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Successione ereditaria e azienda: profili civilistici

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Successione ereditaria e azienda: profili civilistici
Adempimenti e problematiche di Diritto Societario
di Ettore Trippitelli e Gianluca Festa
Successione ereditaria e azienda: profili civilistici ed aspetti
fiscali nell'ipotesi di continuazione da parte degli eredi
Premesse
Probabilmente, la fase più delicata della crisi finanziaria e più ardua da superare
dell'avversa congiuntura economica è il passaggio di un'azienda a seguito di una
successione ereditaria.
Svariati sono gli esempi di floride aziende in cui l'intuitum personae si è rivelato
determinante, specie nel nostro contesto imprenditoriale dove le micro imprese, basate
per lo più su conoscenze strettamente personali, sono ramificate, diffuse e specializzate
costituendo concretamente la principale trama del tessuto economico nazionale.
In questo intervento, analizzeremo gli aspetti giuridici e fiscali del passaggio
generazionale di aziende a seguito di successione ereditaria, fornendo uno specifico
approfondimento sulle dinamiche fiscali connesse alla continuazione da parte di uno o più
coeredi dell'attività imprenditoriale, tanto per l'imposizione diretta quanto per l'imposizione
indiretta.
I principali aspetti giuridici della successione ereditaria dell’azienda
L'articolo 2248 c.c. è senza dubbio il punto di partenza per comprendere la sostanziale
differenza che intercorre tra le possibili scelte che possono riguardare le comunioni
ereditarie. Tale articolo, difatti, rimanda alle norme codicistiche relative alla comunione
come disciplinata dagli artt.1100 e seguenti del codice civile.
Al fine di delineare, compiutamente, le difformità che esistono fra una società ed una
mera comunione ereditaria, occorre comprendere quale sia il fattore determinante che
differenzia le due fattispecie.
Nell'ipotesi in cui la comunione ereditaria sia
volta al mero godimento dell'azienda caduta in
successione (ad esempio perché concessa in
affitto o perché posta in liquidazione)
le norme di riferimento saranno
quelle della comunione previste dal
Titolo VII del Libro III del codice
civile.
Qualora invece, v'è piena volontà, da parte di
uno o più eredi, di utilizzare i beni aziendali per
l'esercizio di un'attività allo scopo di trarne un
profitto
le norme di riferimento saranno
quelle delle società commerciali,
previste dal titolo V Libro V del
codice civile.
In tale particolarità siamo dinanzi ad una società di fatto, rientrante nel novero delle
società irregolari, ossia quel genere di società non iscritte al registro imprese e che,
seppur avendo tutte le caratteristiche tipiche delle società, non giovano dell'autonomia
patrimoniale rispetto ai soci che la compongono.
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Sul punto è più volte intervenuta la Cassazione la quale ha tratteggiato le sostanziali
differenze tra l’azienda ereditaria e la società tra eredi.
L’orientamento consolidato della Suprema Corte ritiene che l’azienda ereditaria:
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Recentemente Cass., Sez. 2 civ., sent. n.3028/09.
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 forma oggetto di comunione finché permangono gli elementi caratteristici della stessa,
ovvero sino a quando i coeredi si limitino a godere in comunione l’azienda relitta con i
medesimi cespiti e consistenza così come caduta in successione (tipico esempio
attraverso la concessione in affitto);
 viceversa, se l’azienda è esercitata con fine speculativo, apportando nuovi
investimenti e generando redditi in seguito alla continuazione dell’attività, si verificano
due ipotesi:
l’impresa è esercitata,
d’intesa, da tutti i coeredi
con fine speculativo e con
apporto di nuovo capitale
in tal caso sussistono gli elementi tipici della società sia
pure irregolare o di fatto e la comunione, si “trasforma”
in sostanza in una società tra coeredi;
la continuazione dell’esercizio imprenditoriale è
effettuata da uno o solo
da alcuni dei coeredi
in tale circostanza la comunione rimane limitata
all’azienda come relitta del de cuius e quindi nella
medesima consistenza all’epoca dell’apertura della
successione. Al contrario, il successivo esercizio da
parte del coerede o di alcuni coeredi rimane, sotto il
profilo patrimoniale e reddituale, del tutto autonomo
verso la comunione.
In estrema sintesi, l’elemento discriminante tra comunione ereditaria e
società tra coeredi è costituito dallo scopo lucrativo che, se perseguito
attraverso un’attività imprenditoriale, si sostituisce al mero godimento.
Poiché l'azienda è considerata un bene al pari di qualsiasi altro, è certamente possibile
che questa sia assegnata con testamento, salvo eventuali questioni inerenti lesione di
legittima, ad uno dei coeredi. In tale ipotesi, al fine di verificare quale possa essere
realmente il valore del bene-azienda caduto in successione, è opportuna la redazione di
un bilancio contabile alla data di decesso; ciò non solo per aspetti inerenti obblighi fiscali
di cui accenneremo in seguito, ma anche per avere un riferimento puntuale alla data di
apertura della successione, delle poste attive e passive comprendenti l'azienda relitta.
Il caso: l’impresa familiare
Degna di analisi, seppur in modo conciso, è l’ipotesi peraltro assai frequente in cui i
passaggi aziendali mortis causa si riferiscano a realtà imprenditoriali gestite sotto la
forma d’impresa familiare. È bene precisare, per quanto possa apparire ovvio, che non
v'è alcun diritto particolare del familiare collaboratore del de cuius rispetto agli altri
coeredi, ad eccezione chiaramente in cui questi sia il destinatario dell'intera azienda in
forza di specifica volontà testamentaria.
Pertanto, il collaboratore familiare concorrerà con gli altri coeredi partecipando alla
comunione ereditaria con la possibilità di gestione dell'azienda mediante una società di
fatto sino a che non venga regolarizzata.
Assai più frequente è l'intestazione dell'azienda in capo al solo collaboratore familiare.
Il passo che intercorre dalla situazione di diritto iniziale (comunione ereditaria) alla più
probabile situazione di fatto con cui il familiare “subentra” nell'azienda relitta svolgendo in
proprio l'attività imprenditoriale, si esplica attraverso l’acquisizione dell’ex collaboratore
(divenuto coerede) dei pieni ed esclusivi diritti sull’azienda medesima. Conseguimento
che si concretizza mediante la liquidazione delle quote a favore degli altri coeredi
secondo criteri convenzionali tra essi stabiliti.
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Qualora si voglia assumere il valore indicato nella dichiarazione di successione, sarà
sufficiente redigere una situazione contabile alla data del decesso la cui differenza fra
attivo e passivo rappresenta il valore del bene-azienda attribuito all'ex collaboratore
familiare. Qualora, come parrebbe più equo, i coeredi vogliano considerare anche
l'avviamento (posta come noto esclusa dall'indicazione in dichiarazione di successione),
occorrerà necessariamente far predisporre una valutazione d'azienda da cui possa
emergere il valore di avviamento latente e come tale non iscritto fra le attività aziendali.
Gli aspetti fiscali della successione ereditaria di un'azienda
Priva di particolari problemi appare la questione fiscale inerente il trasferimento aziendale
mortis causa in caso di continuazione dell’attività d’impresa. Suddivideremo i prossimi tre
paragrafi distinguendo gli aspetti inerenti la fiscalità diretta e quella indiretta, per poi
concludere con l'elencazione dei principali adempimenti posti in capo agli eredi
dell'imprenditore deceduto.
F Fiscalità diretta
Al verificarsi di determinate condizioni, il passaggio dell'azienda mortis causa e dei
singoli beni che la compongono non genera materia imponibile ai fini delle imposte
dirette.
La ratio legis appare quantomai chiara: l'intento è quello di perseverare il patrimonioazienda, e con esso, indirettamente, tutelare tutti i rapporti (con i fornitori, clienti,
dipendenti ecc...) ad essa collegati, per evitare che il decesso dell’imprenditore possa
avere ripercussioni negative anche sui terzi.
La normativa fiscale prevede che il trasferimento dell’azienda ai coeredi sia
un’operazione fiscalmente neutra al verificarsi delle seguenti condizioni:
 gli eredi proseguono l'attività d'impresa;
 i valori contabili di iscrizione dei beni che compongono l'azienda caduta in
successione restano invariati rispetto a quelli già in capo all'imprenditore deceduto.
Ai fini tributari, inoltre, non incide la circostanza per cui solo un coerede sia l'unico a
proseguire l'attività, sempre che, ben inteso, risulti verificata la seconda condizione in
ordine alla continuità dei valori contabili iscritti (c.d. principio di neutralità fiscale).
È bene sottolineare che la neutralità della successione opera anche nel caso in cui a
seguito dello scioglimento (non oltre però i cinque anni dall’apertura della successione)
della società costituita tra gli eredi, l’azienda resti acquisita da uno solo di essi; a
condizione ovviamente che i beni siano trasferiti ai medesimi valori contabili.
L’imposizione fiscale, che come detto non si realizza in conseguenza della successione,
è rinviata al momento dell’eventuale cessione dell’azienda da parte dell’erede ai sensi
dell’art.67, co.1, lett.h-bis Tuir.
F Fiscalità indiretta
Con la reintroduzione dell'imposta di successione, anche il trasferimento dell'azienda
sconta, con diverse deroghe, tale tassazione. L'art.1, co.78 della Legge Finanziaria 2007,
introduce un regime agevolativo volto all'esenzione dell'imposta in questione qualora gli
eredi proseguano l'attività imprenditoriale per almeno un quinquennio, rilasciando
apposita dichiarazione in tal senso in fase di presentazione della dichiarazione di
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successione .
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Vedi art.3, co.4-ter, D.Lgs. n.346/90.
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La normativa riconosce l’esenzione da imposizione anche nel caso in cui l'attività sia
proseguita, sin dal principio, da uno solo dei coeredi. Non solo: il regime agevolativo
opera anche qualora la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte di un coerede (che
ha liquidato gli altri) sia conseguente allo scioglimento dell’originaria gestione comune,
purchè ciò avvenga entro il quinquennio.
È appena il caso di precisare che sono comunque applicabili le franchigie previste in
€1.000.000 per ciascun beneficiario qualora gli eredi siano il coniuge o parenti in linea
retta, e di €100.000 qualora gli eredi siano fratelli e sorelle. In tal caso, il valore da
inserire in dichiarazione di successione è quello risultante dal netto patrimoniale (attività
meno passività) senza considerare l'avviamento.
Resta inteso che sono dovute le imposte ipotecarie e catastali in misura percentuale nel
caso in cui nell'azienda sia ricompresa una componente immobiliare.
F Adempimenti
Di seguito sono raccolti i principali adempimenti che ricadono sugli eredi per l'attivazione
delle pratiche del caso, specificando che la normativa fiscale introduce una dilazione di
favore per tutti gli adempimenti riferiti al de cuius che possono essere assolti dagli eredi
entro sei mesi dal decesso anche quando detti termini siano scaduti da non oltre quattro
mesi dalla morte dell'imprenditore:
regolarizzare le operazioni compiute dall'imprenditore deceduto (fatturazione,
versamenti ecc...) entro sei mesi dal decesso;
presentare la dichiarazione dei redditi del de cuius entro il termine ordinario (se il
decesso avviene entro il mese di febbraio dell’anno successivo al periodo d’imposta)
ovvero con proroga di sei mesi se il decesso è successivo;
il coerede che prosegue l’attività d’impresa può comprendere anche i quadri
necessari per l’esposizione dei dati ai fini Iva relativi al de cuius. Fermo restando
l’obbligo di un’autonoma dichiarazione ai fini Irpef ed Irap;
entro trenta giorni dal decesso dell'imprenditore gli eredi devono presentare il modello
AA9/10 barrando nel quadro E la casella “successione ereditaria”;
entro trenta giorni dall'inizio dell'attività occorrerà regolarizzare la propria posizione al
registro imprese di riferimento;
entro trenta giorni occorrerà assolvere gli obblighi di inquadramento previdenziali e
contributivi dell'Inps.
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