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scelte_pubbliche_2
La politica fiscale
Entrate (T)
Uscite
Correnti (Tc)
Correnti
Imposte
dirette
indirette
per. Fisiche
per.giuridiche
consumo
produzione
Contributi sociali
pagati dai datori di lavoro
pagati dai lavoratori
Acquisti (Cg)
beni
servizi
stipendi
Trasferimenti correnti:prestazioni sociali
(Trc)
Interessi (INT)
Altre entrate (Tk)
In conto capitale
di cui: in C/C
dismissioni
privatizzazioni
Investimenti pubblici (Ig)
Trasferimenti alle imprese (Trk)
BILANCIO DELLO STATO
•
DOCUMENTO GIURIDICO CONTABILE CHE CONTIENE L'INDICAZIONE DELLE ENTRATE E DELLE USCITE DELLO STATO
IN UN PERIODO DI TEMPO CHE NORMALMENTE E' L'ANNO, PROPOSTO DAL GOVERNO E APPROVATO DAL
PARLAMENTO
•
ART.81 DELLA COSTITUZIONE: OGNI LEGGE CHE PREVEDE DELLE SPESE PUBBLICHE DEVE INDICARE LE ENTRATE
CON CUI FARVI FRONTE
•
ANNO FINANZIARIO (PERIODO DI TEMPO CUI SI RIFERISCONO LE ENTRATE E LE USCITE DI BILANCIO)
•
ESERCIZIO FINANZIARIO (INSIEME DELLE OPERAZIONI AMMINISTRATIVE CHE SI RIFERISCONO ALLA GESTIONE
DELL'ANNO FINANZIARIO) = ANNO FINANZIARIO + ESERCIZIO SUPPLETIVO (PROLUNGAMENTO DELL'ESERCIZIO
FINANZIARIO OLTRE L'ANNO). Dal 1979 in Italia non c’è più l’esercizio suppletivo.
•
TIPI DI BILANCIO:
PREVENTIVO (VALORE INFORMATIVO E AUTORIZZATIVO)
CONSUNTIVO
IL BILANCIO PREVENTIVO PUO’ ESSERE:
•
DI COMPETENZA ( criterio: impegno e accertamento)
•
DI CASSA (criterio: pagamento e riscossione)
•
RESIDUI ATTIVI (ENTRATE ACCERTATE MA NON RISCOSSE)
•
RESIDUI PASSIVI (SPESE IMPEGNATE MA NON PAGATE)
I PRINCIPI DEL BILANCIO
1. Universalità (eccezione: gestioni extra-bilancio)
2. Integrità: le entrate e le spese devono essere iscritte ciascuna per
intero
3. Unità: le entrate devono affluire tutte ad un unico fondo e da
questo devono uscire tutte le spese (sono vietati i tributi di scopo)
4. Specializzazione: è diviso in capitolo e c’è il divieto degli storni
5. Pubblicità: viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
L’attività finanziaria pubblica
• Quando si esamina l’attività finanziaria pubblica bisognerebbe tenere
conto dei conti del settore pubblico allargato
• Questo comprende oltre allo Stato
1. Gli enti territoriali (Regioni, Province, Comuni)
2. Gli enti previdenziali (INPS, ecc.)
3. Le aziende sanitarie locali (ASL)
4. Altri enti pubblici e imprese pubbliche
Glie enti del settore pubblico allargato devono redigere il bilancio con
criteri uniformi
Pareggio, avanzo e disavanzo di bilancio
Spesso lo Stato non riesce a coprire le spese con le entrate (ordinarie).
In questo caso può ricorrere:
1. Prestiti pubblici
2. Creazione di moneta (non più)
Il debito pubblico e l’emissione di moneta sono considerate entrate
straordinarie
Il bilancio è in pareggio quando le entrate ordinarie sono pari eguali
alle uscite, in disavanzo quando le uscite superano le entrate ordinarie
e in avanzo quando le entrate ordinarie superano le uscite
La politica di bilancio
La teoria classica della finanza pubblica sosteneva che lo Stato deve tendere
al pareggio del bilancio.
Altre teorie sostenevano che lo Stato potesse finanziarie le spese
straordinarie o inattese (guerre, terremoti, ecc.) con entrate straordinarie
(prestiti)
La teoria del doppio bilancio sostiene che le spese correnti devono essere
finanziate mediante le imposte mentre le spese in conto capitale possono
essere finanziate facendo ricorso al debito
La teoria del bilancio ciclico sostiene che lo Stato dovrebbe mirare a
raggiungere il pareggio durante un’intera fase del ciclo economico
La teoria della finanza funzionale di stampo keynesiano considera il bilancio
uno strumento per regolare il livello dell’attività economica
Il finanziamento della spesa
• La spesa pubblica può essere finanziata:
• totalmente attraverso tributi, sino a raggiungere il pareggio di
bilancio
• solo in parte tramite tributi, con la conseguente creazione di un
disavanzo (deficit) di bilancio
• A sua volta, un deficit di bilancio può essere finanziato :
• con il ricorso all’indebitamento (emissioni di titoli del debito
pubblico)
• con la creazione di base monetaria
Il finanziamento tramite deficit
• L’effetto di aumenti di spesa interamente finanziati da
corrispondenti aumenti di tassazione è comunque modesto
(il moltiplicatore è infatti al massimo pari ad 1)
• Per questo motivo, la teoria Keynesiana si dichiarava
favorevole al finanziamento in deficit
• Fino agli anni ‘80, molti paesi (tra cui, appunto, l’Italia) hanno
in effetti praticato finanziamenti in deficit della spesa
pubblica, per varie ragioni:
• considerazioni, di tipo keynesiano, sulla maggiore efficacia di questa
scelta per perseguire obiettivi di crescita
• natura asimmetrica della politica fiscale:
• è facile far approvare in Parlamento provvedimenti espansivi…
• … è molto più difficile far passare quelli restrittivi
Il finanziamento con creazione di Base Monetaria
• Nel caso in cui la politica monetaria “accompagni” la manovra
fiscale espansiva
• via effetti automatici legati ad accordi tra Tesoro e Banca Centrale o
anche...
• ...a seguito di iniziative “autonome” della Banca Centrale
• Si ha una politica monetaria “accomodante”, ossia si hanno
contemporaneamente:
• aumenti di spesa pubblica
• aumenti di base monetaria
Il finanziamento con creazione di Base Monetaria
• In questo caso, l’aumento di reddito generato dalla maggiore spesa
pubblica e dall’aumento dell’offerta di moneta può essere (in tutto o
in parte) vanificato dall’aumento dell’inflazione
• Un aumento dell’inflazione di questo tipo può essere considerato
come una vera e propria “imposta”
Il finanziamento con creazione di Base Monetaria
• Tale “imposta da inflazione” è particolarmente iniqua perché:
• non viene deciso in modo democratico tramite la discussione
parlamentare…
• ...ma è una conseguenza
• di un automatismo
• della decisione di una autorità non sottoposta a controllo democratico
(la Banca Centrale)
• Per queste ragioni, molto spesso si tenta di intervenire a
livello legislativo e a volte costituzionale per impedire alla
Banca Centrale di finanziare le scelte di spesa del Governo
Il finanziamento con creazione di Base Monetaria
• In Italia, si intervenne nel 1981 e la Banca d’Italia smise di
acquistare i titoli di debito non sottoscritti sul mercato
(divorzio Tesoro-Banca d’Italia)
• Nel sistema dell’Euro, tale obiettivo è perseguito tramite
l’attestazione esplicita dell’indipendenza della BCE rispetto
agli esecutivi (nazionali, comunitari)
Il bilancio dello Stato in Italia: entrate
Le entrate sono divise in titoli, categorie e capitoli. I titoli sono 4
1. Entrate tributarie
2. Entrate extratributarie (entrate provenienti da attività economiche
gestite dallo Stato)
3. Entrate per alienazione e ammortamento di beni patrimoniale e per
il rimborso di crediti.
4. Accensione di prestiti
Ognuna di queste poi è divisa in categorie (esempio imposte sul
patrimonio e sul reddito) e capitoli (esempio IRPEF)
Il bilancio dello Stato in Italia: spese
Anche queste sono divise in titoli, categorie e capitoli. Titoli:
1. Spese correnti (primarie più interessi)
2. Spese in conto capitale
3. Spese per rimborso di prestiti
Alcune definizioni
Entrate tributarie + entrate extratributarie + entrate per alienazione e
ammortamento di beni patrimoniali e per il rimborso di crediti= entrate
finali (titolo 1+2+3). Il titolo 4 rappresenta le entrate straordinarie
Spese correnti + spese in conto capitale= spese finali
Saldi
• RISPARMIO PUBBLICO
= ENTRATE ordinarie (tributarie e extratributarie) - SPESE (correnti)
• SALDO PRIMARIO
= ENTRATE ORDINARIE - SPESE PRIMARIE (CIOE’ CORRENTI – INTERESSI)
• SALDO NETTO DA FINAZIARE O IMPIEGARE (FABBISOGNO)= ENTRATE FINALI ordinarie (tributarie,
extratributarie, alienazione di immobili ecc.) –SPESE FINALI ordinarie (correnti e in conto capitale)
• INDEBITAMENTO NETTO= entrate finali al netto della riscossione di crediti-spese finali al netto delle
operazioni finanziarie
• RICORSO AL MERCATO=entrate finali - spese
• NB. L’accensione e il rimborso dei prestiti sono entrate e uscite straordinarie
L’iter di approvazione del bilancio
• Il Ministero dell’Economia e delle Finanze elabora lo stato di
previsione delle entrate
• Ciascun Ministero elabora lo stato di previsione delle proprie uscite
• Le Ragionerie centrali dei Ministeri trasmettono tali previsione alla
Ragioneria generale dello Stato
• Questa elabora lo schema di bilancio
• Il MEF sottopone tale schema di bilancio al Consiglio dei Ministri
• Questo discute e delibera il bilancio
• Il MEF lo presenta come disegno di legge al Parlamento entro il 15
ottobre di ogni anno
Altri documenti
• Entro il 30 giugno di ogni anno il MEF presenta al Parlamento un bilancio di
assestamento
• Relazione generale sulla situazione economica del Paese relativa all’anno
precedente (entro aprile)
• Documento di Economia e Finanza (DEF) che definisce gli obiettivi della manovra
di finanza pubblica per il periodo relativo al bilancio triennale (entro il 10 aprile)
• Bilancio triennale di previsione (entro il 15 ottobre)
• Relazioni di cassa (31 maggio, 30 settembre e 30 novembre)
• Bollettino delle entrate tributarie con cadenza mensile
• Rendiconto generale dell’esercizio finanziario trascorso (31 dicembre). Questo è
costituito da bilancio consuntivo e conto generale del patrimonio dello Stato
Legge di stabilità
L’articolo 81 della Costituzione stabilisce che la legge di approvazione del
bilancio non può istituire nuovi tributi né nuove spese.
Per consentire al MEF di istituire tributi e spese, questo predispone la legge
di stabilità e i provvedimenti collegati (entro il 15 ottobre di ogni anno).
La legge di stabilità serve ad adeguare il bilancio agli obiettivi della manovra
di finanza pubblica espressi nel DEF.
La legge di stabilità può modificare o integrare leggi che prevedono entrate e
spese
Le variazioni di entrate e spese previste nella legge di stabilità vengono
introdotte nel bilancio attraverso una nota di variazione
Controllo del bilancio
• La Corte dei Conti controlla l’esecuzione del bilancio nel corso dell’anno
attraverso un controllo preventivo e un controllo successivo
• Controlla che la spesa non ecceda lo stanziamento, cioè la somma iscritta
nel capitolo di bilancio
• Rende esecutivo attraverso un visto un decreto di spesa
• La Corte dei Conti esamina il rendiconto generale dell’esercizio finanziario
trascorso (che contiene il bilancio consuntivo)
• Il MEF sottopone alla Corte dei Conti il rendiconto generale dell’esercizio
finanziario precedente mediante la Ragioneria generale entro il 31 maggio
• La Corte restituisce il rendiconto, con una relazione, al MEF
• Il MEF presenta il rendiconto al Parlamento entro il mese di giugno che lo
approva
Il Tesoro
• Il Tesoro è quel ramo dell’amministrazione dello Stato che disimpegna il servizio di cassa:
provvede ad incassare le somme e ad effettuare i pagamenti in esecuzione del bilancio dello
Stato.
• Il Tesoro è costituito da
i.
Il Dipartimento del Tesoro che è un organo del MEF con una sua autonomia
ii.
La Tesoreria centrale, con sede in Roma
iii. Le Tesorerie provinciali, ognuna presso la sede della Banca d’Italia di ciascun capoluogo di
provincia
• Se in un determinato momento dell’esercizio finanziario si verifica una temporanea deficienza di
cassa il Tesoro deve farvi fronte. Ad esempio può emettere BOT a breve scadenza e poi rimborsarli
• La gestione del bilancio è costituita da tutte le operazioni di bilancio
• La gestione della tesoreria è costituita dalle operazioni di tesoreria, che sono le operazioni
necessarie a garantire il regolare servizio di cassa dello Stato. I debiti che il Tesoro contrae a tale
scopo sono di breve durata e prendono il nome di debito fluttuante (queste operazioni non sono
iscritte nel bilancio dello Stato)
Operazioni di tesoreria
1. L’emissione di buoni ordinari del Tesoro (BOT), che hanno una
durata di tre, sei o dodici mesi
2. L’accensione di prestiti. Il Tesoro può farsi prestare denaro dalla
Cassa Depositi e Prestiti e dalle banche. La Cassa Depositi e Prestiti
è una società per azioni a controllo pubblico dal 2003 di cui lo Stato
possiede la maggioranza del capitale. Alla Cassa affluisce il
risparmio postale che la Cassa convoglia a favore della crescita del
Paese finanziando i principali settori di interesse strategico.
La politica fiscale nel contesto europeo
Con la creazione dell’Unione Monetaria erano possibili tre opzioni su
come gestire le politiche fiscali dei Paesi membri:
1. Unione fiscale
2. Politica fiscale indipendente e autonoma per ogni Stato
3. Politica fiscale autonoma ma soggetta a regole
L’opzione scelta è stata la terza
Vincoli alle politiche fiscale nell’UME
Trattato di Maastricht, 1992
Trattato di Amsterdam o Patto di stabilità e crescita, 1997, riformato nel
2005
Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione
economica e monetaria o Fiscal Compact, entrato in vigore nel 2013
(non è stato firmato da Regno Unito e Repubblica Ceca)
Il Trattato di Maastricht
Tra i criteri di convergenza ne prevede due su materie fiscali:
1. un disavanzo statale non superiore al 3% del PIL (rapporto
deficit/PIL < 3%);
2. un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un
debito pubblico tendente al rientro) (rapporto debito/PIL < 60%).
Il Patto di Stabilità e Crescita
• In base al PSC, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro,
devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia:
• un disavanzo statale non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%);
• un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro) (rapporto debito/PIL < 60%).
• A tale scopo, il PSC ha implementato la Procedura per deficit eccesivo di cui all'articolo 104 del Trattato, la quale nello specifico
consta di tre fasi: avvertimento, raccomandazione e sanzione.
In particolare:
• se il disavanzo di un Paese membro si avvicina al tetto del 3% del PIL, la Commissione europea propone, ed il Consiglio dei ministri
europei in sede di Ecofin approva, un "avvertimento preventivo" (early warning), al quale segue una raccomandazione vera e
propria in caso di superamento del tetto.
• se a seguito della raccomandazione lo stato interessato non adotta sufficienti misure correttive della propria politica di bilancio,
esso può essere sottoposto ad una sanzione che assume la forma di un deposito infruttifero, da convertire in ammenda dopo due
anni di persistenza del deficit eccessivo. L'ammontare della sanzione presenta una componente fissa pari allo 0,2% del PIL ed una
variabile pari ad 1/10 dello scostamento del disavanzo pubblico dalla soglia del 3%. È comunque previsto un tetto massimo
all'entità complessiva della sanzione, pari allo 0,5% del PIL.
• se invece lo stato adotta tempestivamente misure correttive, la procedura viene sospesa fino a quando il deficit non viene portato
sotto il limite del 3%. Se le stesse misure si rivelano però inadeguate, la procedura viene ripresa e la sanzione irrogata.
Tale Patto è stato riformato e reso più flessibile nel 2005
Fiscal Compact
I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:
• l'impegno ad avere un deficit pubblico strutturale che non deve superare lo 0,5%
del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del PIL, l'1%;
• l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, di ridurre ogni anno
di un ventesimo dell'eccedenza;
• l'obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate
quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati;
• l'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella
legislazione nazionale, che verrà verificato dalla Corte europea di giustizia;
• l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, come previsto
dal Patto di stabilità e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche;
• l'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 18 leader dei paesi che adottano
l'euro.
Fiscal Compact
La Costituzione è stata modificata all'art. 81 in data 18 aprile 2012, legge
costituzionale n.1/2012, pubblicata nella G.U. del 23 aprile 2012.
ll nuovo articolo reca al comma primo:
Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio,
tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico;
il secondo comma statuisce invece che:
Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti
del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a
maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi
eccezionali.
La spesa pubblica
Classificazioni:
1. Spese per acquisto di beni e servizi
2. Spese per i trasferimenti (pagamenti che lo Stato e gli enti pubblici fanno
ad altri soggetti senza ottenere niente in cambio)
Le spese di distinguono anche in:
1. Spese correnti
2. Spese in conto capitale
e in:
1. Spese ordinarie
2. Spese straordinarie
La crescita della spesa pubblica
Negli Stati Uniti è cresciuta dal 5% del PIL nel 1890 al 10% nel 1930, al 25%
nel 1956 e nel 2010 ha raggiunto il 45%.
In Francia e in Italia il rapporto era più alto nel 1890 (rispettivamente 14 e
18%) ed ha raggiunto rispettivamente il 56 e 50% nel 2010.
Anche la spesa pro-capite è cresciuta esponenzialmente.
In Italia nel periodo che va dal 1950 al 1971 la spesa pubblica cresce
notevolmente ma viene finanziata soprattutto attraverso le entrate tributarie
Dal 1971 agli inizi degli anni 90 la spesa pubblica aumenta in modo esplosivo
(soprattutto pensioni, assistenza sanitaria, sussidi di disoccupazione, Cassa
integrazione guadagni). Lo Stato è costretto a ricorrere sempre di più
all’emissione di titoli del debito pubblico per finanziare i disavanzi.
A partire dagli anni 90 i Governi hanno iniziato a tagliare la spesa pubblica al
fine di ridurre deficit e debito pubblico.
Le motivazioni della crescita della spesa
pubblica
Progressiva estensione dell’attività dello Stato
• Istruzione, pensioni, assistenza medica
• Estensione della speranza di vita
• Crescita dei fallimenti del mercato
Anche la pressione fiscale=tributi/pil e la pressione fiscale
complessiva=(tributi+contributi)/pil è cresciuta di pari passo
La valutazione dei programmi di spesa
pubblica
Il metodo più frequentemente utilizzato è l’analisi costi benefici
Nel caso di un’impresa privata questi sono desumibili dal conto profitti
e perdite. Nel caso di investimenti pubblici bisogna tenere conto anche
dei costi e dei benefici sociali difficilmente monetizzabili.
Problemi
• Come valutare il costo dell’inquinamento?
• Come valutare il beneficio di salvare vite umane?
• Come confrontare costi e benefici relativi a periodi distanti nel
tempo?(tasso di sconto)
• Quale livello territoriale utilizzare?
Le entrate pubbliche
Classificazioni
1. Entrate ordinarie
2. Entrate straordinarie
Basata sulla fonte da cui l’entrata deriva
1. Entrate originarie
2. Entrate derivate
Le prime sono quelle derivanti dalla gestione diretta delle risorse
(esempio affitti). Le seconde sono quelle prelevate coattivamente dai
privati in base al potere di imperio dello Stato
Le entrate originarie
a) Prezzo di mercato
b) Prezzo sociale
c) Prezzo pubblico
d) Prezzo politico
Nel primo caso l’ente pubblico vende i beni a prezzo di mercato (come i
privati). Nel secondo caso (prezzo sociale o prezzo quasi privato) l’ente
pubblico vende i beni al prezzo di mercato, ma compie le scelte su quanto
vendere anche sulla base di considerazioni sociali (esempio vendita del
legno). Il terzo caso (prezzi pubblici) sono i prezzi che l’ente pubblico fissa per
dei servizi che gestisce in situazione di monopolio avendo di mira l’interesse
pubblico, ma coprendo i costi (esempio ferrovie, gas, acqua). Nell’ultimo
caso (prezzo politico), le imprese pubbliche forniscono i servizi di cui prima
sottocosto (esempio autobus).
Le entrate derivate
1. Tributi
2. Pene pecuniarie
Tributi: comprendono a) la tassa, b) il contributo speciale e c) l’imposta
a. La tassa è una somma che il privato paga all’ente pubblico in cambio della
prestazione di un servizio (esempio tasse scolastiche)
b. Il contributo speciale è la somma che un individuo deve in ogni caso pagare
all’ente pubblico perché ha tratto un particolare vantaggio da un’opera
pubblica (sono obbligatori) (esempio contributi sociali)
c. L’imposta è la somma che il privato deve pagare all’ente pubblico senza
ottenere una controprestazione immediata
Le pene pecuniarie devono essere pagate allo Stato da coloro che hanno violato la
legge. Sono la multa (dovuta per i reati più gravi chiamati delitti) e l’ammenda
(dovuta per i reati meno gravi chiamati contravvenzioni).
Le imposte
Gli elementi dell’imposta sono quattro:
1. I soggetti. Il soggetto attivo è lo Stato o altro ente pubblico. Il
soggetto passivo è il contribuente (persona fisica o giuridica che
deve pagare l’imposta).
2. Il presupposto. Particolare situazione che fa nascere l’obbligo per il
soggetto passivo di pagare l’imposta
3. L’oggetto o base imponibile è il valore, espresso in moneta, su cui
l’imposta viene applicata (esempio reddito, patrimonio, consumo)
4. L’aliquota è il rapporto espresso in percentuale tra l’ammontare
dell’imposta e la base imponibile
Classificazione delle imposte
1.
2.
3.
4.
5.
Imposte dirette e indirette: le prime colpiscono le manifestazioni immediate della
capacità contributiva (patrimonio o reddito), le seconde quelle mediate (consumo o
trasferimento di beni)
Imposte personali e imposte reali: le prime colpiscono la ricchezze o il reddito di un
individuo tenendo conto della sua capacità contributiva, mentre le seconde colpiscono
la ricchezza o il reddito oggettivamente senza tener conto della situazione del
contribuente
Imposte generali e imposte speciali: le prime colpiscono nella stessa misura tutti i
rami dell’attività economica, le seconde solo alcuni rami oppure tutti i rami ma con
aliquote diverse
Imposte ordinarie e imposte straordinarie: le prime hanno carattere permanente le
seconde hanno carattere temporaneo (fanno fronte ad esigenze straordinarie ad
esempio l’imposta sui conti correnti del 1992. Ci rientrano anche le addizionali).
Imposte, fisse, proporzionali, progressive e regressive
Imposte, fisse, proporzionali, progressive e
regressive
• L’imposta è fissa quando consiste nel pagamento di una somma fissa (ad
esempio imposta fissa di registro al costruttore di immobili, 200 euro)
• L’imposta è proporzionale quando il suo ammontare aumenta in misura
proporzionale alla base imponibile, cioè quando l’aliquota è costante
(esempio imposta di registro sui fabbricati 9%)
• L’imposta è progressiva quando il suo ammontare aumenta in misura più
che proporzionale alla base imponibile, cioè quando l’aliquota è crescente
(esempio IRPEF)
• L’imposta è regressiva quando il suo ammontare aumenta in misura meno
che proporzionale alla base imponibile, cioè quando l’aliquota è
decrescente.
Tipi di progressività di un’imposta
1. Progressività continua. Si ha quando l’aliquota aumenta in modo continuo
all’aumentare della base imponibile secondo una formula matematica
2. Progressività per classi. La base imponibile viene classificata in classi; ad ogni
classe corrisponde un’aliquota costante; l’aliquota è maggiore ogni volta che si
passa da una classe ad un’altra più elevata.
3. Progressività per scaglioni. La base imponibile viene divisa in scaglioni; a
ciascuno di questi si applica una diversa aliquota che è maggiore ogni volta che
lo scaglione di reddito diviene più elevato; l’imposta che il contribuente deve
pagare è data dalla somma delle imposte calcolate su ogni singolo scaglione.
4. Progressività per detrazioni. In questo caso la base imponibile viene diminuita
di una somma fissa; e alla nuova base imponibile così ottenuta si applica
un’aliquota costante. In tal modo l’aliquota sulla base originaria è crescente.
I principi giuridici delle imposte
1. Generalità o universalità: tutti sono tenuti a pagare le imposte (i
residenti). Eccezioni:
A) esenzione dei redditi minimi
B) Esenzione di singoli redditi (nuovi fabbricati)
2. Uniformità o eguaglianza: il carico tributario generale dovrebbe essere
ripartito in modo equo tra i contribuenti. Tre teorie:
a) La teoria del beneficio. Chi riceve di più deve pagare di più (e la Difesa?)
b) La teoria del sacrificio. Il carico tributario dovrebbe essere ripartito tra i
contribuenti tenendo conto del sacrificio che il pagamento delle imposte
comporta per ciascuno di essi.
c) La teoria della capacità contributiva
La teoria del sacrificio
a) Teoria del sacrificio uguale. Imposte di diversa entità ma tali da
rappresentare per ognuno lo stesso sacrificio (non è chiaro se
proporzionali, progressive o regressive)
b) Teoria del sacrificio proporzionale. Imposte tali da comportare per i
ricchi un sacrificio maggiore che non per i poveri.
c) Teoria del sacrificio minimo. La somma dei sacrifici sopportati da
tutti i contribuenti deve essere minima. Prelievo più alto possibile
sui ricchi e più basso possibile sui poveri.
La teoria della capacità contributiva
Non bisogna far riferimento all’elemento soggettivo del sacrificio, ma
all’elemento oggettivo della capacità contributiva. Questa è la capacità di
pagare le imposte desunta da elementi oggettivi (come reddito, patrimoni,
consumi) suscettibili di misurazione. Principi:
1. Discriminazione quantitativa dei redditi. Chi ha un reddito più elevato ha
una maggiore capacità contributiva quindi occorre tassare in misura
maggiore i redditi più elevati. No tax area e imposta progressiva
2. Discriminazione qualitativa dei redditi. Occorre tassare i redditi in modo
diverso a seconda della loro origine (ad esempio di più quelli da capitale
che quelli da lavoro, esempio ILOR, IRAP)
3. Principio della personalità dell’imposizione. L’imposizione fiscale deve
tener conto delle condizioni personali del contribuente (esempio delle
detrazioni per familiari a carico)
Il principio della progressività dell’imposta
• Fino alla Rivoluzione Francese il sistema fiscale era regressivo
• Con la Rivoluzione Francese divennero proporzionali
• Nel secolo XX, per ragioni di giustizia sociale, si sono introdotte molte imposte
progressive
• La Costituzione italiana all’art. 53 afferma «il sistema tributario è informato a
criteri di progressività»
• L’imposta progressiva ha il pregio di sacrificare di più i ricchi dei poveri
• Una progressività eccessiva può spingere ad evadere l’imposta o a cercare di
trasferire su altri l’imposta
• Può spingere a produrre un reddito minore e a lavorare meno
• Drenaggio fiscale (o fiscal drag) ovvero l’effetto dell’inflazione sul pagamento
delle imposte (questo può essere in parte corretto modificando le aliquote)
La progressività in Italia
• L’IRPEF è un’imposta progressiva ma:
• IRES, IRAP, cedolare secca, imposte sulle rendite finanziarie sono imposte proporzionali
• L’IRES colpisce le società ed è proporzionale anche negli altri paesi (in Italia l’aliquota è il
27,5%)
• L’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) colpisce il valore della produzione
netta delle imprese, degli enti e degli artisti e professionisti) (aliquota ordinaria 4,2%)
• Le imposte sulle rendite finanziarie (interessi, azioni, ecc. aliquota 26%)
• Le imposte sul tasso di interesse sui titoli di stato sono del 12,5% (esenti fino al 1986)
• La proporzionalità a volte dipende dalla natura del reddito, altre volte è volta a
incoraggiare alcune attività
• L’IVA è proporzionale (22%) ma con aliquote agevolate (10 e 4%) per alcuni beni
Le aliquote IRPEF in Italia
Le aliquote IRPEF 2016 e gli scaglioni sono:
• aliquota IRPEF 23% per reddito fino a 15mila euro
• aliquota IRPEF al 27% per redditi da 15.001 a 28mila euro
• aliquota IRPEF 38% per redditi da 28.001 a 55mila euro
• aliquota IRPEF 41% per redditi da 55.001 a 75mila euro
• aliquota IRPEF 43% per redditi oltre 75mila euro
No tax area:
• redditi esclusivamente da pensione: sopra i 75 anni di età sino a 8.000 euro;
• redditi da lavoro dipendente o assimilato, 8.000 euro;
• redditi da lavoro autonomo occasionale o diritti d’autore, 4.800 euro;
• redditi da terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati, 500 euro;
• redditi esclusivamente da terreni, 185,92 euro;
• compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche, 28.158,28 euro.
Critiche alla progressività
Curva di Laffer
Aliquota dell’imposta
Gettito dell’imposta
Se l’aliquota cresce troppo il gettito scende perché gli individui lavorano di meno.
Reagan nel 1986 approvava una riforma con un sistema di imposizione diretta più semplice e meno progressivo.
La normativa riduceva il numero delle aliquote da 15 a 2 e le riduceva (15% e 28%). I redditi sotto 15.000 non
pagavano.
La riforma ha portato ha aumentato le diseguaglianze ed è stata abbandonata da Clinton.
L’evoluzione dei sistemi tributari
E’ meglio:
1. un’imposta unica
2. diverse imposte
Vantaggi dell’imposta unica: chiarezza, semplicità e basse spese di
riscossione
Svantaggi: alcuni tipi di reddito richiedono un’imposta progressiva, altri
una proporzionale. E’ difficile prelevare tutto il gettito di cui lo Stato ha
bisogno con un’unica imposta.
Progressiva semplificazione dei sistemi fiscali
Principi del sistema tributario italiano
La Costituzione enuncia alcuni principi generali in materia tributaria,
essenzialmente negli articoli 23 e 53.
Art 23: «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta
se non in base alla legge»
Art 53: «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della
loro capacità contributiva» e «il sistema tributario è informato a criteri di
progressività».
L’attuale sistema tributario è in vigore dal 1974, ma ha subito una serie di
modifiche. Le caratteristiche principali sono:
a) Esistenza di diverse imposte sul reddito: IRPEF, IRES, l’imposta sostitutiva
sui redditi da capitale e l’imposta cedolare
b) Diverse imposte indirette quasi tutte proporzionali con aliquote
differenziate (IVA, imposta di registro, imposta di bollo, ecc)
Evoluzione del sistema tributario italiano
• Nel periodo immediatamente successivo all’unità d’Italia il gettito maggiore
era dato dalle imposte indirette sui consumi. Dal 1861 al 1935 le imposte
sui consumi rappresentavano più del 50% delle entrate tributarie totali. Le
dirette circa il 30% e la quota restante derivava dalle indirette sugli affari.
• Nel periodo 1935-1972 il peso delle imposte sui consumi diminuisce,
mentre cresce il peso delle imposte sugli affari (in particolare l’IGE, ora IVA)
che rappresentano il 35/40% delle entrate tributarie totali.
• Dopo la riforma tributaria (1974) cresce enormemente il gettito delle
imposte dirette (in particolare l’IRPEF)
• E’ cambiato anche il peso delle imposte dirette: da quella sui terreni e sui
fabbricati a quelle sulla ricchezza mobile (redditi di capitale, di impresa, di
lavoro)
Evoluzione della struttura delle imposte
indirette
• Dal 1861 al 1918 il gettito maggiore è dato dai dazi e dai monopoli fiscali (sale, tabacchi e
lotto). Gravavano su beni di largo consumo e colpivano pesantemente i ceti popolari.
• Dopo la prima guerra mondiale cresce sempre più la quota di gettito derivante dalle
imposte di fabbricazione (esempio quella sugli oli minerali che colpisce i prodotti
petroliferi e fra questi la benzina)
• I dazi forniscono meno gettito nel periodo dal 1935 alla seconda guerra mondiale in
quanto sono alti per proteggere l’industria interna, mentre dal 1957 vengono fortemente
ridotti
• Le imposte sugli affari hanno un peso ridotto fino alla prima guerra mondiale.
Aumentano a partire dal 1935. Le imposte di bollo e registro perdono progressivamente
peso. L’IGE, introdotta dopo la prima guerra mondiale aumenta costantemente di
importanza fino a raggiungere nel periodo 1965-72 il 63% del gettito delle imposte sugli
affari. Nel 1973 è stata sostituita dall’IVA che nel 2010 ha rappresentato l’84% del gettito
delle imposte sugli affari e il 28% delle entrate tributarie totali.
Imposte su reddito e patrimonio
• Tassare reddito o patrimonio è la stessa cosa? Esempio: se ho un patrimonio di
100,000 euro e lo tasso all’1% ho 1000 euro di gettito. Se questo patrimonio
produce un reddito del 5% (5,000 euro) posso tassare questo reddito al 20% e
ottenere sempre 1000 euro. Tuttavia non è sempre così:
• Ci sono redditi che non derivano da patrimoni (ad esempio il reddito da lavoro)
• Ci sono patrimoni che non danno reddito (ad esempio una collezione di quadri
che non vendo)
• Ci sono uguali patrimoni che danno redditi diversi
• In genere, la tendenza è quella di tassare i redditi più che i patrimoni. Tuttavia ci
sono anche imposte sui patrimoni (in Italia l’IMU) e ci sono imposte sui redditi
derivanti dai patrimoni e sull’incremento di valore dei patrimoni (plusvalenze)
L’IRPEF
Nel 2010 rappresentava il 41% circa del totale delle entrate tributarie
Criteri:
1. Soggetto passivo (il singolo o la famiglia?)
2. Oggetto (reddito come consumo, reddito come prodotto, reddito
come entrata)
Il soggetto passivo
• In Italia è il singolo. Questa svantaggia le famiglie monoreddito.
Esempio
Reddito marito Reddito moglie Imposta IRPEF
Imposta IRPEF netta
con detrazione
Famiglia A
20,000 euro
0
2960
2960-690=2270
Famiglia B
10,000 euro
10,000 euro
460+460=920
• Per ovviare si può fare il cumulo dei redditi (in vigore in Italia fino al
1976 e poi dichiarato anticostituzionale) oppure lo splitting o
quoziente familiare (si calcola il reddito medio di moglie e marito), il
quoziente familiare esiste in Francia e Germania
L’oggetto dell’imposta
• Come va definito il reddito ai fini fiscali?
1. Il reddito ai fini fiscali andrebbe identificato con il consumo: va tassata solo la
parte del reddito che viene consumata e non quella che viene risparmiata.
Questo per evitare la doppia tassazione del risparmio. Infatti il reddito
risparmiato si trasforma in patrimonio che viene ulteriormente tassato. Tassare
solo il consumo, però, penalizzerebbe gli individui più poveri che sono quelli
che risparmiano meno.
2. Il fisco dovrebbe accertare qual è la parte di beni e servizi che ciascun individuo
ha avuto e su questa base tassare ciascun soggetto. Però questo concetto è
difficile da applicarsi in pratica.
3. Il reddito come entrata è costituito dalle somme di denaro che un soggetto
percepisce e dagli incrementi di valore che il patrimonio del soggetto registra
nell’anno considerato (incrementi patrimoniali o plusvalenze).
Il sistema tributario italiano si ispira a questo concetto di reddito
Il reddito come entrata
• Reddito lordo o reddito netto? Al netto delle spese che il soggetto
deve sostenere per produrre le entrate
• Il sistema italiano per i redditi da lavoro autonomo e per i redditi da
impresa considera il reddito netto come reddito imponibile, mentre
per i redditi da lavoro dipendente il reddito lordo.
• Tassare (e come) gli incrementi patrimoniali?
Tassazione delle plusvalenze
1. Le plusvalenze realizzate da un’impresa concorrono a formare il reddito
IRES o IRPEF. Sono calcolate nel modo seguente: prezzo di vendita del
cespite - prezzo di acquisto + somma degli ammortamenti effettuati.
Sono tassate solo se: a) vengono realizzate; b) vengono iscritte a bilancio;
c) i beni vengono destinati al consumo personale o familiare
dell’imprenditore o dei soci
2. Le plusvalenze che un’impresa realizza rivendendo azioni, obbligazioni o
materie prime ad un prezzo maggiore di quello al quale le aveva
comprate sono considerati ricavi e costituiscono una componente
positiva del reddito di impresa
3. Le plusvalenze che un soggetto IRPEF realizza rivendendo azioni,
obbligazioni e titoli del debito pubblico sono soggette ad un’imposta
sostitutiva proporzionale con aliquota del 26% (12,5 per i titoli del debito
pubblico).
L’imposta sulle società
Esistono tre principali tipi di imprese:
1. Imprese individuali
2. Società di persone
3. Società di capitali
Le prime due tipologie sono caratterizzate dal fatto che i proprietari hanno responsabilità
illimitato ovvero rispondono dei debiti dell’impresa con il proprio patrimonio. In entrambi i
casi il reddito è soggetto all’IRPEF. Nel secondo caso è ripartito tra i soci proporzionalmente
alle quote di partecipazione nella società di presone.
Per le società di capitali, che sono a responsabilità limitata, il reddito della società è colpito
dall’IRES. In questo caso c’è il problema della doppia tassazione: il reddito viene tassato
come reddito della società e poi nuovamente quando gli utili vengono distribuiti ai soci.
Una volta distribuito è tassato come segue: i) per il 49,72% è soggetto a IRPEF se gli utili
percepiti derivano da partecipazioni qualificate; ii) la cedolare secca (26%) sugli utili
percepiti dal socio per utili derivanti da partecipazioni non qualificate; iii) IRES sul 5% se il
percettore è una società di capitali o un ente commerciale
Le imposte dirette sul patrimonio
Possono essere ordinarie o straordinarie.
Le prime colpiscono il patrimonio ogni anno con aliquote basse (devono essere pagate con il reddito
altrimenti il patrimonio dovrebbe essere progressivamente alienato). Esempi:
a. Dal 1940 al 1947 imposta sul patrimonio dell’1%
b. Imposta sul patrimonio delle società con aliquota dello 0,75% abolita nel 1974
c. Imposta sul patrimonio netto delle società di capitali, delle società di persone e degli
imprenditori individuali con aliquota dello 0,75% dal 1992 al 1997
Oggi la più importante imposta patrimoniale è l’imposta sulla proprietà immobiliare (IMU)
Le seconde colpiscono il patrimonio per un periodo limitato per far fronte a eventi straordinari e di
solito hanno aliquote maggiori. Esempi:
a. Imposta straordinaria sulla proprietà di alcuni beni di lusso (auto e moto sopra una certa
potenza fiscale da pagare al momento dell’immatricolazione) introdotto nel 1992 e abolita nel
1994
b. Imposta straordinaria sui depositi bancari con aliquota pari allo 0,6% degli stessi. Introdotta
solo per l’anno 1992.
La finanza locale
Lo Stato svolge i suoi compiti anche attraverso gli enti territoriale o enti
locali. I principali enti territoriali in Italia sono le Regioni, le Province e i
Comuni
Le entrate e le spese degli enti pubblici territoriali costituiscono la
finanza locale
Il federalismo fiscale è il fenomeno per cui le decisioni riguardanti le
entrate e le spese dovrebbero essere prese anche dagli enti locali.
Accentramento del sistema tributario: le tributi locali hanno perso
importanza nel tempo, gran parte delle entrate affluiscono allo Stato
che poi ne trasferisce parte agli enti locali. Inoltre solo lo Stato in Italia
emette titoli del debito pubblico
Le funzioni degli enti locali
• Le funzioni di stabilizzazione congiunturale, di promozione dello sviluppo e
di redistribuzione del reddito vengono affidate in via quasi esclusiva al
Governo centrale.
• Gli enti locali producono alcuni beni e servizi pubblici
• Non c’è un criterio unico: in genere, però, gli enti locali devono fornire quei
beni e servizi i cui benefici ricadono in un ambito territoriale ristretto
• Famiglie e imprese basano le loro scelte di localizzazione sulla presenza di
beni e servizi a livello locale? In realtà le famiglie tendono a spostarsi con
difficoltà, invece le imprese sono influenzate dalla quantità e qualità dei
beni e servizi pubblici nelle loro scelte di localizzazione.
I rapporti tra finanza locale e finanza statale
Tre possibili sistemi:
1. Sistema dell’indipendenza della finanza locale dalla finanza statale:
l’ente locale impone tributi propri con cui finanziare le proprie
spese
2. Sistema della dipendenza della finanza locale dalla finanza statale:
l’ente locale non può imporre e lo Stato trasferisce somme agli enti
locali
3. Sistema misto: in parte tributi e in parte trasferimenti
I rapporti tra finanza locale e finanza statale
In Italia vi è sempre stato un sistema misto
Prima della riforma del 1974 gli enti locali potevano imporre diversi
tributi propri. Oggi sono pochi.
Tuttavia le funzioni attribuite agli enti locali sono cresciute nel tempo
così che questi hanno dovuto assumere più dipendenti accrescendo
enormemente le spese. Oltre ai trasferimenti, si sono indebitati con la
Cassa Depositi e Prestiti e con le banche.
A partire dagli anni 90 sono stati dati agli enti locali gradi crescenti di
autonomia. Nel campo fiscale l’introduzione dell’IRAP dà un gettito alle
Regioni.
Le entrate degli enti locali
1. Entrate originarie
a) Prezzi di mercato e prezzi sociali derivanti dai beni patrimoniali che gli enti locali possiedono
b) Prezzi pubblici e prezzi politici derivanti dalle imprese pubbliche (acqua, gas, trasporti)
2. Entrate derivate
a) Tasse (es. servizio di nettezza urbana)
b) Contributi speciali
c) Imposte. Queste possono essere i) imposte autonome dell’ente locale (l’ente locale accerta e
riscuote esso stesso tali imposte, ad esempio l’IMU). ii) Sovraimposte (o addizionali) alle
imposte statali: quando all’aliquota di un’imposta statale si aggiunge un’altra aliquota a favore
dell’ente locale. iii) Imposte che lo Stato accerta e riscuote, ma ne destina il gettito, in tutto o in
parte agli enti locali (compartecipazioni).
d) Sussidi (o trasferimenti) che lo Stato dà agli enti locali.
Le imposte e i sussidi rappresentano le entrate più rilevanti. Tra le prime l’IMU e l’IRAP. Ci sono poi
la compartecipazione all’accisa sulla benzina, le tasse sulle concessioni regionali, la tassa
automobilistica regionale. Le addizionali regionali e comunali all’IRPEF.
Le entrate degli enti locali
Alcuni sostengono che gli enti locali dovrebbero finanziarsi attraverso tasse (facendo pagare chi usufruisce del
servizio) e attraverso prezzi pubblici. Tuttavia ciò non risponde sempre a ragioni di equità (i pensi alle scuole e
ai servizi sanitari). Per questo motivo è maggiore l’importanza delle imposte (e soprattutto dei trasferimenti).
Due fenomeni caratteristici dell’imposizione locale:
1. Concorrenza fiscale
Anche se le imposte possono essere stabilite solo da leggi dello Stato a volte gli enti locali possono decidere le
aliquote. Potrebbero decidere aliquote più basse per attrarre imprese o famiglie abbienti
2. Esportazione delle imposte
Tentativo di far pagare le imposte anche a coloro che non hanno la residenza nel territorio dell’ente locale (es.
imposte di soggiorno)
I trasferimenti dallo Stato hanno anche un ruolo redistributivo: riduzione delle diseguaglianze territoriali. I
trasferimenti dallo Stato agli enti locali possono essere liberi oppure vincolati.
Le risorse nazionali da destinare agli enti locali possono essere ripartite secondo diversi criteri: ammontare
della popolazione; ammontare della popolazione al netto delle entrate locali; tenendo anche conto delle spese
(dei fabbisogni delle popolazioni dei diversi enti territoriali).
Le spese degli enti locali
1. Spese correnti e spese in conto capitale
2. Classificazione funzionale in cui sono distinte a seconda della
funzione svolta dall’ente locale (amministrazione generale, polizia,
istruzione e cultura, ecc.)
La finanza delle Regioni
Le funzioni delle regioni sono state notevolmente ampliate con una
legge costituzionale del 2001.
20 Regioni di cui cinque a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle
d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia) che hanno maggiore
autonomia.
Le entrate delle Regioni
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Le entrate che la regione trae dal demanio e dal patrimonio regionale
I tributi propri: a) Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) introdotta nel 1998. Diretta, reale,
proporzionale che si applica sul valore della produzione netta delle imprese, degli enti e degli artisti e
professionisti. Ha sostituito diverse imposte e tasse locali. Le Regioni possono intervenire sull’aliquota, le
detrazioni, le deduzioni e i regimi agevolativi ma non possono modificare la base imponibile dell’imposta.
Le funzioni di liquidazione e accertamento restano affidate all’Agenzia delle entrate; b) Tassa sulle
concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile (es. spiaggia); c) Tasse sulle
concessioni regionali (es licenza di caccia, pesca); d) tassa sulla proprietà di autoveicoli (veicoli e autoscafi
immatricolati nella Regione); e) Tasse per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (es. chiosco); f) Tassa
per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (commensurata alla quantità di rifiuti); g) Tassa regionale per il
diritto allo studio universitario
Sovrimposte (o addizionali). Ad esempio quella sul gas metano e l’addizionale IRPEF
Quote del gettito di tributi erariali (compartecipazioni) (da alcune imposte di fabbricazione e dall’imposta
erariale sul consumo di tabacchi).
Altre somme che lo Stato trasferisce alle Regioni. Lo Stato adegua il fondo perequativo versando su di
esso ogni anno una somma commisurata al tasso di inflazione.
Contributi speciali. Sono somme che lo Stato assegna alle Regioni mediante apposite leggi per scopi
precisi determinati di volta in volta. Apposite leggi inoltre hanno assegnato fondi alle Regioni meridionali
per promuoverne lo sviluppo.
Le Regioni possono contrarre mutui con la Cassa Depositi e Prestiti e possono emettere obbligazioni
esclusivamente per finanziare spese per investimento.
Le Regioni ottengono fondi anche dall’Unione Europea per progetti di sviluppo
Le spese delle Regioni
1. Spese correnti
2. Spese in conto capitale
3. Spese per il rimborso dei mutui e dei prestiti che la Regione ha
ottenuto
Le Regioni trasferiscono somme ad altri enti, in particolare ai Comuni
Il bilancio della Regione
Ogni Regione deve redigere:
a) Un bilancio preventivo annuale
b) Un bilancio preventivo pluriennale (di norma triennale)
c) Un bilancio consuntivo annuale
Questi atti sono preparati dalla Giunta regionale e devono essere
approvati dal Consiglio regionale
La finanza dei Comuni
Le entrate dei comuni sono:
1. Entrate provenienti dal demanio e dal patrimonio comunale
2. Tributi propri dei Comuni
3. Sovrimposte (o addizionali) alle imposte statali
4. Trasferimenti dallo Stato
5. Mutui
6. Emissione di obbligazioni
I tributi propri sono essenzialmente:
a) Il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche
b) Il canone per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (tassa di nettezza urbana)
c)
Il Canone sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni
d) La ex imposta comunale sugli immobili (ICI)
I trasferimenti dello Stato ai Comuni sono diventate la fonte prevalente delle entrate dei Comuni. Inoltre vi è il
fondo perequativo degli squilibri della fiscalità locale. Possono prendere prestiti dalla Cassa Depositi e Prestiti e
emettere obbligazioni per finanziare le spese di investimento (solo i Comuni più grandi)
La legge di stabilità 2016
• Clausole di salvaguardia - vengono rimossi i previsti aumenti dell'IVA e delle accise che sarebbero
dovuti scattare all’inizio del 2016 (16,8 miliardi, circa 1 punto percentuale del PIL).
• Tasi e Imu - si abolisce la Tasi sugli immobili residenziali adibiti ad abitazione principale (ad
esclusione degli immobili di particolare pregio, ville e castelli), che interessano circa l’80 per cento
dei nuclei familiari. Lo sgravio fiscale complessivo ammonta a circa 3,5 miliardi. Si elimina l’Imu sui
terreni agricoli (405 milioni) e sui macchinari d’impresa cosiddetti ‘imbullonati’ (sgravio di 530
milioni). La Tasi viene abolita anche per gli inquilini che detengono un immobile adibito a prima
casa. Sugli immobili locati a canone concordato i proprietari verseranno Imu e Tasi ridotta del
25%. I Comuni saranno interamente compensati dallo Stato per la conseguente perdita di gettito.
• Irap - dal 2016 viene azzerata per i settori dell'agricoltura e della pesca.
• Accertamenti fiscali - sono allungati di un anno i termini per l'accertamento dell'IVA e delle
imposte sui redditi. Si passa quindi dal 31 dicembre del quarto anno al 31 dicembre del quinto
anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione contestata. Nel caso di
dichiarazione IVA nulla i termini per l'accertamento diventano gli stessi di quelli già previsti per la
mancata dichiarazione: l'accertamento può essere effettuato fino all'ottavo anno successivo.
Viene abolita la norma che raddoppia i termini per l'accertamento dell'IVA e delle imposte dirette
nel caso in cui la violazione comporti l'obbligo di denuncia per reato tributario.
Legge di stabilità 2016
• Edilizia – per favorire il rilancio del settore delle costruzioni, vengono prorogate le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni
immobiliari (detrazione del 50%) e finalizzate al risparmio energetico (65%).
Nella stessa direzione si muove la possibilità concessa ai Comuni di utilizzare una parte degli avanzi di cassa per effettuare
investimenti in deroga alla regola che impone loro il pareggio del bilancio. Nel complesso, si delinea un insieme di interventi che,
congiuntamente all’azione di accelerazione dei tempi di realizzazione delle infrastrutture e dei progetti cofinanziati, dovrebbe
porre termine alla stagnazione che da vari anni caratterizza il settore delle costruzioni.
• Investimenti privati – si introduce il cosiddetto ‘superammortamento’, ossia una maggiorazione del 40 per cento del costo
fiscalmente riconosciuto per l’acquisizione (dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016) di nuovi beni strumentali, in modo da
consentire l’imputazione al periodo d’imposta di quote di ammortamento e canoni di locazione finanziaria più elevati. Questa
misura, immediatamente attiva e di semplice applicazione è direttamente mirata ad incentivare le imprese a crescere ed investire
per il futuro.
• Sud - Il Governo ritiene che nel Mezzogiorno sia necessario migliorare l’implementazione delle politiche nazionali. In questo
quadro, analogamente alla misura del Superammortamento valida sull’intero territorio nazionali, si introducono benefici fiscali
aggiuntivi nella forma di un credito d’imposta per l’acquisto di nuovi beni strumentali destinati a strutture produttive nelle regioni
del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31
dicembre 2019. La misura dell’agevolazione è differenziata in relazione alle dimensioni aziendali: 20 per cento per le piccole
imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese. Il tetto massimo per ciascun progetto di
investimento agevolabile è di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie imprese e di 15 milioni per le
grandi imprese. La norma vale 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019. Sarà un provvedimento
attuativo dell’Agenzia delle Entrate a definire le modalità di richiesta del credito da parte dei soggetti interessati.
• A favore del Mezzogiorno sono anche le misure della Legge di Stabilità volte a superare il patto di stabilità interno e ad attivare
meccanismi di gestione del bilancio che consentono di disporre complessivamente di risorse pari a 11 miliardi per investimenti
pubblici, di cui più di 7 per il Sud.
Legge di stabilità 2016
• Avviamento attività - Si stabiliscono incentivi alle aggregazioni aziendali per favorire la crescita della dimensione delle imprese,
consentendo ai contribuenti di ridurre il periodo di ammortamento previsto per l’avviamento e i marchi d’impresa da 10 a 5 quote.
• Ires - Il percorso di alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese continuerà nel 2017 anche attraverso la riduzione
dell’aliquota d’imposta sui redditi delle società (IRES). Dal 1° gennaio 2017 quest’ultima viene ridotta dal 27,5 al 24%. Questo
provvedimento, che fa seguito alla detassazione dal 2015 della componente del costo del lavoro assoggettata all’IRAP, mira a
condurre il prelievo sui risultati di impresa verso i livelli medi europei.
• Canone Rai - si riduce da 113,500 euro a 100 euro e si pagherà con la bolletta elettrica.
• Sgravi fiscali sulle assunzioni - si agisce con la prosecuzione, in forma ridotta (al 40%), degli sgravi contributivi per le assunzioni a
tempo indeterminato, che nel 2015 ha prodotto effetti importanti e ha accompagnato le riforme introdotte nel mercato del lavoro
con il c.d. Jobs act.
A queste misure si affiancherà la detassazione del salario di produttività, volta a favorire la negoziazione salariale di secondo
livello.
• Istruzione - La manovra di bilancio include importanti interventi per l’istruzione, la ricerca e il sistema della cultura. Si intende
premiare il merito e accrescere il livello delle nostre università. Questi interventi completano lo sforzo in favore della creazione di
capitale umano effettuato con la Buona Scuola, operante dall’anno scolastico 2015-16.
• Pensioni – la legge di stabilità interviene per tutelare alcune fasce di soggetti prossimi al pensionamento in condizioni di
disoccupazione. In particolare, in chiave di flessibilità, si garantiscono misure di salvaguardia per una quota residua di ‘esodati’ e si
prevedono misure agevolative per le donne che intendano lasciare il lavoro con 35 anni di contributo a fronte di una decurtazione
del trattamento pensionistico (“opzione donna”). Si introduce inoltre una misura volta a favorire il ricambio generazionale
attraverso l’utilizzo della leva del part time per i lavoratori vicini al pensionamento. Va rilevato che non viene modificato l’assetto
del sistema pensionistico e che le misure sono finanziate nell’ambito del sistema previdenziale, in parte estendendo l’intervento
sull’indicizzazione delle pensioni introdotto nel 2013.
Legge di stabilità 2016
• No-tax area – per i pensionati viene anticipato al 2016 l'innalzamento della soglia di reddito al di sotto della quale non si paga
l’Irpef. Nel dettaglio, per gli ultrasettantacinquenni la soglia sale da 7.750 euro a 8.000 euro, per i pensionati sotto i 75 anni la
soglia sale da 7.500 a 7.750 euro.
• Tutela lavoratori - viene prorogata al 2016 l’indennità di disoccupazione riservata ai lavoratori con rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa e a progetto iscritti alla gestione separata INPS (c.d. DIS-COLL), al fine di garantire una protezione in caso
di perdita del lavoro per i giovani precari.
• Infanzia – sono estese al 2016 le misure di congedo di paternità e il riconoscimento di voucher per l'acquisto di servizi di babysitting, ovvero per fare fronte agli oneri per l’accesso a servizi per l'infanzia, con estensione della possibilità di beneficiare di
voucher anche alle lavoratrici autonome.
• Sicurezza - sono stanziati 300 milioni di euro per l'ammodernamento delle strumentazioni e delle attrezzature dei comparti difesa
e sicurezza e per gli investimenti volti ad adeguare le capacità di contrasto al terrorismo. Per rafforzare la cyber security è prevista
una dotazione di 150 milioni. Al personale delle forze di polizia e delle forze armate, per il riconoscimento dell'impegno profuso
per fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale, viene corrisposto un contributo straordinario pari a 80 euro netti al
mese. Persegue l'obiettivo di migliorare la sicurezza dei cittadini anche il programma straordinario di intervento per la
riqualificazione urbana, per il quale sono stanziati 500 milioni- Il programma include anche lo sviluppo di pratiche per l'inclusione
sociale, la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, l'adeguamento delle infrastrutture legate ai servizi sociali.
• Cultura - vengono resi immediatamente utilizzabili dai Comuni 500 milioni per interventi di edilizia scolastica. Ai giovani che nel
2016 compiono 18 anni si attribuisce una Carta elettronica di importo di 500 euro, da utilizzare per l'ingresso a musei, teatri,
cinema, mostre. Viene inoltre incrementato di 50 milioni di euro il Fondo per la concessione di borse di studio.
• Carta famiglia - la card, istituita a partire dal 2016, è rivolta alle famiglie che ne fanno richiesta, costituite da cittadini italiani o
stranieri regolarmente residenti in Italia con almeno tre figli minori a carico. La carta, emessa dai Comuni secondo criteri fissati con
un successivo decreto ministeriale, viene erogata in base all'ISEE e consente l'accesso a sconti o tariffe agevolate per l'acquisto di
beni e servizi. La card può essere utilizzata anche per costituire gruppi di acquisto familiare, gruppi di acquisto solidale o per
usufruire di biglietti o abbonamenti familiari a servizi di trasporti, culturali, sportivi, turistici. I partner potranno valorizzare la loro
partecipazione all'iniziativa a scopi promozionali o pubblicitari.
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