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Spettroscopia gamma
Spettroscopia gamma M-Nicolae Dascalu 1 Introduzione Lo scopo di questa esperienza1 è l’acquisizione di una certa familiarità con la spettroscopia gamma attraverso la tecnica dei rilevatori a scintillazione NaI(Tl) utilizzata per lo studio di alcune caratteristiche del decadimento gamma di diversi isotopi radioattivi. 2 Considerazioni generali Ricordiamo per completezza che i raggi gamma, scoperti nel 1900 da Paul Villard, sono una forma di radiazione elettromagnetica prodotta da transizioni nucleari e di tutte le forme di radiazione elettromagnetica, hanno le più brevi lunghezze d’onda e la più grande energia. A causa della minor tendenza ad interagire con la materia, essendo essi fotoni, sono più penetranti della radiazione particellare prodotta dalle altre forme di decadimento. 2.1 Figura 1: Diagramma a blocchi per un sistema di rilevamento a scintillazione giungono l’anodo. L’anodo è collegato ad un sensibile preamplificatore di carica che converte la carica raccolta ad un impulso in tensione ad essa proporzionale. L’impulso preamplificato viene in seguito modellato e amplificato da un amplificatore lineare prima che la trasformazione continui. L’altezza dell’impulso finale in tensione è proporzionale all’energia dei raggi gamma assorbita nel cristallo. Un analizzatore di altezza impulso misura l’altezza di ogni impulso di ingresso e un numero di canale corrispondente viene calcolato. Rilevatore a scintillazione Un diagramma a blocchi per un tipico sistema di rilevamento a scintillazione è mostrato in Figura 1. Il rivelatore a scintillazione NaI(Tl) è illustrato in Figura 2. Attraverso vari processi, che discuteremo più avanti, un raggio gamma che passa nel cristallo può interagire con esso creando fotoni di scintillazione. Per rilevare i fotoni di scintillazione il cristallo NaI si trova accanto ad un tubo fotomoltiplicatore. Il rilevatore(cristallo e tubo fotomoltiplicatore) è racchiuso dentro una carcassa cilindrica riflettente ed è circondato da piombo denso minimizzando cosı̀ gli effetti della radiazione di fondo. Il tubo fotomoltiplicatore consiste di un fotocatodo seguito da una serie di dinodi(elettrodi impiegati in serie, ognuno con un potenziale maggiore di quello precedente) che termina con un anodo collettore. Mediante l’effetto fotoelettrico tra fotoni di scintillazione e elettroni del fotocatodo avviene un’espulsione di fotoelettroni. Una sorgente ad alta tensione e una catena di resistori accelerano i fotoelettroni dal catodo al primo dinodo, dal primo dinodo al successivo e dal dinodo finale all’anodo. Ogni elettrone incidente colpisce un dinodo con sufficiente energia per espellere intorno 5-10 elettroni secondari. Per ogni fotoelettrone iniziale, entro la fine della catena, ci sono sull’ordine di 106 elettroni che rag- Dopo che molti impulsi di varie grandezze sono stati elaborati, un grafico dei conteggi in ciascun canale rispetto al numero del canale può essere visualizzato per mostrare la distribuzione delle altezze degli impulsi. Questa distribuzione può essere interpretata come il grafico: numero di fotoni gamma rispetto l’energia dei fotoni gamma provenienti dalla sorgente, cioè lo spettro della sorgente radioattiva. 2.2 Interazione dei fotoni con la materia A questo punto è evidente che una conoscenza dei processi fondamentali tramite cui un fotone interagisce con la materia risulta essenziale per la comprensione della risposta di un rivelatore a scintillazione. Sono tre i processi primari, tutti descritti da funzioni continue di energia del fotone, medianti quali i fotoni interagiscono con la materia: effetto fotoelettrico, effetto Compton e produzione di coppie elettrone-positrone. 1 Visto che si tratta di un’esperienza a scopo didattico è opportuno segnalare che abbiamo inserito nella relazione elementi che in generale sono omessi nelle relazioni scientifiche moderne. 1 Figura 2: Schema di un rivelatore NaI(Tl) mostrando varie interazioni dei raggi gamma Effetto fotoelettrico derati essenzialmente liberi. Dalle leggi di conservazione dell’energia e dell’impulso, si ottiene la formula di Compton che fornisce l’energia del fotone diffuso hν 0 in funzione dell’energia del fotone incidente hν e dell’angolo di diffusione θ : Nel processo fotoelettrico essenzialmente tutta l’energia del fotone iniziale viene assorbita da un elettrone legato all’atomo. Se l’energia del fotone incidente supera l’energia di legame degli elettroni situati sul livello energetico K, l’interazione avviene principalmente con gli elettroni situati su questo livello altrimenti con quelli situati sui livelli energetici più alti. Poiché l’energia di rinculo del nucleo Er e l’energia di legame B sono in generale trascurabili se confrontati con l’energia cinetica dell’elettrone liberato Ee , si ha: hν 0 = hν 1 + (1 − cos θ) hν mo c2 (2) dove per un elettrone mo c2 = 0.511 MeV e l’energia cinetica Te dell’elettrone Compton è data da: Er + Ee + B = Eγ e Er + B Ee ⇒ Ee ∼ = Eγ (1) Te = hν − hν 0 L’atomo cosı̀ eccitato si diseccita emettendo raggi-X che sono in generale assorbiti in un secondo processo fotoelettrico, mentre l’elettrone liberato perde la sua energia eccitando e ionizzando altri atomi del cristallo. Dato che tutta questa serie di eventi accade in un tempo relativamente piccolo rispetto i tempi degli altri processi che avvengono nel rilevatore, l’effetto fotoelettrico è l’interazione più probabile per depositare il 100% dell’energia dei fotoni gamma nel rilevatore. La probabilità che un evento Compton si verifichi varia con Z/A del materiale assorbente e dipende poco dall’energia del fotone incidente. Inoltre, essendo tutti gli angoli di diffusione θ equiprobabili risulta che lo spettro energetico dell’elettrone Compton si espande da energia nulla(θ = 0◦ ) all’energia massima(θ = 180◦ ) che è più piccola dell’energia del fotone incidente. (3) Produzione di coppie elettrone-positrone Effetto Compton La terza interazione succede per mezzo della produzione di coppie elettrone-positrone. In presenza del forte campo elettrico prodotto dal nucleo, nella sua L’effetto Compton è una collisione puramente cinematica tra fotoni incidenti e elettroni che sono consi2 vicinanza, un fotone gamma può creare una coppia elettrone-positrone affinché la sua energia superi il 1.022 MeV(l’energia a riposo di un elettrone e positrone). L’energia del fotone in eccesso diventa energia cinetica dell’elettrone e del positrone. Questa energia cinetica viene assorbita rapidamente nel cristallo e quando il positrone arriva a energia cinetica quasi nulla annichilisce con un elettrone producendo due fotoni di annichilazione che hanno 0.511 MeV di energia ognuno. La serie di eventi descritta si verifica ai fini Figura 4: Spettro di una sorgente radioattiva monocromatica ai fotoni gamma emessi, è importante rendersi conto che solo una frazione dei fotoni gamma interagisce con lo scintillatore. Molti non interagiscono affatto e semplicemente passano attraverso lo scintillatore. Inoltre, quando un fotone gamma interagisce, la dimensione dell’impulso rivelato dipende dal tipo di interazione che avviene, poiché l’energia del fotone gamma viene depositata totalmente o solo parzialmente nello scintillatore proprio in funzione del tipo di interazione. Per una data quantità di energia depositata nello scintillatore, l’altezza impulso di uscita sarà ben definita ma ogni impulso non sarà esattamente della stessa dimensione. A causa di variazioni statistiche nella produzione e raccolta di fotoni, la produzione di fotoelettroni e la moltiplicazione degli elettroni, le altezze degli impulsi mostreranno una distribuzione dei valori con certe altezze degli impulsi più grandi e altre inferiori alla media. Variazioni tipiche per il rivelatore a scintillazione NaI(Tl) sono nell’intervallo di 5 − 10%. Figura 3: L’interazione dei raggi gamma nel rilevatore NaI(Tl) in funzione dell’energia dei fotoni pratici istantaneamente. Se entrambi i fotoni di annichilazione vengono assorbiti, l’energia totale assorbita sarà l’energia del fotone originale e l’evento contribuirà al fotopicco. Tuttavia, a volte uno o entrambi dei fotoni scappa dal cristallo e compaiono piccoli picchi(chiamati picchi di singola o doppia fuga) 0.511 MeV o 1.022 MeV sotto il fotopicco. In Figura 4 è mostrato un tipico spettro di una sorgente radioattiva monocromatica. Il fotopicco è il risultato dell’interazione fotoelettrica dei fotoni gamma nel cristallo che depositano tutta l’energia nel rivelatore. Se l’energia dei fotoni gamma supera il livello di 1.022 MeV bisogna considerare anche la produzione di coppie come abbiamo già discusso nel paragrafo 2.2 In Figura 3 sono mostrati le sezioni d’urto per l’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton, la produzione di coppie e l’interazione totale dei fotoni nel rivelatore a scintillazione NaI(Tl). Si nota che mentre per le sorgenti radioattive che emettono fotoni gamma con energia minore di 1.022 MeV la produzione di coppie non si verifica neanche, per energia dei fotoni gamma maggiore di 5 MeV diventa l’interazione predominante dei fotoni gamma della sorgente nel rivelatore. 2.3 Il Compton plateau(la regione relativamente piatta che si estende dal Compton edge a energie più basse) si verifica quando i fotoni gamma interagiscono con il cristallo nel rilevatore. L’energia dell’elettrone Compton è depositata nel rivelatore mentre il fotone disperso scappa dal rilevatore e non viene rilevato. Il picco backscatter è dovuto ai fotoni gamma che sono dispersi a un grande angolo(∼ = 180◦ ) nel materiale circostante il rilevatore e in seguito entrano nel scintillatore notevolmente ridotti in energia dove sono assorbiti dal cristallo. La somma dell’energia del picco backscatter e del Compton edge è uguale all’energia del raggio gamma incidente. Spettro di una sorgente radioattiva monocromatica Per comprendere lo spettro della sorgente radioattiva, cioè la distribuzione dell’altezza dell’impulso associato 3 Oltre all’energia dei raggi gamma e le interazioni che subiscono nel rivelatore i fattori elettronici possono determinare le dimensioni degli impulsi in tensione misurati. A causa dei molti stadi di moltiplicazione dell’elettrone, le altezze degli impulsi sono molto sensibili alla tensione di alimentazione del tubo fotomoltiplicatore che di conseguenza bisogna essere molto stabile. Naturalmente, il guadagno del processo di amplificazione vincola le dimensioni complessive degli impulsi. 3 che i strumenti hanno mantenuto constanti i parametri di funzionamento durante la presa dati. Possiamo stimare l’errore sul centroide dei fotopicchi usando la media delle due stime delle deviazioni standard corrispondenti alle misure fatte sui due fotopicchi del 60 Co. σ1 + σ2 ∼ σC = = 0.8 canali 2 Tuttavia abbiamo almeno due motivi per non utilizzare questo valore. Per primo questo è un’incertezza dovuta alle fluttuazioni casuali associate alle misure ripetute. Di norma questo tipo di incertezza si tiene sopra l’incertezza di risoluzione della misura. Secondo, l’incertezza maggiore è data dalla difficoltà di stabilire l’intervallo dove poi viene calcolato il centroide e dal metodo usato per stabilire la posizione del centroide. Strumentazione La tecnica usata è quella dei rivelatori a NaI(Tl) letti da un fotomoltiplicatore. Il rivelatore usato durante l’esperienza è il rivelatore NanoSPEC(φ = 50.8 mm) letto tramite un cavo seriale ed alimentato tramite un trasformatore esterno. Si tratta di un sistema molto compatto, controllato completamente da PC, in cui l’alimentazione del fotomoltiplicatore, il preamplificatore, l’amplificatore ed il multicanale sono integrati. Il software di acquisizione usato è winTMCA32. 4 Di conseguenza, per la stima dell’errore sul centroide dei fotopicchi abbiamo deciso di utilizzare il valore di σC = 3 canali. 4.2 Analisi dei dati ottenuti Per fare la calibrazione di energia del multicanale, visto che non realizziamo lavoro di precisione, abbiamo preso come relazione funzionale tra i canali e l’energia una relazione lineare. Per tener conto degli effetti di non-linearità che hanno un contributo maggiore all’estremo inferiore dell’intervallo di calibrazione useremo due calibrazioni diverse per due intervalli diversi di energia. La tensione di alimentazione HV=+455 V ed il guadagno di amplificazione G=1, impostati con winTMCA32, sono stati mantenuti costanti durante l’interra esperienza. 4.1 Stima dell’errore sul centroide dei fotopicchi Calibrazione del multicanale per basse energie Le misure ripetute necessarie per stimare l’errore sulla posizione del centroide dei fotopicchi sono riportate nella Tabella 1. L’ultima misura presente nella tabel- I fotopicchi usati per fare la calibrazione per basse energie(energie fino a 150 keV) sono riportati nella Tabela1 2. Indicando con Eb l’energia(bassa) associa- Tabella 1 Sorgente radioattiva 60 Co i Centroide 1 (canale) Centroide 2 (canale) 1 685 769 2 684 768 3 684 770 4 685 769 5 683 768 6 684 768 7 684 769 8 683 770 9 683 768 10 683 769 * 684 770 Calibrazione del multicanale Tabella 2 Sorgente radioattiva1 Energia (keV) Centroide (canale) Pb 75 84 511 329 622 411 22 Na 137 Cs ta al canale C, la retta di calibrazione, ottenuta con un chi quadrato ridotto corrispondente a un grado di libertà χ e2ob = 0.31, è data da: Eb (C) = (−76 ± 7) + (179 ± 2) 10−2 · C (keV) (4) 1 Ovviamente il Pb non è una sorgente radioattiva. Tuttavia è stato inserito nella tabella in quanto il picco corrispondente ai raggi-X emessi dalla schermatura di Pb è il picco di più bassa energia che abbiamo avuto a disposizione per calibrare il multicanale nella regione delle energie minori di 150 KeV. la ha semplicemente ruolo di verifica per controllare 4 Calibrazione del multicanale per alte energie gamma emessi dalla sorgente sconosciuta durante il decadimento: I fotopicchi usati per fare la calibrazione per alte energie(energie maggiori di 150 keV) sono riportati nella Tabela 3. Indicando con Ea l’energia(alta) associa- EX = (0.66 ± 0.01) MeV Confrontando il valore di energia ottenuto con le tabelle1 delle sorgenti radioattive possiamo capire quale è la sorgente sconosciuta. Tabella 3 Sorgente radioattiva 22 Na 137 Energia (keV) Centroide (canale) 511 329 Cs 622 411 60 Co 1170 684 22 Na 1275 737 60 Co 1330 770 Dal punto di vista della compatibilità energetica della radiazione gamma abbiamo due elementi chimici(137 Cs e 137m Ba, tutti due emettono fotoni gamma di 661.5 keV) che superanno il test di Gauss: zoX = 0.13 ⇒ P [|z| > zoX ] = 90% Però, considerando il tempo di dimezzamento(137m Ba - 2.55min e 137 Cs - 30.2anni) si conclude che la sorgente sconosciuta è molto probabilmente il 137 Cs, visto che l’alternativa 137m Ba è molto improbabile(implicherebbe che la sorgente è stata preparata alcune ore prima dello svolgimento dell’esperienza). ta al canale C, la retta di calibrazione, ottenuta con un chi quadrato ridotto corrispondente a tre gradi di libertà χ e2oa = 0.31, è data da: In Figura 6 è mostrato lo spettro acquisito della radiazione di fondo. Questo presenta un piccolo fotopicco con centroide CF = 834 canali. L’energia associata a Ea (C) = (−103 ± 8) + (186 ± 1) 10−2 · C (KeV) (5) Le probabilità di ottenere un valore maggiore del chi quadrato ridotto al valore effettivamente osservato per le due calibrazioni sono: 2 P χ eb > χ e2ob = 57% 2 P χ ea > χ e2oa = 83% Poiché queste probabilità superano ampiamente i livelli di significatività convenzionali(5% o 1%) possiamo dire che le due rette di calibrazione sono in accordo con i dati sperimentali. 4.3 Identificazione di una sorgente sconosciuta Figura 6: Spettro della radiazione di fondo In Figura 5 è mostrato lo spettro acquisito della sorgente sconosciuta. Questo presenta un unico fotopicco con centroide CX = 411 canali. Utilizzando la questo risulta2 essere: EF = (1.45 ± 0.2) MeV Abbiamo come possibile responsabile della radiazione di fondo il 40 K. Questo emette fotoni gamma di energia pari a 1460.8 keV, ha per tempo di dimezzamento il valore di 1.3 · 109 anni e supera anche il test di Gauss: zoF = 0.60 ⇒ P [|z| > zoF ] = 55% 1 Le tabelle presente alla fine del Manuale Tennelec è sottointeso che abbiamo usato la calibrazione per determinare l’energia corrispondente al fotopicco. Se non specificato diversamente è da sottintendere, da ora in avanti, che è stata usata una delle due rette di calibrazione (4) o (5) per determinare l’energia associata al picco in esame, in funzione della zona di energia in quale questo si trova. 2 Naturalmente, Figura 5: Spettro della sorgente sconosciuta retta di calibrazione (5) si ottiene l’energia dei fotoni 5 Figura 7: Spettro della sorgente 4.4 Studio1 degli spettri di varie sorgenti gamma Sorgente 22 22 Na Il decadimento beta popola con probabilità del 99.95% il primo livello eccitato del nucleo figlio 22 Ne* ad energia di eccitazione 1.275MeV: Na β+ : Lo schema semplificato del decadimento del nucleo 22 Na è mostrato in Figura 8. Principalmente, esso decade beta: β + e ε - cattura elettronica, con un tempo di dimezzamento di 2.6 anni. ε: 22 11 Na 22 11 Na ∗ + →22 10 Ne + e + νe ∗ + e− →22 10 Ne + νe Tale stato eccitato decade tramite emissione gamma con una vita media di 3.7 ps direttamente allo stato fondamentale del 22 Ne: ∗ 22 10 Ne →22 10 Ne + γ 1.275 MeV Una frazione molto piccola(0.05%) decade β + direttamente allo stato fondamentale del 22 Ne: β+ : 22 11 Na + →22 10 Ne + e + νe Tuttavia, nello spettro della sorgente 22 Na la caratteristica più visibile non è però il fotopicco a 1.275 Mev, ma un altro fotopicco a 0.511 MeV. Questo è dovuto al fatto che il positrone emesso nel decadimento β + perde la sua energia nel materiale che costituisce la sorgente e, una volta a riposo nella presenza di un elettrone, si annichila emettendo due fotoni, collinearmente in direzioni opposte per conservazione della quantità di moto, con energia pari a 0.511 MeV ognuno: Figura 8: Schema semplificato del decadimento del nucleo 22 Na 1 Studiare con una calibrazione uno spettro che contiene anche i fotopicchi usati per la calibrazione stessa del multicanale non è il metodo standard di operare. Tuttavia, per mancanza di sorgenti nel laboratorio faremo esattamente cosı̀. Questo è giustificato dallo scopo didattico dell’esperienza. e+ + e− → 2γ 0.511 MeV Quindi, i fotoni gamma emessi della sorgente presentano due valori energetici. Conoscendo questi valori, 6 Tabella 4 P [|z| > zo ] Eteor C σC E σE (MeV) (canali) (canali) (MeV) (MeV) X-rays Pb 0.075 84 3 0.074 0.009 0.06 95 Backscatter1 0.170 149 5 0.17 0.01 0.33 74 Backscatter2 0.213 160 5 0.20 0.01 1.39 30 Compton edge1 0.341 230 10 0.33 0.02 0.73 47 Compton edge2 1.062 630 15 1.07 0.03 0.30 76 Photopeak1 0.511 329 3 0.51 0.01 0.08 94 Photopeak2 1.275 737 3 1.27 0.01 0.30 76 Sorgente 22 Na le equazioni (2) e (3) permettono di calcolare i valori teorici per i picchi Backscater ed i Compton edge. zo (%) Tutte le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 4, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. In Figura 7 è mostrato lo spettro acquisito1 in laboratorio della sorgente 22 Na. Questo presenta entrambi fotopicchi attesi e dato che i due fotoni gamma sono ben separati in energia entrambi i Compton edge sono ben visibili. Inoltre, per lo stesso motivo si riescono a distinguere anche i due picchi Backscatter, se si fa uso di un’opportuna funzione di smooth come mostrato in Figura 9. Naturalmente, è presente anche il picco dovuto all’emissione di raggi-X nella transizione Kα del piombo. Sorgente 137 Cs (C33) Lo schema semplificato del decadimento del nucleo 137 Cs è mostrato in Figura 10. Esso decade β − con un tempo di dimezzamento di 30.17 anni. Figura 10: Schema semplificato del decadimento del nucleo 137 Cs Con una probabilità di 94.6% il nucleo 137 Cs decade β − nel nucleo figlio metastabile 137m Ba, mentre con una probabilità di 5.4% decade β − direttamente allo stato fondamentale del 137 Ba: Figura 9: Smooth e zoom applicato allo spettro della sorgente 22 Na centrato nella regione di Backscatter. β− : β− : 137 55 Cs 137 55 Cs →137m Ba + e− + ν¯e 56 − →137 56 Ba + e + ν¯e Lo spettro della sorgente 22 Na è l’unico spettro di una sorgente non monocromatica acquisito durante l’esperienza dove si riescono a identificare molto bene tutte le caratteristiche in quanto queste sono ben separate in energia e non si sovrappongono. Lo stato metastabile 137m Ba decade con un tempo di dimezzamento di 2.55 min allo stato fondamentale del 137 Ba emettendo fotoni gamma di energia pari a 0.662 MeV. 137m Ba∗ →137 56 56 Ba + γ 0.662 MeV 1 Gli spettri acquisiti in laboratorio con il software winTCMA32 sono stati esportati in Wolfram Mathematica per lo svolgimento ulteriore dell’analisi dati. Si nota che l’emissione gamma avviene solo per l’85.1% delle disintegrazioni poiché è possibile la transizione dallo stato metastabile allo stato fondamentale per conversione interna senza emissione di fotoni 7 Figura 11: Spettro della sorgente 137 Cs (C33) gamma, però con emissione di raggi-X associati agli elettroni di conversione. Quindi, 137 Cs è una sorgente monocromatica di radiazione gamma. precedente. In Figura 11 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 137 Cs (C33). Questo presenta le caratteristiche standard di una sorgente radioattiva monocromatica: fotopicco, picco Backscater, Compton plateau e Compton edge più due picchi nella regione dei raggi-X. Uno è dovuto alla presenza della schermatura del piombo mentre l’altro è dovuto all’emissione di raggi-X che accompagna gli elettroni di conversione nella transizione del 137m Ba in 137 Ba. Lo schema semplificato del decadimento1 del nucleo 60 Co è mostrato in Figura 13. Esso decade β − con un tempo di dimezzamento di 5.27 anni. Principalmente, esso decade β − nello stato eccitato del nucleo figlio 60 Ni con energia di eccitazione 2.506 MeV, che ha un tempo di dimezzamento molto piccolo, di circa 0.3 ps: Sorgente β− : 60 27 Co 60 Co (C24) ∗∗ →60 + e− + ν¯e 28 Ni Segue un decadimento con emissione gamma a cascata attraverso uno stato intermedio a energia di eccitazione 1.332 MeV e tempo di dimezzamento molto Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 5, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. Si nota la posizione del picco Backscatter che è molto simile a quella ottenuta per la sorgente 1 Il decadimento del 60 Co ha una notevole importanza storica, in quanto è stato usato in un famoso esperimento nel 1957 da C.S. Wu e i suoi collaboratori in quale hanno dimostrato la non conservazione della parità prevista nel 1956 da T.D. Lee e C.N Yang per le interazioni deboli. Tabella 5 C σC E σE (MeV) (canali) (canali) (MeV) (MeV) X-rays Pb 0.075 84 3 0.074 0.009 0.06 95 Backscatter 0.184 160 10 0.20 0.02 0.52 61 Compton edge 0.478 310 10 0.47 0.02 0.14 89 Photopeak 0.662 411 3 0.66 0.01 0.09 94 137 Cs (C33) 8 zo P [|z| > zo ] Eteor Sorgente (%) Figura 12: Spettro della sorgente Co (C24) come un unico evento dando luogo a un nuovo picco nello spettro della sorgente 60 Co chiamato picco somma. Discuteremo questo effetto più avanti nel paragrafo 4.7. piccolo anche esso, di circa 0.9 ps: ∗∗ 60 28 Ni ∗ 60 28 Ni 60 ∗ →60 28 Ni + γ 1.173 MeV →60 28 Ni + γ 1.332 MeV In Figura 12 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 60 Co (C24). Questo presenta entrambi fotopicchi attesi e dato che i due fotoni gamma hanno energie relativamente elevate e non molto diverse tra di loro i picchi Backscatter corrispondenti ai due fotoni sono sovrapposti e non si riesce a distinguerli con la risoluzione a disposizione. Perfino le due Compton edge non sono distinguibili, però in questo caso la ragione è diversa, avendo da fare con il tempo di acquisizione dello spettro della sorgente. Come al solito è presente anche il picco nella regione dei raggiX dovuto alla schermatura di piombo. Il picco somma non è visibile in quanto è fuori scala. Essendo la vita media dello stato intermedio molto breve i due fotoni vengono emessi praticamente in coincidenza. Questo fa che a volte i due eventi Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 6, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. I dati riportati per le due Compton edge1 (segnati con * ) sono stati presi dallo spettro acquisito per lo studio del picco somma della stessa sorgente 60 Co, mostrato nella Figura 19. Facendo questo abbiamo tentato di evidenziare che la ragione presentata prima per l’indistinguibilità delle due Compton edge nello spettro mostrato in Figura 12 è valida, cioè Figura 13: Schema semplificato del decadimento del nucleo 60 Co 1 Certamente questo non è il modo standard di operare, però come già segnalato più volte fin’ora questo può essere giustificato dallo scopo didattico dell’esperienza. collegati all’emissione dei due fotoni vengono rilevati 9 Tabella 6 Eteor C σC E σE (MeV) (canali) (canali) (MeV) (MeV) X-rays Pb 0.075 85 3 0.076 0.009 Backscatter1 0.210 Backscatter2 0.214 180 8 0.23 0.02 * Compton edge1 0.960 555 25 0.93 * Compton edge2 1.116 620 25 Photopeak1 1.173 684 Photopeak2 1.332 770 Sorgente 60 Co (C24) zo P [|z| > zo ] (%) 0.06 95 1.31 19 1.04 29 0.05 0.60 55 1.05 0.05 1.31 19 3 1.17 0.01 0.14 89 3 1.33 0.01 0.15 88 alle tre sorgenti analizzati fin’ora(22 Na,137 Cs e è abbastanza ristretto. per un tempo di acquisizione opportuno si riescono a distinguere l’entrambe Compton edge in quanto sono ben separate in energia relativamente alla risoluzione che abbiamo a disposizione. Per tener conto dell’errore sistematico introdotto da questo approccio abbiamo assegnato un errore maggiore su queste due misure. Sorgente 57 60 Co) Co Lo schema semplificato del decadimento del nucleo 57 Co è mostrato in Figura 15. Esso decade beta mediante ε - cattura elettronica con un tempo di dimezzamento di 271.8 giorni. Sostanzialmente, esso de- Può essere utile a questo punto una piccola divagazione sulla regione energetica di Backscatter. In Figura 14 è mostrato l’andamento dell’energia del fotone diffuso ad angolo di 180◦ (Backscatter Energy) in funzione dell’energia del fotone incidente(Photon Energy). Tale andamento è dato dall’equazione (2) per θ = 180◦ a energia variabile del fotone incidente. Si nota come dopo un certo livello dell’energia del fo- Figura 15: Schema semplificato del decadimento del nucleo 57 Co cade ε nello stato eccitato del nucleo figlio 57 Fe con energia di eccitazione 0.136 MeV, che ha un tempo di dimezzamento di circa 8.8 ns: ε: Figura 14: Energia del fotone Backscatter in funzione dell’energia del fotone incidente 57 27 Co ∗ + e− →57 26 Fe + νe Segue sia un decadimento con emissione gamma direttamente allo stato fondamentale del nucleo figlio 57 Fe: ∗ 57 57 26 Fe →26 Fe + γ 0.136 MeV tone incidente l’energia del fotone Backscatter rimane costante ai fini pratici. Questo fatto correlato con le fluttuazioni statistiche nel processo di rilevamento determina la sovrapposizione dei picchi Backscatter corrispondenti a energie relativamente alte pur essendo ben separate. Inoltre, allo stesso tempo esso introduce un livello massimo per l’energia di Backscatter. Questo spiega anche perché l’intervallo di energia in quale abbiamo osservato i picchi Backscatter corrispondenti che un decadimento con emissione gamma ad uno stato intermedio metastabile del nucleo figlio 57 Fe, con energia di eccitazione 0.014 MeV e tempo di dimezzamento di circa 98 ns: ∗ 57 26 Fe →57m 26 Fe + γ 0.122 MeV Bisogna notare che la transizione dallo stato meta10 Figura 16: Spettro della sorgente stabile allo stato fondamentale avviene principalmente senza emissione gamma in quanto è più probabile che questa avvenga per conversione interna. Quindi, ci aspettiamo che lo spettro della sorgente 57 Co presenti due fotopicchi molto vicini tra di loro situati a 0.136 MeV ed a 0.122 MeV. 57 Co gione di energia la risoluzione energetica a disposizione non permette un discorso quantitativo ci limitiamo alla trattazione piuttosto qualitativa già fatta. Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 7, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. Come già notato mancano le misure per i picchi Backscatter e Compton edge. In Figura 16 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 57 Co. La prima cosa da notare è che i fotopicchi attesi sono sovrapposti, fatto che non stupisce visto che in questa regione di energia abbiamo una risoluzione energetica non molto buona1 . Inoltre, i picchi Backscatter e Compton edge non sono distinguibili in quanto sovrapposti a caratteristiche non analizzate fin’ora. Si tratta dei picchi di fuga(non parliamo dei picchi di fuga già nominati nel paragrafo 2.2) dovuti al fatto che a volte i raggi-X emessi dagli atomi di iodio riescono a scappare dal cristallo e la loro energia di circa 0.028 MeV non viene rilevata. Di conseguenza, picchi in corrispondenza agli eventi originali però di energia minore possono manifestarsi. Tuttavia, si nota che le posizioni attese per queste caratteristiche hanno cambiato posto, nel senso che i due Compton plateau e i due Compton edge si trovano alla sinistra sulla scala di energia rispetto ai due picchi Backscatter. Questo avviene tutte le volte Nello spettro mostrato in Figura 16 sono visibili due picchi di questo tipo2 esattamente nelle regioni dove sono attesi i picchi Backscatter e Compton edge. Inoltre, il secondo di questi due picchi si sovrappone parzialmente anche con il picco dovuto ai raggi-X emessi dalla schermatura di piombo. Visto che in questa reFigura 17: Spettro energetico del 1 Per provare a risolvere i due picchi si potrebbe tentare di modificare il guadagno dell’amplificatore però in tale caso sarebbe necessaria una nuova calibrazione del multicanale. 2 Sarebbero a C =66 canali ed a C =92 canali, circa. 1 2 57 Co quando l’energia dei fotoni gamma è minore di circa 11 Tabella 7 C σC E σE (MeV) (canali) (canali) (MeV) (MeV) X-rays Pb 0.075 84 3 0.074 0.009 0.06 95 Compton edge1 0.039 Compton edge2 0.047 - - - - - - Backscatter1 0.083 Backscatter2 0.089 - - - - - - Photopeak1 0.122 0.126 0.009 63 0.136 3 0.48 Photopeak2 113 1.06 29 57 Co 255.5 keV come facilmente può essere dedotto dalle equazioni (2) e (3). (%) do una trattazione statistica si può provare che la risoluzione relativa è proporzionale all’inverso della radice quadrata dell’energia3 della radiazione: Per completezza, in Figura 17 è mostrato uno spettro del 57 Co rilevato con un rivelatore del tipo DSSD1 dove quanto discusso su questo aspetto compare in maniera abbastanza evidente. 4.5 zo P [|z| > zo ] Eteor Sorgente 1 R∝ √ C (6) La relazione (6) permette di avere un’idea della risoluzione del rivelatore a vari livelli energetici per l’impostazione usata durante la presa dati. A tale scopo in Figura 18 è mostrato il fit non lineare effettuato sui dati presenti nella Tabella 8 che è stato ottenuto con un chi quadrato ridotto corrispondente a un grado di libertà χ e2o = 0.28. Questo andamento spiega perché a basse energie i picchi molto vicini tra di loro non sono risolvibili con l’impostazione usata per il rivelatore. Ad esempio, per i due fotopicchi del Studio della risoluzione del rivelatore La risoluzione energetica del rivelatore rappresenta la capacità del rivelatore di distinguere tra valori di energia prossimi tra loro. Come già visto nel paragrafo 2.3 l’interazione della radiazione con la materia a livello microscopico coinvolge processi di tipo stocastico. Quindi, la risposta ad una radiazione monocromatica, piuttosto che una delta di Dirac assume una forma gaussiana. Tabella 8 Energia (MeV) C (canali) ∆C (canali) R (%) σR (%) 0.662 411 27.5 6.7 0.2 1.173 684 35.3 5.2 0.1 1.332 770 38.3 5.0 0.1 La risoluzione è espressa dalla larghezza a metà altezza(FWHM2 ) del picco. Se le due energie sono troppo vicine rispetto alla risoluzione del rivelatore, questo non è in grado di separarle. Useremo la risoluzione relativa R, che in genere migliora con l’aumentare dell’energia, e viene data da: R= Figura 18: La risoluzione relativa del rivelatore 57 Co si prevede una risoluzione di circa 12.8% per il γ1 = 0.122 MeV ed una risoluzione di circa 12.2% per il γ2 = 0.136 MeV. Dato che la differenza di energia tra i due fotoni gamma e di solo 0.014 MeV, alle risoluzioni previste si aspetta che i fotopicchi risulti- ∆C C Le risoluzioni del rivelatore in percento per alcuni valori dell’energia sono riportate nella Tabella 8. Usan1 low 2 Full 3 Visto che l’energia rilevata è una funzione del canale e abbiamo sempre usato una relazione lineare che li collega, le relazioni scritte per la risoluzione in una prima approssimazione sono ritenute valide. noise Double-sided Silicon Strip Detector. Width Half Maximum 12 no completamente sovrapposti. Questa previsione è in totale accordo con quanto osservato nel paragrafo 4.4. 4.6 vantaggio che non necessita la conoscenza né dell’efficienza del rivelatore né della frazione di decadimento. Ovviamente bisogna usare lo stesso rivelatore e la distanza rivelatore-sorgente bisogna essere esattamente la stessa durante le misure delle due attività osservate Aon e Aox delle due sorgenti. Con queste ipotesi l’attività sconosciuta della sorgente d’interesse viene data da: A0x An (9) Ax = Aon Misura dell’attività di una sorgente Come già notato nel paragrafo 2.3, solo una frazione dei fotoni gamma emessi dalla sorgente che passano attraverso lo scintillatore viene in seguito rilevata. Questa osservazione è fondamentale per capire che l’attività osservata1 Ao è solo proporzionale all’attività della sorgente A. La relazione che collega le due quantità è data da: A · fg · ε = Ao Attività delle due sorgenti del 137 Cs, (C33) e (Cx) (7) L’isotopo radioattivo usato per eseguire le misure dell’attività di una sorgente è il 137 Cs. Le sorgenti sono state posizionate alla distanza di 9.3 cm dal rivelatore(di forma cilindrica e raggio r = 2.54 cm) e prendendo in considerazione il fatto che il cristallo di NaI del rivelatore si trova all’interno di un involucro protettivo dello spessore di circa 0.3 cm si ha come distanza sorgente-cristallo2 d = (9.6 ± 0.2) cm. A questa distanza sorgente-rivelatore di 9.3 cm l’efficienza intrinseca del rivelatore risulta essere εint = (0.25 ± 0.01), valore corrispondente all’energia dei fotoni gamma di 0.662 MeV emessi dalla sorgente 137 Cs. dove, fg è la frazione di decadimento, ovvero la frazione delle disintegrazioni totali dell’isotopo genitore per la quale si ha l’emissione del fotone gamma considerato; ε è l’efficienza totale del rivelatore, ovvero il rapporto tra il numero di quanti registrati ed il numero di quanti emessi dalla sorgente, che dipende dalle proprietà del rivelatore, dalla energia dei quanti e dalla geometria della misura. L’efficienza totale del rivelatore ε può essere fattorizzata in due termini: ε = εint · εgeo Le misure effettuate sulle due sorgenti sono riportate nella Tabella 9. I valori ottenuti per le attività delle due sorgenti utilizzando i metodi descritti in precedenza ed i Test di Gauss corrispondenti sono riportati nella Tabella 10. Per calcolare il valore teorico del- con, εint l’efficienza intrinseca del rivelatore, ovvero il rapporto tra il numero di quanti registrati ed il numero di quanti incidenti sul rivelatore, che dipende dall’energia dei fotoni gamma incidenti e dalle dimensioni del rivelatore; εgeo l’efficienza geometrica del rivelatore che è un fattore geometrico e per una sorgente isotropa è semplicemente data dalla frazione di angolo solido coperta dal rivelatore. Tabella 9 Sorgente 137 Metodo assoluto Cs (C33) 137 Questo metodo si basa sulla misura diretta dell’attività osservata Ao e necessita la conoscenza sia dell’efficienza totale del rivelatore che della frazione di decadimento. Per una sorgente ipotizzata come puntiforme e isotropa, disposta a una distanza d dal rivelatore cilindrico di diametro 2r, l’attività della sorgente viene data, con una buona approssimazione, da: A= N t εint fg 2d r Cs (Cx) Nnet σNnet t (s) σt (s) 26520 163 279.9 0.1 35719 189 105.9 0.1 la sorgente 137 Cs (C33) abbiamo usato la definizione dell’attività di una sorgente radioattiva tenendo conto del fatto che la sorgente 137 Cs (C33) aveva un’attività odierna A = (32.4 ± 0.5) kBq al 4/10/2005. Nel metodo relativo usato per determinare l’attività della sorgente 137 Cs (Cx) abbiamo preso come valore noto della sorgente 137 Cs (C33) il suo valore teorico. 2 (8) Si nota che i risultati ottenuti per l’attività della sorgente 137 Cs (C33), sperimentale e teorico, sono compatibili al limite dell’errore. È molto probabile che non siamo riusciti a posizionare la sorgente alla distanza ben precisa di 9.3 cm dal rivelatore. La stessa cosa si nota anche per i risultati ottenuti per l’attività Metodo relativo Questo metodo si basa sulla misura diretta dell’attività osservata di due sorgenti, in generale, dello stesso isotopo radioattivo, da quali una ha attività nota An mentre l’altra ha un’attività sconosciuta Ax . Ha il 2 L’errore di 0.2 cm è dato dalla propagazione degli errori approssimata per eccesso sulla distanza sorgente-cristallo misurata come differenza di due punti spaziali, ognuno con un errore di 0.1 cm. 1 L’attività osservata A o viene data semplicemente dal rapporto N/t, cioè il rate di conteggi. 13 Tabella 10 Sorgente 137 Cs (C33) 137 A σA (kBq) (kBq) assoluto 25.5 1.5 teorico 28 0.4 assoluto 90.6 5.3 relativo 99.7 1.7 Metodo Cs (Cx) della sorgente 137 Cs (Cx), metodo assoluto e metodo relativo, dove probabilmente abbiamo la stessa fonte di errore. 4.7 zo P [|z| > zo ] (%) 1.67 9.5 1.65 9.9 zioni indipendenti(quindi scorrelate temporalmente) possono sommarsi accidentalmente. In questo paragrafo intendiamo di verificare quale tra queste due ipotesi è in accordo con i risultati sperimentali. Nella prima delle ipotesi l’attività della sorgente osservata al picco somma risulta essere data da: Acor = P1 P2 A s Analisi del picco somma nello spettro del 60 Co Nello studio dello spettro della sorgente 60 Co(paragrafo 4.4), abbiamo accennato che in realtà lo spettro conteneva anche un picco fuori scala chiamato picco somma, dovuto al fatto che la separazione temporale dell’emissione dei fotoni gamma di energia 1.173 MeV e 1.332 MeV è dell’ordine del ps che risulta essere molto inferiore alla risoluzione temporale del rivelatore che è di circa 1 µs. mentre nella seconda viene data da: Ascor = P1 P2 A2 ∆t s dove, Pi con i = 1, 2; sono le probabilità che i fotoni gamma emessi dalla sorgente vengono rilevati; A è l’attività della sorgente; ∆t è la risoluzione temporale del rivelatore. In Figura 19 è mostrato lo spettro acquisito della sorgente 60 Co (C35)(che aveva un’attività odierna A = (37 ± 5) kBq al 1/11/2000) con una scala sufficientemente grande per poter contenere anche il picco somma. Utilizzando la relazione (7) e il fatto che l’attività della sorgente al picco(sia al picco soma che ai due fotopicchi) non è altro che il rate di conteggi, possiamo riscrivere le due relazioni(tenendo anche conto che le frazioni di decadimento per i due fotoni gamma del 60 Co sono tutte due approssimativamente uguali all’unità) come: N1 N2 1 · A t ∆t = N1 N2 · t Nscor = Nsscor (10a) (10b) dove, t è il tempo di acquisizione dello spettro della Tabella 11 Figura 19: Spettro della sorgente 60 Co (C35) In realtà, bisogna considerare due ipotesi che provano a spiegare la comparsa del picco somma nello spettro della sorgente 60 Co (C35). Una prima possibile spiegazione può essere quella già presentata, secondo la quale il picco somma è dovuto all’emissione in cascata dei fotoni gamma con distanza temporale molto piccola. Una seconda possibile spiegazione può essere data dal fatto che fotoni gamma prodotti da transi- Photopeak E (MeV) Ngross γ1 1.173 22630387 γ2 1.332 17775819 γs 2.505 788039 t (s) 68072.7 sorgente. Le misure effettuate sui tre fotopicchi sono riportate nella Tabella1 11 e i due valori ottenuti per 1 Abbiamo riportato solo i conteggi lordi dato che la radiazione di fondo veniva sovrastimata dal software winTMCA32, in quanto i fotopicchi del 60 Co sono tropo vicini tra di loro per la data risoluzione del rivelatore in quella regione di energia. 14 Tabella 12 i Ngross σNgross Nnet σNnet t (s) 0 37718 194 36426 191 1 34673 186 33130 2 33889 184 3 26840 4 σt (s) X (g cm-2 ) σX (g cm-2 ) 292.3 0.000 0.000 182 297.6 1.230 0.062 32074 179 314.8 1.890 0.095 164 24896 158 295.3 3.632 0.182 24658 157 22812 151 300.7 4.862 0.243 5 19147 138 17152 131 303.8 7.435 0.372 6 17257 131 15572 125 300.0 8.665 0.433 7 13605 117 12109 110 300.0 11.794 0.590 8 11316 106 9895 99 300.2 13.684 0.684 9 10020 100 8625 93 313.0 15.426 0.771 10 8056 90 6892 83 300.0 17.316 0.866 11 5716 76 4758 69 310.8 21.119 1.056 12 6037 78 4859 70 500.8 25.981 1.299 0.1 i conteggi sotto l’area del picco somma, utilizzando le relazioni (10a) e (10b), sono: bilità1 che i fotoni interagiscono con il materiale per uno degli effetti ben noti. Nscor = (701410 ± 94792) Si nota che abbiamo utilizzato la sorgente radioattiva 137 Cs (C33) che emette fotoni gamma di energia 0.622 MeV. Le misure necessarie per la determinazione del coefficiente di assorbimento di massa nel piombo sono riportate nella Tabella 12. Nsscor = (5909 ± 1) (11) Si nota che il valore ottenuto Nsscor non solo non è compatibile con il valore misurato ma è addirittura due ordini di grandezza diverso da quest’ultimo. Il valore Nscor è dello stesso ordine di grandezza del valore misurato ed, inoltre, risulta compatibile secondo il Test di Gauss con il valore misurato: Il fit lineare effettuato usando i conteggi netti in base alla relazione (12) linearizzata è mostrato nella Figura 20. Questo è stato ottenuto con un chi qua- zo = 0.91 ⇒ P [|z| > zo ] = 36% Dalle due ipotesi fatte per spiegare la comparsa del picco somma nello spettro della sorgente 60 Co si può concludere senza molta difficoltà che solo la prima ipotesi si trova in accordo con l’esperimento. 4.8 Determinazione del coefficiente di assorbimento di massa nel piombo È ben stabilito che l’intensità di un fascio di fotoni gamma varia con lo spessore di materiale attraversato in base alla relazione: Figura 20: Fit lineare usando i conteggi netti I = Io e−µX drato ridotto corrispondente a dieci gradi di libertà χ e2on = 0.75 e fornisce la retta di equazione: (12) dove, µ è il coefficiente di assorbimento di massa e X è lo spessore di materiale attraversato. Il coefficiente di assorbimento di massa dipende dall’energia della radiazione gamma incidente, in quanto l’assorbimento della radiazione è direttamente collegato alla proba- Yn (X) = (4 ± 9) 10−3 + (99 ± 2) cm2 ·X kg (13) 1 Come già visto nel paragrafo 2.2, questa probabilità è data dalla sezione d’urto che dipende dall’energia della radiazione incidente. 15 5 Il fit lineare effettuato usando i conteggi lordi in base alla stessa relazione (12) linearizzata è mostrato nella Figura 21. Questo è stato ottenuto con un chi qua- Conclusioni Durante l’esperienza effettuata abbiamo avuto la possibilità di avere un primo contato con i rivelatori, in particolare con il rivelatore a scintillazione NaI(Tl). Il principio di funzionamento di tutti i rivelatori di particelle è il trasferimento di tutta o di una parte dell’energia della radiazione alla massa del rivelatore, dove è convertita in qualche altra forma più accessibile alle percezioni umane. Tutti i rivelatori moderni forniscono essenzialmente un tipo di risposta elettrico, cioè l’informazione dal rivelatore è trasferita in impulsi elettrici che poi sono processati da opportuni circuiti elettronici. I rivelatori a scintillazione sono tra i più diffusi rivelatori di particelle usati in fisica nucleare, basati sulla proprietà di alcuni materiali di emettere luce quando eccitati o ionizzati dalla radiazione incidente. Figura 21: Fit lineare usando i conteggi lordi drato ridotto corrispondente a dieci gradi di libertà χ e2ol = 0.48 e fornisce la retta di equazione: Yl (X) = (−1 ± 8) 10−3 + (92 ± 2) cm2 ·X kg Per capire veramente la loro importanza bisogna anche osservare che questi sono stati utilizzati in una serie meravigliosa di importanti esperimenti fisici che comprende, ad esempio, la scoperta del positronio, spettroscopia Mossbauer, l’esperimento di Pound and Rebka sul redshift gravitazionale, la scoperta in astronomia dei gamma ray bursts. Quindi, l’utilità dell’esperienza e senza dubbio ad uno dei più alti livelli. (14) Le probabilità di ottenere un valore maggiore del chi quadrato ridotto al valore effettivamente osservato per i due fit lineari effettuati sono: 2 P χ en > χ e2on = 66% 2 P χ el > χ e2ol = 88% Poiché queste probabilità superano ampiamente i livelli di significatività convenzionali(5% o 1%) possiamo dire che la relazione (12) è in accordo con le misure effettuate. Quindi, il coefficiente di assorbimento di massa nel piombo, per l’energia della radiazione incidente di 0.622 MeV, risulta essere dato da: cm2 g cm2 µl = (0.092 ± 0.002) g µn = (0.099 ± 0.002) (15) Confrontando questi due valori con il valore di riferimento µ = 0.105 cm2 · g-1 del coefficiente di assorbimento di massa nel piombo(corrispondente all’energia dei fotoni gamma usata nella misura) mediante il Test di Gauss, questi risultano entrambi compatibili con il valore atteso: zon = 0.30 ⇒ P [|z| > zon ] = 76% zol = 0.65 ⇒ P [|z| > zol ] = 52% Tuttavia, si nota che il valore determinato usando i conteggi netti rappresenta una stima migliore per il coefficiente di assorbimento di massa nel piombo relativamente al valore determinato usando i conteggi lordi. 16 Indice 1 Introduzione 1 2 Considerazioni generali 1 2.1 Rilevatore a scintillazione . . . . . . . 1 2.2 Interazione dei fotoni con la materia . 1 2.3 Spettro di una sorgente radioattiva monocromatica . . . . . . . . . . . . . 3 3 Strumentazione 4 4 Analisi dei dati ottenuti 4 4.1 Stima dell’errore sul centroide dei fotopicchi . . . . . . . . . . . . . . . . 4 4.2 Calibrazione del multicanale . . . . . . 4 4.3 Identificazione di una sorgente sconosciuta . . . . . . . . . . . . . . . 5 Studio degli spettri di varie sorgenti gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 4.5 Studio della risoluzione del rivelatore . 12 4.6 Misura dell’attività di una sorgente . . 13 4.7 Analisi del picco somma nello spettro del 60 Co . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Determinazione del coefficiente di assorbimento di massa nel piombo . . 15 4.4 4.8 5 Conclusioni 16 17