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testo tesi - Diario per la Prevenzione

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testo tesi - Diario per la Prevenzione
UNIVERSITA' DEGLI STUDI “G. d’Annunzio”
Chieti-Pescara
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Infermieristica
Presidente: Prof. Marisa Cacchio
Tesi di Laurea
“Problemi Applicativi dell’Art. 13 D.Lgs 81/08 s. m. i.: La
Vigilanza del Personale del S.S.N. Effettuata dalla Stessa
Azienda Sanitaria Locale Competente per Territorio.
Il Pericolo di Conflitto d’Interesse”
Laureanda:
Loredana Raimondi
Relatore:
Chiar.mo Prof.
Francesco D’Adamio
A.A. 2010/2011
INTRODUZIONE .......................................................................................... 1
1
CAPITOLO: Evoluzione storica e legislativa del sistema di vigilanza. . 5
1.1
Cenni storici. ................................................................................... 5
1.2
Le competenze delle ASL in materia di salute e igiene del lavoro. 9
1.3
Il coordinamento degli interventi di vigilanza. ............................. 11
2 CAPITOLO: L'applicazione del Modello Comando/Controllo della
Vigilanza ASL. ............................................................................................. 12
3
2.1
L'espletamento dell'attività di vigilanza da parte dell'ASL. .......... 13
2.2
Il sistema di AUDIT. .................................................................... 19
2.3
L'Accreditamento. ......................................................................... 22
CAPITOLO: Vigilanza ASL: Quello che non c’è ancora. ................... 27
3.1
La necessità di innovare il modello "Comando/Controllo". Alcune
proposte. ................................................................................................... 27
3.2
La "Sindrome del side-car": contraddizioni e punti deboli del
sistema sanità. ........................................................................................... 30
3.3
Attivare una “Vigilanza di Processo” superando i “fatti di tipo
materiale”. ................................................................................................ 33
4
3.4
L'"Auditor di processo": il soggetto che non c'è. O forse sì. ......... 36
3.5
Autority (O Autorita' Amministrativa Indipendente): ................... 38
3.6
Le Asseverazioni. .......................................................................... 38
CAPITOLO: Costruire comportamenti per ottenere risultati. .............. 43
4.1
La Behavior-Based Safety (BBS): un approccio scientifico alla
sicurezza sul lavoro. ................................................................................. 43
4.2
Applicare la Behavior Based Safety in ambito medico-sanitario:
presentazione di uno studio. ..................................................................... 48
4.3
Le Precauzioni Standard (SP) e gli strumenti operativi: linee guida,
procedure, protocolli. ............................................................................... 51
5
CAPITOLO: Una proposta diversa ….................................................. 63
5.1
La soluzione adottata dalle regioni Piemonte e Liguria. ............... 63
5.2
Conclusioni. ................................................................................... 63
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA. ............................................................ 68
I
Bibliografia .............................................................................................. 68
Sitografia .................................................................................................. 69
RINGRAZIAMENTI. .................................................................................. 71
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1 - I rischi per la salute e la sicurezza: alcuni dati dell'O.M.S. ...... 35
Figura 2 - Dati che evidenziano quanto i comportamenti influiscano sul
verificarsi di infortuni in un'impresa campione. .......................................... 43
Figura 3 - Schematizzazione del modello interazionista. ............................ 45
Figura 4 - Piramide o triangolo della sicurezza.......................................... 46
Figura 5 - Hazards news releases Hospital Sheffield England
www.hazards.org ......................................................................................... 62
Figura 6 - “Poteva andare meglio” Mi dispiace! di Loredana Raimondi
Tecnica mista ed applicazione di materiali su tavola 60x50 cm. 11/1998 . 67
LEGENDA
A
A: Autority o
Autorità
Amministrativa
Indipendente;
aa: anni;
ACCREDIA:
Ente Italiano di
Accreditamento;
ad:
amministratore
delegato;
art.: articolo;
ASL: Azienda
Sanitaria Locale;
AUSL:Azienda
Unità Sanitaria
Locale;
Az.: Azienda;
C
CDC: Centers for
Disease Control;
c.d.: così detto;
CE: marchio,
direttiva,
regolamenti
Certificato
Europeo;
cfr.: dal latino
confer - confronta;
C.U.: Controlli
Ufficiali;
D
DG: Direttore
Generale;
DGR: Delibera
Giunta Regionale;
D.Lgsl: Decreto
Legislativo;
D.L: Datore di
Lavoro;
DM: Decreto
Ministeriale;
DPL: Direzione
Provinciale del
Lavoro;
DNV: Italia: Det
Norske Veritas;
DSP: Dipartimento
Sanità Pubblica;
E
ECG: Elettro
Cardio Gramma;
ecc.: eccetera;
EN: Norma
Europea;
G
GGT: Gamma GT
gammaglutamiltransferasi;
II
LEGENDA
H
HBsAg/HBsAG:
antigene di
superficie
dell'epatite B;
HBcAb/HbcAb:
Epatite B Core
Anticorpo;
HBsAb: Epatite
B anticorpi di
superficie;
HCVAb: Epatite
C anticorpi contro
il virus;
R
®: Marchio
Registrato
RLS:
Rappresentanti
dei Lavoratori per
la Sicurezza;
RSPPA:
Responsabile
Servizio
Prevenzione e
Protezione
Aziendale;
Rx: Radiografia;
I
INAIL: Istituto
Nazionale
Assicurazioni
Infortuni sul
Lavoro;
INPS: Istituto
Nazionale
Previdenza
Sociale;
ISPESL: Istituto
Superiore per la
Prevenzione e la
Sicurezza del
Lavoro;
ISO: Norma
Internazionale;
M
MC: Medico
Competente;
S
SA: Social Accountability;
SCC: Safety Cecklist for Contractors;
SGSL: Sistema di Gestione;
SGQ: Sistema di Gestione Qualità;
Sincert: Sistema Nazionale per
Accreditamento Organismi Certificazione e
Ispezione;
Sinal: Sistema Nazionale Accreditamento
Laboratori;
SIT: Servizi Taratura;
s.m.i.: sue modifiche integrazioni;
Salute/Sicurezza sul Lavoro;
O
OHSAS:
Occupational HeAlth and Safety
Assepssment;
O.M.S.:
Organizzazione
Mondiale della
Sanità;
OP: Organismi
Paritetici;
OSA: Operatore
P
PA: Pubblica Amministrazione
e/o Pressione Arteriosa a
seconda del contesto;
del Settore
Alimentare;
T
TPHA:
Treponema
Pallidum
Hemagglutination
Test;
U
UA: Unità Assistenziale;
UO: Unità Operativa;
Uni INAIL: Ente Nazionale
Italiano di Unificazione per
linee guida INAIL;
UNI ISO: Ente Nazionale
Italiano di Unificazione International Organization for
Standardization;
UPG: Ufficiali di
Polizia Giudiziaria;
u.s.: ultimo scorso;
--------------------------------------
SSN: Servizio Sanitario Nazionale;
SSR: Servizio Sanitario Regionale;
SPreSAL: Servizio Prevenzione e
Sicurezza Ambienti Lavoro;
V
VDRL: Veneral Disease
Research Laboratories Sierodiagnosi per LUE;
SSL: Salute e Sicurezza sul Lavoro;
III
INTRODUZIONE
“La sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro continua ad essere
un'emergenza nazionale che richiede il concorso e l’impegno congiunto,
convinto e determinato delle forze sociali e istituzionali del Paese": questo
in sintesi l’appello pressante del Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, ribadito in varie occasioni, non ultimo nel discorso di fine anno
2010 agli italiani e dopo la sentenza per la morte dei sette operai,
dell’acciaierie ThyssenKrupp, nella quale il tribunale torinese, il 15 aprile
us. ha condannato in primo grado per omicidio volontario l'amministratore
delegato e per omicidio colposo altri cinque dirigenti della Thyssen.
Oggi grazie al Suo sostegno e sensibilità, si sta consolidando sempre
più la convinzione nei datori di lavoro e nei politici – benché con immane
lentezza – che investire in salute e sicurezza sul lavoro, praticare la
prevenzione, promuovere la formazione, l’equità dei diritti, risolvere i
conflitti d’interesse, effettuare la necessaria sorveglianza sanitaria sui/lle
lavoratori/trici, innovare il sistema di vigilanza ispettiva, accreditare,
certificare strutture, eseguire report, lavorare per obiettivi, revisionare i
processi lavorativi, ecc. è assolutamente necessario, come é imperativo
effettuarlo in modo capillare nei luoghi di lavoro se vogliamo che questa
costituisca la scelta strategica per migliorare la competitività dell’azienda e
il ben-essere lavorativo al suo interno.
Tutto ciò, senza trascurare l’aspetto etico e di dignità dei lavoratori e
delle lavoratrici - al fine di incrementare la produttività in termini di
rapporto costi/benefici e per migliorare le performances offerte ai propri
dipendenti, alla società, e infine a se stessi in veste di imprenditori,
amministratori delegati, direttori generali - traendone un equo profitto nel
pieno rispetto della “Persona”.
1
Il mero adeguamento burocratico e l'applicazione di una corretta
vigilanza sanitaria non porteranno da soli alla riduzione dei costi sociali
legati agli infortuni sul lavoro, alle cause di servizio e alle malattie
professionali, ma rappresentano il punto di partenza necessario a contenere
le diseconomie e, allo stesso tempo, a creare valore aggiunto, un circuito
oggettivamente virtuoso e concretamente realizzato senza andare a discapito
di nessuno.
Tutta la collettività, e chi è preposto alla vigilanza deve sostenere e
proporre la “cultura della sicurezza” come principale sistema da
diffondere capillarmente, per debellare la piaga degli infortuni e
dell’autoreferenzialità nel mondo imprenditoriale, nonché per combattere le
incongruenze e le conflittualità di gestione che spesso e volentieri
accompagnano l’impatto dei “nuovi rischi” sulla comunità lavorativa della
sanità.
Ognuno di noi deve avvertire l’esigenza di estendere l’attenzione alla
prevenzione, alla cura, alla riabilitazione ed al reinserimento del lavoratore
infortunato, per il pieno recupero della vita professionale e sociale.
L’attività di prevenzione e vigilanza richiede, per sua stessa natura,
collaborazione tra professioni diverse, mettendo in pratica sinergie, ruoli e
competenze volte ad una dimensione territoriale ampliata ed amplificata,
“vicina ai problemi delle persone”, che si concretizzi in una rete di impegni
coordinati, integrati e senza dispendiosi e ridondanti accavallamenti di
attività.
Il “Testo Unico” sulla sicurezza, il D.Lgs 81/2008 s. m. i. promuove
la “cultura della salute e della sicurezza sul lavoro” in modalità
“proattiva”, (come nell’inglobato ed indimenticato D.Lgs 626/94) con
2
percorsi di formazione e nuove responsabilità per gli attori diretti ed
indiretti della prevenzione.
L’universo produttivo pur essendo sempre più fluido, in continua
trasformazione, all’interno di un mercato del lavoro globalizzato ed ancora
oggi troppo deregolarizzato, precario, terribilmente mutevole, deve sempre
più spesso innovare le modalità operative, proprio come sta accadendo nelle
pubbliche amministrazioni e come dovrebbe avvenire nel modello di
vigilanza delle ASL e annessi Dipartimenti di Sanità Pubblica – i quali
dovrebbero demandare la verifica e la valutazione del modello di gestione
della salute e sicurezza sul lavoro, e di tutte le tutele messe in opera dal
datore di lavoro per il personale del Servizio Sanitario Nazionale durante lo
svolgimento delle attività professionali, a “terzi”.
Ciò costituisce, nella vita civile di un paese come il nostro, una
doverosa risposta alle tante emergenti domande di correttezza e di “qualità
sociale”, che trascende la tradizionale “qualità economica” (finalizzata solo
alla soddisfazione dei bisogni correlati agli specifici rapporti “contrattuali”
tra datore di lavoro e dipendente, tra produttore e cliente/consumatore), che,
seppur ancora imposta dalle leggi di mercato, è destinata sempre di più a
fare posto alla “qualità etica” .
Ma alla luce di tali nuove istanze, orientate alla centralità della
persona a giusto discapito della macchinosa burocrazia, occorre chiedersi
perché, a circa tre anni dall'entrata in vigore del testo unico, permanga in
essere un lampante pericolo di “conflitto d’interesse” nella vigilanza del
personale del SSN, che è costituito da diverse migliaia di professionisti?.
3
Il ragionamento è lapalissiano:
→ se l'art. 13 del Testo Unico prevede che "la vigilanza sull'applicazione
della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è
svolta dalla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio", che è
l'organo di riferimento della sanità pubblica, avendone le specifiche
competenze,
→ e se il legislatore non ha inserito alcuna eccezione circa l'organo di
vigilanza del personale SSN,
→ ne deriva che la vigilanza sanitaria nei confronti del personale dipendente
delle ASL italiane verrà effettuata dalle stesse Aziende Sanitarie Locali: si è
creata così una quantomeno (utilizzando un termine eufemistico) curiosa
identità tra "il datore di lavoro controllato e l'organo controllore".
Se, come lo ha definito Dennis F. Thompson, ricercatore e docente
alla Harvard University, il conflitto d'interesse è “Un insieme di condizioni
per le quali il giudizio professionale riguardante un interesse primario,
tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario”, (in
Understanding financial conflict of interest, in New England Journal of
Medicine, 1993) è chiaro che nel caso in esame il pericolo è forte e
concreto: il legislatore, se vuole rendere effettiva la "cultura della
sicurezza", oggi solo affermata a parole, senza creare discriminazioni nel
personale dipendente del SSN, dovrebbe necessariamente porsi il problema,
e giungere finalmente ad una risoluzione che implichi il rispetto degli artt. 3
e 32 della carta costituzionale - prima che vengano modificati.
4
1
CAPITOLO: Evoluzione storica e legislativa del sistema di
vigilanza.
1.1
Cenni storici.
Per comprendere a fondo quale sia la portata del problema oggetto di
questa tesi e quali le sue conseguenze, occorre preliminarmente fornire
alcuni cenni storici, senza pretesa di esaustività, sull'evoluzione del sistema
di vigilanza in Italia.
Dopo alcuni tentativi partiti alla fine del 1800 con il governo
Depretis, fu solo nel 1902 che si decise di creare, presso il Ministero
dell'Agricoltura Industria e Commercio, un Ufficio del Lavoro che aveva il
compito di raccogliere, coordinare e pubblicare informazioni relative al
lavoro su tutto lo Stato e nei paesi esteri coinvolti dall'emigrazione italiana:
gli impiegati di questo ufficio furono i primi ispettori del lavoro nel nostro
paese!
Un vero e proprio Corpo degli Ispettori del Lavoro, nacque soltanto
nel 1906; negli anni successivi l'organizzazione centrale dello Stato italiano
venne modificata profondamente a seguito della prima guerra mondiale e
dell'avvento del regime fascista, conseguentemente gli Ispettorati divennero
di volta in volta amministrazioni periferiche di differenti dicasteri (da quello
del lavoro e della previdenza sociale, nato nel 1920, a quello dell'economia).
Con il passaggio alla Repubblica, l'Ispettore del Lavoro conosce
un'evoluzione segnata dalla rapida ascesa sociale ed economica e da nuove
idee legislative e giuslavoristiche.
Negli anni cinquanta con il DPR 19 marzo 1955 n. 520
(“Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero”), vennero poste le
basi dell'attuale ordinamento dell'Ispettore del Lavoro: esso dipendeva
5
dall'Ispettorato del Lavoro con sede in ogni Provincia, ed era organo
periferico del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
La vigilanza in quegli anni era sotto il Ministero del Lavoro e ci rimase
fino al 1982 in termini di delega alle regioni di svolgere la vigilanza tramite
le ASL nei luoghi di lavoro, prima infatti, era tutto centralizzato al ministero
del lavoro.
Le sanzioni comminate, erano tutte di natura penalistica e la
funzione dell'Ispettore era quella di accertare e fare rapporto al magistrato
inquirente (da qui la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, cfr. l'art.
8 del DPR n. 520/1955.).
Un sistema di questo tipo, pur esistendo meccanismi deflattivi
dell'ambito penalistico, non permetteva una tutela rapida dei diritti dei
lavoratori che venivano penalizzati dalle lungaggini che affliggevano già
allora i processi civili e penali.
Successivamente ad una serie di riforme avvenute negli anni
sessanta, si ampliarono i diritti dei lavoratori, reprimendo fenomeni come il
"caporalato", e riconoscendo la posizione dei sindacati nelle aziende,
ponendo le basi per l'emanazione della Legge n. 300/1970 c.d. “Statuto dei
lavoratori”.
Con l'aumentare dei compiti dell'Ispettorato del Lavoro, nasceva
l'esigenza di fornire strumenti sanzionatori più immediati, bypassando le
lungaggini del processo penale ordinario: la soluzione venne trovata
trasformando moltissime sanzioni penali in sanzioni amministrative
pecuniarie (Legge n. 689 del 1981).
6
Praticamente, l'ispettore poteva irrogare direttamente la sanzione con
proprio provvedimento, (la c.d. notifica di illecito amministrativo), e il
trasgressore poteva fare ricorso con costi e tempi contenuti, rispetto a quelli
del processo penale.
Esisteva comunque in estrema ratio la possibilità di rivolgersi al
giudice per risolvere l'eventuale controversia.
Il processo di depenalizzazione degli anni '70 costituì una modifica
di enorme importanza per il lavoro dell'Ispettore, che rimane ancor oggi
subordinato
al
sistema
di
vigilanza
basato
sul
modello
del
comando/controllo.
Nel frattempo, però, la Legge n. 833/78, istituenda del Servizio
Sanitario Nazionale, aveva trasferito alle regioni gran parte delle funzioni
di vigilanza in materia di igiene e sicurezza del lavoro.
Il S.S.N. legittimato con la legge del 23 dicembre 1978, a partire
dalle riforme legislative dei primi anni novanta, ha reso sempre più incisive
ed autonome le funzioni delle Regioni in materia di legislazione
concorrenziale sanitaria, assistendo ad una continua rimodulazione delle
stesse. Le Regioni hanno visto, accrescere nell’ultimo decennio il ruolo ad
esse conferito dal potere statale in questa delicata materia.
Così ché, la modifica del Titolo V, Parte II, della Costituzione – che
è intervenuta nel 2001 con la legge costituzionale n. 3 ha fornito al potere
regionale, ulteriori occasioni di crescita del proprio potere, conquistando
ampi spazi di autonomia nella configurazione del regime organizzatorio e
funzionale dei propri servizi sanitari, modificando profondamente l’assetto
delle competenze tra Stato e Regioni.
7
L’attuale art. 117 della Cost., contemplando una serie di materie
concorrenti disciplinate nei loro principi fondamentali dallo Stato e nel
dettaglio dalle Regioni - hanno contribuito alla evoluzione “in senso
federalistico” dei decreti di riordino dei primi anni novanta e, più
recentemente, in senso più deciso, l’accordo dell’8 agosto 2001 tra Stato e
Regioni.
E perché allora non valutare di legiferare in merito allo scorporo:
a) di un nuovo modello del sistema di vigilanza ASL;
b) la terziarizzazione del personale del SSR?
Attualmente dunque la vigilanza in materia di sicurezza e igiene del
lavoro è espletata, nell’ambito delle rispettive competenze, dalle regioni
attraverso le Aziende Sanitarie Locali (ASL) e dallo Stato attraverso
l’ISPESL, le Direzioni Provinciali del Lavoro, i Vigili del Fuoco.
Un’attività di solo accertamento, è svolta dall’INAIL per gli aspetti
esclusivamente assicurativi.
La Legge di riforma sanitaria n. 833/78 ha trasferito alle ASL le
competenze amministrative primarie, ovvero la vigilanza in materia di
sicurezza e igiene del lavoro.
Agli Ispettori del lavoro rimangono però le funzioni di Polizia
Giudiziaria e il controllo sul contratto di lavoro (emersione del nero,
controversie sulla tipologia di contratto, corrispettivi non pagati, ecc.).
Pertanto, in materia di sicurezza e igiene del lavoro operano due
diverse categorie di ufficiali di polizia giudiziaria:
8
 Ispettori del lavoro, che operano su denuncia o su richiesta
dell’autorità giudiziaria, con obbligo di inoltrare sempre rapporto
alla stessa in caso di constatazione di reato;
 Ispettori delle ASL ai quali, spetta l’esercizio dell’attività di
vigilanza ordinaria.
Il Decreto Legislativo n. 81/08 s. m. i., sostanzialmente conferma le
attribuzioni e le competenze di vigilanza sull’applicazione della legislazione
in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro già assegnate alle ASL
ex art. 23 D.Lgs 626/94 – oggi D.Lgs 81/08 s. m. i. art. 13 c.:
 La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall’Unità
Sanitaria Locale e, per quanto di specifica competenza, dal
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il settore
minerario, al Ministero dell’Industria, del Commercio e
dell’Artigianato.
1.2
Le competenze delle ASL in materia di salute e igiene del lavoro.
In sintesi, oggi dopo l'evoluzione legislativa che ha portato al D.Lgs.
626/1994 ed al D.Lgs. 81/2008 s.m.i., alle ASL sono state attribuite
competenze in materia di:

prevenzione degli infortuni e malattie professionali;

igiene e medicina del lavoro;

igiene dell’ambiente;

vigilanza in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
Tali compiti comportano, sostanzialmente, le attività di:

rilievo, accertamento e controllo degli agenti nocivi presenti negli
ambienti di lavoro;
9

individuazione delle misure idonee all’eliminazione o riduzione dei
fattori di rischio degli ambienti di lavoro;

elaborazione di mappe di rischio;

studio e verifica della compatibilità degli strumenti urbanistici e dei
piani di insediamento industriali, con le esigenze di salvaguardia
ambientali;

informazione e assistenza alle imprese in materia di prevenzione, pur
nei limiti imposti dall’attuale legislazione.
Sono stati istituiti i dipartimenti di prevenzione, strutture operative
dell’Unità Sanitaria Locale aventi autonomia organizzativa e contabile, che
garantiscono “la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di
promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità,
miglioramento della qualità della vita”.
I campi di intervento dei dipartimenti di prevenzione sono:
a) profilassi delle malattie infettive e parassitarie;
b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita anche con
riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali;
c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari
connessi agli ambienti di lavoro;
d) sanità pubblica veterinaria, che comprende sorveglianza epidemiologica
delle popolazioni animali, profilassi delle malattie infettive e parassitarie;
e) farmacovigilanza veterinaria, igiene delle produzioni zootecniche, tutela
igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale;
f) tutela igienico-sanitaria degli alimenti;
g) sorveglianza e prevenzione nutrizionale.
10
Gli Ispettori delle ASL hanno la facoltà di visitare le aziende in
qualsiasi momento e devono conservare il segreto sui processi di
lavorazione dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.
1.3
Il coordinamento degli interventi di vigilanza.
L'aspetto che salta subito all'occhio è la numerosità degli organi di
vigilanza; del resto, essa è dovuta alla peculiarità della tematica sicurezza
sul lavoro ed alla sua complessità, dettata dall'esigenza di abbracciare tutti i
rami economici e tutte le competenze messe in campo da una nazione.
Conseguentemente,
è
chiara
l'esigenza
di
un
organo
di
coordinamento degli interventi.
Con il DM del 19 gennaio 2006 è stata istituita la Commissione
centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, prevista dall’art. 3
del D.lgs n. 124/2004, di cui fanno parte il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, l’INPS, l’INAIL, la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle
Entrate, la Commissione nazionale per l’emersione del lavoro irregolare, i
rappresentanti delle organizzazioni sindacali e datoriali.
Il ruolo dell’organismo è di coordinare a livello nazionale l’attività
di tutti gli organi impegnati sul territorio nelle azioni di contrasto del lavoro
sommerso e irregolare, di individuare gli indirizzi, gli obiettivi strategici e le
priorità degli interventi ispettivi.
11
2
CAPITOLO: L'applicazione del Modello Comando/Controllo della
Vigilanza ASL.
La vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, a
norma dell'art. 13 D.Lgs. 81/08 s.m.i., è svolta dalla azienda sanitaria locale
competente per territorio.
All'interno di ogni Azienda, l'ufficio che concretamente pone in atto
il compito di vigilanza è il Servizio Prevenzione e Sicurezza negli
ambienti di lavoro (S.Pre.S.A.L.) al quale compete la qualifica di ufficiale
di polizia giudiziaria (UPG)
A norma dell'art. 9, comma 6, lett. i), D.Lgs. 81/2008 s.m.i., l’attività
di vigilanza specifica sulle strutture sanitarie del Servizio sanitario
nazionale dovrebbe essere svolta dallo SPreSAL in collaborazione
(volontaria, non obbligatoria) con l'ISPESL, l'ente pubblico con
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro creato ad hoc per
esercitare attività di consulenza e vigilanza.
Il fatto che il legislatore avesse inserito proprio per le strutture
sanitarie un'ipotesi di "vigilanza in compresenza" con un ente esterno alle
ASL, faceva ben sperare circa la possibilità di evitare un conflitto di
interessi tra controllore e controllato nelle strutture sanitarie pubbliche,
magari adottando in futuro un passaggio da questa forma di "vigilanza in
compresenza" ad una completa esternalizzazione del servizio ad un
soggetto terzo indipendente.
La situazione evolutiva ha però subìto una battuta d'arresto con
l'entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n. 122 che ha abrogato
l'ISPESL: oggi tutte le funzioni svolte prima da questo ente - che non esiste
più - sono passate sotto l'egida dell'INAIL, che si trova a dover ri-
12
razionalizzare le proprie competenze e professionalità, dovendo fare fronte a
un numero molto consistente di compiti ma con il proprio organico
numericamente immutato.
E, dunque, il problema di come evitare sovrapposizioni tra la figura
del datore di lavoro e quella dell'ente di controllo negli ospedali e nelle
altre strutture sanitarie pubbliche rimane ancora insoluto.
2.1
L'espletamento dell'attività di vigilanza da parte dell'ASL.
Le ASL sono strutture operative del Servizio Sanitario Nazionale
presenti a livello provinciale sul territorio.
Nell’ambito dell’azienda sanitaria locale, é istituita una struttura,
denominata Dipartimento di Prevenzione, articolato in quattro servizi:
 Igiene e sanità pubblica;
 Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SPreSAL);
 Igiene degli alimenti e della nutrizione;
 Veterinari.
Il controllo e la vigilanza sul rispetto delle norme antinfortunistiche
negli ambienti di lavoro sono dunque competenza del servizio SPreSAL,
interno al Dipartimento di Prevenzione di ogni singola ASL.
In particolare, il personale ispettivo SPreSAL:
 verifica la sicurezza nei locali di lavoro, degli impianti, delle
macchine, degli utensili, del modello organizzativo, dei disagi
lavorativi dei lavoratori, ecc.;
 conduce indagini:
 per conto della magistratura in occasione di infortuni sul
lavoro di particolare gravità;
13
 sulle condizioni di sicurezza negli ambienti di lavoro.
Il personale ispettivo è costituito da:
 medici specializzati in medicina del lavoro;
 tecnici laureati o diplomati che rivestono la qualifica di ufficiali di
polizia giudiziaria.
Essi, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, hanno la facoltà di:
 visitare in qualsiasi momento ed in ogni parte i luoghi di lavoro e
relative dipendenze;
 sottoporre a visita medica il personale occupato, prelevando
campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi;
 richiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori
le informazioni che ritengono necessarie per l’adempimento delle
loro funzioni, comprese quelle sui processi di lavorazione;
 prendere visione presso gli ospedali, ed eventualmente di chiedere
copia, della documentazione clinica dei lavoratori ricoverati per
malattie dovute a cause lavorative o presunte tali.
I lavoratori che ritengono di avere subito una violazione dei propri
diritti o che manifestano un disagio legato all’organizzazione del lavoro
possono rivolgersi ai Dipartimenti di Sanità Pubblica, Servizi di
Prevenzione Igiene e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro delle Aziende
Unità Sanitarie Locali del territorio, agli ambulatori e/o sportelli del
disagio, per una segnalazione, al fine di essere presi in carico per le
necessità del caso.
Gli addetti alla vigilanza ispettiva si recano nei luoghi di lavoro,
verificano, accertano, sanzionano, producono “Disposizioni” o Sospensive
14
ai datori di lavoro (DL), laddove si manifestano violazioni di obblighi di
legge.
In conseguenza alla visita ispettiva, il DL. ad esempio può aderire
ad un percorso di “benessere lavorativo” in collaborazione con le AUSL:
tale percorso si sostanzia anzitutto nel coinvolgimento di vari referenti
aziendali (i Dirigenti, i Preposti, gli RLS, i Lavoratori) e nella creazione di
un gruppo di lavoro multidisciplinare, che produca un’analisi del clima
organizzativo, un’azione di informazione e formazione per dirigenti,
preposti, RLS, lavoratori.
Occorre poi effettuare una pianificazione delle azioni di
miglioramento a breve, medio, lungo termine, prevedendo nel progetto la
verifica/revisione delle azioni concretizzate, la loro scadenza, così da
avere un monitoraggio aggiornato delle azioni di miglioramento continuo
nella tutela del lavoro, dei lavoratori e degli ambienti di lavoro.
Questi sono gli aspetti in cui si sostanzia l'attività del personale
ispettivo ASL secondo lo schema del comando/controllo; ad un occhio
superficiale la procedura potrebbe apparire buona e giusta: ogni lavoratore
che ritiene di aver subìto una violazione del proprio "diritto a lavorare in
sicurezza" trova nel Dipartimento di Sanità Pubblica il proprio
interlocutore .... e questo è buono per il lavoratore dell'azienda privata, o
di famiglia, o perfino dell'ente pubblico territoriale.
Ma cosa succede quando a rivolgersi allo SPreSAL è il lavoratore
dipendente della stessa ASL?
Cosa succede quando il personale ispettivo dello SPreSAL (il cui
datore di lavoro è la ASL) e deve ad esempio verificare l'esistenza di
15
violazioni a danno di un infermiere in reparto ospedaliero - il cui datore
di lavoro è il suo medesimo?
La risposta il legislatore non ce l'ha data, forse perché non ha
voluto porsi il problema ed è strano perché il problema è sotto gli occhi di
tutti.
Vediamo, in dettaglio, quali sono le attività che deve svolgere
l'ispettore a seguito di una segnalazione del lavoratore.
Per accedere ai luoghi di lavoro gli ispettori ASL sono nominati dal
Prefetto Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG), con obbligo di comunicare
all'Autorità Giudiziaria i reati di cui vengono a conoscenza, fare indagini,
individuare i soggetti responsabili:
 Effettua ricerche programmate per accertare e rimuovere i fattori di
rischio presenti in determinati settori produttivi, su specifici
problemi di rischio e di danno di origine professionale, e attiva
ricerche epidemiologiche e accertamenti sanitari mirati;
 Risponde alle richieste di intervento all’interno dei luoghi di lavoro
da chiunque presentate;
 Effettua attività di vigilanza sia programmata, sulla base dei criteri
di diffusione e di gravità del rischio, sia su domanda, rispondendo
alle richieste di intervento all’interno dei luoghi di lavoro;
 Formula pareri preventivi sui progetti di costruzione, ampliamento,
cambi di destinazione di insediamenti industriali e di attività
lavorative in genere;
16
 Formula pareri e rilascia deroghe, dove espressamente previsto, su
norme di igiene e sicurezza del lavoro;
 Effettua attività di vigilanza e controllo sugli accertamenti sanitari
preventivi e periodici eseguiti dai medici competenti ed esamina i
ricorsi presentati dai lavoratori avverso il loro giudizio di
idoneità/inidoneità alla mansione specifica, eseguendo accertamenti
specialistici e rispondendo in merito;
 Effettua iniziative nel campo della formazione e dell'educazione
sanitaria anche attraverso la pubblicazione di linee guida;
 Effettua attività di informazione ed assistenza in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro a singoli lavoratori, alle organizzazioni
sindacali, agli RLS, ai RSPP, ai datori di lavoro ed alle loro
organizzazioni nonché ai medici competenti;
 Effettua valutazioni dello stato di salute di singoli lavoratori in
relazione alla loro attività lavorativa;
 Verifica l'idoneità del posto di lavoro assegnato a particolari
categorie di lavoratori (disabili, donne in gravidanza ed allattamento,
soggetti con limitazioni di idoneità alla mansione, turnisti, ..);
 Garantisce, in orario di servizio, l’intervento immediato nel caso di
infortuni gravi o mortali o di segnalazioni urgenti;
 Svolge compiti su espressa delega dell’Autorità Giudiziaria.
17
A questo punto, la domanda che dobbiamo porci è tremendamente
banale: può bastare, per avere la garanzia dell'operato corretto e
imparziale da parte del personale ispettivo SPreSAL, sperare che
quest'ultimo non tradisca i doveri del dipendente pubblico previsti agli
artt. 97 e 98 della Costituzione che recitano:
all’art. 97: "i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni
di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità
dell'amministrazione" nei confronti dei cittadini;
all’art. 98: "i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della
Nazione" e non solo dell'ufficio pubblico con il cui dirigente hanno firmato
il contratto di lavoro) e commini una sanzione al proprio datore di lavoro,
qualora rilevasse violazione di norme antinfortunistiche nei confronti di
un altro dipendente?
In tutta sincerità, in tanti anni di servizio prestato alle dipendenze
di una ASL come infermiera, questo non è mai accaduto, e credo che porre
all'attenzione di tutti la questione possa essere la chiave di volta per fare in
modo che qualcosa finalmente possa cambiare.
Chi ha reso la questione di dominio pubblico, ha voluto provare
anche a dare risposte cercando nel nostro stesso ordinamento la soluzione:
si è detto che si potrebbero adottare soluzioni utilizzando concetti già
giuridicamente acquisiti come l'AUDIT e l'ACCREDITAMENTO.
Vediamo singolarmente di cosa si tratta.
18
2.2
Il sistema di AUDIT.
Il sistema di AUDIT è oggi recepito nel nostro ordinamento
giuridico grazie a numerosi regolamenti e direttive CE.
Il Reg. Ce 882/2004 all'articolo 2, descrive l'AUDIT come:
"Un esame sistematico e indipendente per accertare se determinate attività
e i risultati correlati siano conformi alle disposizioni previste, se tali
disposizioni siano attuate in modo efficace e siano adeguate per
raggiungere determinati obiettivi".
Adottando l'AUDIT come strumento di valutazione del rispetto delle
norme di igiene e sicurezza di una ASL nei confronti del proprio personale
dipendente, si potrebbe giungere ad una risoluzione positiva del pericolo
conflitto di interessi, affidando il controllo ad un AUDITOR esterno
all'azienda.
Certamente, sarebbe possibile per l'azienda utilizzare come
AUDITOR il proprio personale ispettivo già formato: il personale "Tecnico
della Prevenzione", ad esempio, avendo già acquisite competenze teoriche
e pratiche tradizionali, dovrebbe semplicemente essere aggiornato
(continuativamente) sulla conoscenza dei sistemi di gestione volontarie.
In questo modo il personale ispettivo potrà assumere il ruolo di
AUDITOR e valutare l'efficacia del sistema di gestione della sicurezza
dell'ASL.
Questo metodo sarebbe il più "economico" per la ASL (non
dimentichiamoci che siamo nell'era del rispetto dei bilanci, dei pini di
rientro, del pericolo commissariamento delle amministrazioni, ..), ma
sicuramente il “meno efficace”: il pericolo del conflitto di interesse non
sarebbe per nulla risolto e, a lungo termine, la doppia veste di personale
ispettivo-auditor interno risulterà un boomerang di antieconomicità.
19
Dobbiamo infatti sempre tenere a mente quali siano le caratteristiche
dei regolamenti comunitari per avere le basi di un AUDIT:
 documentale;
 sistematico;
 obiettivo;
 basato su dati di fatto dell'organizzazione aziendale sulla quale viene
svolto.
C'è da dire che alcune realtà aziendali hanno affrontato la questione
cercando di dare risposte efficaci; chiaramente, stante il silenzio del
legislatore, non si è ancora giunti a proporre ufficialmente un sistema di
AUDIT esternalizzato alla ASL, ma almeno tra le righe a qualcosa si è
accennato.
Sto facendo, in particolare, riferimento ad un progetto regionale della
Regione Emilia Romagna, dal titolo “Sviluppo competenze valutative sui
controlli Ufficiali”, che vede l'Azienda Usl di Parma capofila.
L'AUSL di Parma collabora e supporta la Regione Emilia
Romagna nella costruzione - mediante l’apporto di tutte le AUSL regionali,
di presupposti per un sistema qualità regionale, nel funzionamento dei
servizi pubblici di controllo e nella effettuazione dei C.U. (Controlli
Ufficiali) sulla base del recepimento di norme comunitarie.
Il modello di riferimento sono i sistemi di accreditamento impiegati
nel settore privato, dove gli organismi di certificazione sono enti “terzi”,
indipendenti, e quindi in grado di garantire imparzialità e trasparenza.
20
Il personale addetto ai controlli riceve una formazione specifica, e
vengono definite delle procedure standard che mirano a dare ai controlli
trasparenza e oggettività, vuol dire rendere i controlli meno aleatori, meno
soggetti al “fattore umano” e oggettivamente “misurabili”.
Tale personale formato dovrà pertanto rivestire un ruolo di
“facilitatore” nei vari servizi di appartenenza per lo sviluppo di un percorso
di lavoro con metodo di qualità accreditata.
Il successo del progetto ha fatto sì che la regione abbia ritenuto di riproporre
diverse edizioni dello stesso (la prima, risale al 2005), aumentando il
numero del personale regionale formato.
La professionalità acquisita dagli operatori coinvolti nel progetto,
viene valorizzata mediante il loro impiego nella formazione, addestramento
e qualificazione del personale di controllo dei servizi.
Il progetto vuole realizzare tre obiettivi principali:
1) Offrire un modello di lavoro di qualità, fatto di istruzioni
operative, linee guida, protocolli, procedure, formazione del
personale, audit ecc. a servizi e U.O. (Unità Operative) di controllo;
2) Realizzare una “Certificazione indiretta” dei servizi (Servizi
Ispettivi) delle AUSL regionali, mediante l'organizzazione del
“piano di Audit sui Servizi” formando ed utilizzando un gruppo di
“Auditors “ qualificati;
3) Elaborare procedure condivise sui controlli ufficiali da effettuare
presso gli OSA(Operatore del Settore Alimentare).
21
2.3
L'Accreditamento.
Il DPR del 14 gennaio 1997 apre la strada all’accreditamento
istituzionale nel S.S.N. riportando i requisiti strutturali e organizzativi
minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture
pubbliche e private.
Il decreto, lascia alle regioni la competenza di determinare gli
standard di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l’accreditamento
di strutture pubbliche e private già in possesso dei requisiti minimi per
l’autorizzazione.
Di base, l'accreditamento è definito come un’attestazione della
capacità di operare che un soggetto di riconosciuta autorità, rilascia nei
confronti di chi svolge un ruolo, in un determinato contesto sociale.
In generale, il soggetto che opera in un campo particolarmente
importante (nella sanità, nella sicurezza sociale, nelle transazioni
commerciali, ..), dove è necessaria competenza, indipendenza, onestà,
capacità organizzativa, rispetto di standard elevati, viene ritenuto “custode”
della qualità delle prestazioni fornite.
L’adagio di Giovenale: “quis custodiet ipsos custodes?” (“chi
sorveglierà i sorveglianti?”) si traduca, oggi, nel seguente interrogativo:
“chi assicura agli utenti finali dei servizi ritenuti così importanti - che i
soggetti che li erogano siano “affidabili”?
Il significato letterale di accreditamento assume quindi, in questo
contesto, il suo reale valore: attribuire (o attestare) la credibilità di chi
dichiara la conformità ad una norma di qualità ambientale, di igiene, di
sicurezza e di eticità.
22
Nel
panorama
sanitario
italiano
abbiamo
due
tipi
di
accreditamento:


Accreditamento Istituzionale;
Accreditamento di Eccellenza.
Il primo è un adempimento obbligatorio fondato sulle norme vigenti.
Il secondo si basa su un procedimento volontario.
Per quanto concerne l'accreditamento istituzionale, occorre rilevare
che diverse leggi dello Stato italiano istituiscono e definiscono le c.d.
“regole tecniche” e secondo queste ultime, le case di cura, le scuole e i
centri di formazione, gli ambulatori e i laboratori di analisi cliniche sono
generalmente accreditati dalle Regioni, mentre le università sono accreditate
dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica.
Altri soggetti possono essere accreditati da diverse articolazioni
statali.
L’accreditamento a rilasciare attestazioni di conformità definito in
ambito cogente costituisce una vera e propria autorizzazione, che si dice
rilasciata ad un organismo notificato (solitamente un ente pubblico di
rilevanza statale).
Accanto al sistema di accreditamento determinato in ambito cogente,
si è sviluppato un analogo sistema di natura privatistica, seppure molto
autorevole ed in gran parte riconosciuto, quando non addirittura promosso
dallo Stato, che ha per oggetto la valutazione della conformità alle c.d.
“norme volontarie” ad esempio: le ISO 9001 (qualità aa ’90 fino ad
23
aggiornamento 2008), le ISO 14001:2004 (ambiente, aggiornate nel 2007),
le ISO 27001 (sicurezza delle informazioni), SA 8000 (etica), ISO
18001:1999; Linee guida Uni INAIL – Uni 2001 e predisposti in
collaborazione con INAIL, ex ISPESL e tutte le principali parti sociali,
congruenti con lo standard OHSAS 18001, questi due standard non sono in
contrasto, sono “contraddistinti da prospettive” di applicazioni differenti: le
Uni INAIL hanno come focus specifico l'organizzazione e l'implementazione
del sistema di gestione, a fronte delle OHSAS 18001 prevalentemente
incentrate sulla verifica di certificazione e quindi, su chi deve farla e
condurla”; 18001:2007; 18002:2008 (sistemi di gestione della sicurezza dei
lavoratori) UNI ISO 31000:2010 (gestione del rischio nelle organizzazioni).
Si fa qui riferimento al cosiddetto accreditamento di eccellenza, in
cui la certificazione è rilasciata da enti che, sinora, hanno fondato la propria
autorità prevalentemente sullo spontaneo riconoscimento del mercato e vi
attribuisce valore senza che occorra sancirlo con leggi cogenti.
Il sistema di accreditamento nel campo volontario è stato sino al
2009 svolto in Italia da tre distinti enti: Sincert (certificazione di prodotti,
sistemi e personale), Sinal (laboratori di prova) e SIT (servizio di taratura).
In
conseguenza
dell'emanazione
del
Regolamento
Europeo
765/2008, dopo un movimentato periodo di transizione, lo Stato Italiano, il
22 dicembre 2009, ha individuato in ACCREDIA l'ente unico.
ACCREDIA è una associazione senza fini di lucro che ha come soci
Ministeri, grandi amministrazioni nazionali, organizzazioni d'impresa e
professionali, altre parti interessate.
24
Alla base di questo lavoro, sia che si preferisca cercare la soluzione
nell'AUDIT, sia che si consideri invece di migliore il sistema
dell'Accreditamento, vi è una considerazione:
è inevitabile che i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, debbano
confrontarsi con il metro della qualità, avendo di fronte non soltanto
l'utenza, composta dalla generalità dei cittadini, ma anche l'insieme di tutte
le migliaia di professionisti che lavorano per l'Azienda e con l'Azienda?.
Si tratta dell’approccio organizzativo, che passa attraverso la
realizzazione di un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ).
Tale approccio fornisce una ragionevole certezza che le attività del
Servizio, compresa la vigilanza, rispondano a criteri di qualità e che
soprattutto, la loro valutazione non sia autoreferenziale.
Lavorare in tale ottica non è un lusso, significa utilizzare le risorse in
modo congruo, evitando sprechi, costi inutili, che non creano "valore
aggiunto".
Se è così, allora far funzionare bene il sistema, non lasciando nulla al
caso, si tradurrà in un utilizzo ottimale delle risorse disponibili, qualunque
sia la loro entità.
Dunque, lavorare in qualità diventa uno degli strumenti per
economizzare.
Costruire un Sistema di Qualità significa avere un potente strumento
di controllo delle attività aziendali che porta degli indubbi benefici sul piano
25
organizzativo, dei costi e dei rapporti aziendali, che hanno poi influenza
sulla qualità del prodotto o servizio finale.
La certificazione del proprio Sistema Qualità da parte di un ente
preposto è infine il riconoscimento a livello internazionale della capacità
aziendale a realizzare con efficacia processi produttivi e/o di servizio.
26
3
3.1
CAPITOLO: Vigilanza ASL: Quello che non c’è ancora.
La necessità di innovare il modello "Comando/Controllo". Alcune
proposte.
Come si è già diffusamente dimostrato nei capitoli precedenti, il
SISTEMA di VIGILANZA delle ASL è ispirato al tipo di modello
“Comando/Controllo”: l'ispettore, su ordine di servizio, è chiamato ad
effettuare la verifica circa gli adempimenti meramente formali applicando,
in caso di acclarati inadempimenti, il sistema sanzionatorio come previsto
nel D.Lgs. 758/94.
L’innovazione del modello sarà il grande salto che la VIGILANZA
ASL deve compiere: questo passo servirà a misurare effettivamente (non
soltanto sulla carta) al qualità e la capacità di valutazione e gestione del
rischio, pur sempre ottemperando alla vigilanza di base, che valuta le
inadempienze macroscopiche.
Solo così una vigilanza può essere reale, effettiva e, potrà rispondere
alle critiche e preoccupazioni delle Parti Sociali.
Il nuovo sistema di vigilanza, dovrebbe imparare a misurare la
qualità, a fare la valutazione e la gestione dei rischi per profilo di rischio,
perché tanto una gioielleria é diversa da una fonderia, quanto un reparto
malattie infettive è diverso da una lungodegenza post-acuzie.
In
sanità,
dove
coesistono
una
elevata
complessità
organizzativo/gestionale, la necessità di dare risposte immediate, la gestione
dell'emergenza e, conseguentemente, un coacervo di problemi tra loro molto
variegati,
dovrebbe
essere
adottato
un
SGSL
ad
elevata
sorveglianza/vigilanza.
Se le strutture sanitarie attueranno, insieme agli altri attori della
27
prevenzione, una metodologia lavorativa chiara, la condivisione del risk
assestment, l'applicazione del “sistema qualità e dell’attuazione del
processo di miglioramento continuo” nelle erogazioni di prestazione e
servizi, e, non da ultimo, la condivisione dell'esigenza di vigilanza, la
qualità del lavoro prestato dai professionisti dipendenti, il loro rendimento,
la produttività non potranno che aumentare, in un aumentato benessere
lavorativo ottenendo parallelamente, la diminuzione del rischio infortuni.
I rischi presenti in sanità sono molti e diversificati: biologico
(contagio), chimico (uso di farmaci per la medicina nucleare, raggi x,
radiazioni ionizzanti e non ionizzanti), fisico, da movimentazione manuale
dei carichi, da rischi correlati all’uso di strumenti taglienti e acuminati, da
stress, rischi, rischi a go, go, perché questo elenco non è certamente
esaustivo.
Questa grande immensità di rischi va gestita (e letta anche dagli
organi di vigilanza) tramite la presenza di un management ad hoc della SS
sul lavoro che sia in grado di valutare correttamente “tutti i rischi” in seno
al proprio ambiente di lavoro.
Non basta solo un management della SSL ispirato, serve la
responsabilizzazione di una direzione generale che sappia vedere, nella fase
di progettazione e di implementazione dell'organizzazione del lavoro,
l’integrazione degli aspetti della gestione della SSL.
Molto spesso, si assiste ad una sorte di “schizofrenia”, perché
mentre si pensa a come organizzare l’aspetto gestionale/funzionale del
reparto o unità operativa, non si pensa alla gestione della SS sul lavoro se
non in misura marginale, come fosse a latere, come se non avesse alcuna
ricaduta su chi deve lavorarci.
28
Qui deve incastrarsi la nuova vigilanza – innanzitutto adottando in
primis un modello di gestione qualificante e moderno, che lavori per
obiettivi, per processo, per politiche di miglioramento continuo della
qualità prestazionale e dei servizi, così da “controllare gli altri” con
rinnovate competenze e metodologia sistematica.
Siamo in una fase in cui, il sistema di Vigilanza deve rafforzare, il
numero di UPG a disposizione delle ASL per effettuare maggiori controlli
sul territorio, ma deve affidare a “terzi”, le verifiche sul personale del SSN
affinché NON confligga con la funzione ispettiva.
Si potrebbe ipotizzare un “terzo soggetto”, delegato da un autority
pubblica (ad es.: un assessorato in opposizione al governo della regione),
che non sia né la direzione sanitaria dell'ospedale, né il DG (Direttore
Generale, che di solito poco s’intende di SS sul Lavoro e molto di bilancio),
bensì un soggetto incline ad effettuare AUDIT tesi al miglioramento dei
processi lavorativi, praticati con la partecipazione di tutti nella gestione
della SS. nei luoghi di lavoro.
A tal proposito, si potrebbe ipotizzare una norma che obblighi gli
organi di vigilanza alla presentazione pubblica ed a scadenze prestabilite dei
Report o dei verbali di ispezione, che permetta l’accesso trasparente e
pubblico al proprio sistema di “Rendicontazione aziendale”, cosicché tutti i
cittadini possano sapere quanto una ASL investe nella “Cultura della
sicurezza”.
Si potrebbe fare di molto, ed anche di più se si vuole essere seri
professionisti e manager di aziende pubbliche: un'altra proposta potrebbe
essere una norma cogente che attribuisca al Centro Controllo Malattie
dell’Istituto Superiore di Sanità (una specie del CDC di Atlanta, italiano) il
29
potere di praticare indagini epidemiologiche, monitoraggi, controlli sugli
invii di dati da parte delle regioni sugli infortuni e sulle malattie
professionali, per mappare lo stato di salute dei lavoratori della sanità,
nonché il relativo bisogno di salute.
Purtroppo questo istituto, creato tra mille buoni propositi, stenta a
decollare, così non si può adeguatamente salvaguardare il patrimonio di vite
umane - né civili, né in quanto forza lavoro.
3.2
La "Sindrome del side-car": contraddizioni e punti deboli del
sistema sanità.
In sanità è possibile assistere alla famosa “Sindrome del side-car”,
una grave contraddizione ed incongruenza in virtù della quale:
 a chi è alla guida della sanità, poco interessa la SSL, in quanto viene
vissuta “solo” come un dispendio infruttuoso di euro che in tempi
brevi (sovrapponibili al tempo di permanenza di un direttore a capo
delle Az. Sanitarie) non è remunerativo e lo è ancor meno agli occhi
dei politici;
 ai D. G. interessa ancor meno, perché pensano se ne debba occupare
un piccolo gruppetto di dipendenti, chiamato SPP (Servizio
Prevenzione e Protezione), che nei fatti, non ha alcun potere, poca
rilevanza, e che comunque non può da solo incidere sulla
progettazione e organizzazione del lavoro senza il consenso di chi
ha il potere finanziario, ossia i D.G.;
 a tutto il ramo dirigenziale appare chiaro che l'esigenza prioritaria è
quella di risparmiare sui costi di gestione per la tenuta dei conti
pubblici, ottenendo magari un premio per sé a fine anno/mandato, o
magari per favorire l’avanzamento di accordi poco utili sulle
30
esternalizzazioni delle tutele del lavoro.
Insomma, così come stanno le cose oggi, siamo in una fase
trasversale della gestione della SSL, dove, per assurdo progettare la gestione
e l’organizzazione del lavoro in sanità, potrebbe essere come allestire un
qualsiasi cantiere.
Si decide il SGSL non secondo l'effettiva efficacia e le reali esigenze
dei lavoratori, ma già nella fase di progettazione in ossequio a ben altri
interessi, e così si evita di prevenire i rischi, di occuparsi di near miss, di
distinguere i rischi per profilo, di educare tutto il personale alla cultura della
sicurezza (che non conviene, altrimenti il personale potrebbe rilevare
accuratamente tutte le non uniformità! E molto altro) mentre ci si accontenta
(perché fa comodo) di
leggere report sterili ed apirogeni coi quali
dimostrare la tenuta del nostro sistema di gestione.
Salvo poi ricordarsi del “valido” SGSL quando il “near-miss” si è
trasformato in incidente o in infortunio grave/gravissimo e da quel momento
in poi ci si affanna a trovare le ragioni esimenti (D.Lgs. 231/01) per sé e per
l’ente e a decantare e qualificare al mondo ed ai giudici: “quale buon
sistema è stato adottato dall’Azienda Sanitaria”, attribuendo magari al
fatidico “errore umano” (rigorosamente dell’ultimo operatore perché, si sa,
l’errore é imprescindibile e ineliminabile, come ci spiegava anni fa un
fatalista autore napoletano, che nella frase “Io speriamo che me la cavo”
riuscì a riassumere perfettamente lo spirito italico) la causa dell'avvenuto
infortunio.
Oggi, in buona parte d’Italia ci accontentiamo di una gestione della
SSL fatta purtroppo di continui tagli e sforbiciate che hanno indebolito e
impoverito il sistema, e ci ritroveremo da qui a pochissimo a dover decostruire questo modello, perché probabilmente è già fuori controllo, e lo
sarà anche laddove esiste un Servizio Prevenzione e Protezione Aziendale
31
(SPPA), che continui a costruire “forme di alleanze” per la tenuta del SGSL
adottato.
Anche analizzando singolarmente le figure della sicurezza, le
contraddizioni saltano subito all'occhio.
E' chiaro che, anche giuridicamente, è il datore di lavoro il primo
responsabile dell'adozione di un efficace ed efficiente SGSL: egli si dà una
strumentazione per fare la valutazione e la gestione dei rischi e se ha le
competenze interne la fa con risorse proprie, altrimenti le acquista
all’esterno.
In merito al SPP ci possiamo domandare: da chi è e com’è composto
il SPPA che ha il compito di organizzare, sempre e solo per conto del DL la
gestione della salute e sicurezza in azienda? E’ figura prevalentemente
tecnica, o é di tipo amministrativo?
La risposta non è di poco conto, perché nel primo caso l'effetto
sarebbe quello di essere proiettati sulla risoluzione dei problemi secondo il
modello del “Problem Solving”; volendo, invece, attribuire al SPP la
qualifica di figura amministrativa, dovremmo accettare e analizzare
l'approccio tipico della figura professionale interna all'azienda che deve
tendere a far rientrare tutta la gestione della SSL dentro i costi complessivi
di bilancio.
In merito ai Medici Competenti (MC), bisogna chiedersi anzitutto
che tipo di contratto di lavoro hanno?
Sono assunti con un contratto di collaborazione, o come lavoratori
dipendenti della ASL?
32
In ogni caso, non è impossibile credere che ci possa essere
“un’influenza” sul loro operato.
Analizzando il tutto, la mia personale opinione, costruita su
trent'anni di esperienza lavorativa, mi porta a pensare amaramente che tutto
il sistema sia un po’ circuitato, chiuso e autoreferenziale.
3.3
Attivare una “Vigilanza di Processo” superando i “fatti di tipo
materiale”.
Torniamo ad esaminare il “modello comando/controllo”, la cui
attività implicita ed imprescindibile è la vigilanza materiale/oggettiva,
quella operata sulle omissioni macroscopiche.
Gli ispettori arrivano nelle aziende, verificano che tutto sia
conforme, altrimenti cominciano ad elevare multe, disposizioni, prescrizioni
secondo un modello tradizionale di vigilanza che, “sfruttando l’effetto
sorpresa”, rileva le anomalie vistose e le omissioni di tipo materiale, ma di
certo lontano dal rintracciare il nuovo genere di illecito da prendere in
considerazione, che é molto, molto più immateriale.
Oggi le anomalie, le omissioni, le imperizie, l’imprudenza, le
negligenze non sono più tanto quelle materiali, quanto quelle correlate alla
“valutazione di tutti i rischi legati all’organizzazione complessiva del
lavoro”, allo stress lavoro-correlato, al genere, all’età, alla provenienza.
Occorre
necessariamente
spostare
l'attenzione
dal
"comando/controllo" al processo.
Una “vigilanza di processo”, o “AUDIT di PROCESSO”, dovrebbe
implicare l’esistenza di un verificatore (un ente accertatore terzo) che si
rechi presso Azienda Ospedaliera, effettui le necessarie valutazioni
33
sull’organizzazione lavorativa, misuri l’impatto dei rischi trasversali sulle
persone e gli ambienti di lavoro di tutta azienda.
Il
valutatore/Auditor
l'applicazione
e
la
di
correttezza
processo
della
misurerà
e
verificherà
sicurezza
intrinseca
e
dell’organigramma della SSL puntando la sua attenzione su aspetti finora
rimasti in secondo piano, ma fondamentali per la gestione della sicurezza. A
titolo esemplificativo, gli aspetti che l'Auditor deve analizzare nell'ottica
della verifica di processo sono:

CHI FA, CHE COSA,

COME,

IN CHE TEMPI, OGNI QUANTO il RIESAME dell’SGSL,

OGNI QUANTO si EFFETTUANO le VERIFICHE (interneesterne), i REPORT, nonché la Valutazione di COSTI E BENEFICI
(diretti ed indiretti impiegati per la SSL),

QUANTO ed in che modalità sono stati coinvolti i Lavoratori,

QUALI LE POLITICHE AZIENDALI, gli OBBIETTIVI da
RAGGIUNGERE in rapporto a quelli RAGGIUNTI, ecc..
E ancora, sempre afferenti all'organigramma della SSL: la
distribuzione del lavoro, la motivazione dei lavoratori e l'effettività dei
diritti goduti, l'adeguatezza della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
in relazione alle differenze di genere, età, provenienza, pendolarismo,
l'effettività della sorveglianza sanitaria, le metodologie messe in atto per la
redazione del documento di valutazione dei rischi, i provvedimenti
eventualmente scaturiti dall’analisi sugli aspetti prioritari, la descrizione e la
definizione dei tempi per garantire a lunga gittata la tenuta del proprio
SGSL, l'andamento delle assegnazioni per le gare d’appalto, ecc.
Il verificatore, infine, non potrà non valutare i cosiddetti nuovi
34
rischi: lo stress-lavoro correlato, il rischio aggressione, logoramento e
molestie sul posto di lavoro (come definiti dall'O.M.S.).
Figura 1 - I rischi per la salute e la sicurezza: alcuni dati dell'O.M.S.
Al termine della visita ispettiva dell'Auditor dovrà essere rilasciato l’esito
della valutazione insieme ad un giudizio di efficacia/efficienza del sistema.
A mio parere, una metodologia ispettiva di siffatto genere, oltre a
risolvere il problema del conflitto di interessi, a lungo termine potrà risultare
positiva ai fini dell'analisi costi/benefici, potendo riunire nell'opera di un
unico ente terzo certificatore, oltre al discorso sulla SSL, anche le questioni
dell'accreditamento e delle certificazioni di qualità, oltre a garantire un
controllo centrale più stringente (benché oggi vada molto di moda parlare di
federalismo infatti, la sanità non può certo pretendere di affrancarsi
totalmente dal controllo centrale essendovi in gioco diritti fondamentali del
cittadino).
35
3.4
L'"Auditor di processo": il soggetto che non c'è. O forse sì.
Cercando di individuare in precedenza l'ente che potrebbe esercitare
il dovere di vigilanza in sanità, ho parlato di un soggetto terzo, delegato da
un'authority pubblica.
Mi si potrebbe obiettare che questo ente non esiste nel nostro
ordinamento e che, dunque, dovrebbe essere creato ad hoc.
Tralasciando il fatto che, seppure fosse così, non sarebbe sbagliato
comunque crearlo normativamente, (perché scandalizzarsi, vista la
proliferazione di enti antichi, inutili e inattivi che il nostro Paese propone e
possiede?), io non metterei comunque la mano sul fuoco sulla sua
inesistenza.
Non ci si può esimere dal pensare che attivando una vigilanza di
processo, tutto il sistema sanzionatorio cambi e di molto, perché non trattasi
più di sanzione per omissione dolosa, ma diventa un sistema di aggravio e/o
di sgravio della fiscalità in ragione di quanto rischio corri, ossia più rischio
hai, più devi pagare in termini assicurativi e viceversa.
Conseguentemente, è chiaro che l'ente che dovrà svolgere la
vigilanza di processo dovrà poi trasmettere gli atti all'INAIL per gli
adempimenti del caso a carico o discarico dell'azienda in un'ottica premiale
per le imprese più virtuose.
Tra le agenzie di rating oggi in circolazione, credo che un occhio
particolare debba essere gettato su due ipotesi.
1)
DNV Italia (Det Norske Veritas):
questa agenzia è in realtà una fondazione indipendente che si occupa di
gestione del rischio salvaguardando la vita, la proprietà e l'ambiente e,
benché fondata a Oslo, ha sedi in tutto il mondo.
36
DNV, offrendo la certificazione secondo lo standard SCC (Safety
Cecklist for Contractors), valuta e certifica il sistema di gestione della
sicurezza di tutta l'azienda e delle sue appaltatrici.
Safety checklist of contractors, infatti, significa "checklist della
sicurezza per le aziende contraenti un appalto", cosa assolutamente
comune in sanità (basti pensare al servizio lavanolo, alla mensa, alla cucina,
all'igiene ambientale nei reparti, ..): l'effetto principale e assolutamente da
non sottovalutare in questo specifico caso, è che l'agenzia applichi lo
standard SCC, dovendo valutare il SGSL anche delle appaltatrici e
subappaltatrici, e abbia pieno diritto di accesso a tutta la documentazione
dell'appalto, compresi i capitolati.
DNV applica l'approccio Risk Based Certification®, che loro stessi
hanno provveduto a brevettare e che si fonda sulla personalizzazione e
specificazione del rischio in relazione alle singole attività che concorrono al
sistema di gestione onnicomprensivo dell'azienda (cd. "audit su misura").
Questo tipo di approccio permetterà all'azienda di analizzare le
proprie specifiche esigenze in relazione ai rischi, beneficiando pienamente
dei vantaggi derivanti dall’implementazione e certificazione del sistema di
gestione salute e sicurezza, a cominciare dalla riduzione dei costi per la
non-sicurezza (costi diretti e indiretti, materiali ma soprattutto costi
sociali).
Tutto ciò si traduce in un vantaggio competitivo per l’azienda
certificata che può effettivamente limitare gli incidenti e gli infortuni sul
lavoro, interpretando la compliance come un’opportunità di sviluppo
finalizzato alla creazione di valore e di eccellenze. La certificazione del
sistema di gestione per la salute e la sicurezza dei lavoratori può essere
37
combinata con la certificazione rispetto ad altri standard di sistema di
gestione, ad esempio con la ISO 9001 e la ISO 14001.
3.5
Autority (o Autorita' Amministrativa Indipendente):
il sistema delle Authority nasce in Italia in ossequio all'esigenza di
creare un'istituzione pubblica con il compito di tutelare la corretta
conduzione di un determinato settore dell'economia, della società o dei
servizi
Le autorità amministrative indipendenti sono enti pubblici dotati di
indipendenza dal potere politico del Governo. Si possono definire come enti
aventi una funzione tutoria di interessi costituzionalmente rilevanti. Hanno
un’autonomia a livello organizzativo, finanziario e contabile.
Accanto a quelle già esistenti nel nostro ordinamento (es. l'A. per le
Telecomunicazioni, l'A. per l'energia elettrica ed il gas, ecc.), si potrebbe
crearne una per la vigilanza sull'applicazione delle norme di salute e
sicurezza nelle strutture sanitarie pubbliche.
Chiaramente occorrerebbe riconoscere a tale autorità pieno diritto di
ispezione e di elevare sanzioni (che nel campo sono prevalentemente
amministrative) in caso di accertamento di violazioni.
3.6
Le Asseverazioni.
Abbiamo dunque visto che il nostro ordinamento prevede già delle
fattispecie che, opportunamente adattate al caso specifico, possono aiutare il
legislatore a risolvere il famoso quesito "chi controlla il controllore?".
Il T.U. 81/2008, poi, introduce una novità che mi sembra opportuno
analizzare brevemente: le asseverazioni.
38
La fattispecie dell'asseverazione era già prevista dalla legge italiana
in varie ipotesi, ad esempio nel caso dei professionisti abilitati che
asseverano, appunto un impianto, garantendone con una certificazione
l'idoneità al funzionamento secondo le norme del diritto italiano.
In generale, il termine "asseverare" ha nel vocabolario della Lingua
italiana il significato di "affermare con solennità", e cioè di porre in essere
una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei
confronti dei terzi quanto a verità e affidabilità del contenuto.
Il D.Lgs. 106/2009, modificando il T.U. 81/2008, ha introdotto
alcune novità in materia di sistemi di gestione. In particolare ha coinvolto
gli Organismi Paritetici (OP) individuandoli come gli Organismi idonei ad
asseverare l’adozione e l’efficace attuazione di un sistema di gestione per la
sicurezza sul lavoro.
Il decreto ha introdotto nel D.Lgs. 81/2008 s.m. i., all’art. 51, il
comma 3-bis, il concetto di Asseverazione:
Articolo 51 - Organismi paritetici
omissis;
3-bis. Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di
formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali di cui
all’art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive
modificazioni, e dei fondi di cui all’art. 12 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una
attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al
sistema delle imprese, tra cui l’asseverazione della adozione e della
efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza
di cui all’art. 30 del decreto, della quale gli organi di vigilanza possono
tener conto ai fini della programmazione delle proprie attività;
39
3-ter. Ai fini di cui al comma 3-bis, gli organismi paritetici istituiscono
specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti.
Il legislatore quindi ha individuato:
a) gli organismi paritetici: ossia organizzazioni costituite a livello
territoriale tra i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di
orientamento e promozione di iniziative formative nei confronti dei
lavoratori;
b) le specifiche commissioni paritetiche: ossia figure “competenti”
(cfr. comma 3-ter), individuate in seno agli organismi, che potrebbero essere
simili ai safety auditor degli organismi di certificazione.
Introducendo questa modifica, il legislatore ha assegnato agli
organismi paritetici, al pari di quanto già accaduto per le Casse edili, un
ruolo di controllo e di verifica parapubblico.
Nel quadro della attestazione, il nuovo D.Lgs. 81/2008 ha introdotto
anche una specifica “asseverazione”, ossia, di fatto, una “certificazione”
che l’impresa richiedente abbia effettivamente adottato ed efficacemente
attuato uno dei possibili modelli di organizzazione e di gestione della
sicurezza (SGSL) previsti all’art. 30.
In pratica, l’innovativa disposizione ha affidato al controllo degli
stessi cosiddetti “corpi intermedi” della società (le parti sociali tramite gli
enti paritetici), la gestione e la verifica che la salute e la sicurezza sul luogo
di lavoro siano effettivamente applicate e rese attive e non, invece, ridotte a
mero adempimento burocratico.
Non è un caso, infatti, che, sempre nel comma 3bis, il legislatore
abbia previsto che l’asseverazione rilasciata dagli enti paritetici costituirà
40
elemento di particolare rilevanza all’interno della programmazione, da
parte degli organismi di vigilanza (ASL e DPL), delle loro visite ispettive.
È possibile ipotizzare, quindi, che il sistema di vigilanza, visti i
limitati organici di cui dispone, volgerà la sua attenzione verso quelle
imprese che non si sono affidate alle “cure” degli enti paritetici e che, di
conseguenza, non potranno esibire l’attestazione dei servizi usufruiti o
l’asseverazione dell’effettiva adozione degli SGSL.
Poiché gli enti paritetici sono di emanazione contrattuale,
potrebbero essere le stesse imprese “sane” a voler entrare nel meccanismo,
a effettiva protezione da quelle “scorrette”, che non ne potranno usufruire.
Ancora una volta, però, tutta l'attenzione è posta sulla vigilanza alle
imprese esterne, e non si fa menzione dell'impatto dell'asseverazione sulla
vigilanza interna alle ASL.
Resta il fatto che, qualora un’ASL volesse rivolgersi ad un ente
paritetico per asseverare il proprio SGSL, sarebbe "costretta" ad aprire le
proprie porte ad un soggetto terzo per la verifica dell'effettiva efficacia del
proprio SGSL.
La chiamata in causa dell'ente paritetico non è ad oggi un obbligo di
legge, ma è di natura volontaria; perché allora un'impresa o, diciamolo
chiaramente, una ASL dovrebbe richiederla?
Quali vantaggi ne potrebbe ricavare?
Dai vari ragionamenti fatti da professionisti e datori di lavoro che li
hanno adottati emergono queste motivazioni principali:
41
 Essere in linea con il rispetto degli obblighi di legge,
 Ridurre la probabilità di controlli da parte degli enti di vigilanza
(novità del D.Lgs. 106/2009),
 Ridurre il rischio di sanzioni amministrative per incidenti gravi o
gravissimi (D.Lgs. 231/01 responsabilità amministrativa delle
imprese),
 Ottenere sgravi sui premi INAIL (fino ad un massimo del 30%
Delibera INAIL 79/10),
 Integrare il tema della sicurezza nelle attività produttive,
 Definire meglio ruoli e responsabilità nelle organizzazioni,
 Comunicare meglio all’esterno il nostro impegno sulla sicurezza.
42
4
4.1
CAPITOLO: Costruire comportamenti per ottenere risultati
La Behavior-Based Safety (BBS): un approccio scientifico alla
sicurezza sul lavoro.
L'acronimo BBS può essere tradotto in italiano come "sicurezza
basata sul comportamento" o "sicurezza comportamentale"; questa
metodica si basa su una precisa disciplina scientifica, la Scienza del
Comportamento, consente di condizionare i comportamenti dei lavoratori e
quindi di evitare il verificarsi di infortuni legati all'errore umano.
Sebbene non si debbano dimenticare i rischi connessi all’utilizzo di
attrezzature non adeguatamente protette o di attività svolte in aree non
conformi, è ormai noto che nel determinismo degli infortuni e delle malattie
professionali il fattore umano occupa una posizione di preminenza su tutti
gli altri fattori: esso presenta, infatti, molte variabili ed ancora di più se ne
possono prevedere per le varie combinazioni possibili.
Figura 2 - Dati che evidenziano quanto i comportamenti influiscano sul
verificarsi di infortuni in un'impresa campione.
43
Quindi, al fine di ridurre il ripetersi degli "eventi incidentali", near
miss, oltre ad agire sulla sicurezza di macchine, ambienti di lavoro, è
necessario realizzare interventi che tendano a neutralizzare o a ridurre al
minimo il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di
norme operative o regolamentari, o dal porre in essere comportamenti non
conformi alle comuni pratiche di sicurezza.
Questo è possibile attraverso l’adozione della BBS, tenuto conto che
le sue metodiche applicative partono dal presupposto che “tutti i
comportamenti sul lavoro” (ad es.: mettere gli occhiali durante una
manovra a rischio, utilizzare correttamente i guanti, indossare scarpe e
indumenti idonei, ecc.) sono evocati da stimoli fisici immediatamente
“antecedenti” responsabili dell’attivazione dei comportamenti (ad es.:
cartelli ammonitori e/o segnali ottico/acustici o di allarme) e sono tuttavia
modificati dagli stimoli immediatamente “conseguenti” all’attivazione del
comportamento (ad es.: le battute di scherno dei colleghi, il richiamo
verbale fatto dal preposto, ecc.).
La triade formata da Antecedenti (Antecedents) Comportamento
(Behaviour) Conseguenze (Consequences) costituisce quindi il paradigma
fondamentale del comportamento di sicurezza e da quel paradigma
discendono tutte le tecniche di intervento.
44
Figura 3 - Schematizzazione del modello interazionista.
Il modello A-B-C, o modello interazionista, opera una distinzione
netta tra gli effetti degli antecedenti, che forniscono soltanto l’occasione di
esibire i comportamenti, e l’effetto delle conseguenze, che sono le uniche
responsabili del mantenimento in forza di quei comportamenti nel tempo. La
BBS supera quindi la visione classica della gestione della sicurezza
basata principalmente sulla sola analisi dei rischi e sul ricorso acritico a
generici concetti di formazione, comunicazione e informazione;
certamente non sostituisce la "cultura della sicurezza" basata sulla
valutazione dei rischi specifici, ma si affianca ad essa.
Attraverso una visione innovativa e sistemica della sicurezza, la BBS
sposta l’attenzione di tutta l’organizzazione verso la condivisione diffusa dei
“valori” della sicurezza intesi come specifici comportamenti verbali tra
lavoratori e verso l’attivazione di “comportamenti” di sicurezza misurati su
parametri oggettivi come frequenza, latenza, durata, intensità, ampiezza e
completezza delle azioni dei singoli.
45
Benché nel mondo anglosassone, la BBS sia oramai divenuta una
metodologia di lavoro acquisita, in Italia la situazione è ben diversa.
Soltanto in questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di convegni e
studi sul tema e il management (che deve essere il primo protagonista della
sua applicazione) è ancora refrattario e ostaggio del vecchio culto del
risparmio immediato.
Per spiegare come agisce la BBS, occorre far riferimento al grafico, molto
conosciuto dagli addetti ai lavori, la cd. "piramide o triangolo della
sicurezza":
Figura 4 - Piramide o triangolo della sicurezza
46
La BBS è dunque, una tecnica per modificare il comportamento dei
lavoratori, per permettere loro di lavorare in sicurezza, usando i
comportamenti come misura della prestazione, rimuovendo le barriere e
incentivando il comportamento sicuro.
Il processo che permette questo risultato si sviluppa in otto fasi:
1. Pinpointing: individuazione dei comportamenti da cui dipendono i
risultati di sicurezza;
2. Prima Osservazione: misurazione oggettiva del comportamento
prima dell’intervento (training o motivazione) per valutare lo stato
attuale dei comportamenti di sicurezza (la misurazione avviene
attraverso la rilevazione in un tempo determinato di parametri
oggettivi dei comportamenti di sicurezza - cioè frequenza, durata,
intensità e latenza - oggetto di condizionamento);
3. Analisi Funzionale: individuazione delle “cause”, in termini di
antecedenti (A) e conseguenze (C) dei comportamenti a rischio (B),
attraverso l'identificazione delle contingenze responsabili dei
comportamenti agiti o trascurati che determinano il rischio di
incidente;
4. Intervento: vengono istituite nuove contingenze (A e C) per ottenere
il cambiamento dei parametri osservati;
5. Seconda Osservazione (Monitoring): si osservano le variazioni dei
comportamenti di sicurezza e relativi parametri, sotto l’influsso delle
nuove contingenze;
6. Terza Osservazione (Evaluation): viene effettuato il confronto tra i
dati rilevati prima e dopo l'intervento;
7. Efficienza: vengono adottate procedure di autovalutazione e
autogestione delle azioni di sicurezza;
47
8. Mantenimento:
vengono
adottate
le
strategie
idonee
alla
conservazione dei risultati nel tempo, che non devono mai trascurare
la necessità di raccogliere feedback.
I dati presentati a seguito dell'applicazione del metodo BBS in
numerose e svariate industrie americane, hanno dimostrato risultati ottenuti
in termini di riduzione di numero o anche di totale azzeramento degli
infortuni.
L’evidenza sperimentale e la mole di dati raccolti con rigore
scientifico nelle imprese eccellenti per sicurezza - di tutto il mondo mostrano come l’approccio comportamentale alla sicurezza sul lavoro la
BBS appunto, "sicurezza basata sul comportamento" o "sicurezza
comportamentale",
risulti essere il presupposto fondamentale per la
promozione della “cultura scientifica della sicurezza” ed elemento
insostituibile del processo di rinnovamento organizzativo che le aziende
sono tenute a compiere.
Non esiste dunque nell’ambito della Behaviour Safety un intervento di
sicurezza che non possa essere misurato in termini di risultati oggettivi;
anzi, ogni intervento che trascuri la dimostrazione di efficacia è, secondo
questo approccio, nel migliore dei casi un intervento inutile.
4.2
Applicare la Behavior Based Safety in ambito medico-sanitario:
presentazione di uno studio.
La Behavior Based Safety è stata utilizzata in un'ampia varietà di
contesti lavorativi oltreoceano, ma gli studi sulla sua applicazione in ambito
sanitario si possono contare sulla punta delle dita.
48
Recentemente, durante il Quarto Congresso Europeo di BBS,
tenutosi a Venezia nell'aprile 2010, è stato presentato un caso che ha come
oggetto di studio "gli infortuni da iperestensione derivanti dallo
spostamento manuale dei pazienti negli ospedali" (D. Nielsen, in Giornale
Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, supp. A Psicologia, 2010,
vol. XXXII, n. 1, pp. A33-A34).
Lo studio è stato realizzato in un ospedale rurale americano su otto
soggetti appartenenti al personale infermieristico casualmente divisi in due
gruppi (A e B); i soggetti erano tutti di sesso femminile e di età compresa
tra i 20 e i 49 anni; le fasi dello studio hanno riguardato: la misura dello
stato attuale, l'informazione, l'utilizzo di punteggi e feedback grafici, la
sospensione degli interventi.
Nello studio pubblicato non sono riportate le patologie dei pazienti o
le loro caratteristiche fisiche (normopeso? sovrappeso?), sappiamo soltanto
che si tratti di soggetti su sedia a rotelle.
Nella fase di partenza, le infermiere hanno completato il
trasferimento dei pazienti nel modo per loro usuale, in particolare le
operatrici del gruppo A hanno effettuato il movimento di trasferimento del
paziente dalla sedia a rotelle alla posizione eretta, mentre le operatrici del
gruppo B hanno effettuato lo spostamento contrario, dalla posizione eretta
del paziente a quella seduta.
Successivamente si è svolta la fase informativa: alle infermiere è
stata consegnata una checklist (sviluppata in collaborazione con il personale
fisioterapista), contenente i comportamenti corretti da attuare durante i
trasferimenti.
49
Le partecipanti, hanno visto la registrazione guidata, hanno appresso
la metodologia di lavoro, e sono state quindi invitate ad utilizzarla subito
dopo l’incontro individuale avuto con il ricercatore.
Il personale infermieristico è stato poi filmato durante i trasferimenti
dei pazienti secondo la checklist fornita.
Il primo feedback si è avuto quando il ricercatore ha incontrato
individualmente le operatrici, dopo queste due fasi per rivedere le
prestazioni e le differenze tra la metodologia di lavoro abituale e quella
secondo checklist, sono stati individuati i comportamenti scorretti e
calcolata la loro percentuale.
La variabile indipendente di questo studio è rappresentata dalla fase
informativa seguita dalla visione del video per ogni singolo partecipante; la
variabile dipendente è rappresentata dalla percentuale di spostamenti
effettuati correttamente, definita come il rapporto tra il numero dei
movimenti in sicurezza e il numero totale dei movimenti necessari per
effettuare lo spostamento del paziente.
Ciascun trasferimento variava in ordine al numero di movimenti
necessari in un range compreso tra le 17 e le 24 azioni.
Il risultato è stato l'ottenimento di un miglioramento complessivo per
cinque operatrici e si è osservato un certo mantenimento del miglioramento
nella performance anche durante la fase successiva dello studio (segno che
gli operatori avevano recepito e interiorizzato l'importanza del corretto
movimento).
La fase di informazione da sola non è apparsa sufficiente per
convincere le lavoratrici a cambiare atteggiamento: occorre operare, per una
completa adesione al progetto, sul piano formativo ma anche sul piano
50
della pratica (video registrati) e dei feedback (discussione in gruppo dei
video).
I risultati suggeriscono un generale miglioramento della qualità del
lavoro nel trasferimento del paziente e un minor rischio di lesioni lombosacrali (redditizio per gli operatori sanitari, la struttura e i pazienti stessi).
In questo studio, il personale infermieristico è stato coinvolto per un
nuovo approccio, limitato ad una tipologia di movimentazione dei paziente
(passaggio carrozzina-posizione eretta e viceversa), ma in relazione a questo
tipo di movimento sono state identificate le azioni e le posture più sicure e
corrette da adottare.
Studi futuri potranno avere ad oggetto movimentazioni manuali di
carichi diverse, o potranno essere svolti con variabili differenti, in relazione
alle altre aree di danno potenziale negli ambienti sanitari (cadute, contatto
con sostanze nocive, rischi ambientali, stress, genere, età, rischi
organizzativi, ecc), l'importante è comunque utilizzare “l'osservazione del
comportamento, checklists e feedback frequenti fra gli operatori”.
4.3
Le Precauzioni Standard (SP) e gli strumenti operativi: linee
guida, procedure, protocolli.
Le Precauzioni Standard (SP) sono le idonee misure da adottare per
prevenire l'esposizione parenterale, cutanea e mucosa nei casi in cui si
preveda un contatto accidentale con sangue o altri liquidi biologici.
Esse sono indirizzate a tutto il personale sanitario, vanno applicate
indifferentemente a tutti i pazienti in maniera routinaria e sono:
51
 l'igiene delle mani;
 l'adozione di indumenti-barriera (guanti, camici, mascherine,
occhiali, ecc.);
 decontaminazione, pulizia, disinfezione/sterilizzazione dello
strumentario;
 la pulizia/disinfezione delle superfici;
 la corretta raccolta e il giusto smaltimento dei rifiuti (con
particolare attenzione per i pungenti e taglienti);
 la corretta gestione della biancheria;
 la corretta modalità di trasporto dei campioni biologici.
Forse è superfluo rilevare che il rispetto di tali precauzioni
rappresenta non soltanto una sicurezza per il paziente ma anche per il care
giver e quindi per l'operatore della sanità.
Nelle diverse realtà operative, per costruire i comportamenti che
potranno portare ad un miglioramento dei risultati, oltre alle SP sovente
vengono utilizzati strumenti quali le linee guida, le procedure e i protocolli.
Si tratta di strumenti che vengono visti sempre come mezzi per
migliorare la qualità dell'assistenza in un processo che veda al “centro il
paziente”; in realtà la loro applicazione può portare, se interiorizzata e
ragionata, alla tutela della salute dell'operatore.
Nello specifico:
 le linee guida sono raccomandazioni basate sull'evidenza scientifica
(EBN) che hanno lo scopo di orientare il comportamento
dell'operatore sottolineando ciò che è di efficacia dimostrata,
rispetto a ciò che non lo è, un esempio di linee guida è costituito
dalle indicazioni periodicamente fornite dall'INAIL ed ex ISPESL
52
sui comportamenti che il personale deve tenere in sala operatoria per
la disinfezione e sterilizzazione del materiale chirurgico;
 le procedure sono documenti che descrivono dettagliatamente e
sequenzialmente le azioni supportate scientificamente necessarie per
una specifica attività (ad es. la procedura per il lavaggio delle mani
(sociale, antisettico, chirurgico);
 i protocolli sono documenti scritti che traducono i risultati della
ricerca scientifica in precise indicazioni per la pratica assistenziale.
A)
Esempio di un protocollo sanitario in uso ai medici del lavoro nel
settore ospedaliero. Precisa che può essere integrato dal parere del
medico competente nominato dal datore di lavoro, il quale, in base
alla peculiarità del luogo di lavoro - può modificarlo, inserendo gli
accertamenti sanitari che riterrà opportuno, il tipo di esame e la
frequenza temporale.
Protocollo Sanitario Settore OSPEDALIERO per: Infermieri, Ostetriche,
Personale Ausiliario, ecc. sottoposto a Movimentazione Manuale dei
Carichi e Rischio Biologico.
ECG
(> 40 anni)
Valutazione del rachide (vedi indici IS) Emocromo con formula
Intradermoreazione tubercolina
se neg.
eseguire vacc.ne antitubercolare
se pos.
>= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne
Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso
Visita medica mirata
24mesi
se IS > 2 annuale
VDRL, TPHA, HCV Ab, HBsAg, HBc Ab, HBs Ab (con eventuale titolazione
anticorpale), Rubeo Test (per reparti: neonatologia, pediatria, chirurgia pediatrica,
ostetricia), Tampone faringeo (per reparti: neonatologia, pediatria, chirurgia pediatrica,
ostetricia), GGT, blirubinemia tot. e fraz., Elettroforesi delle proteine, esame urine con
sedimento, Azotemia, Cretininemia, Glicemia, Transaminasi.
Spirometria
24mesi
se IS >3, 12 mesi
53
Medici, Tecnici di Lab, Tecnici di Radiologia sottoposti a Rischio Biologico
ECG
(> 40 anni)
Spirometria
24mesi
se IS >3, 12 mesi
Intradermoreazione
se neg.
eseguire vacc.ne antitubercolare
tubercolina
se pos.
>= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne
Emocromo con formula
Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso
Visita medica mirata
24mesi
se IS > 2 annuale
VDRL TPHA, HCV Ab, HBsAg, HBc Ab, HBs Ab (con eventuale titolazione
anticorpale), Rubeo Test (per reparti: neonatologia, pediatria, chir. pediatrica,
ostetricia), Tampone faringeo (per reparti: neonatologia, pediatria, chir. pediatrica,
ostetricia), GGT, blirubinemia tot e fraz., Elettroforesi siero proteica, esame urine con
sedimento, Azotemia, Cretininemia, Glicemia, Transaminasi.
Reticolociti
solo se esposti a rischio radiologico
Vis.ta oculistica + es. cristallino
36mesi
solo se esposti a rischio radiologico
SOLO RISCHIO BIOLOGICO
Emocromo con Formula, urine
Intradermoreazione tubercolina
se neg.
eseguire vaccinazione antitubercolare
se pos.
>= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne
Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso
Dosaggio anti HBs
Sogg. vaccinati e noti HBsAb positivi
Cratininemia, Glicemia, GOT, GPT, GGT
visita medica mirata
HBsAG, HbsAb, HbcAb
24mesi secondo IS
Sogg. Non vaccinato o No responder
54
B)
Esempio di procedura assistenziale operativa per il lavaggio
antisettico delle mani, in uso a una ASL del territorio italiano
(estratto).
ISTRUZIONE OPERATIVA LAVAGGIO ANTISETTICO DELLE
MANI
INTERVENTI:
MOTIVAZIONI
Materiale necessario:
E' importante che i distributori di

Lavandino preferibilmente con
antisettico liquido non siano rabboccati,
apertura a gomito o a pedale;
ma puliti, lavati e asciugati ogni volta
Detergente antisettico liquido
che
dosatore o monodose;
contaminazione del detergente.
Asciugamani monouso in cellulosa.
E'


si
svuotano
sconsigliato
evitando
l'uso
di
la
sapone
antisettico in pezzi, nel caso lo si
utilizzi, dovrebbe essere sciacquato
dopo l'uso e sospeso su una griglia che
permetta il drenaggio dell'acqua, per
evitare
la
proliferazione
batterica.
Ciascuna unità operativa può scegliere
un prodotto tra quelli offerti dalla
farmacia
aziendale.
Evitare
asciugamani in tessuto o comunque di
uso promiscuo.
Non indossare anelli, bracciali e orologi. L'acqua tiepida non rimuove gli olii
Bagnarsi le mani con acqua tiepida, protettivi dalla pelle come l'acqua
tenendole lontane dalla superficie interna calda, riduce la screpolatura delle mani
del lavabo.
prodotta dai frequenti lavaggi.
55
INTERVENTI:
MOTIVAZIONI
Asciugare con una salvietta monouso, Eliminare tamponando l'umidità residua
tamponando e procedendo dalla punta la cui presenza favorirebbe nuova
delle dita verso l'avambraccio.
crescita
di
sfregamento
microrganismi,
con
carta
potrebbe
provocare abrasioni della cute.
Se il lavello è sprovvisto di rubinetto a
gomito o a pedale chiuderlo con l'ultima
salvietta utilizzata.
SCOPO: rimuovere la flora microbica transitoria che quella
residente, anche se in misura minore.
QUANDO ESEGUIRLO:

Prima e dopo procedure invasive;

Prima e dopo l'esecuzione di medicazioni di ferite e cateterismi
vescicali;

Prima e dopo il contatto con pazienti immunodepressi;

Prima e dopo essere venuti in contatto con pazienti o materiali infetti
o presunti tali;

lo
Prima e dopo aver svolto qualsiasi attività all'interno di una unità
operativa ad alto rischio come: terapie intensive e sub-intensive, sale
operatorie, sale endoscopiche, dialisi ecc.
56
C) Esempio di Precauzioni Standard: "Norme universali per la prevenzione
delle infezioni in dialisi - Isolamento del paziente portatore di virus
infettivi"
http://www.renalgate.it/norme_universali_infezioni_dialisi_hcv_isolame
nto.htm
Tutti i pazienti devono essere considerati come potenzialmente infetti,
indipendentemente dalle loro caratteristiche anamnestiche, cliniche o
sierologiche.
Il lavaggio preliminare delle mani prima dell’inizio di qualsiasi manovra
lavorativa ed il frequente lavaggio delle mani durante qualsiasi attività
sanitaria è la manovra più importante per ridurre il rischio di trasmissione di
microorganismi.
Indossare i guanti non esime dall’obbligo di lavarsi le mani, queste
devono essere lavate non solo all’inizio e alla fine dell’attività, ma anche
prima di indossarli e dopo averli rimossi.
Il lavaggio delle mani può essere di diversi livelli:
 lavaggio sociale;
 lavaggio antisettico in relazione alla sostanza utilizzata, alla durata del
lavaggio ed al tempo di contatto della sostanza antisettica utilizzata.
 Lavarsi le mani dopo aver toccato sangue, liquidi corporei, secreti,
escreti, oggetti contaminati sia che si siano indossati i guanti che no;
 lavarsi le mani in sostituisce la necessità del lavaggio delle mani); ogni
caso dopo la rimozione dei guanti ogni qualvolta ci siano stati contatti
con liquidi o materiali di derivazione biologica (l'uso dei guanti non
 usare un semplice sapone lavando le mani per almeno 10 - 15 secondi;
 l'uso di un agente antisettico (clorexidina, povidone iodio es: Hibiscrub,
Brunoil Hplus) va considerato solo dopo il lavaggio con sapone e nei
57
casi in cui ci sia stato un significativo contatto o contaminazione con
liquidi o materiali di derivazione biologica;
 non è certificata l'efficacia dell'uso di creme o schiume protettive.
Il materiale necessario a porre in atto le precauzioni standard (SP) non
deve mai mancare e pertanto se ne deve prevedere il rifornimento continuo
con le scorte necessarie e l’eventuale personalizzazione, come nel caso di
visiere o schermi facciali, occhiali, ecc. Devono essere sempre poste in atto
misure di barriera mediante l’uso di camici, occhiali, maschere, cappelli,
guanti e quant’altro possa servire a tale scopo nel corso di manovre
giudicate a rischio per spandimento di materiale biologico, o di
contaminazione bi-direzionale (staff-paziente), o con qualsiasi agente
patogeno.
I guanti devono essere cambiati alla fine di ogni manovra su ogni
singolo paziente ed immediatamente in caso di evidente contaminazione.
INDUMENTI BARRIERA
1)
Guanti:
 indossare guanti: sono sufficienti guanti puliti non sterili prima di
toccare sangue, liquidi corporei, secreti, escreti e oggetti
contaminati;
 cambiare i guanti dopo il contatto con materiale che può contenere
un’elevata concentrazione di microrganismi;
 cambiare i guanti in caso di verifica o dubbio di lesione degli stessi
e, lavarsi le mani prima di indossare i nuovi;
 rimuovere prontamente i guanti dopo l'uso;
 lavarsi le mani dopo essersi tolti i guanti;
 non toccarsi gli occhi, il naso, la bocca, i capelli o l'epidermide con i
guanti;
58
 non toccare con i guanti attrezzature e suppellettili come: telefono,
porte, letti se sono "pulite", non allontanarsi dal luogo di lavoro
indossando i guanti;
 i guanti devono essere della giusta misura;
 per quanto possibile non usare guanti in lattice (possono provocare
allergie) a contatto con la pelle (in alternativa guanti in vinile).
2)
Camici,
3)
Visiere, occhiali protettivi, mascherine.
Si deve avere la massima precauzione possibile nell’impiego di
taglienti: lame, bisturi, pinze, forbici, rasoi, vetreria ecc., aghi – i quali NON
andranno mai reincappucciati, piegati, rimossi dai loro supporti, ma
andranno smaltiti contestualmente al loro utilizzo, in adeguati contenitori
(rigidi, impermeabili ed a chiusura ermetica) sempre posti in posizione utile
agli usuali percorsi di lavoro.
Pulizia, decontaminazione, disinfezione ambientale e di tutti i presidi
strumentali, (ove possibile sterilizzazione) devono essere una prassi
standardizzata secondo protocolli scritti ed in accordo con le indicazioni dei
costruttori dei vari materiali/utensili impiegati.
I campioni biologici o gli eventuali prelievi bioptici devono essere
maneggiati e trasportati adeguatamente (in idonei contenitori che
racchiudano porta provette ecc.).
In Dialisi, le misure supplementari o speciali, che devono essere
osservate da tutti gli operatori ed applicate a tutti i pazienti per tutto il tempo
che sono assistiti sono:
59
 Aggiornamento: specifica e preventiva formazione del personale
sanitario seguita da un aggiornamento almeno annuale con un gruppo di
lavoro coordinato da una persona specifica;
 Rapporto numerico: adeguato ed ottimale del personale/pazienti/in sala
dialisi, secondo le norme vigenti e le condizioni strutturali;
 Area di lavoro: adeguata in sala dialisi;
 Separazione delle aree a diverso rischio: aree facilmente contaminabili:
stazioni dialitiche, monitor dialisi, punto prelievo/paziente, dov’è
processato o sono maneggiati campioni biologici, le linee ematiche, ecc.
devono
essere
fisicamente
separate
da
quelle
difficilmente
contaminabili: ad. es.: dove si conservano o si preparano i medicinali,
dove ci si lava le mani, dov’è la biancheria per il rifacimento dei letti, le
coperte, i liquidi per i monitor, …);
 Igiene delle superfici delle sale dialisi: rispetto di protocolli scritti e
stabiliti dal centro, per pulizia, decontaminazione, disinfezione e
sterilizzazione in accordo ad eventuali indicazioni delle ditte costruttrici.
Lavaggio ed immediata disinfezione ad alto livello non appena si renda
evidente una contaminazione e comunque subito dopo ogni turno di
dialisi, compresi gli oggetti presenti nella stazione dialitica;
 Igiene dei Monitor: lavaggio, disinfezione ad alto livello ed ove
possibile sterilizzazione dopo ogni singolo trattamento nel rispetto di
quanto indicato dalle ditte costruttrici. Raccomandata la periodica
disincrostazione dei circuiti idraulici; Tale procedura ha lo scopo di
rimuovere il biofilm e le incrostazioni che, oltre a ridurre l’efficacia dei
disinfettanti, favorisce lo sviluppo e la sopravvivenza di agenti biologici;
 Netta distinzione tra macchine negative e positive, compresi gli attacchi
all’impianto idrico e gli scarichi. Ridurre il più possibile il cambio di
macchina tra pazienti della stessa tipologia (negativi o positivi);
 Registrazione sulla scheda di dialisi, ad ogni seduta dialitica, del codice
identificativo dell’apparecchio, al fine di poter risalire facilmente
60
all’identificazione di tutti i pazienti che hanno utilizzato una determinata
macchina (es: contaminazione di apparecchi negativi a causa dei periodi
finestra);
 Proscrizione
della
condivisione
di
qualsiasi
materiale
-
personalizzazione di tutto il materiale: non deve essere permessa alcuna
condivisione (carrelli per medicazione, vassoi, clamp, lacci emostatici,
bracciali per la misurazione della PA, cerotti in rotoli,ecc). Ogni oggetto
deve essere il più possibile monouso (non disposable) dovrebbe avere ad
uso strettamente personale, facilmente lavabile, disinfettabile e
possibilmente sterilizzabile, può rientrare nell’area di lavoro comune
(indipendentemente dallo stato sierologico del paziente) solo dopo
adeguata sanitizzazione/sterilizzazione;
 Preparazione dei medicamenti: devono essere preparati in un’area
“pulita” e lontana dalle stazioni dialitiche, possibilmente centralizzata.
Deve essere evitato l’uso di flaconi di farmaci multi dose;
 Vestiario: deve coprire la maggior superficie corporea possibile, nelle
manovre a rischio di spruzzi sono d’obbligo le barriere di protezione al
volto e capelli;
 Guanti non sterili: indossati per qualsiasi manovra, su paziente, monitor
e strumenti, vanno rimossi dopo ogni manovra ed immediatamente, in
caso di evidente contaminazione e comunque sostituiti prima delle
manovra successiva; devono essere adeguatamente smaltiti;
 Igiene delle mani: prima e dopo aver indossato i guanti e dopo ogni
manovra assistenziale;
 Assegnazione dei pazienti alle stazioni dialitiche: entro i limiti della
programmazione del centro, dovrebbero essere stabili e dedicate per i
pazienti HCV+ anche nel rispetto delle eventuali norme regionali,
nazionali o di enti/agenzie di comprovata serietà;
 Razionalizzare i metodi ed i percorsi di smaltimento e trasporto dei
materiali biologici;
61
 Affiggere i protocolli, per condividerli e metterli a conoscenza di tutti
gli operatori.
Figura 5 - Hazards news releases Hospital Sheffield England
www.hazards.org
62
5
5.1
CAPITOLO: Una proposta diversa …
La soluzione adottata dalle regioni Piemonte e Liguria.
Le regioni Piemonte e Liguria hanno risolto normativamente la
questione oggetto di questa tesi operando una scelta ben precisa: non hanno
preso in considerazione l'ipotesi di cambiare il modello di vigilanza (dal
"comando/controllo" alla "vigilanza di processo"), bensì hanno posto
l'accento sui soggetti titolari del diritto-dovere della vigilanza stessa.
Sostanzialmente, la soluzione adottata è quella di affidare le attività
di vigilanza e controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro sulle
strutture gestite direttamente dalle Aziende Sanitarie Locali allo SPreSAL
di una ASL diversa da quella cui compete la gestione delle strutture stesse.
Si è deciso, quindi di operare una sorta di vigilanza incrociata per
cui, facendo l'esempio del Piemonte, se la struttura è gestita dalla ASL di
Vercelli, la vigilanza sul rispetto delle norme di salute e sicurezza nei
confronti dei dipendenti sarà effettuata dalla ASL di Novara, e viceversa.
E' la stessa giunta regionale a decidere, con delibera, la competenza
della vigilanza; la regione Piemonte è stata la prima ad effettuare la scelta
della vigilanza, lo dimostra la delibera DGR del 21 dicembre 2007, n. 627924, mentre la Liguria ha provveduto nel medesimo senso con la legge
regionale 25 novembre 2009, n. 57.
5.2
Conclusioni.
Le scelte adottate da Liguria e Piemonte, a mio parere, possono
soddisfare il bisogno di cultura della sicurezza solo parzialmente: l'unica
soluzione, infatti, sarebbe quella di incidere comunque sul “modello di
vigilanza”.
63
La necessità di giungere finalmente ad una vigilanza di processo,
infatti, è dimostrata dall'evoluzione, negli ultimi anni sempre più convulsa,
del mercato del lavoro: in un contesto mondiale in cui l'esternalizzazione, la
liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi è la parola d'ordine, bisogna
porre attenzione non tanto sulla singola norma, eventualmente disattesa, ma
ad una responsabilità individuale e individualizzata nel processo
produttivo.
L'iniziativa ligure invece a ben vedere, altro non è se non la risposta
a un evento ben preciso, l’episodio dell'infermiera ustionata da una
fiammata sprigionatasi da una bombola di ossigeno in una stanza di degenza
della residenza per anziani in cui lavorava - la classica moda, tutta italiana,
della legislazione dell'emergenza.
E' però lodevole il fatto che finalmente gli enti di normazione si
siano posti un problema che gli addetti ai lavori avevano da tempo
riscontrato:
come
ebbe
a
scrivere
Gino
Rubini
in
www.diariodellaprevenzione.it a novembre 2009: “Bisogna salutare con
favore l'iniziativa legislativa ligure, arrivando ad auspicare che sarebbe
“opportuno che anche le altre Regioni adottino questa modifica per
superare i conflitti d'interesse e le interferenze di poteri ben presenti nelle
strutture sanitarie”.
“Piotòst che ninta, le mei piotòst”
“Piuttosto che niente, é meglio piuttosto”
dicono gli anziani bolognesi.
Io però continuo a credere che l'umanità non progredisca se si
accontenta e se non si assume le proprie responsabilità; qualcuno ha scritto a
64
commento della legge regionale della Liguria e della scelta di vigilanza
incrociata sull'identità di “controllore e controllato”:
"E’ stato evocato, con pessima scelta di vocaboli, un inesistente
“conflitto d’interessi”, quando invece tra un’amministrazione che tutela la
salute e un ufficio che persegue lo stesso fine, non ci dovrebbe essere per
definizione alcun conflitto del genere" (Vigilanza incrociata o vigilanza in
croce?, in www.snop.it, 19 marzo 2010), salvo poi aggiungere, qualche riga
sotto, che:
"la dipendenza dal controllato può infatti influire, in linea di
principio, sull’operatività del controllore".
Il problema è proprio nel condizionale "dovrebbe essere":
lasciamo pure agli esperti di leggi e norme darci la definizione giuridica
della locuzione "conflitto di interessi", e noi persone comuni chiediamoci:
cosa è quella situazione per la quale il giudizio professionale del
controllore, riguardante l'interesse primario della salute e sicurezza del
lavoratore, venga influenzato dall'interesse di buona politica aziendale
dell'impresa controllata - che guarda caso è il/la datrice di lavoro del
controllore?.
Abbiamo due distinti interessi in gioco qui: l'interesse a tutelare la
salute del lavoratore (interesse primario) e l'interesse ad una politica
aziendale orientata al bilancio e al risparmio (interesse secondario) - in
mezzo a questi due interessi c'è l'ispettore, la cui operatività può essere
condizionata dal suo contratto di lavoro subordinato con l'azienda.
65
Se non vogliamo chiamarlo "conflitto di interesse", chiamiamolo
come meglio crediamo; resta il fatto che altro non è se non:
"Un insieme di condizioni per le quali il giudizio professionale
riguardante un interesse primario tende ad essere indebitamente
influenzato da un interesse secondario".
Poi, magari, leggendo qualche libro ci renderemo conto che questa è
la definizione che l'economista Thompson dava al "conflitto di interessi".
Questo elaborato alla fine non ha pretesa di offrire soluzioni, ma
spunti di riflessione sui quali persone con maggiori studi e competenze di
me, possano perorare principi di equità, correttezza e giustizia, nella
considerazione più pura ed elevata del significato di “bene comune”, di
“cosa pubblica”, di posizione di garanzia, di abbattimento di tutte le
forme di conflitto d’interesse - da quelle subdole, alle legalizzate – dalla
lotta al malaffare delle certificazioni facili - alla vigilanza ferma agli anni
50.
Offro volentieri il mio poco purché ascoltino anche l’impercettibile
silenzio dell’anima e del cuore, tanto necessari per sostenere e difendere
quei valori fluidi ed eterei che, pur essendo insiti in ognuno di noi,
nessuno ascolta né ricerca più come elevazione di sé, come valore
aggiunto da offrire agli altri e da lasciare ai posteri.
Il mio brevissimo argomentare, forse di altri tempi, è l’esito di
trenta anni di attività lavorativa vissuti in ospedale come infermiera, come
lavoratrice e come portatrice di “bisogni” dovuti spesso urlare per farsi
ascoltare
dalla
controparte,
sempre,
protesa
al
perfezionamento
burocratico e a creare la regola della regola, della regola, con balzelli su
66
balzelli pur di non sentire e vedere quello che non si riesce a ricondurre in
report, numeri, statistiche – ma che è oggettivabile, purtroppo questo
implicherebbe magari, intaccare il loro “piccolo potere” (se lo
confrontiamo
con
l’eternità)
–
ma
tendenzialmente
preferiscono
subdolamente non umanizzare il burocratismo asfissiante, che impedisce
perfino ai lavoratori della sanità (forse più fragili di altri) di ammalarsi di
lavoro e sul lavoro, in un luogo nel quale per antonomasia si tutela e si
salvaguarda la “Salute”, in una più che perfetta legalizzazione di un diritto
negato.
Figura 6 - “Poteva andare meglio” Mi dispiace! di Loredana Raimondi
Tecnica mista ed applicazione di materiali su tavola 60x50 cm. 11/1998
67
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
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"gli infortuni da iperestensione derivanti dallo spostamento
manuale dei pazienti negli ospedali" (D. Nielsen, in Giornale
Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, supp. A Psicologia,
2010, vol. XXXII, n. 1, pp. A33-A34).
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- 19 marzo 2010
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www.wikilabour.it;
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www.wikipedia.it;

www.mc.vanderbilt.edu
70
RINGRAZIAMENTI
A queste eccellenti Persone che mi hanno fornito contributi importanti nella
realizzazione della tesi, sostegno ed incoraggiamento, senza i quali - non
avrei potuto ottenere la stessa riuscita e qualità nell’elaborato finale
Grazie al
Sig.Gino Rubini formatore CGIL Camera del Lavoro Bo;
Sig Andrea Spisni Coordinatore SIRS Bologna;
Avv. Roberta Cavina;
Avv. Patrizia Tullini Prof.Università Alma Mater Studiorum Bo Facoltà di
Giurisprudenza;
Dott.ssa Cinzia Frascheri Resp.le Nazionale Salute e Sicurezza sul Lavoro e
Responsabilità Sociale delle Imprese per la CISL;
… aa.
71
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