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Economia Applicata
Lezione 6
Prof. Giorgia Giovannetti
[email protected]
Giorgia Giovannetti
1
Riassunto: equilibrio di mercato
D0
P0
E0
S
Q0
• Equilibrio: combinazione di un p
e di una Q tale che D=S a quel
prezzo. Nell’equilibrio le scelte
di consumatori e produttori
S
sono coerenti e non c’è
incentivo per consumatori e
imprese a modificare le proprie
azioni correnti.
• Se il P fosse inferiore a Po più
acquirenti vorrebbero comprare il
bene x (es. bici) di quanto i
produttori siano disposti a
venderne, eccesso D.
D0
• Se il prezzo fosse superiore a P0 vi
sarebbe un eccesso di offerta, i
Quantità produttori offrono di più di ciò che i
consumatori domandano
Forme di mercato
• Cosa determina il livello del profitto di
un’impresa? Questo sarà alto oppure basso?
Quali sono gli effetti delle decisioni delle imprese
sul benessere del consumatore? Per dare una
risposta a queste domande occorre analizzare la
forma di mercato in cui l’impresa si trova ad
operare.
• Quattro differenti situazioni: i) concorrenza
perfetta; concorrenza monopolistica; iii)
oligopolio; iv) monopolio
Riassunto: Forme di
mercato
Le caratteristiche che differenziano i diversi
tipi di mercato sono:
i) il grado di libertà con cui le imprese possono
entrare nel mercato
ii) la natura del prodotto, ovvero se si tratta di un
prodotto omogeneo oppure differenziato
iii) il grado di controllo sul prezzo da parte delle
imprese
Riassunto: la concorrenza
• La teoria della concorrenza perfetta illustra un caso
estremo di forma di mercato. In essa le imprese sono
sottoposte alle forze del mercato e non hanno alcun
potere di influenza sul prezzo del prodotto.
Le caratteristiche del mercato:
• molti acquirenti e venditori
– nessuna azione di un singolo ha effetto sul prezzo di
mercato
• le imprese sono “price taker” (prezzo dato)
– la domanda del prodotto dell’impresa è perfettamente
orizzontale
• il prodotto è omogeneo
• vi è perfetta informazione
• non vi sono barriere all’entrata e all’uscita
Riassunto: i fattori di produzione
È possibile distinguere tra:
 Fattori di produzione fissi
input la cui quantità non può essere variata nel periodo di tempo
considerato
 Fattori di produzione variabili
input la cui quantità può essere variata nel periodo di tempo
considerato
6
Riassunto: la distinzione tra breve e lungo
periodo
 Breve periodo
è un lasso di tempo sufficientemente breve in cui almeno un fattore
di produzione è fisso
 Lungo periodo
è un lasso di tempo sufficientemente lungo perché tutti gli input
possano essere variati  tutti i fattori di produzione sono variabili
7
Riassunto: la funzione di produzione
È la relazione tecnica che lega le quantità di input utilizzate alla
quantità massima di output ottenibile
q = q(x1, x2, …, xn)
q è la quantità di output
xi sono le quantità di input utilizzate
8
Funzione di produzione con un solo input
variabile
Consideriamo il caso in cui un solo input (il
lavoro L) sia variabile
q = q(L)
Illustriamo i concetti di
 Produttività media
 Produttività marginale
9
Produttività media
È data dal rapporto tra il livello di output e
la quantità di input utilizzata per ottenerlo
PMEL = q(L)/L
10
Produttività marginale
Rappresenta la variazione di output
dovuta a un incremento unitario dell’input
PMGL = q(L)/L
11
Legge della produttività marginale
decrescente
Quando quantità crescenti di un fattore
variabile sono combinate a quantità date di un
fattore fisso, a un certo punto ogni unità
addizionale del fattore variabile produrrà un
minore output addizionale dell’unità precedente
12
Relazione tra produzione totale e
produttività media e marginale
 PMGL
q
C
è crescente fin quando la
produzione totale aumenta in modo
più che proporzionale all’aumento
dell’input variabile (punto A). Poi
comincia a diminuire fino a diventare
negativa (punto C)
 PMEL
è dapprima crescente fino a
intersecare la curva della produttività
marginale (punto B) e poi è
decrescente
B
A
L
PMEL
PMGL
PMG
L
PME
L
L
13
La funzione di produzione nel lungo
periodo
Nel lungo periodo tutti gli input (nel nostro caso L
e K) sono variabili
q = q(L, K)
14
La Funzione di Produzione
La funzione di produzione è la relazione tra la
quantità di input che un’impresa usa e la
quantità di output che produce.
Un input fisso è un input impiegato in una
quantità fissa che non può essere modificata.
Un input variabile è un input la cui quantità
può essere variata dall’impresa.
15
Input e Output
Il lungo periodo è il periodo di tempo entro il
quale tutti i fattori di produzione sono variabili.
Il breve periodo è il periodo di tempo entro il
quale almeno un fattore di produzione è fisso.
La curva di prodotto totale mostra come la
quantità di output dipende dalla quantità dell’input
variabile, per una data quantità del fattore di
produzione fisso.
16
Funzione di Produzione e Curva di PT della
Fattoria di Giorgio e Marina
Sebbene la curva di prodotto totale nella figura abbia sempre
pendenza positiva, la pendenza non è costante: a mano a
mano che ci si muove verso destra, essa diventa più piatta in
seguito alla variazione del prodotto marginale del lavoro. 17
Prodotto Marginale del Lavoro
Il prodotto marginale di un input è la
quantità addizionale di output che è prodotto
usando una unità in più di quell’input.
Il prodotto marginale è eguale alla variazione del prodotto
totale (ΔQ= Δy) diviso il corrispondente aumento dell’input
variabile (ΔL= Δx).
Esso è pertanto uguale a Δy/ Δx, cioè alla pendenza della curva
18
di prodotto totale.
Rendimenti Decrescenti di un Fattore di
Produzione
Ci sono rendimenti decrescenti di un input
quando un aumento nella quantità di quell’input,
mantenendo invariati i livelli di tutti gli altri input,
genera una riduzione nel prodotto marginale di
quell’input.
La seguente curva di prodotto marginale del
lavoro illustra questo concetto in modo chiaro…
19
Curva di Prodotto Marginale del Lavoro
Qui, il primo lavoratore impiegato genera un aumento
dell’output di 19 quintali, il secondo lavoratore genera un
aumento di 17 quintali, e così via…
20
Il grafico (a) mostra due
curve di prodotto totale della
fattoria. Con più terra, ogni
lavoratore può produrre più
grano. Quindi un aumento
dell’input fisso sposta la
curva di prodotto totale in
alto da TP10 a TP20.
Questo spostamento implica
che il prodotto marginale di
ogni lavoratore è più alto se
la fattoria è più grande.
Quindi un aumento degli
ettari di terra sposta anche la
curva di prodotto marginale
21
da MPL10 a MPL20.
L’Economia in Azione:
Caso: Il Mito del Mese-Uomo
“Aggiungere un altro programmatore in un
progetto potrebbe aumentare il tempo per
scrivere il codice del programma”
L’origine dei rendimenti decrescenti sta nella natura
della funzione di produzione di un progetto software:
Ogni programmatore deve coordinare il suo lavoro con
quello di tutti gli altri programmatori nel progetto, il che
porta ogni persona a spendere più e più tempo nel
comunicare con altri al crescere del numero dei
programmatori.
22
Il Mito del
Mese-Uomo
23
Dalla Funzione di Produzione alle Curve
di Costo
Il costo fisso è un costo che non dipende dalla
quantità prodotta; corrisponde al costo del fattore
di produzione fisso.
Il costo variabile è un costo che dipende dalla
quantità prodotta; corrisponde al costo del fattore
di produzione variabile.
24
La Curva di Costo Totale
Il costo totale per produrre una data quantità
di output è la somma del costo fisso e del costo
variabile per produrre quella quantità di output.
CT = CF + CV
Se misuriamo sull’asse orizzontale la quantità di
frumento prodotta e sull’asse verticale il costo
totale di quella quantità, la curva di costo totale
diventa più ripida a mano a mano che si
aumenta la quantità di output a seguito dei
rendimenti decrescenti.
25
26
Un Concetto Chiave: Il Costo Marginale
Il costo marginale è eguale alla variazione del costo
totale (ΔTC= Δy) diviso il corrispondente aumento
dell’output prodotto (ΔQ= Δx).
Esso è pertanto uguale a Δy/ Δx, cioè alla pendenza
della curva di costo totale.27
Curve di Costo Totale e Costo Marginale per
Produrre gli Stivali “La Scarpetta”
Perché la curva di costo marginale ha pendenza positiva?
Perché, in questo esempio, ci sono rendimenti decrescenti dei fattori produttivi.
All’aumentare dell’output, il prodotto marginale dell’input variabile diminuisce.
Ciò implica che quantità sempre maggiori dell’input variabile devono essere
usate per produrre una unità addizionale di output al crescere dell’ammontare
di output già prodotto. E siccome ogni unità dell’input variabile deve essere
28
remunerata, sale anche il costo di una unità aggiuntiva di output.
Un Concetto Chiave: Il Costo Medio
Il costo medio totale, spesso chiamato
semplicemente costo medio, è uguale al costo
totale diviso la quantità di output prodotta.
CMT = CT/Q
Il costo medio fisso è il costo fisso per unità di
output.
CMF = CF/Q
Il costo medio variabile è il costo variabile per
unità di output.
CMV = CV/Q
29
La Curva di Costo Medio Totale
Aumentare l’output ha due effetti sul costo
medio totale—l’ “effetto di ripartizione del costo
fisso” e l’ “effetto dei rendimenti decrescenti”:
L’effetto di ripartizione del costo fisso:
quanto maggiore è l’output, tanto maggiore è
la produzione su cui si ripartisce il costo fisso,
e tanto minore è il costo medio fisso.
L’effetto dei rendimenti decrescenti:
quanto maggiore è la quantità prodotta, tanto
maggiore è il fattore di produzione variabile
necessario a produrre unità addizionali, e
tanto maggiore è il costo
medio variabile.
30
Curva di Costo Medio Totale
degli Stivali “La Scarpetta”
La curva di costo medio totale degli stivali “La Scarpetta” ha forma di U. Per
bassi livelli di output, il CMT diminuisce perché “l’effetto di ripartizione del
costo fisso” domina l’ “effetto dei rendimenti decrescenti”. Per alti livelli
di output, vale l’opposto ed il costo medio totale sale.
31
Riunire Insieme le Quattro Curve di Costo
Notate che:
1. Il costo marginale (CM) è crescente.
2. Il costo variabile medio (CVM) è crescente.
3. Il costo fisso medio (CFM) è decrescente.
4. La curva di costo marginale interseca la curva
di costo medio totale dal di sotto,
attraversandola nel suo minimo. Analizziamo tale
ultima caratteristica.
32
Costo Marginale e
Curve di Costo Medio
Il punto minimo della curva di costo medio totale (ATC, in Inglese) è in
corrispondenza del livello di output (=3) in cui la curva di costo marginale
interseca la curva di costo medio totale da sotto. E’ un caso? No! Attenzione:
E’ invece un caso che AFC e AVC si intersecano quando l’output è uguale a333!
Principi generali sempre veri riguardo alle
curve di costo marginale e di costo medio
totale di una impresa:
 In corrispondenza dell’output che minimizza il
costo medio totale, il costo medio totale è
uguale al costo marginale.
 Per livelli di output minori di quelli che
minimizzano il costo medio totale, il costo
marginale è inferiore al costo medio totale ed il
costo medio totale è decrescente.
 Per livelli di output maggiori di quelli che
minimizzano il costo medio totale, il costo
marginale è superiore al costo medio totale ed
il costo medio totale è crescente.
34
La Relazione Tra le Curve di Costo Medio
Totale e Costo Marginale
Quando il costo marginale eguaglia il costo medio totale, siamo nel punto di
minimo M di ATC.
Esempio: come il voto di un esame influenza la media dei voti?
35
La curva di costo marginale ha sempre pendenza
positiva?
Spesso le curve di costo marginale hanno pendenza
negativa quando un’impresa aumenta la sua produzione
da zero fino ad un certo (basso) livello, ed hanno
pendenza positiva per livelli di produzione più elevati.
Per bassi livelli di produzione, la pendenza è
negativa perché un’impresa che impiega solo
pochi lavoratori può sfruttare i benefici della
specializzazione del lavoro. La specializzazione può
portare inizialmente a rendimenti crescenti e quindi ad
una curva di costo marginale negativamente inclinata a
mano a mano che aumenta il numero di lavoratori
impiegati e dunque l’output.
I rendimenti decrescenti subentrano quando il numero di
lavoratori è tale da esaurire il beneficio della
specializzazione.
36
Curve di Costo Più Realistiche
La curva di costo marginale non sempre ha pendenza positiva. I benefici della
specializzazione del lavoro possono portare all’inizio a rendimenti crescenti,
rappresentati da una curva di costo marginale con pendenza negativa. Però,
una volta che la specializzazione è completa, subentrano i rendimenti
37
decrescenti.
I Costi di Lungo e di Breve Periodo
Nel breve periodo, l’impresa non ha alcun controllo
sul costo fisso. Ma tutti gli input sono variabili
nel lungo periodo: Nel lungo periodo anche i
costi fissi possono variare. In altri termini, nel
lungo periodo i costi fissi di un’impresa diventano
anch’essi una variabile di scelta.
Nel lungo periodo l’impresa sceglierà il suo livello
di costi fissi (cioè di investimenti) in funzione del
livello di output che si aspetta di produrre.
38
La scelta del
livello di costi
fissi de “La
Scarpetta”
C’è un trade-off tra un
costo fisso più alto ed
un costo variabile più
basso per qualsiasi
livello di output (e
viceversa).
Al crescere dell’output,
il costo medio totale è
più basso se i costi fissi
sono più alti.
39
La Curva di Costo Medio Totale
di Lungo Periodo
La curva di costo medio totale di lungo
periodo mostra la relazione tra livello di
produzione e costo medio totale, quando il
costo fisso è stato scelto per minimizzare il
costo medio totale per ogni livello di output.
40
Curve di Costo Totale Medio di Breve
Periodo (ATC) e Lungo Periodo (LRATC)
41
Economie e Diseconomie di Scala
 Ci sono economie di scala quando il costo
totale medio di lungo periodo scende
all’aumentare dell’output.
 Ci sono diseconomie di scala quando il costo
totale medio di lungo periodo cresce
all’aumentare dell’output.
 Ci sono rendimenti costanti di scala quando
il costo totale medio di lungo periodo è costante
all’aumentare dell’output.
42
I ricavi di un’impresa in un mercato concorrenziale
(che quindi assume il prezzo come dato) sono
Ricavo Totale
RT  P  Q
Ricavo Medio
RT P  Q
RMe 

P
Q
Q
Ricavo medio e prezzo quindi coincidono
43
Ricavo Marginale
RT P  Q
RM 

P
Q
Q
in concorrenza perfetta:
ricavo medio, ricavo marginale e prezzo coincidono
44
Il comportamento dell’impresa
Assumeremo comunque sempre che
l’obiettivo di un’impresa sia:
massimizzare il profitto
definito come:
Profitto: Ricavo totale meno costo totale
Profitto d’impresa: Ricavi meno
costi
Ricavi: Somma che un’impresa incassa per
la vendita del prodotto
• Costi: Spese che un’impresa sostiene per
i fattori di produzione
• Ci sono molti tipi di costi da considerare.
Profitto variabile: Ricavi meno
costi variabili
• Si può dimostrare che il Profitto variabile è dato
dalla rendita del produttore, ovvero dal prezzo
pagato al venditore – il costo (marginale) da lui
sostenuto, per ciascuna unità venduta.
• Il termine “variabile” si riferisce al fatto che si
contano i soli costi variabili, ovvero quelli che
dipendono dalla quantità prodotta (essi si
ottengono come somma dei costi “marginali”).
• Gli altri costi sono detti fissi in quanto non
dipendono dalla quantità prodotta.
Rendita del produttore = Profitto
variabile
Surplus del
produttore
Offerta
P*
Costi (variabili) di
produzione
Domanda
Q*
Costi fissi e costi variabili
• La divisione tra costi fissi e variabili dipende
dall’orizzonte temporale preso in
considerazione:
• nel breve periodo alcuni costi sono fissi
• nel lungo periodo molti costi fissi diventano
variabili
Nel lungo periodo vi è infatti maggiore capacità di
rispondere ai cambiamenti (sostituibilità)
Costo come costo-opportunità
I costi di produzione comprendono costi
espliciti e costi impliciti:
• Costi espliciti: costi monetari sostenuti per
procurarsi i fattori della produzione
• Costi impliciti : costi che non comportano
esborsi monetari
In entrambi i casi di tratta di costi opportunità
(degli esborsi sostenuti e dei mancati
guadagni)
Un’importante differenza tra punto di
vista economico e punto di vista
contabile
Economisti : guardano ai costi opportunità
Contabili: misurano i costi espliciti, ma spesso
non i costi impliciti
Quando il ricavo totale è superiore ai costi
espliciti e ai costi impliciti l’impresa ottiene un
profitto economico (sempre minore di quello
contabile)
Quiz: reinvestire i profitti è il modo meno costoso
di finanziare l’attività di impresa?
Un esercizio: la “funzione di
produzione”
Mostra relazione tra quantità fattori produttivi
“impiegati efficientemente” e la quantità
prodotta.
[Con l’espressione “impiegati efficientemente” intendiamo che siano
impiegati al meglio delle possibilità di produzione].
Essa illustra i meriti di ragionare “al margine” e
conduce ai costi (variabili) di produzione.
Funzione di produzione: un
esempio
Lavoro
0
Produzione
0
160
140
120
1
50
2
90
100
80
60
3
120
4
140
5
150
40
20
0
0
1
2
3
4
5
6
Funzione di produzione:
concetti derivati
• Prodotto marginale (del lavoro), PMa: Q
ottenuto da L pari ad un’unità
• Cfr. tabella precedente
Passare da L = 0 a L = 1 genera Q = 50;
da L = 1 a L = 2: Q = 40;
da L = 2 a L = 3: Q = 30;
e così via ...
Andamento del prodotto marginale
Nella tabella, si vede anche che il prodotto
marginale del lavoro è sempre positivo, ma
decrescente
Cioè: se aumenta L:
• aumenta sempre il livello di produzione (prodotto
marginale positivo),
• ma sempre meno al margine (prodotto marginale
decrescente): ovvero la funzione di produzione è
concava.
Perché dovrebbe in generale essere così?
Per la possibile presenza di fattori fissi e dei relativi
effetti di congestione.
Dalla produzione ai costi: continuiamo con
l’esempio (w = 10)
Lavoro Produzione Costo fisso Costo
Costo
(impianto) variabile totale
(Lavoro)
0
0
30
0
30
1
50
30
10
40
2
90
30
20
50
3
120
30
30
60
4
140
30
40
70
5
150
30
50
80
Curva di costo totale
90
80
Costo totale
70
60
50
40
30
20
0
20
40
60
80
Produzione
100
120
140
160
Andamento del costo totale
Il costo totale  se Q  (cioè il costo marginale,
ovvero CMa, il costo di ogni unità addizionale, è
positivo)
Inoltre: con Q, la curva diventa più ripida (cioè il
costo marginale è crescente)
Spiegazione: dipende dalla forma della funzione di
produzione:
se la PMa del lavoro è decrescente, per ottenere
un dato Q (per esempio =1) ci vogliono sempre
più lavoratori
A parità di salario per lavoratore, l’aumento del
Costo Totale è allora più che proporzionale rispetto
all’aumento di Q, e la funzione di costo è convessa.
Andamento del costo totale
• Naturalmente, l’aumento del Costo Totale
sarebbe invece meno che proporzionale rispetto
all’aumento dell’output se la produttività
marginale fosse crescente (insomma, ad una
funzione di produzione concava corrisponde una
funzione di costo totale convessa, e viceversa).
• Si noti infine che la funzione di Costo Variabile
ha lo stesso andamento di quella Totale,
essendo pari alla seconda curva diminuita in
ciascun punto dell’ammontare dei costi fissi.
Relazione tra PMa e Cma
60
1.20
50
1.00
40
Costo marginale
Prodotto marginale
(nell’esempio)
30
20
0.80
0.60
0.40
10
0.20
0
0
1
2
3
Lavoro
4
5
6
0.00
0
20
40
60
80
Produzione
100
120
140
160
Dimensione efficiente dell’impresa
• Il punto più basso della curva ad U del
CMeT corrisponde alla quantità che
minimizza il costo medio totale.
–
Tale quantità (Q*) è spesso chiamata
dimensione efficiente dell’impresa
Relazione tra CMa e CMeT
CMa
Costo (in euro)
CMeT
La curva del costo
marginale
interseca sempre la curva
costo medio totale
nel suo punto di minimo!
Quantità
Relazione tra costo marginale e
costo medio totale
• Se il costo marginale è inferiore al costo
medio totale, il costo medio totale è
decrescente.
CMa < CMeT
CMeT
• Se il costo marginale è superiore al costo
medio totale, il costo medio totale è
crescente.
CMa > CMeT
CMeT
Economie di scala
Ci sono Economie (o rendimenti crescenti) di scala se
l’impresa produce lungo il tratto decrescente della curva
di CMeT di lungo (i costi aumentano meno che
proporzionalmente all’aumentare delle quantità).
– Economie di scala: sono presenti se i CF sono la parte principale
dei costi
Ci sono Diseconomie (o rendimenti decrescenti) di scala:
se l’impresa produce lungo il tratto crescente della curva
di CMeT (i costi aumentano più che proporzionalmente
all’aumentare delle quantità).
– Diseconomie di scala: si generano di solito quando alcuni fattori
produttivi non sostituibili sono disponibili in quantità limitata
Economie di scala
Se i CMeT non variano al variare di Q, si dice
che esistono RENDIMENTI COSTANTI DI
SCALA (i costi aumentano proporzionalmente
all’aumentare delle quantità).
– in questo caso i CMeT hanno un tratto piatto
Un po’ di matematica....
• Supponiamo di conoscere la funzione che lega
la quantità prodotta al Costo Variabile, CV(Q).
• Ne segue che possiamo definire:
• CT(Q) = CV(Q) + CF,
• CMeT(Q) = CT(Q)/Q =
= CV(Q)/Q + CF/Q
= CMeV(Q) + CMeF(Q)
Un po’ di matematica....
e, considerando variazioni infinitesimali
dell’output (invece che unitarie):
• CMa(Q) = dCT(Q)/dQ
• = dCV(Q)/dQ
(differendo i costi totali da quelli variabili di
una costante).
Un esempio
• CMa(Q) = tg , CMeV(Q) = tg 
CV
CT
CT(Q)
CV(Q)
CF


Q
dove CT(Q) = CV(Q) + CF (la distanza verticale tra CT e CV è data da CF)
Un po’ di matematica....
E’ poi facile vedere, differenziando, che
risulterà dCMeT(Q)/dQ > 0 se e solo se
CMa(Q) > CMeT(Q), e dCMeV(Q)/dQ > 0
se e solo se CMa(Q) > CMeV(Q), ovvero il
costo marginale interseca dal basso sia la
curva di costo medio totale che quella di
costo medio variabile nei loro punti di
minimo.
Un po’ di matematica....
Si noti poi che, per costruzione:
limQ CMeT(Q) = limQ CMeV(Q),
limQ0 CMeT(Q) = limQ0 CMeF(Q) = ,
e che
limQ0 CMeV(Q) = CMa(0)
(per dimostrare quest’ultimo risultato si può
usare la regola di derivazione de l’Hôpital).
Un esempio
(costi marginali sempre crescenti)
CMeT
CMa
CMeV
Q
Un po’ di matematica....
Si noti infine che:
Q
0CMa(x)dx CT (Q)CT (0) CT (Q)CF CV (Q)
Perciò l’area sotto la curva di costo marginale di
un’impresa misura il suo costo variabile (come
vedremo nel prossimo capitolo, questo conferma
come la “rendita del produttore” sia pari al suo
profitto variabile).
Riassumendo
abbiamo analizzato gli andamenti delle funzioni
di costo rilevanti.
Come vedremo, si tratta di strumenti necessari per
studiare le decisioni di impresa.
• l’impresa massimizza il profitto
• In un mercato concorrenziale, l’impresa fissa la
quantità prodotto (nel breve periodo) tenendo
conto dei costi e ricavi marginali
• l’impresa è ‘price taker’: prende il prezzo come
dato
Parole chiave : Ricavo totale e prezzo
La formula:
Rt = py
Essa dice che il ricavo (totale) dipende da due grandezze:
la quantità venduta y
e il prezzo p a cui essa viene venduta.
Può il prezzo di vendita essere considerato un dato (esogeno)?
La risposta è sì purché valgano tre condizioni (principali):
(i ) l’impresa è “piccola”;
(ii ) è in concorrenza con “tante” altre imprese;
(iii ) tutte vendono lo stesso identico prodotto.
In questo caso si dice che nel mercato c’è concorrenza.
In concorrenza l’impresa non può alzare il prezzo
perché perderebbe tutti i clienti;
e non le conviene abbassarlo perché, essendo piccola,
può vendere tutto quel che vuole al prezzo dato.
Ricavo totale e quantità
In concorrenza, il prezzo
lo stabilisce il mercato
Per le imprese il prezzo è
appunto un dato.
Rt
R(y)
B
Rt b
Rt a
0
p
yb
Rt  R(y)
Si tratta di una funzione
particolarmente semplice.
Il ricavo è proporzionale alla
quantità venduta:
Rt  py
A
ya
Essendo dato il prezzo, il ricavo è
una funzione della quantità
venduta y. Scriveremo
y
Il suo grafico, con y in ascissa e Rt
in ordinata, è una retta che esce
dall’origine con coefficiente
angolare pari al prezzo p.
Profitto e quantità
Perciò, l’impresa
sceglie la quantità y
Il profitto è dato da
p  R(y)  C(y)
perciò è una funzione
della quantità prodotta e venduta.
che le permette di
realizzare l’obiettivo
del massimo profitto.
NOTA IMPORTANTE:
In questo modello, y è
la “variabile di scelta”
dell’impresa.
Dato che in Ct sono compresi,
come costi-opportunità,
le remunerazioni del “capitale proprio”
e del lavoro dell’imprenditore,
è più corretto parlare di extraprofitto
(profitto che eccede il livello normale).
Abbiamo visto invece
che il prezzo p,
rappresenta
(per l’impresa)
un dato che non può
influenzare.
Parola chiave: Profitto massimo
Questo suggerisce
un metodo grafico
per identificare
questa quantità.
La quantità che rende massimo il
profitto è, per definizione, quella per
cui lo scarto tra Rt e Ct è massimo.
Basta riportare sullo stesso grafico le due
funzioni R(y) e C(y) e cercare il valore di y
per cui la distanza tra le due è massima.
Rt,
Prima di yb e dopo ya si ha Ct
Ct
> Rt, sicché l’impresa è in
perdita. Per quantità prodotte
tra yb e ya l’impresa consegue
profitti (Rt > Ct). La distanza è
massima in corrispondenza di
y*, che perciò è la quantità
che rende massimo il profitto.
0
C(y)
R(y)
A
pMAX
B
yb
y*
ya
y
Parola chiave: Ricavo marginale
Il ricavo marginale (Rm) è l’aumento di ricavo totale
che si ottiene quando la quantità venduta aumenta di uno:
Rm  R(y + 1)  R(y)
Calcoliamo il ricavo marginale partendo dalla funzione R(y)
valida per l’impresa in concorrenza (in cui il prezzo è dato):
Rm = p(y + 1)  py = p
In concorrenza Rm è costante e coincide col prezzo
SPIEGAZIONE. Se l’impresa (essendo “piccola”) può vendere
qualsiasi quantità decida di produrre al prezzo (dato) di
mercato, su ogni unità venduta in più incassa appunto il prezzo.
Il ricavo marginale può essere anche interpretato come il
coefficiente angolare della funzione R(y) del ricavo totale.
Parola chiave: Costo marginale
Il costo marginale (Cm) è l’aumento di costo totale
che si sopporta quando la quantità prodotta aumenta di uno:
Cm = C(y + 1)  C(y)
Diversamente dal ricavo totale, la funzione C(y) del costo totale
non è una retta; perciò il costo marginale non è costante.
Dal grafico si vede che il costo
Ct
marginale è crescente.
C(y)
Anche Cm può essere
approssimato dal coefficiente
B
angolare (delle rette tangenti
Cmb
alla C(y) nei vari punti).
A
Esso misura perciò l’inclinazione della funzione del costo
Cma
totale (ossia Cm = Ct/y, co0
y
ya
yb
me anche Rm = Rt/y).
Parola chiave: Costo medio
Il costo medio (o costo unitario) misura quando costa
(appunto in media) ogni singola unità prodotta.
Lo indichiamo col simbolo Cu. Esso può essere calcolato
dividendo il costo totale per la quantità prodotta:
Cu = Ct/y
Mentre il costo marginale (Cm) misura quanto costa
l’ultima unità prodotta, il costo unitario (Cu) misura
quanto costa in media ciascuna unità prodotta.
Costo marginale e costo unitario sono legati tra loro:
se Cm > Cu (l’ultima unità costa più della media)
la produzione di quell’unità in più fa aumentare il costo medio;
si ha Cu > 0; viceversa, se Cm < Cu allora segue Cu < 0.
Il grafico del costo medio
Ricordando che la definizione è
Ct
C(y)
Cu = Ct/y, può essere ricavato
B
dal grafico del costo totale.
Prendiamo la quantità yc: il costo
totale è l’ordinata del punto C,
M
C A
sicché il costo medio è il rapporto
k
tra l’ordinata e l’ascissa di C (che è
y
yc ya ym yb
pari al coefficiente angolare della
retta che unisce C con l’origine.
Cu
Cu
Ripetendo l’operazione per i punti
A, M e B, si vede che Cu diminuisce
C
A M
fino a ym e poi aumenta.
B
Il suo caratteristico andamento “a U”
è riportato nel grafico inferiore.
y
yc ya ym yb
Costo medio e costo marginale
Il legame tra costo medio Cu e costo marginale Cm
ha un corrispettivo grafico.
Dato che il costo medio diminuisce quando Cm < Cu e aumenta
quando Cm > Cu, questo significa che la curva del costo
marginale sta sotto quella del costo medio finché quest’ultima
diminuisce (fino al punto M) mentre passa sopra quando il costo
medio comincia ad aumentare (dopo il punto M).
PROPRIETÀ IMPORTANTE
Quando il costo medio ha un
andamento “a U”, la curva del
costo marginale incontra quella
del costo medio nel punto di
minimo di quest’ultima.
Cu,
Cm
Cm
Cu
M
ym
y
Costo marginale
È la variazione di costo dovuta a un incremento unitario di produzione
CMG = CT/ q
Tutti i costi marginali sono variabili
Giuseppe Celi 2006
Appunti da J.Sloman, Il Mulino
83
Costi totali, medi e marginali
dell’impresa: un esempio
q
CF
CFME
CV
CVME CT
CME
CMG
0
12
–
0
–
12
–
1
12
12
10
10
22
22
10
2
12
6
16
8
28
14
6
3
12
4
21
7
33
11
5
4
12
3
28
7
40
10
7
5
12
2.4
40
8
52
10.4
12
6
12
2
60
10
72
12
20
7
12
1.7
91
13
103
14.7
31
Giuseppe Celi 2006
Appunti da J.Sloman, Il Mulino
84
La relazione tra costo totale, costo
medio e marginale
 CMG
è decrescente fino a che il costo
totale aumenta in modo meno che
proporzionale al crescere del livello
di produzione; in seguito è crescente
CT
CT
A
CV
 CME
CF
è dapprima decrescente fino
all’intersezione con la curva del
costo marginale; poi diventa
crescente
q
CME
CMG
CMG
CME
 CFME
è sempre decrescente
z
 CVME
CVME
y
si comporta come CME
x
CFME
q
Giuseppe Celi 2006
Appunti da J.Sloman, Il Mulino
85
Massimizzazione del profitto e impresa
concorrenziale
Costi
e
Ricavi
CM
CMeT
P
0
P = RMe = RM
CMeV
Quantità
86
Massimizzazione del profitto e impresa
concorrenziale
L’impresa massimizza
il profitto producendo
la quantità in cui il
costo marginale uguaglia
ricavo marginale
Costi e
Ricavi
CM
CMeT
P
0
P = Rme = RM
CMeV
Q
Quantità
87
Massimizzazione del profitto e impresa
concorrenziale
Se
• RM > CM: accrescere Q aumenta il profitto
• RM < CM: accrescere Q diminuisce il profitto
• RM = CM: il profitto è max
(ricordate: in concorrenza perfetta RM
= P)
88
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