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I PARERI E L’ATTIVITÀ DELLA GIURISPRUDENZA DOTT. ING. DANILO G.M. DE FILIPPO IL COMMITTENTE LA FIGURA APICE – IL COMMITTENTE Cassazione Penale Sez. IV – 21 dicembre 2011 – n.47476 – Marzano – “Sul committente e la mancata nomina di un responsabile dei lavori” • Il legislatore, in sostanza, non ha predeterminato gli effetti della nomina del responsabile dei lavori, avendo stabilito espressamente che l’area di esonero della responsabilità del committente dipende dal contenuto e dall’estensione dell’incarico conferitogli Cassazione Penale Sez. IV – 10 giugno 2008 – n.23090 – Novarese – “Sul committente privato non imprenditore” • La Suprema corte ha già avuto modo di affermare che il committente costituisce il perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri …….è consolidato il principio secondo il quale il committente rimane il soggetto obbligato, in via originaria e principale, alla osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro (…). L’esenzione dalle responsabilità che la legge gli impone si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell’incarico conferito a quest’ultimo. LA FIGURA APICE – IL COMMITTENTE Cassazione Penale Sez. IV – 9 settembre 2009 – n.35021 – Mocali – “Sul committente o responsabile dei lavori di fatto” • la Sez. IV affrontava il caso di un operaio che, intento a lavori di edificazione di una cappella funeraria per conto di due anziane signore era precipitato al suolo da una impalcatura, riportando lesioni che lo avevano tratto a morte. • Fu condannato per omicidio colposo, il nipote delle due signore “quale responsabile del cantiere nonché promotore dell’attività edilizia finalizzata alla costruzione delle due cappelle cimiteriali”, per colpa consistita in particolare nel non aver adottato “su tutti i lati della costruzione adeguate impalcature o ponteggi atti ad eliminare i pericoli di caduta di persone e/o cose”. • L’imputato, condannato in primo e secondo grado, aveva proposto ricorso in Cassazione. • Quest’ultima, rigettando il ricorso, aveva affermato che “non illogicamente la sentenza impugnata ha ritenuto che tale imputato assolvesse alle mansioni di ‘responsabile dei lavori di fatto’, ricordando che egli (…), portatore di un interesse legato alla richiesta delle anziane zie, dopo essersi interessato per il reperimento della manodopera, andava in concreto a controllare lo stato di avanzamento delle opere, provvedeva al pagamento degli operai talvolta addirittura con propri assegni, veniva considerato dagli stessi operai il direttore e responsabile dei lavori.” • E ancora: “correttamente lo stesso primo giudice ha rilevato che “diventa del tutto irrilevante che non fosse il formale responsabile dei lavori, se solo si consideri che la responsabilità per l’omessa adozione delle cautele antinfortunistiche incombe su chi dirige in concreto i lavori, indipendentemente da ogni posizione o qualifica formale”, e perciò “egli era tenuto a vigilare sul rispetto delle norme antinfortunistiche, che sono state però del tutto violate...”. • L’imputato, dunque, avendo agito quale longa manus delle committenti anziane zie, è divenuto, di fatto, delegato del committente e, quindi, responsabile dei lavori, attirando a sé i relativi obblighi di legge. LA VERIFICA DELL’IDONEITÀ TECNICO PROFESSIONALE Cassazione Penale Sez. IV – 15 settembre 2009 – n.35630 – Rizzo – “Sulla verifica dell’idoneità tecnico-professionale” • La Cassazione penale con sentenza n.35630 del 15 settembre 2009, ha affrontato il caso di una società immobiliare che aveva affidato la costruzione di due edifici ad una ditta individuale la quale, a sua volta, subappaltò i lavori di copertura e coibentazione del tetto ad altra ditta e quest’ultima incaricò dei lavori il titolare di altra impresa individuale. • Questi, mentre era intento con altri due operai a lavori di copertura di uno dei due manufatti, precipitò al suolo a causa del cedimento di un pannello in legno che concorreva a costituire il piano di calpestio. • Il pannello non possedeva le caratteristiche dimensionali e di resistenza richiesti dalla norma. • L’amministratore unico della società committente fu ritenuto colpevole del delitto di omicidio colposo, per “avere, per colpa, in cooperazione con altri imputati separatamente giudicati, cagionato la morte dell’infortunato, per avere omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice dei lavori, e di verificare l’adempimento degli obblighi previsti a carico del geometra coordinatore per l’esecuzione”. • Con particolare riferimento alla verifica dell’idoneità delle imprese, nel confermare la condanna, la Sez. IV aveva rilevato la “grande superficialità” con cui l’imputato “ha affrontato tutte le questioni di sicurezza ed i propri obblighi”: “egli, pur svolgendo professionalmente l’attività nel settore delle costruzioni, non si era minimamente attivato per conoscere ed adempiere i propri obblighi" e, "attribuito l’appalto a una ditta individuale e pur consapevole che questa non fosse in grado di svolgere quanto meno i lavori di copertura, non aveva minimamente disciplinato l’aspetto dei subappalti, affidati in via di fatto all’incontrollata discrezione della ditta appaltatrice, pur essendo lui consapevole della loro necessità (prima dei lavori) e della loro esistenza (durante i lavori)”. LA VERIFICA DELL’IDONEITÀ TECNICO PROFESSIONALE Cassazione Penale Sez. IV – 22 settembre 2009 – n.36869 – Mocali – “Sulla verifica dell’idoneità tecnica e professionale ” • Con sentenza n.36869 del 22 settembre 2009 la Sezione IV di Cassazione, aveva sostenuto l’importanza e la centralità delle verifiche disposte dall’art.3, d.lgs. n.494/96 [oggi art.90, d.lgs. n.81/08]: “Lo scopo della disposizione è (…) evitare che l’esecuzione dei lavori sia affidata a soggetti tecnicamente inadeguati al compito da svolgere, con conseguente rischio di pericolosità dei lavori.” • È per tale motivo che la Corte, ha stabilito che “In materia di infortuni sul lavoro, nel caso di appalto di lavori di ristrutturazione edilizia il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati.” LA NOMINA DEL COORDINATORE Cassazione Penale Sez. IV – 16 gennaio 2009 – n.1770 – Brusco– “Sulla omessa nomina del Coordinatore ” • la Cassazione Penale, Sez. IV interveniva circa la responsabilità della proprietaria di un cortile per infortunio occorso al soggetto incaricato della ripavimentazione dello stesso: il lavoratore veniva infatti travolto dal crollo di una scala che nel frattempo veniva demolita da un escavatorista posto sopra di lui. • Venivano ravvisati, sia in primo che in secondo grado, elementi di colpa specifica in violazione delle norme antinfortunistiche per il delitto di lesioni personali in riferimento alla posizione di garanzia, quale committente e responsabile dei lavori, perché non verificava l’adempimento degli obblighi di redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e designava coordinatore per l’esecuzione dei lavori un soggetto privo dei prescritti requisiti. • Acquisita la prova delle omissioni indicate, i Giudici di merito hanno affermato che l’infortunio occorso al lavoratore “si è verificato proprio per la mancanza di un coordinamento tra gli interventi di pavimentazione del cortile e di demolizione della scala, lavori inevitabilmente e strettamente connessi tra loro, visto che la scala incombeva sul cortile.” • Proposto ricorso in Cassazione, la Corte aveva rigettato affermando che la motivazione della sentenza impugnata è più che congrua nel rilevare che dall’inadempimento relativo all’omessa nomina del coordinatore per l’esecuzione dei lavori sono derivate conseguenze particolarmente gravi, strettamente legate da nesso di causalità con l’infortunio occorso. • “Se, infatti – sostiene la Corte – il piano di sicurezza fosse stato effettivamente predisposto e la nomina del coordinatore per l’esecuzione dei lavori correttamente e validamente effettuata, ne sarebbe derivata in concreto una precisa organizzazione degli interventi facenti capo alle varie ditte incaricate delle opere da eseguire ed una vigilanza sul coordinamento di tali interventi." IL COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE IL COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE Cassazione Penale Sez. III – 26 maggio 2008 – n.21002 – Altieri – “Sull’adeguatezza del PSC” • la Cassazione Penale, Sez. III, ha confermato il giudizio del Tribunale di Arezzo e ritenuto non adeguato il PSC redatto da un CSP osservando che “l’imputato ha completamente eluso di corredare il piano di sicurezza delle indicazioni prescritte o per meglio dire ha proceduto, [omissis]... al mero assemblamento informatico di astratte previsioni legislative con nessuna aderenza ai lavori svolti in concreto e quindi di nessuna utilità in materia di prevenzione infortuni, [omissis]... la relazione tecnica de qua è solo un sofisticato stratagemma utile ad adempiere in modo burocratico e formale agli obblighi di legge però eludendoli in sostanza del tutto”. • Continua la sez. III: “Nel piano sicurezza mancava anche, come ricorda la impugnata sentenza, la indicazione delle misure volte a prevenire i rischi connessi alla presenza nel cantiere di più imprese e non è dubbio che tale presenza dovesse essere prevista” IL COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE Cassazione Penale Sez. IV – 23 luglio 2008 – n.30812 – Galbiati – “Sulla genericità del PSC redatto dal Coordinatore” • La Sez. IV di Corte di Cassazione si era espressa in senso analogo con la sentenza n. 30812 del 23 luglio 2008, per il caso di un infortunio che si è verificato in un cantiere edile nel quale erano in corso dei lavori di ristrutturazione e dove ha perso la vita, a causa delle lesioni riportate per il crollo di una parte di un muro perimetrale di un fabbricato, un artigiano al quale era stato affidato in subappalto il compito di demolire alcune parti del muro ed aprire dei varchi per la realizzazione di alcune vetrine. • Il Tribunale nel giudizio di primo grado ha ritenuto che il crollo fosse stato causato dalla mancanza di un adeguato puntellamento dello stesso ed ha attribuito la responsabilità dell’accaduto al coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione rendendolo colpevole di omicidio colposo e di due contravvenzioni per violazioni antinfortunistiche. • Secondo il Tribunale, infatti, il piano di sicurezza e di coordinamento “era stato predisposto in modo molto generico, era privo di indicazioni sulla procedura specifica da seguire per praticare le aperture nel muro perimetrale, ed in specie mancava della prescrizione relativa alla collocazione di puntelli, …..”. • La Corte di Appello aveva confermato la condanna dell’imputato, pur ridimensionando la pena ma il coordinatore per la sicurezza ha avanzato ricorso alla Corte di Cassazione lamentandosi che la Corte di Appello si era fondata esclusivamente sulle deduzioni esposte dal consulente nominato dal PM ed aveva rigettata la richiesta di far effettuare una perizia ad un soggetto terzo rispetto alle parti processuali così da approfondire ulteriormente le precise cause del crollo. • La Corte di Cassazione ha però dichiarato il ricorso inammissibile ritenendo corretta la decisione assunta dalla Corte di Appello e sostenendo inoltre che il PM aveva correttamente individuate le cause dell’accaduto e rilevate le omissioni fatte dal coordinatore nel predisporre il piano di sicurezza e di coordinamento. IL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE IL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE Cassazione Penale Sez. IV – 4 gennaio 2011 – n.115 – Morgigni – “Sulla posizione di garanzia e sui doveri del Coordinatore” • Sui doveri del Coordinatore, previsti dall’art.92, è intervenuta la sentenza Cassazione Penale, Sez. IV, 04 gennaio 2011, n. 115 esaminando la responsabilità per il reato di omicidio colposo in danno di un operaio e per il reato di lesioni colpose gravi in danno di un altro operaio; entrambi stavano lavorando ad un’altezza di 27 metri quando, a causa del crollo del ponteggio in fase di smontaggio per il completamento delle opere di costruzione, precipitavano al suolo con le conseguenze descritte. • I giudici di merito hanno affermato la responsabilità del legale rappresentante della società appaltatrice, del capocantiere della medesima società appaltatrice, del coordinatore per l’esecuzione dei lavori e del titolare della ditta cui erano stati subappaltati i lavori di montaggio e smontaggio del ponteggio oltre che datore di lavoro dell’operaio deceduto. • A tutti era stato contestato di aver consentito ai due lavoratori infortunati di operare su un ponteggio insicuro per l’insufficienza dei punti di ancoraggio contribuendo così al crollo e agli eventi dannosi verificatisi. • Contro la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso solo il Coordinatore per la sicurezza ed il datore di lavoro dell’operaio deceduto. • Nel dispositivo di sentenza la Corte ha voluto affermare che “non possono sussistere dubbi sull’esistenza di un’autonoma posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione dei lavori anche se è condivisibile l’affermazione del ricorrente secondo cui non rientrava tra i suoi obblighi quello di una continua presenza in cantiere. Ma non è questo l’addebito su cui i giudici di merito hanno fondato l’affermazione della responsabilità: il crollo del ponteggio non è infatti avvenuto per un’improvvida e casuale condotta di una delle persone operanti nel cantiere ma per la totale inidoneità del ponteggio sia nella fase della progettazione che dell’esecuzione.” • “Quanto alle condotte addebitate al ricorrente i giudici di merito hanno congruamente motivato sull’inadempimento da parte sua degli obblighi su di lui incombenti per non avere egli verificato la corretta applicazione del piano per la sicurezza, per non avere segnalato le palesi inadempienze (la cui esistenza nessuno dei ricorrenti contesta) e per non avere disposto la sospensione dei lavori in presenza di plateali violazione delle norme di prevenzione in particolare per quanto riguarda la tutela dei lavoratori che operavano in altezza.” IL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE Cassazione Penale Sez. IV – 13 maggio 2010 – n.18149 – Marzano – “Sulla vigilanza ‘alta’ e sulla presenza fisica del Coordinatore” • La «famosa» sentenza della IV sezione penale della Cassazione, n.18149, del 13 maggio 2010 è intervenuta proprio sull’argomento per precisare che la funzione di vigilanza del coordinatore è da considerarsi “alta” e non deve essere confusa con quella “operativa” demandata al datore di lavoro. • “Tanto è vero – afferma la Corte – che il coordinatore articola le sue funzioni in modo formalizzato: contestazione scritta alle imprese delle irregolarità riscontrate e segnalazione al committente di dette irregolarità. Solo in caso di imminente e grave pericolo direttamente riscontrato gli è consentito di sospendere immediatamente i lavori. Quindi il coordinatore ha solo un ruolo di vigilanza in merito allo svolgimento generale delle lavorazioni e non è obbligato ad effettuare quella stringente vigilanza, momento per momento, che compete al datore di lavoro e ai suoi collaboratori. Solo qualora l’infortunio sia riconducibile a carenze organizzative generali sarà dunque configurabile anche la responsabilità del coordinatore; la conseguenza è che non è richiesta la sua continua presenza nel cantiere con ruolo di controllo” • Il caso in questione riguardava un lavoratore che era caduto nel vuoto. • La Corte aveva rilevato come il rischio di caduta implicasse l’uso delle cinture di sicurezza, ma l’obbligo di vigilanza da parte del coordinatore comportasse il mero controllo sull’esistenza in cantiere delle cinture di sicurezza e sulla previsione della loro utilizzazione in quella lavorazione, e non sul fatto che il singolo lavoratore se ne servisse realmente in quella specifica situazione. • Tra i doveri del coordinatore, però, rientra l’ampia previsione di cui al comma 1, lettera a), art. 92, secondo cui è obbligato a verificare “con opportune azioni di coordinamento e controllo (…) l’applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro”. • Non esiste, dunque, un obbligo di costante presenza in cantiere ma, bensì, l’obbligo più ampio di mettere in campo opportune azioni di garanzia sul rispetto del PSC e della normativa, limitando la presenza fisica in cantiere a quelle fasi alle quali, per criticità o difficoltà, egli riterrà opportuno presenziare. IL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE Cassazione Penale Sez. IV – 7 maggio 2010 – n.17576 – Campanato – “Sull’obbligo di sospendere i lavori” • Un operaio precipita, da un’altezza di circa 6-7 metri, mentre è intento a lavori di copertura del tetto di un capannone, senza disporre ed utilizzare cinture di sicurezza o altri presidi antinfortunistici. • Il cantiere fa capo a una società immobiliare, che aveva concordato con il comune la lottizzazione dell’area ed aveva nominato un ingegnere quale coordinatore per la sicurezza nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori. I lavori erano stati affidati ad una impresa, che li aveva subappaltati, quanto al montaggio dei fabbricati in calcestruzzo, ad una ditta e, quanto alla copertura, ad altre due imprese, la prima delle quali, a sua volta, aveva subappaltato la copertura del capannone ad altra ditta (di cui l’infortunato era dipendente pur in mancanza di formale assunzione), senza che il relativo contratto venisse portato a conoscenza del coordinatore, che aveva continuato ad ignorarne la presenza in cantiere. • Nel confermare la condanna del coordinatore, la Sez. IV osserva che l’obbligo imposto al coordinatore per l’esecuzione dei lavori di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate “non è avulso dall’intero contesto della generalità degli obblighi assegnati al coordinatore per l’esecuzione di lavori, indicati nelle altre lettere della stessa norma, ma, al contrario, con essi si coniuga”, e che “il pericolo grave ed imminente ben può, quindi, scaturire, e di norma scaturisce, dalla doverosa attività di verifica delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, della corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, delle misure eventualmente dirette a migliorare la sicurezza nel cantiere”. • Rileva che, “in occasione di un (precedente) sopraluogo, l’imputato avrebbe dovuto agevolmente accorgersi, visivamente, della mancata predisposizione dei ‘punti che dovevano costituire idoneo sostegno’ per l’apposizione e l’utilizzo delle cinture di sicurezza, e quindi della ‘visibile’ mancanza della ‘predisposizione delle misure precauzionali’”. • Ne desume che “da tanto insorgeva, evidentemente, un ‘pericolo grave ed imminente’, cioè la concreta possibilità che i lavoratori attendessero agli ulteriori lavori programmati senza la dovuta predisposizione di quella necessaria misura di sicurezza, con grave pericolo per la loro incolumità, donde, conseguentemente, la ritenuta necessità di sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate, come recita la norma”. • Viene rilevato, ancora, che “nulla era stato in proposito verificato dall’imputato e nulla dice in tal senso il verbale d’ispezione, essendosi egli limitato alla generica raccomandazione di sospendere i lavori in caso di maltempo o scarsa visibilità”. • Considerato “irrilevante in proposito l’’invisibilità’ della ditta di cui l’infortunato era dipendente, giacché, in sostanza, quella situazione inadempitiva e di pericolo era oggettivamente ravvisabile, essendo, appunto ‘visibile’, e quindi ben oltre ogni possibile ulteriore accertamento circa la riferibilità della situazione al soggetto tenuto ad ovviarvi, considerandosi, altresì, che coordinamento avrebbe in ogni caso dovuto riguardare la sicurezza dei dipendenti impegnati eventualmente in quota”. • Conclude che il coordinatore “avrebbe dovuto rendersi avveduto che non era visibile la predisposizione delle misure precauzionali, con riferimento ai punti che dovevano costituire idoneo sostegno, secondo il suo stesso PSC, alla voce procedure specifiche, e non aveva esercitato nessun potere impeditivo della prosecuzione dei lavori prima che quella situazione di pericolo venisse idoneamente affrancata: e proprio dalla prosecuzione dell’attività lavorativa senza la mancata predisposizione di quelle misure di sicurezza è dipeso il verificarsi dell’evento lesivo”. IL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE Cassazione Penale Sez. IV – 3 ottobre 2008 – n.38002 – Campanato – “Sull’obbligo di sospendere i lavori” • le responsabilità del titolare di un'impresa appaltatrice e del coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori, in merito all’infortunio mortale occorso in un cantiere edile ad un marmista incaricato di pavimentare i rampanti di una scala e morto a seguito dei traumi riportato dopo essere scivolato al suolo durante il trasporto di una lastra di marmo. • La colpa addebitata al titolare dell’impresa fu quella di non aver installato parapetti di protezione lungo la scala in costruzione e al secondo di avere redatto un piano di sicurezza privo dei requisiti previsti, nonché per non aver esercitato le verifiche in ordine alla applicazione da parte della suddetta impresa e dei lavoratori autonomi ivi impiegati delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e per non avere verificato l'idoneità del piano operativo dell'impresa e la sua coerenza con il piano di sicurezza, per non aver curato la cooperazione ed il coordinamento delle attività della impresa e dei lavoratori autonomi, per non avere contestato all'impresa ed ai sopra citati lavoratori le inadempienze in materia di sicurezza segnalandole al committente, per non avere fatto sospendere la pavimentazione della scala, pur essendo evidente il pericolo per l'assenza dei parapetti. • La Corte d'Appello aveva affermato che i compiti del coordinatore codificati dal legislatore “dimostrano che il rispetto delle prescrizioni di sicurezza da parte dei soggetti interessati è verificato dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, non in occasionali sopralluoghi, ma nel corso di costanti controlli misurati sulle fasi di lavorazione, in modo da evitare pericolosi vuoti di vigilanza, e da rendere effettiva, e non meramente eventuale, la tutela dei lavoratori.” • Il Coordinatore propone ricorso in Cassazione affermando che non sarebbe colui dal quale si può esigere “una funzione di quotidiano e costante presidio del cantiere e, di conseguenza, addebitare la culpa in vigilando per qualsiasi violazione che invece è da riferire ai datori di lavoro, dirigenti e preposti (linea organizzativa dell'impresa)”; al coordinatore spetterebbe soltanto "...un'attività di coordinamento dei diversi soggetti (ove presenti) in cantiere per rendere attuali e coerenti le prescrizioni pianificate in sede di progettazione ...". • La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso (e pur ammettendo la non necessaria costante presenza del coordinatore), affermando come correttamente il giudice di merito avesse individuato gli estremi della responsabilità del coordinatore “nella duplice violazione della mancata verifica circa la sussistenza delle misure minime di sicurezza inerenti lo specifico lavoro di posa in opera delle lastre di marmo sulla scala in questione, e della mancata, immediata, sospensione dei lavori per assicurare l'adempimento delle previsioni del piano di sicurezza, con riferimento a quanto imposto dal d.lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a) e f), come modificato dal d.lgs. n. 528 del 1999 [oggi art.92, comma 1, lett. a) e f), d.lgs. n. 81 del 2008]”. L’AGGIORNAMENTO DEL PSC Cassazione Penale Sez. IV – 29 marzo 2011 – n.12703 – Morgigni – “Sugli obblighi del Coordinatore e sull’aggiornamento del PSC” • a proposito della responsabilità per infortunio di un operaio che, mentre procedeva al carico delle macerie provenienti da lavori di demolizione di un edificio, per convogliarle poi nel furgone sottostante, perdeva l'equilibrio cadendo dall'impalcatura nel cassone del furgone e riportando un politraumatismo con frattura tempo-parietale a seguito del quale veniva sottoposto ad intervento chirurgico. • Con questa sentenza, la Cassazione ha anche affrontato l’argomento della necessità di sottoporre il Piano di Sicurezza e Coordinamento a periodici aggiornamenti, anche in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute [art.92]. • La realtà di numerosi cantieri edili, purtroppo, è quella in cui, prima dell’inizio dei lavori, viene realizzato un PSC che, per quanto possibile, racchiude un progetto preliminare di sicurezza in cantiere. • Il cantiere, però, è un ambiente in continua evoluzione e caratterizzato da fattori d’influenza estremamente variabili (ramificazione degli appalti, condizioni meteorologiche, varianti in corso d’opera, etc.) per cui è evidente che tra la fase di progettazione della sicurezza e quella di concreta predisposizione e verifica, lo scenario del cantiere ha subito un’inevitabile mutazione che rende necessaria, dunque, anche una verifica dei rischi ed un aggiornamento del PSC. L’AGGIORNAMENTO DEL PSC Cassazione Penale Sez. IV – 8 aprile 2010 – n.13236 – Rizzo – “Sull’obbligo di aggiornamento del PSC” • Trattavasi della responsabilità per negligenza e violazione di norme antinfortunistiche del coordinatore per l'esecuzione dei lavori commissionati da un’impresa che aveva appaltato ad altra ditta la realizzazione di uno scavo largo circa 40-45 cm. e profondo cm. 120/130, necessario per la posa in opera di una condotta idrica. • Il coordinatore venne accusato di aver cagionato la morte dell’operaio, messo a lavorare, con pala e piccone, ad uno scavo di m. 1,70 di profondità e di m. 1,60 di larghezza senza tener conto della natura del terreno di riporto, privo di aderenza in quanto addossato ad un muro di cemento armato, che non garantiva adeguata resistenza. • Circostanza questa che rendeva indispensabile provvedere all'esecuzione di opere di sostegno nell'ambito di un piano di sicurezza che andava rinnovato in ragione della necessità, appena emersa (per la presenza di una condotta per lo smaltimento di acque fognarie) di effettuare scavi più profondi rispetto a quelli originariamente previsti. • In tale condizione di rischio, il lavoratore era rimasto travolto dal terreno soprastante, franatogli improvvisamente addosso mentre, dal fondo dello scavo, si stava accingendo a salire in superficie, ed era deceduto per compressione della gabbia toracica. • Il coordinatore, condannato nei due precedenti gradi di giudizio, aveva proposto ricorso in Cassazione, ma la Corte aveva rigettato affermando che: “Il giudice del gravame ha correttamente rilevato come dall'imprevista presenza, sul posto ove dovevano essere posizionati i tubi della rete idrica, della rete fognaria, e dunque dall'interferenza delle due condotte, che imponeva di modificare l'originario piano di lavoro e di adattarlo alla nuova situazione, nascesse il dovere dell'imputato, in ragione della qualifica ricoperta, di rielaborare il piano di sicurezza in vista dell'esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo, in relazione alla quale si rendeva necessario l'intervento manuale dei lavoratori in fondo alla trincea già realizzata con i mezzi meccanici. • Davanti all'evidente aumento del rischio - che nasceva dalla previsione di un abbassamento di quota dello scavo, e quindi della sua profondità, e dalla necessaria, e non prevista, originariamente, presenza di operai al fondo dello stesso, nella zona di intersezione delle due condotte, oltre che dalla natura del terreno sul quale si andava ad operare, rimaneggiato e di riempimento della vecchia trincea - l'imputato, in violazione di precise norme antinfortunistiche, ha omesso di predisporre un aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento, essendosi limitato a fornire verbali e generiche indicazioni ai lavoratori (la vittima, peraltro, era stata assunta solo il giorno prima), e di prevedere interventi sul piano della sicurezza in grado di evitare crolli, e comunque di assicurare la regolare e sicura prosecuzione, oltre che dei lavori di scavo, anche di quelli, a scavo ultimato, di posa in opera dei tubi. • A fronte di tale condotta gravemente omissiva, giustamente il giudice del gravame ha ritenuto del tutto priva di rilievo, nei termini ritenuti dall'imputato, la decisione della vittima di risalire sul piano di campagna utilizzando una via diversa da quella da altri seguita; tale via, peraltro, mai concretamente interdetta." L’IMPRESA AFFIDATARIA LA NUOVA FRONTIERA – LO SPOSTAMENTO DELLA GARANZIA Cassazione Penale Sez. IV – 5 luglio 2010 – n.25529 – Morgigni – “Sulla corresponsabilità del coordinatore e dell’impresa affidataria” • Viene confermata la corresponsabilità del coordinatore e dell’impresa affidataria e la loro posizione di garanzia nei confronti delle ditte appaltatrici chiamate ad operare in un cantiere edile. • La sentenza di cui trattasi, inoltre, esaminava un caso avvenuto quando era ancora in vigenza il d.lgs. n.494/96 dove, peraltro, le responsabilità dell’impresa affidataria non erano ancora così chiaramente delineate come, invece, avviene oggi con il d.lgs. n. 81/08 • L’infortunio in esame è accaduto mentre il lavoratore stava trasportando una pesante lamiera che doveva servire a completare la intelaiature del tetto di copertura. • L’operaio mise un piede in un’apertura esistente nel solaio del primo piano sulla quale era stata appoggiata solo una lastra di polistirene che ovviamente ha ceduto sotto il peso • sono stati rinviati a giudizio il coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori nominato dal committente, il Presidente dell’impresa affidataria, il responsabile per la sicurezza e direttore tecnico di cantiere, il capocantiere ed il caposquadra della stessa impresa, oltre al datore di lavoro dell’infortunato. • Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello ha ritenuto responsabili tutti gli imputati per non aver predisposto idonei presidi di protezione delle aperture • In Cassazione, il coordinatore per la sicurezza ha sostenuto che nei precedenti giudizi non era stato tenuto conto della sua diligente attività svolta in cantiere, documentata anche da fotografie, e che “il ruolo del coordinatore non deve essere inteso quasi come una responsabilità oggettiva”. • Il direttore tecnico ed il capocantiere, dal canto loro, hanno tenuto a precisare che il lavoratore infortunato era dipendente dell’impresa subappaltatrice e non dell’impresa affidataria e che quest’ultima peraltro, nella fase lavorativa in cui è avvenuto l’incidente, non stava effettuando alcuna lavorazione nel piano dove lo stesso è avvenuto. LA NUOVA FRONTIERA – LO SPOSTAMENTO DELLA GARANZIA Cassazione Penale Sez. IV – 5 luglio 2010 – n.25529 – Morgigni – “Sulla corresponsabilità del coordinatore e dell’impresa affidataria” • I ricorrenti hanno inoltre posto in evidenza che, in base alla legge ciascuna delle imprese esecutrici presenti nel cantiere era responsabile della sicurezza dei propri dipendenti ed era tenuta a redigere un proprio piano operativo di sicurezza (POS) in relazione alle lavorazioni che era chiamata a svolgere, piano del quale la stessa impresa doveva curare unicamente l’esecuzione, ed hanno sostenuto inoltre che non esiste alcun obbligo in capo al datore di lavoro di un’impresa esecutrice, sia essa l’appaltatore principale o meno, di curare l’attuazione del piano di sicurezza e coordinamento generale (PSC) essendo questo un adempimento di competenza del committente o del soggetto da questi nominato quale coordinatore né di curare l’attuazione di un piano operativo che non sia il suo. • Secondo i difensori del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere dell’impresa affidataria, inoltre, i giudici di merito avevano attribuito erroneamente a questa impresa il ruolo sostanziale di “committente” rispetto alle imprese subappaltatrici, in considerazione del fatto che essa era l’impresa principale presente nel cantiere, ed ingiustamente avevano addebitato quindi alla stessa la responsabilità di vigilare sul rispetto del PSC. • I ricorrenti, quindi, non ricoprendo l’impresa affidataria il ruolo di committente, hanno dedotto di non avere l’obbligo di dare attuazione alle prescrizioni del PSC della committenza ma solo a quelle del proprio POS ed hanno concluso che, se era pur vero che quest’ultimo POS prevedeva e disciplinava il pericolo di caduta dall’alto, gli stessi avrebbero dovuto curare il rispetto di tale piano solamente nei luoghi in cui l’impresa affidataria attendeva, con le proprie maestranze, a lavorazioni che avessero comportato tale rischio. • La corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi degli imputati ritenendoli infondati. • Per quanto riguarda il coordinatore per la sicurezza e le sue osservazioni la suprema Corte ha ritenuta corretta la valutazione fatta dalla Corte di Appello in merito al suo comportamento avendolo considerato “colpevole in quanto posto in essere in violazione della specifica posizione di garanzia che gli imponeva di verificare in concreto l’attuazione di quanto previsto nei piani di sicurezza (PSC e POS) e il continuo rispetto delle prescrizioni anche, e può dirsi specialmente, in relazione alla evoluzione dei lavori, essendo assai sovente proprio questo il momento più pericoloso della vita di un cantiere edile, da un lato, per il subentrare di un certo affidamento sulle prassi seguite e, dall’altro, normalmente, per l’ingresso nel cantiere di nuovi soggetti non a conoscenza di tutto quanto già in precedenza fatto fino a quel momento”. • Per quanto riguarda il ricorso del direttore tecnico e del capocantiere dell’impresa affidataria e le osservazioni dagli stessi formulate sugli obblighi “esclusivi” del committente, la Sez. IV ha posto in rilievo che gli stessi imputati “hanno trascurato di considerare che tale regolamentazione non è certamente esaustiva della complessiva disciplina che regola la sicurezza sul lavoro, dal momento che il decreto legislativo in questione si inserisce nel complessivo ambito della disciplina dettata in tale materia, quale normativa speciale dettata per meglio proteggere uno specifico ambiente di lavoro, quello del cantiere temporaneo e mobile appunto, che, a causa delle sue particolari caratteristiche (collegate alla mancanza di un punto di riferimento imprenditoriale stabile dal momento che ogni cantiere costituisce una realtà a sé, con proprie esigenze e affidata a un soggetto che ben può essere ogni volta diverso) e della correlativa particolare pericolosità del lavoro che in esso si svolge, necessita di norme particolari ed apposite che però non escludono certamente, ed anzi presuppongono, essendo di essa integrative, la contemporanea applicazione della normativa generale”. LA NUOVA FRONTIERA – LO SPOSTAMENTO DELLA GARANZIA Cassazione Penale Sez. IV – 5 luglio 2010 – n.25529 – Morgigni – “Sulla corresponsabilità del coordinatore e dell’impresa affidataria” • “Ciò è tanto vero – ha proseguito la suprema Corte – che il Decreto Legislativo n. 494 del 96, articolo 1, comma 2, stabilisce espressamente che, nello specifico settore da esso regolato, quello dei cantieri temporanei e mobili, e fatte salve le specifiche disposizioni da esso dettate, trovano applicazione le disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 626; e l’articolo 8 del medesimo Decreto Legislativo richiama i datori di lavoro presenti nel cantiere all’osservanza delle misure generali di tutela di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 3” ed “impone loro - alla lettera g. - di curare, ciascuno per la parte di competenza, la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi”. • Per quanto sopra detto, quindi, la Sez. IV ha ritenuto essere perfettamente coerenti con l’impianto normativo di cui al d.lgs. n. 494/1996 ed al d.lgs. n. 626/1994 (all’epoca in vigore) le affermazioni contenute nelle sentenze di condanna secondo cui, avendo il cantiere una struttura ed una organizzazione complessa, rientrava nei compiti dell’impresa principale quello di coordinare le imprese appaltatrici e quello di adottare le misure generali di tutela di tutti i lavoratori, anche non suoi dipendenti. • “La responsabilità dell’impresa principale che riveste il ruolo di committente rispetto alle imprese subappaltatrici”, ha sostenuto ancora la suprema Corte, “essendo connessa alla realizzazione dell’opera complessiva, permane ancorché essa non operi più nell’area in cui la situazione di rischio si colloca”. • In sostanza, ha concluso la Sez. IV, quello che i giudici di entrambi i precedenti gradi del procedimento avevano correttamente affermato è che l’impresa affidataria, e per essa il capocantiere ed il direttore tecnico di cantiere in quanto massimo responsabile della sicurezza, “quale principale società appaltatrice dei lavori per la realizzazione del centro commerciale ed appaltante essa stessa di specifiche opere, era tenuta alla vigilanza dell’intero cantiere tanto più che, come ha sottolineato in particolare LA NUOVA FRONTIERA – LO SPOSTAMENTO DELLA GARANZIA Cassazione Penale Sez. IV – 11 aprile 2011 – n.14527 – Brusco – “Sulla responsabilità del rappresentante dell’impresa affidataria” • veniva trattato il caso di un gruista deceduto in quanto rimaneva travolto dal ribaltamento del mezzo con il quale tentava di sollevare una trave del peso di 77,5 tonnellate avendo il braccio di estensione di circa m. 11 con un’inclinazione rispetto all’orizzontale di 41 ed un corrispondente raggio di azione di m. 6,20 ed avendo in realtà, per estensione del braccio, inclinazione rispetto all’orizzontale e raggio d’azione conseguente, in quelle condizioni, la portata utile di sole 20 tonnellate. • Sia in primo che in secondo grado, veniva condannato per omicidio colposo, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, il Direttore di cantiere dell’impresa affidataria. • Questi propone ricorso per cassazione lamentando il difetto di motivazione in ordine alla sua affermata posizione di garanzia per la tutela delle condizioni di lavoro, in quanto detta posizione, in relazione all’operazione che ha causato l’incidente, avrebbe dovuto cercarsi nell’ambito della ditta appaltatrice del servizio di trasporto delle travi. • La Sezione IV, nel rigettare il ricorso ha precisato che “la posizione di garante della sicurezza, che l’ordinamento addossa all’imprenditore, non é operativa nei soli confronti dei lavoratori subordinati o dei soggetti a questi equiparati, ma si estende alle persone estranee all’ambito imprenditoriale che possano, comunque, venire a contatto o trovarsi ad operare nel campo di loro funzionalità”. • “Nel caso in esame – conclude la Corte – come ben messo in evidenza dalla sentenza impugnata, il ruolo assunto dall’imputato, gli avrebbe imposto di verificare il corretto utilizzo del mezzo trasportatore della pesante trave da utilizzare nel LA NUOVA FRONTIERA – LO SPOSTAMENTO DELLA GARANZIA Cassazione Penale Sez. IV – 11 aprile 2011 – n.14527 – Brusco – “Sulla responsabilità del rappresentante dell’impresa affidataria” • caso di un infortunio mortale occorso ad un dipendente “di fatto” (perché “al nero”) di un’impresa esecutrice. • Il titolare di una ditta appaltatrice affidataria per la edificazione di una casa di civile abitazione aveva affidato in subappalto ad altra impresa i lavori per la realizzazione delle opere murarie e dei solai: un dipendente di fatto di quest’ultima infatti si trovava al terzo piano del ponteggio esterno allorché aveva lasciato cadere verso il basso un tubo di ferro di quella struttura; il tubo recava un morsetto, che si era impigliato nel guanto dell’operaio il quale era stato trascinato nella caduta al suolo, avvenuta da una altezza di circa sei metri. • Il Tribunale riteneva il titolare dell’impresa affidataria responsabile perché, parimenti destinatario della normativa antinfortunistica, quale appaltatore con direzione dei lavori anche della ditta subappaltatrice, aveva omesso: di cooperare nell’apprestamento di protezioni individuali anticaduta; di coordinare interventi di protezione e prevenzione; di redigere un POS adeguato alla natura dei rischi presenti in quel cantiere, con riguardo al montaggio e smontaggio dei ponteggi ed alle procedure di sicurezza da osservare. • La Corte di Appello di Trento Confermava la condanna sulla quale veniva proposto ricorso in Cassazione. • La Corte affermava che, in relazione alla doglianza concernente “l’obbligo di garanzia, non ravvisabile, secondo la tesi difensiva, a carico dell’impresa affidataria nei confronti dei dipendenti della ditta subappaltarice, l’assunto del ricorrente risulta infondato alla luce del seguente, condivisibile, principio di diritto enunciato da questa Corte, posto che il titolare dell’affidataria, il quale aveva ricevuto i lavori in appalto, rivestiva a sua volta sostanzialmente, nei confronti della ditta subappaltatrice, il ruolo di appaltante. • “L’imputato era il titolare della ditta che gestiva il cantiere ed aveva assunto la direzione dei lavori anche della ditta subappaltatrice; “egli, quale titolare di autonoma posizione di garanzia - rivestendo, per quanto sopra detto, la veste di datore di lavoro anche verso i dipendenti della ditta subappaltatrice - aveva quindi l’obbligo di vigilare che i lavoratori adottassero in concreto le misure di sicurezza”. • “Né rileva – prosegue la corte – che nella concreta fattispecie possano esservi state anche responsabilità di altri soggetti, in aggiunta alla colpevole condotta omissiva quale contestata allo Z. La prospettazione di una causa di esenzione da colpa che si richiami alla condotta imprudente altrui, non rileva allorché chi la invoca versa in re illicita, per non avere negligentemente impedito l’evento lesivo”. E IL DIRETTORE DEI LAVORI? Cassazione Penale Sez. IV - Sentenza n. 35970 -19 agosto 2014 - Zecca – “Sulle responsabilità del Direttore Lavori” • Il fatto e il ricorso in Cassazione • Il Tribunale ha condannato un architetto libero professionista alla pena di tre mesi di reclusione in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni del titolare di una ditta subappaltatrice infortunatosi in un cantiere edile. All'imputato, unitamente ad altri soggetti, era stata originariamente contestata la violazione colposa delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro poiché, in qualità di delegato dalla società appaltante dei lavori, aveva consentito, o comunque non impedito, che il titolare di una ditta subappaltatrice, impegnato nelle operazioni di getto del calcestruzzo per il completamento di un solaio di copertura in cemento armato prefabbricato, cadesse al suolo, provocandosi gravi lesioni personali, a causa del cedimento del solaio stesso, cedimento dovuto all'inadeguatezza delle opere provvisionali di sostegno collocate in assenza di uno specifico calcolo tale da garantire che le armature supportassero, oltre il peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali nonché le sollecitazioni dinamiche dovute all'esecuzione dei lavori. • La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha successivamente disposto la riduzione della pena inflitta all'imputato, determinandola in quella di un mese e quindici giorni di reclusione (pena convertita in quella pecuniaria d'importo corrispondente), confermando, nel resto, la sentenza impugnata. E IL DIRETTORE DEI LAVORI? Cassazione Penale Sez. IV - Sentenza n. 35970 -19 agosto 2014 - Zecca – “Sulle responsabilità del Direttore Lavori” • Avverso la sentenza d'appello l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione censurando il provvedimento della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo i giudici del merito erroneamente ascritto, in capo all'imputato stesso, una posizione di garanzia in relazione all'infortunio in esame, in assenza di alcun presupposto idoneo a giustificarla, attesa l'originaria limitazione del ruolo che lo stesso ricopriva nell'ambito dell'attività dell'impresa dell’infortunato a una mera collaborazione professionale per la predisposizione dell'istruttoria ai fini della partecipazione alla gara d'appalto pubblico, posizione alla quale non faceva riscontro l'attribuzione di alcuna mansione in materia di conduzione del cantiere o di sicurezza dei lavoratori, non disponendo lo stesso né del tempo necessario né delle specifiche competenze indispensabili a tal fine. • Le decisioni della Corte di Cassazione • Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La suprema Corte ha fatto osservare che la Corte di Appello aveva riconosciuta una specifica posizione di garanzia in capo all’imputato, in relazione all'infortunio oggetto d'esame, muovendo dall'interpretazione del contratto di prestazione d'opera stipulato tra lo stesso e la società appaltante, dalla quale era emerso come allo stesso erano state attribuite la qualifica e le mansioni di direttore tecnico per la direzione tecnica dei lavori pubblici eseguiti ai sensi del D.P.R. n. 34 del 2000. La stessa Corte di Appello aveva dato atto come, con una missiva inviata dalla società committente al Servizio di prevenzione degli infortuni sul lavoro della Asl si precisava come l'architetto, nell'organizzazione della società, rivestisse la funzione di direttore tecnico, come da attestazione SOA, con competenza sui lavori di carattere edilizio per tutti i contratti di lavori pubblici di cui alla stessa attestazione SOA (e quindi ivi compreso il cantiere in argomento) sulla base della specifica professionalità acquisita dallo stesso. • A conferma di quanto sopra detto la Corte distrettuale aveva altresì richiamato le molteplici e convergenti deposizioni testimoniali rese nel corso dell'istruttoria dibattimentale dalle quali era emerso come l’imputato disponesse ed esercitasse effettivamente e concretamente i poteri di gestione e di direzione del cantiere, anche perché spesso presente in loco impegnato ad attendervi, e ciò anche nell'immediatezza dell'infortunio oggetto del giudizio in argomento, prima del quale, pur partecipando all'organizzazione dei lavori, non aveva impartito alcuna direttiva o disposizione ai fini del corretto e sicuro posizionamento dei puntelli di sostegno del solaio successivamente crollato con il titolare della ditta subappaltatrice. • Ciò detto la Sez. IV ha fatto rilevare come la Corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della Corte di legittimità, ai sensi del quale va riconosciuto che “il direttore dei lavori nominato dal committente è responsabile dell'infortunio sul lavoro, quando allo stesso sia affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire ordini alle maestranze; e ciò, sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando, per fatti concludenti, risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro”. • “In tema di prevenzione degli infortuni infatti”, ha così concluso la Corte di Cassazione, “il direttore dei lavori nominato dal committente, mentre svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, risponde invece dell'infortunio subito dal lavoratore là dove sia concretamente accertata, come nel caso di specie, una sua effettiva ingerenza nell'organizzazione del cantiere”. Reato di danno • “quando l'evento giuridico si sostanzia nella effettiva lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice” Reato di pericolo • “nell'ipotesi in cui l'evento giuridico si sostanzi nella vera messa in pericolo del bene o valore tutelato dalla norma penale. In tal caso la tutela offerta dal diritto penale ai beni giuridici è anticipata in quanto viene anticipata la stessa soglia di tutela del bene” L’ATTIVITÀ DI INTERPELLO Articolo 12 - Interpello 1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro. 2. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e da quattro rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione è integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione. 3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Il quesito Con l'Interpello n. 24, la Confcommercio ha chiesto se, in caso di servizio di prevenzione e protezione istituito necessariamente all'interno dell'azienda - nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008 - il Responsabile del servizio debba essere necessariamente un dipendente del datore di lavoro o se possa essere anche un professionista in possesso dei requisiti di legge. Secondo il Ministero La Commissione Interpelli riporta la recente modifica operata dal DL del Fare (Decreto Legge n. 69/2013, convertito in Legge n. 98/2013) che pone in capo al datore di lavoro l'obbligo di organizzare il SPP prioritariamente all'interno. Si è voluto così sottrarre al datore di lavoro la facoltà di optare liberamente fra servizi esterni ed interni, favorendo la scelta di questi ultimi. A norma poi del comma 4 dell'articolo 31 del T.U.S. il "ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32". Si intende in tal modo assicurare una presenza costante e continuativa del servizio prevenzione all'interno dell'azienda. Secondo la Commissione, quindi, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) si considera interno quando - a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega tale soggetto al datore di lavoro, sia incardinato nell'ambito dell'organizzazione aziendale e coordini un servizio di prevenzione e protezione interno, istituito in relazione alle dimensioni ed alle specificità dell'azienda. Il datore di lavoro dovrà rendere compatibili le diverse tipologie dei rapporti di lavoro e la durata della prestazione di lavoro con le esigenze del RSPP, funzionali a portare a termine pienamente i compiti che è chiamato a svolgere. Il RSPP deve necessariamente avere una conoscenza approfondita delle dinamiche organizzative e produttive dell'azienda, conoscenza che solo un soggetto inserito nell'organizzazione aziendale può possedere. La Commissione Interpelli infine, chiarisce che la qualifica di "interno" non può intendersi equivalente alla definizione di "dipendente", ma deve essere sostanzialmente riferito ad un lavoratore che assicuri una presenza adeguata per lo svolgimento della propria attività. INTERPELLO 24/2014 CONFCOMMERCIO "Interpretazione dell'articolo 31, commi 6 e 7, del D.Lgs. n. 81/2008". RSPP interno o esterno È l’ ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ad avere inoltrato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione in merito all'individuazione di alcune voci di costo per la sicurezza di cui all'allegato XV del D.Lgs. n. 81/2008. In particolare chiede di sapere se, con riferimento alla lettera a) del punto 4.1.1 dell'allegato XV, relativa agli apprestamenti, di cui fanno parte i “baraccamenti”, tra le voci di costo per la sicurezza, oggetto di stima da parte del coordinatore per la progettazione, debbano essere ricomprese, oltre alle spese di installazione iniziale dei baraccamenti (fornitura, trasporto, realizzazione piano di appoggio, realizzazione sottoservizi per allacciamento, montaggio e smontaggio) anche quelle relative a riscaldamento/condizionamento, pulizia e manutenzione. La Commissione fornisce le seguenti premesse. Preliminarmente si rileva “che l'allegato XV del D.Lgs. n. 81/2008, al punto 4.1.1, lett. a) prevede che "nei costi della sicurezza vanno stimati, per tutta la durata delle lavorazioni previste nel cantiere, i costi degli apprestamenti previsti nel piano di sicurezza e coordinamento (PSC)". Inoltre, il punto 1 dell'allegato XV.1 del decreto citato, richiama tra gli apprestamenti i “[...] gabinetti; locali per lavarsi; spogliatoi; refettori; locali di ricovero e di riposo; dormitori [...]”. Tali apprestamenti vengono di norma realizzati mediante utilizzo di monoblocchi prefabbricati, comunemente denominati "baraccamenti". Premesso ciò e tenuto conto del punto 4.1.3 dell'allegato XV, che stabilisce che “le singole voci dei costi della sicurezza vanno calcolate considerando il loro costo di utilizzo per il cantiere interessato che comprende, quando applicabile, la posa in opera ed il successivo smontaggio, l'eventuale manutenzione e l'ammortamento”, la Commissione ne deduce che “le spese di manutenzione dei suddetti ‘baraccamenti’ vanno ricomprese tra i costi della sicurezza di cui sopra”. E – conclude la Commissione - anche “le spese di riscaldamento/condizionamento nonché di pulizia, risultando necessarie per il corretto utilizzo degli stessi baraccamenti, dovranno essere ricomprese tra i suddetti costi della sicurezza”. INTERPELLO 25/2014 ANCE Costi di manutenzione degli apprestamenti Il quesito Con l'Interpello n. 18, l’Unione Sindacale di Base dei Vigili del Fuoco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione dell’art. 41, del d.lgs. n. 81/2008, e, nello specifico, se nell’effettuazione delle visite periodiche per il rinnovo dell’idoneita' psicofisica all’impiego la visita va svolta in orario di lavoro o se il datore di lavoro ha facolta' di inviare il lavoratore a visita anche quando esso sia fuori dal normale orario di servizio. Inoltre, se il tempo impiegato dal lavoratore per effettuare detta visita qualora si svolga al di fuori dell’orario di servizio deve o meno essere retribuito come ore di lavoro. Secondo il Ministero La Commissione Interpelli ha chiarito che le visite mediche (essendo funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa) vanno eseguite durante l'attività di lavoro, altrimenti il datore di lavoro deve giustificare con ragioni produttive l'organizzazione dei controlli sanitari all'infuori del normale orario di lavoro. In quest'ultimo caso i lavoratori vanno comunque considerati in servizio per tutto il tempo di svolgimento dei controlli medici, con diritto quindi a retribuzione e ogni altra competenza collegata. INTERPELLO 18/2014 USB VIGILI DEL FUOCO Visite mediche fuori dall’orario di lavoro Il quesito istanza di interpello presentata dalla Federazione Italiana Cronometristi.Tale Federazione ha chiesto il parere della Commissione in merito all'obbligatorietà della redazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 17 (Obblighi del datore di lavoro non delegabili), comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008 da parte delle "associazioni periferiche affiliate a questa Federazione, non avente personale dipendente ma che si avvalgono dell'ausilio di volontari nei confronti dei quali può essere disposto un rimborso spese di importo annuo comunque di gran lunga inferiore a e 7.500,00". Secondo il Ministero La Commissione ritiene che “il regime applicabile, per i soggetti che prestano la propria attività volontariamente e a titolo gratuito (o con mero rimborso spese) per le associazioni sportive dilettantistiche, di cui alla Legge n. 398/1991 e all'art. 90 della Legge n. 289/2002, sia quello previsto per i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile, per i quali l'art. 3, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone l'applicazione dell'art. 21”. Tuttavia la Commissione evidenzia che, l'art. 3 comma 12-bis del D.Lgs. 81/2008 prevede anche che qualora i soggetti di cui sopra svolgano la loro "prestazione nell'ambito di un'organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività. Egli é altresì tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione". E restano fermi i principi generali di diritto che “impongono al responsabile dell'impianto o dell'associazione sportiva dilettantistica che di esso abbia la disponibilità - da individuare secondo la normativa di settore che regola la materia - di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell'ambito delle attività di riferimento dell' associazione sportiva dilettantistica e che, pertanto, ne sanciscono la responsabilità secondo i principi comuni civili e penali nel caso di danni causati a terzi da cose in disponibilità”. INTERPELLO 8/2014 FIC Obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi per i volontario Il quesito istanza inviata dal Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori ( CNAPPC) in merito ai corsi di aggiornamento previsti per i coordinatori. Con istanza di interpello il CNAPPC chiedeva il parere della Commissione in merito ai seguenti quesiti: “il mancato rispetto dell'obbligo di aggiornamento professionale, da parte dei coordinatori, comporti di dover sostenere nuovamente il corso di 40 ore di aggiornamento o, diversamente, obblighi a dover nuovamente frequentare il corso di formazione della durata di 120 ore; un numero di ore di aggiornamento superiore a 40 ore possa valere per le annualità successive”. Secondo il Ministero La Commissione ritiene che “quanto disciplinato per la figura del RSPP e dell'ASPP trovi applicazione anche nel caso dei coordinatori i quali devono provvedere all'aggiornamento secondo quanto previsto dall'Allegato XIV del D.Lgs. n. 81/2008”. E dunque “coloro che non abbiano effettuato l'aggiornamento entro il termine previsto, non potranno esercitare l'attività di coordinatore, ai sensi dell'art. 98 del decreto in parola, fin quando non avrà completato l'aggiornamento stesso per il monte ore mancante”. E riguardo al secondo quesito la Commissione ritiene che “la partecipazione del coordinatore ai corsi di aggiornamento per un numero di ore superiore a 40 non costituisca credito formativo per gli anni successivi; ciò in quanto l'allegato XIV individua, unicamente, i contenuti minimi di tale percorso”. INTERPELLO 17/2013 CNAPPC Aggiornamento Coordinatori Il quesito La Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa ha inoltrato istanza di interpello per conoscere infatti il parere della Commissione Interpelli “in merito alla applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 alla impresa familiare di fatto - ai sensi dell’articolo 230 bis del Codice Civile - che opera con collaboratori senza essersi costituita con atto espresso: atto notarile dichiarativo”. Secondo il Ministero Per rispondere la Commissione riporta alcune indicazioni tratte da una fonte di “rango primario”, il Codice Civile, e dalla normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro. Si premette che l' art. 230 bis del Codice Civile prevede che " salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell' impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. [...]”. Dunque – continua la Commissione - il legislatore ha voluto introdurre una figura di impresa familiare fondata sulla “solidarietà familiare” e non su un rapporto contrattuale. Premesso ciò la Commissione fornisce infine le seguenti indicazioni. Si ritiene che “ sia possibile costituire, ai sensi dell'art. 230 bis del codice civile, un'impresa familiare senza la necessità di uno specifico atto notarile”. Si sottolinea poi che ai fini dell'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, alle imprese familiari si applica l' art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni. Articolo 21 - Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile e ai lavoratori autonomi INTERPELLO 9/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alla impresa familiare di fatto Articolo 21 - Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile e ai lavoratori autonomi 1. I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono: a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III; b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al Titolo III; c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto. 2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di: a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali; b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali. INTERPELLO 9/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alla impresa familiare di fatto Il quesito Il quesito inviato dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa ( CNA) alla Commissione per gli interpelli (art. 12, comma 2, DLgs. 81/2008) era relativo alla possibilità di “escludere dal campo di applicazione del Titolo IV del D.Lgs. 81/2008 ed in particolare dall'art. 89, comma 1, lett. a) (definizione di cantiere) un luogo di lavoro dove è effettuato il montaggio di scaffalature all’interno di locali, sia di tipologia da ‘hobbistica’ che ‘industriale’, che non rientrino nella tipologia di magazzini industriali autoportanti dove invece è possibile assimilare l'impianto a opere fisse in metallo come riportato dall'allegato X D.Lgs. 81/2008”. In particolare il chiarimento era richiesto per i locali in cui: - non sono presenti all'interno altre lavorazioni edili o impiantistiche; - non sono aperte pratiche edilizie con il Comune competente per territorio. INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Risposta La risposta della Commissione per gli interpelli, arrivata con l’interpello n. 16/2013 del 19 dicembre 2013, specifica che l'attività di montaggio e smontaggio di scaffalature metalliche può determinare l’applicazione del Titolo IV in base alla valutazione della situazione di fatto, in relazione alla tipologia di scaffalature ed al contesto nel quale devono essere montate. Vediamo più nel dettaglio il contenuto dell’interpello. Per rispondere al quesito la Commissione indica preliminarmente che le scaffalature metalliche si possono suddividere in una “moltitudine di tipologie significativamente differenti”, tipologie classificate in maniera organica nella pubblicazione ‘Guida alla sicurezza delle scaffalature e dei soppalchi’ edita dall'Associazione fra i Costruttori in Acciaio Italiani (ACAI). Ad esempio si possono avere: - “scaffalature leggere ( scaffalature da negozio o commerciali, scaffalature da archivio, scaffalature da magazzino); - scaffalature medie e pesanti (cantilever, drive in, drive trough, portapallet); - scaffalature molto pesanti (magazzini portacoils, portalamiere con portata per piano - ogni livello di ciascuna luce - da 5t a 20t); - magazzini dinamici a gravità (magazzini dinamici pesanti con rulli in acciaio per pallet, magazzini dinamici leggeri con rulli in materiale plastico per scatole, contenitori ecc.); - magazzini ed archivi automatizzati (magazzini per capi appesi o stesi, magazzini o archivi rotanti verticali, magazzini o archivi rotanti orizzontali, magazzini traslanti verticali, magazzini con trasloelevatore); - archivi e magazzini mobili o compattabili (compattabili leggeri, compattabili pesanti); - scaffalature autoportanti (veri e proprio edifici che sorreggono il tetto di copertura dell'edificio); - scaffalature leggere con passerelle multipiano (dotate di passerelle utilizzate per il passaggio di lavoratori)”. INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Risposta In relazione a queste differenze la Commissione fornisce le seguenti indicazioni. In via preliminare “si rileva che qualora l'attività di montaggio e smontaggio di una scaffalatura metallica avvenga nell'ambito di un cantiere temporaneo o mobile - come definito dall'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008 - l'operazione costituisce una parte, se pur piccola, dell'intera opera da realizzare. Ne consegue l'applicazione di quanto previsto dal Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008”. Con riferimento alla definizione di “cantiere temporaneo o mobile” (art. 89, D.Lgs. 81/2008), l'applicazione del Titolo IV è subordinata alla necessità che “i lavori di riferimento siano finalizzati alla realizzazione di opere fisse, permanenti o temporanee (allegato X, punto 1) oppure al montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile (allegato X, punto 2), introducendo - per quanto interessa in questa sede —importanti elementi interpretativi, da verificare nei casi concreti”. INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Risposta Sulla base di tale disposto normativo e tenuto conto della diversità delle caratteristiche delle “scaffalature metalliche”, è opinione della Commissione che “l'applicabilità del Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008 al montaggio/smontaggio delle scaffalature metalliche, debba essere dedotta tenendo conto dell'applicazione congiunta dei seguenti elementi: a) contesto nel quale la scaffalatura deve essere montata”: occorre valutare “la necessità che il montaggio/smontaggio della scaffalatura metallica richieda l'installazione di un cantiere. Al riguardo costituiscono parametro di riferimento gli elementi indicati nell'allegato XV, punto 2.2.2., del D.Lgs. n. 81/2008”; b) tipologia della scaffalatura: occorrerà “avere riguardo alla circostanza che la scaffalatura sia riconducibile a lavori di costruzione ... di opere ,fisse, permanenti o temporanee, ... in metallo e non consista nel mero assemblaggio di una attrezzatura ovvero di elementi di arredo. Questa valutazione non può prescindere dall'analisi dello specifico progetto di ciascuna scaffalatura”. L’interpello fornisce alcuni criteri che possono indirizzare le scelte operate dai committenti: - le scaffalature leggere “sono da considerare in generale degli elementi di arredo, e pertanto da escludere dal campo di applicazione del Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008 in quanto il loro montaggio/smontaggio è palesemente non rientrante nella definizione di cantiere temporaneo o mobile”; - il montaggio/smontaggio delle scaffalature medie e pesanti e delle scaffalature molto pesanti “potrebbe rientrare nella definizione di cantiere temporaneo o mobile contenuta nell'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008, in quanto si tratta di costruzioni ottenute per assemblaggio di elementi metallici prefabbricati”; INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Risposta - i magazzini dinamici a gravità sono “assimilabili a macchine funzionanti grazie alla forza di gravità, o addirittura sono delle macchine se alimentati a motore. Pertanto, per loro stessa natura, il loro montaggio/smontaggio non rientra nella definizione di cantiere temporaneo o mobile contenuta nell'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008”; - i magazzini ed archivi automatizzati sono generalmente “costruzioni complesse, spesso dotate di macchine di vario genere (ad esempio trasloelevatori), le cui caratteristiche sembrano avvicinarne fortemente il montaggio ai lavori di costruzione ... di opere fisse, permanenti o temporanee, ... in metallo di cui all'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008. L'articolazione dei lavori di montaggio/smontaggio potrebbe perciò rientrare nella definizione di cantiere temporaneo o mobile, contenuta nell'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008, in quanto si tratta di costruzioni ottenute per assemblaggio di elementi metallici prefabbricati”; - gli archivi e magazzini mobili o compattabili, caratterizzati da funzionalità e costruttività proprie dell'ingegneria meccanica, presentano modalità di montaggio/smontaggio che per loro stessa natura non rientrano nei lavori edili o di ingegneria civile di cui all'Allegato X al D.Lgs. n. 81/2008. Pertanto in questo caso il relativo montaggio/smontaggio non rientra nel campo di applicazione del Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008; - le scaffalature autoportanti e le scaffalature leggere con passerelle multipiano, “edifici in tutto e per tutto, rientrano pacificamente nel campo di applicazione del Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008”. INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Risposta Dunque, in definitiva. “il montaggio e smontaggio delle scaffalature determinerà l'applicazione del Titolo IV in base alla valutazione della situazione di fatto, effettuata tenendo conto dei criteri a) e b) sopra individuati”. E per quanto sopra detto, “si ritiene che le scaffalature metalliche non siano attrezzature di lavoro, come definite dall'art. 69, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008, salvo i casi in cui le stesse rientrino nella definizione di macchine ai sensi del D.Lgs. n. 17/2010”. INTERPELLO 16/2013 CNA L’applicazione del DLgs 81/08 alle scaffalature metalliche Il quesito Come interpretare correttamente l'art. 100 (Piano di sicurezza e di coordinamento), comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni? Tale comma prevede che le disposizioni sul Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), ove previsto, non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata é necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione. A sollevare un quesito sull’interpretazione del suddetto sesto comma dell’articolo 100 è la Federutility (Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche) Infatti la Federutility ha evidenziato che: - “le aziende multiutility (aziende di servizi pubblici locali che operano nei settori dell'energia elettrica, del gas, dell'acqua e dei servizi funerari) che si occupano della erogazione di servizi ‘a rete’ sul territorio, provvedono anche al pronto intervento per garantire la continuità nell'erogazione dei servizi e per garantire la sicurezza delle persone; - in territori anche ampi (si pensi ad una Provincia) é possibile che simili interventi siano anche migliaia in un anno; - i lavori di pronto intervento sono caratterizzati da una grande ripetitività consistendo spesso in attività di poche ore e di limitata entità (anche in termini di uomini-giorno); - a titolo esemplificativo, i lavori di pronto intervento sono relativi ai seguenti servizi: acqua potabile; acque reflue; gas (metano e GPL); teleriscaldamento; energia elettrica; telecomunicazioni; reti informatiche; - i suddetti lavori di pronto intervento tesi a garantire la continuità dei servizi essenziali per la popolazione si compongono di attività sequenziali quali: ricerca ed individuazione del guasto; apertura e/o sezionamento tratto guasto; alimentazione di emergenza; accesso e scavo; riparazione e sostituzione del tratto di rete; ripristino normale configurazione di rete; ripristino e collaudo di reti di comunicazione; - in relazione a tali lavori le aziende multiutility sono solite predisporre singole procedure operative per ogni tipologia di lavori, che comprendono la redazione di PSC per ogni singola tipologia di attività, e applicano tutte le disposizioni di cui al Titolo IV del d.lgs. n. 81/2008 (quali, ad esempio, quelle relative alla notifica preliminare di cui all'articolo 99 del d.lgs. n. 81/2008, e alla verifica della redazione del Piano Operativo di Sicurezza, di seguito POS, di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 81/2008, da parte dei datori di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici)”. Federutility evidenzia inoltre che la formulazione dell’articolo 100 - risultante dalla modifica introdotta dal D.lgs. 106/2009 – risponde a quanto indicato in sede di Relazione illustrativa del decreto c.d. "correttivo" (D.lgs. 106/2009): "L 'articolo 100 viene modificato in modo che non sia necessaria la redazione del piano di sicurezza e coordinamento (P.S.C.) quando sia necessario garantire la continuità nella fruizione di servizi essenziali per la popolazione". INTERPELLO 3/2013 FEDERUTILITY Applicazione art.100 comma 6 Risposta Nella risposta la Commissione “ritiene opportuno rimarcare come la previsione del comma 6 dell'articolo 100 del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni si riferisca anche ad ipotesi nelle quali è necessario contemperare tra loro esigenze di livello costituzionale, quali la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e l'erogazione (o la continuità nella erogazione) di servizi pubblici essenziali per la popolazione. In simili situazioni, il Legislatore ha ritenuto opportuno favorire la rapidità nello svolgimento dei lavori prevedendo che i medesimi lavori si possano svolgere anche senza la redazione di un PSC. Ciò, beninteso, ferma restando la necessità di applicare, senza altre eccezioni, ogni altra disposizione del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni (e, in particolare, del Titolo IV, che regolamenta i lavori nei "cantieri temporanei e mobili" del medesimo decreto legislativo)”. Con riferimento dunque a tale regolamentazione legislativa, la Commissione ritiene in conclusione che i “lavori necessari a garantire la continuità nell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione (quali, ed esempio, quelli relativi alla erogazione di acqua, energia elettrica, gas o alla funzionalità delle reti informatiche) possano essere effettuati senza necessità di redazione del PSC a condizione che essi siano lavori necessari a fronteggiare una emergenza nella erogazione o comunque garantire la continuità della erogazione dei servizi essenziali per la popolazione, la cui interruzione determina in ogni caso l' insorgere di un'emergenza”. In questo senso – continua la Commissione – l’art. 100, comma 6 del D.Lgs. n. 81/2008 “prevede che il PSC possa non essere redatto per quei lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti”. INTERPELLO 3/2013 FEDERUTILITY Applicazione art.100 comma 6 L’articolo 98 del D.Lgs. 81/2008 annovera tra i requisiti professionali richiesti al coordinatore della sicurezza l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno 3 anni. Allo scopo di chiarire la natura di tali mansioni, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha stilato un elenco di attività e lo ha sottoposto alla Commissione che ha ritenuto tale elenco conforme alla norma. Riportiamo di seguito l’elenco delle attività proposte dal CNI e approvate dalla Commissione per gli Interpelli: attività di direttore di cantiere; attività di capo cantiere; attività di capo squadra; attività di direttore dei lavori; attività di direttore operativo di cantiere; attività di assistente ai soggetti di cui ai punti precedenti con mansioni che comportino precipuamente la frequentazione del cantiere; attività di responsabile d’azienda per la sicurezza in lavorazioni di cantiere anche specifiche; attività di responsabile dei lavori; attività di datore di lavoro di impresa operante nel settore delle costruzioni; attività di progettazione nel settore delle costruzioni, in aggiunta ad altre attività di cui ai punti precedenti. INTERPELLO 2/2013 CNI Requisiti coordinatori per la sicurezza Il quesito l' Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere aveva trasmesso istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione in particolare sulla corretta individuazione dei cantieri per i quali si applica l'art. 90, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008. Secondo il Ministero A questo riguardo la Commissione Interpelli, ribadendo quanto già contenuto nella normativa, fa alcune premesse: - l'articolo 90, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008 sancisce l'obbligo, per il committente o per il responsabile dei lavori, di designare, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, il coordinatore per la progettazione nei cantieri in cui sia prevista la presenza di più imprese esecutrici anche non contemporanea; - l'articolo 90, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che “nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori [...]". Ciò premesso la Commissione fornisce le seguenti indicazioni. Riguardo alla nomina del coordinatore per la progettazione si sottolinea quanto contenuto nell’articolo 90, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008, che come abbiano visto stabilisce che la designazione di tale coordinatore "non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000 (...)”. Pertanto il committente o il responsabile dei lavori “non é obbligato a nominare il coordinatore per la progettazione, nei lavori privati, se sono soddisfatti entrambi i seguenti requisiti: - l'opera che si sta realizzando non necessita di permesso di costruire; - l'importo dei lavori è inferiore a 100.000 euro. E nel caso di lavori soggetti all'obbligo del permesso di costruire “il committente è sempre tenuto, ove sia prevista la presenza di più imprese esecutrici anche non contemporanea, a nominare il coordinatore in fase di progettazione, qualunque sia l'entità dell'opera”. Riguardo infine all’ultima frase dell’articolo 90 (“In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori”) la Commissione sottolinea infine quanto già riportato nella Circolare n. 30 del 29/10/2009 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “con la quale si sottolineava che, anche se nei casi previsti dall'articolo 90, comma 11, il committente o il responsabile dei lavori non é tenuto a nominare il coordinatore per la progettazione, dovendo il coordinatore per l'esecuzione svolgere, senza eccezioni o limitazioni, tutte le funzioni previste dall'art. 91 del D.Lgs. n. 81/2008, questi deve ‘essere nominato contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, in modo da consentire la piena realizzazione di tutti i compiti connessi al ruolo di coordinatore per la progettazione’. INTERPELLO 2/2014 ANIEM Art.90 comma 11 Il quesito l’istanza era proposta dall’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro, i quali richiedevano l’intervento della Commissione, di cui sopra, per conoscere “se per le imprese con più di 15 lavoratori sia consentita l’elezione o la designazione del Rappresentante die Lavoratori per la Sicurezza esclusivamente tra i componenti delle Rappresentanze Sindacali Aziendali, o se diversamente l’elezione possa riguardare anche altri lavoratori non facenti parte delle Rappresentanze Sindacali Aziendali (ferma restando la designazione in caso di mancato esercizio del diritto di voto”. La richiesta di chiarimento era rivolta, quantomeno, a conoscere se la nomina dell’RLS, per le imprese con più di 15 lavoratori, dovesse essere esclusivamente effettuata tra le Rappresentanze Sindacali Aziendali o diversamente fosse comunque legittima la nomina di altri lavoratori non facenti parte delle RSA Secondo il Ministero Nel merito la Commissione per gli Interpelli, ha ricordato in via principale come il disposto normativo (art. 47, comma 4, del d.lgs. n. 81/2008) indica che l’individuazione dell’RLS, per le aziende o unità produttive con più di quindici lavoratori, va effettuata all’interno delle Rappresentanze Sindacali Aziendali. Pertanto al quesito proposto dall’Ordine Nazionale dei Consulenti del lavoro l’indicazione derivante dalla pronuncia del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali prevede che la nomina di un RLS nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori potrà contemplare l’individuazione di un soggetto non appartenente alle Rappresentanze Sindacali Aziendali “esclusivamente laddove non sia presente una rappresentanza sindacale a norma dell’art. 19 della Legge 300/70”. Conseguentemente, a seguito dell’Interpello 20/2014, la nomina dell’RLS nella aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori seguirà due strade differenti a seconda che siano presenti o meno Rappresentanti Sindacali Aziendali. In caso affermativo, inevitabilmente l’RLS dovrà essere eletto tra i lavoratori appartenenti alle RSA, diversamente sarà considerato atto legittimo la nomina di altro lavoratore vista l’effettiva assenza di rappresentanti sindacali. INTERPELLO 20/2014 CONSULENTI DEL LAVORO RLS Il quesito ' Associazione Bancaria Italiana e le Segreterie Nazionali dei Sindacati firmatari del contratto collettivo del credito (Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca/Uil, Sinfub, Ugl/Credito) hanno avanzato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione in merito alla “possibilità di prevedere nell'ambito del nuovo Accordo sindacale di settore in tema di Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS): 1. l'istituzione di RLS anche a livello dell'insieme di aziende facenti riferimento ad un gruppo e non esclusivamente alla singola azienda; 2. che i rappresentanti cosi istituiti siano legittimati ad esercitare tutte le prerogative e le attribuzioni che il D.Lgs. n. 81 del 2008 s.m.i. riconosce agli RLS nell'ambito delle imprese del Gruppo bancario individuato, quindi anche per quelle aziende che, all'interno del Gruppo medesimo, soprattutto a causa delle ridotte dimensioni, potrebbero rimanere prive di una propria specifica rappresentanza”. Secondo il Ministero er fornire il suo parere, la Commissione osserva innanzitutto come la questione debba essere “esaminata alla luce delle norme di legge che regolano le modalità di istituzione del RLS e di funzionamento delle relative prerogative. Tale normativa, in attuazione del criterio fissato nella legge delega (art. 1, lett. g), Legge n. 123 del 2007), è volta ad assicurare la presenza del RLS in ogni luogo di lavoro in base a principi inderogabili di legge e per mezzo di un ampio rinvio alla regolamentazione contrattuale quanto alle modalità di elezione o designazione del RLS e alle prerogative del medesimo”. A tale riguardo, come per l’Interpello 16/2014, viene richiamato l'art. 47, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 ai sensi del quale "il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza é istituito a livello territoriale o di comparta, aziendale e di sito produttivo". E il comma 5 dell'art. 47 affida inoltre alla "contrattazione collettiva" il compito di determinare il numero, le modalità di designazione o di elezione dei RLS. Ora nella istanza di interpello è “evidenziata la volontà delle Parti sindacali firmatarie del contratto collettivo del credito di definire la figura del RLS operante non solo nella singola azienda di credito ma nel diverso contesto del gruppo bancario, al fine di consentire che in tutte le aziende del gruppo sia presente la figura del rappresentante dei lavoratori per la salute e sicurezza sul lavoro. In tal modo si assicurerebbe, in tutte le aziende che fanno parte di gruppi bancari, una ‘copertura totale’ anche a favore di quelle aziende che, all'interno del gruppo medesimo, per ragioni spesso legate alle ridotte dimensioni, potrebbero rimanere prive di una propria specifica rappresentanza. L'obiettivo di tale individuazione contrattuale sarebbe, quindi, di garantire la rappresentanza in materia di salute e sicurezza nell'ambito delle più complesse e articolate realtà interaziendali di gruppo”. Il parere della Commissione Interpelli è che “la scelta di individuare, nel nuovo Accordo sindacale del settore del credito, la figura del RLS di gruppo, come figura che assolve le funzioni del RLS per tutte le aziende che fanno parte del gruppo medesimo, sia riservata alle parti che stipulano il contratto collettivo di lavoro e corrisponda alle facoltà attribuite dal D.Lgs. n. 81/2008 alle parti medesime per quanto concerne la regolamentazione — in via pattizia — delle prerogative dei RLS. Essa appare, quindi, compatibile con il vigente quadro normativo di riferimento”. La Commissione sottolinea altresì che “l'esercizio di tale facoltà è pur sempre condizionato all'integrale rispetto delle disposizioni inderogabili (nel senso che rispetto ad esse non é possibile che le disposizioni contrattuali operino in funzione modificativa) del D.Lgs. n. 81/2008 in materia. In particolare, l'opzione per il RLS di gruppo va necessariamente attuata facendo comunque salvo il numero minimo di RLS stabiliti dall'art. 47, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2008 applicando i criteri ivi previsti a ciascuna delle aziende che compongono il gruppo e senza che sia possibile limitare in via contrattuale le attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, quali descritte all'art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008”. INTERPELLO 17/2014 ABI RLS Quesito posto da Federcoordinatori sulla quantità di ore di aggiornamento svolte da molti coordinatori. Coordinatori che - seguendo quanto indicato anche nel programma di alcuni corsi di aggiornamento (“obbligatoria la frequenza ad almeno il 90% delle ore previste”) – potrebbero non aver partecipato a tutte le 40 ore richieste dal D.Lgs. 81/2008. E come già ricordato nell’ Interpello n. 17/2013 del 19 dicembre 2013 “coloro che non abbiano effettuato l'aggiornamento entro il termine previsto, non potranno esercitare l' attività di coordinatore, ai sensi dell'art. 98 del decreto in parola, fin quando non avranno completato l'aggiornamento stesso per il monte ore mancante”. Dunque non fare un aggiornamento con 40 ore effettive di presenza ai corsi potrebbe portare “ad un titolo sospeso”. In questi casi il coordinatore non può “coordinare alcun cantiere, ma non solo, anche la sua copertura assicurativa rischia di essere priva d’efficacia”. Senza dimenticare le conseguenze sui cantieri in cui sta operando: fermo lavori, sanzioni, ... Nell’istanza di interpello Federcoordinatori sottolinea che “diverse organizzazioni, stanno proponendo ‘corsi’ di aggiornamento per Coordinatori per la Sicurezza della durata complessiva di 40 ore riportando come indicazione esplicita che la frequenza é obbligatoria nella misura del 90% del monte ore totali rilasciando comunque attestato finale di partecipazione alle 40 ore invece che alle effettive 36 ore eventualmente frequentate”. E, considerato che l'All. XIV del D.Lgs. 81/2008 indica che per il corso abilitativo a Coordinatore della durata di 120 ore é richiesta la presenza nella misura del 90%, chiede alla Commissione se sia “corretto equiparare tale indicazione anche ai ‘corsi’ di aggiornamento di 40 ore che vengono proposti”. A questo proposito si rileva che la questione relativa gli obblighi di aggiornamento dei coordinatori della sicurezza è disciplinata dall'art. 98 del D.Lgs. n. 81/2008 e nel dettaglio dall'allegato XIV dello stesso decreto: l'aggiornamento deve avvenire a cadenza quinquennale e avere una durata complessiva di 40 ore, da effettuare nell'arco del quinquennio. Inoltre la Commissione in risposta al quesito segnala che: - “occorre innanzitutto rilevare la differenza, posta dal comma 2 dell'art. 98 del decreto in parola, fra il corso di formazione per coordinatore e il corso di aggiornamento. Il primo è, difatti, una condizione per il conseguimento della qualifica di coordinatore per la sicurezza, il secondo, invece, é una condizione per il mantenimento della stessa”; - l'allegato XIV prevede espressamente che la presenza ai corsi di formazione deve essere garantita almeno nella misura del 90% (...). É inoltre previsto l'obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore, da effettuare anche per mezzo di diversi moduli nell 'arco del quinquennio”. Tutto ciò premesso il quadro normativo “delinea inequivocabilmente l'obbligo di frequenza almeno nella misura del 90% dei corsi di formazione, mentre per i corsi di aggiornamento, anche in considerazione del fatto che tale aggiornamento può essere distribuito nell'arco del quinquennio, la frequenza deve necessariamente essere pari al 100% delle ore minime previste. Per questo motivo, coloro che abbiano effettuato l'aggiornamento di durata inferiore a quella prevista, non potranno esercitare l'attività di coordinatore, ai sensi dell'art. 98 del decreto in parola, fin quando non avranno completato l'aggiornamento stesso per il monte ore mancante”. INTERPELLO 19/2014 FEDERCOORDINATORI AGGIORNAMENTO COORDINATORI