozzoli. Utili riferimenti sono: a) il suo libro “Il codice dei Tarocchi. Rivelazione di un’Intelligenza millenaria”, Anima Edizioni; b) i suoi corsi sull’argomento, per informazione sui quali consultare il sito www.tarocchi.net [email protected] CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (19) (20) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (21) L’EVENTO SGUARDI LONTANI Francesco Iodice SAN GENNARO IN MOSTRA A ROMA Un tesoro in trasferta I gioielli del patrono di Napoli in esposizione a Roma nel palazzo Sciarra, a via del Corso, fino al 14 febbraio 2014. 21.620 pezzi meravigliosi tra cui la collana più preziosa al mondo del 1679. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale il tesoro di San Gennaro si è spostato da Napoli. Francesco Iodice D a qualche tempo Napoli eccelle soprattutto in trasferta. Sono ancora vivi gli echi del planetario successo della Mostra “Pompei ed Ercolano” al British Museum di Londra (decima mostra d’arte di tutti i tempi!) e l’altrettanto altisonante clamore suscitato dall’esposizione del Tesoro di San Gennaro a Roma (Palazzo Sciarra, via Del Corso fino al 16 febbraio 2014). Non vorremmo che la spiegazione stia nel fatto che – quando l’organizzazione è affidata a istituzioni come la londinese Goldman Saks Bank e la Fondazione Roma – prevale la maggiore serietà, la capacità manageriale e, perché no, la cospicua disponibilità di vile danaro, e tutto questo contribuisce a far pendere la bilancia dalla parte di chi ci ospita... Se però per Pompei, (22) abbiamo di che vergognarci, le pietre preziose, gli ori e gli argenti del Patrono di Napoli costituiscono un patrimonio unico al mondo. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il tesoro si è spostato da Napoli. Per trasferire a Roma il Tesoro di San Gennaro stavolta non è stato necessario chiedere aiuto a un guappo. Che cosa c’entri un guappo con il Tesoro è presto detto: durante la seconda guerra mondiale i preziosi furono portati da Napoli in Vaticano, ritenuto più sicuro nei confronti dei bombardamenti. Si pensò, allora, a Giuseppe Navarra, un guappo conosciuto anche come il “re di Poggioreale” che dispensava consigli e risolveva dispute. Esercitava attività illecite, ma in materia di fede era ritenuto pienamente affidabile, per cui nel 1947 il cardinale del tempo Alessio Ascalesi gli affidò il compito di riportare il Tesoro a Napoli. Il guappo, giunto nella capitale a bordo di un’auto appartenuta a Mussolini, caricò le preziose casse e riprese la via del ritorno. A Napoli fu accolto come un eroe: applausi lungo le strade e ricompensa di 250.000 lire CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 L’ORO “SNOBBATO” DI MAROTTA Il 12 ottobre del 1963 nella sua casa di Monte di Dio moriva Giuseppe Marotta il celebre autore de «L’oro di Napoli», da cui de Sica trasse il famosissimo film della pizzaiola fedifraga, interpretata magistralmente da Sofia Loren. Marotta era emigrato giovanissimo verso le nebbie e gli inverni milanesi in cerca di fortuna e ben presto diventò un giornalista e scrittore affermato: elzeviri sul Corriere della Sera, articoli di critica cinematografica per «L’Espresso», che erano racconti veri e propri , sempre sostenuti da un stile rigoroso e lirico. Ebbe una prolifica produzione anche di libri: «San Gennaro non dice mai no», esemplificazione di una città che era poco milionaria, dopo il disastro della guerra, o «Le Milanesi» , galleria di tipi femminili che si affannano ad inseguire il boom economico. Ma la celebrità venne a Marotta dal libro “cult” ad episodi «L’oro di Napoli». Chi non ricorda tutta la lezione di Eduardo De Filippo sul pernacchio? E chi potrà mai dimenticare lo sculettamento sul marciapiede di donna Sofia, quando dalla pizzeria va dal “suo” cliente in cerca del famoso anello? E ancora Paolo Stoppa che sul terrazzo, prima di scavalcare l’inferriata, guarda di sbieco se quelli che stanno intorno a lui lo trattengono, e poi fa finta di buttarsi dalla da parte del cardinale. Storie d’altri tempi. Ora, com’è noto, i guappi non esistono più (sono stati sostituiti da feroci camorristi). Le meraviglie del nostro Patrono, comunque, costituiscono il più antico, il più ricco e inviolato tesoro esistente al mondo. È molto più prezioso di quelli della corona d’Inghilterra, degli zar, del delfino di Francia e di tutti gli Asburgo messi assieme; il tutto stabilito da una perizia gemmologica. I pezzi che lo compongono raggiungono la mirabolante cifra di 21.620 unità, fra oreficeria, argenterie, tessuti, legni e quadri. E, se la regina Elisabetta può ostentare il brillante più grande del mondo, il nostro Gennaro può vantare la collana più preziosa del mondo. Con venticinque milioni di devoti, San Gennaro è il santo cattolico più famoso nel mondo. Il tesoro a lui dedicato è unico nel suo genere: formatosi lungo settecento anni di storia, grazie alle numerose donazioni, si è mantenuto intatto da allora, senza mai subire spoliazioni e senza che i suoi preziosi fossero venduti: un primato imbattibile. La Deputazione della Real Cap- terrazza gridando: “Lassateme sta’. Manteniteme!”. Senza trascurare il viso affilato, il portamento principesco e “altolocato” di Silvana Mangano, malgrado interpretasse la parte di “una di quelle”. Ma, naturalmente, come spesso accade, “nemo profeta……” ; infatti, la generazione dei vari Rea, Compagnone, La Capria, Prisco e Incoronato gli fu ostile, in virtù di una diversa concezione della nostra città. Da una parte la “napoletaneria” di don Peppino, dall’altra la “napoletanità” e il “napoletanismo” di Rea e compagni, un mondo che guardava all’europeismo per dare un taglio netto alla tradizione e ai padri, una gioventù ribelle che guardava a Hemingway e Faulkner (erano gli anni della controcultura a Londra e in America, gli anni 50 e 60 in cui William Carlos William, poetapediatria, e Allen Ginsberg ispirarono la Beat Generation).Quello di Rea, Compagnone e La Capria era indubbiamente un mondo più aperto, estroverso, rispetto a quello più schivo di Marotta, tendente al racconto naturalistico di dolente nostalgia. Noi riteniamo del tutto valida la poetica di Marotta, ricordando, come ammoniva il famoso economista americano J. K. Galbraith: «Nella vita occorre andare avanti, guardando indietro». Ed è quello che fece Marotta, il cui ricordo di grande autore rimarrà indelebile, nonostante le inutili diàtribe giovanili, ormai dimenticate. pella del Tesoro, organizzazione laica voluta da un voto della Città di Napoli il 13 gennaio 1527, fu deputata, infatti, prima alla sovrintendenza sulla costruzione della Cappella dedicata al Santo nel Duomo di Napoli, poi alla difesa della collezione da minacce esterne. Il tesoro di San Gennaro nacque dall'immensa gratitudine dei napoletani per la rassicurante "presenza" del santo, e il popolo e i potenti della terra hanno fatto a gara per ingraziarselo attraverso doni inestimabili. In effetti San Gennaro accettava volentieri i regali ma a una precisa condizione: dovevano brillare per altissime qualità artistiche. Solo così avrebbe accordato il privilegio di custodirli. Ecco perché nel tesoro di Napoli è impossibile imbattersi in pezzi di scarso valore, le cosiddette “ciofeche”.Vedere per credere. Il gioiello più antico della collezione è il busto del santo tempestato di smalti e pietre preziose realizzato nel 1305 e donato da Carlo d'Angiò per contenere le ossa del cranio. Le altre superstar della mostra (ma tutto il resto è sbalorditivo) sono la celebre Collana, realizzata nel 1679 per decorare il busto del Santo in processione, e la Mitria, tempestata di smeraldi quadrati. La Collana è formata da tredici grosse maglie di oro massiccio al quale sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi; una venne donata da Carlo di Borbone, un’altra dalla regina Mafalda di Sassonia, una terza da Maria Carolina d’Austria. Secondo un aneddoto curioso, Maria Josè, moglie del principe Umberto di Savoia, nel 1933 si trovò a visitare in forma privata la Cappella , dove abitualmente è custodita la Collana, e, non avendo portato con sé nulla da donare, si sfilò l’anello che indossava, offrendolo al Santo: il dono regale e spontaneo si trova ancora oggi agganciato alla Collana. Infine, la Mitria che viene indossata dal busto del Santo durante le processioni, fu concepita nell’antico Borgo degli Orefici, sorto con i sovrani angioini e vera fucina di talenti. Sembra paradossale che una città dai molti bisogni materiali, conservi ricchezze del genere, relative, poi, ad una figura religiosa. Ma a Napoli che cosa non è paradossale? CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (23) STORIE&IMPRESE INTERVISTA A ROBERTO MAROTTA, AD DI RMS RENT&MOBILITY SOLUTIONS Noleggio auto, così supero il caro polizza Nel nord Europa è diffusissimo. Oltreoceano, l’America ne è pioniera. Il noleggio a lungo termine è la nuova frontiera del risparmio su quattro ruote. E, nonostante in Italia sia decollato in ritardo e il mercato dell’auto soffra, il settore registra un trend in crescita. Complici, soprattutto, il caro delle polizze assicurative e i costi di mantenimento delle vetture che lievitano giorno dopo giorno, rendendo meno conveniente la proprietà del veicolo e sempre più utile dirottare su modelli alternativi. È Roberto Marotta (nella foto), amministratore delegato di RMS solutions (www.rmsolutions.it), società leader per la consulenza e fornitura di soluzioni di mobilità per aziende, liberi professionisti e privati, a illustrare le potenzialità di un servizio nuovo, vantaggioso e in linea con il target europeo e internazionale. Nata nel 2008 dall’idea di Marotta che, dopo un’esperienza lavorativa nella direzione commerciale di Renault Italia, ha creduto fortemente nella realtà del noleggio a lungo termine, RMS (sedi a Napoli, viale Gramsci 11, e Roma, via XX Settembre 56) è in grado di proporre la soluzione più competitiva a seconda delle specifiche esigenze del cliente, grazie a rapporti di partnership consolidati con aziende leader del settore a livello nazionale. «Il nostro approccio – spiega l’a. d. – parte dall’analisi dei costi attuali per identificare gli eventuali margini di risparmio ed elaborare, di conseguenza, una proposta personalizzata sul cliente, ottimizzando le sue esigenze di mobilità». Con il pagamento del canone mensile, RMS mette infatti a disposizione del cliente il veicolo (per un periodo che varia dai 24 ai 36 VIA ROMA (adz) in buon fabbricato ottimo stato 100 mq ingresso 4 camere cucina bagno veranda termo condizionato € 290.000,00 mesi, fino ai 60 mesi) facendosi carico di tutti gli oneri connessi: messa su strada ed immatricolazione, tassa di proprietà, assicurazione RC, assicurazione P.A.I. (polizza infortuni del conducente), kasko, F/I (Furto, incendio e rapina), manutenzione ordinaria e straordinaria, gestione sinistri e assistenza stradale. Un servizio di cui possono godere non solo piccole e medie imprese, ma anche il libero professionista e il privato, e che consente di avere piena disponibilità dell’auto, senza accollarsi i costi, sia gestionali che assicurativi, che la proprietà comporta. In pratica, ammortizzare le spese: «Il noleggio va vissuto come un enorme investimento in serenità, perché sottrae il cliente dalle incombenze legate alla gestione dell’auto», spiega Marotta. Grazie a una flotta di 5200 vetture e 60 marche, RMS crea un target trasversale che include i più svariati modelli auto (dalla Fiat alla Porsche, fino alle motorizzazioni ecofriendly), offrendo anche soluzioni in pronta consegna e una rete di assistenza capillare su tutto il territorio nazionale con call center a disposi- zione del driver 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ma il noleggio è soprattutto la soluzione migliore per schivare il caro delle polizze assicurative, che in una città come Napoli è alle stelle: «Una proposta fatta da RMS a un napoletano – chiarisce Marotta – è la stessa che si fa ad un cliente di Milano o Aosta. Il noleggio non paga l’odiosa discriminazione assicurativa tra Nord e Sud e quindi il canone per un napoletano è identico a quello di un milanese». Facciamo un esempio: «Il paradosso del mercato assicurativo napoletano è che per una city car come una Chevrolet Spark un professionista napoletano può arrivare a pagare una polizza assicurativa di oltre 2000 euro. Basta sapere che con un noleggio a lungo termine ben calibrato, con poco più, si arriva a pagare anche l’utilizzo e manutenzione della stessa vettura. Quindi a seconda dei costi attuali e della tipologia dell’auto, il risparmio può variare da un minimo di 1000 euro a un massimo di 4000 euro all’anno». E allora, perché continuare a pagare costi esorbitanti, quando è possibile risparmiare? SPECIALE MONTAGNA villette in pronta consegna in parchi con piscina e club house a partire da € 49.000,00 , € 5.000,00 in contanti saldo con dilazioni personalizzate e/o mutuo. Visite in loco in giorni festivi. 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E in effetti lo è. Ad appena ventidue anni, Lorenzo de Caro (nella foto) è già un volto noto a Chiaia, corteggiato da brand locali e non solo. Dopo aver sperimentato teatro e radio, ha risposto alla sua “vocazione” di comunicatore con l’apertura, il 1° ottobre, di uno spazio personale in rete (www.lorenzodecaro.com). Un vero e proprio magazine virtuale dedicato alla moda, ma anche ai personaggi più in vista della Napoli bene, ai pettegolezzi, alle curiosità e ai rumours che brulicano nella città più chiacchierata d’Italia. Ed evidentemente ci sa fare. De Caro - che è anche uno dei blogger in rete per LOVEpress.it - infatti colleziona numeri da capogiro: ad appena un mese dal lancio più di 6000 visualizzazioni sulla sua pagina, più di 6000 seguaci su Instagram e innumerevoli inviti agli eventi più “in” della city. Di assetati di moda sul web ce ne sono fin troppi. Ma Lorenzo de Caro è diverso. Anzi, è lui stesso a prendere le distanze dalla massa di “fashion addicted” fatti con lo stampino e ragazzini a caccia spietata di “likes” su facebook: «I fashion blogger sono come i negozi. Ce ne sono tanti, ma pochi sono di qualità». Shopaholic lo è senza dubbio, di quelli che crescono a griffes e buongusto, ma con un tocco di originalità che è una firma e una garanzia di successo. «Il mio blog è per me un vero e proprio lavoro – racconta – Avevo in mente un progetto del genere da maggio. Scrivevo già su un altro blog, così ho pensato di unire le mie due passioni, ovvero la moda e la scrittura, ed è nato il giornale virtuale, come lo definisco io, del quale sono contemporaneamente editore, redattore e photoeditor». Lorenzodecaro.com non è una semplice vetrina da riempire con bei vestiti e scarpe eleganti. È la finestra virtuale di un ventiduenne che ha ben chiaro dove vuole arrivare. Il blog è interamente un suo prodotto: sia per quanto riguarda il “concept”, che l’idea grafica. «Faccio tutto da solo – spiega – e aggiorno più o meno tre volte a settimana. Ho una sezione look, in cui mi diverto a postare foto dei miei outfit, e un’altra dedicata alle interviste a personaggi noti di Napoli. Mi occupo, poi, anche del sociale, ho ad esempio sponsorizzato Telethon e Unicef». Viso fotogenico, quasi cinematografico, sguardo accattivante e sorriso sincero, aiutato dalla fotografa Sarah, posa davanti all’obiettivo con look sofisticati ma essenziali, dettati interamente dal suo gusto personale. «L’ispirazione su cosa indossare arriva all’improvviso, ad esempio camminando per strada, come un lampo di genio. Penso che la moda sia sentirsi a proprio agio, ma con gusto. Tutto dipende da come si indossano gli abiti, il segreto è trovare il look adatto a sé e al proprio corpo, indipendentemente dalla marca. Ma soprattutto significa essere innovativi e aggiornarsi continuamente per non restare immobili». Lorenzo de Caro è la prova che anche se il mondo del lavoro sembra sbarrare le porte ai giovani, chi è mosso dalla passione riesce a crearsi una strada facendo leva sul proprio talento. «Sono convinto che se dai tutto te stesso in un progetto è impossibile fallire. Se accade vuol dire che non ti sei impegnato abbastanza». Progetti per il futuro? «Voglio lavorare sul personaggio Lorenzo de Caro, diventare un nome conosciuto, punto di riferimento per le case di moda. Una domanda che non mi faccio mai è cosa farò se il blog dovesse andare male. Sono sicuro di me stesso e soprattutto credo nel mio progetto. A gennaio, intanto, ci sarà il party di lancio del mio blog ». Più chiaro di così? Se è vero che chi ben comincia è già a metà dell’opera, sentiremo ancora parlare di Lorenzo de Caro. Napoli, stay tuned! CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (25) IUPPITER i libri del mese DIVERSI AMORI Viaggio illustrato contro l’omofobia HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE La vita e il genio di Caravaggio Autore: E. Silvestrini - B. Balbi Costo: 14 euro Pagine: 70 Autore: Mariano Marmo Costo: 12 euro Pagine: 124 Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti. Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele. NAPOLI: LUOGHI LETTERARI Stradario del cuore NAPOLI ULTIMA CHIAMATA Vincitore Premio Rea 2011 Autore: A. Cacopardo - F. D’Episcopo Costo: 10 euro Pagine: 72 Autore: Marcello Fasolino Costo: 18 euro Pagine: 230 In questa escursione letteraria, autentica tipografia del cuore, tra le piazze gremite, vie e vicoli «parlanti», scale chiassose e voci di dentro, impariamo a conoscere meglio le fonti «vive» di quattro scrittori, Bernari, Incoronato, Starnone e De Luca, ognuno dei quali presenta la sua Napoli, i suoi eroi ed antieroi, le sue fughe verso la nostalgia, il suo smodato desiderio di ritrovare, attraverso la narrativa del sentimento, l’odore dei giorni perduti. Romanzo vincitore per la «sezione narrativa» del Premio Rea 2011, in cui il protagonista è John Savarese, noto architetto italoamericano, che torna a Napoli per un importante convegno. L’arrivo in città non sarà dei più esaltanti, tra la reticenza della moglie e le infinite problematiche partenopee, ma John riscoprirà la potente energia soffocata di Napoli grazie a una valente violinista, figura vulnerabile a causa di una delusione sentimentale. LA CASA DI ASSOS Una storia d’amore IL GIARDINO DEI SILENZIOSI Organi nelle chiese napoletane Autore: Gerardo Russo Krauss Costo: 10 euro Pagine: 76 Autore: Mauro Castaldo Costo: 10 euro Pagine: 68 Nel mezzo del golfo di Cefalonia si erge una casa gialla con le persiane azzurre. La casa è stata per generazioni il perno della vita della famiglia Christacopoulos. Quando Kristina rimane sola, allora, la solidità di quelle mura rappresenta l'unica certezza fino all'arrivo di Kate. In un attimo, però, anche l'ultimo baluardo sembra sgretolarsi come un castello di sabbia. La casa di Assos si trasforma in un uragano inarrestabile di passioni. Inchiesta tra storia e provocazione sugli organi nelle chiese napoletane, strumenti nobilissimi che rinnovano l’antica arte della composizione musicale. Monsignor Vincenzo De Gregorio, organista titolare e maestro di Cappella del Duomo di Napoli così scrive nella prefazione: «È un percorso affascinante, quello dell’Autore, che ci fa desiderare di riavere più suono, quello dell’organo, ad accompagnare i momenti tersi o oscuri della vita». I LIBRI IUPPITER EDIZIONI POSSONO ESSERE ACQUISTATI NELLE MIGLIORI LIBRERIE TRA CUI: Libreria L'Ateneo (Via Mezzocannone. 15 - Napoli) Libreria Metropolitana (Piazza Cavour, 69 - Napoli) Libreria Loffredo (Via Kerbaker 19/21 - Napoli) Libreria Simeoli (Via San Pietro a Maiella, 5 - Napoli) Libreria Neapolis (Via San Gregorio Armeno, 4 - Napoli) Libreria Pisanti (Corso Umberto i 38/40 - Napoli) Libreria Colonnese (Via San Pietro a Maiella, 32 - Napoli) Libreria Treves (Piazza del Plebiscito 11/12 - Napoli) Libreria Ubik (Via Benedetto Croce, 28 - Napoli) Libreria Fiorentino (Calata Trinità Maggiore 36 - Napoli) Guida (Via Port'Alba 20/23 - Napoli) Guida (Via Caduti sul Lavoro 41-43 - Caserta) Guida (Corso Garibaldi, 142 b/c - Salerno) Feltrinelli (Via S. Caterina a Chiaia 23 - Napoli) Feltrinelli (Via S. Tommaso d'Aquino, 70 - Napoli) Feltrinelli (Stazione centrale Piazza Garibaldi - Napoli) Feltrinelli (Corso Vittorio Emanuele, 230 - Salerno) Riviera Libri (Riviera di Chiaia, 202 - Napoli) Libreria Libridine (via Diaz, 71 - Portici) Libreria Gulliver (centro storico Ischia Ponte) Libreria Cioccolateria Fascino Napoletano (via Tolemaide, 14 - Roma) I LIBRI SONO ACQUISTABILI ANCHE SUL SITO WWW.IUPPITERGROUP.IT (CLICCANDO BANNER “IUPPITERSTORE”) E NEL CIRCUITO DELLE MIGLIORI LIBRERIE ONLINE PER ULTERIORI INFORMAZIONI È ATTIVO IL NUMERO/SERVIZIO CLIENTI DAL LUNEDI’ AL VENERDI’ (DALLE ORE 11 ALLE 0RE 20) 081.19361500 “Leggiamo e scriviamo per sapere di non essere soli” seguici su www.iuppitergroup.it – [email protected] saper vivere CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ Numeri di fine anno Antonio Biancospino D icembre è un mese speciale per i napoletani, che spingono al massimo le puntate al lotto alla vigilia della Natività. Si tratta di una strana storia, che iniziò quando qualcuno voleva farla finire. Era il 1734 e Carlo III, deciso a ripristinare il gioco del Lotto soppresso dopo il terremoto del 1688 si trovò ad affrontare il furioso moralismo di un domenicano, Gregorio Maria Rocco, contrario all’immoralità dell’azzardo. Questi riuscì ad ottenere dal Re una sospensione del «gioco infame» nelle festività natalizie, per non distrarre il popolo dalla preghiera. Ma figuriamoci se i napoletani si fermavano per un’ordinanza. A dispetto del divieto, si passarono parola per i vicoli e, in attesa della Mezzanotte Divina, adottarono i novanta numeri del Lotto per un’estrazione da ripetere di casa in casa, con «panarielli» di vimini e tasselli di legno numerati. Fu così che nacque la Tombola, per un gesto di ribellione, e con essa la mania di giocare sotto Natale. Come ogni anno Chiaia Magazine, di questi tempi, dà i numeri. Per trovare le giuste combinazioni ci hanno dato una mano due tabaccherie: quella dei fratelli Moggio a via dei Mille 61/c, e quella della famiglia Postiglione a Largo Ferrandina a Chiaia. 5, 30 e 32. Tombola, struffoli e capitone, ingredienti di una Novena partenopea. Ma che Natale sarebbe senza frutta secca ? 51 le «sciòsciole». Infatti Dicembre, mese speciale per il lotto: Chiaia Magazine, come da tradizione, propone alcune combinazioni tra ironia e curiosità si dice: «A Natale tutte scurzetelle, a Pasca tutte mullechelle». Ma anche: «Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa ‘o buono Natale e ‘a mala Pasca». Detto antico che ricorda come i napoletani siano disposti a tutto per onorare la Festa anche se, prima o poi, i debiti si pagano, perché «Doppo Natale, friddo e famma». Saggezza antica che, cent’anni fa, faceva scrivere a Matilde Serao che il peggio che potesse capitare, a Natale, era di essere così poveri da non poter giocare neppure un biglietto della Lotteria. 14 e 57. Il gioco del lotto e il vizio. Un vizio irresistibile, su cui è facile speculare. Chi di voi, ad esempio, conosce la storia di Caglicagli ? Era un Natale degli inizi del Novecento quando quest’uomo si mise a girare per i quartieri più popolari vendendo, per pochi centesimi, bigliettini miracolosi con ambi «sicuri». Siccome aveva calcolato ogni possibile combinazione di ambi sulla ruota di Napoli, li distribuì su altrettanti foglietti e, se riusciva a venderli tutti, la domenica mattina c’erano sempre dieci vincitori. Una notizia che faceva il giro dei quartieri molto più persuasiva degli insuccessi. Questo genio aveva inventato un «sistema infallibile» per guadagnare sulle giocate altrui ma, da un giorno all’altro, sparì nel nulla, rimanendo per sempre un personaggio misterioso. 86 e 39. La Tassa degli Imbecilli. Nep- pure si sa chi definì il Lotto in questo modo. Ma non esagerò perché, come si è visto, veramente si trattò di una gabella statale. Non per niente Giustino Fortunato sostenne la colpevolezza di uno Stato che, attraverso il gioco, «accumulava denaro dai più poveri». Già, ma che competizione c’è contro la speranza di un terno al lotto? 7 e 33. Speranza e illusione. Non poté nulla neppure Garibaldi, che ordinò la soppressione del gioco all’indomani del suo ingresso a Napoli. Una battaglia persa quando la vita è rimessa ai numeri e la speranza fa crescere l’ansia a dismisura, cibandosi di desideri ad occhi aperti e a portata di mano per qualche giorno. 63, 34 e 9. Il sogno, il teschio umano e i numeri giocati. Una speranza che contagia le anime e si trasmette di bocca in bocca, alla vigilia delle estrazioni, attraverso numeri che saltellano di porta in porta, urlati dalle finestre come segreti di Pulcinella, perché tutto il vicinato contribuisca a decifrare il mistero di Nanninella, che ieri è caduta per le scale, o di Pasquale, che ha sognato di strozzare il capufficio. Intorno a questi fatti si muove la cabala e dove non arrivano gli uomini ci sono le «capuzzelle». Già, perché c’è chi adotta un teschio al Cimitero delle Fontanelle e lo accudisce regolarmente, sicuro che un giorno il defunto si manifesterà in sogno coi numeri vincenti. 24 e 25. La Vigilia e Natale. L’ambo storico. Cosa c’è di più vincente del 25, il numero di Natale? 25 è anche il presepe e lo zampognaro che suona la Novena. 12 e 31, ambo di Capodanno. Giocatelo prima che sia troppo tardi. Prima del cotechino e delle lenticchie. Potete accompagnarlo con l’8, i fuochi d’artificio (accendete solo qualche stellina, mi raccomando...) o con 20, la festa. 2 e 52, ovvero la bancarella e l’arte di arrangiarsi. Questo è Ciro, un simpatico ometto che otto Natali fa mi abbordò in questo modo: «Dottò, accattateve ‘a Maronna e San Giuseppe, mettitele dint’a grotta e jucateve 8, 19 e 74… oppure 54 e 11, ‘o bue e l‘asinello». Mi avvicinai e notai, con sopresa, Bin Laden insieme a Madre Teresa di Calcutta. Cosicché, per stuzzicarlo, gli dissi: «Scusate, ma che ci fa Bin Laden nel Presepe ?» «Dottò, ma che dicite» e subito prese il pastore di Bush e lo mise accanto a Bin Laden, esclamando trionfante: «E vinnimme ‘nsieme, accussí stu fetentone nun po’ fa danne in Paradise !». Che genialità. Quell’uomo, in pochi istanti, aveva trovato il modo di vendere due pastori invece che uno. Non potei fare a mano di sfruculiarne l’intelligenza. Così mi guardai attorno e gli occhi si posarono su un capellone in calzoncini corti, tarchiatello, con gli occhi come due gocce di caffè. «Gesù, ma è Maradona!». «Dottò… se ve l’accattate, vi do i numeri da giocare !» Incuriosito, pagai e aspettai la rivelazione. Ciro mi strizzò l’occhio e sussurrò: «Jucateve ‘o 10 e ‘o 90. Ambo secco sulla ruota di Napoli !». Lo guardai stralunato: «Ma 90 non è la paura?». Quello mi stroncò con uno sguardo che mi fece sembrare un marziano: «Dottò, ma che napulitane site ! Nun sapite che 90 è ‘o Ddio ??!!». CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (27) ARTE PITTURA Il presente è «paleo» Luciana Ranieri D alla collina di Capodimonte al cuore della città, l’arte contemporanea si intreccia al passato, abbracciando Napoli fino al 6 gennaio 2014. Si tratta di «Paleocontemporanea», la rassegna nata da risorse giovani e coraggiose della città: la cooperativa La Paranza Onlus, che gestisce i siti delle Catacombe di Napoli, e l’associazione EsseArte dei fratelli Scuotto, gruppo artistico che da anni s’impegna per la diffusione dell’arte al di fuori dei circuiti tradizionali, in collaborazione con l'Arcidiocesi di Napoli, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta e la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano. La rassegna, partita a settembre, si svolge in quattro poli cittadini (Catacombe di San Gennaro, Museo Archeologico Nazionale, Museo di Capodimonte e Osservatorio astronomico di Capodimonte), muovendosi su due direttrici. Da un lato, una mostra di alto profilo artistico che riunisce artisti del passato e oltre sessanta contemporanei, selezionati da Holger Milkau, decano della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Personalità di fama e talento provato si affiancano così a quelli emergenti in una mostra ispirata al concetto della (28) «trascendenza», cui Paleocontemporanea 2013 fa riferimento nel sottotitolo: «Elementi di trascendenza nell’arte dall’antichità al presente». Dall’altro, in una prospettiva più dinamica, svariati appuntamenti accompagneranno tutto il periodo della rassegna. A questo proposito, sono in programma eventi legati al teatro, al cinema e ai nuovi linguaggi artistici, arricchiti da convegni e seminari su problematiche di forte interesse culturale. Tra queste attività, un concorso aperto a tutti gli artisti under 40 (anche non selezionati per la mostra), che prevede l’assegnazione di un premio di 3.000 euro, con cui si invitano i talenti più giovani del territorio a produrre opere dedicate al tema scelto per la rassegna. Tra realizzazioni di nomi noti dell’arte e giovani promesse, i visitatori possono accedere ad un percorso che, seguendo il filo della trascendenza, svela opere d'arte del passato e del presente (come suggerisce anche il nome della rassegna), cercando di dare visibilità alle nuove risorse artistiche del territorio e, in più, di ottimizzare la collaborazione tra comunità cristiana e arte contemporanea. Il Museo Archeologico e quello di Capodimonte offrono, poi, al percorso della mostra una selezione di opere antiche conservate nel rispettivi spazi e ospitano un’installazione di un famoso artista contemporaneo, ispirata alla tematica della rassegna. È possibile visitare tutte le location della mostra con un unico biglietto Artecard, al costo di 16 euro. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 È una «mostra impossibile» e ricchissima quella in esposizione, dal 3 dicembre al 21 aprile 2014, al Convento di San Domenico Maggiore. Le tele di tre grandi nomi dell’arte italiana vengono riprodotte con sofisticate tecnologie digitali su un supporto trasparente retroilluminato, in scala 1:1 e ad altissima risoluzione. 63 dipinti di Caravaggio, 37 opere di Raffaello e 17 di Leonardo, con una spiccata finalità didattica: ogni opera è infatti corredata da pannelli illustrativi che, oltre alle consuete informazioni (titolo e collocazione attuale) ne descrivono gli aspetti più rilevanti con didascalie firmate dal direttore scientifico della mostra, il professore Ferdinando Bologna, autorevole storico dell'arte del nostro tempo. Occhio di riguardo Effetto museo Riavvicinare all’arte e ampliare la fetta di visitatori, turisti e non, dei musei di Napoli. Con questi obiettivi nasce «Effetto museo», il progetto multidisciplinare ideato e diretto da Pino Miraglia, in programma a Napoli fino al 12 gennaio 2014. La rassegna interdisciplianare coinvolge didattica, fotografia, musica e teatro e interessa le varie strutture del Polo Museale di Napoli, che quest’anno comprende il Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes - Villa Pignatelli, il Museo Nazionale di Capodimonte ed il Museo Duca di Martina Villa Floridiana. Eventi, manifestazioni e laboratori arricchiranno la visita ai siti di sollecitazioni culturali, rendendo l’escursione un momento aggregante, formativo e interattivo, e superando, così, la fruizione passiva ai beni storici, artistici e ambientali di cui il polo museale è ricco. Insomma, itinerari di musica e arte per dirottare il visitatore verso un un concetto innovativo di avvicinamento all’arte. In programma, tra le manifestazioni più suggestive, «Andar per fiabe», un insieme di spettacoli teatrali con riletture dei classici della letteratura per l’infanzia, in cui i giovani spettatori saranno co-protagonisti di storie fantastiche; e «Guardate! Racconti fotografici», percorso teatrale sull’Arte e la Fotografia (sabato 21 e domenica 22 dicembre). Mentre, tra gli spettacoli serali, interessante «Marlene Kuntz vs signorina Else», concerto speciale di sonorizzazione del film muto “La signorina Else” di Paul Czinner, che ha animato Villa Pignatelli il 12 dicembre. LUCIANA RANIERI ARTE ritratti Il medico della ceramica RICERCATORE INSTANCABILE DI PEZZI RARI, GIORGIO NAPOLITANO È UN ESPERTO E COLLEZIONISTA D’ARTE CON VIETRI NEL CUORE Livia Iannotta In ogni passione si inciampa per caso. Prendiamo Giorgio Napolitano (nella foto il primo da sinistra), 66 anni, napoletano, studioso e collezionista di ceramiche vietresi, autore del volume «Nuove identità. La ceramica vietrese protagonista del Novecento» (Fioranna Ed.). Siamo agli inizi degli anni ’70 e Giorgio Napolitano è uno studente alla facoltà di Medicina, allora con sede al Vecchio Policlinico. Libri sotto braccio, tra una lezione e l’altra, girovagando tra le viuzze del centro storico, finisce in una chiesa, tra affreschi e sculture, pezzi d’arte che traboccano nel cuore della città. Di Napoli, nonostante tutto, ci si innamora sempre. E così capita che dopo quarant’anni ci si ritrova «medico per hobby e lavorato- Quel Gallery segno nel tempo FINO AL 7 GENNAIO 2014 SALVATORE CIAURRO ESPONE NELLA SALA CARLO V DI CASTEL NUOVO re della scultura», appendendo al chiodo, impegni permettendo, il camice bianco. Sotto ai panni di dirigente del Centro di Malattie Respiratorie di corso Vittorio Emanuele, Napolitano indossa ogni giorno quelli del collezionista, ricercatore instancabile di pezzi rari dimenticati nella storia, spesso i più suggestivi, quelli in cui il passato ha lasciato le orme più pesanti. Il colpo di fulmine con l’arte si è trasformato in una vera a propria «mission», approdata nel 2011 alla formazione di un gruppo di lavoro con l’obiettivo di «far emergere il tessuto straordinario di arti decorative del ‘900 napoletano di cui si è persa traccia». Insieme a lui Maria Grazia Gargiulo, Alessandro Malgieri, Daniele Lucignano, Antonella Delli Paoli scavano nel passato per riportare alla luce la memoria artistica de- pauperata, spesso violentata, di Napoli. Una cerchia di innamorati dell’arte che lotta tramite mostre e pubblicazioni. Il «tempio» dove l’arte torna a vivere è la Galleria di Arti Decorative di Maria Grazia Gargiulo e Alessandro Malgieri, in vico Ischitella 8 a Chiaia. È lì che Napolitano ha alzato il sipario sulla «Negritude della ceramica vietrese». Un catalogo di trenta oggetti in cui riecheggiano i colori, le immagini e i protagonisti di un’Africa primitiva e ancestrale, rimasto in esposizione fino all’11 novembre. Si tratta di ceramiche ripescate dagli anni ’30 ai ’60, per lo più modellate dalla creatività di Richard Dolker, capostipite della scuola tedesca a Vietri, e Salvatore Procida, punta di diamante della ceramica vietrese, che si arrampicano sul concetto di «negritu- Ventiquattro opere in cui si intrecciano tempo e metamorfosi, ingredienti fondamentali della pittura di Salvatore Ciaurro. La personale dell’artista napoletano sarà in esposizione fino al 7 gennaio 2014 nella Sala Carlo V di Castel Nuovo a Napoli, nella mostra dal titolo “Il segno nel tempo 1993-2013”, curata da Daniela Ricci. Ciaurro è un artista colto, ligio ai canoni fondamentali del disegno e della pittura. Al limite dell’astrattismo, la sua ricerca è scandita prevalentemente dalla realizzazione di cicli che rappresentano i periodi più proficui della sua attività. E infatti la dimensione temporale (che dà anche il titolo alla mostra) intesa come tempo interiore da cui si tracciano nuove forme, è un VALENZI ERUZIONI In esposizione al Maschio Angioino, fino al 30 marzo 2014, la mostra «Da Guttuso a Matta - La Collezione Valenzi per Napoli», organizzata dalla Fondazione Valenzi e dal Comune di Napoli e curata da Olga Scotto di Vettimo. L’esposizione raccoglie circa sessanta opere, tra pitture, disegni, ceramiche e piccole sculture, incluse nella collezione appartenuta a Maurizio Valenzi, militante antifascista, sindaco di Napoli, artista ed intellettuale, animatore della vita culturale Il Vesuvio e San Gennaro. Due entità, due simboli. Uno soprannaturale e l’altro naturale, che insieme hanno influito in modo determinante sull’indole, il carattere e i destini di un popolo e di una città. Fino agli ultimi giorni di febbraio del prossimo anno, il Museo del Tesoro di San Gennaro ospita la mostra dal titolo «Fuoco e passione», in cui le due anime di Napoli si fondono in un percorso museale fatto di arte, fede, tecnologia, storia, realizzato in collaborazione con napoletana. Valenzi visse sempre la sua vocazione di uomo di arte e di cultura strettamente intrecciata all’impegno civile e politico e la collezione testimonia questo legame, e consente, allo stesso tempo, di conoscere ed apprezzare le maggiori opere e gli artisti del cosiddetto “secolo breve”. de», cui i due sono artisticamente vicini, intesa come «ritorno alle origini, avvicinamento alla magia nera, all’uomo negro, non greco, l’uomo del sentimento e della natura», spiega Napolitano. Fino al 30 novembre, poi, la Galleria ha aperto le porte ad un’altra suggestiva mostra: «Il piccolo Principe. La materia di un sogno». Dai ritratti di pesca, caccia, danze primitive, dal rapporto viscerale con la terra si passa così all’evocazione del sogno con le realizzazioni di Laura Mazzella, ceramista napoletana. Opere dai colori pastello, ispirate al libro che non invecchia mai, quello che tutti hanno letto e «saccheggiato», e, prima ancora, al bambino dallo sguardo malinconico che abita il guscio di ogni adulto. Ma la «task force» dell’arte decorativa punta soprattutto a colmare il vuoto conoscitivo che incarta il passato: «È come se la memoria artistica della città fosse degradata – spiega Napolitano – Per la ceramica, in particolare di fine ‘800 e inizio ‘900, non vi era alcuna trattazione sistematica della sua storia. Nei mercatini in cui giravo negli anni ’80 riuscivo ad impossessarmi di pezzi unici a poco prezzo, perché non se ne comprendeva il valore, mancando punti di riferimento. Non c’era una conoscenza appropriata delle tecniche di ceramica del periodo, dei decori». Vuoto riempito, in parte, dalle quattro pubblicazioni di Napolitano sulla ceramica di Vietri sul mare e una su quella napoletana («La ceramica di Posillipo»). tema interiore scrutato e indagato nelle sue mille sfaccettature. Quasi come un “archeologo” del quotidiano, Ciaurro esplora la realtà, muovendosi in una continua ricerca di sperimentazione. «La memoria non riproduce -spiega l’artista - ma ridisegna la realtà, la reinterpreta perché necessariamente deve fare i conti con il profondo». L’intera sua produzione artistica è poi scandita da cicli produttivi influenzati soprattutto dalla poesia e la letteratura. Tracce di grandi della letteratura come Pavese, Pasolini, Marquez, Lorca, Hemingway sono nascoste nelle sue opere. l’Osservatorio Vesuviano. Una raccolta di antiche fotografie d’epoca, documentazioni letterarie, quindici gouaches sull’eruzione del Vesuvio con antichi strumenti di rilevazione dei fenomeni vulcanici (come il primo sismografo al mondo ideato da Luigi Palmieri), minerali curiosi e stampi di conio realizzati con la lava incandescente, che costituiscono il patrimonio del primo osservatorio vulcanico al mondo, voluto dal re Ferdinando II. La mostra è anche l’occasione per ammirare il tesoro di San Gennaro, una ANTONIO BIANCOSPINO delle collezioni più suggestive di Napoli. Ma non è tutto. Il Museo organizza, nelle serate del 9, 16 e 19 dicembre, visite guidate abbinate a concerti, in cui si esibiranno i Vesuvius Ensembles, un trio con sede a Toronto, diretto dal tenore Francesco Pellegrino. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (29) LIBRI&LIBRERIE LIBRIDINE Aurora Cacopardo Novità Le pagine «bianche» di Giorgio QUEL REGNO PERDUTO ENZA SILVESTRINI E BARBARA BALBI CON «DIVERSI AMORI» AFFRONTANO IL TEMA DELL’OMOSESSUALITÀ GIOCANDO CON PAROLE E IMMAGINI Enza Silvestrini, già nel 2008, aveva prestato la In questi giorni in cui si è ancora scossi dal propria voce (con “Sulla soglia di piccole porte”, suicidio del ragazzo ventunenne romano, una oggi alla sua seconda edizione con la Iuppiter lettura come “Diversi amori” potrebbe fornire il edizioni) per il racconto di una Napoli quale può supporto adeguato a dubbi che al momento non essere vista e vissuta da una bambina. L’incontro si è in grado di formulare. Il libro, edito da con Barbara Balbi, che è sempre a contatto con i Iuppiter edizioni, vede la scrittrice Enza bambini e i ragazzi grazie ai suoi laboratori Silvestrini in collaborazione con la storica artistici, potrebbe rivelare un’evoluzione nello dell’arte Barbara Balbi per una combinazione di stile dell’autrice e la nascita di un parole e immagini. sodalizio duraturo e proficuo. Le La storia è delle più semplici: due autrici realizzano l’intento Giorgio, poco più di un educativo del loro lavoro con ragazzino, si scopre per la incontri metaforici di poche prima volta innamorato. parole e collage di disegni L’oggetto delle sue attenzioni stilizzati e ritagli, lasciando molto non è, però, quello che la alla libera interpretazione e società si aspetta, vale a dire implicando così, in modo Maria ma Antonio. Preda di naturale, l’intervento di un queste nuove sensazioni, insegnante-guida. I volti dai tratti piacevoli seppure inattese, abbozzati sono lì per essere interroga un mondo non sostituiti dai giovani lettori con i pronto e non disposto a dargli propri e fare un po’ di chiarezza le risposte adeguate. Ma fra queste pagine «bianche» su cui Giorgio saprà trovarle da solo e Giorgio disegna le sue incertezze. si riveleranno profonde e Il risultato è uno stile delicato, che significative. non aggredisce, ma accompagna, Diversi amori è un libro cercando il più possibile di non sull’amore, omosessuale o DIVERSI AMORI sovrapporsi allo voce interiore dei eterosessuale che sia, e la sua lettori. magia. Dedicato ai Enza Silvestrini L’attenzione che il volume porta giovanissimi, piccoli uomini e e Barbara Balbi alle parole si palesa già nel titolo, piccole donne in piena Iuppiter Edizioni dove diverso è richiamato non, formazione, indica la giusta 64 pagine come vorrebbero interpretazioni direzione: insegnare la «parità fuorviate (e fuorvianti!), in quanto di sentimenti». Si propone, contrario di normale, ma perché pertanto, come testo sinonimo di molteplice. Un invito, questo, a scolastico per le medie riconoscendo scoprire e conoscere l’altro, riflettendo anche sul l’importanza della scuola come primo peso che le parole, talvolta in modo microcosmo sociale in cui apprendere, per inconsapevole, possono assumere. metterli in pratica, la tolleranza e il rispetto, non solo degli altri, ma soprattutto di se stessi. SARA GIUSEPPINA D’AMBROSIO Altri libri NUOVO VOCABOLARIO DIALETTALE NAPOLETANO Francesco D’Ascoli A. Gallina Editore Ogni interesse o studio di Napoli non può evitare l’incontro con il dialetto napoletano. Questo vocabolario si presenta, quindi, come imprescindibile strumento di mediazione e conoscenza, anche per gli stessi napoletani desiderosi di ritrovare il sapore di alcune parole antiche. Un repertorio completo delle voci è arricchito da curiosità etimologiche. Non mancano, infine, fonti letterarie a supportare l’intero lavoro.(s.g.d.) (30) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 CULTI E DEI A POZZUOLI Charles Dubois Valtrend Editore Pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1902, il saggio è stato tradotto in italiano da Gabriella Pisano e poi pubblicato, nel 2007, in un volume a cura di Francesco Pisano. Opera poco nota, propone uno sguardo interessante sulla città di Pozzuoli come poteva apparire più di cento anni fa agli occhi di uno straniero. Un copioso repertorio di foto e disegni d’epoca completa il valore di questo antico studio, dando maggiore fruibilità al volume. (s.g.d.) Antonino Ballarati, amante di Omero, dei miti, della storia, si cimenta in questo lavoro - Il Regno perduto in un viaggio lungo ventotto secoli. Da un’età mitologica, quando la Kalabrya era abitata da Enotri, Choni, Arcadi, dalla civiltà greca a quella romana fino all’invasione piemontese. Il libro che compie un percorso così lungo ed accidentato, dal momento che si occupa del processo di formazione dell’Unità d’Italia e quindi anche del Risorgimento, deve per forza evocare fatti politici, religiosi, sociali, economici, culturali, cosa che egregiamente fa Ballarati, perché la storia è fatta da «fatti». A mio avviso un libro che vuol essere ibro di storia dovrà necessariamente essere un libro di interpretazione, di comparazione, di avvenimenti che riguardino la nostra terra, quel piccolo mondo che chiamiamo Italia. Se è vero che non ci sono binari precostituiti sulla cui linea si dispiega il destino umano, allora la storia, e Ballarati ce lo dimostra, può essere libertà o servaggio, progresso o decadenza, gente che resiste alle passioni o gente che da esse si fa guidare. Interessante è la prefazione del libro scritta da Mario Vicino, sia perché esaltazione del Sud è fatta dall’Alighieri «l’alpestre monte ond’è tronco Peloro», verso magnifico che fa balenare innanzi ai nostri occhi un pezzo di Aspromonte cadente nell’azzurro mare di Scilla, sia perché la Calabria viene esaltata ancora nel Paradiso - IV cielo - allorché San Bernardo indica al suo fianco un grande mistico «Calavrese, vampa bruzzia nobilissima: abate Gioacchino da Fiore». Mario Vicino pone in evidenza come Ballarati abbia compiuto un lungo viaggio nel tempo, sia nella Calabria che nel Sud in ge- nerale, sottolineando che i meridionali sono sempre presenti laddove ci sia un’opera da costruire, una difficoltà da vincere, una verità da dimostrare. Lo studio delle vicende storiche è analisi delle condizioni, delle circostanze, degli intrecci in cui condizioni e circostanze si vengono a trovare. Ballarati ha tentato, con buon risultato, di ordinare concettualmente la realtà del nostro Paese, lungo l’arco di ben ventotto secoli. Ci ha aiutato a leggere il passato, ci ha fornito strumenti per la comprensione del presente e per lanciare uno sguardo al futuro. A conclusione del meticoloso lavoro, vorrei sottolineare due passi particolarmente interessanti. Uno riguarda lo storico Giordano Bruno Guerri, il quale afferma: «L’annessione del Sud fu una guerra di conquista, spietata e brutale». L’altro riguarda ciò che disse il diplomatico francese Henry D’Ideville, ammiratore pentito di Cavour: «L’Unità italiana ha generato il garibaldinismo, la guerra contro la religione, il prestito forzoso, l’imposta sui redditi. Questo condannò il Paese alla bancarotta ed al disordine. La confederazione sarebbe stata la soluzione della questione italiana e credo che non vi sia un italiano amante del suo Paese che non desideri questa soluzione». L’Italia dal 2 giugno 1946 è diventata una Repubblica Democratica, libera ed indipendente. Il Sud è ritornato ad essere terra di immigrazione, come nei secoli passati e sulle sue terre trova posto un numero sempre maggiore di stranieri; il Mediterraneo è nuovamente al centro del mondo, ma in senso peggiorativo. Ancora una volta l’intreccio di problemi inestricabilmente mescolati sembra assumere aspetti inquietanti e contrddittori, in un territorio che la natura ha dotato in abbondanza di bellezze di ogni genere. LIBRI&LIBRERIE Napoli ha il suo Dan Brown tesa a cogliere - dal tumulto della realtà esterna - forse dalla stessa fatica del vivere un ordine e una calma spirituale, verità interiore in nome della quale credere alla religione delle cose. Napoli in tutte le sue angolazioni, il Cilento. Taormina e l’Etna il cui fuoco oscura il cielo, diventano presenze per lui familiari di un procedere insieme in un unico corpo d’amore. La raccolta poetica di Ciro Di Costanzo è un viaggio che diviene metafora della vita, misurazione dell’esistenza in tutto il suo scorrere. L’Irpinia ha un ruolo rilevante nella Storia della Letteratura italiana per una serie di presenze, circostanze e testimonianze, che la fanno ritenere di ineludibile riferimento. Qui, intorno alla metà del ’200, si ebbe la gemmazione della Scuola Poetica Siciliana, per i componimenti amorosi di famosi rimatori, come Rinaldo d’Aquino, già falconiere di Federico II, e Giacomino Pugliese. Qui, nell’800, nacque il grande pensatore, Francesco De Sanctis, che intuì e dimostrò, con la sua celebre Letteratura Italiana, come l’unità di pensiero e letteraria del Paese fosse preesistente a quella politica, anzi, la sua ritrovata anima. Qui, a Montemarano, antico borgo dell’Alta Irpinia, dove nel 1615 scelse di fare il governatore al servizio dei principi Caracciolo, Giambattista Basile stese il testo definitivo de “Lo Cunto de li Cunti”, fonte della favolistica mondiale, ispirata a trame popolari locali tuttora vive. Qui sono nati e si sono formati i più importanti italianisti del ’900 come Carlo Muscetta, Attilio Marinari, Gennaro Savarese, Dante la Terza, Antonio La Penna, Toni Iermano. Sulla scia di questa ricchezza di pensiero oggi si pone e va vista anche l’opera del Centro di Documentazione di Poesia del Sud, fondato da Paolo Saggese, saggista e critico letterario prestigioso e da Giuseppe Iuliano, operatore culturale e poeta tra i più apprezzati. Coniugando l’amore per la ricerca e la indispensabilità della promozione, come doverosa necessità nel sapersi rapportare alle esigenze di una società partecipativa, anzi globale, il loro impegno da tempo si sta spendendo nella catalogazione critica di ogni voce e fonte ispirativa, cui non solo è conferita una dignitosa presenza ma si offre l’opportunità di uscire dall’Hortus conclusus di luoghi, ambienti, a volte, anzi troppo spesso, fatalmente angusti. Senza contare l’opera di recupero di poeti ingiustamente sconosciuti o dimenticati, destinati a definitivi oblii, che unita alla coraggiosa battaglia di vigilanza contro emarginazioni o esclusioni di cecità ideologica o geografica, ha conferito a questa terra nuovi primati letterari. Con questo spirito originario, che quattro anni fa consentì il varo del primo volume della “Storia della Poesia Irpina- dal primo Novecento ad oggi (allora pubblicato da Sellino Editore), in questi giorni ha visto la luce il secondo volume della Storia della Poesia Irpina a cura di Paolo Saggese per la collana GhirlandeStéphanoi della “Delta 3 Edizioni”. Preceduta da uno scavo critico illuminante- in cui Saggese è maestro riconosciuto- l’antologia consente di addentrarsi al meglio in un contesto di espressività senza pari, spianando la strada a chi ama la poesia e ne ricerca le voci più interessanti con una scansione rigorosa ed esaustiva di centodue ritratticiascuno con più di un apporto critico- divisi in poeti della tradizione, fascisti, antifascisti, della diaspora americana, in latino, meridionalisti, realisti, civili , della linea sperimentale, dialettali, dell’ultima generazione. Quanto basta per rendersi conto che, sotto una società globale e omologante, c’è ancora un’ immensa caldera di vitalità ispirativa salvifica, in perenne ebollizione. AURORA CACOPARDO ANTONIO BIANCOSPINO MAURIZIO PONTICELLO LASCIA LA VIA DEL SAGGIO E INTRAPRENDE QUELLA DEL ROMANZO CON IL THRILLER «LA NONA ORA» vita in un incubo. Disperata, chiede aiuto ad un Il minuto e mezzo del booktrailer (visibile su amico che ha un passato avventuroso come youtube) viene riempito da immagini scure che agente segreto, Jax. L’aggressore si scatena, scorrono nervose sullo schermo: un ragno che diventando sempre più violento e pericoloso, tesse una tela, una Napoli in controluce. Poi un tanto che Silvana, nel primo avvertimento: «Il libro che non giorno di lavoro come docente dovrebbe essere letto. Mai». Che precaria all’Università, trova il in fondo più che un invito a parabrezza dell’automobile in chiudere il romanzo per frantumi e lo scooter fuori uso. regalarlo alla polvere di una Jax propone allora di consultare mensola, ha il sapore di una un esperto di ermetismo, provocazione. Quell’accento di l’ultraottantenne professor mistero, «La nona ora» Ambrasi, che tiene simposi sul (Edizione Bietti, Milano), potere occulto. Nel frattempo debutto letterario di Maurizio un’Organizzazione misteriosa Ponticello (nella foto di Maria presenta ai suoi adepti un Teresa Gargiulo), se lo porta sofisticato progetto, Araknes, dietro dall’inizio alla fine, che ha l’obiettivo di tessere una creando, nelle 425 pagine che trama per spiare e controllare compongono il romanzo, un ogni singolo abitante della mosaico di suspance, ritmo Terra. Qual è la chiave di incalzante, inquietudine in collegamento tra la bella e crescendo. Giornalista, tormentata docente di scrittore, già autore di saggi LA NONA ORA antropologia, all’alba della sua quali «Napoli, la città velata», «I carriera universitaria, l’agente misteri di Piedigrotta», Jax, il vecchio professor «Misteri, segreti e storie insolite Maurizio Ponticello Ambrasi, l’Organizzazione e il di Napoli», «I Pilastri dell’anno. Bietti Edizioni persecutore di Silvana? E che Il significato occulto del 425 pagine ruolo ha l’amico di lei che Calendario», Ponticello si sembra tessere una trappola misura per la prima volta in un mortale? Attorno a questi thriller al cardiopalma, condito interrogativi si snoda l’intero di colpi di scena e tensione. Le romanzo, in cui poteri occulti, manie, fantasmi, provocazioni di cui è condito il libro, poi, sono evidenti sin dal titolo. Nel 1999 l’artista Maurizio integralismi, fobie, conoscenze arcane e karma diventano «humus» del contorcersi degli eventi, Cattelan aveva battezzato così l’opera in cui andando a toccare anche tematiche di grande raffigurava papa Wojtyla adagiato su una attualità come femminicidio e stalking, in moquette rosso sangue, sotto il peso di un un’impostazione generale del romanzo che meteorite. Napoli contemporanea. Una città rievoca la prosa veloce e accattivante di Dan insolitamente solare. Silvana, giovane antropologa, diventa preda dell’ossessione di un Brown e dei romanzieri americani di fantathriller. oscuro persecutore. Telefonate nel cuore della notte e minacce continue trasformano la sua LIVIA IANNOTTA DI COSTANZO TRA BELLEZZA E VERITÀ La raccolta di poesie di Ciro Di Costanzo nel libro “Bellezza e verità” (edito da Book Factory, Milano 2013) rappresenta frammenti di ricordi, momenti di tenerezza, lampi di memoria. Le liriche scritte in italiano e in vernacolo - con modalità espressive diverse - non perdono il fascino di un viaggio immaginato che implica e genera ricordi. Sentimenti, pene, amori, rimorsi. L’iter poetico è costruito sulla tensione degli opposti: lucetenebra, passato-presente, equilibriodisordine. Si tratta di una capacità astrattiva Poesia irpina, la storia ispirata di Saggese CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (31) LIBRI&LIBRERIE Novità Un futuro libero e socialista IL SAGGIO DI GIOVANNI GRIECO TRACCIA UNA VIA DI USCITA DALLA SPREGIUDICATA EGEMONIA DEL MONDO FINANZIARIO grandi giochi finanziari». «Aleggia in questi tempi, in Basta questo frammento, estrapoparticolare, nell’Occidente lo spetlato dalle note introduttive al libro tro della povertà… Angoscia il di Giovanni Grieco (nella foto): presente e toglie speranze nel «Mercantilismo e futuro, scoraggia Socialismo: dal persino l’approfonProfitto alla Libertà” dimento delle sue (Semeja Editore), origini, degli eventi, per rendersi conto dai quali è spinto a della stringente soffiare sulla vita di attualità delle promilioni di persoblematiche affronne… Cifre, valori tate e, allo stesso finanziari voltegtempo, della intensa giano, incupendo passione civile che l’atmosfera e non anima e ha ispirato lasciano intravedel’autore. Passione, re spiragli di luce. verificabile per di I notiziari economipiù in una coerenza ci sono bollettini di di vita, di socialista guerra tra lo Stato e militante e di doi cittadini, entramMERCANTILISMO cente di Medicina bi perdenti… OrE SOCIALISMO del Lavoro, tra i mai c’è la perceziodi Giovanni Grieco primi a indicare e ne diffusa che la Semeja Editore denunciare senza politica è un impo316 pagine riserve i responsanente armamentario manovrato dai bili di un maledetto (32) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 e prevaricante gioco. Con queste premesse, il saggio non poteva non andare subito a segno, individuando il principale responsabile di tante vicende degenerative: il mercantilismo, la visione più spregiudicata del mercato, messo rigorosamente a nudo con tutto il suo vile arredo di trappole, lusinghe, fittizie aperture, ma soprattutto di astuzie, o meglio, di nequizie finanziarie, che hanno ridotto la nostra esistenza a un’ impari sfida giornaliera, per di più sconvolta sempre più da amare bancarotte speculative. Un contesto su cui Grieco punta insistentemente il dito, invitandoci a riflettere e a renderci conto che la violenza non si esercita solo con atti inconsulti ma sempre più spesso, ai nostri giorni, «con le transazioni finanziarie, dove la cifra dell’assoggettamento delle persone è l’impoverimento fino all’indigenza che il capitalismo finanziario esercita su milioni di persone, anche con la finzione di dichiararli sovra- ni del loro Stato che, in realtà, non è che la cinghia di trasmissione del mercantilismo, un liberismo, il feticcio dell’autoregolamentazione dei mercati». Stando così le cose, che cosa c’è rimasto da fare allora? A differenza di chi si agita e si illude di venirne a capo, ricorrendo a misure estemporanee, a provvedimenti tampone - vani ed illusori alla distanza - l’autore non ha dubbi e avverte: la via d’uscita c’è ma a una condizione, quella di cambiare totalmente sistema. Che significa recuperare la forza originaria, salvifica del socialismo, cioè «la gestione politica di una comunità, in cui ciascuna persona sia socia di un’impresa comune che recuperi quei livelli di libertà che il mercantilismo ha sottratto alle moltitudini, in favore di minoranze dedite al profitto». Non solo, ma bisogna aggiungere, anche in favore di quei capitalisti, fruitori di rendite parassitarie, di solito senza rischio, rispetto a chi invece lo corre nelle rendite da profitto. Nel dirlo Giovanni Grieco non nasconde però le difficoltà, gli ostacoli che oggi si parerebbero rispetto a una inversione di tendenza, ma non si scoraggia. A chi accusa di utopia coloro che auspicano con tutta la loro forza il declino del mercantilismo, risponde: «L’utopia non è fantasticazione. L’utopia è proiezione del pensiero in un futuro possibile». E conclude: «Utopia parve anche il sogno di Icaro, che ora vola». ALDO DE FRANCESCO SOCIETÀ&COSTUME Concorso Una piazza un racconto Sara Giuseppina D’Ambrosio Giunto alla sua quindicesima edizione, il concorso letterario “Una piazza, un racconto” si è concluso il 20 novembre 2013, nella chiesa luterana in via Carlo Poerio, con la premiazione dei tre vincitori e la presentazione del volume che raccoglie i lavori dei dodici finalisti (nelle foto alcuni momenti dell’evento). L’attore partenopeo Andrea De Goyzueta ha prestato la sua arte recitando passi tratti dai tre racconti premiati, invece il pianista Gabriele Pezone si è lasciato ispirare per interpretarli con le note del suo strumento. Con Luciana Renzetti, direttore artistico della Comunità Luterana, erano presenti all’evento anche i membri della giuria che hanno vagliato 60 elaborati prima di giungere al verdetto definitivo: Aurora Cacopardo, scrittrice e saggista, Francesco D’Episcopo, docente universitario di Letteratura, Massimiliano De Francesco, giornalista ed editore, Christiane Groeben, presidente del Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia, e Riccardo Bachrach, presidente della Comunità Evangelicha Luterana di Napoli. L’iniziativa è curata ogni anno dalla comunità Evangelica Luterana di Napoli, cui preme riconoscere l’importanza della letteratura e, soprattutto, della stampa nella diffusione delle nuove idee, ieri come oggi. I quindici anni trascorsi sono la prova dell’attenzione sempre nuova prestata al concorso. Nato, nel 1999, lasciando agli autori totale libertà, si è poi evoluto introducendo un tema predefinito, ogni anno differente, attraverso il quale misurare se stessi e sfidare la propria immaginazione così da raccogliere risultati inattesi e, pertanto, ancora più apprezzabili. Input di quest’anno è stato il colore rosso per delle storie dominate da «passione, amore, fuoco, rivoluzione, spericolatezza, seduzione». Storie in rosso di cui si ha un chiaro indizio già in copertina, dove la riproduzione di un arazzo mostra diverse tonalità vermiglie trasformarsi in seducenti lingue di fuoco. Il rosso scelto dalla vincitrice, Linda di Giacomo, già premiata all’edizione 2011 con un notevole secondo posto, è quello del regno vegetale, cangiante a discrezione del fiore o dell’ortaggio che lo offre. In Rosso verticale, il colore tinge un’intera strada, mostra una Napoli finalmen- Arrivato alla sua XV edizione, il concorso letterario “Una piazza, un racconto”, organizzato dalla Comuntà Luterana di Napoli, ha visto quest’anno come vincitrice Linda di Giacomo con il racconto “Rosso verticale”. te inedita e diviene simbolo d’integrazione e metafora di un doveroso ricordo. L’idea originale e lo stile piano hanno reso inevitabile la vittoria. Anche il secondo posto è stato assegnato ad una concorrente, Fiorella Borin, già vincitrice del primo premio nel 2011, a dimostrazione della fedeltà riservata al concorso da parte di molti partecipanti. Con Il farsetto rosso siamo nella Venezia aristocratica, dove pure era possibile reagire ai soprusi con la forza della comunità. La vera sorpresa di quest’edizione del concorso, però, è il terzo posto, conquistato da una giovanissima: Viola Serena Stefanello. Appena diciottenne è riuscita con Il mio unico colore ad emergere fra molti concorrenti più maturi di lei, dal punto di vista anagrafico e non escluso quello letterario. Il racconto è la storia di una vita nei toni del grigio che seppe, seppur in una sola occasione, colorarsi del rosso indelebile dell’amore. Degni di nota anche altri racconti finalisti del volume, con i quali si scopre l’eterogeneità dell’immaginazione, che sa palesarsi anche quando un tema stabilito canalizza i flussi della libertà creativa. Proposte d’arte tra oro e colore Regalare o regalarsi per Natale qualcosa di prezioso e duraturo: ecco due occasioni per farlo, una dedicata all’oreficeria e l’altra all’arte. Per celebrare i 70 anni dell’azienda, la gioielleria De Nobili ha creato una nuova collezione in nanoceramica e oro rosa. Il contrasto cromatico ottenuto (una nuance di colore che si abbina a tutte le carnagioni) e la riduzione del costo dei materiali, ne hanno ispirato il nome: un “Capriccio” che tutte possono toglier- si, senza impoverire troppo le tasche. La collezione è stata presentata al museo Plart durante un cocktail party organizzato da Pl management di Fabio Ummarino (nella foto la famiglia De Nobili). La serata è stata scandita da tre sfilate di abiti di Alessio Visone, abbinati alle nuove creazioni dell’ultima collezione e di quelle storiche ora disponibili nei due punti vendita di via Filangieri e via Alvino. Due artisti estremamente diversi: Luigi Grossi, un uomo impetuoso, come attesta la molteplicità delle sue opere e Anna Maria Caselli, timida e naive (ma non troppo). Esporranno alle 4 pareti, in via Fiorelli 12/d, lo spazio d’arte dove Maria Giovanna Villari porta avanti con entusiasmo creativo una tradizione familiare. Il vernissage è venerdì 20 e a seguire due giorni di mostra, fino al 22. Le forme scolpite da Grossi, fatte di materiali corposi che spiccano su piedistalli in una danza di magma colorato e i paesaggi della costiera, i paesi incantati e i fiori di cactus dipinti della Caselli: ce n’è per tutti i gusti. LAURA COCOZZA CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (33) MOVIDA&RELAX NIGHT STORM Fabio Tempesta LE VISIONI DI PASQUALE ARCOPINTO Ad immortalare in scatti unici le serate al «Platinum Luxury Club» di via San Pasquale a Chiaia è il photomaker Pasquale Arcopinto. Napoletano, classe 1986, del segno dei Gemelli, Arcopinto è figlio d’arte e eredita dal padre Antonio e dal nonno la passione per la fotografia. Riceve la prima macchina fotografica in regalo e da allora non ha più smesso di scattare. Ha concretizzato la sua passione studiando all’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel settore Fashion Design, e specializzandosi in fotografia di moda e pubblicitaria. Attualmente, oltre a collaborare con diversi brand di moda campani, realizza book fotografici per attori e per le migliori modelle italiane e internazionali ed è Marketing & Advertising Manager al Platinum Luxury Club. Si definisce spontaneo, caparbio e ottimista. Ma è soprattutto un “fashion addicted” e amante dei viaggi. Amante sin da piccolo dell’arte, in particolare della pittura, è estremamente affascinato dagli impressionisti francesi e, soprattutto, dalle tele di Claude Monet. I fotografi cui si ispira sono Patrick Demarchelier e l’americano Steven Meisel. «Mi ispiro ai suoi scatti - spiega Arcopinto - perché condivido con lui l’interesse per la bellezza». La sua filosofia di vita? «Mi sento piuttosto europeo a livello di mentalità - racconta Le mie priorità nella vita sono degustare un buon bicchiere di vino e contemplare, ma soprattutto immortalare, la bellezza delle donne e la loro eleganza attraverso i miei scatti. Insieme alla fotografia, vino e donne sono la mia più grande passione». Cosa non sopporta? L’ipocrisia e la superbia. Bella gente Facenight, evento calendario a Londra Anche quest’anno Facenight, il premio dedicato a tutti coloro che lavorano nel mondo dei club e che con il loro entusiasmo arricchiscono il tempo libero dei napoletani, ideato dal giornalista Tommy Totaro, e patrocinato dall’Assessorato allo spettacolo della Regione Campania e dal Silb (l’unico ente riconosciuto dal nightclubbing nazionale), lancia il suo calendario. I vincitori del premio Facenight 2013 diventano protagonisti di immagini in cui, vestendo gli abiti del passato e del futuro, si mischiano al brio delle feste del corso della storia: il “by night” di ieri, oggi, domani. Nel calendario Facenight 2014, dall’età della pietra in cui è ambientato lo scatto di gennaio si vola agli scenari futuristici di dicembre, passando per Impero romano (febbraio), Medioevo (marzo) e Rinascimento (aprile). Gli scatti di maggio e giugno sono dedicati alle bizzarrie che hanno animato il Barocco seicentesco e al ‘700. A luglio si torna invece alle notti inondate di lusso e lustrini del “grande Gatsby”, in stile anni ‘30. Per poi attraversare, con le fotografie di agosto, settembre (nella foto in alto), ottobre e novembre quasi di Tommy Totaro SPICY HOTEL A TUTTA MUSICA La musica entra in camera. È l’idea originale di Giovanni Miranno e Danilo Fruscio, direttori artistici dello Spicy Hotel di Sorrento, che hanno ideato un’originale kermesse ospitata dalla struttura che, come recita la denominazione, vuole essere “piccante” anche nelle iniziative collaterali. Non solo musica lounge in sottofondo tutto il giorno ma anche, ogni venerdì, (34) mezzo secolo, immortalando i tratti più caratteristici del periodo dagli anni ‘50 agli ‘80. Autrice degli scatti è Romina Romano, vincitrice del premio miglior fotografo nell’edizione 2013, mentre a curare impaginazione e stampa è stato Alessandro Esposito della tipografia Eurograph. Hanno collaborato alla realizzazione del calendario anche Alessandro Esposito e Tommy Totaro come Art Directors, e Fulvia Rossi Gagliardi, della ditta Bambino idee dal mondo, in qualità di costumista. Da dodici fotografie nasce così un calendario senza tempo, in cui passato e presente si mescolano, che ha il compito di risvegliare emozioni, far assaggiare il divertimento delle notti di ogni epoca, ma che punta anche a far riflettere e condividere. Il calendario Facenight 2014 sarà, inoltre, presentato a Londra, dal 14 al 16 dicembre, al Private members club in My Fair (uno dei migliori members club di Londra), al Warehouse party in Camden e al Jaded afterhours in Elephant&Castle (tra gli afterhours più antichi della capitale britannica), nelle serate in cui è di scena il dj Diego Ck family, vincitore del premio facenight 2013 come migliore dj producer. una serie di concerti con artisti di primo piano che animeranno le sale dell’albergo e le serate tanto dei turisti quanto dei residenti. Ad inaugurare il CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 ciclo di serate è stato lo spettacolo live di Sagi Rei con il suo acustic dance, seguiti dal “funky all’italiana” dei Dirotta su Cuba e, la settimana successiva, dalle vibrazioni di Tony Esposito, per poi terminare la session con il pianoshow di Maurizio Filisdeo. Al termine del dinner concerto che si è tenuto alla Terrazza Veuve Clicquot, è stata la volta del dj set di Sasà Avallone,che si esibirà anche per gli altri after show in calendario. FRANCESCA AVETA Solare, dal volto cinematografico e dal sorriso davvero irresistibile, Francesca Aveta ha certamente un futuro nel mondo dello spettacolo. Frequenta il liceo linguistico, ama viaggiare ma soprattutto adora ballare. Già vincitrice del concorso «Miss teenager», con tenacia e talento si dedica alla danza classica al San Carlo. Presto la vedremo ballare su altri palchi molto prestigiosi. CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (35) LAPILLI Terni&Favole. A Largo Ferrandina a Chiaia nella tabaccheria Postiglione gli argomenti di punta sono due: gli struffoli e le tasse del governo Letta. Anche se il Natale si presenta più magro del solito, dopo le sferzate dell’Imu e le rivolte dei Forconi c’è comunque la voglia di puntare sulla stella della fortuna. Alberto Postiglione trincerato dietro una cortina di gratta e vinci, spara le combinazioni per cercare di fare il colpo grosso al lotto. «Anche questo dicembre voglio riproporre i numeri della Meraviglia: 56 - 72 - 90. Questo terno va inseguito sulle ruote di Bari, Milano e Napoli almeno per 12 estrazioni. Per chi, invece, ama gli ambi ecco una sfilza di “coppie” in cui credere: 28-32; 46-48, 81-90, 24-31, 26-16. Ambi da giocare sulle ruote di Napoli, Roma e Milano almeno fino al 10 gennaio». Intanto, in tabaccheria si alzano i toni appena s’inizia a parlare dei tentennamenti di Letta, l’Avatar del presidente Napolitano che doveva risollevare con le larghe intese le sorti della povera Italia. Invece, siamo ancora più poveri. Postiglione s’inserisce nella discussione tra un vecchietto e una signora vestita di rosso e sforna il terno della rivolta: «Giocate 12(la rivoluzione) - 33 (il cambiamento) 90 (il popolo) sulle ruote di Napoli, Roma e Milano». Buon Natale e buone rivolte a tutti. Natale alla «Cascina del Saba» GUSTO. IL TOP DELLA CUCINA TIPICA IRPINA NELL’INCANTO DEL BOSCO DI MONTEMARANO Antonio Biancospino LA CASCINA DEL SABA Contrada Bosco Bolifano, 83040 (Montemarano, Avellino) Telefono: 0827 63777 Fascia prezzo: 15 € - 30 € Chi da Napoli vuole raggiungere l’Alta Irpinia, goderne l’autentico paesaggio e gustarne i veri prodotti tipici, non deve fare altro, imboccata la Napoli-Bari, che uscire al casello Est di Avellino e prendere la vicinissima Ofantina Bis. Percorsi poi sette chilometri della strada a scorrimento veloce, al bivio di Parolise, svolti poi a sinistra in direzione di Volturara Irpina e dopo averne percorsi altri otto, esca allo svin- colo di Montemarano. Si accorgerà subito di trovarsi in un paesaggio, unico, circondato da una giogaia di monti, tra i più maestosi del Sud appennino meridionale, dove sin dal dal X secolo avanti Cristo viveva una delle civiltà, di ceppo sannitico, tra le più coraggiose e vitali. Qui, con la immediata, concreta sensazione di rigenerarsi in mezzo alla bellezza di boschi unici, dove nei secoli hanno trovato motivo di meditazione, ispirazione e anche di ricoveri sicuri e irraggiungibili, santi, eremiti, artisti, pastori e briganti, dopo pochi passi a piedi si ha subito la opportunità di rifocillarsi o di prenotare un pranzo di particolare squisitezza alla “Cascina del Saba”, (Tel. 0827/ 63777) dentro un incantevole luogo, nel segno della migliore e più genuina enogastronomia irpina. La signora Rosa Aurilia, cortese titolare del ristorante, tiene a dirci : «Qui si pranza nel rispetto della più fedele tradizione irpina, consolidata da anni di lavoro al servizio del buongusto e della clientela, che non ci ha mai tradito perchè noi non l’abbiamo mai delusa. Maccaronare, laghene, tagliatelle fatte in casa, al ragù del brigante o ai funghi del pastore, zuppe e minestre del bosco, carne alla brace, tortiere e contorni di sicuro gradimento, accompagnati da un rigoroso e imbattibile aglianico locale, sono il nostro forte. Profitto della gentile ospitalità del vostro giornale “Chiaia Magazine”, che ringrazio, per fare gli auguri di buon Natale e di felice anno Nuovo di ogni bene alla nostra affezionata e simpatica clientela napoletana». «BanBao», giocare e costruire con la fantasia Chi è che fa i giocattoli? Questa è la domanda, visto che a tutti i bambini è chiaro chi li porta. Babbo Natale per primo nei prossimi giorni e subito dopo la Befana. La domanda, però, non può rimanere inevasa. Chi li fa i giocattoli? Di solito se ne occupano persone che non hanno smesso di sognare. Persone che hanno conservato intatto, dentro di sé, il ricordo di un periodo magico e irripetibile della propria vita e di quel bambino, se stessi, che ognuno conserva nel cuore e che nessuno può conoscere meglio. La storia della famiglia Gatto è una storia italiana ed è, al contempo, la storia di un'amore. L'amore incondizionato per i bambini, di ieri, di oggi, di domani e la voglia matta di esaudirne i desideri. La ditta J&D International Import, impresa campana sul mercato dal 1984, ha quest'anno deciso di cambiare in parte le regole, perché i giocattoli li farà costruire ai bambini e li distribuirà direttamente in tutta Italia, pur non osando fare concorrenza a Babbo Natale. Francesco Gatto, da 30 anni distri- (36) buisce prodotti di alta qualità. Lo affianca oggi il figlio Anthony, che in azienda ha portato la sua profonda e riconosciuta conoscenza maturata nel campo dell'informatica e della telefonia. Quest'anno i Gatto hanno lanciato una sfida ai colossi mondiali dei giochi di costruzione. Ecco perché saranno i bambini a costruire da soli i propri sogni. “BanBao”, questo il nome del pro- CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 dotto, di cui hanno l’esclusività in Italia della distribuzione, è destinato a scalare le vette delle vendite per le sue particolari caratteristiche. Nuovo, leggero, colorato, sicuro e, soprattutto, offerto a prezzi mai trovati prima nei negozi di giocattoli. Un'altra caratteristica dell'azienda è l'alta capacità distributiva in tutta Italia, aggiunta a tempi di consegna molto ridotti, grazie a un collaudato sistema di logistica. Dalla Campania, in poche ore Tir carichi di “BanBao”, sono davanti ai migliori negozi di giocattoli e delle principali catene di supermercati del Paese, per abbellire vetrine e scaffali. Il resto è poesia: «... quando i bimbi giocano e li odo giocare qualcosa nella mia anima comincia a rallegrarsi» (Fernando Pessoa). ESPEDITO PISTONE LAPILLI Runtastic Pro Gps, corsa ideale BOOM DELL’APPLICAZIONE CHE SOSTIENE E GUIDA CHI AMA ALLENARSI E MANTENERSI IN FORMA Runtastic PRO GPS è l’applicazione ideale per la corsa e il fitness all’aperto (jogging, camminata nordica, trekking, pattinaggio…) e indoor (treadmill, cardio, yoga, body-building). Quali sono i motivi per cui dovresti scaricare runtastic PRO? Tieni traccia delle tue attività sportive – cerca delle motivazioni – consuma calorie e raggiungi risultati migliori. Runtastic PRO utilizza la funzione GPS del tuo iPhone per renderlo un cronometro a GPS multifunzionale con tantissimi strumenti! Vuoi correre per mantenerti in forma e in salute? Stai praticando dello sport per bruciare grassi e quindi dimagrire? Ti stai preparando per una maratona? Il tuo allenamento non sarà più lo stesso una volta che avrai provato runtastic PRO. 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FABRIZIO TAVASSI L’ORA LEGALE Adelaide Caravaglios CHIUDE DONNA NEL DIVANO LETTO: «DOLO EVENTUALE» Potrebbe essere il titolo di un film, magari di quelli pieni di suspance; invece è quello che, purtroppo, è accaduto ad una coppia di fidanzati: lui, «noto come soggetto violento ed unica persona a trovarsi in casa con la vittima» (così come si legge nella sentenza n. 24217/2013) e lei, solitamente ubriaca, che si nascondeva nel divano letto in forte stato di alterazione alcolica. Durante le prime ore di un triste pomeriggio, l’uomo, prima di recarsi ad un colloquio di lavoro, chiude, in segno di spregio, la fidanzata nel divano letto; quindi, si allontana. Per fortuna incontra un amico, che lo sollecita a tornare indietro e ad andare a controllare lo stato della vittima ma è troppo tardi: nonostante l’arrivo dell’ambulanza, infatti, la donna viene trovata esanime «con ecchimosi sul viso ed il tronco compresso tra le due parti sollevate del divano letto». Secondo i giudici della I Sezione Penale, si sarebbe trattato di dolo eventuale: chiudere il divano e comprimervi al suo interno la vittima, senza fare nulla per toglierla da quello stato, ma limitandosi semplicemente a chiamare i soccorsi, rivelatisi – chiaramente – tardivi ed inutili, configurerebbe un’ipotesi di omicidio volontario, imputabile a titolo di dolo eventuale. L’uomo – si legge in sentenza – «ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi (la chiusura della donna nel divano letto per spregio o irrisione), si è (ben presto) rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e nonostante ciò, ha agito (omettendo una immediata condotta di soccorso, a quel punto dovuta) accettando il rischio di cagionarle. Ovvero, pur non mirando ad un evento mortale come proprio obiettivo intenzionale, ha tuttavia previsto come probabile – secondo un normale nesso di causalità – la verificazione di un siffatto evento lesivo, accettandone, con l’agire (o l’omettere di agire) in presenza di tale situazione soggettivamente rappresentatasi, il rischio della sua eventuale verificazione». Insomma un altro grave episodio di femminicidio: una sostanziale indifferenza alla sorte della donna con l’apatica, inutile, attesa dell’intervento altrui. Vitrone, viaggio intimo L’ARTISTA CON «PICCOLE PARTENZE» PROPONE UN ALBUM NOTEVOLE DI POP ROCK D’AUTORE «DA MICHELE» RADDOPPIA CON PIZZE FRITTE E PARTITE IN TV “Da Michele - Via Martucci” raddoppia. La storica pizzeria di Chiaia ha aperto, dal 19 ottobre, una nuova sede in Piazza Rodinò, 30. Alle specialità della tradizione, tra cui la gustosissima “margherita doppia mozzarella”, si aggiunge la novità della pizza fritta. Il locale, con la sua ampia sala esterna, è già diventato punto di riferimento per i tifosi che, sempre più numerosi, si incontrano per assistere alle partite trasmesse sul maxischermo. Quello di Gennaro Vitrone (nella foto), in arte semplicemente “Vitrone” è un viaggio intimo, ma incandescente, all'interno della propria storia, specchio della storia di tutti. Un album che procede a mille all'ora verso il multisfaccettato e stratificato mondo del poprock d'autore, che si racconta, raccontando storie altre. Assieme ad una capacità espressiva innata, sarà stata sicuramente la sua (lunga) esperienza a rendere questo lavoro ben confezionato: un prodotto che si attesta evidente- mente sopra la media del mare-magnum delle produzioni indipendenti, non solo campane, ma nazionali. “Piccole Partenze”, edito da FreakHouse Records, è un piccolo gioiello che mostra le sue potenzialità con una dolce prepotenza. Dieci brani (dal sognante “Inverno”, alla title track “Piccole partenze”, fino al singolo “Torno al giardino”, senza dimenticare la bella chiusura con “Sentinelle”). Un album da ascoltare, assaporandolo fino in fondo, senza lasciarsi influenzare dal primo ascolto. Dieci tracce frutto di quindici mesi di lavoro tra casa e studio di registrazione, con collaborazioni interessanti, che riportano Vitrone alla carriera da solista dopo la parentesi “Vitronemaltempo” che lo aveva portato a partecipare ai concorsi nazionali “Musicultura”, “Premio Fabrizio De Andrè”, “Premio Bianca D’Aponte”, “Premio Botteghe d’autore” e al programma radiofonico “Demorai” di Michael Pergolani. Dieci canzoni da ascoltare e riascoltare. A. ALFREDO CAPUANO CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 (37) (38) CHIAIA MAGAZINE • NOVEMBRE/DICEMBRE 2013 EXIT Diamo i numeri Libri A questo numero hanno collaborato Antonio Biancospino Aurora Cacopardo Adelaide Caravaglios Aldo De Francesco Nino De Nicola Mimmo Della Corte Viviana Genovese Livia Iannotta Francesco Iodice Massimo Lo Iacono Carmine Luciana Ranieri Renato Rocco Rosario Scavetta Pippo Schiano Armando Yari Siporso Ignazio Soriano Fabrizio Tavassi Fabio Tempesta Tommy Totaro 46 è la percentuale di persone che hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno. In particolare, il 39,7% è rappresentato dagli uomini, il 51,9% dalle donne Mastantuoni Computer 52,3 per cento di cittadini hanno usato il computer nel corso del 2012. 87,9 è la percentuale massima, riscontrata nella fascia di età tra i 15 e 17 anni. 3,8 quella degli over 75 Criminalità 11 AI NOSTRI LETTORI •AUGURI Ai nostri affezionatissimi lettori e ai nostri sempre più numerosi fan auguriamo un feli- mila sono i furti censiti lo scorso anno in Campania. Solo 800 invece sono le persone denunciate effettivamente nella regione, per questo reato 8,38 euro la spesa media mensile familiare per l’acquisto di vino. 5,46 sono invece gli euro spesi per l’acqusto di birra e 12,46 quelli sborsati per l’acqua minerale Economia 6 mila sono i cinesi residenti a Napoli. 3.181 sono imprenditori (8,5% in più rispetto allo scorso anno). La Campania è la terza regione per crescita di presenza cinese A CHIAIA MAGAZINE • ABBONATI È in corso la campagna abbonamenti di Chiaia Magazine. Chi decide di abbonarsi, la BACHECA Consumi ce Natale e un 2014 ricco di successi e di fortuna. Chiaia Magazine ritorna, sempre battagliero, a febbraio 2014. non solo riceverà direttamente a casa il giornale, ma entra nel Club di Chiaia Magazine in cui ha diritto allo sconto del 30% sui libri di Iuppiter Edizioni e su altre opere dedicate alla storia e alle tradizioni napoletane. Due le tipologie di abbonamento: ordinario (20 euro all’anno) e sostenitore (50 euro all’anno). Per saperne di più basta telefonare al numero 081.19361500, dal lunedì al venerdì, dalle ore 11.00 alle 18.00. PUOI TROVARCI •DOVE In oltre 500 punti selezionati: negozi, teatri, cinema, bar, discoteche, banche, boutique, studi professionali, gallerie d’arte, ristoranti, circoli sportivi e in tutti gli eventi culturali e mondani. Distribuzione capillare palazzo per palazzo; gazebo nei punti strategici della città per la presentazione del numero e delle iniziative del mensile. CITY: ISTRUZIONI PER L’USO •SOS Ringraziamo i nostri lettori per le segnalazioni (da inviare a [email protected] o all’indirizzo della redazione, via Dei Mille, 59 - 80121 NA) sulle emergenze e problemi della città. Una raccomandazione: lettere brevi (max 1000 battute). ON LINE • CONSULTACI Chiaia Magazine è gratuitamente scaricabile in formato pdf sul sito www.chiaiamagazine.it. DIVENTA NOSTRO FAN • FACEBOOK/TWITTER: Il mensile Chiaia Magazine ora è anche su Facebook e Twitter. Puoi diventare nostro fan cliccando “mi piace” sulla pagina ufficiale oppure iscriverti al gruppo Chiaia Magazine su Facebook e segnalarci eventi e curiosità. Diventa follower dell’account Chiaia Magazine su Twitter e cinguetta con noi. PUBBLICITARIE • INSERZIONI Chiaia Magazine vive grazie alle inserzioni pubblicitarie. Non è il foglio di nessun partito o movimento, ma una libera tribuna che resta aperta grazie alla passione estrema e alla tenacia di un gruppo di giornalisti. 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