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Risarcimento del danno
Risarcibilità del danno
non patrimoniale subito da persone
giuridiche private ed enti di fatto
La storica sentenza n. 12929/2007 della Corte di Cassazione. La lesione del diritto
all’immagine. Nozione di immagine e fondamento giuridico della tutela risarcitoria.
L’adesione della giurisprudenza amministrativa e contabile. La lesione del diritto alla ragionevole
durata del processo. I limiti alla risarcibilità di danni morali ed esistenziali. L’onere probatorio.
a cura di Andrea Cusmai* e Raffaele Cusmai*
la QUESTIONE
Nell’ipotesi in cui una persona giuridica privata dotata di personalità giuridica (società, associazione, fondazione) o un ente di
fatto (associazione non riconosciuta, organizzazione non lucrativa di utilità sociale) subiscano una lesione della propria immagine hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito? Se e in quali ipotesi possono pretendere il risarcimento anche del danno morale soggettivo e del danno esistenziale, come
accade per le persone fisiche? Qual è l’onere probatorio gravante
sul danneggiato?
l’INTRODUZIONE
La risarcibilità del danno non patrimoniale, inteso, secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. seguita dall’unanime giurisprudenza della Suprema Corte e avallata anche
dalla Consulta, come ogni pregiudizio di natura non patrimoniale derivante da lesioni di valori
inerenti alla persona protetti dalla Costituzione, è sempre stata prerogativa esclusiva delle persone fisiche, eccezion fatta per quanto riguarda i danni non patrimoniali conseguenti alla lesione
del diritto alla ragionevole durata del processo, riconosciuti a titolo di equa riparazione dall’art.
2 della legge n. 89/2001 (c.d. legge Pinto).
* Avvocato del Foro di Roma.
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Ciò fino alla storica sentenza della Suprema Corte n. 12929 del 2007, che ha ampliato la tutela riconosciuta dall’ordinamento alle persone giuridiche, producendo una sostanziale equiparazione con
le persone fisiche per quanto riguarda il risarcimento dei danni non patrimoniali, con l’unica eccezione costituita dalla naturale esclusione del danno biologico per l’assenza del requisito della fisicità.
A parte il danno biologico, è necessario chiarire però se vi sono ulteriori limiti a questa equiparazione, in virtù della profonda diversità ontologica fra persone fisiche e giuridiche.
In sostanza, la nostra indagine sarà rivolta a determinare quali sono allo stato attuale della giurisprudenza, con l’ausilio di significativi apporti dottrinali, i pregiudizi di natura non patrimoniale di
cui società, fondazioni, associazioni, onlus ecc., possono domandare il risarcimento e qual è l’onere probatorio su di essi gravante nell’ipotesi in cui non vi sia altra soluzione, per ottenere giustizia, che quella di instaurare la fase strettamente patologica del rapporto giuridico.
le NORME
Costituzione
Art. 2
Codice civile
Art. 2059
Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, Roma 4 novembre 1950
Art. 6
Legge 24 marzo 2001, n. 89
Art. 2
la FATTISPECIE
La lesione del diritto all’immagine
Con l’espressione danno all’immagine si suole comunemente individuare una pluralità di lesioni
di diritti di diversa specie, tutti però relativi ad aspetti della personalità umana, e cioè in particolare: il diritto all’identità personale, ovvero quello a essere rappresentato con la propria identità
così com’è conosciuta nella realtà sociale; il diritto all’onore, ovvero il diritto a non subire aggressioni al senso di sé che ognuno intimamente possiede1; il diritto alla reputazione, a sua volta distinta in personale, ovvero quella a non vedersi pregiudicata la propria considerazione di sé, la
propria personalità morale e sociale in un dato contesto sociale, ed economica o commerciale,
ovvero quella relativa alla credibilità economica del soggetto 2.
1
Sulla concezione fattuale di onore si è espressa la giurisprudenza di merito (Trib. Trento 5 maggio 1998, in Giur. merito 1999,
557) che ha affermato che l’onore è l’insieme delle doti morali che fanno capo a una persona, e si distingue dal decoro, che invece
è l’insieme delle doti fisiche, sociali e intellettuali che contribuiscono a determinare il suo pregio nell’ambiente in cui vive.
2
Cfr. MARCHESE, «Reputazione economica», in Gli interessi protetti nella responsabilità civile, (a cura di) CENDON, Utet, 2005, II,
498 ss.
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È evidente che l’espressione danno all’immagine nell’accezione attuale, frutto dell’elaborazione
dottrinale e giurisprudenziale, ha un significato ben più ampio di quello che emerge dalle uniche
norme di diritto positivo a esso specificamente dedicate, e quindi va oltre la volontà del Legislatore del Codice civile del 1942 (ar t. 10), che pure prevede la tutela del decoro e della reputazione lesi da un uso abusivo dell’immagine altrui, nonché di quello della legge sul diritto d’autore del 1941, legata all’immagine materiale della persona fisica.
la GIURISPRUDENZA
Corte di Cassazione n. 12929/2007
La sentenza n. 12929/2007 della III Sezione civile della Suprema Cor te di Cassazione ha costituito una chiave di volta nel percorso di uniformità della tutela risarcitoria per lesioni di diritti
non patrimoniali fra persone fisiche e giuridiche, che la giurisprudenza di legittimità aveva intrapreso già nel 2004 con riferimento alla lesione del diritto alla ragionevole durata del processo
in applicazione dell’art. 2 della legge n. 89/2001, a cui, come vedremo nel prosieguo della nostra
analisi, hanno aderito sia la giurisprudenza contabile sia quella amministrativa.
La III Sezione civile del Supremo Collegio, presieduta dall’Ill.mo Dott. Di Nanni, nel cassare con
rinvio la sentenza impugnata, ha enunciato il seguente storico principio di diritto: «Poiché anche
nei confronti della persona giuridica e in genere dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità
del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra l’immagine della persona giuridica o dell’ente; allorquando si verifichi la lesione di tale immagine è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente che esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprano
gli organi della persona giuridica o dell’ente e, quindi, nell’agire dell’ente, sia sotto il profilo della
diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca. Il suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all’ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto».
Il Collegio ha quindi riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale per lesione dell’immagine della persona giuridica e più in generale dell’ente collettivo, sul presupposto che tale diritto,
così come quelli al nome e all’identità personale, trova fondamento nell’art. 2 della Costituzione,
che tutela e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo anche nelle formazioni sociali, a cui è riconducibile qualsiasi soggetto collettivo meritevole di tutela giuridica secondo il nostro ordinamento.
Nell’individuare la lesione del diritto all’immagine ne ha distinto due profili, che unitariamente
considerati costituiscono il danno non patrimoniale complessivamente subito, e cioè: a) le conseguenze negative prodotte dalla consapevolezza in capo agli organi della persona giuridica che
agiscono in rappresentanza e nell’interesse della stessa di dover superare nei loro rapporti con
i terzi la negatività prodotta dall’evento dannoso; b) la diminuzione della reputazione della persona giuridica fra i consociati.
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Oltre che da un’azione posta in essere da soggetti terzi, come nel caso deciso dalla Suprema
Corte, un danno all’immagine può derivare alla persona giuridica anche da una condotta penalmente rilevante tenuta da uno dei suoi organi. In tal senso si è pronunciata recentemente ancora la terza Sezione civile della Cor te di Cassazione nella sentenza n. 14766/2007.
Per quanto riguarda la natura giuridica del danno in analisi e l’onere probatorio gravante sul danneggiato che agisce in giudizio per ottenerne il risarcimento, la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene di trovarsi di fronte a un danno-conseguenza3. Pertanto, il danneggiato dovrà fornire la prova specifica dei pregiudizi subiti, in virtù del principio che il giudice deve decidere iusta alligata ac probata, avvalendosi anche dello strumento delle presunzioni, se non addirittura –
qui altra novità introdotta dalla Suprema Cor te nella sentenza n. 12929/2007 – confidando nel
ricorso del giudice a massime di esperienza.Tale ultima attenuazione dell’onere probatorio posta in essere dal Supremo Collegio ha spinto la dottrina4 addirittura ad affermare che ci si troverebbe di fronte a un danno in re ipsa e non, come invece esplicitato nelle motivazioni della
sentenza in questione, di un danno-conseguenza5.
La lesione del diritto alla ragionevole durata del processo
Altra lesione di un diritto della persona giuridica idonea a fondare una richiesta di risarcimento
del danno non patrimoniale è quella concernente il diritto alla ragionevole durata del processo,
riconosciuto dall’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata a Roma nel 1950, che così testualmente recita: «Ogni persona
ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge». Successivamente, nel
2001 è intervenuto il legislatore di diritto interno stabilendo all’art. 2 della legge n. 89 che il danno non patrimoniale derivante dall’irragionevole durata del processo è riparato, oltre che con il
pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate forme di pubblicità della dichiarazione dell’avvenuta violazione.
La giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che, come il danno non patrimoniale all’immagine individuato dalla sentenza n. 12929/2007, anche quello da irragionevole durata del processo abbia natura giuridica di danno conseguenza e debba essere provato specificamente in giudizio, non potendosi ritenere la prova in re ipsa come avviene nell’ipotesi di
danno-evento in cui il pregiudizio è insito nell’accer tamento della violazione del diritto della
persona.
Un contrasto nella giurisprudenza di legittimità vi è invece sulla risarcibilità o meno del danno
morale soggettivo per le persone giuridiche a titolo di equa riparazione.
Il prevalente orientamento della Suprema Corte (n. 7145/2006; n. 21094/2005; n. 13163/2004)
ammette la risarcibilità del danno morale soggettivo, consistente nello stress e nel patema d’ani3
Per una dettagliata ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale in tema di danno-evento e danno-conseguenza e sull’ormai consolidata riconducibilità all’art. 2059 c.c. di tutte le fattispecie di danni non patrimoniali derivanti da lesioni di diritti della persona costituzionalmente garantiti, v. FOFFA, «La lesione dell’immagine di una persona giuridica», in Danno e resp., 2007, n. 12, 1243 ss.
4
FOFFA, op. ult. cit., 1248.
5
Su cui vedi, ex multis, Cass. civ. n. 20987/2007; Corte Costituzionale n. 372/1994, secondo cui: «È sempre necessaria la prova ulteriore dell’entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall’art.
1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale) alla quale il risarcimento deve essere
(equitativamente) commisurato».
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mo cagionato alla persona giuridica per il tramite delle persone fisiche preposte alla sua gestione dall’irragionevole durata del processo.
In senso contrario risulta un’unica sentenza, la n. 12110/2004, ormai ampiamente superata6.
La prova del danno morale soggettivo subito consegue automaticamente, secondo l’unanime
orientamento della giurisprudenza di legittimità (v., ex plurimis, Cass. civ. n. 21094/2005; Cass. civ.
n. 17500/2005; Cass. civ. n. 13163/2004; Cass. civ. n. 13504/2004), all’accertamento da parte del
giudice della lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, a meno che non sussistano
nel caso concreto circostanze particolari che facciano positivamente escludere l’esistenza di un
danno morale in capo al ricorrente.
Una volta accertato, il danno morale sarà poi liquidato dal giudice in via equitativa, salvo che il
ricorrente non fornisca elementi di prova tali da consentire una precisa determinazione dell’ammontare del danno subito.
La sostanziale uniformità giurisprudenziale: Corte dei Conti
e Consiglio di Stato
In due recentissime pronunce sia la Corte dei Conti che il Consiglio di Stato hanno aderito pienamente al nuovo orientamento espresso dalla Suprema Cor te nella menzionata sentenza n.
12929/2007, ammettendo la risarcibilità del danno non patrimoniale subito dalla persona giuridica.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 491/2008 ha stabilito la risarcibilità,
anche nei giudizi amministrativi, del danno esistenziale subito dall’appaltatore per la lesione della sua immagine causata dalla revoca dell’appalto da parte della stazione appaltante e dall’adozione di una nota informativa successivamente smentita all’esito di un procedimento penale, in
quanto la considerazione che un soggetto ha di sé e la reputazione di cui gode non possono essere considerati appannaggio esclusivo della persona fisica ma vanno anzi riconosciuti anche alle persone giuridiche.
La Corte dei Conti della Lombardia nella sentenza n. 546/2007 ha superato, mutandolo radicalmente, il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile che ancorava il risarcimento
del danno all’immagine all’ar t. 2043 c.c. e lo considerava un danno di natura patrimoniale determinato in relazione alle spese necessarie per ripristinare l’immagine lesa.
Ciò dimostra la volontà comune della giurisprudenza italiana di assicurare alle persone giuridiche la medesima tutela riconosciuta alle persone fisiche.
La risarcibilità del danno esistenziale subito dalla persona giuridica
La più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 2546/2007) intende il danno esistenziale come un pregiudizio di natura non patrimoniale derivante dalla lesione di qualsiasi bene giuridicamente rilevante che incide sulla sfera esistenziale del danneggiato, alterandone gli assetti relazionali propri e inducendolo a scelte di vita diverse. È evidente quindi la sua netta differenza dal
danno all’immagine, nell’accezione sopra evidenziata. Addirittura il Consiglio di Stato nella già ci6
In detta sentenza il Supremo Collegio ha affermato che «La richiesta di risarcimento dei pretesi danni non patrimoniali non può,
in concreto, avere ad oggetto (come per le persone fisiche, secondo l’id quod plerumque accidit), l’allegazione del mero patema
d’animo e della semplice ansia che la procrastinata incertezza sull’esito delle vicende processuali comporta fino all’emanazione della sentenza, dovendo i lamentati danni incidere, per converso, direttamente o indirettamente sui diritti immateriali dell’ente, quali
quello all’esistenza, all’identità, al nome, all’immagine, alla reputazione».
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tata sentenza n. 491/2008 considera il danno esistenziale come diretta conseguenza del danno
all’immagine, con la conseguenza che se c’è lesione dell’immagine c’è automaticamente un danno esistenziale.
La questione dell’esistenza giuridica o meno di un danno c.d. esistenziale è in realtà assai dibattuta,
tanto da aver dato luogo ad approfonditi lavori monografici della dottrina e a numerosissime decisioni della Suprema Corte, in cui è possibile distinguere due orientamenti contrastanti, l’uno negazionista (Cass. civ. n. 23918/2006; Cass. n. 9510/2007), l’altro, di senso diametralmente opposto, favorevole invece alla sua esistenza nel nostro ordinamento (Cass. n. 2546/2007; Cass. n. 13546/2006).
In attesa di una pronuncia chiarificatrice e risolutiva delle Sezioni Unite e senza avere la presunzione di voler risolvere attraverso brevi riflessioni una questione su cui la magistratura superiore ha prodotto pagine e pagine di dettagliati ragionamenti in diritto, ci permettiamo di rappresentare che a nostro giudizio, al di là della terminologia adoperata per identificare il danno non
patrimoniale tutelato dal combinato disposto degli ar tt. 2059 c.c. e 2 Cost. (danno all’immagine,
danno esistenziale, danno morale soggettivo o più genericamente danno non patrimoniale per
lesioni di diritti della persona costituzionalmente protetti), la ratio legis e quindi la finalità dell’ordinamento giuridico è comunque quella di garantire a un soggetto che di esso fa par te l’integrale risarcimento dei danni di natura non patrimoniale subiti, sia esso una persona fisica o una persona giuridica, senza duplicazione di voci di danno ma senza neppure ingiustificati tagli ai pregiudizi effettivamente sofferti. Infatti, principio cardine del nostro sistema giuridico della responsabilità civile è quello del bipolarismo risarcitorio (danni patrimoniali e danni non patrimoniali) in cui
si inserisce l’altrettanto scolpito principio della Suprema Corte (Cass. n. 22884/2007) secondo
cui «Non è possibile creare nuove categorie di danni ma solo adottare per chiarezza del percorso liquidatorio, voci o profili di danno con contenuto descrittivo, in virtù del fatto che il danno
subito deve essere liquidato in toto, non lasciando privi di risarcimento profili del danno non patrimoniale». Ragionando sulla base di detti principi è evidente che è legittimo considerare possibile per una persona giuridica la configurazione di un danno esistenziale, accanto a un danno morale soggettivo e a un danno all’immagine, solo e solamente – lo ribadiamo fermamente – per
non lasciare privi di ristoro pregiudizi di natura non patrimoniale effettivamente subiti e specificamente provati. Oltretutto, se la tendenza della giurisprudenza è quella di garantire alle persone giuridiche una tutela sostanzialmente eguale a quella riconosciuta alle persone fisiche, non vediamo perché non si debba riconoscere la possibilità di un risarcimento del danno esistenziale
anche per le persone giuridiche, in considerazione anche del fatto che tale tipo di danno viene
spesso liquidato a favore del danneggiato persona fisica dalla giurisprudenza di merito, soprattutto in determinati settori, come quello del trasporto aereo di passeggeri e bagagli7.
Il regime probatorio
Per quanto riguarda il regime probatorio del danno in esame, come per il danno all’immagine e
il danno morale soggettivo per lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, trattandosi di danno-conseguenza il danneggiato avrà assolto l’onere su di lui incombente solamente
dopo aver allegato e provato specificamente di aver subito un danno esistenziale nell’accezione
individuata dalla giurisprudenza non negazionista, ovvero una fattispecie dannosa diversa da quel7
In argomento, anche per richiami giurisprudenziali specifici, vedi PURELLI, «Risarcibilità del danno esistenziale in caso di ritardo nella riconsegna dei bagagli», in Diritto dei trasporti, 2007, 902 ss.
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le relative agli altri profili di danno non patrimoniale di cui contestualmente è richiesto il risarcimento, così che venga evitata qualsiasi duplicazione di poste risarcitorie.
LESIONE DEL DIRITTO ALL’IMMAGINE
Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 491
È Illegittimo il provvedimento di una P.A. che dichiari risolto un contratto di appalto di servizi sulla base di quanto affermato da una nota informativa prefettizia, successivamente smentita all’esito di un procedimento penale. Conseguentemente, l’appaltatore ha diritto al risarcimento sia del danno emergente che del lucro cessante, nonché del danno da
perdita di chance per l’impossibilità di far valere nelle future contrattazioni il requisito economico dell’appalto non eseguito.Va inoltre risarcito anche il danno esistenziale subito dall’appaltatore per lesione della sua immagine causata dalla revoca dell’appalto e dall’adozione dell’informativa, in quanto la considerazione che un soggetto ha di sé e la reputazione di cui gode non possono essere considerati appannaggio esclusivo della persona fisica ma vanno anzi riconosciuti anche alle persone giuridiche. (Lex 24 & Repertorio 24)
Corte dei Conti Lombardia 16 novembre 2007, n. 546
Dopo la recente decisione n. 12929 del 2007 della terza Sezione civile della Cassazione diviene necessario superare
l’idea del danno all’immagine come danno patrimoniale, riferibile alla spesa necessaria per il suo ripristino. Ciò perché il danno non patrimoniale conseguente all’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente protetto, non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p., e
non presuppone, pertanto, la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della Legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento, nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, e
in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale
(Lex 24 & Repertorio 24)
Cassazione civ., Sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929
Poiché anche nei confronti della persona giuridica e in genere dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del
danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra
l’immagine della persona giuridica o dell’ente, allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al
danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito – come danno c.d. conseguenza – dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell’ente e, quindi, nell’agire dell’ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca. Il suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all’ente
in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. In riferimento d indebita segnalazione da
parte di istituto bancario di una società alla Centrale Rischi della Banca d’Italia quale soggetto in posizione di c.d. sofferenza, deve riconoscersi, pertanto, la risarcibilità a tale società di un danno non patrimoniale per lesione del diritto
all’immagine sotto i due profili indicati, da liquidarsi in via equitativa secondo le circostanze concrete del caso. (Lex 24
& Repertorio 24)
LESIONE DEL DIRITTO ALLA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO
Cassazione civ., Sez I, 29 marzo 2006, n. 7145
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89,
anche per le persone giuridiche il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è – tenuto conto dell’orientamento in proposito maturato nella giurisprudenza della
Corte di Strasburgo – conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ra-
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gionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri, e ciò non diversamente da quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui persone fisiche; sicché, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito
nell’accertamento della violazione –, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente.
(Lex 24 & Repertorio 24)
Cassazione civ., Sez. I, 28 ottobre 2005, n. 21094
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89,
anche per le persone giuridiche il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è – tenuto conto dell’orientamento in proposito maturato nella giurisprudenza della
Corte di Strasburgo – conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri, e ciò non diversamente da quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui persone fisiche; sicché, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito
nell’accertamento della violazione –, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente.
(Lex 24 & Repertorio 24)
DANNO ESISTENZIALE
Cassazione civ., Sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2546
Il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto inducendolo a scelte di vita diverse, quanto all’espressione e alla realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, da quelle che avrebbe compiuto ove non si fosse verificato il fatto dannoso, non costituisce una componente o voce né del danno biologico, né
del danno morale, ma un autonomo titolo di danno, il cui riconoscimento non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio della natura e delle caratteristiche del pregiudizio medesimo. In mancanza di tale allegazione nel giudizio di primo grado, la domanda proposta per la prima volta in appello e volta al risarcimento del danno esistenziale costituisce domanda nuova, come tale inammissibile ai sensi dell’ar t. 345 c.p.c. (Lex 24 &
Repertorio 24).
la DOTTRINA
Per approfondimenti dottrinali
– BERTI-PECCENINI-ROSSETTI, I nuovi danni non patrimoniali, Giuffrè, 2004, cap. 1;
– CENDON-ZIVIZ, Il risarcimento del danno esistenziale, Giuffrè, 2003, 93 ss.;
– DAL LAGO-BORDON (a cura di), «La nuova disciplina del danno non patrimoniale», in Il diritto privato oggi (serie a cura di) CENDON, Giuffrè, 2005;
– FRANZONI, «Il danno risarcibile», in Trattato della responsabilità civile (diretto da) FRANZONI, Giuffrè, 2004, 475 ss;
– PETROLATI , I tempi del processo e l’equa riparazione per la durata non ragionevole (la c.d. Legge Pinto), Giuffrè,
2005.
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CIVILE
le CONCLUSIONI
La volontà della giurisprudenza di legittimità, seguita da quelle amministrativa e contabile, è quella di garantire alle persone giuridiche una tutela dei danni non patrimoniali subiti analoga a quella riconosciuta alle persone fisiche, ferma restando l’ovvia esclusione
del danno biologico, riconoscendo alle prime, seppur limitatamente all’equa riparazione
per lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, anche la risarcibilità del danno morale soggettivo subito per il tramite dei propri organi, oltre che del danno all’immagine, nell’ampia accezione comprendente anche il danno all’identità personale, all’onore e alla reputazione. In quest’ottica, con l’unica finalità di non lasciare senza ristoro
pregiudizi non patrimoniali effettivamente subiti ed escludendo ogni possibile duplicazione di poste risarcitorie, che darebbe luogo a un indebito arricchimento del danneggiato ai danni del responsabile civile, appare configurabile anche per le persone giuridiche la risarcibilità di un danno esistenziale, diverso e ulteriore rispetto al danno all’immagine, qualora venga fornita prova specifica che lo stesso evento dannoso che ha leso l’immagine della persona giuridica ha indotto la stessa, per il tramite dei suoi organi,
a scelte diverse da quelle che avrebbe posto in essere in mancanza dell’evento lesivo,
oppure ha cagionato uno sconvolgimento della sua organizzazione interna.
la PRATICA
Si riporta di seguito un caso-modello a cui è applicabile il successivo fac-simile di lettera di diffida e messa in mora per il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalla persona giuridica.
Il CASO CONCRETO
La A s.p.a. è la società finanziaria della B s.p.a e della C s.p.a. e detiene il 90% del capitale della A s.p.a. In data <…>
la B e la C chiedevano un finanziamento per un ammontare complessivo di €.10.000.000,00 necessario per estinguere precedenti finanziamenti e per la gestione di altre e diverse operazioni commerciali, ma lo stesso non veniva concesso a causa di una posizione di sofferenza di C presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia per €
5.000,00 la quale era stata segnalata senza fondamento alcuno dalla D s.p.a., con conseguente insorgenza di gravi pregiudizi sia di natura patrimoniale che non patrimoniale in capo alla B e alla C.
Fac-simile di lettera di diffida e messa in mora per il risarcimento
dei danni non patrimoniali
LETTERA DI DIFFIDA E MESSA IN MORA
Scrivo in nome e per conto della <…>, in persona del suo legale rappresentante pro tempore dott. <…>, che mi ha conferito mandato per la tutela dei suoi diritti, al fine di rappresentarVi quanto segue. In data <…> (descrizione dei fatti lesivi).
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Tutto ciò esposto, risultano evidenti i danni all’immagine della mia assistita, nonché quelli esistenziali, cagionati dalla Vs. condotta illecita con conseguente obbligazione di provvedere al risarcimento di detti danni non patrimoniali, che si possono determinare in via equitativa nella somma complessiva di euro <…> Con la presente, che costituisce formale messa in mora con ogni effetto di legge,Vi invito e diffido, pertanto, a provvedere entro e non
oltre giorni 15 dalla data di ricezione di questa missiva al pagamento in favore della mia assistita della somma di
danaro indicata, avvertendoVi che in mancanza di spontaneo adempimento mi vedrò costretto ad agire nelle competenti sedi giudiziarie per ottenere la tutela del giusto diritto della mia assistita. Confidando Vogliate evitarmi tale spiacevole iniziativa, porgo distinti saluti.
Data <…>.
Avv <…>.
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