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testo tesi - Diario per la Prevenzione
UNIVERSITA' DEGLI STUDI “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica Presidente: Prof. Marisa Cacchio Tesi di Laurea “Problemi Applicativi dell’Art. 13 D.Lgs 81/08 s. m. i.: La Vigilanza del Personale del S.S.N. Effettuata dalla Stessa Azienda Sanitaria Locale Competente per Territorio. Il Pericolo di Conflitto d’Interesse” Laureanda: Loredana Raimondi Relatore: Chiar.mo Prof. Francesco D’Adamio A.A. 2010/2011 INTRODUZIONE .......................................................................................... 1 1 CAPITOLO: Evoluzione storica e legislativa del sistema di vigilanza. . 5 1.1 Cenni storici. ................................................................................... 5 1.2 Le competenze delle ASL in materia di salute e igiene del lavoro. 9 1.3 Il coordinamento degli interventi di vigilanza. ............................. 11 2 CAPITOLO: L'applicazione del Modello Comando/Controllo della Vigilanza ASL. ............................................................................................. 12 3 2.1 L'espletamento dell'attività di vigilanza da parte dell'ASL. .......... 13 2.2 Il sistema di AUDIT. .................................................................... 19 2.3 L'Accreditamento. ......................................................................... 22 CAPITOLO: Vigilanza ASL: Quello che non c’è ancora. ................... 27 3.1 La necessità di innovare il modello "Comando/Controllo". Alcune proposte. ................................................................................................... 27 3.2 La "Sindrome del side-car": contraddizioni e punti deboli del sistema sanità. ........................................................................................... 30 3.3 Attivare una “Vigilanza di Processo” superando i “fatti di tipo materiale”. ................................................................................................ 33 4 3.4 L'"Auditor di processo": il soggetto che non c'è. O forse sì. ......... 36 3.5 Autority (O Autorita' Amministrativa Indipendente): ................... 38 3.6 Le Asseverazioni. .......................................................................... 38 CAPITOLO: Costruire comportamenti per ottenere risultati. .............. 43 4.1 La Behavior-Based Safety (BBS): un approccio scientifico alla sicurezza sul lavoro. ................................................................................. 43 4.2 Applicare la Behavior Based Safety in ambito medico-sanitario: presentazione di uno studio. ..................................................................... 48 4.3 Le Precauzioni Standard (SP) e gli strumenti operativi: linee guida, procedure, protocolli. ............................................................................... 51 5 CAPITOLO: Una proposta diversa ….................................................. 63 5.1 La soluzione adottata dalle regioni Piemonte e Liguria. ............... 63 5.2 Conclusioni. ................................................................................... 63 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA. ............................................................ 68 I Bibliografia .............................................................................................. 68 Sitografia .................................................................................................. 69 RINGRAZIAMENTI. .................................................................................. 71 INDICE DELLE FIGURE Figura 1 - I rischi per la salute e la sicurezza: alcuni dati dell'O.M.S. ...... 35 Figura 2 - Dati che evidenziano quanto i comportamenti influiscano sul verificarsi di infortuni in un'impresa campione. .......................................... 43 Figura 3 - Schematizzazione del modello interazionista. ............................ 45 Figura 4 - Piramide o triangolo della sicurezza.......................................... 46 Figura 5 - Hazards news releases Hospital Sheffield England www.hazards.org ......................................................................................... 62 Figura 6 - “Poteva andare meglio” Mi dispiace! di Loredana Raimondi Tecnica mista ed applicazione di materiali su tavola 60x50 cm. 11/1998 . 67 LEGENDA A A: Autority o Autorità Amministrativa Indipendente; aa: anni; ACCREDIA: Ente Italiano di Accreditamento; ad: amministratore delegato; art.: articolo; ASL: Azienda Sanitaria Locale; AUSL:Azienda Unità Sanitaria Locale; Az.: Azienda; C CDC: Centers for Disease Control; c.d.: così detto; CE: marchio, direttiva, regolamenti Certificato Europeo; cfr.: dal latino confer - confronta; C.U.: Controlli Ufficiali; D DG: Direttore Generale; DGR: Delibera Giunta Regionale; D.Lgsl: Decreto Legislativo; D.L: Datore di Lavoro; DM: Decreto Ministeriale; DPL: Direzione Provinciale del Lavoro; DNV: Italia: Det Norske Veritas; DSP: Dipartimento Sanità Pubblica; E ECG: Elettro Cardio Gramma; ecc.: eccetera; EN: Norma Europea; G GGT: Gamma GT gammaglutamiltransferasi; II LEGENDA H HBsAg/HBsAG: antigene di superficie dell'epatite B; HBcAb/HbcAb: Epatite B Core Anticorpo; HBsAb: Epatite B anticorpi di superficie; HCVAb: Epatite C anticorpi contro il virus; R ®: Marchio Registrato RLS: Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza; RSPPA: Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione Aziendale; Rx: Radiografia; I INAIL: Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro; INPS: Istituto Nazionale Previdenza Sociale; ISPESL: Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro; ISO: Norma Internazionale; M MC: Medico Competente; S SA: Social Accountability; SCC: Safety Cecklist for Contractors; SGSL: Sistema di Gestione; SGQ: Sistema di Gestione Qualità; Sincert: Sistema Nazionale per Accreditamento Organismi Certificazione e Ispezione; Sinal: Sistema Nazionale Accreditamento Laboratori; SIT: Servizi Taratura; s.m.i.: sue modifiche integrazioni; Salute/Sicurezza sul Lavoro; O OHSAS: Occupational HeAlth and Safety Assepssment; O.M.S.: Organizzazione Mondiale della Sanità; OP: Organismi Paritetici; OSA: Operatore P PA: Pubblica Amministrazione e/o Pressione Arteriosa a seconda del contesto; del Settore Alimentare; T TPHA: Treponema Pallidum Hemagglutination Test; U UA: Unità Assistenziale; UO: Unità Operativa; Uni INAIL: Ente Nazionale Italiano di Unificazione per linee guida INAIL; UNI ISO: Ente Nazionale Italiano di Unificazione International Organization for Standardization; UPG: Ufficiali di Polizia Giudiziaria; u.s.: ultimo scorso; -------------------------------------- SSN: Servizio Sanitario Nazionale; SSR: Servizio Sanitario Regionale; SPreSAL: Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti Lavoro; V VDRL: Veneral Disease Research Laboratories Sierodiagnosi per LUE; SSL: Salute e Sicurezza sul Lavoro; III INTRODUZIONE “La sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro continua ad essere un'emergenza nazionale che richiede il concorso e l’impegno congiunto, convinto e determinato delle forze sociali e istituzionali del Paese": questo in sintesi l’appello pressante del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ribadito in varie occasioni, non ultimo nel discorso di fine anno 2010 agli italiani e dopo la sentenza per la morte dei sette operai, dell’acciaierie ThyssenKrupp, nella quale il tribunale torinese, il 15 aprile us. ha condannato in primo grado per omicidio volontario l'amministratore delegato e per omicidio colposo altri cinque dirigenti della Thyssen. Oggi grazie al Suo sostegno e sensibilità, si sta consolidando sempre più la convinzione nei datori di lavoro e nei politici – benché con immane lentezza – che investire in salute e sicurezza sul lavoro, praticare la prevenzione, promuovere la formazione, l’equità dei diritti, risolvere i conflitti d’interesse, effettuare la necessaria sorveglianza sanitaria sui/lle lavoratori/trici, innovare il sistema di vigilanza ispettiva, accreditare, certificare strutture, eseguire report, lavorare per obiettivi, revisionare i processi lavorativi, ecc. è assolutamente necessario, come é imperativo effettuarlo in modo capillare nei luoghi di lavoro se vogliamo che questa costituisca la scelta strategica per migliorare la competitività dell’azienda e il ben-essere lavorativo al suo interno. Tutto ciò, senza trascurare l’aspetto etico e di dignità dei lavoratori e delle lavoratrici - al fine di incrementare la produttività in termini di rapporto costi/benefici e per migliorare le performances offerte ai propri dipendenti, alla società, e infine a se stessi in veste di imprenditori, amministratori delegati, direttori generali - traendone un equo profitto nel pieno rispetto della “Persona”. 1 Il mero adeguamento burocratico e l'applicazione di una corretta vigilanza sanitaria non porteranno da soli alla riduzione dei costi sociali legati agli infortuni sul lavoro, alle cause di servizio e alle malattie professionali, ma rappresentano il punto di partenza necessario a contenere le diseconomie e, allo stesso tempo, a creare valore aggiunto, un circuito oggettivamente virtuoso e concretamente realizzato senza andare a discapito di nessuno. Tutta la collettività, e chi è preposto alla vigilanza deve sostenere e proporre la “cultura della sicurezza” come principale sistema da diffondere capillarmente, per debellare la piaga degli infortuni e dell’autoreferenzialità nel mondo imprenditoriale, nonché per combattere le incongruenze e le conflittualità di gestione che spesso e volentieri accompagnano l’impatto dei “nuovi rischi” sulla comunità lavorativa della sanità. Ognuno di noi deve avvertire l’esigenza di estendere l’attenzione alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione ed al reinserimento del lavoratore infortunato, per il pieno recupero della vita professionale e sociale. L’attività di prevenzione e vigilanza richiede, per sua stessa natura, collaborazione tra professioni diverse, mettendo in pratica sinergie, ruoli e competenze volte ad una dimensione territoriale ampliata ed amplificata, “vicina ai problemi delle persone”, che si concretizzi in una rete di impegni coordinati, integrati e senza dispendiosi e ridondanti accavallamenti di attività. Il “Testo Unico” sulla sicurezza, il D.Lgs 81/2008 s. m. i. promuove la “cultura della salute e della sicurezza sul lavoro” in modalità “proattiva”, (come nell’inglobato ed indimenticato D.Lgs 626/94) con 2 percorsi di formazione e nuove responsabilità per gli attori diretti ed indiretti della prevenzione. L’universo produttivo pur essendo sempre più fluido, in continua trasformazione, all’interno di un mercato del lavoro globalizzato ed ancora oggi troppo deregolarizzato, precario, terribilmente mutevole, deve sempre più spesso innovare le modalità operative, proprio come sta accadendo nelle pubbliche amministrazioni e come dovrebbe avvenire nel modello di vigilanza delle ASL e annessi Dipartimenti di Sanità Pubblica – i quali dovrebbero demandare la verifica e la valutazione del modello di gestione della salute e sicurezza sul lavoro, e di tutte le tutele messe in opera dal datore di lavoro per il personale del Servizio Sanitario Nazionale durante lo svolgimento delle attività professionali, a “terzi”. Ciò costituisce, nella vita civile di un paese come il nostro, una doverosa risposta alle tante emergenti domande di correttezza e di “qualità sociale”, che trascende la tradizionale “qualità economica” (finalizzata solo alla soddisfazione dei bisogni correlati agli specifici rapporti “contrattuali” tra datore di lavoro e dipendente, tra produttore e cliente/consumatore), che, seppur ancora imposta dalle leggi di mercato, è destinata sempre di più a fare posto alla “qualità etica” . Ma alla luce di tali nuove istanze, orientate alla centralità della persona a giusto discapito della macchinosa burocrazia, occorre chiedersi perché, a circa tre anni dall'entrata in vigore del testo unico, permanga in essere un lampante pericolo di “conflitto d’interesse” nella vigilanza del personale del SSN, che è costituito da diverse migliaia di professionisti?. 3 Il ragionamento è lapalissiano: → se l'art. 13 del Testo Unico prevede che "la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio", che è l'organo di riferimento della sanità pubblica, avendone le specifiche competenze, → e se il legislatore non ha inserito alcuna eccezione circa l'organo di vigilanza del personale SSN, → ne deriva che la vigilanza sanitaria nei confronti del personale dipendente delle ASL italiane verrà effettuata dalle stesse Aziende Sanitarie Locali: si è creata così una quantomeno (utilizzando un termine eufemistico) curiosa identità tra "il datore di lavoro controllato e l'organo controllore". Se, come lo ha definito Dennis F. Thompson, ricercatore e docente alla Harvard University, il conflitto d'interesse è “Un insieme di condizioni per le quali il giudizio professionale riguardante un interesse primario, tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario”, (in Understanding financial conflict of interest, in New England Journal of Medicine, 1993) è chiaro che nel caso in esame il pericolo è forte e concreto: il legislatore, se vuole rendere effettiva la "cultura della sicurezza", oggi solo affermata a parole, senza creare discriminazioni nel personale dipendente del SSN, dovrebbe necessariamente porsi il problema, e giungere finalmente ad una risoluzione che implichi il rispetto degli artt. 3 e 32 della carta costituzionale - prima che vengano modificati. 4 1 CAPITOLO: Evoluzione storica e legislativa del sistema di vigilanza. 1.1 Cenni storici. Per comprendere a fondo quale sia la portata del problema oggetto di questa tesi e quali le sue conseguenze, occorre preliminarmente fornire alcuni cenni storici, senza pretesa di esaustività, sull'evoluzione del sistema di vigilanza in Italia. Dopo alcuni tentativi partiti alla fine del 1800 con il governo Depretis, fu solo nel 1902 che si decise di creare, presso il Ministero dell'Agricoltura Industria e Commercio, un Ufficio del Lavoro che aveva il compito di raccogliere, coordinare e pubblicare informazioni relative al lavoro su tutto lo Stato e nei paesi esteri coinvolti dall'emigrazione italiana: gli impiegati di questo ufficio furono i primi ispettori del lavoro nel nostro paese! Un vero e proprio Corpo degli Ispettori del Lavoro, nacque soltanto nel 1906; negli anni successivi l'organizzazione centrale dello Stato italiano venne modificata profondamente a seguito della prima guerra mondiale e dell'avvento del regime fascista, conseguentemente gli Ispettorati divennero di volta in volta amministrazioni periferiche di differenti dicasteri (da quello del lavoro e della previdenza sociale, nato nel 1920, a quello dell'economia). Con il passaggio alla Repubblica, l'Ispettore del Lavoro conosce un'evoluzione segnata dalla rapida ascesa sociale ed economica e da nuove idee legislative e giuslavoristiche. Negli anni cinquanta con il DPR 19 marzo 1955 n. 520 (“Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero”), vennero poste le basi dell'attuale ordinamento dell'Ispettore del Lavoro: esso dipendeva 5 dall'Ispettorato del Lavoro con sede in ogni Provincia, ed era organo periferico del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. La vigilanza in quegli anni era sotto il Ministero del Lavoro e ci rimase fino al 1982 in termini di delega alle regioni di svolgere la vigilanza tramite le ASL nei luoghi di lavoro, prima infatti, era tutto centralizzato al ministero del lavoro. Le sanzioni comminate, erano tutte di natura penalistica e la funzione dell'Ispettore era quella di accertare e fare rapporto al magistrato inquirente (da qui la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, cfr. l'art. 8 del DPR n. 520/1955.). Un sistema di questo tipo, pur esistendo meccanismi deflattivi dell'ambito penalistico, non permetteva una tutela rapida dei diritti dei lavoratori che venivano penalizzati dalle lungaggini che affliggevano già allora i processi civili e penali. Successivamente ad una serie di riforme avvenute negli anni sessanta, si ampliarono i diritti dei lavoratori, reprimendo fenomeni come il "caporalato", e riconoscendo la posizione dei sindacati nelle aziende, ponendo le basi per l'emanazione della Legge n. 300/1970 c.d. “Statuto dei lavoratori”. Con l'aumentare dei compiti dell'Ispettorato del Lavoro, nasceva l'esigenza di fornire strumenti sanzionatori più immediati, bypassando le lungaggini del processo penale ordinario: la soluzione venne trovata trasformando moltissime sanzioni penali in sanzioni amministrative pecuniarie (Legge n. 689 del 1981). 6 Praticamente, l'ispettore poteva irrogare direttamente la sanzione con proprio provvedimento, (la c.d. notifica di illecito amministrativo), e il trasgressore poteva fare ricorso con costi e tempi contenuti, rispetto a quelli del processo penale. Esisteva comunque in estrema ratio la possibilità di rivolgersi al giudice per risolvere l'eventuale controversia. Il processo di depenalizzazione degli anni '70 costituì una modifica di enorme importanza per il lavoro dell'Ispettore, che rimane ancor oggi subordinato al sistema di vigilanza basato sul modello del comando/controllo. Nel frattempo, però, la Legge n. 833/78, istituenda del Servizio Sanitario Nazionale, aveva trasferito alle regioni gran parte delle funzioni di vigilanza in materia di igiene e sicurezza del lavoro. Il S.S.N. legittimato con la legge del 23 dicembre 1978, a partire dalle riforme legislative dei primi anni novanta, ha reso sempre più incisive ed autonome le funzioni delle Regioni in materia di legislazione concorrenziale sanitaria, assistendo ad una continua rimodulazione delle stesse. Le Regioni hanno visto, accrescere nell’ultimo decennio il ruolo ad esse conferito dal potere statale in questa delicata materia. Così ché, la modifica del Titolo V, Parte II, della Costituzione – che è intervenuta nel 2001 con la legge costituzionale n. 3 ha fornito al potere regionale, ulteriori occasioni di crescita del proprio potere, conquistando ampi spazi di autonomia nella configurazione del regime organizzatorio e funzionale dei propri servizi sanitari, modificando profondamente l’assetto delle competenze tra Stato e Regioni. 7 L’attuale art. 117 della Cost., contemplando una serie di materie concorrenti disciplinate nei loro principi fondamentali dallo Stato e nel dettaglio dalle Regioni - hanno contribuito alla evoluzione “in senso federalistico” dei decreti di riordino dei primi anni novanta e, più recentemente, in senso più deciso, l’accordo dell’8 agosto 2001 tra Stato e Regioni. E perché allora non valutare di legiferare in merito allo scorporo: a) di un nuovo modello del sistema di vigilanza ASL; b) la terziarizzazione del personale del SSR? Attualmente dunque la vigilanza in materia di sicurezza e igiene del lavoro è espletata, nell’ambito delle rispettive competenze, dalle regioni attraverso le Aziende Sanitarie Locali (ASL) e dallo Stato attraverso l’ISPESL, le Direzioni Provinciali del Lavoro, i Vigili del Fuoco. Un’attività di solo accertamento, è svolta dall’INAIL per gli aspetti esclusivamente assicurativi. La Legge di riforma sanitaria n. 833/78 ha trasferito alle ASL le competenze amministrative primarie, ovvero la vigilanza in materia di sicurezza e igiene del lavoro. Agli Ispettori del lavoro rimangono però le funzioni di Polizia Giudiziaria e il controllo sul contratto di lavoro (emersione del nero, controversie sulla tipologia di contratto, corrispettivi non pagati, ecc.). Pertanto, in materia di sicurezza e igiene del lavoro operano due diverse categorie di ufficiali di polizia giudiziaria: 8 Ispettori del lavoro, che operano su denuncia o su richiesta dell’autorità giudiziaria, con obbligo di inoltrare sempre rapporto alla stessa in caso di constatazione di reato; Ispettori delle ASL ai quali, spetta l’esercizio dell’attività di vigilanza ordinaria. Il Decreto Legislativo n. 81/08 s. m. i., sostanzialmente conferma le attribuzioni e le competenze di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro già assegnate alle ASL ex art. 23 D.Lgs 626/94 – oggi D.Lgs 81/08 s. m. i. art. 13 c.: La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall’Unità Sanitaria Locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il settore minerario, al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. 1.2 Le competenze delle ASL in materia di salute e igiene del lavoro. In sintesi, oggi dopo l'evoluzione legislativa che ha portato al D.Lgs. 626/1994 ed al D.Lgs. 81/2008 s.m.i., alle ASL sono state attribuite competenze in materia di: prevenzione degli infortuni e malattie professionali; igiene e medicina del lavoro; igiene dell’ambiente; vigilanza in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. Tali compiti comportano, sostanzialmente, le attività di: rilievo, accertamento e controllo degli agenti nocivi presenti negli ambienti di lavoro; 9 individuazione delle misure idonee all’eliminazione o riduzione dei fattori di rischio degli ambienti di lavoro; elaborazione di mappe di rischio; studio e verifica della compatibilità degli strumenti urbanistici e dei piani di insediamento industriali, con le esigenze di salvaguardia ambientali; informazione e assistenza alle imprese in materia di prevenzione, pur nei limiti imposti dall’attuale legislazione. Sono stati istituiti i dipartimenti di prevenzione, strutture operative dell’Unità Sanitaria Locale aventi autonomia organizzativa e contabile, che garantiscono “la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita”. I campi di intervento dei dipartimenti di prevenzione sono: a) profilassi delle malattie infettive e parassitarie; b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali; c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro; d) sanità pubblica veterinaria, che comprende sorveglianza epidemiologica delle popolazioni animali, profilassi delle malattie infettive e parassitarie; e) farmacovigilanza veterinaria, igiene delle produzioni zootecniche, tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale; f) tutela igienico-sanitaria degli alimenti; g) sorveglianza e prevenzione nutrizionale. 10 Gli Ispettori delle ASL hanno la facoltà di visitare le aziende in qualsiasi momento e devono conservare il segreto sui processi di lavorazione dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio. 1.3 Il coordinamento degli interventi di vigilanza. L'aspetto che salta subito all'occhio è la numerosità degli organi di vigilanza; del resto, essa è dovuta alla peculiarità della tematica sicurezza sul lavoro ed alla sua complessità, dettata dall'esigenza di abbracciare tutti i rami economici e tutte le competenze messe in campo da una nazione. Conseguentemente, è chiara l'esigenza di un organo di coordinamento degli interventi. Con il DM del 19 gennaio 2006 è stata istituita la Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, prevista dall’art. 3 del D.lgs n. 124/2004, di cui fanno parte il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’INPS, l’INAIL, la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, la Commissione nazionale per l’emersione del lavoro irregolare, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e datoriali. Il ruolo dell’organismo è di coordinare a livello nazionale l’attività di tutti gli organi impegnati sul territorio nelle azioni di contrasto del lavoro sommerso e irregolare, di individuare gli indirizzi, gli obiettivi strategici e le priorità degli interventi ispettivi. 11 2 CAPITOLO: L'applicazione del Modello Comando/Controllo della Vigilanza ASL. La vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, a norma dell'art. 13 D.Lgs. 81/08 s.m.i., è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio. All'interno di ogni Azienda, l'ufficio che concretamente pone in atto il compito di vigilanza è il Servizio Prevenzione e Sicurezza negli ambienti di lavoro (S.Pre.S.A.L.) al quale compete la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria (UPG) A norma dell'art. 9, comma 6, lett. i), D.Lgs. 81/2008 s.m.i., l’attività di vigilanza specifica sulle strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale dovrebbe essere svolta dallo SPreSAL in collaborazione (volontaria, non obbligatoria) con l'ISPESL, l'ente pubblico con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro creato ad hoc per esercitare attività di consulenza e vigilanza. Il fatto che il legislatore avesse inserito proprio per le strutture sanitarie un'ipotesi di "vigilanza in compresenza" con un ente esterno alle ASL, faceva ben sperare circa la possibilità di evitare un conflitto di interessi tra controllore e controllato nelle strutture sanitarie pubbliche, magari adottando in futuro un passaggio da questa forma di "vigilanza in compresenza" ad una completa esternalizzazione del servizio ad un soggetto terzo indipendente. La situazione evolutiva ha però subìto una battuta d'arresto con l'entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n. 122 che ha abrogato l'ISPESL: oggi tutte le funzioni svolte prima da questo ente - che non esiste più - sono passate sotto l'egida dell'INAIL, che si trova a dover ri- 12 razionalizzare le proprie competenze e professionalità, dovendo fare fronte a un numero molto consistente di compiti ma con il proprio organico numericamente immutato. E, dunque, il problema di come evitare sovrapposizioni tra la figura del datore di lavoro e quella dell'ente di controllo negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie pubbliche rimane ancora insoluto. 2.1 L'espletamento dell'attività di vigilanza da parte dell'ASL. Le ASL sono strutture operative del Servizio Sanitario Nazionale presenti a livello provinciale sul territorio. Nell’ambito dell’azienda sanitaria locale, é istituita una struttura, denominata Dipartimento di Prevenzione, articolato in quattro servizi: Igiene e sanità pubblica; Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SPreSAL); Igiene degli alimenti e della nutrizione; Veterinari. Il controllo e la vigilanza sul rispetto delle norme antinfortunistiche negli ambienti di lavoro sono dunque competenza del servizio SPreSAL, interno al Dipartimento di Prevenzione di ogni singola ASL. In particolare, il personale ispettivo SPreSAL: verifica la sicurezza nei locali di lavoro, degli impianti, delle macchine, degli utensili, del modello organizzativo, dei disagi lavorativi dei lavoratori, ecc.; conduce indagini: per conto della magistratura in occasione di infortuni sul lavoro di particolare gravità; 13 sulle condizioni di sicurezza negli ambienti di lavoro. Il personale ispettivo è costituito da: medici specializzati in medicina del lavoro; tecnici laureati o diplomati che rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria. Essi, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, hanno la facoltà di: visitare in qualsiasi momento ed in ogni parte i luoghi di lavoro e relative dipendenze; sottoporre a visita medica il personale occupato, prelevando campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi; richiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che ritengono necessarie per l’adempimento delle loro funzioni, comprese quelle sui processi di lavorazione; prendere visione presso gli ospedali, ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori ricoverati per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali. I lavoratori che ritengono di avere subito una violazione dei propri diritti o che manifestano un disagio legato all’organizzazione del lavoro possono rivolgersi ai Dipartimenti di Sanità Pubblica, Servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro delle Aziende Unità Sanitarie Locali del territorio, agli ambulatori e/o sportelli del disagio, per una segnalazione, al fine di essere presi in carico per le necessità del caso. Gli addetti alla vigilanza ispettiva si recano nei luoghi di lavoro, verificano, accertano, sanzionano, producono “Disposizioni” o Sospensive 14 ai datori di lavoro (DL), laddove si manifestano violazioni di obblighi di legge. In conseguenza alla visita ispettiva, il DL. ad esempio può aderire ad un percorso di “benessere lavorativo” in collaborazione con le AUSL: tale percorso si sostanzia anzitutto nel coinvolgimento di vari referenti aziendali (i Dirigenti, i Preposti, gli RLS, i Lavoratori) e nella creazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare, che produca un’analisi del clima organizzativo, un’azione di informazione e formazione per dirigenti, preposti, RLS, lavoratori. Occorre poi effettuare una pianificazione delle azioni di miglioramento a breve, medio, lungo termine, prevedendo nel progetto la verifica/revisione delle azioni concretizzate, la loro scadenza, così da avere un monitoraggio aggiornato delle azioni di miglioramento continuo nella tutela del lavoro, dei lavoratori e degli ambienti di lavoro. Questi sono gli aspetti in cui si sostanzia l'attività del personale ispettivo ASL secondo lo schema del comando/controllo; ad un occhio superficiale la procedura potrebbe apparire buona e giusta: ogni lavoratore che ritiene di aver subìto una violazione del proprio "diritto a lavorare in sicurezza" trova nel Dipartimento di Sanità Pubblica il proprio interlocutore .... e questo è buono per il lavoratore dell'azienda privata, o di famiglia, o perfino dell'ente pubblico territoriale. Ma cosa succede quando a rivolgersi allo SPreSAL è il lavoratore dipendente della stessa ASL? Cosa succede quando il personale ispettivo dello SPreSAL (il cui datore di lavoro è la ASL) e deve ad esempio verificare l'esistenza di 15 violazioni a danno di un infermiere in reparto ospedaliero - il cui datore di lavoro è il suo medesimo? La risposta il legislatore non ce l'ha data, forse perché non ha voluto porsi il problema ed è strano perché il problema è sotto gli occhi di tutti. Vediamo, in dettaglio, quali sono le attività che deve svolgere l'ispettore a seguito di una segnalazione del lavoratore. Per accedere ai luoghi di lavoro gli ispettori ASL sono nominati dal Prefetto Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG), con obbligo di comunicare all'Autorità Giudiziaria i reati di cui vengono a conoscenza, fare indagini, individuare i soggetti responsabili: Effettua ricerche programmate per accertare e rimuovere i fattori di rischio presenti in determinati settori produttivi, su specifici problemi di rischio e di danno di origine professionale, e attiva ricerche epidemiologiche e accertamenti sanitari mirati; Risponde alle richieste di intervento all’interno dei luoghi di lavoro da chiunque presentate; Effettua attività di vigilanza sia programmata, sulla base dei criteri di diffusione e di gravità del rischio, sia su domanda, rispondendo alle richieste di intervento all’interno dei luoghi di lavoro; Formula pareri preventivi sui progetti di costruzione, ampliamento, cambi di destinazione di insediamenti industriali e di attività lavorative in genere; 16 Formula pareri e rilascia deroghe, dove espressamente previsto, su norme di igiene e sicurezza del lavoro; Effettua attività di vigilanza e controllo sugli accertamenti sanitari preventivi e periodici eseguiti dai medici competenti ed esamina i ricorsi presentati dai lavoratori avverso il loro giudizio di idoneità/inidoneità alla mansione specifica, eseguendo accertamenti specialistici e rispondendo in merito; Effettua iniziative nel campo della formazione e dell'educazione sanitaria anche attraverso la pubblicazione di linee guida; Effettua attività di informazione ed assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro a singoli lavoratori, alle organizzazioni sindacali, agli RLS, ai RSPP, ai datori di lavoro ed alle loro organizzazioni nonché ai medici competenti; Effettua valutazioni dello stato di salute di singoli lavoratori in relazione alla loro attività lavorativa; Verifica l'idoneità del posto di lavoro assegnato a particolari categorie di lavoratori (disabili, donne in gravidanza ed allattamento, soggetti con limitazioni di idoneità alla mansione, turnisti, ..); Garantisce, in orario di servizio, l’intervento immediato nel caso di infortuni gravi o mortali o di segnalazioni urgenti; Svolge compiti su espressa delega dell’Autorità Giudiziaria. 17 A questo punto, la domanda che dobbiamo porci è tremendamente banale: può bastare, per avere la garanzia dell'operato corretto e imparziale da parte del personale ispettivo SPreSAL, sperare che quest'ultimo non tradisca i doveri del dipendente pubblico previsti agli artt. 97 e 98 della Costituzione che recitano: all’art. 97: "i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione" nei confronti dei cittadini; all’art. 98: "i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione" e non solo dell'ufficio pubblico con il cui dirigente hanno firmato il contratto di lavoro) e commini una sanzione al proprio datore di lavoro, qualora rilevasse violazione di norme antinfortunistiche nei confronti di un altro dipendente? In tutta sincerità, in tanti anni di servizio prestato alle dipendenze di una ASL come infermiera, questo non è mai accaduto, e credo che porre all'attenzione di tutti la questione possa essere la chiave di volta per fare in modo che qualcosa finalmente possa cambiare. Chi ha reso la questione di dominio pubblico, ha voluto provare anche a dare risposte cercando nel nostro stesso ordinamento la soluzione: si è detto che si potrebbero adottare soluzioni utilizzando concetti già giuridicamente acquisiti come l'AUDIT e l'ACCREDITAMENTO. Vediamo singolarmente di cosa si tratta. 18 2.2 Il sistema di AUDIT. Il sistema di AUDIT è oggi recepito nel nostro ordinamento giuridico grazie a numerosi regolamenti e direttive CE. Il Reg. Ce 882/2004 all'articolo 2, descrive l'AUDIT come: "Un esame sistematico e indipendente per accertare se determinate attività e i risultati correlati siano conformi alle disposizioni previste, se tali disposizioni siano attuate in modo efficace e siano adeguate per raggiungere determinati obiettivi". Adottando l'AUDIT come strumento di valutazione del rispetto delle norme di igiene e sicurezza di una ASL nei confronti del proprio personale dipendente, si potrebbe giungere ad una risoluzione positiva del pericolo conflitto di interessi, affidando il controllo ad un AUDITOR esterno all'azienda. Certamente, sarebbe possibile per l'azienda utilizzare come AUDITOR il proprio personale ispettivo già formato: il personale "Tecnico della Prevenzione", ad esempio, avendo già acquisite competenze teoriche e pratiche tradizionali, dovrebbe semplicemente essere aggiornato (continuativamente) sulla conoscenza dei sistemi di gestione volontarie. In questo modo il personale ispettivo potrà assumere il ruolo di AUDITOR e valutare l'efficacia del sistema di gestione della sicurezza dell'ASL. Questo metodo sarebbe il più "economico" per la ASL (non dimentichiamoci che siamo nell'era del rispetto dei bilanci, dei pini di rientro, del pericolo commissariamento delle amministrazioni, ..), ma sicuramente il “meno efficace”: il pericolo del conflitto di interesse non sarebbe per nulla risolto e, a lungo termine, la doppia veste di personale ispettivo-auditor interno risulterà un boomerang di antieconomicità. 19 Dobbiamo infatti sempre tenere a mente quali siano le caratteristiche dei regolamenti comunitari per avere le basi di un AUDIT: documentale; sistematico; obiettivo; basato su dati di fatto dell'organizzazione aziendale sulla quale viene svolto. C'è da dire che alcune realtà aziendali hanno affrontato la questione cercando di dare risposte efficaci; chiaramente, stante il silenzio del legislatore, non si è ancora giunti a proporre ufficialmente un sistema di AUDIT esternalizzato alla ASL, ma almeno tra le righe a qualcosa si è accennato. Sto facendo, in particolare, riferimento ad un progetto regionale della Regione Emilia Romagna, dal titolo “Sviluppo competenze valutative sui controlli Ufficiali”, che vede l'Azienda Usl di Parma capofila. L'AUSL di Parma collabora e supporta la Regione Emilia Romagna nella costruzione - mediante l’apporto di tutte le AUSL regionali, di presupposti per un sistema qualità regionale, nel funzionamento dei servizi pubblici di controllo e nella effettuazione dei C.U. (Controlli Ufficiali) sulla base del recepimento di norme comunitarie. Il modello di riferimento sono i sistemi di accreditamento impiegati nel settore privato, dove gli organismi di certificazione sono enti “terzi”, indipendenti, e quindi in grado di garantire imparzialità e trasparenza. 20 Il personale addetto ai controlli riceve una formazione specifica, e vengono definite delle procedure standard che mirano a dare ai controlli trasparenza e oggettività, vuol dire rendere i controlli meno aleatori, meno soggetti al “fattore umano” e oggettivamente “misurabili”. Tale personale formato dovrà pertanto rivestire un ruolo di “facilitatore” nei vari servizi di appartenenza per lo sviluppo di un percorso di lavoro con metodo di qualità accreditata. Il successo del progetto ha fatto sì che la regione abbia ritenuto di riproporre diverse edizioni dello stesso (la prima, risale al 2005), aumentando il numero del personale regionale formato. La professionalità acquisita dagli operatori coinvolti nel progetto, viene valorizzata mediante il loro impiego nella formazione, addestramento e qualificazione del personale di controllo dei servizi. Il progetto vuole realizzare tre obiettivi principali: 1) Offrire un modello di lavoro di qualità, fatto di istruzioni operative, linee guida, protocolli, procedure, formazione del personale, audit ecc. a servizi e U.O. (Unità Operative) di controllo; 2) Realizzare una “Certificazione indiretta” dei servizi (Servizi Ispettivi) delle AUSL regionali, mediante l'organizzazione del “piano di Audit sui Servizi” formando ed utilizzando un gruppo di “Auditors “ qualificati; 3) Elaborare procedure condivise sui controlli ufficiali da effettuare presso gli OSA(Operatore del Settore Alimentare). 21 2.3 L'Accreditamento. Il DPR del 14 gennaio 1997 apre la strada all’accreditamento istituzionale nel S.S.N. riportando i requisiti strutturali e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. Il decreto, lascia alle regioni la competenza di determinare gli standard di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l’accreditamento di strutture pubbliche e private già in possesso dei requisiti minimi per l’autorizzazione. Di base, l'accreditamento è definito come un’attestazione della capacità di operare che un soggetto di riconosciuta autorità, rilascia nei confronti di chi svolge un ruolo, in un determinato contesto sociale. In generale, il soggetto che opera in un campo particolarmente importante (nella sanità, nella sicurezza sociale, nelle transazioni commerciali, ..), dove è necessaria competenza, indipendenza, onestà, capacità organizzativa, rispetto di standard elevati, viene ritenuto “custode” della qualità delle prestazioni fornite. L’adagio di Giovenale: “quis custodiet ipsos custodes?” (“chi sorveglierà i sorveglianti?”) si traduca, oggi, nel seguente interrogativo: “chi assicura agli utenti finali dei servizi ritenuti così importanti - che i soggetti che li erogano siano “affidabili”? Il significato letterale di accreditamento assume quindi, in questo contesto, il suo reale valore: attribuire (o attestare) la credibilità di chi dichiara la conformità ad una norma di qualità ambientale, di igiene, di sicurezza e di eticità. 22 Nel panorama sanitario italiano abbiamo due tipi di accreditamento: Accreditamento Istituzionale; Accreditamento di Eccellenza. Il primo è un adempimento obbligatorio fondato sulle norme vigenti. Il secondo si basa su un procedimento volontario. Per quanto concerne l'accreditamento istituzionale, occorre rilevare che diverse leggi dello Stato italiano istituiscono e definiscono le c.d. “regole tecniche” e secondo queste ultime, le case di cura, le scuole e i centri di formazione, gli ambulatori e i laboratori di analisi cliniche sono generalmente accreditati dalle Regioni, mentre le università sono accreditate dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica. Altri soggetti possono essere accreditati da diverse articolazioni statali. L’accreditamento a rilasciare attestazioni di conformità definito in ambito cogente costituisce una vera e propria autorizzazione, che si dice rilasciata ad un organismo notificato (solitamente un ente pubblico di rilevanza statale). Accanto al sistema di accreditamento determinato in ambito cogente, si è sviluppato un analogo sistema di natura privatistica, seppure molto autorevole ed in gran parte riconosciuto, quando non addirittura promosso dallo Stato, che ha per oggetto la valutazione della conformità alle c.d. “norme volontarie” ad esempio: le ISO 9001 (qualità aa ’90 fino ad 23 aggiornamento 2008), le ISO 14001:2004 (ambiente, aggiornate nel 2007), le ISO 27001 (sicurezza delle informazioni), SA 8000 (etica), ISO 18001:1999; Linee guida Uni INAIL – Uni 2001 e predisposti in collaborazione con INAIL, ex ISPESL e tutte le principali parti sociali, congruenti con lo standard OHSAS 18001, questi due standard non sono in contrasto, sono “contraddistinti da prospettive” di applicazioni differenti: le Uni INAIL hanno come focus specifico l'organizzazione e l'implementazione del sistema di gestione, a fronte delle OHSAS 18001 prevalentemente incentrate sulla verifica di certificazione e quindi, su chi deve farla e condurla”; 18001:2007; 18002:2008 (sistemi di gestione della sicurezza dei lavoratori) UNI ISO 31000:2010 (gestione del rischio nelle organizzazioni). Si fa qui riferimento al cosiddetto accreditamento di eccellenza, in cui la certificazione è rilasciata da enti che, sinora, hanno fondato la propria autorità prevalentemente sullo spontaneo riconoscimento del mercato e vi attribuisce valore senza che occorra sancirlo con leggi cogenti. Il sistema di accreditamento nel campo volontario è stato sino al 2009 svolto in Italia da tre distinti enti: Sincert (certificazione di prodotti, sistemi e personale), Sinal (laboratori di prova) e SIT (servizio di taratura). In conseguenza dell'emanazione del Regolamento Europeo 765/2008, dopo un movimentato periodo di transizione, lo Stato Italiano, il 22 dicembre 2009, ha individuato in ACCREDIA l'ente unico. ACCREDIA è una associazione senza fini di lucro che ha come soci Ministeri, grandi amministrazioni nazionali, organizzazioni d'impresa e professionali, altre parti interessate. 24 Alla base di questo lavoro, sia che si preferisca cercare la soluzione nell'AUDIT, sia che si consideri invece di migliore il sistema dell'Accreditamento, vi è una considerazione: è inevitabile che i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, debbano confrontarsi con il metro della qualità, avendo di fronte non soltanto l'utenza, composta dalla generalità dei cittadini, ma anche l'insieme di tutte le migliaia di professionisti che lavorano per l'Azienda e con l'Azienda?. Si tratta dell’approccio organizzativo, che passa attraverso la realizzazione di un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ). Tale approccio fornisce una ragionevole certezza che le attività del Servizio, compresa la vigilanza, rispondano a criteri di qualità e che soprattutto, la loro valutazione non sia autoreferenziale. Lavorare in tale ottica non è un lusso, significa utilizzare le risorse in modo congruo, evitando sprechi, costi inutili, che non creano "valore aggiunto". Se è così, allora far funzionare bene il sistema, non lasciando nulla al caso, si tradurrà in un utilizzo ottimale delle risorse disponibili, qualunque sia la loro entità. Dunque, lavorare in qualità diventa uno degli strumenti per economizzare. Costruire un Sistema di Qualità significa avere un potente strumento di controllo delle attività aziendali che porta degli indubbi benefici sul piano 25 organizzativo, dei costi e dei rapporti aziendali, che hanno poi influenza sulla qualità del prodotto o servizio finale. La certificazione del proprio Sistema Qualità da parte di un ente preposto è infine il riconoscimento a livello internazionale della capacità aziendale a realizzare con efficacia processi produttivi e/o di servizio. 26 3 3.1 CAPITOLO: Vigilanza ASL: Quello che non c’è ancora. La necessità di innovare il modello "Comando/Controllo". Alcune proposte. Come si è già diffusamente dimostrato nei capitoli precedenti, il SISTEMA di VIGILANZA delle ASL è ispirato al tipo di modello “Comando/Controllo”: l'ispettore, su ordine di servizio, è chiamato ad effettuare la verifica circa gli adempimenti meramente formali applicando, in caso di acclarati inadempimenti, il sistema sanzionatorio come previsto nel D.Lgs. 758/94. L’innovazione del modello sarà il grande salto che la VIGILANZA ASL deve compiere: questo passo servirà a misurare effettivamente (non soltanto sulla carta) al qualità e la capacità di valutazione e gestione del rischio, pur sempre ottemperando alla vigilanza di base, che valuta le inadempienze macroscopiche. Solo così una vigilanza può essere reale, effettiva e, potrà rispondere alle critiche e preoccupazioni delle Parti Sociali. Il nuovo sistema di vigilanza, dovrebbe imparare a misurare la qualità, a fare la valutazione e la gestione dei rischi per profilo di rischio, perché tanto una gioielleria é diversa da una fonderia, quanto un reparto malattie infettive è diverso da una lungodegenza post-acuzie. In sanità, dove coesistono una elevata complessità organizzativo/gestionale, la necessità di dare risposte immediate, la gestione dell'emergenza e, conseguentemente, un coacervo di problemi tra loro molto variegati, dovrebbe essere adottato un SGSL ad elevata sorveglianza/vigilanza. Se le strutture sanitarie attueranno, insieme agli altri attori della 27 prevenzione, una metodologia lavorativa chiara, la condivisione del risk assestment, l'applicazione del “sistema qualità e dell’attuazione del processo di miglioramento continuo” nelle erogazioni di prestazione e servizi, e, non da ultimo, la condivisione dell'esigenza di vigilanza, la qualità del lavoro prestato dai professionisti dipendenti, il loro rendimento, la produttività non potranno che aumentare, in un aumentato benessere lavorativo ottenendo parallelamente, la diminuzione del rischio infortuni. I rischi presenti in sanità sono molti e diversificati: biologico (contagio), chimico (uso di farmaci per la medicina nucleare, raggi x, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti), fisico, da movimentazione manuale dei carichi, da rischi correlati all’uso di strumenti taglienti e acuminati, da stress, rischi, rischi a go, go, perché questo elenco non è certamente esaustivo. Questa grande immensità di rischi va gestita (e letta anche dagli organi di vigilanza) tramite la presenza di un management ad hoc della SS sul lavoro che sia in grado di valutare correttamente “tutti i rischi” in seno al proprio ambiente di lavoro. Non basta solo un management della SSL ispirato, serve la responsabilizzazione di una direzione generale che sappia vedere, nella fase di progettazione e di implementazione dell'organizzazione del lavoro, l’integrazione degli aspetti della gestione della SSL. Molto spesso, si assiste ad una sorte di “schizofrenia”, perché mentre si pensa a come organizzare l’aspetto gestionale/funzionale del reparto o unità operativa, non si pensa alla gestione della SS sul lavoro se non in misura marginale, come fosse a latere, come se non avesse alcuna ricaduta su chi deve lavorarci. 28 Qui deve incastrarsi la nuova vigilanza – innanzitutto adottando in primis un modello di gestione qualificante e moderno, che lavori per obiettivi, per processo, per politiche di miglioramento continuo della qualità prestazionale e dei servizi, così da “controllare gli altri” con rinnovate competenze e metodologia sistematica. Siamo in una fase in cui, il sistema di Vigilanza deve rafforzare, il numero di UPG a disposizione delle ASL per effettuare maggiori controlli sul territorio, ma deve affidare a “terzi”, le verifiche sul personale del SSN affinché NON confligga con la funzione ispettiva. Si potrebbe ipotizzare un “terzo soggetto”, delegato da un autority pubblica (ad es.: un assessorato in opposizione al governo della regione), che non sia né la direzione sanitaria dell'ospedale, né il DG (Direttore Generale, che di solito poco s’intende di SS sul Lavoro e molto di bilancio), bensì un soggetto incline ad effettuare AUDIT tesi al miglioramento dei processi lavorativi, praticati con la partecipazione di tutti nella gestione della SS. nei luoghi di lavoro. A tal proposito, si potrebbe ipotizzare una norma che obblighi gli organi di vigilanza alla presentazione pubblica ed a scadenze prestabilite dei Report o dei verbali di ispezione, che permetta l’accesso trasparente e pubblico al proprio sistema di “Rendicontazione aziendale”, cosicché tutti i cittadini possano sapere quanto una ASL investe nella “Cultura della sicurezza”. Si potrebbe fare di molto, ed anche di più se si vuole essere seri professionisti e manager di aziende pubbliche: un'altra proposta potrebbe essere una norma cogente che attribuisca al Centro Controllo Malattie dell’Istituto Superiore di Sanità (una specie del CDC di Atlanta, italiano) il 29 potere di praticare indagini epidemiologiche, monitoraggi, controlli sugli invii di dati da parte delle regioni sugli infortuni e sulle malattie professionali, per mappare lo stato di salute dei lavoratori della sanità, nonché il relativo bisogno di salute. Purtroppo questo istituto, creato tra mille buoni propositi, stenta a decollare, così non si può adeguatamente salvaguardare il patrimonio di vite umane - né civili, né in quanto forza lavoro. 3.2 La "Sindrome del side-car": contraddizioni e punti deboli del sistema sanità. In sanità è possibile assistere alla famosa “Sindrome del side-car”, una grave contraddizione ed incongruenza in virtù della quale: a chi è alla guida della sanità, poco interessa la SSL, in quanto viene vissuta “solo” come un dispendio infruttuoso di euro che in tempi brevi (sovrapponibili al tempo di permanenza di un direttore a capo delle Az. Sanitarie) non è remunerativo e lo è ancor meno agli occhi dei politici; ai D. G. interessa ancor meno, perché pensano se ne debba occupare un piccolo gruppetto di dipendenti, chiamato SPP (Servizio Prevenzione e Protezione), che nei fatti, non ha alcun potere, poca rilevanza, e che comunque non può da solo incidere sulla progettazione e organizzazione del lavoro senza il consenso di chi ha il potere finanziario, ossia i D.G.; a tutto il ramo dirigenziale appare chiaro che l'esigenza prioritaria è quella di risparmiare sui costi di gestione per la tenuta dei conti pubblici, ottenendo magari un premio per sé a fine anno/mandato, o magari per favorire l’avanzamento di accordi poco utili sulle 30 esternalizzazioni delle tutele del lavoro. Insomma, così come stanno le cose oggi, siamo in una fase trasversale della gestione della SSL, dove, per assurdo progettare la gestione e l’organizzazione del lavoro in sanità, potrebbe essere come allestire un qualsiasi cantiere. Si decide il SGSL non secondo l'effettiva efficacia e le reali esigenze dei lavoratori, ma già nella fase di progettazione in ossequio a ben altri interessi, e così si evita di prevenire i rischi, di occuparsi di near miss, di distinguere i rischi per profilo, di educare tutto il personale alla cultura della sicurezza (che non conviene, altrimenti il personale potrebbe rilevare accuratamente tutte le non uniformità! E molto altro) mentre ci si accontenta (perché fa comodo) di leggere report sterili ed apirogeni coi quali dimostrare la tenuta del nostro sistema di gestione. Salvo poi ricordarsi del “valido” SGSL quando il “near-miss” si è trasformato in incidente o in infortunio grave/gravissimo e da quel momento in poi ci si affanna a trovare le ragioni esimenti (D.Lgs. 231/01) per sé e per l’ente e a decantare e qualificare al mondo ed ai giudici: “quale buon sistema è stato adottato dall’Azienda Sanitaria”, attribuendo magari al fatidico “errore umano” (rigorosamente dell’ultimo operatore perché, si sa, l’errore é imprescindibile e ineliminabile, come ci spiegava anni fa un fatalista autore napoletano, che nella frase “Io speriamo che me la cavo” riuscì a riassumere perfettamente lo spirito italico) la causa dell'avvenuto infortunio. Oggi, in buona parte d’Italia ci accontentiamo di una gestione della SSL fatta purtroppo di continui tagli e sforbiciate che hanno indebolito e impoverito il sistema, e ci ritroveremo da qui a pochissimo a dover decostruire questo modello, perché probabilmente è già fuori controllo, e lo sarà anche laddove esiste un Servizio Prevenzione e Protezione Aziendale 31 (SPPA), che continui a costruire “forme di alleanze” per la tenuta del SGSL adottato. Anche analizzando singolarmente le figure della sicurezza, le contraddizioni saltano subito all'occhio. E' chiaro che, anche giuridicamente, è il datore di lavoro il primo responsabile dell'adozione di un efficace ed efficiente SGSL: egli si dà una strumentazione per fare la valutazione e la gestione dei rischi e se ha le competenze interne la fa con risorse proprie, altrimenti le acquista all’esterno. In merito al SPP ci possiamo domandare: da chi è e com’è composto il SPPA che ha il compito di organizzare, sempre e solo per conto del DL la gestione della salute e sicurezza in azienda? E’ figura prevalentemente tecnica, o é di tipo amministrativo? La risposta non è di poco conto, perché nel primo caso l'effetto sarebbe quello di essere proiettati sulla risoluzione dei problemi secondo il modello del “Problem Solving”; volendo, invece, attribuire al SPP la qualifica di figura amministrativa, dovremmo accettare e analizzare l'approccio tipico della figura professionale interna all'azienda che deve tendere a far rientrare tutta la gestione della SSL dentro i costi complessivi di bilancio. In merito ai Medici Competenti (MC), bisogna chiedersi anzitutto che tipo di contratto di lavoro hanno? Sono assunti con un contratto di collaborazione, o come lavoratori dipendenti della ASL? 32 In ogni caso, non è impossibile credere che ci possa essere “un’influenza” sul loro operato. Analizzando il tutto, la mia personale opinione, costruita su trent'anni di esperienza lavorativa, mi porta a pensare amaramente che tutto il sistema sia un po’ circuitato, chiuso e autoreferenziale. 3.3 Attivare una “Vigilanza di Processo” superando i “fatti di tipo materiale”. Torniamo ad esaminare il “modello comando/controllo”, la cui attività implicita ed imprescindibile è la vigilanza materiale/oggettiva, quella operata sulle omissioni macroscopiche. Gli ispettori arrivano nelle aziende, verificano che tutto sia conforme, altrimenti cominciano ad elevare multe, disposizioni, prescrizioni secondo un modello tradizionale di vigilanza che, “sfruttando l’effetto sorpresa”, rileva le anomalie vistose e le omissioni di tipo materiale, ma di certo lontano dal rintracciare il nuovo genere di illecito da prendere in considerazione, che é molto, molto più immateriale. Oggi le anomalie, le omissioni, le imperizie, l’imprudenza, le negligenze non sono più tanto quelle materiali, quanto quelle correlate alla “valutazione di tutti i rischi legati all’organizzazione complessiva del lavoro”, allo stress lavoro-correlato, al genere, all’età, alla provenienza. Occorre necessariamente spostare l'attenzione dal "comando/controllo" al processo. Una “vigilanza di processo”, o “AUDIT di PROCESSO”, dovrebbe implicare l’esistenza di un verificatore (un ente accertatore terzo) che si rechi presso Azienda Ospedaliera, effettui le necessarie valutazioni 33 sull’organizzazione lavorativa, misuri l’impatto dei rischi trasversali sulle persone e gli ambienti di lavoro di tutta azienda. Il valutatore/Auditor l'applicazione e la di correttezza processo della misurerà e verificherà sicurezza intrinseca e dell’organigramma della SSL puntando la sua attenzione su aspetti finora rimasti in secondo piano, ma fondamentali per la gestione della sicurezza. A titolo esemplificativo, gli aspetti che l'Auditor deve analizzare nell'ottica della verifica di processo sono: CHI FA, CHE COSA, COME, IN CHE TEMPI, OGNI QUANTO il RIESAME dell’SGSL, OGNI QUANTO si EFFETTUANO le VERIFICHE (interneesterne), i REPORT, nonché la Valutazione di COSTI E BENEFICI (diretti ed indiretti impiegati per la SSL), QUANTO ed in che modalità sono stati coinvolti i Lavoratori, QUALI LE POLITICHE AZIENDALI, gli OBBIETTIVI da RAGGIUNGERE in rapporto a quelli RAGGIUNTI, ecc.. E ancora, sempre afferenti all'organigramma della SSL: la distribuzione del lavoro, la motivazione dei lavoratori e l'effettività dei diritti goduti, l'adeguatezza della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in relazione alle differenze di genere, età, provenienza, pendolarismo, l'effettività della sorveglianza sanitaria, le metodologie messe in atto per la redazione del documento di valutazione dei rischi, i provvedimenti eventualmente scaturiti dall’analisi sugli aspetti prioritari, la descrizione e la definizione dei tempi per garantire a lunga gittata la tenuta del proprio SGSL, l'andamento delle assegnazioni per le gare d’appalto, ecc. Il verificatore, infine, non potrà non valutare i cosiddetti nuovi 34 rischi: lo stress-lavoro correlato, il rischio aggressione, logoramento e molestie sul posto di lavoro (come definiti dall'O.M.S.). Figura 1 - I rischi per la salute e la sicurezza: alcuni dati dell'O.M.S. Al termine della visita ispettiva dell'Auditor dovrà essere rilasciato l’esito della valutazione insieme ad un giudizio di efficacia/efficienza del sistema. A mio parere, una metodologia ispettiva di siffatto genere, oltre a risolvere il problema del conflitto di interessi, a lungo termine potrà risultare positiva ai fini dell'analisi costi/benefici, potendo riunire nell'opera di un unico ente terzo certificatore, oltre al discorso sulla SSL, anche le questioni dell'accreditamento e delle certificazioni di qualità, oltre a garantire un controllo centrale più stringente (benché oggi vada molto di moda parlare di federalismo infatti, la sanità non può certo pretendere di affrancarsi totalmente dal controllo centrale essendovi in gioco diritti fondamentali del cittadino). 35 3.4 L'"Auditor di processo": il soggetto che non c'è. O forse sì. Cercando di individuare in precedenza l'ente che potrebbe esercitare il dovere di vigilanza in sanità, ho parlato di un soggetto terzo, delegato da un'authority pubblica. Mi si potrebbe obiettare che questo ente non esiste nel nostro ordinamento e che, dunque, dovrebbe essere creato ad hoc. Tralasciando il fatto che, seppure fosse così, non sarebbe sbagliato comunque crearlo normativamente, (perché scandalizzarsi, vista la proliferazione di enti antichi, inutili e inattivi che il nostro Paese propone e possiede?), io non metterei comunque la mano sul fuoco sulla sua inesistenza. Non ci si può esimere dal pensare che attivando una vigilanza di processo, tutto il sistema sanzionatorio cambi e di molto, perché non trattasi più di sanzione per omissione dolosa, ma diventa un sistema di aggravio e/o di sgravio della fiscalità in ragione di quanto rischio corri, ossia più rischio hai, più devi pagare in termini assicurativi e viceversa. Conseguentemente, è chiaro che l'ente che dovrà svolgere la vigilanza di processo dovrà poi trasmettere gli atti all'INAIL per gli adempimenti del caso a carico o discarico dell'azienda in un'ottica premiale per le imprese più virtuose. Tra le agenzie di rating oggi in circolazione, credo che un occhio particolare debba essere gettato su due ipotesi. 1) DNV Italia (Det Norske Veritas): questa agenzia è in realtà una fondazione indipendente che si occupa di gestione del rischio salvaguardando la vita, la proprietà e l'ambiente e, benché fondata a Oslo, ha sedi in tutto il mondo. 36 DNV, offrendo la certificazione secondo lo standard SCC (Safety Cecklist for Contractors), valuta e certifica il sistema di gestione della sicurezza di tutta l'azienda e delle sue appaltatrici. Safety checklist of contractors, infatti, significa "checklist della sicurezza per le aziende contraenti un appalto", cosa assolutamente comune in sanità (basti pensare al servizio lavanolo, alla mensa, alla cucina, all'igiene ambientale nei reparti, ..): l'effetto principale e assolutamente da non sottovalutare in questo specifico caso, è che l'agenzia applichi lo standard SCC, dovendo valutare il SGSL anche delle appaltatrici e subappaltatrici, e abbia pieno diritto di accesso a tutta la documentazione dell'appalto, compresi i capitolati. DNV applica l'approccio Risk Based Certification®, che loro stessi hanno provveduto a brevettare e che si fonda sulla personalizzazione e specificazione del rischio in relazione alle singole attività che concorrono al sistema di gestione onnicomprensivo dell'azienda (cd. "audit su misura"). Questo tipo di approccio permetterà all'azienda di analizzare le proprie specifiche esigenze in relazione ai rischi, beneficiando pienamente dei vantaggi derivanti dall’implementazione e certificazione del sistema di gestione salute e sicurezza, a cominciare dalla riduzione dei costi per la non-sicurezza (costi diretti e indiretti, materiali ma soprattutto costi sociali). Tutto ciò si traduce in un vantaggio competitivo per l’azienda certificata che può effettivamente limitare gli incidenti e gli infortuni sul lavoro, interpretando la compliance come un’opportunità di sviluppo finalizzato alla creazione di valore e di eccellenze. La certificazione del sistema di gestione per la salute e la sicurezza dei lavoratori può essere 37 combinata con la certificazione rispetto ad altri standard di sistema di gestione, ad esempio con la ISO 9001 e la ISO 14001. 3.5 Autority (o Autorita' Amministrativa Indipendente): il sistema delle Authority nasce in Italia in ossequio all'esigenza di creare un'istituzione pubblica con il compito di tutelare la corretta conduzione di un determinato settore dell'economia, della società o dei servizi Le autorità amministrative indipendenti sono enti pubblici dotati di indipendenza dal potere politico del Governo. Si possono definire come enti aventi una funzione tutoria di interessi costituzionalmente rilevanti. Hanno un’autonomia a livello organizzativo, finanziario e contabile. Accanto a quelle già esistenti nel nostro ordinamento (es. l'A. per le Telecomunicazioni, l'A. per l'energia elettrica ed il gas, ecc.), si potrebbe crearne una per la vigilanza sull'applicazione delle norme di salute e sicurezza nelle strutture sanitarie pubbliche. Chiaramente occorrerebbe riconoscere a tale autorità pieno diritto di ispezione e di elevare sanzioni (che nel campo sono prevalentemente amministrative) in caso di accertamento di violazioni. 3.6 Le Asseverazioni. Abbiamo dunque visto che il nostro ordinamento prevede già delle fattispecie che, opportunamente adattate al caso specifico, possono aiutare il legislatore a risolvere il famoso quesito "chi controlla il controllore?". Il T.U. 81/2008, poi, introduce una novità che mi sembra opportuno analizzare brevemente: le asseverazioni. 38 La fattispecie dell'asseverazione era già prevista dalla legge italiana in varie ipotesi, ad esempio nel caso dei professionisti abilitati che asseverano, appunto un impianto, garantendone con una certificazione l'idoneità al funzionamento secondo le norme del diritto italiano. In generale, il termine "asseverare" ha nel vocabolario della Lingua italiana il significato di "affermare con solennità", e cioè di porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto a verità e affidabilità del contenuto. Il D.Lgs. 106/2009, modificando il T.U. 81/2008, ha introdotto alcune novità in materia di sistemi di gestione. In particolare ha coinvolto gli Organismi Paritetici (OP) individuandoli come gli Organismi idonei ad asseverare l’adozione e l’efficace attuazione di un sistema di gestione per la sicurezza sul lavoro. Il decreto ha introdotto nel D.Lgs. 81/2008 s.m. i., all’art. 51, il comma 3-bis, il concetto di Asseverazione: Articolo 51 - Organismi paritetici omissis; 3-bis. Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali di cui all’art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dei fondi di cui all’art. 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l’asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza di cui all’art. 30 del decreto, della quale gli organi di vigilanza possono tener conto ai fini della programmazione delle proprie attività; 39 3-ter. Ai fini di cui al comma 3-bis, gli organismi paritetici istituiscono specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti. Il legislatore quindi ha individuato: a) gli organismi paritetici: ossia organizzazioni costituite a livello territoriale tra i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori; b) le specifiche commissioni paritetiche: ossia figure “competenti” (cfr. comma 3-ter), individuate in seno agli organismi, che potrebbero essere simili ai safety auditor degli organismi di certificazione. Introducendo questa modifica, il legislatore ha assegnato agli organismi paritetici, al pari di quanto già accaduto per le Casse edili, un ruolo di controllo e di verifica parapubblico. Nel quadro della attestazione, il nuovo D.Lgs. 81/2008 ha introdotto anche una specifica “asseverazione”, ossia, di fatto, una “certificazione” che l’impresa richiedente abbia effettivamente adottato ed efficacemente attuato uno dei possibili modelli di organizzazione e di gestione della sicurezza (SGSL) previsti all’art. 30. In pratica, l’innovativa disposizione ha affidato al controllo degli stessi cosiddetti “corpi intermedi” della società (le parti sociali tramite gli enti paritetici), la gestione e la verifica che la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro siano effettivamente applicate e rese attive e non, invece, ridotte a mero adempimento burocratico. Non è un caso, infatti, che, sempre nel comma 3bis, il legislatore abbia previsto che l’asseverazione rilasciata dagli enti paritetici costituirà 40 elemento di particolare rilevanza all’interno della programmazione, da parte degli organismi di vigilanza (ASL e DPL), delle loro visite ispettive. È possibile ipotizzare, quindi, che il sistema di vigilanza, visti i limitati organici di cui dispone, volgerà la sua attenzione verso quelle imprese che non si sono affidate alle “cure” degli enti paritetici e che, di conseguenza, non potranno esibire l’attestazione dei servizi usufruiti o l’asseverazione dell’effettiva adozione degli SGSL. Poiché gli enti paritetici sono di emanazione contrattuale, potrebbero essere le stesse imprese “sane” a voler entrare nel meccanismo, a effettiva protezione da quelle “scorrette”, che non ne potranno usufruire. Ancora una volta, però, tutta l'attenzione è posta sulla vigilanza alle imprese esterne, e non si fa menzione dell'impatto dell'asseverazione sulla vigilanza interna alle ASL. Resta il fatto che, qualora un’ASL volesse rivolgersi ad un ente paritetico per asseverare il proprio SGSL, sarebbe "costretta" ad aprire le proprie porte ad un soggetto terzo per la verifica dell'effettiva efficacia del proprio SGSL. La chiamata in causa dell'ente paritetico non è ad oggi un obbligo di legge, ma è di natura volontaria; perché allora un'impresa o, diciamolo chiaramente, una ASL dovrebbe richiederla? Quali vantaggi ne potrebbe ricavare? Dai vari ragionamenti fatti da professionisti e datori di lavoro che li hanno adottati emergono queste motivazioni principali: 41 Essere in linea con il rispetto degli obblighi di legge, Ridurre la probabilità di controlli da parte degli enti di vigilanza (novità del D.Lgs. 106/2009), Ridurre il rischio di sanzioni amministrative per incidenti gravi o gravissimi (D.Lgs. 231/01 responsabilità amministrativa delle imprese), Ottenere sgravi sui premi INAIL (fino ad un massimo del 30% Delibera INAIL 79/10), Integrare il tema della sicurezza nelle attività produttive, Definire meglio ruoli e responsabilità nelle organizzazioni, Comunicare meglio all’esterno il nostro impegno sulla sicurezza. 42 4 4.1 CAPITOLO: Costruire comportamenti per ottenere risultati La Behavior-Based Safety (BBS): un approccio scientifico alla sicurezza sul lavoro. L'acronimo BBS può essere tradotto in italiano come "sicurezza basata sul comportamento" o "sicurezza comportamentale"; questa metodica si basa su una precisa disciplina scientifica, la Scienza del Comportamento, consente di condizionare i comportamenti dei lavoratori e quindi di evitare il verificarsi di infortuni legati all'errore umano. Sebbene non si debbano dimenticare i rischi connessi all’utilizzo di attrezzature non adeguatamente protette o di attività svolte in aree non conformi, è ormai noto che nel determinismo degli infortuni e delle malattie professionali il fattore umano occupa una posizione di preminenza su tutti gli altri fattori: esso presenta, infatti, molte variabili ed ancora di più se ne possono prevedere per le varie combinazioni possibili. Figura 2 - Dati che evidenziano quanto i comportamenti influiscano sul verificarsi di infortuni in un'impresa campione. 43 Quindi, al fine di ridurre il ripetersi degli "eventi incidentali", near miss, oltre ad agire sulla sicurezza di macchine, ambienti di lavoro, è necessario realizzare interventi che tendano a neutralizzare o a ridurre al minimo il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di norme operative o regolamentari, o dal porre in essere comportamenti non conformi alle comuni pratiche di sicurezza. Questo è possibile attraverso l’adozione della BBS, tenuto conto che le sue metodiche applicative partono dal presupposto che “tutti i comportamenti sul lavoro” (ad es.: mettere gli occhiali durante una manovra a rischio, utilizzare correttamente i guanti, indossare scarpe e indumenti idonei, ecc.) sono evocati da stimoli fisici immediatamente “antecedenti” responsabili dell’attivazione dei comportamenti (ad es.: cartelli ammonitori e/o segnali ottico/acustici o di allarme) e sono tuttavia modificati dagli stimoli immediatamente “conseguenti” all’attivazione del comportamento (ad es.: le battute di scherno dei colleghi, il richiamo verbale fatto dal preposto, ecc.). La triade formata da Antecedenti (Antecedents) Comportamento (Behaviour) Conseguenze (Consequences) costituisce quindi il paradigma fondamentale del comportamento di sicurezza e da quel paradigma discendono tutte le tecniche di intervento. 44 Figura 3 - Schematizzazione del modello interazionista. Il modello A-B-C, o modello interazionista, opera una distinzione netta tra gli effetti degli antecedenti, che forniscono soltanto l’occasione di esibire i comportamenti, e l’effetto delle conseguenze, che sono le uniche responsabili del mantenimento in forza di quei comportamenti nel tempo. La BBS supera quindi la visione classica della gestione della sicurezza basata principalmente sulla sola analisi dei rischi e sul ricorso acritico a generici concetti di formazione, comunicazione e informazione; certamente non sostituisce la "cultura della sicurezza" basata sulla valutazione dei rischi specifici, ma si affianca ad essa. Attraverso una visione innovativa e sistemica della sicurezza, la BBS sposta l’attenzione di tutta l’organizzazione verso la condivisione diffusa dei “valori” della sicurezza intesi come specifici comportamenti verbali tra lavoratori e verso l’attivazione di “comportamenti” di sicurezza misurati su parametri oggettivi come frequenza, latenza, durata, intensità, ampiezza e completezza delle azioni dei singoli. 45 Benché nel mondo anglosassone, la BBS sia oramai divenuta una metodologia di lavoro acquisita, in Italia la situazione è ben diversa. Soltanto in questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di convegni e studi sul tema e il management (che deve essere il primo protagonista della sua applicazione) è ancora refrattario e ostaggio del vecchio culto del risparmio immediato. Per spiegare come agisce la BBS, occorre far riferimento al grafico, molto conosciuto dagli addetti ai lavori, la cd. "piramide o triangolo della sicurezza": Figura 4 - Piramide o triangolo della sicurezza 46 La BBS è dunque, una tecnica per modificare il comportamento dei lavoratori, per permettere loro di lavorare in sicurezza, usando i comportamenti come misura della prestazione, rimuovendo le barriere e incentivando il comportamento sicuro. Il processo che permette questo risultato si sviluppa in otto fasi: 1. Pinpointing: individuazione dei comportamenti da cui dipendono i risultati di sicurezza; 2. Prima Osservazione: misurazione oggettiva del comportamento prima dell’intervento (training o motivazione) per valutare lo stato attuale dei comportamenti di sicurezza (la misurazione avviene attraverso la rilevazione in un tempo determinato di parametri oggettivi dei comportamenti di sicurezza - cioè frequenza, durata, intensità e latenza - oggetto di condizionamento); 3. Analisi Funzionale: individuazione delle “cause”, in termini di antecedenti (A) e conseguenze (C) dei comportamenti a rischio (B), attraverso l'identificazione delle contingenze responsabili dei comportamenti agiti o trascurati che determinano il rischio di incidente; 4. Intervento: vengono istituite nuove contingenze (A e C) per ottenere il cambiamento dei parametri osservati; 5. Seconda Osservazione (Monitoring): si osservano le variazioni dei comportamenti di sicurezza e relativi parametri, sotto l’influsso delle nuove contingenze; 6. Terza Osservazione (Evaluation): viene effettuato il confronto tra i dati rilevati prima e dopo l'intervento; 7. Efficienza: vengono adottate procedure di autovalutazione e autogestione delle azioni di sicurezza; 47 8. Mantenimento: vengono adottate le strategie idonee alla conservazione dei risultati nel tempo, che non devono mai trascurare la necessità di raccogliere feedback. I dati presentati a seguito dell'applicazione del metodo BBS in numerose e svariate industrie americane, hanno dimostrato risultati ottenuti in termini di riduzione di numero o anche di totale azzeramento degli infortuni. L’evidenza sperimentale e la mole di dati raccolti con rigore scientifico nelle imprese eccellenti per sicurezza - di tutto il mondo mostrano come l’approccio comportamentale alla sicurezza sul lavoro la BBS appunto, "sicurezza basata sul comportamento" o "sicurezza comportamentale", risulti essere il presupposto fondamentale per la promozione della “cultura scientifica della sicurezza” ed elemento insostituibile del processo di rinnovamento organizzativo che le aziende sono tenute a compiere. Non esiste dunque nell’ambito della Behaviour Safety un intervento di sicurezza che non possa essere misurato in termini di risultati oggettivi; anzi, ogni intervento che trascuri la dimostrazione di efficacia è, secondo questo approccio, nel migliore dei casi un intervento inutile. 4.2 Applicare la Behavior Based Safety in ambito medico-sanitario: presentazione di uno studio. La Behavior Based Safety è stata utilizzata in un'ampia varietà di contesti lavorativi oltreoceano, ma gli studi sulla sua applicazione in ambito sanitario si possono contare sulla punta delle dita. 48 Recentemente, durante il Quarto Congresso Europeo di BBS, tenutosi a Venezia nell'aprile 2010, è stato presentato un caso che ha come oggetto di studio "gli infortuni da iperestensione derivanti dallo spostamento manuale dei pazienti negli ospedali" (D. Nielsen, in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, supp. A Psicologia, 2010, vol. XXXII, n. 1, pp. A33-A34). Lo studio è stato realizzato in un ospedale rurale americano su otto soggetti appartenenti al personale infermieristico casualmente divisi in due gruppi (A e B); i soggetti erano tutti di sesso femminile e di età compresa tra i 20 e i 49 anni; le fasi dello studio hanno riguardato: la misura dello stato attuale, l'informazione, l'utilizzo di punteggi e feedback grafici, la sospensione degli interventi. Nello studio pubblicato non sono riportate le patologie dei pazienti o le loro caratteristiche fisiche (normopeso? sovrappeso?), sappiamo soltanto che si tratti di soggetti su sedia a rotelle. Nella fase di partenza, le infermiere hanno completato il trasferimento dei pazienti nel modo per loro usuale, in particolare le operatrici del gruppo A hanno effettuato il movimento di trasferimento del paziente dalla sedia a rotelle alla posizione eretta, mentre le operatrici del gruppo B hanno effettuato lo spostamento contrario, dalla posizione eretta del paziente a quella seduta. Successivamente si è svolta la fase informativa: alle infermiere è stata consegnata una checklist (sviluppata in collaborazione con il personale fisioterapista), contenente i comportamenti corretti da attuare durante i trasferimenti. 49 Le partecipanti, hanno visto la registrazione guidata, hanno appresso la metodologia di lavoro, e sono state quindi invitate ad utilizzarla subito dopo l’incontro individuale avuto con il ricercatore. Il personale infermieristico è stato poi filmato durante i trasferimenti dei pazienti secondo la checklist fornita. Il primo feedback si è avuto quando il ricercatore ha incontrato individualmente le operatrici, dopo queste due fasi per rivedere le prestazioni e le differenze tra la metodologia di lavoro abituale e quella secondo checklist, sono stati individuati i comportamenti scorretti e calcolata la loro percentuale. La variabile indipendente di questo studio è rappresentata dalla fase informativa seguita dalla visione del video per ogni singolo partecipante; la variabile dipendente è rappresentata dalla percentuale di spostamenti effettuati correttamente, definita come il rapporto tra il numero dei movimenti in sicurezza e il numero totale dei movimenti necessari per effettuare lo spostamento del paziente. Ciascun trasferimento variava in ordine al numero di movimenti necessari in un range compreso tra le 17 e le 24 azioni. Il risultato è stato l'ottenimento di un miglioramento complessivo per cinque operatrici e si è osservato un certo mantenimento del miglioramento nella performance anche durante la fase successiva dello studio (segno che gli operatori avevano recepito e interiorizzato l'importanza del corretto movimento). La fase di informazione da sola non è apparsa sufficiente per convincere le lavoratrici a cambiare atteggiamento: occorre operare, per una completa adesione al progetto, sul piano formativo ma anche sul piano 50 della pratica (video registrati) e dei feedback (discussione in gruppo dei video). I risultati suggeriscono un generale miglioramento della qualità del lavoro nel trasferimento del paziente e un minor rischio di lesioni lombosacrali (redditizio per gli operatori sanitari, la struttura e i pazienti stessi). In questo studio, il personale infermieristico è stato coinvolto per un nuovo approccio, limitato ad una tipologia di movimentazione dei paziente (passaggio carrozzina-posizione eretta e viceversa), ma in relazione a questo tipo di movimento sono state identificate le azioni e le posture più sicure e corrette da adottare. Studi futuri potranno avere ad oggetto movimentazioni manuali di carichi diverse, o potranno essere svolti con variabili differenti, in relazione alle altre aree di danno potenziale negli ambienti sanitari (cadute, contatto con sostanze nocive, rischi ambientali, stress, genere, età, rischi organizzativi, ecc), l'importante è comunque utilizzare “l'osservazione del comportamento, checklists e feedback frequenti fra gli operatori”. 4.3 Le Precauzioni Standard (SP) e gli strumenti operativi: linee guida, procedure, protocolli. Le Precauzioni Standard (SP) sono le idonee misure da adottare per prevenire l'esposizione parenterale, cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda un contatto accidentale con sangue o altri liquidi biologici. Esse sono indirizzate a tutto il personale sanitario, vanno applicate indifferentemente a tutti i pazienti in maniera routinaria e sono: 51 l'igiene delle mani; l'adozione di indumenti-barriera (guanti, camici, mascherine, occhiali, ecc.); decontaminazione, pulizia, disinfezione/sterilizzazione dello strumentario; la pulizia/disinfezione delle superfici; la corretta raccolta e il giusto smaltimento dei rifiuti (con particolare attenzione per i pungenti e taglienti); la corretta gestione della biancheria; la corretta modalità di trasporto dei campioni biologici. Forse è superfluo rilevare che il rispetto di tali precauzioni rappresenta non soltanto una sicurezza per il paziente ma anche per il care giver e quindi per l'operatore della sanità. Nelle diverse realtà operative, per costruire i comportamenti che potranno portare ad un miglioramento dei risultati, oltre alle SP sovente vengono utilizzati strumenti quali le linee guida, le procedure e i protocolli. Si tratta di strumenti che vengono visti sempre come mezzi per migliorare la qualità dell'assistenza in un processo che veda al “centro il paziente”; in realtà la loro applicazione può portare, se interiorizzata e ragionata, alla tutela della salute dell'operatore. Nello specifico: le linee guida sono raccomandazioni basate sull'evidenza scientifica (EBN) che hanno lo scopo di orientare il comportamento dell'operatore sottolineando ciò che è di efficacia dimostrata, rispetto a ciò che non lo è, un esempio di linee guida è costituito dalle indicazioni periodicamente fornite dall'INAIL ed ex ISPESL 52 sui comportamenti che il personale deve tenere in sala operatoria per la disinfezione e sterilizzazione del materiale chirurgico; le procedure sono documenti che descrivono dettagliatamente e sequenzialmente le azioni supportate scientificamente necessarie per una specifica attività (ad es. la procedura per il lavaggio delle mani (sociale, antisettico, chirurgico); i protocolli sono documenti scritti che traducono i risultati della ricerca scientifica in precise indicazioni per la pratica assistenziale. A) Esempio di un protocollo sanitario in uso ai medici del lavoro nel settore ospedaliero. Precisa che può essere integrato dal parere del medico competente nominato dal datore di lavoro, il quale, in base alla peculiarità del luogo di lavoro - può modificarlo, inserendo gli accertamenti sanitari che riterrà opportuno, il tipo di esame e la frequenza temporale. Protocollo Sanitario Settore OSPEDALIERO per: Infermieri, Ostetriche, Personale Ausiliario, ecc. sottoposto a Movimentazione Manuale dei Carichi e Rischio Biologico. ECG (> 40 anni) Valutazione del rachide (vedi indici IS) Emocromo con formula Intradermoreazione tubercolina se neg. eseguire vacc.ne antitubercolare se pos. >= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso Visita medica mirata 24mesi se IS > 2 annuale VDRL, TPHA, HCV Ab, HBsAg, HBc Ab, HBs Ab (con eventuale titolazione anticorpale), Rubeo Test (per reparti: neonatologia, pediatria, chirurgia pediatrica, ostetricia), Tampone faringeo (per reparti: neonatologia, pediatria, chirurgia pediatrica, ostetricia), GGT, blirubinemia tot. e fraz., Elettroforesi delle proteine, esame urine con sedimento, Azotemia, Cretininemia, Glicemia, Transaminasi. Spirometria 24mesi se IS >3, 12 mesi 53 Medici, Tecnici di Lab, Tecnici di Radiologia sottoposti a Rischio Biologico ECG (> 40 anni) Spirometria 24mesi se IS >3, 12 mesi Intradermoreazione se neg. eseguire vacc.ne antitubercolare tubercolina se pos. >= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne Emocromo con formula Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso Visita medica mirata 24mesi se IS > 2 annuale VDRL TPHA, HCV Ab, HBsAg, HBc Ab, HBs Ab (con eventuale titolazione anticorpale), Rubeo Test (per reparti: neonatologia, pediatria, chir. pediatrica, ostetricia), Tampone faringeo (per reparti: neonatologia, pediatria, chir. pediatrica, ostetricia), GGT, blirubinemia tot e fraz., Elettroforesi siero proteica, esame urine con sedimento, Azotemia, Cretininemia, Glicemia, Transaminasi. Reticolociti solo se esposti a rischio radiologico Vis.ta oculistica + es. cristallino 36mesi solo se esposti a rischio radiologico SOLO RISCHIO BIOLOGICO Emocromo con Formula, urine Intradermoreazione tubercolina se neg. eseguire vaccinazione antitubercolare se pos. >= 5cm non dovuta ad altra vacc.ne Rx torace e visita pneumologica per provvedimenti del caso Dosaggio anti HBs Sogg. vaccinati e noti HBsAb positivi Cratininemia, Glicemia, GOT, GPT, GGT visita medica mirata HBsAG, HbsAb, HbcAb 24mesi secondo IS Sogg. Non vaccinato o No responder 54 B) Esempio di procedura assistenziale operativa per il lavaggio antisettico delle mani, in uso a una ASL del territorio italiano (estratto). ISTRUZIONE OPERATIVA LAVAGGIO ANTISETTICO DELLE MANI INTERVENTI: MOTIVAZIONI Materiale necessario: E' importante che i distributori di Lavandino preferibilmente con antisettico liquido non siano rabboccati, apertura a gomito o a pedale; ma puliti, lavati e asciugati ogni volta Detergente antisettico liquido che dosatore o monodose; contaminazione del detergente. Asciugamani monouso in cellulosa. E' si svuotano sconsigliato evitando l'uso di la sapone antisettico in pezzi, nel caso lo si utilizzi, dovrebbe essere sciacquato dopo l'uso e sospeso su una griglia che permetta il drenaggio dell'acqua, per evitare la proliferazione batterica. Ciascuna unità operativa può scegliere un prodotto tra quelli offerti dalla farmacia aziendale. Evitare asciugamani in tessuto o comunque di uso promiscuo. Non indossare anelli, bracciali e orologi. L'acqua tiepida non rimuove gli olii Bagnarsi le mani con acqua tiepida, protettivi dalla pelle come l'acqua tenendole lontane dalla superficie interna calda, riduce la screpolatura delle mani del lavabo. prodotta dai frequenti lavaggi. 55 INTERVENTI: MOTIVAZIONI Asciugare con una salvietta monouso, Eliminare tamponando l'umidità residua tamponando e procedendo dalla punta la cui presenza favorirebbe nuova delle dita verso l'avambraccio. crescita di sfregamento microrganismi, con carta potrebbe provocare abrasioni della cute. Se il lavello è sprovvisto di rubinetto a gomito o a pedale chiuderlo con l'ultima salvietta utilizzata. SCOPO: rimuovere la flora microbica transitoria che quella residente, anche se in misura minore. QUANDO ESEGUIRLO: Prima e dopo procedure invasive; Prima e dopo l'esecuzione di medicazioni di ferite e cateterismi vescicali; Prima e dopo il contatto con pazienti immunodepressi; Prima e dopo essere venuti in contatto con pazienti o materiali infetti o presunti tali; lo Prima e dopo aver svolto qualsiasi attività all'interno di una unità operativa ad alto rischio come: terapie intensive e sub-intensive, sale operatorie, sale endoscopiche, dialisi ecc. 56 C) Esempio di Precauzioni Standard: "Norme universali per la prevenzione delle infezioni in dialisi - Isolamento del paziente portatore di virus infettivi" http://www.renalgate.it/norme_universali_infezioni_dialisi_hcv_isolame nto.htm Tutti i pazienti devono essere considerati come potenzialmente infetti, indipendentemente dalle loro caratteristiche anamnestiche, cliniche o sierologiche. Il lavaggio preliminare delle mani prima dell’inizio di qualsiasi manovra lavorativa ed il frequente lavaggio delle mani durante qualsiasi attività sanitaria è la manovra più importante per ridurre il rischio di trasmissione di microorganismi. Indossare i guanti non esime dall’obbligo di lavarsi le mani, queste devono essere lavate non solo all’inizio e alla fine dell’attività, ma anche prima di indossarli e dopo averli rimossi. Il lavaggio delle mani può essere di diversi livelli: lavaggio sociale; lavaggio antisettico in relazione alla sostanza utilizzata, alla durata del lavaggio ed al tempo di contatto della sostanza antisettica utilizzata. Lavarsi le mani dopo aver toccato sangue, liquidi corporei, secreti, escreti, oggetti contaminati sia che si siano indossati i guanti che no; lavarsi le mani in sostituisce la necessità del lavaggio delle mani); ogni caso dopo la rimozione dei guanti ogni qualvolta ci siano stati contatti con liquidi o materiali di derivazione biologica (l'uso dei guanti non usare un semplice sapone lavando le mani per almeno 10 - 15 secondi; l'uso di un agente antisettico (clorexidina, povidone iodio es: Hibiscrub, Brunoil Hplus) va considerato solo dopo il lavaggio con sapone e nei 57 casi in cui ci sia stato un significativo contatto o contaminazione con liquidi o materiali di derivazione biologica; non è certificata l'efficacia dell'uso di creme o schiume protettive. Il materiale necessario a porre in atto le precauzioni standard (SP) non deve mai mancare e pertanto se ne deve prevedere il rifornimento continuo con le scorte necessarie e l’eventuale personalizzazione, come nel caso di visiere o schermi facciali, occhiali, ecc. Devono essere sempre poste in atto misure di barriera mediante l’uso di camici, occhiali, maschere, cappelli, guanti e quant’altro possa servire a tale scopo nel corso di manovre giudicate a rischio per spandimento di materiale biologico, o di contaminazione bi-direzionale (staff-paziente), o con qualsiasi agente patogeno. I guanti devono essere cambiati alla fine di ogni manovra su ogni singolo paziente ed immediatamente in caso di evidente contaminazione. INDUMENTI BARRIERA 1) Guanti: indossare guanti: sono sufficienti guanti puliti non sterili prima di toccare sangue, liquidi corporei, secreti, escreti e oggetti contaminati; cambiare i guanti dopo il contatto con materiale che può contenere un’elevata concentrazione di microrganismi; cambiare i guanti in caso di verifica o dubbio di lesione degli stessi e, lavarsi le mani prima di indossare i nuovi; rimuovere prontamente i guanti dopo l'uso; lavarsi le mani dopo essersi tolti i guanti; non toccarsi gli occhi, il naso, la bocca, i capelli o l'epidermide con i guanti; 58 non toccare con i guanti attrezzature e suppellettili come: telefono, porte, letti se sono "pulite", non allontanarsi dal luogo di lavoro indossando i guanti; i guanti devono essere della giusta misura; per quanto possibile non usare guanti in lattice (possono provocare allergie) a contatto con la pelle (in alternativa guanti in vinile). 2) Camici, 3) Visiere, occhiali protettivi, mascherine. Si deve avere la massima precauzione possibile nell’impiego di taglienti: lame, bisturi, pinze, forbici, rasoi, vetreria ecc., aghi – i quali NON andranno mai reincappucciati, piegati, rimossi dai loro supporti, ma andranno smaltiti contestualmente al loro utilizzo, in adeguati contenitori (rigidi, impermeabili ed a chiusura ermetica) sempre posti in posizione utile agli usuali percorsi di lavoro. Pulizia, decontaminazione, disinfezione ambientale e di tutti i presidi strumentali, (ove possibile sterilizzazione) devono essere una prassi standardizzata secondo protocolli scritti ed in accordo con le indicazioni dei costruttori dei vari materiali/utensili impiegati. I campioni biologici o gli eventuali prelievi bioptici devono essere maneggiati e trasportati adeguatamente (in idonei contenitori che racchiudano porta provette ecc.). In Dialisi, le misure supplementari o speciali, che devono essere osservate da tutti gli operatori ed applicate a tutti i pazienti per tutto il tempo che sono assistiti sono: 59 Aggiornamento: specifica e preventiva formazione del personale sanitario seguita da un aggiornamento almeno annuale con un gruppo di lavoro coordinato da una persona specifica; Rapporto numerico: adeguato ed ottimale del personale/pazienti/in sala dialisi, secondo le norme vigenti e le condizioni strutturali; Area di lavoro: adeguata in sala dialisi; Separazione delle aree a diverso rischio: aree facilmente contaminabili: stazioni dialitiche, monitor dialisi, punto prelievo/paziente, dov’è processato o sono maneggiati campioni biologici, le linee ematiche, ecc. devono essere fisicamente separate da quelle difficilmente contaminabili: ad. es.: dove si conservano o si preparano i medicinali, dove ci si lava le mani, dov’è la biancheria per il rifacimento dei letti, le coperte, i liquidi per i monitor, …); Igiene delle superfici delle sale dialisi: rispetto di protocolli scritti e stabiliti dal centro, per pulizia, decontaminazione, disinfezione e sterilizzazione in accordo ad eventuali indicazioni delle ditte costruttrici. Lavaggio ed immediata disinfezione ad alto livello non appena si renda evidente una contaminazione e comunque subito dopo ogni turno di dialisi, compresi gli oggetti presenti nella stazione dialitica; Igiene dei Monitor: lavaggio, disinfezione ad alto livello ed ove possibile sterilizzazione dopo ogni singolo trattamento nel rispetto di quanto indicato dalle ditte costruttrici. Raccomandata la periodica disincrostazione dei circuiti idraulici; Tale procedura ha lo scopo di rimuovere il biofilm e le incrostazioni che, oltre a ridurre l’efficacia dei disinfettanti, favorisce lo sviluppo e la sopravvivenza di agenti biologici; Netta distinzione tra macchine negative e positive, compresi gli attacchi all’impianto idrico e gli scarichi. Ridurre il più possibile il cambio di macchina tra pazienti della stessa tipologia (negativi o positivi); Registrazione sulla scheda di dialisi, ad ogni seduta dialitica, del codice identificativo dell’apparecchio, al fine di poter risalire facilmente 60 all’identificazione di tutti i pazienti che hanno utilizzato una determinata macchina (es: contaminazione di apparecchi negativi a causa dei periodi finestra); Proscrizione della condivisione di qualsiasi materiale - personalizzazione di tutto il materiale: non deve essere permessa alcuna condivisione (carrelli per medicazione, vassoi, clamp, lacci emostatici, bracciali per la misurazione della PA, cerotti in rotoli,ecc). Ogni oggetto deve essere il più possibile monouso (non disposable) dovrebbe avere ad uso strettamente personale, facilmente lavabile, disinfettabile e possibilmente sterilizzabile, può rientrare nell’area di lavoro comune (indipendentemente dallo stato sierologico del paziente) solo dopo adeguata sanitizzazione/sterilizzazione; Preparazione dei medicamenti: devono essere preparati in un’area “pulita” e lontana dalle stazioni dialitiche, possibilmente centralizzata. Deve essere evitato l’uso di flaconi di farmaci multi dose; Vestiario: deve coprire la maggior superficie corporea possibile, nelle manovre a rischio di spruzzi sono d’obbligo le barriere di protezione al volto e capelli; Guanti non sterili: indossati per qualsiasi manovra, su paziente, monitor e strumenti, vanno rimossi dopo ogni manovra ed immediatamente, in caso di evidente contaminazione e comunque sostituiti prima delle manovra successiva; devono essere adeguatamente smaltiti; Igiene delle mani: prima e dopo aver indossato i guanti e dopo ogni manovra assistenziale; Assegnazione dei pazienti alle stazioni dialitiche: entro i limiti della programmazione del centro, dovrebbero essere stabili e dedicate per i pazienti HCV+ anche nel rispetto delle eventuali norme regionali, nazionali o di enti/agenzie di comprovata serietà; Razionalizzare i metodi ed i percorsi di smaltimento e trasporto dei materiali biologici; 61 Affiggere i protocolli, per condividerli e metterli a conoscenza di tutti gli operatori. Figura 5 - Hazards news releases Hospital Sheffield England www.hazards.org 62 5 5.1 CAPITOLO: Una proposta diversa … La soluzione adottata dalle regioni Piemonte e Liguria. Le regioni Piemonte e Liguria hanno risolto normativamente la questione oggetto di questa tesi operando una scelta ben precisa: non hanno preso in considerazione l'ipotesi di cambiare il modello di vigilanza (dal "comando/controllo" alla "vigilanza di processo"), bensì hanno posto l'accento sui soggetti titolari del diritto-dovere della vigilanza stessa. Sostanzialmente, la soluzione adottata è quella di affidare le attività di vigilanza e controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro sulle strutture gestite direttamente dalle Aziende Sanitarie Locali allo SPreSAL di una ASL diversa da quella cui compete la gestione delle strutture stesse. Si è deciso, quindi di operare una sorta di vigilanza incrociata per cui, facendo l'esempio del Piemonte, se la struttura è gestita dalla ASL di Vercelli, la vigilanza sul rispetto delle norme di salute e sicurezza nei confronti dei dipendenti sarà effettuata dalla ASL di Novara, e viceversa. E' la stessa giunta regionale a decidere, con delibera, la competenza della vigilanza; la regione Piemonte è stata la prima ad effettuare la scelta della vigilanza, lo dimostra la delibera DGR del 21 dicembre 2007, n. 627924, mentre la Liguria ha provveduto nel medesimo senso con la legge regionale 25 novembre 2009, n. 57. 5.2 Conclusioni. Le scelte adottate da Liguria e Piemonte, a mio parere, possono soddisfare il bisogno di cultura della sicurezza solo parzialmente: l'unica soluzione, infatti, sarebbe quella di incidere comunque sul “modello di vigilanza”. 63 La necessità di giungere finalmente ad una vigilanza di processo, infatti, è dimostrata dall'evoluzione, negli ultimi anni sempre più convulsa, del mercato del lavoro: in un contesto mondiale in cui l'esternalizzazione, la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi è la parola d'ordine, bisogna porre attenzione non tanto sulla singola norma, eventualmente disattesa, ma ad una responsabilità individuale e individualizzata nel processo produttivo. L'iniziativa ligure invece a ben vedere, altro non è se non la risposta a un evento ben preciso, l’episodio dell'infermiera ustionata da una fiammata sprigionatasi da una bombola di ossigeno in una stanza di degenza della residenza per anziani in cui lavorava - la classica moda, tutta italiana, della legislazione dell'emergenza. E' però lodevole il fatto che finalmente gli enti di normazione si siano posti un problema che gli addetti ai lavori avevano da tempo riscontrato: come ebbe a scrivere Gino Rubini in www.diariodellaprevenzione.it a novembre 2009: “Bisogna salutare con favore l'iniziativa legislativa ligure, arrivando ad auspicare che sarebbe “opportuno che anche le altre Regioni adottino questa modifica per superare i conflitti d'interesse e le interferenze di poteri ben presenti nelle strutture sanitarie”. “Piotòst che ninta, le mei piotòst” “Piuttosto che niente, é meglio piuttosto” dicono gli anziani bolognesi. Io però continuo a credere che l'umanità non progredisca se si accontenta e se non si assume le proprie responsabilità; qualcuno ha scritto a 64 commento della legge regionale della Liguria e della scelta di vigilanza incrociata sull'identità di “controllore e controllato”: "E’ stato evocato, con pessima scelta di vocaboli, un inesistente “conflitto d’interessi”, quando invece tra un’amministrazione che tutela la salute e un ufficio che persegue lo stesso fine, non ci dovrebbe essere per definizione alcun conflitto del genere" (Vigilanza incrociata o vigilanza in croce?, in www.snop.it, 19 marzo 2010), salvo poi aggiungere, qualche riga sotto, che: "la dipendenza dal controllato può infatti influire, in linea di principio, sull’operatività del controllore". Il problema è proprio nel condizionale "dovrebbe essere": lasciamo pure agli esperti di leggi e norme darci la definizione giuridica della locuzione "conflitto di interessi", e noi persone comuni chiediamoci: cosa è quella situazione per la quale il giudizio professionale del controllore, riguardante l'interesse primario della salute e sicurezza del lavoratore, venga influenzato dall'interesse di buona politica aziendale dell'impresa controllata - che guarda caso è il/la datrice di lavoro del controllore?. Abbiamo due distinti interessi in gioco qui: l'interesse a tutelare la salute del lavoratore (interesse primario) e l'interesse ad una politica aziendale orientata al bilancio e al risparmio (interesse secondario) - in mezzo a questi due interessi c'è l'ispettore, la cui operatività può essere condizionata dal suo contratto di lavoro subordinato con l'azienda. 65 Se non vogliamo chiamarlo "conflitto di interesse", chiamiamolo come meglio crediamo; resta il fatto che altro non è se non: "Un insieme di condizioni per le quali il giudizio professionale riguardante un interesse primario tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario". Poi, magari, leggendo qualche libro ci renderemo conto che questa è la definizione che l'economista Thompson dava al "conflitto di interessi". Questo elaborato alla fine non ha pretesa di offrire soluzioni, ma spunti di riflessione sui quali persone con maggiori studi e competenze di me, possano perorare principi di equità, correttezza e giustizia, nella considerazione più pura ed elevata del significato di “bene comune”, di “cosa pubblica”, di posizione di garanzia, di abbattimento di tutte le forme di conflitto d’interesse - da quelle subdole, alle legalizzate – dalla lotta al malaffare delle certificazioni facili - alla vigilanza ferma agli anni 50. Offro volentieri il mio poco purché ascoltino anche l’impercettibile silenzio dell’anima e del cuore, tanto necessari per sostenere e difendere quei valori fluidi ed eterei che, pur essendo insiti in ognuno di noi, nessuno ascolta né ricerca più come elevazione di sé, come valore aggiunto da offrire agli altri e da lasciare ai posteri. Il mio brevissimo argomentare, forse di altri tempi, è l’esito di trenta anni di attività lavorativa vissuti in ospedale come infermiera, come lavoratrice e come portatrice di “bisogni” dovuti spesso urlare per farsi ascoltare dalla controparte, sempre, protesa al perfezionamento burocratico e a creare la regola della regola, della regola, con balzelli su 66 balzelli pur di non sentire e vedere quello che non si riesce a ricondurre in report, numeri, statistiche – ma che è oggettivabile, purtroppo questo implicherebbe magari, intaccare il loro “piccolo potere” (se lo confrontiamo con l’eternità) – ma tendenzialmente preferiscono subdolamente non umanizzare il burocratismo asfissiante, che impedisce perfino ai lavoratori della sanità (forse più fragili di altri) di ammalarsi di lavoro e sul lavoro, in un luogo nel quale per antonomasia si tutela e si salvaguarda la “Salute”, in una più che perfetta legalizzazione di un diritto negato. Figura 6 - “Poteva andare meglio” Mi dispiace! di Loredana Raimondi Tecnica mista ed applicazione di materiali su tavola 60x50 cm. 11/1998 67 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA Bibliografia Agenzia Sanitaria Regione Emilia Romagna (2000): “Pesi, misure, soglie nel processo di accreditamento”. Consultato; Biddle E. (2005): “US Department of Labor, Bureau of Labor Statistics”; Catino M (2002): “Da Chernobyl a Linate, incidenti tecnologici o errori organizzativi”? Milano: a. Mondadori Editore; Cepas (2006): “Raggiungere i risultati con la gestione per processi”. Milano Franco Angeli Consultato; Cresta A. (1966): “L'ispettorato del lavoro, compiti e natura giuridica” Milano, Giuffrè, p. 2 ss.; Gobbato F. (2002): Medicina del Lavoro, Masson; Jordan C.B. (2000): “To err is Human" IOM Report Implication. Tex Nurs, 74 (1): 12-13; Lavoro e Salute n. 2/1998; Lavoro e Salute nn. 7 e 8/2001; Nielsen D. (2010): "Gli infortuni da iperestensione derivanti dallo spostamento manuale dei pazienti negli ospedali", in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, supp. A Psicologia, 2010, vol. XXXII, n. 1, pp. A33-A34; Reason J.(1994): “L’errore umano” Bologna, , ed. Il Mulino; Robson L.S, Shannon H. S.et AA. (2001): “Guida alla valutazione dell’efficacia di strategie per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”. Come mostrare se un intervento per la sicurezza effettivamente funziona. - “Guide to evaluating the effectiveness of strategies for preventing work injurie. How to show wtether a safety intervention really works. Thompson D.F. (1993): “Understanding financial conflict of interest, in New England Journal of Medicine”, pp. 50 ss. 68 Quarto Congresso Europeo di BBS - Venezia aprile 2010 Studio su: "gli infortuni da iperestensione derivanti dallo spostamento manuale dei pazienti negli ospedali" (D. Nielsen, in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, supp. A Psicologia, 2010, vol. XXXII, n. 1, pp. A33-A34). 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Roberta Cavina; Avv. Patrizia Tullini Prof.Università Alma Mater Studiorum Bo Facoltà di Giurisprudenza; Dott.ssa Cinzia Frascheri Resp.le Nazionale Salute e Sicurezza sul Lavoro e Responsabilità Sociale delle Imprese per la CISL; … aa. 71