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20. Inquisizione
L’INQUISIZIONE MEDIEVALE PREMESSA: L’Inquisizione è una istituzione che nasce ufficialmente nel 1231 e cessa di esistere definitivamente nel XIX secolo. E’ dunque una istituzione che è durata circa 600 anni. In questo lungo periodo ha vissuto diverse fasi, molto diverse le une dalle altre. E’ necessario perciò distinguere l’inquisizione medievale, da quella dei tempi moderni (dal sec.XV) comunemente chiamata “spagnola” o “romana”. Quest’ultima “non ha niente in comune con quella medievale, se non il nome e le procedure. Quella dei tempi moderni è diventata una polizia di Stato al servizio dei Re, dei Papi, dei Principi che difende, se non sempre i loro interessi, almeno la loro visione del mondo: centralizzatrice, unificatrice e secolarizzante, ben lontana in ciò dalla visione medievale che accettava la diversità, l’eterogeneità e le “innumerevoli libertà”“ (L.Moulin). La dottrina della Chiesa Una grande norma domina l’azione degli Inquisitori: la Chiesa non vuole, per principio e in principio, la morte dell’eretico. Le punizioni hanno un carattere puramente penitenziale, esse sono “medicinali”: esse aiutano a guarire. Si trattava di un principio caro a S.Benedetto (Regula, XXIII, 17): il fratello “ribelle” non può che essere un malato. La comunità deve pregare perché Dio gli ridia la salute. Solo la pena di morte ha, agli occhi degli Inquisitori, un carattere propriamente “vendicativo”. Lo scopo dell’istituzione è quello di riportare nella retta fede e e nella giusta via il fratello traviato La Chiesa cerca dunque, sempre e soprattutto, di ricondurre gli indiziati di eresia, nella via della salvezza, di riportare il colpevole sul dritto cammino, di condurlo a “risipiscenza” (=ritorno alla ragione) e dunque al “pentimento”. Per questo le sentenze degli Inquisitori sono sempre infarcite di prescrizioni come: partecipare alla Messa, ascoltare le omelie, confessarsi (a Natale, Pasqua e Pentecoste), comunicarsi (nelle stesse feste), astenersi da qualunque lavoro servile nei giorni di festa, evitare l’usura e ogni sorta di rapina, non praticare sortilegi, elenco che getta una luce interessante sulla mentalità e la condotta dei Cristiani del Medioevo. La storia ANTICHITA’: Gli imperatori cristiani, specialmente Teodosio e Giustiniano, avevano colpito gli eretici e gli scismatici con la confisca dei beni e l’esilio, perfino con la pena di morte considerandoli rei di alto tradimento. ALTO MEDIOEVO: I vescovi radunati in sinodo punivano i delitti contro la religione. La punizione degli eretici si limitava generalmente a pene spirituali, come la scomunica, la penitenza della flagellazione e la reclusione claustrale. E ciò bastava! SINODO DI VERONA (1184) (presenti papa e imperatore): Scomunica contro gli eretici, bando dall’impero per i loro protettori e i loro difensori. I vescovi dei luoghi sospetti avevano la responsabilità di ricercare (inquirere) gli eretici una o due volte all’anno, personalmente o per mezzo di appositi commissari. Le autorità civili dovevano poi precedere secondo le istruzioni dei vescovi alla punizione dei colpevoli. SECC.XI-XII: Le cose cambiarono notevolmente con la diffusione dell’eresia catara. Il loro insegnamento e pratica metteva in pericolo l’esistenza della Chiesa e della stessa società. Nei loro confronti la Chiesa fu lenta a mettersi in azione. Essi erano stati segnalati in terra di Francia già nel 1149, ma vennero scomunicati solo nel 1208. Si pensava che anche in questo caso l’azione di persuasione dei singoli vescovi fosse sufficiente. I vescovi locali indicevano dispute pubbliche per combatterli “a colpi di teologia” convinti, che una leale e chiara discussione razionale potesse ricondurre i “ciechi alla luce”, incontri pubblici con uomini che li attaccavano e li criticavano duramente, incontri che spesso duravano l’intero arco della giornata “coram populo”. Il problema era che i Vescovi, senza dubbio buoni pastori, ma scadenti teologi, uscivano il più delle volte battuti, a tal punto che il numero dei Catari, invece di diminuire aumentava sempre più. Difficoltà anche di identificare con chiarezza chi fosse eretico e chi no. Molti vescovi esitarono ad applicare la repressione, che comunque escludeva la pena di morte (papa Alessandro II -1061-1073- aveva proibito ogni sorta di effusione di sangue, seguito in ciò da Alessandro III al Conc.Lateranense III del 1179). E’ in questa fase che il Sinodo di Verona obbliga i Vescovi ad essere più responsabili. Intanto, nella Francia meridionale, approfittando della trascuratezza (e ignoranza) del clero, sotto la protezione della nobiltà, gli Albigesi erano ormai diventati una potenza; una parte della borghesia si era schierata dalla loro parte. Il papa Innocenzo III (1198-1216) dal 1198 aveva inviato più volte dei cistercensi quali legati papali, ma con scarso risultato. La loro comparsa pomposa non era per nulla indicata a ridurre al silenzio i rimproveri che gli eretici muovevano contro la ricchezza della Chiesa e il lusso del clero. Anche l’opera missionaria svolta con abnegazione da S.Domenico non otteneva risultati migliori. Nel 1207 papa Innocenzo incitò il re Filippo II Augusto ed altri signori francesi a reprimere con le armi l’eresia nella contea di Tolosa. Nel gennaio del 1208 il legato papale Pietro di Castelnau, cistercense, fu assassinato il papa indisse una crociata contro gli Albigesi e il loro potente protettore, Raimondo VI di Tolosa e raccolse un considerevole esercito, composto per lo più da Francesi del Nord. La guerra albigese (1209-1229) ebbe inizio sotto la direzione militare del conte Simone di Montfort e quella ecclesiastica del legato papale, l’abate Arnaldo di Citeaux. Condotta da entrambe le parti con crudeltà selvaggia e si protrasse molto a lungo anche per i secondi fini egoistici di Simone e di altri baroni. La pace di Parigi del 1229 ne segnò finalmente la fine, quando ormai tutta la Francia meridionale era devastata e la potenza dell’eresia infranta, ne rimanevano in vita solo alcuni piccoli focolai. Con l’abbattimento degli Albigesi è strettamente connesso il definitivo affermarsi della cosiddetta Inquisizione, cioè quella istituzione ecclesiastica che aveva il compito di ricercare (inquirere) e punire gli eretici. Seguendo l’esempio del sinodo di Verona del 1184, alcuni sinodi della Francia meridionale (Avignone 1209, Montpellier 1215) inculcarono ai vescovi il dovere di procedere in tutte le parrocchie, mediante un sacerdote e alcuni fidati laici, alla ricerca degli eretici e della loro punizione, per mano delle autorità civili. Il XII concilio ecumenico Lateranense (1215) confermava queste disposizioni, anzi le integrava minacciando i Signori laici che non avessero purificato il loro paese dalla eresia, la scomunica e, allo scadere di un anno, la deposizione e la perdita del potere. Federico II, di solito non molto scrupoloso in fatto di religione, in occasione dell’incoronazione imperiale del 1220, varò un decreto in cui mise la forza dello Stato a servizio della Chiesa per la repressione dell’eresia. Stabilì per legge in molti decreti (1224 in Lombardia, 1231 per la Sicilia, 1232 per la Germania) la pena del rogo come “punizione adeguata” per gli eretici. Il sinodo di Tolosa del 1229, stabilì in maniera definitiva la procedura da seguire nella ricerca e punizione degli eretici. Ma i vescovi svolgevano altri compiti e la loro azione era priva di continuità. D’altra parte, per scoprire l’eresia occorrevano intelligenza e cultura, che spesso mancavano ai giudici dei tribunali vescovili. Stessi rimproveri si potevano rivolgere ai legati che a volte il Papa inviava da Roma e il cui arrivo non sempre era gradito dalle autorità locali. I giudici secolari, invece, mostravano un’energia a volte incontrollata e terribile: per lo più furono loro i fautori dei grandi roghi nel sud della Francia. Si elevarono proteste perfino in seno al clero, dato che la repressione era priva di continuità e di intelligenza e che i bersagli erano scelti in funzione di considerazioni politiche più che religiose. Efficacia, regolarità, moderazione, solida formazione teologica e giuridica, indipendenza dai poteri locali, questo era quanto si chiedeva alla ricerca degli eretici. La Santa Sede credette di trovare la soluzione nominando dei giudici permanenti, con autorità su una vasta regione, senza badare alle frontiere signorili o diocesane che rendevano difficile coordinare le procedure giudiziarie; indipendenti dai vescovi, ai quali era proibito interferire nel loro lavoro; muniti di ampi poteri che permettessero loro di ignorare tutti gli appelli. Giurisdizione eccezionale, istituita dal papa Gregorio IX (1227-1241) nel 1231, nominando il primo delegato per la Germania. Nell’anno successivo il sistema veniva esteso alla Francia e così l’istituto dell’Inquisizione era nato. Poiché i vescovi avevano dimostrato imprecisione nel procedere, Gregorio affidava l’Inquisizione quasi esclusivamente ai frati mendicanti, in prevalenza ai Domenicani, di cui essa divenne, da quel momento in poi, compito specifico. Gli inquisitori amministravano il loro ufficio come mandatari del papa (inquisizione papale), non annullavano il tribunale dei vescovi, lo mettevano però assai nell’ombra. Nel 1252 papa Innocenzo IV (1243-1254) mise a loro disposizione, quale mezzo di prova, la tortura. L’Inquisizione svolse la sua massima attività nei paesi latini, ove a poco a poco estese l’ambito delle sue competenze: oltre all’eresia vera e propria, doveva ricercare e punire anche i sacrileghi, i bestemmiatori, i sodomiti, gli autori di sortilegio e gli stregoni, i maghi, gli alchimisti. Ma né in Francia, né in Italia l’Inquisizione riuscì a debellare totalmente l’eresia. In Germania essa dovette limitare in modo considerevole la sua attività in seguito all’uccisione dell’inquisitore Corrado di Marburg nel 1233. Pietro Rosini (S.Pietro Martire da Verona) Pietro nacque nel 1206 da famiglia catara, ma educato nella vera fede. Entrò nell’ordine di S.Domenico; studiò a Bologna. Tenne molte predicazioni a Venezia, a Cremona e soprattutto a Milano, dove convertì molti eretici. Per questo fu aggredito e ucciso dai loro sicari nella selva di Farfa (Seveso) il 6 aprile del 1252 mentre viaggiava tra Como e Milano. Gli fu dedicata fin dal 1307 la basilica che diciamo di S.Anastasia, dal titolo di una chiesa preesistente, fatta costruire dal re Teodorico. Nel lungadige, non lontano da S.Stefano, si può ancora vedere la facciata di una piccola chiesa, edificata sulla casa natale, e dedicata a S.Pietro martire, compatrono di Verona, assieme a S.Zeno. “La tortura” di R.Lanzilli