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quanta formazione si fa in italia?

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quanta formazione si fa in italia?
L e
ri s or s e
u m a n e
€ 8,00 - chf 13
Periodicità trimestrale - Poste Italiane Spa - Spediz. abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv.in L.27/2/2004 n.46) art.1 comma 1 - CNS MI
V A L O R I Z Z A R E
n.
27| G I U G N O - LU G L I O 2 0 1 4
www.humantraining.it
QUANTA FORMAZIONE
SI FA IN ITALIA?
L’INDAGINE DI EXPOTRAINING ED EXPOLAVORO & SICUREZZA
1 -HT
2 -HT
EDITORIALE
L’IGNORANZA GALOPPANTE
LA FA’ DA PADRONA….
ALTRO CHE CRISI.
lezza sui benefici della formazione non è andato
di pari passo con l’evolversi della normativa e
dell’offerta formativa. Spesso accade che la cultura aziendale generi una situazione di antinomia tra il reale
desiderio di fare formazione e la
volontà di farlo, o ancora peggio, che culturalmente serpeggi
la profonda distorsione concettuale ben rappresentata dalla
scusa palese “non abbiamo tempo e risorse economiche da destinare”. Balle! Perchè chi non
ha tempo da destinare per risolvere i suoi problemi è meglio
che esca velocemente dal mercato, per evitare il costo sociale della non formazione, mentre invece per quanto riguarda
le disponibilità economiche è
sufficiente far ricorso agli strumenti di finanza agevolata che proliferano.
Ecco, allora, che dobbiamo domandarci di che
cosa si necessita per stimolare la domanda di
formazione e che tipo di offerta occorre. La risposta deve essere ricercata, per quanto concerne
l’offerta formativa, in una progettualità che colga i veri problemi e le difficoltà quotidiane degli
addetti alle varie funzioni organizzative e che,
“chirurgicamente”, intervenga fornendo un kit
di strumenti spendibili nell’operatività. Anche
le Istituzioni devono fare la propria parte , così
come hanno imposto l’obbligatorietà della formazione sulla sicurezza, si dovrebbe estendere
tale vincolo a tutti i generi di formazione attraverso una specifica legge.
Concludendo questa mia riflessione vi propongo una citazione anonima che si attaglia molto
bene all’argomento “Se pensate che l’istruzione
sia costosa provate con l’ignoranza”.
Competitività fa rima con competenze, ma
competenze non fa rima con l’ignoranza dilagante che si avverte nella classe imprenditoriale e
dirigenziale del Paese.
Ignoranza che non stimola la
crescita, che critica la situazione, è priva di spunti e di idee per
porre delle azioni di contrasto
all’attuale situazione. L’incompetenza è figlia del triste primato
che l’Italia vanta nelle classifiche
internazionali relative al numero di ore formative annuali per
lavoratore ed investimenti sulla
formazione – un esempio per
tutti, in Italia si svolgono un’ora e mezza contro le ventiquattro ore della Germania - e poi ci
domandiamo perché i tedeschi
sono delle locomotive e noi delle
zavorre!! L’aspetto maggiormente preoccupante è rappresentato dal fatto che se
noi chiediamo ad un imprenditore o a un dirigente se loro stessi o i loro collaboratori necessitino di formazione, la risposta più plausibile che
otterremo è: si sarebbe meglio farla, tuttavia andiamo avanti così!
Fortunatamente non tutte le aziende snobbano la formazione, in un recente convegno ho incontrato un imprenditore che mi raccontava entusiasta di quali effetti benevoli avesse ottenuto
dalla formazione e diceva: “Vede, se i miei addetti alla contabilità non sapessero l’inglese, quando
devono sollecitare al cliente estero i pagamenti o
fornire chiarimenti, o lo fanno immediatamente, o ritarderemmo gli incassi”. In questo caso
l’imprenditore è persuaso che formare i propri
collaboratori non rappresenta un aggravio di costi o una prassi d’èlite, ma un propulsore e quel
valore aggiunto che permette di far fronte alla
crisi.
In questo scenario l’aumento della consapevo-
Carlo Barberis
3 -HT
V A L O R I Z Z A R E
L A
Anno 7 N° 27 Giugno - Luglio 2014
R I S O R S E
UM A N E
Sommario
EDITORIALE
3Editoriale
6
cover
La formazione in tempi di crisi: i soldi ci sono, ciò
che manca è la formazione!
Ricerca sulla
formazione
Pag. 6
l'eco della formazione
12 I tradizionali sistemi di marketing
funzionano ancora nella vendita dei servizi?
14 La formazione al centro
17 Expo 2015: CISL Reti promuove Forum
Internazionale del Lavoro
Stefano Scabbio
pag. 14
Andrea Guanci
pag. 18
Antonio Sabbatella
pag. 24
18 Prestazioni eccellenti in mercati incerti:
strategie di vendita, tra vecchi e nuovi
paradigmi commerciali
23 I cittadini ed il rispetto della privacy
24 Una formazione professionalizzante e
certificata per cogliere le opportunita’
dell’europa
26 I vantaggi del franchising sulla formazione
30 La scuola nutre la famiglia e i valori
33 Sicurezza e salute delle popolazioni e
protezione ambientale: elementi vitali per il
pianeta
4 -HT
focus
HT HUMAN TRAINING
Direttore Responsabile:
Vittorio Baroffio
34 Il futuro e’ “smart working”: siamo pronti?
Direttore editoriale:
Carlo Barberis
INTERVISTA
36 Intervista a Paola Codecasa, responsabile
delle Risorse umane del gruppo Zucchetti
Prima dell’organigramma, la qualità delle
idee
Paola Codecasa
pag. 36
39 Intervista ad Anna Maria Delzotti, regista teatrale, e Gioacchino Leovino, direttore hr di Fincons
Group. Con l’arte, la passione entra nel business
43 Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane
di Sanofi Italia. L’attenzione alla persona che fa
crescere l’impresa
46 Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse
umane e organizzazione di Vodafone Italia.
Quando la formazione mette le ali al business
Collaboratori:
S. Airoldi, M. Alvisi, A. Auriemma,
E. Avanzi, A. Baldi, M. R. Barberis,
M. Campi, A. Campiotti,
M. D. Castejon, M. Cinque,
C. Colombo, C. De Masi,
A. Diotallevi, F.M. Di Foglio,
P. Favarano, M. Filippis, T. Greco,
P. Iacci, M. Moretta,
C. Osnago Gadda, A. Passerini,
G. Robilotta, G. P. Rossi, G. Rovesti,
F. Sala, L.Serrani,
M. Soriani Bellavista, S. Verza
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Segreteria di redazione:
Michela Corradin
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Realizzazione Stampa:
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Gioacchino Leovino
pag. 39
Pubblicità:
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HT Human Training
è pubblicato da
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Fax 02 80509280
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sito: www.humantraining.it
50 Intervista a Michele Riccardi, direttore Risorse
umane di Edenred Italia. Dalla condivisione,
un’eccezionalità quotidiana che innova
Registrazione tribunale di Milano
N° 48 del 23/01/08
le schede
53
Archiviare i documenti in modo efficace II°
parte
61
E-commerce e web marketing I° parte
Elisabetta Caldera
pag. 46
L'OPINIONE di
66 Il nuovo portale sulla formazione: un mix di
innovazione e qualità
Michele Riccardi
5 -HT
pag. 50
Costo copia € 8,00 - Abbonamento
annuo Italia € 40,00 - Abbonamento
Estero € 60,00 - Versare l’importo
mediante bonifico bancario presso:
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scritta dell’editore. Manoscritti e foto, anche
se non pubblicati, non vengono restituiti.
COVER
La formazione in tempi di
crisi: i soldi ci sono, ciò che
manca è la formazione!
A cura dell’osservatorio di ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza
I
l sistema della formazione
non riesce a far percepire al
sistema azienda il vero plus derivante dalla formazione, e le aziende,
troppo impegnate a gestire a braccio il quotidiano, non vedono quali
concreti vantaggi possano derivare
dai piani formativi, pertanto tutto
il sistema è in sofferenza! Questa
è la sintesi della ricerca condotta dall’Osservatorio di ExpoTraining ed ExpoLavoro&Sicurezza.
Ma perché avviene ciò?
Certamente, le cause sono da ricercare, in primis, sul fronte del sistema formativo, che non ha saputo
innovarsi e soprattutto non ha saputo educare gli interlocutori, intendendo il verbo nel senso etimologico
di e-ducere, portare a consapevolezza un sapere all’inizio latente: non ha
infatti avviato un processo di socializzazione all’utilizzo delle pratiche
formative come elemento impre-
Il grafico riporta il quadro della formazione nelle aziende
secondo le loro dimensioni
scindibile nello sviluppo del Sistema
Paese.
Correlativamente, sul versante
delle imprese, non si è consolidata
una vera coscienza rispetto all’acquisto della formazione poichè il 70%
delle imprese avvia programmi for-
segmentazione geografica e relative percentuali
6 -HT
italia e relative percentuali
di formazione
incremento delle aziende che nei prossimi due anni sono intenzionate a fare formazione
vedremo che la riflessione ci porterà
a individuare una causa più fondamentale del disagio che inficia il
mondo della formazione.
L’universo di riferimento
L’indagine svolta per la realizzazione di questa ricerca è stata concepita attraverso le informazioni fornite
Percentuale aziende che ha
avviato programmi
formativi 2009
mativi, ossia dà corso allo sviluppo
della competenza, solo ed esclusivamente se ha accesso al sistema di
finanziamento pubblico. E un altro
dato preoccupante che emerge è che
non tutto il gettito derivante dal versamento del contributo dello 0,30%
del monte salari di cui alla legge
388/2003 viene opzionato nei fondi
interprofessionali.
Da questa prima eziologia, che
presenta le cause più immediatamente evidenti del problema,
emerge una complessiva crisi d’identità del settore che ha generato
un processo di devianza. Ma, se ci
soffermiamo più in particolare sulla
fenomenologia di questo processo,
Percentuale aziende che intende avviare in futuro
programmi formativi
Percentuale aziende che non intende avviare in futuro
programmi formativi
7 -HT
COVER
da un campione di 1.000 aziende
italiane e composto da un universo
di circa 500.000 lavoratori. Il target è stato scelto in base al numero
dei dipendenti e alle rispettive aree
geografiche. Si tratta di aziende di
capitali private; non è stata presa in
considerazione la pubblica amministrazione.
dipendenti aziende in relazione alla formazione finanziata
Percentuale di formazione finanziata usata dalle aziende
aziende intervistate (con l’unica eccezione della grande impresa).
Questo andamento lo si riscontra nella seguente, e molto diffusa,
persuasione: faccio formazione solo
ed esclusivamente se ho dei finanziamenti. Ci troviamo davanti a un
mercato drogato, dalle varie linee
di finanziamento pubblico che da
un lato, esse hanno senz’altro contribuito a promuovere la domanda
formativa, ma, dall’altro, hanno
“dopato il mercato”, ossia non hanno permesso di radicare una cultura imprenditoriale autenticamente
Questo è l’insieme preso in esame: tutte le aziende che hanno partecipato all’indagine hanno fornito
una serie di informazioni sulle proprie attività formative svolte nell’attuale congiuntura negativa.
Quanti fanno formazione?
Il quadro che emerge da questa rilevazione ci fornisce un sistema “frenato”, soprattutto per quanto concerne la medio piccola impresa, ossia
la nervatura del Sistema Paese, nella
quale solo il 18% ha attivato, durante l’anno, programmi formativi, e un
altro esiguo 10% intende nel prossimo futuro avviare azioni formative.
Salendo come dimensioni di grandezza, aumentano le percentuali di
utilizzo delle prassi formative.
Attualmente il sistema produttivo
non ha il valore aggiunto derivante
dalle azioni di formazione e di addestramento.
Una conseguenza di ciò è un’invo-
dipendenti aziende in relazione alla formazione erogata
con risorse proprie
luzione di competitività del sistema
Paese in una logica di mercato globale, involuzione dovuta al modesto
grado di capitalizzazione delle proprie risorse umane.
Formazione solo con finanziamenti
La ricerca ci consegna un altro
punto di riflessione relativo alla destinazione del budget di formazione
che è praticamente assente o poco
rilevante, nella maggioranza delle
8 -HT
sana, cioè focalizzata sulla capitalizzazione delle risorse umane come
asset di differenziazione e sviluppo.
Fatta eccezione, difatti, per le aziende più strutturate, che tradizionalmente destinano una percentuale
del proprio fatturato alla formazione, la maggior parte delle imprese
vincola la realizzazione dell’attività
formativa all’ottenimento dei finanziamenti.
Aree Tematiche
Partecipazione
Management
30%
Comunicazione interpersonale
12%
Contabilità e
finanza
1,50%
Organizzazione e gestione aziendale
7%
Marketing vendite
36%
Qualità
3,50%
Informatica
15%
Lingue
22%
Giuridico normativa
3%
Tecniche di
produzione
9%
Sicurezza
31%
AREE TEMATICHE E PARTECIPAZIONE
Dall’equazione “finanziamento=formazione” scaturisce così un
atteggiamento mentale deviato, che
determina a sua volta un comportamento imprudente per l’azienda. La
prima riflessione in tal senso è che le
politiche di finanziamento alla formazione devono essere totalmente
riscritte, inserendo una condizione
grazie alla quale si andrebbe a sviluppare una cultura della formazione continua che prescinde dall’ottenimento del solo finanziamento.
Un’ipotesi praticabile, per conferire
adeguate basi finanziarie ai piani
formativi, è abbinare la parte delle
risorse richieste al sistema del finanziamento pubblico a una parte
delle risorse economiche messe a
disposizione dall’azienda; un’altra
idea possibile è introdurre delle
agevolazioni fiscali per chi ha deciso
di attivare dei piani di formazione.
Così operando, come d’altra parte
avviene in altri paesi Europei, come,
ad esempio, in Francia, si andrebbe
a generare nel tempo l’abitudine di
allocare budget destinati alla formazione all’interno dei bilanci.
Tematiche formative riscontrate
Come si evince dalle risultanze, in
termini di preferenze, si nota una
diversificazione dell’approccio tematico molto sbilanciata a favore delle
pratiche tipiche dell’addestramento
– informatica, lingue, sicurezza, ecc.
Tali discipline, molto più misurabili e
tangibili, esibiscono un grado di preferenza notevole.
Il che ci porta a constatare che, a livello di cultura e di abitudini formative,
le suddette materie, di derivazione
prettamente scolastica ed educativa,
abbiano più successo, se paragonate a discipline tipiche dello sviluppo
della cultura aziendale, quali il management, il marketing, le vendite, la
comunicazione interfunzionale, ecc.
DATI RELATIVI AI PROGRAMMI Ad HOC in relazione aI PROGRAMMI
A CATALOGO
DETTAGLIO DEI DATI SULLA FORMAZIONE AD HOC
9 -HT
COVER
DETTAGLIO DEI DATI SULLA FORMAZIONE CON PROGRAMMI A CATALOGO
E, ricercandone le specifiche motivazioni, è ragionevole supporre che le
aziende siano indotte ad acquistare le
discipline tipiche dell’addestramento
poiché esse sono:
• più facilmente comprensibili
in termini di criteri tecnici
d’acquisto;
• maggiormente verificabili in
termini di apprendimento;
• maggiormente stimabili in termini di ROI;
• maggiormente investite di sforzi
di innovazione da parte dell’offerta formativa.
Sull’opposto versante delle
discipline tipiche della formazione, la stagnazione dell’acquisto
potrebbe essere ricondotta a:
• mancanza di azioni di orienta-
mento in seno alla committenza;
• non tangibilità nel breve termine
degli apporti formativi;
• non credibilità degli effetti deriLA FIERA DELLA
FORMAZIONE DEL LAVORO
E SICUREZZA.
vanti dall’azione formativa;
• l’elevata offerta di prodotti formativi vetusti;
• non innovazione dell’offerta
formativa.
10 -HT
11 -HT
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Le nuove frontiere del marketing della formazione
I tradizionali sistemi di
marketing funzionano
ancora nella vendita
dei servizi?
A cura di M. Soriani
L
a contrazione dei finanziamenti pubblici ,in particolare quelli regionali afferenti
FSE, l’accorpamento delle province,
l’aumento della tensione concorrenziale, determina per l’impresa di
formazione e dei servizi in generale
una nuova ed impellente necessità di
implementare nuovi mercati diversi da quelli legati esclusivamente ai
finanziamenti regionali. Molti Enti
formativi si stanno indirizzando verso segmenti di mercato rappresentati
dalle aziende , dai professionisti, dalla P.A., ecc .
Questo è il quadro che emerge
dagli ultimi convegni realizzati in
occasione di ExpoTraining 2013 - la
fiera della formazione-, che evidenzia chiaramente che non tutti gli operatori pertanto sono preparati commercialmente per affrontare le sfide
di un mercato molto competitivo. A
fronte di questo scenario la dinamica della vendita di formazione non è
sempre così lineare come la commercializzazione degli altri servizi. Le
tecniche e gli strumenti di marketing
tradizionale, alcune volte non sono
performanti, anzi portano all’insuccesso ed alla perdita di risorse.
Un mix di strumenti che permette di entrare in contatto con i
decisori giusti, esaltare il valore dei
propri corsi e seminari devono essere
gli obiettivi principali del nuovo approccio di marketing.
Da una recente ricerca, condotta da ExpoTraining rivolta a 1.000
aziende, finalizzata ad individuare il
trend e le aree tematiche maggiormente richieste nella formazione,
emerge che giornalmente le direzioni del personale ricevono:
• 30 e-mail promozionali;
• circa 8/10 proposte commerciali;
• 7/8 telefonate per richiedere
un appuntamento.
Questa situazione di eccessivo
“bombardamento” alza le barriere
12 -HT
del contatto ed “inasprisce i filtri”per
parlare con i decisori aziendali, implicando di riflesso maggiori investimenti e scarsi risultati, e di conseguenza diventa molto dispendioso e
poco produttivo entrare in contatto
con i direttori del personale.
Pertanto si riscontra che la grande difficoltà, della maggior parte
dei formatori, è la qualificazione
del cliente ossia entrare in contatto
con il decisore che ha il budget e la
necessità. La maggior parte degli enti
di formazione ritengono che il processo di vendita diventa davvero facile una volta che si trovano vis a vis
con il proprio interlocutore .
Quanto costa l’approccio di
marketing tradizionale?
Normalmente si è abituati a contattare i potenziali clienti attraverso
una serie di strumenti quali le telefonate a freddo, l’invio di brochure o
e-mail, gli appuntamenti.
Analizziamo ora quali sono gli
approcci tradizionali per riuscire ad
entrare in contatto con il direttore del
personale, normalmente si chiama il
centralino dell’azienda chiedendo di
parlare con chi si occupa di formazione, spesso a questo punto, ci passano
la segretaria, e qui nascono le prime
difficolta poiché dobbiamo convincere la stessa a passarci il suo capo,
se è disponibile! In buona sostanza
mediamente per parlare con un “interlocutore utile” servono dai due a
tre tentativi. Fermandoci a rilevare il
costo a contatto, solo in questa prima fase stimiamo che la somma del
tempo dedicato per poter parlare con
l’interlocutore è di circa 30 minuti,
per andare al primo appuntamento
dedichiamo altri 90 minuti , facendo
la somma otterremmo 120 minuti ossia 2 ore per scoprire se quel cliente
è più o meno interessato a comprare.
Condividerete che è un enormità!
Quanto ci costa contattare il
cliente?
ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza rappresentano un unico collettore a 360° del sistema della formazione del lavoro e della sicurezza.
Le due manifestazioni, che si svolgeranno in contemporanea, coinvolgeranno tutti gli attori fornendo gli strumenti per consentire lo sviluppo di sistemi integrati e favorire l’incrocio domanda / offerta di
lavoro, formazione e cultura alla sicurezza come elemento di prevenzione.
Inoltre a partire da quest’anno la manifestazione si svolgerà su 3 giornate
con ben 250 convegni e workshop ad ingresso gratuito.
I NUMERI DELLA MANIFESTAZIONE
15.000 mq di area espositiva
250 convegni e workshop
300 matching;
130 espositori;
5.000 visitatori di cui 3.000
aziende
15 sigle sindacali di lavoratori e
datoriali;
Continuando la nostra riflessione ipotizziamo una ral media
di 40 euro orari il costo d’appuntamento, relativo alla risorsa commerciale, è di 80 euro oltre le spese
di trasferta che convenzionalmente attribuiamo a 20 euro per un totale di 100 euro.
Allora, qual è la soluzione?
Il 90% del tempo, dedicato al
marketing tradizionale.
Telefonate, appuntamenti, presentazioni ,ecc costa un sacco di denaro ed è improduttivo - la montagna partorisce un topolino!!!.
E’ necessario invertire la tendenza dedicando il 25% del tempo
in azioni di marketing molto mirate grazie al nostro strepitoso Piano
di relazioni dinamiche: un mix di
appuntamenti selezionati, di PR,
di visibilità e di comunicazione che
ti permettono di entrare in contato
con chi decide negli acquisti di formazione. In questo modo capitalizziamo gli investimenti di marketing
trasformandoli in azioni maggiormente incisive ed efficaci.
La prima banca dati del
matching della formazione
ExpoTraining và oltre!! Agevolare i contatti, incrociare la domanda
e l’offerta è diventata la nostra ossessione che ci ha permesso di individuare le prime 700 aziende che
hanno necessità di acquistare formazione.
Ecco i primi numeri: 736 aziende a partire dai 100 dipendenti in
su, giornate di formazione complessivamente richieste 3.890 , fatturato
€5.800.000.
13 -HT
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Intervista a Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di
ManpowerGroup Italia e Iberia
La formazione
al centro
A cura di Serena Scarpello
Stefano Scabbio
O
ggi più che mai i giovani
sono al centro del dibattito
politico. Il Presidente del Consiglio
Renzi, alla luce dell’ulteriore aggravamento degli ultimi dati sull’occupazione giovanile, che ha ormai superato il 42%, ha accelerato sul Jobs act.
Nel frattempo il nuovo Ministro del
lavoro, Poletti, sta lavorando alacremente sulla definizione del progetto
di attuazione del “piano italiano per la
garanzia giovani”. Tale piano prevede
uno stanziamento di 1,5 miliardi di
euro per il biennio 2014 – 2015 per
aiutare i giovani fino a 29 anni di età
ad entrare nel mondo del lavoro e o
ad avere un’opportunità formativa al
fine di aggiornare la propria professionalità. Secondo Stefano Scabbio,
Presidente e Amministratore Delega14 -HT
to di ManpowerGroup Italia e Iberia,
“si tratta per l’Italia di un progetto
di grande rilievo, visto che si basa
sull’assunto per cui nessun giovane,
passati quattro mesi dall’inizio della
disoccupazione o dall’uscita dal sistema dell’istruzione formale, può rimanere senza un’opportunità formativa
o senza un’esperienza di lavoro. Questo suona quasi rivoluzionario rispet-
to alla situazione sociale e occupazionale giovanile attuale, peccato che si
continui a rimandare la data d’inizio
che era prevista per Gennaio, ma a
Marzo non ha ancora la data di partenza, mentre la situazione occupazionale giovanile continua inesorabilmente ad avere carattere di urgenza”.
Nel progetto a suo tempo illustrato alla Commissione lavoro del
Senato dall’ex Ministro del lavoro
Giovannini, tra i punti di approdo
per i giovani beneficiari della Youth
guarantee venivano indicati: l’inserimento diretto in un contratto di lavoro dipendente; l’avvio di un contratto
di apprendistato o di un contratto
di tirocinio; l’impegno nel servizio
civile; la formazione specifica; l’accompagnamento in una iniziativa imprenditoriale o di lavoro autonomo.
Dott. Scabbio, che idea si è fatto
di questo piano?
“Vaste programme, si potrebbe dire”, continua Scabbio “perché
purtroppo alcuni degli attori cruciali per l’attuazione di un piano di
tal genere sfuggono alle competenze
dirette del Ministro del Lavoro e del
Governo. La formazione professionale, infatti, è malauguratamente
delegata alle regioni, e spesso gestita
da corpaccioni burocratico-assistenziali-clientelari che, ben che vada,
non essendo correlati al mondo del
lavoro propongono corsi vecchia
scuola non certo adatti a formare
valide professionalità per i moderni mercati di lavoro di riferimento”.
Dott. Scabbio, cosa le piace e cosa
manca secondo lei a questo piano
per i giovani?
Per quanto ci è dato di capire , una
volta tanto si è ritenuto di coinvolgere nell’avviamento alle opportunità
di lavoro o di formazioni legate alla
15 -HT
“Garanzia giovani” anche le Agenzie
private per il Lavoro, che dispongono
di circa 2500 filiali nel territorio che
interagiscono quotidianamente con il
mercato del lavoro, conoscendo e praticando i vari aspetti dell’orientamento, della formazione, dell’avviamento.
Speriamo che ciò avvenga in condizioni di parità e di trasparenza, nell’interesse degli stessi giovani. Infatti, la
scommessa dell’attuazione della garanzia giovani è cruciale. Sarà vinta,
se si coglieranno le opportunità di un
progetto già impostato con le finalità
di suscitare occasioni di formazione
legate davvero ai fabbisogni delle imprese e destinate a tradursi in nuovi
rapporti di lavoro e generare contratti
di lavoro, magari all’inizio flessibili,
ma destinati ad evolvere e potenzialmente a divenire stabili. A tal fine –
vale la pena ribadirlo - è fondamentale il ruolo delle Agenzie per il Lavoro,
così come è fondamentale il pieno
L’ECO DELLA FORMAZIONE
coinvolgimento delle rappresentanze
del mondo imprenditoriale. Non lo
sarà altrettanto se si avvieranno attività una tantum o solo opportunità di
tirocini, stage, brevi contratti a termine, cicli brevi di formazione e poi per
i beneficiari più o meno tutto finirà li.
Spetta quindi al nuovo Ministro del
Lavoro, che conosce la realtà del mondo delle imprese, orientare il piano
“garanzia giovani” alla luce di tali esigenze e finalità e vararlo al più presto.
ManpowerGroup è attiva con diversi progetti di formazione che contribuiscono alla crescita e allo sviluppo del nostro made in Italy, in diversi
settori, e forniscono a chi vi partecipa
non solo un’opportunità di assunzione che – per la specializzazione
acquisita - ha la possibilità di essere
prolungata nel tempo, ma un bagaglio
formativo tecnico molto prezioso.
Ci può fare qualche esempio?
Non credo possiamo nominare i
nostri clienti se non abbiamo una liberatoria. Possiamo cercare di essere
generici. Un caso recente sono i corsi
di formazione realizzati per un grande
gruppo del settore metalmeccanico in
particolar modo nel territorio campano. Azienda presente in tutta Italia,
ha recentemente introdotto una lavorazione che richiede una preparazione estremamente specifica. Tale
preparazione trova le fondamenta
iniziali nel percorso formativo realizzato da Manpower che per i partecipanti è completamente gratuito.
Sono state formate ed inserite le
prime 20 persone che hanno frequentato il corso di 3 settimane e
oggi lavorano in azienda, primi tra
i moltissimi inserimenti previsti.
Per lo stesso gruppo Manpower
ha realizzato corsi di formazione
per una delle aziende del settore
alimentare: un grande ‘store’ nel
centro di Napoli, un contenitore di
piccole imprese, ristoranti e punti
vendita, operanti nei diversi comparti del settore enogastronomico.
Una realtà unica nel suo genere per
la quale Manpower ha fornito una
formazione professionalizzante nel
settore food che ha portato all’assunzione di diverse figure professionali.
Questo tipo di formazione è
un valore inestimabile, non solo
perché apre possibilità di lavoro in un territorio che soffre da
questo punto di vista, ma anche
perché fornisce una professionalità molto elevata e spendibile in
un futuro anche in altri contesti.
Altri casi interessanti su questo
fronte?
Molto interessante per l’elevato
livello di formazione è anche il caso
di una azienda della grande distribuzione. Per i nuovi inserimenti nei
punti vendita, che si trovano in tutto il nord Italia, Manpower fornisce
formazione finanziata, corsi che si
svolgono presso una scuola professionalizzante per l’arte bianca e la
gastronomia in provincia di Como. I
corsisti vengono inseriti nella struttura della scuola e vi rimangono un
mese e mezzo. Un’esperienza “alla
Masterchef” nei laboratori di cucina,
grazie alla quale emergono le attitudini di chi andrà a ricoprire i diversi
ruoli, dalla gastronomia alla panetteria/pasticceria.
Perché la formazione è così importante oggi?
I nostri clienti ci confermano che
c’è un forte bisogno di formazione.
Per diversi motivi: nella cosiddetta
Human Age il talento è importante ed
è considerato un vantaggio competitivo ed un tratto distintivo essenziale
per vincere oggi nel mercato di riferimento; inoltre le imprese faticano a
trovare il talento giusto, al momento
giusto, nel posto giusto e si orientano verso lo sviluppo interno. A
mio parere la formazione è un mezzo per trattenere i migliori talenti.
In che modo lo fa ManpowerGroup?
In tanti modi, per esempio attraverso FuturSkill: la training company di
ManpowerGroup specializzata nella
realizzazione di soluzioni integrate
e misurabili. La nostra conoscenza
unica ed esclusiva relativa al mondo
del lavoro che cambia, ci aiuta a comprendere le sfide inerenti ai talenti e
il mismatch sulle competenze che ci
consente di aiutare i nostri clienti a
combattere la “Guerra dei Talenti”
in tema di development e retention.
16 -HT
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Expo 2015: CISL Reti
promuove Forum
Internazionale
del Lavoro
A cura di Flaei Cisl
F
orum internazionale del lavoro
Gli attori sociali, coinvolti
nell’attuale trasformazione del lavoro nella società globale, percepiscono la complessa interdipendenza
che lega le realtà locali alle attuali
dinamiche nazionali, europee ed internazionali dei mercati industriali e
finanziari. Si avverte, così, l’esigenza
di una proposta culturale e formativa di ampio respiro volta a realizzare
una partecipazione attiva degli attori
sociali per favorire lo sviluppo economico, nella convinzione di dover
contribuire con ciò a un processo
di avanzamento, personale e collettivo, della società contemporanea.
E’ per questo che Cisl Reti e le tre
Federazioni che ne fanno parte FIT,
FISTel e FLAEI, d’intesa con la Cisl
Lombardia e la Fondazione Energia,
promuoveranno il Forum Internazionale del Lavoro nell’ambito delle
iniziative dell’Expo 2015 di Milano.
Legandosi al percorso culturale già
compiuto dalle due edizioni del Festival Internazionale del Lavoro a Rocca
di Papa (RM), il Forum internazionale
del lavoro, si affiancherà ad ExpoTraining – la fiera della formazione – ed
ExpoLavoro&Sicurezza, che ospiteranno il forum eleggendo Milano
quale “Capitale della Formazione del
Lavoro e della Sicurezza”, un faro d’indirizzo e di riferimento per tutta l’Eu-
ropa del sud e il bacino mediterraneo.
Il programma del Forum Internazionale del lavoro prevede due appuntamenti internazionali, il primo dei
quali si svolgerà a Milano l’ 1/2/3 ottobre 2014, cui seguiranno altre articolate iniziative comunicative e divulgative, per concludersi con il secondo
appuntamento internazionale previsto per i giorni 3, 4 e 5 giugno 2015.
L’iniziativa
intende
sostenere il valore del lavoro nei processi industriali italiani ed internazionali attraverso una attiva
partecipazione delle parti sociali a sostegno dello sviluppo, mettendo a fuoco:
17 -HT
- il nesso tra politiche per lo sviluppo e il radicamento territoriale degli
attori sociali per dar vita alla crescita di una economia civile e solidale;
• la dimensione strategica di un capitalismo associativo (anche con
l’utilizzo dei Fondi Pensione dei
lavoratori) per alimentare i processi partecipativi;
• l’esigenza di una nuova governance nelle Imprese, a partire
dalle Reti, per uno sviluppo sostenibile;
• una formazione mirata nelle
Aziende e nel territorio a livello
nazionale e internazionale.
Expo “Formazione, Lavoro e Sicurezza” rappresenterà una proposta
culturale e sociale innovativa di elevato profilo nel più vasto contesto
dell’appuntamento mondiale milanese, un momento essenziale della
progettualità socio industriale italiana che costituirà anche l’occasione per manifestare la vitalità della
Rappresentanza sociale del lavoro
come risorsa per il bene comune.
Parteciperanno al progetto i maggiori Stakeholders nazionali e internazionali, con il fine di ribadire la centralità dei servizi a rete in
una avanzata politica industriale,
nel contesto del grande appuntamento dell’ Expo 2015 di Milano.
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Le tavole rotonde di Human Training
Prestazioni eccellenti
in mercati incerti:
strategie di vendita, tra vecchi e nuovi
paradigmi commerciali
A cura di C. Cantoni
P
ervasività del fenomeno digitale, competizione su scala
globale, necessità di innovare, ampliando ma allo stesso tempo personalizzando l’offerta per intercettare
pubblici sempre più eterogenei: sono
alcune delle inarrestabili evidenze che
scenari macroeconomici in continua
e rapidissima evoluzione sottopongono alle aziende, chiamate a rivedere
l’approccio alle vendite e alle scelte
di marketing per coinvolgere attivamente il consumatore finale nel proprio universo valoriale. “Prestazioni
eccellenti in mercati incerti: strategie
di vendita, tra vecchi e nuovi paradigmi commerciali”, così ExpoTraining ha sintetizzato una delle sfide
più incalzanti del fare impresa oggi,
raccogliendo sul tema gli interventi
di Andrea Guanci, direttore marketing di Msc Crociere, Giovanna Piscetta, Hr manager di Carlsberg Italia e Manuela Polli, brand manager e
direttore marketing della F.lli Polli:
tre aziende leader nel loro settore di
riferimento, per altrettante case history sui fronti differenti ma ugualmente significativi del social web
marketing, dell’innovazione tecnologica e dell’internazionalizzazione.
Scenari in evoluzione
Guanci. Oggi MSC Crociere investe in Sem (Search engine marketing) il 15% circa dell’intero budget
pubblicitario e lavora molto sul Seo
Andrea Guanci
18 -HT
(Search engine optimization), ma ha
costruito la propria riconoscibilità
di brand ben prima che esplodesse
il fenomeno digitale. Lo ha fatto attraverso gli strumenti del marketing
tradizionale, le famose quattro P Product, Price, Promotion, Place - e
i canali classici della distribuzione, oltre 10mila agenzie di viaggio in tutta
Italia, che svolgono nei confronti del
nostro prodotto un ruolo di gatekeeper: non proponiamo una commodity ma un’esperienza emozionale in
un mercato molto competitivo e chi
la racconta ha facoltà di orientare le
scelte d’acquisto verso il competitor
che ritiene più opportuno. L’ottima
relazione che l’azienda ha saputo costruire con le agenzie è stata e, ritengo, resterà la chiave del successo Msc,
anche se il web ha rivoluzionato il
modo di interagire con i consumatori.
L’intelligenza della Compagnia è
stata quella di aprirsi ai nuovi media,
senza compromettere il rapporto con
i suoi partner consolidati che rimangono il principale canale di vendita.
Se, però, in passato era l’agente a indirizzare i clienti verso il prodotto Msc,
oggi, il flusso è inverso: con l’abbondanza di informazioni disponibili in
rete, la gente ha sempre meno ragioni
per entrare in agenzia e, quando lo fa,
ha già le idee chiare sulla vacanza che
vuole. Occorre quindi intercettarla
a monte e incuriosirla attraverso le
piattaforme digitali per portarla sul
punto vendita ad acquistare la crociera. Questo è il vero cambiamento: prima Msc non aveva bisogno
di dialogare direttamente con il suo
target finale, ora sì. A beneficio nostro ma anche delle agenzie, che si
vedono aumentare il flusso di clienti.
Piscetta. Sono decenni che il mondo della birra non produce cambiamenti sostanziali. In un mercato
profondamente statico, Carlsberg ha
introdotto la prima vera rivoluzione
dopo moltissimo tempo: DraughtMaster™, un innovativo sistema di
spillatura senza CO2 aggiunta che
rimpiazza i tradizionali fusti in acciaio con fusti in PET riciclabile. Questa
sofisticata tecnologia, sviluppata in
Italia grazie a lunghe ricerche, rappresenta una svolta da molti punti di
vista: per la qualità di prodotto, preservato da contaminazioni e processi
ossidativi, quindi migliore dal punto
di vista organolettico, del gusto 100%
fresco e naturale e della conservazione; per la semplicità di gestione e
pulizia, a vantaggio degli operatori
ho.re.ca; e per la riduzione dell’impatto ambientale nelle fasi di infustamento, distribuzione e consumo
presso il punto vendita, consentendo
lo smaltimento del fusto in ottica di
raccolta differenziata. A copertura
di tutte le esigenze di mercato, la famiglia DraughtMaster™è disponibile
oggi nei tre formati, Flex 20, movibile e funzionale anche in spazi ridotti;
Modular 20, una tipologia modulare
destinata ai locali altovendenti; infine, new entry del 2013, Select 10, un
piccolo fusto da banco da 10 l, ideale
per gli esercizi con consumi ridotti.
Polli. Lavorando molto per il segmento private label, F.lli Polli rappresenta da anni un baluardo del made in
Italy nel mondo: siamo presenti, con
300 referenze e oltre 30 brand, in quasi 50 Paesi. Oggi, però, la spinta all’internazionalizzazione investe sempre
di più anche i prodotti a nostro marchio e il recente debutto nel tempio
dell’alta gastronomia francese, le
Galeries Lafayette di Parigi, Nizza e
Marsiglia, conferma sia l’alta qualità
dell’offerta sia le potenzialità di posizionamento del brand. L’ingresso nella catena gourmet fa parte di un più
ampio progetto di espansione transalpina, partito ormai due anni fa e
preceduto da altre fortunate esperienze oltreconfine: in Svizzera, per esempio, siamo i principali fornitori delle
catene Micros, che detengono il 50%
del mercato nazionale. Ottime risposte ai nostri prodotti vengono anche
dalla Polonia e dal Brasile, mentre è
allo studio, per il 2015, il debutto nel
Regno Unito, dove siamo già presenti
con altre etichette. Da questo punto di
vista, produrre conto terzi è un enorme vantaggio: ci consente di sondare
19 -HT
il terreno a monte, prima di lanciare il
nostro marchio in un nuovo mercato.
Le strategie in atto
Guanci. Quando entrai in azienda
due anni fa, tra i miei mandati c’era
lo sviluppo dei canali social, un orizzonte al quale mi accostavo da profano. Aprendo un dialogo diretto con
Facebook, mi sentii ripetere quanto
fosse prioritario totalizzare il maggior numero possibile di fun e quanto
mi sarebbe costato per ognuno. Ma
la vera domanda, alla quale nessuno
sapeva rispondere, era: quanto vale
un fun per quest’azienda? Quanto
business genera? Ho dovuto verificarlo di persona, in maniera empirica, inventando una campagna che
ho scelto di diffondere solo tramite
fb senza comunicarla alle agenzie.
Il risultato soprendente si riassume in ciò che ho chiamato “il moltiplicatore 1x100”: per ogni euro investito in pubblicità ne sono tornate
cento in ricavi. Il test ha fatto il giro
d’Italia come best practice, perché ha
permesso di misurare l’efficacia della
piattaforma a costi bassissimi, non in
astratto ma per Msc. In un anno abbiamo quadruplicato i fun, oggi oltre
2 milioni e 200mila, venduto migliaia di crociere e fatto della pagina fb
un luogo di incontro quotidiano per
tanti crocieristi o aspiranti tali, posizionandoci in termini di engagement
tra i primi dieci brand del Paese. Non
solo: poiché il flusso su social network
generava un numero di interazioni e
richieste commerciali difficile da gestire direttamente, abbiamo portato
le agezie di viaggio sulla nostra pagina
fb aprendo una vetrina dedicata, Msc
Social Partner, un market place virtuale dove i fun possono domandare
e ricevere una consulenza a 360° che,
non di rado, si conclude con la vendita in negozio. Dal virtuale al reale,
dove l’uno non minaccia ma supporta
l’altro: in poco tempo abbiamo avuto moltissime richieste, con un tasso
di conversione in acquisto del 20%.
Piscetta. L’Italia ha fatto da Paese pilota nel lancio di DraughtMa-
L’ECO DELLA FORMAZIONE
ster™grazie al lavoro di gruppo che ha
coinvolto l’intera filiera, dalla produzione alla rete distributiva. L’assoluta novità del sistema ha richiesto un
approccio commerciale diverso: non
si trattava semplicemente di vendere l’ultima birra nata ma di veicolare
mica del Paese, per entrare poi nello
specifico del nostro settore, studiando
gli assortimenti presenti, i competitor
e le loro best practice sui prodotti di
punta. Infine, indaghiamo i consumatori locali attraverso usage and attitude analysis su campioni di popo-
sima Oltralpe. Ogni linea di prodotto
ha una sua etichetta con varianti di
dettaglio, che mantengono comunque una coerenza e una riconoscibilità rispetto all’immagine Polli tradizionale. Al di là delle promozioni o
dei fuori banco in espositori vetrina, il
marketing ha supportarto l’operazione di lancio con mezzi più economici ma altrettanto efficaci rispetto alle
tradizionali strategie di comunicazione, come sampling di prodotto, degustazioni nel punto vendita e il sito
internet: essendo un’azienda familiare, Polli non dispone di budget pubblicitari importanti e deve ottimizzare il più possibile le risorse che ha.
Le best practice
Manuela Polli
un progetto innovativo, in un mercato conservatore, occorreva quindi proporsi al canale Ho.re.ca come
veri e propri consulenti, in grado di
trasmettere, sì, le competenze legate
alla tecnologia, ma anche la sua filosofia e il suo valore aggiunto. Con
la forza vendita abbiamo lavorato
in una duplice ottica formativa, dedicando una prima fase di training
all’acquisizione degli aspetti tecnici
della macchina; e una seconda fase,
anche attraverso simulazioni, role
play e attività di sperimentazione,
più orientata alle tecniche di vendita e alle competenze relazionali necessarie a motivare il progetto. Una
volta compresi i benefici, la risposta
del mercato ci ha premiati: più di
15mila punti vendita hanno adottato DraughtMaster™ e oltre 3mila nel
formato più grande, Modular 20.
Polli. Da un punto di vista metodologico, l’approccio seguito per il debutto fracese è lo stesso che applichiamo a tutti i mercati internazionali.
Partiamo da un’analisi macroecono-
lazione rappresentativi, valutandone i
gusti, le abitudini alimentari e il gradimento dei nostri prodotti, nel caso
francese, soprattutto salse: in ottica
di internazionalizzazione, infatti, una
decina d’anni fa Polli ha diversificato
la produzione rispetto al proprio core
business, sottoli e sottaceti, un genere meno frequentato all’estero, per
lanciare linee di sughi e condimenti
pasta che funzionano molto bene e ci
vengono richieste anche da altre insegne della Gdo. Concept e product
test hanno evidenziato preferenze
specifiche anche a livello di immagine, dalla tipologia di vaso all’etichetta:
un’agenzia francese specializzata ha
condotto interviste door to door, facendo provare ai consumatori diverse
tipologie di ricette e di creatività per
il packaging. Avevamo studiato tre o
quattro vesti differenti e ne è emersa una vincente che richiama molto
il made in Italy, con le immagini dei
nostri principali monumenti: la cupola di San Pietro, il Duomo di Firenze,
Sant’Ambrogio, ecc. Un po’ eccessiva
per il gusto tricolore, ma apprezzatis20 -HT
Guanci. Nelle nostre strategie di
marketing non abbiamo mai smesso
di perseguire due obiettivi: differenziazione e reason why. Perché il cliente, anche quello che non ha mai considerato l’opzione crociera, vada in
agenzia a comprare il nostro prodotto, devo proporre un’esperienza ben
distinta da quella dei competitor e
creare il giusto appeal, il “Why Msc”,
basato su tre pilastri: relax, scoperta
e divertimento. La Nave dei giovani
è un esempio concreto di come sia
stato possibile sviluppare entrambi i
requisiti, evolvendo il concetto classico della crociera a tema, punto di
forza dell’offerta Msc. È una formula
che funziona bene grazie a contenuti
accattivanti per un target specifico,
ma anche molto impegnativa in termini di risorse dedicate, soprattutto
perché in una sola settimana si esaurisce tutto lo sforzo di pianificazione.
Abbiamo quindi pensato di estendere
il tema alla nave: il programma, studiato su misura per il target 18-34
anni, si replica tutte le settimane per
i diversi mesi di un itinerario ad hoc,
consentendo di diluire le vendite su
un arco temporale più lungo e sviluppare partnership più complesse
che fungono da endorcement, per
esempio con Radio 105 l’anno scorso
o Mtv quest’anno. È stata la campagna più riuscita del 2013, soprattutto
sui social: è diventata la prima success
story italiana di Twitter, con 11mila
follower superati in poco tempo e un
altissimo tasso di engagement, grazie
a un hashtag dedicato e alla proiezione di tutti i twitt sullo screen wall della piscina, così che i crocieristi potessero comunicare in tempo reale con
gli amici a terra e viceversa. Il motto
su fb era: “Conosci i tuoi amici prima
di partire”. Attraverso il calendario
degli eventi, 17.500 ragazzi hanno dichiarato di salpare a bordo della Nave
dei giovani, intrattenendosi in rete
con coloro che avevano scelto le stesse date di imbarco. Inequivocabili i risultati commerciali: abbiamo raddoppiato le prenotazioni totali e triplicato
la presenza degli under 35. Prossimamente lanceremo la Nave della
scoperta in partnership con Focus.
Piscetta. L’entusiasmo per DraughtMaster™ è stato tale che oggi i nostri migliori testimonial sono i punti
vendita stessi, impegnati a promuoverlo con il passaparola. È una tecnologia che fidelizza molto e i locali
confermano di vendere di più perché
la qualità è percepita dal consumatore finale. Per mettere a valore i casi di
maggior successo, abbiamo coinvolto
i gestori in testimonianze e filmati
da utilizzare nella nostra formazione
interna raccontando l’esperienza del
“Drink different”. Un concetto diffuso anche attraverso un sito dedicato,
dove caricare fotografie e condividere
best practice che traducano nella customer experience il mondo DraughtMaster™ e la consapevolezza di cosa c’è
dentro al bicchiere: qualità, alta tecnologia, rispetto per l’ambiente. Insieme ad alcuni locali abbiamo anche
organizzato sessioni formative per il
loro personale, perché chi serve la birra fa la differenza se riesce a trasmettere questa nuova cultura del bere.
Polli. In un momento in cui tanti
mezzi di comunicazione e i numerosi
anelli della filiera tendono a spersonalizzare la relazione, occorre recuperare il rapporto con il consumatore
finale, creando attorno al marchio un
mondo valoriale nel quale possa rico-
noscersi e sentirsi ingaggiato. Particolarmente riuscita in questo senso è
l’iniziativa del Polli Cooking Lab, che
ha un riscontro di pubblico e di visibilità mediatica sempre maggiore. Si
tratta di un osservatorio online sulle
tendenze alimentari, in cui andiamo
a intervistare grandi chef, trend setter
ma anche gente comune, per capire
cosa e come si cucina oggi, soprattutto in vista di ricorrenze particolari
come il Natale, la Pasqua, san Valentino, la festa della donna, ecc. Attraverso il sito, il blog e la pagina fb,
pubblichiamo i trend del momento,
condividiamo suggerimenti e ricette, gli utenti possono postare le foto
dei loro piatti, raccontare esperienze
tra i fornelli o fare domande ai nostri
esperti. Funziona molto bene perché,
veicolando il mondo Polli in maniera indiretta, coinvolge i consumatori
e allo stesso tempo offre argomenti sfiziosi alle testate giornalistiche.
La richiesta alla formazione
Guanci. Disponendo dei presupposti infrastrutturali, credo che il learning on the job rappresenti oggi un
passaggio obbligato, soprattutto in
un mondo ancora inesplorato come
il social web marketing, che impone
ai neofiti di guardare molto alle case
history di successo e alle best practice reali. Mi pare che in quest’ambito
21 -HT
la formazione
abbia ancora
ampi margini
di crescita, soprattutto perché spesso, chi
ha competenze
specifiche nel
digital, manca
poi della necessaria familiarità
con le dinamiche e i vincoli
di una struttura aziendale,
mentre - vale la
pena ricordarlo
Giovanna Piscetta
- un’idea è valida solo quando
funziona nella
particolare realtà che la adotta. Per
quanto riguarda il commerciale e il
marketing più tradizionale, invece,
trovo che la dimensione formativa,
pur riconosciuta nel valore, venga
sempre un po’ sacrificata alle urgenze quotidiane e che demandarla alla
libera inziativa personale equivalga,
in ultima istanza, a non praticarla.
Mi sbilancerei nel dire che, in questo
caso, l’elemento coercitivo ha ancora
un suo senso e che sarebbe auspicabile introdurre momenti di apprendimento e verifica obbligatori, integrando didattica tradizionale e non.
Piscetta. In Carlsberg riteniamo
fondamentale operare sul doppio binario della concretezza e della sperimentazione. Concordo sull’utilità di
un lavoro che metta a tema casi reali,
il più possibile affini alla nostra azienda, sia in ottica di simulazione che di
approfondimento, magari attraverso
role play che consentano di comprendere meglio le logiche di mercato.
Penso, per esempio, a un’esperienza
recente di business game, ritagliata
sulla specifica realtà Carlsberg, che
ha permesso alla nostra forza vendita
e a diverse figure aziendali di toccare
con mano il vantaggio di una comunicazione trasversale fra aree e team
di lavoro. È il principio del learning
by doing abbinato alla customizza-
L’ECO DELLA FORMAZIONE
zione dell’offerta, a cui aggiungerei
un terzo elemento, decisivo ma non
sempre dichiarato nel piano formativo: la misurazione dell’efficacia. È
necessario che, già in fase di progettazione, siano messi a fuoco gli strumenti di verifica ed eventuale correzione delle attività in programma.
Polli. Credo che la formazione sia
fondamentale in qualunque ambito, soprattutto in un mondo veloce
e dinamico come quello attuale, che
impone il continuo aggiornamento
delle competenze. Detto questo, l’area
commerciale e marketing mi pare la
più complicata: approcciando mercati stranieri, infatti, si ha a che fare con
una complessità sempre crescente sia
in termini di referenze che di target,
diversi per cultura, anagrafica, abitudini di consumo e comportamenti d’acquisto. Senza nulla togliere al
valore della formazione tradizionale, quindi, ritengo però che occorra fare molta esperienza sul campo.
Agli enti formativi, invece, chiederei
corsi meno accademici e più orientati alle case history, a best practice reali che offrano spunti concreti
al nostro business: mostratemi casi
di successo che possano ispirarmi.
MSC CROCIERE
Con 16.300 dipendenti e oltre 11
milioni di viaggiatori già ospitati a
bordo, MSC Crociere è leader nel
Mediterraneo, in Sud Africa e in Brasile, vantando la più giovane flotta del
comparto, composta da 12 navi appartenenti alle tre classi “Fantasia”, “Musica” e “Lirica”, che solcano i mari di
tutto il mondo, con un’ampia gamma
di itinerari stagionali nel Nord Europa, nell’Oceano Atlantico, nei Caraibi, nelle Antille Francesi, nel Nord
e Sud America, nell’Africa del Sud,
in quella Occidentale, nelle Canarie
e negli Emirati Arabi Uniti, per un
totale di 209 porti visitati ogni anno.
Con la commessa miliardaria affidata
ai cantieri navali Saint-Nazaire - STX
France per la costruzione di due nuove navi di classe Vista, le più grandi
mai realizzate da un armatore europeo (315 x 43 metri), MSC Crociere
espanderà la sua capacità passeggeri
del 31%, arricchendo l’offerta a bordo
con tante nuove opzioni di intrattenimento. È l’unica Compagnia ad aver
ricevuto le “7 Golden Pearls” dal Bureau Veritas a riconoscimento dell’alto livello di gestione qualità e della
tutela ambientale, a cui si aggiungono le certificazioni ISO 9001 e ISO
22000, oltre all’impegno in politiche
di Csr, che vedono la compagnia al
fianco dell’Unicef nel sostegno a minori in difficoltà. www.msccrociere.it
CARLSBERG ITALIA
Carlsberg entra nella storia della
birra italiana quando, nel 1975, sigla un accordo con uno dei maggiori
produttori nazionali, Industrie Poretti, per la produzione e commercializzazione dei due marchi Tuborg
e Carlsberg (storiche aziende danesi
che si fondono nel 1970). Nel 1998, il
nome del gruppo italiano viene cambiato in Carlsberg Italia e nel 2002 la
proprietà diventa totalmente danese. Nel rispetto dei valori di Angelo
Poretti e delle “Golden Words” (la
filosofia del fondatore J.C. Jacobsen:
«Sviluppare l’arte di produrre birra al
massimo grado di perfezione, a prescindere dall’immediato profitto»),
Carslberg Group è oggi la 4° potenza mondiale del settore, presente in
più di 150 mercati con oltre 41mila
dipendenti, mentre Carlsberg Italia
produce nello stabilimento di Induno Olona (VA), oltre 1 milione di
ettolitri di birra all’anno coi marchi
Carlsberg, Carlsberg Elephant, Carlsberg Special Brew, Tuborg, Birri22 -HT
ficio Angelo Poretti, Kronenbourg
1664, Grimbergen, Holsten, Tucher
e Feldschlösschen. Nel 2011, il gruppo ha dato vita a una vera e propria
rivoluzione, sviluppando e lanciando
DraughtMaster TM Modular 20, il
nuovo sistema di spillatura che utilizza i fusti in PET al posto dei tradizionali in acciaio e che non utilizza
CO2 aggiunta. www.carlsbergitalia.it
F.LLI POLLI SPA
Nata nel 1872 grazie allo spirito imprenditoriale di Fausto
Polli, la F.lli
Polli è ben
presto divenuta azienda
leader
nel settore
delle
conserve vegetali, confermandosi oggi
uno dei player italiani più competitivi nel mercato dell’agro-alimentare nazionale e internazionale.
Il controllo di tutta la filiera produttiva, l’accurata selezione delle materie
prime, i sistemi evoluti di confezionamento e una vasta gamma di prodotti
tipici della tradizione tricolore, sono
la chiave di un solido e costante sviluppo, al di qua e al di là dei confini
nazionali: con 33 marchi venduti in
oltre 40 Paesi, l’azienda Toscana, guidata oggi dalla sesta generazione di famiglia, ha chiuso il 2013 con fatturati
in salita del 5,7%, pari a 70,5 milioni di
euro, e un export in crescita del 18.4%.
Grazie ai tre moderni stabilimenti
(due in Italia a Monsummano Terme
ed Eboli e uno in Spagna) e ai suoi
150 dipendenti, l’anno scorso la F.lli
Polli ha prodotto 60 milioni di vasi
(+7.6% rispetto al 2012), 8 milioni di
vaschette, lavorato circa 22mila tonnellate di verdure (+7.9%), per volumi totali superiori ai 220mila quintali.
Recente il debutto sul mercato francese, che affianca il successo già ottenuto in mercati altrettanto strategici
come la Svizzera e l’Inghilterra, rispettivamente per il Marchio Polli e
per le Private Label.
www.polli.it
L’ECO DELLA FORMAZIONE
I CITTADINI E IL RISPETTO
DELLA PRIVACY
A cura di Giovanni Piscitelli
L
a sicurezza e la videosorveglianza sono regolate da una
normativa che, con grande fatica, cerca di coniugare il rispetto della persona con il bisogno sempre crescente
di nuove e più sofisticate tecnologie
relative sia alla videosorveglianza sia
ai sistemi di diffusione dei dati personali attraverso la rete informatica.
La nostra Costituzione all’articolo 15 statuisce che: “la libertà e
la segretezza della corrispondenza
e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. La disciplina della tutela della riservatezza,
quindi, è di primaria importanza
in tutti i settori della vita lavorativa; la normativa riguarda il mondo
del lavoro sia privato sia pubblico, e
consiste nel codificare l’insieme delle regole con lo scopo di applicarle
in concreto perché siano rispettate da tutti i soggetti interessati.
Occorre dire che una particolare attenzione viene riservata ai dati giudiziari e ai cosiddetti dati sensibili, cioè
a quelli personali idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro
genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od
organizzazioni a carattere religioso,
filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare
lo stato di salute e la vita sessuale.
Così come la videosorveglianza deve essere utilizzata correttamente nell’effettuare riprese di
persone, con video camere, che
ben volentieri, vorrebbero mantenere la propria riservatezza.
Riprendendo il concetto di “privacy” è importante accennare alle
complesse implicazioni etiche relative all’estendersi dei test diagnostici in
un campo quale quello medico- assicurativo o riguardante l’assunzione di
personale nel mondo del lavoro.
L’argomento è molto complesso
e mette in discussione, il ruolo del
medico legale che, se da una parte,
A cura di
come medico, è tenuto al giuramento di Ippocrate che lo vincola al segreto pro-fessionale, d’altra parte, in
molti casi, lavorando egli su commissione non già del paziente ma di
una compagnia di assicurazione, è
obbligato a violare questo segreto.
Per restare ancora nell’ambito
sanitario è il caso di porre l’accento sul fatto che non è permessa la
diffusione d’immagini di persone
ammalate ad eccezione del moni23 -HT
toraggio dei pazienti ricoverati in
reparti particolari come la rianimazione, ma l’accesso alle immagini è
consentito solo al personale sanitario ed ai familiari dei ricoverati.
La cartella clinica, di natura dichiarativa, la cui redazione è obbligatoria, ha la funzione di garantire
la piena tutela della salute e la sua
riservatezza, costituendone una
fonte documentaria per le ricerche
storico-documentali, permettendo
una comparazione tra casi simili,
perché costituisce la testimonianza
formale dell’operato del medico.
Il direttore sanitario è competente al rilascio della cartella, gli
aventi diritto ad ottenerla sono: il
paziente o persone fornite di delega
espressa, gli eredi naturali, l’Autorità giudiziaria, gli enti previdenziali al fine di consentire l’assistenza
di loro competenza al paziente.
Ritornando alla riservatezza mi
preme sottolineare come il pro-cesso
di profonda trasformazione dovuto allo sviluppo di nuove tecnologie
telematiche ed informatiche che, se
da un lato stanno rivoluzionando
in modo positivo molti settori della
nostra società, potenziando e migliorando la quasi totalità delle attività,
dall’altro ampliano il conflitto tra
il libero flusso delle informazioni e
la riservatezza della vita privata.
E’ necessario trovare un equilibrio tra il diritto del singolo alla
tutela della propria sfera personale e la libertà di procedere ai trattamenti di dati nel pieno rispetto
della normativa di riferimento.
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Intervista a Antonio Sabbatella Presidente dell’Istituto di Studi europei
“Alcide De Gasperi”.
UNA FORMAZIONE
PROFESSIONALIZZANTE E
CERTIFICATA PER COGLIERE
LE OPPORTUNITA’
DELL’EUROPA
A cura di S. Airoldi
I
Antonio Sabbatella
24 -HT
talia-Europa, il contdown di
avvicinamento al 1° luglio
ha cominciato a battere i rintocchi,
avvicinando il Tricolore al semestre di Presidenza dell’Ue. Un’occasione per portare a Bruxelles le
esigenze reali di un Sistema Paese
ancora profondamente prostrato
dalla crisi e che, nonostante i deboli
segnali di ripresa, stenta a far ripartire il mercato del lavoro. Un’occasione per accendere i riflettori
sui temi caldi dell’impiego e della
formazione, dove l’uno non decolla senza l’altra, e per non perdere il
treno delle opportunità occupazionali rappresentate dalla piattaforma
europea: due milioni di posti di lavoro non assegnabili per mancanza
di professionalità, Italia in testa alla
contabilità del paradosso. Un’occasione, infine, per ripensare a una
formazione, sia rivolta alla pubblica amministrazione sia al privato,
che ricalchi realmente un indirizzo
internazionale, «aspetto sul quale l’Italia è ancora un po’ deficitaria», dice Antonio Sabbatella, classe
1953, una lunga carriera da dirigente alla Presidenza del Consiglio dei
ministri e Presidente dell’Istituto di
Studi europei “Alcide De Gasperi”.
«Il nostro Paese continua a peccare di provincialismo nella formula,
sempre troppo sbilanciata a favore
dei contenuti teorici a scapito di
una formazione professionale pratica, in grado di sviluppare realmente
gli atout e le performance del lavoratore», dice il Presidente dell’Istituto fondato a Roma nel 1953
da De Gasperi, per la promozione
delle discipline attinenti la cooperazione e l’integrazione in Europa, che dal 1956 opera anche come
Scuola di perfezionamento postuniversitaria in Studi Europei.
Dottor Sabbatella, come si
supera il provincialismo e quali
istanze sono da portare in Europa,
secondo lei, per evolvere il sistema
della formazione professionale?
Per quanto riguarda il pubblico,
occorre innanzitutto predisporre
dei piani formativi seri e regolari,
facendo un po’ di pulizia nel mare
magnum di corsi che sono tali solo
sulla carta. In Italia, per esempio, la
preparazione dei funzionari e dirigenti che vanno a lavorare a Bruxelles o presso le varie amministrazio-
ni è tutt’ora molto povera. Vince la
tendenza a promuovere iniziative
spot, che nascono e muoiono con la
circostanza che le ha generate, per
esempio il semestre europeo, ma che
non si traducono in visione strategica di lunga durata. Discostandosi,
per altro, in maniera sensibile dalla
formazione erogata negli altri Paesi,
molto meno accademica e molto più
orientata agli aspetti applicativi.
La vera svolta sarebbe l’istituzione di uno standard europeo valido per tutti gli Stati dell’Ue: non
parlo solo delle lingue ma della formazione professionale tout court,
così che il lavoratore formato a
Bruges, a Saint-Jean-de-Maurienne
o in un land tedesco, sia ugualmente qualificato da un unico sistema
di certificazione, riconosciuto in
tutto il territorio dell’Unione.
È un percorso lungo ma necessario, in grado di aprire possibilità professionali enormi non solo
per i giovani che potranno beneficiare di un titolo spendibile su
un mercato più ampio, ma anche
per l’azienda che potrà ampliare il bacino di reclutamento con
maggiori garanzie di qualità.
25 -HT
Anche perché oggi non ci si misura più con il competitor della città vicina ma del Paese vicino…
E persino oltre. La Cina, per
esempio, sta investendo moltissimo
in formazione, sia professionale sia
tecnico-amministrativa per la dirigenza pubblica, e hanno raggiunto
standard di primissimo livello, con
scuole e programmi molto mirati.
Fino a qualche tempo fa, l’Europa
poteva vantare la leadership grazie
a istituti di grande prestigio, ma
oggi è chiaro che anche in questo campo il futuro è in mano alla
Cina e all’India, non a caso i due
paesi che traineranno la politica
economica dei prossimi anni.
Si alza il livello della competizione ma si aprono anche nuove opportunità. Come può l’Italia giocare al meglio le proprie carte?
Una formazione certificata, non
generalista ma mirata alla reale domanda europea, insieme a un’attenta verifica della ricerca applicativa,
è l’anticamera verso nuovi mercati, nuove possibilità per l’impiego.
Non dobbiamo dimenticare che il
diritto al lavoro, alla sicurezza sul
L’ECO DELLA FORMAZIONE
lavoro e alla libera circolazione
dei lavoratori hanno rappresentato uno dei cavalli di battaglia nel
percorso verso l’Europa unita, dal
Trattato di Roma, ad Amsterdam,
fino a quello di Lisbona. Ma se non
formiamo professionisti secondo
standard europei, le nostre risorse
non potranno mai competere con
quelle tedesche o francesi e questi diritti rimarranno sulla carta.
Quali sono, secondo lei, gli strumenti utili a orientare la formazione in senso professionalizzante?
Prima di tutto occorre modificare la strategia, mantenendo la formazione accademica come punto di
svolta ma non come pietra angolare
della preparazione professionale.
I docenti vanno selezionati dal lavoro per il lavoro, tra i profili e le
professionalità che nei singoli settori si sono dimostrati vincenti: se
devo preparare gli idraulici di domani non chiamerò l’accademico
esperto in meccanica dei fluidi ma il
miglior idraulico su piazza, magari,
istruendolo prima all’insegnamento
e alla gestione di un’aula. È un cambio di rotta che abbiamo operato
innanzitutto all’Istituto De Gasperi, introducendo nel corpo docenti,
composto fino a qualche anno fa
solo da professori universitari, molti professionisti, esperti e dirigenti
in grado di imprimere all’insegnamento un taglio molto più applicativo: non ha senso spiegare che cosa
sono gli aiuti di Stato, ma come
ottenerli, forse, sì. E chi può farlo
se non il funzionario competente?
Nel nostro master in Studi Europei,
abbiamo scelto di impostare la didattica sulla componente di esercitazione pratica, dando per acquisite
certe basi teoriche, a differenza di
molte scuole che dovrebbero essere professionalizzanti ma che tendono invece a replicare, all’infinito
le stesse nozioni accademiche.
Servono, quindi, scuole di
formazione per formatori?
Sì, di indirizzo molto pratico.
In secondo luogo, bisogna individuare le professionalità di interesse e le opportunità lavorative rese
disponibili dall’Europa. E ce ne
sono davvero tante, solo che sono
poco pubblicizzate: a questo livello mancano sia la preparazione sia
l’informazione, se non in nicchie
di mercato altamente specializzate, note ai pochi già introdotti.
Dovremmo tutti cambiare prospettiva: la formazione non può
essere semplicemente una ghiotta occasione di guadagno, come
è stata in passato per molti enti e
scuole, ma la possibilità reale di
ampliare il mercato su base internazionale; l’Ue e i singoli Stati devono fare la loro parte, mappando
le chance di impiego per settori
professionali e promuovendole
con maggior convinzione, nell’interesse di tutti. Altrimenti diamo
ragione agli euroscettici quando
parlano di un’Europa dei burocrati, incapace di guardare al singolo
e di tutelarlo in una prerogativa
tanto importante come il lavoro.
Ma non è questa l’eredità di De
Gasperi, Schuman e Adenauer,
che ci hanno consegnato invece un’Europa entusiasta e capace
di guardare al futuro, un’Europa
delle possibilità, compresa quella di crescere professionalmente.
Occorre recuperare questo patrimonio ideale. Pena la perdita di
credibilità di un’istituzione che,
in passato, ci ha portato garanzie
e tutele, ma che oggi viene percepita dalle nuove generazioni come
qualcosa di profondamente estraneo. Noi, come Istituto De Gasperi
abbiamo in previsione una serie di
attività di formazione/informazio26 -HT
ne nelle scuole secondarie di primo grado per raccontare ai ragazzi
cos’ha significato l’Europa unita e
trasmettere l’importanza degli studi
in questo settore; ma le istituzioni devono alzare il tiro. Penso, per
esempio, all’ipotesi irresponsabile
di tagliare i fondi per l’Erasmus.
Al di là delle bufere di questi
giorni, ritiene che l’Expo 2015
possa rappresentare un’opportunità per i giovani e per il lavoro?
Intanto, mi auguro che gli scandali attuali non cannibalizzino tutto ciò che di buono è stato fatto per
mettere in piedi la candidatura, prima, e per ottenere l’assegnazione,
poi, anche contro il parere contrario di tanti stati esteri. Molte energie sane sono state spese, molte altre
se ne spenderanno, ma sono convinto che, in questo settore dell’agricoltura, l’Italia abbia un ruolo
da giocare. Purché non si adagi
sul proprio background culturale e
professionale, senza mettere in cantiere l’aggiornamento delle competenze, lo studio e il confronto con
il mondo che bussa alla porta. Nel
2000, andammo in Cina per formare alcuni funzionari sulle strategie
di commercializzazione delle derrate agricole; oggi potrebbero insegnarci loro il mestiere. Al di là delle
opportunità di lavoro dirette, quindi, credo che il valore dell’Expo stia
nella possibilità di dialogare con realtà che forse sottovalutiamo, come
il Brasile o il Perù. Ci stupirà, per
esempio, l’evoluzione straordinaria
di tante tecnologie agricole sviluppate: occorre prestare attenzione
e farne tesoro. Soprattutto perché,
ripeto, la lotta alla disoccupazione
si vince dando ai lavoratori la possibilità di spendersi sul mercato internazionale e certificando che l’italiano è qualificato tanto quanto il
collega inglese, francese o tedesco.
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L’ECO DELLA FORMAZIONE
Intervista a Dr. Franco Raffo responsabile dello sviluppo rete di Power
Training Franchising
i vantaggi del
franchising della
formazione
A cura di F. Sala
Franco Raffo
U
na recente ricerca condotta
da Assofranchising rileva ,
in questa congiuntura, un aumento
di richieste relative all’avvio di aziende di franchising poiché è sempre più
difficile trovare un posto di lavoro fisso e come tale molti stanno valutando
di entrare nel mondo imprenditoriale
con la formula del franchising . A tal
proposito Human Training ha intervistato il Dr. Franco Raffo responsabile dello sviluppo rete di Power Trai-
ning Franchising.
Dott Raffo quali sono i vantaggi
del franchising per l’imprenditore?
Nell’avvio dell’attività l’imprenditore può beneficiare di marchio
già introdotto e noto sul mercato e
della sinergia di una rete relazionale
e commerciale già costituita. Inoltre
l’imprenditore utilizzando il nostro
know-how può ottenere la riduzione
del rischio di insuccesso e di perdita
28 -HT
dell’investimento.
Il sistema di franchising già collaudato sul mercato e l’assistenza da
parte della casa madre assicurano
l’autonomia professionale. Specialisti
esperti del sistema sono a supporto
della rete e pertanto dell’imprenditore per evitare i tipici errori iniziali
e concentrarsi completamente alla
promozione delle vendite nella fase
di startup. Anche nelle fasi successive
all’avvio dell’attività il know-how del
franchisor tornerà utile al franchisee
per evitare errori e rischi. Attraverso
la divisione del lavoro il franchisee
può dedicarsi completamente alle
richieste ed alle esigenze della clientela, invece di sprecare tempo con altri
impegni.
vità di tutti i partner del sistema, ne
aumenta la forza e l’efficacia. Al fine
di aumentare l’efficienza viene promosso uno spirito di squadra perfettamente funzionante, mettendo
in moto una dinamica propria che
entusiasma tutti i partecipanti al si-
Unicità del marchio
Il Gruppo Power Training, unico nel
suo genere, vanta una caratteristica
distintiva molto forte, poiché si presenta sul mercato in modo sistemico,
attraverso un mix di attività di comunicazione e organizzazione di eventi.
In effetti è il solo ad organizzare due
fiere di settore: ExpoTraining – la
fiera della formazione- ed ExpoLavoro&Sicurezza- la fiera del lavoro e
della sicurezza- inoltre è editore della
testata giornalistica specializzata nella formazione Human Training. Tali
elementi permettono numerosi vantaggi del marchio già noto e consolidato. Già nella fase di start up il marchio sarà d’aiuto nel superare barriere
d’ingresso al mercato e nel trovare un
accesso nel mercato stesso. Far parte
della nostra rete, significa godere della fiducia, della notorietà ed un’immagine positiva che il mercato ascrive
al Gruppo Power Training.
L’ organizzazione della rete di
franchising.
Power Training coordinando l’atti-
stema. Lo scambio di esperienze e
l’assistenza continuativa da parte del
franchisor, inoltre, aiutano i singoli
franchisee a superare con successo
anche le più difficili fasi di sviluppo
dell’attività.
Quali sono le caratteristiche
dell’offerta del franchising di Power
Training?
Il nostro sistema di franchising, oltre a trasferire l’idea di impresa, comprende anche la spiegazione di come si
intende attuare tale idea ed una spiegazione del pacchetto di prestazioni
che viene messo a disposizione del
franchisee. Le basi dell’offerta sono:
Piano di impresa nel franchising.
Il piano di impresa definisce in maniera chiara le modalità con cui si
debba realizzare un’idea di impresa .
Diritti di tutela nel franchising.
Il pacchetto include il diritto di usufrutto dei diritti commerciali di marchio per la durata del contratto.
Assistenza continua nella gestione
del punto vendita.
29 -HT
Un sistema integrato è a disposizione per l’affiliato già nelle prime fasi
dell’attività svolgendo in particolare:
analisi dell’ubicazione, definizione del
piano di marketing territoriale, procedure organizzative, amministrative,
acquisizione di grandi clienti, assicurazione della qualità e nel controlling.
I piani di formazione.
Un’intensa attività di formazione e
aggiornamento alla preparazione del
franchisee e dei suoi dipendenti è finalizzata, a conoscere il know-how
e gli standard qualitativi del franchisor. Per molti franchisee si tratta della
prima volta che intraprendono un’attività imprenditoriale e una prima
volta che entrano nel mercato della
formazione; proprio per tale ragione
la preparazione deve essere completa
e dettagliata. Al fine di trasmettere
tutte le conoscenze, la partecipazione
alle attività di formazione è obbligatoria. Inoltre tale attività garantisce un
interscambio di esperienza tra i membri della rete.
Il franchising Power Training è
adatto a persone senza conoscenze
specifiche nel settore?
Non lasciamo solo il nostro partner! Questa è la filosofia del progetto
voluta dal cav. Barberis fondatore del
Gruppo.Una formazione intensa prima dell’inizio dell’attività e corsi di
aggiornamento e assistenza diretta sul
campo durante l’attività sono i principi su cui si basa la nostra formula.
Quindi, il franchising è sicuramente
adatto anche a persone senza conoscenze specifiche nel settore.
I requisiti personali, le esperienze lavorative, le condizioni finanziarie del
candidato imprenditore devono essere sincrone al profilo del nostro affiliato pertanto, al fine di evitare errori,
vengono rilevate, in sede di selezione
le seguenti caratteristiche:cultura universitaria del candidato, la conoscenza
delle logiche organizzative aziendali,
una forte caratterizzazione commerciale, la disponibilità finanziaria.
L’ECO DELLA FORMAZIONE
Suor Anna Monia Afieri parla del progetto scuola di Expo 2015
La scuola nutre la
famiglia e i valori.
A cura di Suor Anna Monia Alfieri
Suor Anna Monia Alfieri
C
he cosa significa veramente
essere sede dell’Expo? Le
recenti vicende italiane manifestano
che la smania di accaparrarsi l’affare
non paga: gli scheletri prima o poi
saltano fuori dagli armadi e i “loschi
affari” vengono smascherati.
Speriamo, a un certo punto, di
esaurire tutti i tentativi di corruzione, imbroglio, malversazione, e di
procedere sulla strada dell’organizzazione, della gestione, della trasparenza. Finchè certe cose avvengono
tra le “quattro mura” di Casa Italia si
può anche far finta di niente; quando però si è chiamati in vetrina da-
vanti all’Europa e al Mondo, allora
occorre riflettere. “Chi è” veramente
l’Italia - Nazione? l’Italia - Popolo?
L’Italia - Cultura? L’Italia - Bellezza?
L’Italia - Diritto?
Quali aspetti del suo “essere” saranno esportati con maggiore successo, diciamo pure, “venduti” con più
profitto?
Il Bel Paese è alla prova del fuoco – o del “cuoco”, se intendiamo che
possa essere fagocitato dai problemi…- che ormai dura da troppo tempo. In particolare, la sofferenza è data
dall’instabilità, dall’aggressività della
vita politica, dal degrado del contesto
civile, soprattutto in quell’Italia “Mi30 -HT
nor” che è sempre stata specchio di
eccellenza e di fascino anche nei secoli bui del medioevo…
Occorre comprendere dove stiamo andando e soprattutto quali strumenti abbiamo, come Nazione, per
“non andare dove non dobbiamo
andare”, a dirla nello stile del celebre
Totò.
Il tessuto civile è frutto di secoli
di lavoro, riflessione, esperienze, creatività, cultura. Questo l’Expo deve
mostrare all’Europa e al Mondo. E’
l’essenziale.
Ce lo stiamo giocando. Quale intelligenza è sottesa all’educazione,
alla formazione delle giovani generazioni? Quale strategia è posta in essere dalle Istituzioni (Stato, Chiesa…)
affinchè il buono, il bello, il vero che il
Paese ha espresso nei secoli continui
ad alimentare la vita sociale, culturale, politica delle generazioni a venire?
“Oggi la crisi epocale che coinvolge
l’Europa rimette in discussione tutte
le nostre conquiste. Per questo bisogna impegnare le forze migliori per
proporre nuovi modelli di sviluppo,
sia a livello locale che nazionale, per
ridare un futuro ai nostri figli.” (Primo Gonzaga, economista). Ogni macro-sistema è frutto di micro-cellule
che – se indebolite o malate, portano
al collasso. La cellula prima è la persona e il suo humus è la famiglia.
E’ indubbio che la famiglia, per
esistere, debba essere al cuore di una
rete di rapporti, relazioni, sostegni,
incentivi, che hanno senso in quanto le danno vita e ne alimentano i
componenti: le persone. La scuola è
in stretta interdipendenza con questa
cellula della società; rappresenta per
la famiglia il pilastro della speranza,
l‘apertura al futuro, il necessario strumento del nucleo familiare alla propria crescita materiale, morale, spirituale. Sono concepite – ab ovo, dalla
nebbia dei tempi
- l’una come supporto strutturale
dell’altra e la crisi
dell’una inevitabilmente si ripercuote sul destino
dell’altra.
Non è un caso
che in Italia, da
alcuni decenni, la
crisi della famiglia
e della scuola abbia subìto un’accelerazione e come
un avvitamento su
di sé: al fondo di
questa grave difficoltà, che rischia
di pregiudicare l’esistenza dell’una e
dell’altra, lo sguardo attento coglie il punto di rottura,
o la chiave di volta che sta per cedere:
alla famiglia non è garantita quella libertà di scelta del proprio futuro che
le compete in quanto tale, a prescindere dai dettati legislativi e – meglio
– a fondamento del proprio essere. La
famiglia è il regno della libertà, a partire dal suo costituirsi (“famiglia per
forza” sono termini in contraddizione e… causa di nullità!) e nella luce
del suo futuro: i figli, concepiti e fatti
crescere, come sarebbe auspicabile,
nella piena libertà di formazione ed
educazione.
Di conseguenza, la scuola riflette e
si nutre della libertà insita nella struttura vitale della famiglia. E’ la fonte
della libertà di insegnamento e della
pluralità di offerta formativa, che sole
possono essere degnamente al servizio di persone libere.
Non è libera, la famiglia, di “far
crescere” i propri giovani secondo la
propria legittima visione della realtà,
in un ambito di valori civili. Lo Stato la ritiene non in grado di prendere
libere decisioni rispetto al futuro dei
propri figli. La famiglia è interdetta.
Paga le imposte per la scuola pubbli-
ca (di tutti), ma non può sceglierla.
La Costituzione italiana enuncia una
libertà che non è garantita. In Italia
lo Stato fornisce l’istruzione senza
considerare la libertà di scelta della
Famiglia, in quanto… evidentemente la ritiene “incapace di intendere e
di volere” nella facoltà di scegliere il
servizio scolastico pubblico, formato
da Scuole pubbliche statali e paritarie.
In Italia sceglie solo chi è ricco: paga
due volte, le imposte statali e le rette
scolastiche delle scuole pubbliche paritarie, inserite nel Servizio Nazionale
di Istruzione, ma inaccessibili al cittadino che paga le tasse. Questa è l’Italia
che si presenta all’Expo.
Cittadinanza attiva e dialogo interculturale sono aspetti sintetici della
31 -HT
personalità matura cui deve tendere
la libera formazione, nel rispetto delle
differenti matrici culturali e religiose,
il cui diritto al conseguimento è in
capo alla famiglia. Contributo, questo, ad affrontare le sfide che l’Europa
ha di fronte. Lo afferma Pietro Lorenzetti in “Liberi di educare alla libertà.
Modernizzazione dei sistemi educativi in Europa: il test della parità scolastica”, dove illustra come tutti i Paesi
Europei, ad eccezione della Grecia
e dell’Italia, garantiscano alla famiglia – ai genitori
e quindi agli stessi
figli - la libertà di
scelta educativa in
un pluralismo di
offerta formativa
pubblica, statale
e paritaria. Quei
Paesi che hanno
fatto della laicità
la propria bandiera, come Francia e
Spagna, ritengono
di dover garantire
la libertà di scelta
educativa in un
pluralismo educativo finanziando
con fondi adeguati anche la scuola
non statale, anche cattolica, assumendosi i costi del personale e, in alcuni
casi, anche del funzionamento e rendendo, in questo caso, davvero simbolico il pagamento di una retta.
Nei Paesi in cui le scuole non statali ricevono finanziamenti equivalenti a quelli delle strutture statali, la
frequenza alle scuole risulta del tutto
gratuita. In questo modo i cittadini,
senza discriminazioni di sorta in base
al tipo di scuola prescelto, pagano l’istruzione per i propri figli attraverso il
prelievo fiscale. E proprio questi, che
hanno con naturalezza garantito il
più elementare dei diritti riconosciuti
sono i Paesi dell’Unione Europea, che
vantano i minori tassi di abbandono
L’ECO DELLA FORMAZIONE
scolastico, sono quelli postcomunisti,
nei quali la parità è stata introdotta
in modo pieno: Slovenia, Slovacchia,
Repubblica Ceca, Polonia. Nessuna
scelta confessionale: per esempio la
Repubblica Ceca, come è noto, è definito il paese più ateo del mondo.
In che veste l’Italia si presenta,
attraverso Expo 2015, all’Europa e al
Mondo? Paese civile? Contraddictio
in terminis. Qui si inserisce la proposta di far parlare il costo standard
per ogni allievo della scuola pubblica
italiana, statale e paritaria. E’ questo
l’“anello mancante” alla possibilità di
ristrutturazione del sistema scolastico
pubblico. Ed è ormai anello ineludibile nella catena che sosterrà la libertà
di scelta educativa in una pluralità di
offerta. Europa docet.
Pur confermando l’assoluta necessità di individuare il costo standard – come voci autorevoli hanno
ribadito negli ultimi tempi – si ritiene
non sia sufficiente individuarlo. Ben
più complesso è agire in regime di costo standard. Affinché sia realmente
un anello che porta a compimento il
Sistema Scolastico Integrato occorre
intervenire a livello macro e micro.
Quali gli “interventi-macro”
funzionali?
1) Una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo
garante dello Stato; il che implica il
passaggio dello Stato da Gestore della
scuola statale e Controllore della
scuola paritaria a Stato Garante della
Scuola Pubblica;
2) la libera concorrenza tra le scuole,
in un sistema sano, domanda autonomia riconosciuta e garantita alla
Scuola Pubblica, con la conseguente
e necessaria
3) semplificazione e razionalizzazione del Sistema Scolastico.
Contemporaneamente occorre
agire sulla singola realtà scolastica. In
estrema sintesi gli “interventi micro”
da effettuare sono: 1) accompagnare
la singola scuola nei processi di rivisitazione degli assetti organizzativi e
amministrativi; 2) prevedere nuove
figure con competenze organizzativo-gestionali; 3) responsabilizzare la
direzione e l’organico sulla sostenibilità dell’attività educativa, sia in fase
di programmazione che di verifica.
Infine è necessario introdurre
degli indici di verifica. Verificare l’utilità–efficacia della spesa pubblica:
1) Efficienza: verifica interna ed esterna degli assetti organizzativi e dei
risultati conseguiti; 2) Efficacia: valu-
Suor Anna Monia Alfieri, si è laureata in Giurisprudenza nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2001. Ha conseguito
il Magistero di Teologia, indirizzo pedagogico-didattico presso l’Issr di Milano e la laurea
in Economia nell’Università Cattolica del Sacro
Cuore nel 2007. Dal 2007 è legale rappresentante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline.
Dal 2008 collabora per la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola
Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, nell’organizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza
scolastica) per gli Istituti Religiosi e per la docenza negli stessi. Dal 2011
è responsabile dell’ufficio regionale Scuola e Cultura Usmi Lombardia.
In quanto gestore di scuole paritarie ha maturato sul campo un’esperienza in amministrazione e riorganizzazione degli Istituti scolastici, messa
a servizio di varie Congregazioni. Esperta in legislazione scolastica dalla
Costituente, si adopera per la piena realizzazione di un pluralismo educativo, attraverso pubblicazioni, rubriche, articoli di specie. Dal 2012 Presidente Fidae Lombardia
32 -HT
tazione che controlla, misura e certificata la qualità; 3) misurazione degli
apprendimenti; 4) capacità di fare sistema. Individuato il costo standard
dell’allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, si
dia alla famiglia la possibilità di scegliere fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria.
Risultati: 1) innalzamento del livello
di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei diplomifici
e delle scuole che non fanno onore ad
un Servizio Nazionale di Istruzione
d’eccellenza quale l’Italia deve perseguire per i propri cittadini; 2) valorizzazione dei docenti e riconoscimento
del merito, come risorsa insostituibile
per la scuola e la società; 3) abbassamento dei costi e destinazione ad altri
scopi di ciò che era sprecato.
Si innesca cosi un circolo virtuoso che rompe il meccanismo dei tagli,
conseguenti a sempre minori risorse
(perché sprecate) che producono a
loro volta altro debito pubblico.
Il welfare non può sostenere altri
costi; non a caso il principio di Sussidiarietà, oltre ad avere una valenza
etica, è anzitutto un principio economico prioritario. A questo punto,
liberate le risorse, si potrà investire
nella valorizzazione e valutazione,
nell’innovazione e sviluppo. “L’esempio di altri Paesi in cui questo ideale è in atto basta a rassicurarci sulla
possibilità della sua realizzazione, e ci
conforta, e ci autorizza ad affermare
che, in ogni caso, quelle provvidenze
che verranno anche da noi escogitate al duplice fine di rendere effettivo
l’obbligo scolastico fino ai quattordici
od ai sedici anni, e di assicurare poi
ai più meritevoli la continuazione
degli studi nel campo della preparazione professionale o dell’alta cultura,
dovranno essere attribuite alla persona con piena ed assoluta facoltà di
utilizzarle in quella qualsiasi scuola,
pubblica o privata, nella quale essa
intende compiere la sua educazione.”
(dagli atti dei Costituenti).
L’ECO DELLA SICUREZZA
Expo 2015: nutrire il pianeta, energia per la vita
Sicurezza e salute delle
popolazioni e protezione
ambientale: elementi
vitali per il pianeta
A cura di Giancarlo Bianchi Presidente AIAS e V. Presidente CIIP
E
xpo2015, che si terrà a Milano dal 1° maggio al 31
ottobre 2015, rappresenta la favorevole occasione per riaffermare a
livello internazionale che il pianeta
per essere vitale, conservato e sviluppato in modo che permetta la sostenibilità delle presenti e future generazioni debba considerare come
elementi essenziali di ogni attività
il rispetto della sicurezza, della salute, dello stato di benessere fisico,
psichico e sociale delle popolazioni e debba garantire la protezione
dell’ambiente.
ExpoTraining, ExpoLavoro&Sicurezza in collaborazione con AIAS
hanno sviluppato un piano di comunicazione al fine di far diventare
la tale manifestazione, che si terrà
l’1, il 2 e il 3 ottobre di quest’anno
e il 3, il 4 e il 5 giugno nel 2015 in
Fiera Milano City, il salone internazionale come vetrina del Lavoro e
del Business Etico italiano nel mondo proiettato anche verso i paesi del
Mediterraneo e dell’Est Europeo.
Nel 2015 il salone sarà attuato
nel periodo e in collegamento con
Expo2015 e nell’ambito dei due saloni AIAS organizza la piazza del
Lavoro e del Business Etico sapendo
che la responsabilità sociale e la so-
stenibilità di un’organizzazione ha
come base reale la protezione della
sicurezza e della salute dei dipendenti e degli utenti/consumatori e la
conservazione dell’ambiente.
Per le istituzioni, le organizzazioni, le imprese, i sindacati, i pro-
Giancarlo Bianchi
fessionisti i rappresentanti dei consumatori è una buona opportunità
per istituire in, modo formale la filiera completa di tutte le organizzazioni che hanno un preciso e forte
ruolo per promuovere e realizzare
gli elementi vitali per il pianeta.
33 -HT
Le tre attività: il lavoro etico, il
business etico e la formazione realizzate in modo coerente e sinergico
rendono realizzabile un lavoro che
genera profitto e che integra nelle
normali attività la sicurezza, la salute dei dipendenti e dei consumatori
e la protezione dell’ambiente. Oggi
abbiamo ricerche, teorie, metodologie e prassi operative, che se applicate correttamente, possono far ottenere risultati apprezzabili rendendo
il profitto etico e sostenibile.
L’AIAS insieme alla CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per
la Prevenzione) in collaborazione
con ExpoTraining e ExpoLavoro&Sicurezza intendono, nei tre giorni
della manifestazione, organizzare,
incontri personali, manifestazioni
formative, convegni, tavole rotonde,
seminari per promuovere tali valori
e per contribuire a realizzare un’efficace azione in tali settori.
Ad oggi, hanno già aderito alla
manifestazione ASFOR (Associazione Italiana per la Formazione Manageriale) Aidp – Associazione Italiana Direttori del Personale Cisl, Cgil,
Uil, Ugl, Confapi Regione Lombardia, Manager Italia, Federmanager
ecc.Aspetto la vostra convinta adesione a questo importante evento.
FOCUS
IL FUTURO E’
“SMART WORKING”:
SIAMO PRONTI?
A cura di MR Barberis
L
’organizzazione del lavo-
ro è da sempre strutturata in maniera rigida, all’interno di
spazi fisici ed orari ben definiti, con
una comunicazione obsoleta tra uffici ed una burocrazia soffocante e
costosa. Un sistema che incide negativamente sulla produttività e
sulla qualità di vita dei lavoratori.
Grazie alle nuove tecnologie il
modo di lavorare potrebbe cambiare
e diventare “Smart working” o più
semplicemente “lavoro agile” e consentire di svolgere l’attività professionale non più in ufficio, ma in altri spazi (a casa, in giardino, in spiaggia) nel
rispetto degli obiettivi stabiliti dall’azienda e migliorando la soddisfazione
e il coinvolgimento dei dipendenti.
Si tratta di una modalità di lavoro già diffusa nel Nord Europa e
negli States, mentre da noi stenta a
decollare nonostante recentemente
sia stata depositata in Parlamento
una proposta di legge sullo “smart
working”, che spinge per il futuro
del lavoro all’insegna della flessibilità di orari e di sede grazie all’aiuto
delle nuove tecnologie. Una forma
di attività aperta a tutti, uomini
e donne, che va regolarizzata con
un contratto scritto tra lavoratore
e datore e che assicura uguale trattamento economico di chi svolge la stessa mansione in un ufficio.
A Milano il 6 febbraio 2014 si è
tenuta la prima “Giornata del lavoro
agile”, cui hanno aderito aziende, enti
e piccole-medie imprese e circa 6 mila
lavoratori. L’iniziativa ha voluto catalizzare l’attenzione sui benefici dello “Smart working”, quali: riduzione
dello stress da lavoro correlato, miglioramento dei rapporti tra colleghi,
benefici in termini di vita privata familiare, abbattimento dei costi aziendali
due ore medie di tempo risparmiato).
Ad enfatizzare i vantaggi del
“lavoro agile” è stato lo stesso Politecnico di Milano che in una ricerca condotta nel 2013 ha dimostrato
che con questo modello lavorativo
le aziende potrebbero aumentare i
profitti, raggiungendo i 27 miliardi di euro all’anno, pari al 5.5% di
produttività ed abbattere i costi di
gestione legati soprattutto alle spe-
e riduzione dell’inquinamento grazie
ad un minor numero di automobili ( 3500 auto in meno quel giorno,
se per gli spazi di lavoro (si calcola un risparmio di 10 miliardi).
Anche i lavoratori avrebbero la
34 -HT
possibilità di avere uno stipendio
maggiore grazie alla diminuzione dei
costi per il trasporto (risparmio stimato pari a 550 euro a testa all’anno).
L’idea è accattivante, ma siamo davvero pronti ad affrontare un futuro “Smart working”?
Dal punto di vista tecnologico ciò è fattibile, ma il problema è di ordine culturale e sociale.
“L’Italia è al 25° posto sui 27
Paesi censiti, con un misero 2,3%
dei lavoratori che telelavora per almeno un quarto del tempo, contro il 15,5% della Repubblica Ceca,
il 14,4% della Danimarca, il 13%
del Belgio e il 12% della Norvegia.
Per quanto riguarda la flessibilità
dell’orario di lavoro: con il 32% medio di diffusione, siamo distanti da
danesi (62%), svedesi (61%) e tedeschi (52%). Il problema è culturale e
riguarda soprattutto il management.
In Italia si vuole tenere tutto sotto
il proprio diretto controllo; delegare è una consuetudine poco diffusa.
Per questo lo smart working fatica
a decollare».” (Fonte l’Osservatorio
Smart Working della School of Managment del Politecnico di Milano)
Si tratta di un cambiamento della cultura del lavoro forte e come tale
crea ansie e dubbi sulle difficoltà che
deve affrontare un’azienda disposta a
dare quest’opportunità ai suoi dipendenti, sui rischi di creare un nuovo
squilibrio di genere, disparità di carriera, isolamento tra colleghi, incremento del lavoro (non si stacca mai).
Serve una cultura della responsabilità, dell’autonomia prima di approdare allo smart working, ovvero
ad un lavoro intelligente ed innovativo basato sugli obiettivi e non
sul tempo. In Italia sono già presenti
delle iniziative orientate al work-life e adottate soprattutto da grandi
aziende, quali ad esempio la Barilla,
la Tetrapack, Mars, nonché da alcune Istituzioni pubbliche come l’Università di Torino, la Regione Emi-
lia Romagna, il Comune di Milano.
Mentre le piccole e medie imprese
sono ancora restie ad adottare forme
di lavoro flessibile, sono più conservatrice sotto questo aspetto e prediligono metodi organizzativi classici.
Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, il cambiamento è in atto, la tecnologia avanza e
rende obsoleto ciò che poco prima
rappresentava la norma, bisogna
fare i conti con la velocità e la trasformazione vigente a livello globale.
In questa rivoluzione culturale è
di grande utilità la formazione per
scardinare stereotipi anacronistici e
far comprendere che lavorare al di
fuori da un ufficio non significa essere meno produttivi. A parte alcuni tipi di lavoro, per il resto l’ufficio
non è necessario, il lavoro può essere
svolto in qualsiasi altra sede grazie
alle nuove tecnologie. L’ impresa “liquida” che sostituisce agli spazi fisici
quelli virtuali non deve rappresentare un tabù, l’importante è il risultato,
non importa dove e quando. Del resto essere seduti dietro ad una scrivania non implica necessariamente
essere più attivi e non avere un controllo diretto dei propri dipendenti
non significa ridurre la produttività.
Grazie alla formazione continua
si possono riorganizzare i processi
aziendali e renderli flessibili, migliorare la vita dei dipendenti ed accrescere la produttività delle imprese.
Ne sono una testimonianza le grandi multinazionali USA che puntano
ad una gestione “Flexible working”
rivolta a tutta la popolazione aziendale e non limitata al talent management, più soggetto ad abbandonare
l’azienda per altri orizzonti professionali maggiormente remunerativi.
Da noi il welfare aziendale è ancora
molto arretrato e tra i lavoratori (soprattutto dagli over 40 in poi) sussiste
un forte analfabetismo informatico.
Come si può pensare di essere pronti allo smart working se
35 -HT
non si è pensato ancora ad attuare delle vere task force formative?
Ogni cambiamento sulle persone è complesso e solo una minuziosa alfabetizzazione formativa
può incidere su questo aspetto, insegnando ai managers ed ai dipendenti a lavorare in modo più flessibile attraverso un uso intelligente
e corretto della nuova tecnologia.
Considerare la formazione un
optional, perché si ritengono ben
altre le urgenze, significa non essere
pronti allo smart working, vuol dire
essere dominati da una mentalità rigida che contrasta con la flessibilità.
Oggi in Italia sono molto forti gli
stereotipi che caratterizzano il lavoro
e la formazione è ancora troppo arretrata, o meglio è concentrata nella
fase iniziale della vita di una persona e poi il lifelong learning è lasciato alla volontà del singolo adulto.
L’indagine PIAAC dell’OCSE ha
evidenziato il ritardo del nostro Paese
sulle competenze degli adulti (linguistiche, matematiche, informatiche,
ecc.). La maggioranza dei lavoratori
è convinta di svolgere il lavoro grazie
al Know-how acquisito all’inizio della carriera. Solo il 5,7% dei lavoratori
frequenta corsi di formazione continua contro una media europea del 9%,
nonostante il Fondo Sociale Europeo
per la formazione permanente stanzi
circa due miliardi di euro e venga applicata una trattenuta dello 0,3% dallo
stipendio per finanziare programmi
di formazione gestiti soprattutto dai
fondi paritetici interprofessionali.
Non si può procedere verso la
realizzazione dello “smart working”
se non viene data alla formazione il
giusto valore, colmando il divario italiano rispetto agli altri paesi europei.
E’ indispensabile unire le forze di tutte le parti politiche e sociali
per fare capire ai lavoratori ed alle
imprese l’importanza di formarsi in maniera continua soprattutto
nell’attuale contesto lavorativo sempre più globalizzato e tecnologico.
INTERVISTA
Intervista a Paola Codecasa, responsabile delle Risorse umane del
gruppo Zucchetti
PRIMA DELL’ORGANIGRAMMA,
LA QUALITÀ DELLE IDEE
A cura di C. Cantoni
P
Paola Codecasa
36 -HT
rimo Premio in Italia per
l’innovazione
assegnato
per tre anni consecutivi dall’Unione europea; Premio per la Sicurezza
sul lavoro nella categoria “Ricerca e
sviluppo organizzativo” indetto dal
Club SEI2SEI alla Fiera Ambiente
Lavoro 2011; Premio Innovazione
ICT nelle categorie “Risorse umane” a Smau 2010, “Cloud computing” a Smau Bologna 2012 e “Sistemi gestionali integrati” a Smau
2013, ricevuti dal Politecnico di
Milano.
Fioccano i riconoscimenti alla
qualità delle soluzioni Zucchetti, leader in Italia nel campo del software
applicativo, con un fatturato 2013
che supera i 310 milioni di euro e
più di 95mila clienti nel mondo. Segno che ogni nuovo gol è sempre il
punto di partenza verso il traguardo successivo, mai il pretesto per
uno stanco e statico compiacimento.
Complici l’elevato know how tecnologico e la profonda conoscenza
dei processi nei diversi segmenti di
mercato, ma soprattutto una cultura aziendale fortemente orientata
all’innovazione e al cliente, con oltre mille dipendenti, sui 2.600 totali,
dedicati allo sviluppo di nuove soluzioni per aziende di ogni settore e
dimensione, banche e assicurazioni,
professionisti e pubbliche amministrazioni.
Supportati nei servizi pre e post
vendita, di formazione e aggiornamento, da una rete commerciale di
oltre 1.100 partner nazionali e più di
200 partner stranieri presenti in circa 50 Paesi. «Ascolto, fiducia, apertura alle idee di tutti, sono i valori
differenziali che hanno permesso
di distinguerci nel mercato ICT anche in anni di recesso: in Zucchetti
non conta l’organigramma, conta la
qualità delle idee», spiega la responsabile delle Risorse umane, Paola
Codecasa. «Valorizzare le persone e
il loro potenziale non significa solo
destinare cospicui investimenti alla
formazione continua, cosa che peraltro avviene, ma farli fruttare. E
riteniamo che la via più intelligente
sia capire come innovare ascoltando
anche chi ogni giorno lavora sui nostri applicativi.
In considerazione delle richieste
di mercato, per esempio, sempre più
alla ricerca di strumenti non solo
amministrativi ma anche di tipo organizzativo per la gestione efficace
dei collaboratori, abbiamo svilup-
pato la soluzione software Gestione Risorse Umane dedicata agli HR
manager, perché possano disporre
di tutte le informazioni relative al
personale e all’intera organizzazione aziendale. Internamente siamo i
primi a beneficiarne».
Facciamo un passo indietro. Ha
accennato alla formazione: quale peso ha nelle politiche HR di
Gruppo?
Proprio qualche anno fa abbiamo
deciso di creare una struttura interna dedicata esclusivamente alla
formazione qualificata del personale interno, dei partner e dei clienti:
Accademia Zucchetti.
I corsi, dedicati in particolare a
manager, commerciali, personale
tecnico e utenti finali, sono pensati per fornire strumenti che accrescano le competenze professionali
e consentano di gestire al meglio
il proprio business, migliorando al
contempo le relazioni con i clienti
e i potenziali tali. Nel 2013 Accademia Zucchetti ha erogato formazione per oltre 4mila ore: più di 3mila
si sono svolte in aula e più di mille
37 -HT
a distanza, superando i 25mila partecipanti. L’area HR, la più soggetta
a cambiamenti con continue innovazioni di prodotto, è stata quella
maggiormente interessata.
Su quali linee guida si sviluppa
l’impianto formativo?
Giocano un ruolo fondamentale
la storicità dell’azienda e il segmento in cui operiamo: Zucchetti è il
primo player italiano del mercato
ICT, un settore soggetto a continui cambiamenti, evoluzioni, aggiornamenti, proprio come la nostra offerta che ad oggi vanta oltre
1.700 applicativi. Ecco perché, per
trasferire le conoscenze, vendere,
distribuire o sfruttare al meglio le
soluzioni Zucchetti, è necessaria
un’approfondita formazione rivolta sia agli interni che ai partner e
ai clienti sulle numerose funzionalità che caratterizzano i nostri prodotti. Altro tassello fondamentale
risiede nella filosofia aziendale e
nei tre capisaldi che, dal 1978, ne
caratterizzano cultura e successi:
ricerca dell’eccellenza, innovazione
continua e soddisfazione del clien-
INTERVISTA
te.
Un’azienda storica per il settore
ICT ma molto giovane e dinamica
in termini di età media dei dipendenti. Secondo dati recenti, in Italia,
la disoccupazione giovanile è salita
al 42,4%, il valore più alto mai registrato dal 1977. Un’altra statistica
scoraggiante posiziona il nostro Paese al 134° posto per capacità di valorizzare i talenti. Ecco, invece, cosa
avviene in Zucchetti: l’età media dei
dipendenti è di 35 anni, dal 2010
abbiamo integrato oltre 400 risorse
e i contratti proposti sono finalizzati, nel 99% dei casi, all’assunzione a
tempo indeterminato.
Questo perché crediamo e investiamo nella crescita dei talenti: li
inseriamo in azienda, li formiamo a
360° e poi attingiamo alle loro idee
rendendoli protagonisti del processo innovativo. In Zucchetti c’è
spazio per la meritocrazia, determinante per stimolare le risorse, sempre incoraggiate alla collaborazione
proattiva e alla sperimentazione
costante per realizzare le migliori
soluzioni del mercato.
Quali metodologie didattiche
utilizzate maggiormente?
Ricorriamo molto alla formazione in aula. In base al target e
ai singoli corsi, gli appuntamenti
sono volti a fornire nozioni di tipo
teorico, commerciale, normativo
e manageriale. Per i neoassunti in
particolare prediligiamo la formazione on the job: l’affiancamento
al tutor aziendale consente di trasformare in operatività le nozione
teoriche acquisite e colmare così le
lacune lasciate a volte dalle scuole
di provenienza, non sempre puntuali nella formazione tecnica degli
studenti, aspetto che faciliterebbe
il loro inserimento nel mondo del
lavoro.
Nell’individuare percorsi formativi ad hoc per i nostri dipendenti,
inoltre, possiamo contare su “un
aiuto interno”: come accennavo,
nella suite di prodotti gestionali disponiamo dell’applicativo Gestione
Risorse Umane, il supporto ideale
per la pianificazione e il controllo
di tutte le attività di people management, tra cui proprio le esigenze
formative. Zucchetti è la prima case
history del prodotto.
Vi avvalete anche di enti di consulenza esterni?
Accademia si rivolge anche a fornitori esterni qualificati, selezionati
tra le migliori realtà sia legate alle
istituzioni, per esempio scuole di
formazione manageriali post-universitarie, sia aziendali. L’obiettivo è di affiancare alla formazione
interna anche spunti di riflessione
ed esperienze che provengono da
contesti di alto livello in ambito
economico e di information technology.
Come sono cambiate nel tempo
le politiche formative di Zucchetti?
Con la nascita di una struttura
interna come Accademia la pianificazione delle attività formative è
diventata più puntuale e precisa. La
costante crescita del Gruppo, che
oggi vanta 2.600 dipendenti e oltre
30 società, ha ampliato la domanda di appuntamenti anche sotto il
profilo informativo e istituzionale.
Aumentano gli applicativi, le divisioni, le società e i dipendenti, ma
il Gruppo rimane uno. Non bisogna perdere la visione d’insieme e
la cultura aziendale che ha sempre
contraddistinto Zucchetti; la disponibilità e la voglia di imparare
ci hanno permesso di mantenere i
piedi per terra e di non adagiarci sui
risultati confortanti riconosciutici
dal mercato.
Integrandosi con lo strumento
di business intelligence, il software
Gestione Risorse Umane permette prima ai responsabili di dispor38 -HT
re di informazioni puntuali, utili a
valutare il gap di competenze sia
tecniche che manageriali dei dipendenti, e poi all’ufficio preposto di
raccogliere e gestire le richieste di
formazione pervenute su cui intervenire.
Il ruolo HR sta evolvendo di pari
passo con la complessità dell’organizzazione del lavoro e la necessità, da un lato, di ampliare le
proprie competenze, dall’altro,
di specializzarle in direzione di
un’integrazione sempre maggiore con altre funzioni aziendali.
Quanto impattano questi cambiamenti sulla people strategy?
La Direzione Risorse Umane è
chiamata oggi a raggiungere obiettivi in apparente contraddizione:
ottimizzare i costi, orientare le persone ai gol aziendali, adempiere a
una normativa in continua evoluzione e che prevede regimi sempre
più aspri in tema di privacy e sicurezza.
Per questo è sempre più supportata dagli strumenti IT, necessari
per la governance di tutti i processi
di amministrazione, sviluppo e organizzazione dei dipendenti e per
comunicare con le altre funzioni
aziendali. Questo trend è testimoniato dalle oltre 15mila aziende in
Italia che hanno scelto le soluzioni
della suite HR Zucchetti, sviluppate per favorire la gestione efficiente
delle risorse umane attraverso l’integrazione tra gli applicativi che la
compongono.
Integrazione significa monitoraggio a 360° su diversi aspetti della
vita aziendale della risorsa, dalla
selezione, alla formazione, al performance management, alla pianificazione delle politiche retributive
con software dedicati che agevolano
il compito della Direzione Risorse
Umane in ottica meritocratica e nel
raggiungimento degli obiettivi di
business aziendali.
INTERVISTA
Intervista ad Anna Maria Delzotti, regista teatrale, e Gioacchino Leovino, direttore HR di Fincons Group
CON L’ARTE, LA PASSIONE
ENTRA NEL BUSINESS
A cura di P. Lacci
B
Gioacchino Leovino
39 -HT
usiness, processi, tecnologia e… teatro. In Fincons
Group, società leader nell’IT consulting, con oltre 30 anni di esperienza,
l’arte è di casa. Da qualche tempo, l’azienda ha avviato una serie di iniziative mirate a promuovere fra i dipendenti i linguaggi della cultura e, due
anni fa, su idea della moglie di Michele Moretti, Ceo del Gruppo, ha deciso
di affidare alla pratica performativa
un ruolo più operativo nella struttura
di lavoro: nel 2011, Anna Maria Delzotti, regista teatrale ed esperta nella
ricerca dei messaggi della comunicazione, ha lanciato il Laboratorio teatrale Fincons Group, uno strumento
di formazione che testimonia l’attenzione della proprietà al percorso di
crescita umana, oltre che professionale, dei collaboratori.
«Fare teatro è un’attività complessa
che coinvolge nel profondo, obbliga a
conoscersi, stimola a imparare, matura la consapevolezza dell’importanza
del proprio ruolo, richiede senso di
responsabilità e produce risultati misurabili», dicono Anna Maria Delzotti e Gioacchino Leovino, direttore HR
e CFO dell’azienda.
«La “convivenza forzata” con i
compagni di lavoro veicola riflessioni sulle dinamiche di gruppo e sulle
capacità di essere uomini-squadra.
Un team affiatato non nasce in modo
automatico, ma da un processo di
INTERVISTA
formazione che avviene per gradi,
con l’apprendimento e l’esperienza».
Se, come ama dire Michele Moretti,
la forza di Fincons Group sta nella capacità di anticipare il futuro, le
risorse del Gruppo si preparano al
cambiamento, cercando di arrivarci
attrezzati.
In una parola, innovando. Anche
nella sperimentazione di percorsi formativi non convenzionali.
Un laboratorio teatrale in azienda
è qualcosa di insolito. Di che cosa si
tratta?
Delzotti: È un processo evolutivo
dinamico, non un corso ma un percorso, riguardo alle due dimensioni
della conoscenza e della comunicazione. Per la prima, è importante
che i partecipanti mettano in gioco,
partendo dal sé per ritornarvi più
arricchiti, il proprio bagaglio di competenze, capacità, punti di forza e, soprattutto, di debolezza.
La particolarità del contesto teatrale mette le persone in condizione
di nudità e disarmo, portando a galla
più facilmente alcuni aspetti caratteriali su cui lavorare: timidezza, insicurezza verbale, impaccio nella relazione, ecc.
Nelle scelte registiche e scenografiche, inoltre, la rappresentazione finale in cui sfocia il percorso implica una
riflessione profonda sulla coerenza
espressiva di molteplici linguaggi, da
quello verbale e prosodico a quello
gestuale, dal codice musicale a quello
cromatico, funzionali alla massima efficacia comunicativa. In tutto questo,
la capacità di lavorare insieme rappresenta una chiave di volta.
Ci racconti il modus operandi.
Come si è configurato il laboratorio?
Delzotti: Tra i diversi testi presentati, i partecipanti hanno democraticamente scelto di lavorare su Oceano
Mare di Alessandro Baricco. A una
prima fase di lettura approfondita, in
cui si è sviscerato a fondo il testo per
ricreare all’interno del plot un nostro
ordine logico e cronologico, è seguita
la produzione scritta di un copione,
Oltre...il...Mare, intervallata dal training di preparazione alla recitazione,
un percorso fisico, emotivo e mentale, realizzato attraverso la pratica di
esercizi specifici. Con la messinscena,
abbiamo lavorato su un linguaggio
pluricodico, immaginando scenografie, luci, colonna sonora, ecc. Un’anteprima dello spettacolo si è svolta
a novembre 2013 per acquisire consapevolezza del particolare legame
che, nell’atto teatrale, si stabilisce col
pubblico, fruitore e allo stesso tempo
agente concomitante del dialogo che
si consuma in scena.
Interessante, ma che attinenza ha
con la vita in azienda?
Delzotti: Una conoscenza più approfondita del sé si traduce in una
nuova modalità di approccio ai rapporti interpersonali, anche in azienda,
grazie a una formazione più completa
sia culturale che relazionale.
La condivisione di tutte le fasi del
processo ha messo in discussione ed
evoluto, in termini di fiducia e rispetto, l’idea dell’altro in quanto soggetto
indispensabile al raggiungimento di
uno standard qualitativo adeguato.
Attraverso tecniche di improvvisazione teatrale ed esercizi mirati a una
comunicazione più efficace, sia a livello corporeo sia gestuale, i partecipanti sono stati portati a lavorare su
capacità fondamentali quali l’ascolto,
l’adattamento all’imprevisto e la creatività.
Per tale concreto compito, ci si è
serviti del supporto dell’attore professionista, nonché artigiano teatrale
Andrea Cavarra, che collabora inoltre
alla realizzazione della scenografia
e della regia. Si è sviluppata, inoltre,
l’attitudine a una maggiore capacità
critica, che si riflette nell’approccio
meno superficiale, più partecipe, preciso e soprattutto più collaborativo, al
lavoro.
Leovino: È emersa una consape40 -HT
volezza profonda sul valore aggiunto
prodotto dal lavoro di team, che va
ben oltre la somma algebrica delle
singole capacità individuali.
È chiara la percezione che, all’interno del gruppo, alcune risorse con
spiccate doti naturali performano
meglio di altre, ma che l’assolo del
singolo, in questo caso, non ha lo
stesso valore di un lavoro condiviso
con un livello qualitativo mediamente alto per tutti.
Un valore decisivo in azienda: ora,
chi ha la possibilità di supportare un
collega lo fa con convinzione, sapendo che il risultato complessivo sarà
migliore rispetto al risultato legato al
suo singolo sforzo o alla sua singola
performance.
È sicuramente un’esperienza di rottura rispetto alla classica formazione
che il Gruppo ha fatto e continua a
fare sulle proprie risorse: un approccio innovativo che ci ha sorpreso per
la qualità dei risultati.
Qual è la differenza rispetto ad
altri percorsi più tradizionali come
i laboratori sulla comunicazione efficace, il public speaking o il team
building?
Leovino: Di solito chi partecipa a
questi corsi tende a classificarli come
attività formative aziendali e questo
può limitarne l’impatto. In Fincons
Group, l’esperienza teatrale esula
dall’ambito professionale. Tant’è che
i colleghi investono il loro tempo libero, al di fuori dell’orario lavorativo.
Lo fanno su base volontaria perché ci
credono e l’attività non è “inquinata”
da finalità altre che non siano quelle
proprie dell’arte performativa: non è
formazione travestita da teatro, è teatro puro e, forse proprio per questo,
veicola una crescita profonda della
persona, chiamata a mettersi in discussione e giocare al meglio le proprie capacità, che si riflette poi in tutti
gli ambiti della vita, incluso quello
aziendale.
Ma è una consapevolezza maturata
e applicata in modo naturale.
Che tipo di impegno richiede il laboratorio?
Delzotti: Una pausa pranzo a settimana, con l’integrazione di una o due
sere, tra le 18.30 e le 21, man mano
che si avvicina lo spettacolo finale, il
19 giugno, al TeatrOreno di Oreno
di Vimercate. L’iniziativa è stata comunicata attraverso l’intranet aziendale, con reclutamento aperto a tutti,
compatibilmente con la logistica dei
collaboratori dislocati sul territorio.
Inizialmente hanno aderito in 22,
poi, c’è stata una selezione naturale
che ha portato a un gruppo stabile di
nove persone. Sicuramente replicheremo l’esperienza e, oltre al teatro,
stiamo pensando a serate di lettura
per riavvicinare le persone in maniera meno scolastica a testi importanti,
appartenenti a generi e filoni diversi.
Cercheremo di comprendere meglio
il nostro mondo, attraverso la comprensione di altri mondi, altre narrazioni, partendo dal tema del mito, la
letteratura fondativa di ogni popolo.
Sono convinta che le persone abbiano
bisogno di respirare orizzonti ampi
oltre a quello del lavoro, per intuire
che c’è un tempo diverso rispetto a
quello fugace della nostra quotidianità, che è quasi sempre il tempo della
cultura e della conoscenza.
Un aspetto su cui Fincons Group
investe molto. Perché?
Leovino: Per seguire i clienti con
passione bisogna essere persone appassionate. Così si riassume il nostro
approccio al mercato. E abbiamo trovato nell’arte un codice che apre la
mente, soprattutto in un settore come
l’IT, apparentemente lontano da tutto ciò che il termine “passione” evoca. Le iniziative su questo fronte sono
molteplici. Per esempio, il concorso
fotografico con il quale si è chiesto
ai dipendenti di tradurre questo concetto in uno scatto. Le immagini migliori sono finite nel Calendario 2014,
41 -HT
che esprime la nostra visione di IT
emotion. È un esempio di come l’arte
entri nel business e, soprattutto, è un
messaggio che si replica tutti i giorni
dell’anno, sulle scrivanie dei nostri
dipendenti nel formato da tavolo.
Questo approccio ci differenzia anche
sul mercato, il cliente lo percepisce e
la storia recente ce ne ha reso merito,
posizionandoci tra i principali player
nazionali del mondo IT.
Basta la passione per differenziarsi sul mercato?
Leovino: La scelta appassionata,
tradotta in plus competitivo, è stata
quella di puntare sull’acquisizione
di competenze molto specifiche per
ciascuno dei segmenti di mercato in
cui operano i nostri clienti. Abbiamo
studiato a fondo i processi di business
delle aziende attive nei media, nelle
energies, nelle utilities, ecc., proponendoci ai diversi player come interlocutori specializzati, con soluzioni
INTERVISTA
informatiche ritagliate sulla loro operatività. È il modus operandi che ci
distingue da altri competitor. Ovviamente mantenendo standard d’eccellenza, perché si può sedurre il cliente
ma poi occorre rispettare le aspettative generate.
Perciò avete dato vita alla Fincons
Group Academy?
Leovino: L’IT Business school di
Gruppo nasce a Bari, dove l’azienda
La scuola prevede lezioni tradizionali
d’aula e programmi di training on the
job all’interno dell’azienda, a cui viene associato, dopo un certo periodo,
uno stage presso i nostri clienti principali, monitorato da un tutor che segue l’attività della risorsa. Al termine,
il giovane viene inserito nell’organico
Fincons Group.
Quali programmi avete attivato,
invece, per il personale interno già
annuale in formazione si aggira intorno ai 250/300mila euro. Si va da
attività più tradizionali, finanziate
attraverso Fondimpresa o Fondir,
mirate soprattutto all’acquisizione di
soft skills, a una formazione di tipo
specialistico, erogata in maniera continua, legata ai nostri servizi e ad alcune certificazioni richieste per poter
intervenire sulle ingegnerizzazioni
di processi presso i clienti. In questo
momento, per esempio, siamo impe-
Anna Maria Delzotti
ha una sua sede e un centro di competenza specifico nel mondo IT. Anche
grazie a una rete di contatti territoriali, con l’università, si è deciso di avviare un progetto per formare figure
professionali specialistiche, prevalentemente giovani neolaureati, sia nel
campo dello sviluppo applicativo sia
dei processi aziendali, da inserire a
fine percorso all’interno del Gruppo.
consolidato?
Leovino: Tenendo conto che la nostra è una società people based, in cui
le persone rappresentano il vero asset, l’ottica è sempre quella di fornire
ai dipendenti un elemento distintivo, perché siano in grado di operare
al meglio presso i clienti, e ai nostri
clienti la giusta motivazione per continuare a sceglierci. L’investimento
42 -HT
gnati in percorsi finalizzati al conseguimento della certificazione di PMP
(Project Management Professional).
Abbiamo poi programmi di specializzazione legati alle piattaforme Sap
e Oracle. Di recente, abbiamo sostenuto un investimento importante
anche su Avaloq, la piattaforma europea di riferimento nel mondo bancario.
INTERVISTA
Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane di Sanofi Italia
L’ATTENZIONE ALLA PERSONA
CHE FA CRESCERE L’IMPRESA
A cura di C. Cantoni
L
eader integrato della salute a
livello globale, Sanofi ricerca,
sviluppa e distribuisce soluzioni terapeutiche focalizzate sui bisogni dei
pazienti, rappresentando in Italia la
prima realtà industriale del comparto farmaceutico, con oltre 2.600 collaboratori, di cui più di 1.300 nei siti
produttivi di Origgio (Va), Garessio
(Cn), Anagni (Fr), Scoppito (Aq) e
Brindisi, dove vengono confezionati
farmaci destinati ai mercati di tutto
il mondo. A questi si aggiungono lo
stabilimento Merial, la Divisione Salute Animale del Gruppo, a Noventa
Padovana (Pd), e un’articolata attività di R&S che spazia dalla ricerca
clinica, attuata presso il quartier ge43 -HT
nerale di Milano, a quella biotecnologica svolta nei cinque laboratori multidisciplinari di Brindisi. Coprendo
a 360° l’ambito salute (soluzioni per
il diabete, farmaci etici, prodotti oncologici, farmaci innovativi, prodotti
di automedicazione, farmaci equivalenti con Zentiva, malattie genetiche
rare e sclerosi multipla con Genzyme
INTERVISTA
e salute animale con Merial), Sanofi
Italia non manca di promuovere, anche al proprio interno, una cultura
orientata allo sviluppo e al benessere della persona: «Le nostre persone
sono uno dei pilastri nella nostra visione di responsabilità d’impresa, che
la Direzione HR favorisce su tre fronti: il miglioramento continuo delle
competenze attraverso la formazione, l’equilibrio tra vita privata e professionale e la sicurezza sul lavoro»,
spiega Laura Bruno, direttore Risorse
umane della filiale italiana.
Dottoressa, approfondiamo il primo punto: quanto investe annualmente l’azienda nello sviluppo delle
competenze professionali?
Finanziata anche con fondi interprofessionali quali Fondirigenti e
Fondimpresa, la formazione riveste
un ruolo centrale in Sanofi. Negli ultimi due anni sono state erogate oltre
53mila ore, con training specifici su
temi che spaziano dalle sessioni tecniche e a carattere scientifico ai corsi
per le figure manageriali. Ne sono un
esempio i programmi People Management e Drive Your Team, dedicati
ai manager e focalizzati sulla gestione
delle persone, o From District Manager to Sales Manager, specifico per
la forza vendite. Nel 2013 abbiamo
anche lanciato un progetto pilota di
tutoring, Speed Networking, rivolto
ad alcune giovani colleghe rappresentative di tutte le attività di Sanofi Italia: dieci minuti di tempo per
ognuna allo scopo di confrontarsi su
esperienze professionali e possibili
percorsi di sviluppo con dieci manager dell’azienda.
Su quali valori si fonda l’impianto formativo a livello corporate e di
country italiana?
L’attenzione alle persone a 360° e
alla crescita delle professionalità sono
le principali linee guida attorno alle
quali sviluppiamo le attività formative. Il punto di partenza sono i risultati delle indagini che l’azienda perio-
dicamente svolge. Sul fronte interno,
ad esempio, Sanofi ha condotto negli
ultimi due anni un’indagine a livello
mondiale sull’ingaggio e il coinvolgimento dei collaboratori, denominata
“Our Pulse”, volta a misurare la percezione dell’azienda in termini di orgoglio, impegno e soddisfazione personale. I risultati sono per noi fonte
di ispirazione e motivazione, mentre
le eventuali criticità rappresentano
un’opportunità di miglioramento.
Sul fronte esterno, cito le indagini del
Great Place To Work® e del Top Employers Institute, alle quali aderiamo
dal 2012. Un esempio di formazione
ad ampio spettro, invece, lanciata da
Sanofi a livello globale, è la Lean Academy: un progetto di snellimento,
razionalizzazione e miglioramento
dell’efficienza dei processi produttivi che sta interessando tutti i siti del
Gruppo e prevede, oltre a sessioni di
training, anche esercitazioni pratiche
e dibattiti. Ogni collaboratore coinvolto è invitato ad avanzare proposte
per migliorare i processi in termini di
KPI ed eccellenza produttiva.
Quali metodologie didattiche ritenete essere più efficaci?
Alla tradizionale formazione frontale e a quella on-the-job, si stanno
affiancando forme miste, che alternano role-play, attività di team building oppure sessioni di formazione
a distanza. Inoltre, privilegiamo percorsi formativi piuttosto che singole
giornate: i nostri collaboratori sono
invitati a partecipare ad attività preliminari alla formazione vera e propria
e a momenti successivi di elaborazione e confronto.
Quali competenze ritiene siano
necessarie oggi per superare l’empasse della crisi?
Per un’azienda integrata e diversificata come Sanofi, che opera nel settore salute, l’aggiornamento continuo
delle competenze tecniche rimane il
requisito indispensabile. Accanto a
questo, tuttavia, la rapidità dei cam44 -HT
biamenti, uniti a scenari di mercato
sempre più competitivi, evidenziano
la necessità di sviluppare anche competenze “soft”, come la capacità di
gestire le persone e i team di lavoro,
soprattutto se complessi e formati
da più linee di business. Perciò, Sanofi investe nella formazione manageriale e nelle doti di leadership dei
propri dipendenti, anche attraverso
sessioni di coaching e assessment
individuali. Inoltre, ai nostri collaboratori è richiesta una buona dose di
flessibilità e la capacità di gestire il
tempo sia in termini di formazione,
con una maggiore agilità e autonomia
nell’accedere alle sessioni formative a
distanza e nel fare propri gli stimoli
dell’ambiente interno ed esterno, sia
in termini di organizzazione del lavoro. Per supportare e sviluppare queste
capacità, dallo scorso anno abbiamo
avviato per tutti i collaboratori il programma formativo “A Porte Aperte”:
momenti di condivisione e confronto a tema ispirati ai valori di Sanofi,
che possano contribuire alla crescita
personale e professionale delle nostre
persone.
Che tipo di percorsi sono previsti
per lo sviluppo dei talenti?
Abbiamo attivato un processo di
Talent Management che si basa sui
principi di equità, rispetto della diversità a 360° e trasparenza, valori cardine di Sanofi. Il progetto, al centro delle politiche di sviluppo dell’azienda,
fa parte di un’azione più ampia, trasversale ai singoli Paesi in cui opera il
Gruppo, ai diversi business e divisioni, che riconosce a ciascun manager
un ruolo decisivo nell’individuare i
talenti e contribuire alla loro crescita.
Il Talent Management è strettamente
legato ai processi di Development &
Training e Performance & Compensation, che si svolgono in sequenza
nel corso dell’anno. Identificate le posizioni chiave per l’organizzazione, i
collaboratori che le occupano vengono valutati secondo due dimensioni:
prestazioni e potenziale, in accordo
con le competenze strategiche individuate a livello di Gruppo, e secondo
un modello di valutazione basato su
una matrice a “9 caselle”. In base al
punteggio ottenuto dall’incrocio dei
due parametri, la risorsa viene inserita in un percorso formativo specifico,
volto ad allineare ulteriormente i talenti alla strategia dell’azienda. Inoltre, è stato avviato un programma di
“scambio di talenti” tra le sedi Sanofi
nel mondo, per creare percorsi internazionali che favoriscano la mobilità
e la valorizzazione di coloro che saranno i leader di domani.
Come si struttura, invece, il sistema di Performance Management?
In Sanofi promuoviamo innanzitutto il confronto e il feedback continuo tra collaboratore e responsabile
e con il top management, che avvengono, per cultura interna, in maniera
diretta e costante, su base quotidiana.
Al fine di assicurare massima trasparenza e il giusto riconoscimento ad
ognuno, è stato messo a punto un
processo di Performance Management unico per tutto il Gruppo, che
si svolge in tre momenti: la definizione delle priorità tra collaboratore
e responsabile, entro il primo trimestre dell’anno; la valutazione di metà
anno, entro il secondo trimestre, con
i primi riscontri in merito all’andamento e un eventuale aggiustamento degli obiettivi; il colloquio di fine
anno, durante il quale il responsabile comunica a ogni collaboratore la
valutazione complessiva in termini
sia di raggiungimento dei target individuali sia di comportamenti agiti
in base al modello di competenze interno. Il processo punta a valutare e
premiare il contributo di ognuno, per
creare un ambiente in cui la crescita
del singolo diventi parte integrante dello sviluppo dell’organizzazione.
L’anno scorso avete ottenuto la
certificazione Top Employers Italia
2013 del Top Employers Institute.
Che cosa rappresenta per Sanofi
questo riconoscimento?
Costituisce uno dei momenti importanti di valutazione, in quanto
prende in esame nel dettaglio i pro-
confronto con il supporto di figure
specializzate, che mettono a tema,
fra l’altro, anche il work-life balance.
Numerose, poi, le iniziative a sostegno dei dipendenti e delle loro famiglie, a partire da convenzioni con
studi medici ed esami gratuiti di me-
cessi sul fronte HR e le politiche che
le aziende hanno implementato per i
propri collaboratori, tra cui: politiche
retributive, condizioni di lavoro e benefit, formazione e sviluppo, opportunità di carriera e cultura aziendale.
Inoltre, fornisce elementi utili a individuare e agire sulle eventuali aree
di miglioramento. Quest’anno Sanofi ha ottenuto la certificazione per la
seconda volta: siamo tra le 51 aziende italiane che hanno dimostrato di
rappresentare l’eccellenza nel campo
delle risorse umane.
dicina preventiva, alle quali si affiancano assistenza fiscale, convenzioni
con banche e assicurazioni, e con
farmacie per la consegna dei farmaci
direttamente in azienda. Sono state
avviate inoltre iniziative per i figli dei
collaboratori, come il Campus estivo
Ecosport e il programma Scambi vacanze.
È recente, infine, l’accordo raggiunto con le parti sociali per introdurre
in via sperimentale la flessibilità logistica all’interno dell’organizzazione:
un progetto pilota di sei mesi che ha
l’obiettivo di favorire una maggiore
conciliazione tra vita privata e professionale, accogliendo le esigenze dei
collaboratori rispetto a eventuali difficoltà personali o inerenti il tragitto
casa-lavoro, ma anche di contribuire
al rispetto per l’ambiente attraverso
la riduzione del pendolarismo e promuovere quindi la salute.
Non va dimenticato, inoltre, lo stimolo a una sempre maggiore informatizzazione del lavoro.
Quali politiche sono state avviate
per migliorare la qualità di vita del
personale?
Puntiamo a far sì che ciascun collaboratore adotti un approccio sempre
più equilibrato nel rapporto tra vita
privata e attività lavorativa.
Da anni, per esempio, portiamo
avanti gli incontri “Attenzione alla
persona. Ascolto, dialogo e orientamento”, occasioni di riflessione e
45 -HT
INTERVISTA
Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e organizzazione di Vodafone Italia
QUANDO LA FORMAZIONE
METTE LE ALI AL BUSINESS
A cura di M. Soriani
S
pirito di innovazione, valorizzazione del talento, rispetto
della diversità nelle sue molteplici
declinazioni. Con 6.500 dipendenti,
7mila punti vendita e oltre 29 milioni
di clienti, Vodafone Italia non ha bisogno di presentazioni.
Un piede radicato nel presente, l’altro già rivolto al futuro, complice la
strategia di differenziazione che negli
ultimi anni ne ha guidato la crescita,
trovano fondamento in una vision di
ampio respiro orientata allo sviluppo del capitale umano, condizione
imprescindibile di un successo solido e duraturo: investendo 5 milioni
di euro l’anno in formazione, pari a
107mila giornate erogate in percorsi
di crescita professionale, l’azienda
dimostra di credere nel potenziale individuale, coltivato e sostenuto anche
in ottica di lungo periodo.
Elisabetta Caldera
46 -HT
«Lo sviluppo delle competenze,
secondo una logica di long life learning e non di puro aggiornamento,
rappresenta una leva centrale per la
competitività del nostro business, andando a coinvolgere gran parte della
popolazione aziendale. Tanto più che
nella formazione HR è confluito anche il training funzionale rivolto alla
forza vendita, con una chiara volontà di indirizzo sull’indotto», spiega
Elisabetta Caldera, direttore Risorse
umane e Organizzazione di Vodafone Italia.
«Accanto alle Academies, percorsi
ritagliati sulle esigenze specifiche di
ogni singola famiglia professionale,
prevediamo una formazione manageriale più trasversale, improntata ai
valori e ai principi comportamentali della “Vodafone Way”, che evolve
di pari passo con le trasformazioni di mercato e del contesto storico».
Dottoressa Caldera, quali sono i
progetti formativi più interessanti
avviati per i dipendenti?
Quelli strategici per l’indirizzo
dei piani di business, molto orientati a una politica di differenziazione.
Come il progetto Retail Transformation, un percorso di apprendimento
rivolto alle figure commerciali finalizzato al miglioramento continuo
della customer experience nei nostri
negozi. Un’iniziativa che abbraccia
sia i 900 store monomarca sia l’intera
rete distributiva, alternando momenti di assesstment a sessioni formative
sui risultati.
È l’esempio concreto di un lavoro
congiunto con la forza vendita, che
mira a tradurre le esigenze professionali in un piano formativo direttamente funzionale al business.
Un progetto più legato alla managerialità è Inspire leadership, un
percorso di consolidamento delle
tradizionali competenze di general
management ma anche di riflessione sulle evoluzioni del concetto di
leadership in un’ottica di evoluzione
culturale dell’organizzazione.
Quali tipi di didattica si addicono
maggiormente a un’azienda come
Vodafone?
Lavoriamo sia in aula che in eLearning attraverso soluzioni miste.
Inoltre, abbiamo avviato esperienze
innovative di edugaming, utilizzando
lo strumento del gioco per formare
l’adulto.
È il caso, per esempio, di una competizione appena aperta a tutti i dipendenti, legata alla diffusione del
tool gestionale “Rapid”. È un modo
per sviluppare consapevolezza su
un’innovazione introdotta dall’azienda attraverso una formula sostenibile
in termine di costi e sicuramente più
coinvolgente dell’eLearning tradizionale. La capacità di proporre metodologie didattiche innovative, fra
l’altro, è uno dei parametri che nella
selezione dei fornitori esterni pesano
di più.
sono oggi più necessarie per vincere
la sfida dei mercati?
Essendo il nostro un business di
servizi, acquistano maggior rilevanza le competenze legate all’area della gestione qualità, con doti spiccate
di project management e, rispetto
al passato, molta più attenzione agli
aspetti di processo, ai Six Sigma. In
termini di soft skills, invece, occorre
una leadership sempre più capace di
creare senso e lavorare in partnership, quindi, un grande spirito di collaborazione.
Come misurate l’efficacia degli
interventi formativi meno tradizionali?
Come interviene in tutto questo il
digitale?
In Vodafone ne facciamo un uso
Per ogni attività svolta è prevista
una valutazione ex post del discente
ma non solo. Nel caso del progetto
legato alla Retail Transformation, per
esempio, andiamo a misurare l’impatto diretto sul business attraverso
scorecard, confrontando le prestazioni dei punti vendita pre e post intervento con gli obiettivi posti in termini
di NPS (Net Promoter Score).
molto avanzato. Ad esempio la nostra
intranet globale, che utilizziamo non
solo a fini formativi ma anche comunicativi a livello locale e internazionale, per mettere a fattor comune le
diverse esperienze degli oltre 30 Paesi
in cui è presente Vodafone. Anche la
nostra Fondazione si sta impegnando
molto su questo tema, sostenendo
progetti educativi di digitalizzazione
scolastica con il progetto “a scuola di
internet”.
Quali competenze, a suo avviso,
47 -HT
INTERVISTA
Prevedete interventi per colmare
il digital device anche all’interno di
Vodafone, destinati magari ai profili più senior?
La nostra è un’azienda molto giovane e, anche per la natura specifica del suo business, orientata alla
digitalizzazione dei collaboratori,
i primi a utilizzare le soluzioni che
proponiamo ai clienti. Inoltre, abbiamo lanciato da poco un progetto
di smart working e stiamo formando
i capi area perché siano in grado di
sostenere culturalmente il paradigma
del lavoro da remoto, che rivoluziona
l’approccio tipicamente italiano impostato più sulla presenza in ufficio
che sul raggiungimento degli obiettivi. Il concetto è quello del lavoro fruibile da e in qualunque luogo: in casa,
fuori casa, in mobilità.
Con ricadute importati anche in
termini di sicurezza, un aspetto su
cui stiamo facendo formazione per
evitare prestazioni svolte in condizioni di rischio: a fronte di una normativa ancora in fieri, è fondamentale che
le persone sappiano valutare come
comportarsi nell’adempiere alle
loro mansioni al di fuori dell’ufficio.
Le dinamiche di smart working
hanno impattato anche sull’organizzazione degli spazi presso la
48 -HT
sede?
Da quando, un paio di anni fa, ci
siamo trasferiti nella nuova sede di
Milano, il Vodafone Village, abbiamo favorito la creazione di spazi
informali per lo svolgimento di meeting e riunioni, promuovendo una
maggiore flessibilità degli ambienti
per consentire di lavorare ovunque
nella struttura.
Si tratta di superare il concetto di
stanzialità a vantaggio di un contesto dinamico, in evoluzione, in cui si
respira una cultura aziendale fortemente legata al brand.
È molto più allettante per i dipendenti, perché si discosta dalla spersonalizzazione dell’ufficio come stereo-
tipo.
È un paradigma organizzativo sicuramente efficace anche in termini
di engagement;
Vodafone guarda con particolare
interesse alle nuove generazioni, cercando di attrarre i giovani attraverso
percorsi di apprendimento il più stimolanti possibile. Ma la stessa freschezza d’approccio interessa anche
l’organico consolidato.
Un’iniziativa interessante in questo
senso riguarda l’accoppiamento di
ogni nuova risorsa a un buddy, una
persona tipicamente più anziana che
già conosce l’azienda e può supportarla nella fase di inserimento.
Viceversa, il profilo junior contribuisce con nuovi stimoli provenienti dall’esterno dell’azienda,
incoraggiando le figure senior a riconsiderare pratiche o modalità di
lavoro che risentono magari della
routine.
È un rapporto di tutoring a doppio senso, che produce beneficio per
entrambi e per l’intera organizzazione.
Prevedete percorsi particolari per
la valorizzazione dei talenti?
L’employer branding è un nostro
fiore all’occhiello e il mondo accademico è un importante bacino di
reclutamento ma, anche in questo
caso, adottiamo un approccio inedito che, ai classici career day, predilige
l’organizzazione di contest aperti agli
studenti, per metterli all’opera e valutarli su progetti concreti.
Una delle ultime presentazioni, fra
l’altro, si è svolta non solo di fronte a
Vodafone ma anche ai nostri clienti
e fornitori: una bella prova per i ragazzi.
Una volta selezionati, poi, i neolaureati vengono inseriti in un programma di job rotation all’interno dell’organizzazione – il Vodafone Discover
Program - e i migliori hanno la possibilità di intraprendere un percorso
internazionale. Siamo molto focaliz-
e il tema oggi per noi più caldo della
trasmissione di know how da questi
ultimi ai profili junior, dall’altro, intervenendo sui sistemi di knowledge
management e sulla circolazione delle informazioni.
Vodafone è molto attiva nella valorizzazione della diversità a 360°, non
solo in termini di aging.
Anche in termini di genere, nazionalità e background culturale.
Il 30% del comitato esecutivo e del
top management, per esempio, è
composto da donne ma, al di là del
target numerico, lavoriamo sui temi
dell’inclusività perché le persone siano realmente integrate all’interno
dell’organizzazione e per sviluppare
zati sul tema del talento: crediamo nel
potenziale delle persone e soprattutto
ci piace proiettare l’azienda nel futuro, immaginando le competenze e i
comportamenti più adatti a costruire
una visione di lungo termine.
la capacità di attrarre talenti dall’estero.
Ci preme, inoltre, promuovere un
concetto di welfare aziendale sempre
più ritagliato sui bisogni del singolo,
quindi, molto orientato alla personalizzazione dei servizi, evitando soluzioni calate dall’alto.
Oltre all’asilo interno, abbiamo attivato alcune facilities come il babysitting on demand, l’SOS per la casa
e una serie di servizi a scelta dei dipendenti, dall’educazione dei figli
alla previdenza complementare, per
sostenere il potere d’acquisto delle
famiglie senza, tuttavia, sostituirci
alla libera scelta della persona.
Come ritiene che si debba gestire in azienda il fattore età relativamente alle fasce anagrafiche meno
giovani?
Al di là delle esperienze svolte finora sui ponti generazionali, che
seguo con interesse, ritengo sia fondamentale agire su un duplice asse:
la rivitalizzazione delle competenze
delle persone più senior, da un lato,
49 -HT
INTERVISTA
Intervista a Michele Riccardi, direttore Risorse Umane di Edenred
Italia
DALLA CONDIVISIONE,
UN’ECCEZIONALITÀ
QUOTIDIANA CHE INNOVA
A cura di C. Cantoni
P
reoccupazione per il posto
di lavoro (in crescita del 50%
fra gli italiani), lealtà alla propria
azienda “in mancanza di alternative”, forte eterogeneità dei modelli
nazionali nella capacità di motivare
le risorse di fronte alla crisi. Giunto
all’VIII edizione, il Barometro Edenred-Ipsos 2013 sul benessere e l’engagement dei lavoratori dipendenti
in Europa, fotografa umori e tendenze di un mercato professionale percepito come poco gratificante.
Se il potenziale di frustrazione
esplode in Francia, oltre la metà
dei nostri connazionali non sente
riconosciuto il proprio impegno in
maniera adeguata e solo il 29% promuove a pieni voti la qualità di vita
sul luogo di lavoro (contro il 42% di
Germania, il 40% del Regno Unito e il
39% del Belgio). Ad essere bocciate, a
fronte di aspettative elevate, sono soprattutto le politiche di gestione dei
talenti e di trasmissione delle competenze (37% dei dipendenti tricolore),
così come la carenza di interventi per
il benessere aziendale (34% dei casi,
il peggior dato in Europa dopo il 55%
della Francia).
Michele Riccardi
50 -HT
In termini di soddisfazione e motivazione, performano meglio gli
ambienti di lavoro più “contrattuali”
di Belgio e Germania o il modello
più “opportunista” del Regno Unito. «Dal Barometro 2013 emergono
forti aspettative sul potere d’acquisto, che in Italia lascia scontento il
73% dei lavoratori», spiega Michele
Riccardi, direttore Risorse umane
di Edenred Italia. «In un momento
storico in cui le aziende faticano a
riconoscere ulteriore valore alle prestazioni professionali in termini di
salario puro, occorre percorrere vie
alternative per valorizzare il capitale
umano».
Un aspetto su cui Edered punta
dal 1976, anno della sua fondazione
nel Belpaese, tanto da ottenere nel
2005 la certificazione SA8000. Inventore del Ticket Restaurant e leader mondiale dei servizi prepagati
alle aziende (benefit, spese professionali, incentivi e premi), il Gruppo è
presente in 42 Paesi con oltre 6.100
collaboratori, che perseguono ovunque la medesima mission: “Entreprendere Differentément ENsemble”
(Eden).
Un principio condiviso, che ha
messo le ali a una crescita ininterrotta negli ultimi 50 anni, arrivando
a contare oggi 610mila clienti, 1,3
milioni di esercizi affiliati e 38 milioni di beneficiari, per un volume
di emissione 2012 pari a 16,7 milioni di euro. «I servizi che offriamo al
mercato rappresentano un cardine
innanzitutto delle nostre politiche
interne», dice Riccardi.
«E anche sul fronte motivazionale
operiamo a diversi livelli, dalla flessibilità dell’orario, ai trasporti per agevolare il tragitto casa-lavoro, alle tematiche legate alla famiglia».
Ci fa qualche esempio?
Con il progetto “Genitori in Edenred”, per esempio, sosteniamo le
mamme in attesa e i genitori con figli
da 0 a tre anni, sia a livello economico sia psicologico, con counseling
individuale e tavoli sulla genitorialità.
Cerchiamo di favorire l’interazio-
ne con le famiglie anche attraverso
i baby party organizzati per i bimbi
dei nostri 320 dipendenti, così che
possano attribuire una connotazione
fisica a un concetto per loro astratto
come il luogo di lavoro di mamma e
papà. Eroghiamo, inoltre, diversi Ticket Family, voucher spendibili presso una rete di operatori e strutture
In questo modo i dipendenti si riappropriano del loro tempo libero,
risultano meno stressati e in ufficio
possono concentrarsi sul lavoro senza altre preoccupazioni.
sanitarie convenzionati, per servizi
ai minori, come asili nido, baby sitting, mensa e ripetizioni scolastiche;
servizi per anziani o disabili, tipo assistenza domiciliare, case di riposo,
trasporto; e per la famiglia, dai piccoli lavori domestici al counseling,
alle colonie estive.
Uno dei cinque valori di Edenred
è la condivisione, che pratichiamo a
livello worldwide attraverso il nuovo corporate portal. Più simile a un
incubatore di idee che a una tradizionale intranet aziendale, Bubble
consente l’interazione e lo scambio
di conoscenze costante fra i 6.100
dipendenti del Gruppo. L’integrazione delle informazioni, applicazioni
e processi all’interno di un portale
accessibile a tutti è supportata da
tool collaborativi per la fruizione e la
produzione di contenuti. L’impostazione di personal profiles basati sulle competenze degli utenti favorisce
l’individuazione delle work-affinities
mentre l’attribuzione di rating per
esprimere il gradimento sugli argo-
Quali soluzioni avete introdotto,
invece, sul fronte del work-life balance?
PeopleOne è un servizio innovativo di assistenza reso dal “maggiordomo in azienda”, due giorni a settimana, per il disbrigo di commissioni e
incombenze ordinarie, come andare
in posta, al supermercato, in lavanderia.
51 -HT
La scorsa primavera avete lanciato la piattaforma collaborativa
Bubble: di cosa si tratta?
INTERVISTA
menti trattati consente uno sviluppo
paradigmatico dei temi.
Le communities e gli spazi dedicati
alla co-produzione di progetti, infine, permettono di condividere le attività in un’ottica di knowledge sharing volto a stimolare il contributo di
ogni singolo utente. È una collaborazione “orizzontale” che favorisce
la generazione di valore condiviso,
l’approccio partecipativo e l’engagement delle risorse.
Anche nell’ottica di una digitalizzazione sempre più spinta.
L’investimento per la realizzazione del Corporate Portal si inscrive
in un più ampio disegno di implementazione della strategia aziendale
orientata all’innovazione e all’introduzione di soluzioni all’avanguardia,
che rafforzino il business attraverso
l’impiego di strumenti digitali promuovendo la dematerializzazione di
prodotti e processi.
Bubble è anche il luogo deputato
all’aggiornamento costante di tutto
ciò che riguarda la cultura aziendale grazie alla disponibilità di toolkit,
strumenti di approfondimento delle
specifiche tematiche amministrative
o contrattualistiche inerenti il lavoro: dall’accesso al cedolino, eliminato da tempo nella versione cartacea,
al Cud, dagli aspetti di fiscalizzazione alla possibilità di compilare
il 730 online, dal sostegno al reddito alle varie integrazioni sanitarie,
con un’area dedicata alle convezioni
aziendali.
L’interazione fra dipendenti, su cui
la direzione generale punta molto,
trova nuovo slancio proprio grazie
a strumenti come Bubble, che promuovano la collaborazione in coerenza con la strategia aziendale nei
42 Paesi e nelle diverse legislazioni
in cui opera Edenred.
Coerenza che occorre tradurre in
omogeneità di comportamenti, in linea con il dna aziendale.
Il Gruppo ha lanciato un progetto
worldwide di change management
che, diffuso nella quotidianità a tutti
i livelli e a tutti i collaboratori, ha l’obiettivo di trasmettere una customer
insight che potremmo sintetizzare
così: “fare eccezionalmente bene le
azioni semplici di tutti i giorni”,
nell’interesse dei clienti, dei collaboratori e dei partner.
Un obiettivo ambizioso che non
può prescindere dallo sviluppo
delle competenze. Come avviene
l’aggiornamento delle professionalità?
Abbiamo lanciato quest’anno
un’intervista di valutazione online
che si interfaccia con la funzione
HR, per lavorare da un lato sulle performance delle persone, ma dall’altro, cosa ancora più importante, per
sviluppare le competenze necessarie
ad avere la persona giusta al posto
giusto. Nel 2014, lavoreremo in maniera ancora più sistematica sul rilevamento del fabbisogno formativo in
linea con i target individuati su base
annua.
Le informazioni ottenute tramite
interviste conflusicono nei nostri sistemi HR, producendo dati omogenei e di rapida lettura, che possono
essere più facilmente tradotti in un
piano di training, sia collettivo sia
individuale, coerente con la strategia
di sviluppo delle persone e, soprattutto, definito in termini di priorità
e di timing.
Quali priorità avete individuato
per il 2014?
Stiamo lavorando molto sull’area
vendite, perché le persone che ci rappresentano sul mercato, fisicamente
o telefonicamente, devono saper comunicare i nostri valori e servizi con
la naturale inclinazione alla customer insight di cui si parlava.
A inizio anno abbiamo erogato
quattro giorni di formazione dedicati
al teleselling, rafforzando la squadra
e cercando di uniformare in positivo
le competenze di ciascuno, sia a livello individuale che di team.
52 -HT
La stessa filosofia la stiamo perseguendo con i sales manager delle
varie linee di business: amalgamare
e rendere omogenee le strategie, pur
nella specificità dei diversi prodotti,
è per noi fondamentale.
Ai colleghi formati spetterà, poi, il
compito di supportare i propri collaboratori nello sviluppo delle competenze su due leve: una più personale, che riguarda la predisposizione
a un’evoluzione virtuosa al di fuori
della propria comfort zone, combinata all’attitudine a masticare know
how da applicare concretamente nel
proprio ruolo; una seconda leva strategica è il t-accounting, che stiamo
cercando di migliorare a tutti i livelli. Il prossimo focus, invece, sarà sul
project management. Edenred Italia
sta crescendo tanto e rapidamente
nella gamma di servizi, che vanno
proposti con coerenza pianificando
road map molto precise. Occorre,
quindi, saper creare un buon portfolio progetti da sviluppare con tempistiche e obiettivi chiari.
Soprattutto in un momento in
cui il cambiamento è la regola. Su
quali competenze vale la pena investire per affrontare le rapidissime
evoluzioni di mercato?
La nostra è un’organizzazione
piuttosto leggera, ma che, per numero di progetti, clienti, affiliati e stakeholder, oltre che per la posizione
di leadership sul mercato, ha a che
fare con la complessità e chiede alle
sue persone di saperla gestire.
Una competenza non semplice,
che sta in parte nell’attitudine personale da sviluppare attraverso le soft
skills, in parte, nella conoscenza più
hard di alcuni strumenti.
È poi fondamentale coltivare l’indole all’innovazione per anticipare
il cambiamento legato alle nuove
frontiere del digitale, del mobile e
delle transazioni in generale, dato
che Edenred ha appena costituito la
finanziaria Mitel per l’emissione di
moneta elettronica.
SCHEDA DIDATTICA
ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE
ARCHIVIARE I
DOCUMENTI IN MODO
EFFICACE
II° PARTE
L’archiviazione informatica è il processo di memorizzazione che permette di conservare i documenti mediante supporti informatici, con un ridotto consumo di spazio e di carta, mantenendo inalterata l’efficacia legale dei documenti
digitali, nel rispetto della normativa vigente.
SCHEDA DI SINTESI
“
Le schede
sono strutturate
in: scheda di
sintesi, che
contiene tutti i
macroelementi
della scheda
didattica con
numerazione
progressiva;
scheda analitica,
dove viene
approfondito
ogni singolo
macroelemento
con il rispettivo
numero
ESIGENZE GENERALI: Saper organizzare in maniera funzionale l’archivio
dell’ufficio, evitando di accumulare quantità di dati ed informazioni.
ARCHIVIAZIONE
•Cos’ è l’archivio e cosa significa archiviare
•Fasi archivio
- archivio corrente
- archivio deposito
- archivio storico
•Il locale archivio
•Archiviazione informatica
- il documento informatico
- registro di protocollo
- gestione e conservazione documenti
- responsabile conservazione digitale
COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di razionalizzare modelli
di gestione documentale per facilitare l’accesso alle pratiche in maniera efficiente
53 -HT
“
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE
ARCHIVIAZIONE
L’archiviazione informatica consente di:
-
digitalizzare l’archivio informatico
-
emettere documenti in formato elettronico la cui legalità è garantita da:
* firma digitale: firma elettronica che si appone ai documenti
informatici
* marca temporale: sequenza di caratteri (data e/o orario) che
rende immodificabile il documento
-
evitare errori di registrazione
-minimizzare i tempi di archiviazione
-
consultare i documenti da remoto
-
ottenere più informazioni contemporaneamente
-
garantire maggiore sicurezza all’accesso dei documenti grazie alla
tracciabilità operativa
-
eludere il deterioramento dei documenti
L’archiviazione informatica può essere utilizzata da:
-
imprese che possono risparmiare su stoccaggio cartaceo e utilizzare i
dipendenti per svolgere altri compiti
-
liberi professionisti
-
imprese private
-
pubblica amministrazione per motivi di economicità e praticità
Il documento informatico
“Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti,
fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art. 1, comma 1°, lett. p del Codice
dell’amministrazione digitale - C.A.D. contenuto nel D.L. 82/2005 e s.m.i.).Il
decreto del Ministero Economie e Finanze del 23 gennaio 2004 specifica che il
documento informatico è costituito da “testi, immagini, dati strutturati, disegni,
programmi, filmati formati tramite una grandezza fisica che assume valori
binari, ottenuti attraverso un processo di elaborazione elettronica, di cui sia
identificabile l’origine”.
54 -HT
SCHEDA ANALITICA
Il DPR 445/2000 riconosce alle P.A. ed ai privati la facoltà di “sostituire a
tutti gli effetti i documenti dei propri archivi, di cui per legge è prescritta la
conservazione, con la riproduzione su supporto fotografico, ottico o altro
mezzo idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali”.
Il documento informatico è realizzato, memorizzato, trasmesso attraverso
il supporto di strumenti telematici ed ha egual validità, agli effetti di legge,
del documento cartaceo, purchè venga identificata l’origine e sia sottoscritto
con firma digitale. L’art. 1 del C.A.D. prevede le seguenti tipologie di firma
elettronica:
-
firma elettronica semplice
-
firma elettronica avanzata
-
firma elettronica qualificata
-
firma digitale
Solo la firma digitale, la firma elettronica qualificata garantiscono
l’equivalenza con la “forma scritta e sottoscritta”.
I requisiti del documento informatico sono:
-
affidabilità ed integrità: capacità di mantenere inalterato il contenuto
nel tempo e di rappresentare i fatti in maniera reale
-
autenticità: possibilità di risalire all’autore
-
accessibilità: facoltà di individuare/accedere i documenti a breve e a
lungo periodo
-
leggibilità: il documento conservato deve essere reso leggibile
in qualunque momento presso il sistema di conservazione sostitutiva e
disponibile, a richiesta, su supporto cartaceo
-
riproducibilità: possibilità di riprodurre i documenti senza alterazioni
-identificabilità
55 -HT
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE
TIPOLOGIA DOCUMENTI
I documenti si distinguono in:
-
documenti in arrivo: sono documenti che con qualsiasi mezzo e supporto
vengono acquisiti dall’Uff. protocollo
-
documenti in partenza: hanno rilevanza giuridico-probatoria sono prodotti
dall’azienda e diretti a terzi
-
documenti interni: sono scambiati tra le varie unità operative e si
distinguono in:
- documenti di preminente carattere informativo
- documenti di preminente carattere giuridico-probatorio
Registro di protocollo
Il registro protocollo è un atto pubblico originario sancito dalla normativa
vigente, che prevede l’obbligo di registrazione dei documenti ricevuti e spediti
e dei loro dati identificativi ed è idoneo a produrre effetti giuridici a favore o a
danno delle parti.
Le informazioni contenute nel registro di protocollo sono conseguenti ad
una efficace gestione del protocollo informatico che ha lo scopo di attestare
l’esistenza legale di un documento in ricezione e/o in spedizione attraverso:
-
la registrazione che non può essere modificata – cancellata – integrata
e comprende i seguenti elementi:
-
data di registrazione generata automaticamente dal sistema, non
modificabile
-
numero protocollo generato automaticamente dal sistema , non
modificabile
-
mittente e destinatario, non modificabile
-
oggetto, non modificabile
-
numero allegati e loro descrizione
-
data e n. protocollo del documento ricevuto
56 -HT
SCHEDA ANALITICA
Registro di protocollo:
-
la segnatura di protocollo che consiste nell’apposizione in forma
permanente e non modificabile - con una etichetta, con codice a barre delle informazioni riguardanti la registrazione di protocollo per
consentire di identificare il documento
-
lo smistamento dei documenti in arrivo ai servizi competenti
-
la protocollazione effettuata in giornata e non oltre le 48 ore dalla
ricezione del documento
-
l’ annullamento della registrazione: le registrazioni annullate rimangono
memorizzate e visibili con evidenziata data annullamento ed operatore
che ha effettuato l’operazione
-
il registro di emergenza: viene utilizzato quando, per cause tecniche, non
è possibile l’utilizzo del protocollo informatico ed ogni documento deve
essere registrato su un supporto alternativo
Come previsto dal DPR 445/2000 sono esclusi dalla registrazione di
protocollo:
-
gazzette ufficiali
-
bollettini ufficiali P.A.
-
notiziari P.A.
-
note di ricezione di circolari
-
note di ricezione altre disposizioni
-
materiali statistici
-
atti preparatori interni
-
giornali
-
riviste
-
libri
-
materiali pubblicitari
-
inviti a manifestazioni
-
che non attivino procedimenti amministrativi
-
tutti i documenti già soggetti a registrazione particolare
dell’amministrazione
-
delibere
-
determine
-
contratti
57 -HT
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE
I principali compiti del personale addetto alla protocollazione e
archivio sono:
-
apertura posta
-
individuazione unità operative competenti
-
registrazione informatica dei documenti e assegnazione protocollo
-
scansione e acquisizione immagine digitale dei documenti
-
smistamento posta
-
stampa giornaliera e conservazione del registro protocollo
-
tenuta registro emergenza
-
salvataggio e conservazione dati
Gestione e conservazione documenti
La conservazione digitale, processo effettuato con le modalità previste dalla
deliberazione 42/2001, è il processo realizzato attraverso la memorizzazione
su adeguati supporti informatici (es. CD, DVD ecc.) idonei a garantire la
conformità dei documenti agli originali e può essere applicata sia a documenti
già disponibili in formato elettronico sia a documenti in formato cartaceo
attraverso la trasformazione in formato elettronico – dematerializzazione -.
La deliberazione del CNIPA n° 11/2004 e s.m.i. stabilisce all’art. 2 comma 1
che “Gli obblighi di conservazione sostitutiva dei documenti, previsti dalla
legislazione vigente sia per le pubbliche amministrazioni sia per i privati, sono
soddisfatti a tutti gli effetti, fatto salvo quanto indicato dall’art. 7, qualora il
processo di conservazione venga effettuato con le modalità di cui agli articoli 3
e 4.”
L’articolo 6 della deliberazione del CNIPA n° 11/2004 sancisce l’obbligo di
esibizione, ovvero:
1. Il documento conservato deve essere reso leggibile in qualunque momento
presso il sistema di conservazione sostitutiva e disponibile, a richiesta, su
supporto cartaceo.
2. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica.
3. Qualora un documento conservato venga esibito su supporto cartaceo fuori
dall’ambiente in cui e’ installato il sistema di conservazione sostitutiva, deve
esserne dichiarata la conformità da parte di un pubblico ufficiale se si tratta di
documenti per la cui conservazione è previsto il suo intervento.
58 -HT
SCHEDA ANALITICA
Responsabile conservazione digitale:
Il responsabile conservazione digitale (o sostitutiva) è la figura addetta al
corretto svolgimento del processo di conservazione digitale dei documenti.
Secondo quanto disposto dall’art. 5 della deliberazione CNIPA n. 11/2004 s.m.i.
il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva:
-
definisce le caratteristiche e i requisiti del sistema di conservazione in
funzione della tipologia dei documenti (analogici o informatici) da
conservare, della quale tiene evidenza
-
organizza conseguentemente il contenuto dei supporti ottici e gestisce
le procedure di sicurezza e di tracciabilità che ne garantiscono la
corretta conservazione, anche per consentire l’esibizione di ciascun
documento conservato
-
archivia e rende disponibili, con l’impiego di procedure elaborative,
relativamente ad ogni supporto di memorizzazione utilizzato, le seguenti
informazioni:
-
descrizione del contenuto dell’insieme dei documenti
-
estremi identificativi del responsabile della conservazione
-
estremi identificativi delle persone eventualmente delegate dal
responsabile della conservazione, con l’indicazione dei compiti alle
stesse assegnati
- indicazione delle copie di sicurezza
-m
antiene e rende accessibile un archivio del software dei programmi in
gestione nelle eventuali diverse versioni
- verifica la corretta funzionalità del sistema e dei programmi in gestione
-
adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema
preposto al processo di conservazione sostitutiva e delle copie di
sicurezza dei supporti di memorizzazione
-
richiede la presenza di un pubblico ufficiale nei casi in cui sia previsto il
suo intervento, assicurando allo stesso l’assistenza e le risorse
necessarie per l’espletamento delle attività al medesimo attribuite
-
definisce e documenta le procedure di sicurezza da rispettare per
l’apposizione del riferimento temporale
-
verifica periodicamente, con cadenza non superiore a cinque anni,
l’effettiva leggibilità’ dei documenti conservati provvedendo, se
necessario, al riversamento diretto o sostitutivo del contenuto dei
supporti.
59 -HT
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE
Il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva può delegare,
in tutto o in parte, lo svolgimento delle proprie attività ad una o più persone
che, per competenza ed esperienza, garantiscano la corretta esecuzione delle
operazioni ad esse delegate.
Manuale del responsabile della Conservazione Sostitutiva
E’ predisposto a cura del gestore del servizio e fornisce la descrizione generale
del procedimento di conservazione sostitutiva in modo da adempiere a quanto
prescritto dalla Deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004, n. 11.
In particolare ha lo scopo di descrivere:
-
le competenze, i compiti del responsabile della conservazione sostitutiva
-
le regole e le procedure utilizzate per implementare il processo di
conservazione sostitutiva dei documenti
-
il processo di apposizione della firma digitale, della marca temporale e
tutti gli aspetti procedurali inerenti alla creazione dei supporti ottici
-
le procedure di sicurezza adottate per tale processo
ESIGENZE
Incrementare l’efficienza delle aziende attraverso la corretta gestione
dell’archivio cartaceo ed informatico
VANTAGGI
Essere in grado di integrare l’archivio cartaceo ed il sistema documentale
informatico in tempi brevi e di contenere i costi
COMPETENZE SVILUPPATE
Acquisire le competenze per effettuare le operazioni di registrazione –
classificazione e conservazione dei documenti e gestire tutte le problematiche
connesse
60 -HT
SCHEDA DIDATTICA
E-COMMERCE E WEB MARKETING
E-COMMERCE E WEB
MARKETING
I° PARTE
Globalizzazione, tecnologia avanzata, competitività, nuovi modelli di comunicazione, di vendita e di acquisto rendono l’e-commerce un sistema imponente e concreto, a cui le aziende non possono più sottrarsi in un’ottica di business-to-business e business-to-consumer. Il cybermercato è uno scenario ancora troppo poco frequentato dalle aziende italiane (solo il 5%) e quindi nebuloso per molti imprenditori, rispetto a tecniche, software, politiche del prodotto,
web marketing. Con circa 570 milioni di potenziali acquirenti in Europa, bisogna possedere le competenze tecniche
necessarie, saper gestire le strategie politiche e pragmatiche del commercio elettronico.
SCHEDA DI SINTESI
“
Le schede
sono strutturate
in: scheda di
sintesi, che
contiene tutti i
macroelementi
della scheda
didattica con
numerazione
progressiva;
scheda analitica,
dove viene
approfondito
ogni singolo
macroelemento
con il rispettivo
numero
ESIGENZE GENERALI: Saper utilizzare gli strumenti Web dell’e-commerce
per gestire la customer care e le vendite, indicizzare le pagine con le giuste parole
chiave, predisporre un piano editoriale che valorizzi le newsletter per la mailing list
e mantenere nel tempo gli obiettivi prefissati
E-COMMERCE
E-COMMERCE
WEB MARKETING
•
•
•
•
•
•
•
•
definizione
tipologia
settori più sviluppati
vantaggi e rischi
siti e-commerce di
successo
prevalenti sistemi di
pagamento e-commerce
normative
•
•
•
•
•
•
•
•
principi del web
marketing
Analisi concorrenza
Personal marketing
Content marketing
Viral marketing
Creazione database
contatti
Posizionamento motori
di ricerca
Pubblicità on-line
Errori da evitare
COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di progettare le vendite on
line, monitorare la corretta valutazione dei dati, utilizzare le giuste strategie di web
marketing
61 -HT
“
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
E-COMMERCE E WEB MARKETING
e-commerce
Definizione:
L’e-commerce (commercio elettronico) consiste nella vendita di prodotti
on-line attraverso le transizioni per via elettronica. E’ un nuovo modo di fare
commercio che ha cambiato le modalità di acquistare e vendere, superando
il rapporto diretto venditore/consumatore e stabilendo nuove regole di
comunicazione. Il commercio elettronico ha inizio nei primi anni ’90 ed è
considerato il precursore della new economy per aver trasformato gli schemi
del commercio tradizionale e per aver permesso alle aziende di ottimizzare
il rapporto qualità/costi dei servizi. La commercializzazione di beni e servizi
attraverso la rete internet prevede:
-
la distribuzione on-line di prodotti
-
l’effettuazione di operazioni finanziarie
-
l’applicazione di procedure di tipo transattivo della Pubblica
Amministrazione
Tipologia - L’e-commerce si distingue in:
commercio elettronico indiretto –beni materiali - (off-line)
Il commercio elettronico indiretto riguarda le transazioni che avvengono per via
telematica relativamente alla cessione giuridica del bene ed alla conclusione
del contratto tra venditore e cliente, mentre la consegna fisica del bene segue
i canali tradizionali. Le aziende preposte al commercio elettronico indiretto,
devono attenersi alle stesse regole che governano la vendita dei beni in forma
tradizionale
commercio elettronico diretto - beni immateriali o digitalizzati - (on-line)
Nel commercio elettronico diretto la transazione commerciale –ordine,
pagamento, consegna- avviene unicamente per via telematica, mediante la
fornitura di prodotti virtuali non tangibili. Si tratta di una prestazione di servizio
relativa a beni ceduti dematerializzati (es. testi, software, immagini, film,
canzoni, ecc.) che arrivano al destinatario mediante download
62 -HT
SCHEDA ANALITICA
In base ai soggetti coinvolti nel processo di vendita, le tipologie di commercio
elettronico vengono classificate nel seguente modo:
• business to consumer (B2C): vendita di beni e servizi al consumatore finale,
eludendo le catene di distribuzione
• business to business (B2B): letteramente “azienda-verso-azienda”, è il
complesso delle relazioni commerciali elettroniche tra imprese. Esempi di
attività B2B:
-
vendita di prodotti all’ingrosso
servizi per le aziende: creazione siti web aziendali, organizzazione di
convegni e meeting aziendali
• consumer to consumer (C2C) riguarda gli scambi tra privati per via telematica
mediante appositi siti web specializzati nel fare incontrare domanda/offerta
• business to administration interessa tutte le transazioni effettuabili tra
azienda e pubblica amministrazione (concessioni, permessi, riscossioni, ecc.)
• consumer to administration riguarda le transazioni tra cittadini e Pubblica
Amministrazione (pagamento tasse, contributi, ecc.)
Settori più sviluppati:
Tra i settori più sviluppati dell’e-commerce rientrano:
-
turismo
-
abbigliamento
-
assicurazioni
-
editoria/musica
-
tecnologia informatica, cellulari
-
gracery: prodotti alimentari – per la pulizia della persona e della casa –
beni non durevoli
63 -HT
SCHEDA ANALITICA
SCHEDA DIDATTICA
E-COMMERCE E WEB MARKETING
Vantaggi:
I vantaggi relativi al commercio elettronico sono numerosi e si estendono a
livello di mercato ed a livello di consumatore/venditore. In particolare essi
consistono in:
-
ampiezza del mercato (mercato globale) possibilità di accrescere il
numero dei potenziali clienti
-
visibilità
-
transazioni continue senza interruzioni (H 24)
-
economicità: per un’attività e-commerce non servono ingenti costi e
sono ridotti gli investimenti per le scorte di magazzino
-
rapporti stabili tra le aziende grazie alla stipulazione di contratti di
fornitura nel tempo
-
incontro facilitato tra domanda/offerta
-
riduzione dei costi operativi
-
apertura di più negozi on line contemporaneamente organizzati per
categoria
-
acquisti e vendite rapide
Criticità:
Esistono delle effettive criticità nel mondo dell’e-commerce legate al suo essere
virtuale e non tangibile, a differenza delle vendite tradizionali, che possono
frenare clienti ed aziende al suo utilizzo. Tra i principali deterrenti:
-
siti di e-commerce con processi di navigazione complicati
-
siti poco chiari
-
timore di truffe dovute alla non conoscenza diretta del prodotto/fornitore
-
sfiducia nei mezzi di pagamento
-
costi di spedizione a carico del cliente
-
scarsa conoscenza delle tecniche per entrare nel mercato virtuale
-
difficoltà di fidelizzazione dei clienti
-
prezzi non modificabili in tempi rapidi
64 -HT
cercacorsiemaster.it
L’OPINIONE DI
Cercacorsiemaster.it è un portale innovativo nel settore della
formazione che rappresenta il trait d’union tra chi cerca e chi offre
formazione.
Il nuovo portale sulla
formazione: un mix di
innovazione e qualità
A cura di Marco Russo
L
a pubblicità on line è ormai
una realtà consolidata: ha
superato, anche in Italia, il miliardo di
euro, e cresce “a doppia cifra”. Sempre
più imprese prendono in considerazione internet per strutturare quella
che oggi in molti chiamano una “comunicazione a 360 gradi”.
Dall’altra parte, secondo l’ultimo
rapporto Nielsen, “Trust in Advertising” , la fiducia degli utenti sulla pubblicità online è aumentata di 9 punti
percentuali, raggiungendo il 69% .
Metà degli intervistati ha dichiarato
di fidarsi degli annunci nei risultati
di ricerca, nei video online e sui social
network. Più di quattro su dieci ha fiducia nei banner, con un incremento
del 26% rispetto al 2007.
In questo clima di sviluppo del
mondo web, che ha visto la crescita di
tanti aggregatori settoriali, si inserisce
Cercacorsiemaster.it: un portale innovativo nel settore della formazione.
Nato dalla lunga esperienza di
professionisti che da diversi anni operano in questo ambito, il sito costituisce una nuova realtà, con una grafica
accattivante, semplice, intuitiva e dai
colori eleganti, che rende la navigazione completa e all’avanguardia.
Il portale si pone come punto d’incontro tra gli enti di formazione e potenziali corsisti. Da una parte, infatti,
gli Enti sono facilitati da un potente
pannello di controllo nell’inserimento
delle informazioni, delle news
e dei comunicati
riguardanti l’offerta formativa,
e dall’altro gli
utenti possono
godere di tutte
queste informazioni grazie alla
semplicità e fruibilità del portale, che rende
la ricerca delle
offerte formative immediata e
dinamica.
Gli utenti di cercacorsiemaster.
it possono consultare gratuitamente
tutti i contenuti proposti in modo da
avere informazioni sempre aggiornate sull’intero mondo della formazione:
scolastica, universitaria, post-universitaria, specialistica e professionale.
Ogni target specifico di utenti (lavoratori, studenti, neolaureati, disoccupati in cerca di riqualificazione professionale, imprenditori, manager)
può individuare il percorso formativo
più adatto, per una crescita personale
e/o lavorativa, ed ottenere dall’Ente
interessato ulteriori informazioni grazie al form presente nella pagina del
corso/master.
Il portale prevede per ogni Azienda/Scuola/Professionista una pagina
66 -HT
personalizzata nella quale sono presenti tutte le informazioni utili che
essi stessi possono gestire e valorizzare.
Per aumentare la visibilità dell’Ente Formazione o dell’offerta formativa, cercacorsiemaster.it offre, in
home page, banner pubblicitari di diverse dimensioni.
Ma la novità assoluta per il settore dei portali dedicati al mondo della
formazione è rappresentata da una
piattaforma che permette di vendere
direttamente online i propri corsi.
I risultati raggiunti in breve tempo sono notevoli, in poche settimane
hanno aderito 50 enti di formazione
che con entusiasmo stanno usufruendo di questi innovativi servizi.
FondItalia
Fondo paritetico interprofessionale
per la formazione continua
Con le IMPRESE
FUORI dai soliti schemi
FondItalia è un Fondo Paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua promosso da FederTerziario – Federazione
Italiana del Terziario, dei Servizi, del Lavoro Autonomo e della
Piccola Impresa Industriale, Commerciale ed Artigiana – e UGL
– Unione generale del Lavoro –.
Le imprese di tutti i settori economici, agricoltura compresa,
che aderiscono ad un Fondo hanno l’opportunità di utilizzare lo 0,30 dei contributi obbligatori versati all’INPS (Legge
388/2000) per la formazione dei propri lavoratori.
Aderire non costa nulla.
FondItalia è VELOCE
FondItalia, mediante i suoi canali di finanziamento e la sua
procedura a Sportello, assicura tempi di finanziamento ridotti
CONTO FORMATIVO e CONTO AZIENDE
Sportello Imprese FondItalia 2010-2012
FondItalia è AGILE
FondItalia, grazie alle policy delle Parti Sociali che promuovono
il Fondo, garantisce la sottoscrizione immediata dell’Accordo
di Concertazione a valere sui Piani
CONCERTAZIONE NAZIONALE
FondItalia è FLESSIBILE
FondItalia accoglie tutte le esigenze formative delle imprese, a
partire dalla formazione “obbligo di legge”, e ammette qualsiasi modalità formativa
FORMAZIONE SU MISURA
FondItalia.
NON RESTA CHE ADERIRE
L’adesione a FondItalia si effettua utilizzando il modello di denuncia contributiva Uniemens dell’INPS relativo
al primo periodo di paga utile, inserendo nell’apposito
spazio il codice “FEMI” ed il numero dei dipendenti.
UNIONE GENERALE DEL LAVORO
Fondo Formazione Italia
FondItalia - Via Cesare Beccaria, 16 - 00196 Roma
Tel. 06 95.21.69.33 - Fax 06 99.70.55.21
[email protected] - www.fonditalia.org
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68 -HT
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