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quanta formazione si fa in italia?
L e ri s or s e u m a n e € 8,00 - chf 13 Periodicità trimestrale - Poste Italiane Spa - Spediz. abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv.in L.27/2/2004 n.46) art.1 comma 1 - CNS MI V A L O R I Z Z A R E n. 27| G I U G N O - LU G L I O 2 0 1 4 www.humantraining.it QUANTA FORMAZIONE SI FA IN ITALIA? L’INDAGINE DI EXPOTRAINING ED EXPOLAVORO & SICUREZZA 1 -HT 2 -HT EDITORIALE L’IGNORANZA GALOPPANTE LA FA’ DA PADRONA…. ALTRO CHE CRISI. lezza sui benefici della formazione non è andato di pari passo con l’evolversi della normativa e dell’offerta formativa. Spesso accade che la cultura aziendale generi una situazione di antinomia tra il reale desiderio di fare formazione e la volontà di farlo, o ancora peggio, che culturalmente serpeggi la profonda distorsione concettuale ben rappresentata dalla scusa palese “non abbiamo tempo e risorse economiche da destinare”. Balle! Perchè chi non ha tempo da destinare per risolvere i suoi problemi è meglio che esca velocemente dal mercato, per evitare il costo sociale della non formazione, mentre invece per quanto riguarda le disponibilità economiche è sufficiente far ricorso agli strumenti di finanza agevolata che proliferano. Ecco, allora, che dobbiamo domandarci di che cosa si necessita per stimolare la domanda di formazione e che tipo di offerta occorre. La risposta deve essere ricercata, per quanto concerne l’offerta formativa, in una progettualità che colga i veri problemi e le difficoltà quotidiane degli addetti alle varie funzioni organizzative e che, “chirurgicamente”, intervenga fornendo un kit di strumenti spendibili nell’operatività. Anche le Istituzioni devono fare la propria parte , così come hanno imposto l’obbligatorietà della formazione sulla sicurezza, si dovrebbe estendere tale vincolo a tutti i generi di formazione attraverso una specifica legge. Concludendo questa mia riflessione vi propongo una citazione anonima che si attaglia molto bene all’argomento “Se pensate che l’istruzione sia costosa provate con l’ignoranza”. Competitività fa rima con competenze, ma competenze non fa rima con l’ignoranza dilagante che si avverte nella classe imprenditoriale e dirigenziale del Paese. Ignoranza che non stimola la crescita, che critica la situazione, è priva di spunti e di idee per porre delle azioni di contrasto all’attuale situazione. L’incompetenza è figlia del triste primato che l’Italia vanta nelle classifiche internazionali relative al numero di ore formative annuali per lavoratore ed investimenti sulla formazione – un esempio per tutti, in Italia si svolgono un’ora e mezza contro le ventiquattro ore della Germania - e poi ci domandiamo perché i tedeschi sono delle locomotive e noi delle zavorre!! L’aspetto maggiormente preoccupante è rappresentato dal fatto che se noi chiediamo ad un imprenditore o a un dirigente se loro stessi o i loro collaboratori necessitino di formazione, la risposta più plausibile che otterremo è: si sarebbe meglio farla, tuttavia andiamo avanti così! Fortunatamente non tutte le aziende snobbano la formazione, in un recente convegno ho incontrato un imprenditore che mi raccontava entusiasta di quali effetti benevoli avesse ottenuto dalla formazione e diceva: “Vede, se i miei addetti alla contabilità non sapessero l’inglese, quando devono sollecitare al cliente estero i pagamenti o fornire chiarimenti, o lo fanno immediatamente, o ritarderemmo gli incassi”. In questo caso l’imprenditore è persuaso che formare i propri collaboratori non rappresenta un aggravio di costi o una prassi d’èlite, ma un propulsore e quel valore aggiunto che permette di far fronte alla crisi. In questo scenario l’aumento della consapevo- Carlo Barberis 3 -HT V A L O R I Z Z A R E L A Anno 7 N° 27 Giugno - Luglio 2014 R I S O R S E UM A N E Sommario EDITORIALE 3Editoriale 6 cover La formazione in tempi di crisi: i soldi ci sono, ciò che manca è la formazione! Ricerca sulla formazione Pag. 6 l'eco della formazione 12 I tradizionali sistemi di marketing funzionano ancora nella vendita dei servizi? 14 La formazione al centro 17 Expo 2015: CISL Reti promuove Forum Internazionale del Lavoro Stefano Scabbio pag. 14 Andrea Guanci pag. 18 Antonio Sabbatella pag. 24 18 Prestazioni eccellenti in mercati incerti: strategie di vendita, tra vecchi e nuovi paradigmi commerciali 23 I cittadini ed il rispetto della privacy 24 Una formazione professionalizzante e certificata per cogliere le opportunita’ dell’europa 26 I vantaggi del franchising sulla formazione 30 La scuola nutre la famiglia e i valori 33 Sicurezza e salute delle popolazioni e protezione ambientale: elementi vitali per il pianeta 4 -HT focus HT HUMAN TRAINING Direttore Responsabile: Vittorio Baroffio 34 Il futuro e’ “smart working”: siamo pronti? Direttore editoriale: Carlo Barberis INTERVISTA 36 Intervista a Paola Codecasa, responsabile delle Risorse umane del gruppo Zucchetti Prima dell’organigramma, la qualità delle idee Paola Codecasa pag. 36 39 Intervista ad Anna Maria Delzotti, regista teatrale, e Gioacchino Leovino, direttore hr di Fincons Group. Con l’arte, la passione entra nel business 43 Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane di Sanofi Italia. L’attenzione alla persona che fa crescere l’impresa 46 Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e organizzazione di Vodafone Italia. Quando la formazione mette le ali al business Collaboratori: S. Airoldi, M. Alvisi, A. Auriemma, E. Avanzi, A. Baldi, M. R. Barberis, M. Campi, A. Campiotti, M. D. Castejon, M. Cinque, C. Colombo, C. De Masi, A. Diotallevi, F.M. Di Foglio, P. Favarano, M. Filippis, T. Greco, P. Iacci, M. Moretta, C. Osnago Gadda, A. Passerini, G. Robilotta, G. P. Rossi, G. Rovesti, F. Sala, L.Serrani, M. Soriani Bellavista, S. Verza [email protected] Segreteria di redazione: Michela Corradin [email protected] Realizzazione Stampa: PixartPrinting Gioacchino Leovino pag. 39 Pubblicità: [email protected] Tel. 02 80509656 HT Human Training è pubblicato da C.R.I.S.O.F. S.c.a.r.l. 20123 Milano Via De Togni, 20 Tel 02 80509656 Fax 02 80509280 e mail [email protected] sito: www.humantraining.it 50 Intervista a Michele Riccardi, direttore Risorse umane di Edenred Italia. Dalla condivisione, un’eccezionalità quotidiana che innova Registrazione tribunale di Milano N° 48 del 23/01/08 le schede 53 Archiviare i documenti in modo efficace II° parte 61 E-commerce e web marketing I° parte Elisabetta Caldera pag. 46 L'OPINIONE di 66 Il nuovo portale sulla formazione: un mix di innovazione e qualità Michele Riccardi 5 -HT pag. 50 Costo copia € 8,00 - Abbonamento annuo Italia € 40,00 - Abbonamento Estero € 60,00 - Versare l’importo mediante bonifico bancario presso: Gruppo Veneto Banca, codice IBAN IT 13 L 0503545 3602 5057 0125 222, oppure inviare assegno presso la sede della rivista. L’abbonamento sarà attivo dal momento di ricevimento del pagamento e può decorrere da qualsiasi periodo. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma o rielaborata con l’uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. COVER La formazione in tempi di crisi: i soldi ci sono, ciò che manca è la formazione! A cura dell’osservatorio di ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza I l sistema della formazione non riesce a far percepire al sistema azienda il vero plus derivante dalla formazione, e le aziende, troppo impegnate a gestire a braccio il quotidiano, non vedono quali concreti vantaggi possano derivare dai piani formativi, pertanto tutto il sistema è in sofferenza! Questa è la sintesi della ricerca condotta dall’Osservatorio di ExpoTraining ed ExpoLavoro&Sicurezza. Ma perché avviene ciò? Certamente, le cause sono da ricercare, in primis, sul fronte del sistema formativo, che non ha saputo innovarsi e soprattutto non ha saputo educare gli interlocutori, intendendo il verbo nel senso etimologico di e-ducere, portare a consapevolezza un sapere all’inizio latente: non ha infatti avviato un processo di socializzazione all’utilizzo delle pratiche formative come elemento impre- Il grafico riporta il quadro della formazione nelle aziende secondo le loro dimensioni scindibile nello sviluppo del Sistema Paese. Correlativamente, sul versante delle imprese, non si è consolidata una vera coscienza rispetto all’acquisto della formazione poichè il 70% delle imprese avvia programmi for- segmentazione geografica e relative percentuali 6 -HT italia e relative percentuali di formazione incremento delle aziende che nei prossimi due anni sono intenzionate a fare formazione vedremo che la riflessione ci porterà a individuare una causa più fondamentale del disagio che inficia il mondo della formazione. L’universo di riferimento L’indagine svolta per la realizzazione di questa ricerca è stata concepita attraverso le informazioni fornite Percentuale aziende che ha avviato programmi formativi 2009 mativi, ossia dà corso allo sviluppo della competenza, solo ed esclusivamente se ha accesso al sistema di finanziamento pubblico. E un altro dato preoccupante che emerge è che non tutto il gettito derivante dal versamento del contributo dello 0,30% del monte salari di cui alla legge 388/2003 viene opzionato nei fondi interprofessionali. Da questa prima eziologia, che presenta le cause più immediatamente evidenti del problema, emerge una complessiva crisi d’identità del settore che ha generato un processo di devianza. Ma, se ci soffermiamo più in particolare sulla fenomenologia di questo processo, Percentuale aziende che intende avviare in futuro programmi formativi Percentuale aziende che non intende avviare in futuro programmi formativi 7 -HT COVER da un campione di 1.000 aziende italiane e composto da un universo di circa 500.000 lavoratori. Il target è stato scelto in base al numero dei dipendenti e alle rispettive aree geografiche. Si tratta di aziende di capitali private; non è stata presa in considerazione la pubblica amministrazione. dipendenti aziende in relazione alla formazione finanziata Percentuale di formazione finanziata usata dalle aziende aziende intervistate (con l’unica eccezione della grande impresa). Questo andamento lo si riscontra nella seguente, e molto diffusa, persuasione: faccio formazione solo ed esclusivamente se ho dei finanziamenti. Ci troviamo davanti a un mercato drogato, dalle varie linee di finanziamento pubblico che da un lato, esse hanno senz’altro contribuito a promuovere la domanda formativa, ma, dall’altro, hanno “dopato il mercato”, ossia non hanno permesso di radicare una cultura imprenditoriale autenticamente Questo è l’insieme preso in esame: tutte le aziende che hanno partecipato all’indagine hanno fornito una serie di informazioni sulle proprie attività formative svolte nell’attuale congiuntura negativa. Quanti fanno formazione? Il quadro che emerge da questa rilevazione ci fornisce un sistema “frenato”, soprattutto per quanto concerne la medio piccola impresa, ossia la nervatura del Sistema Paese, nella quale solo il 18% ha attivato, durante l’anno, programmi formativi, e un altro esiguo 10% intende nel prossimo futuro avviare azioni formative. Salendo come dimensioni di grandezza, aumentano le percentuali di utilizzo delle prassi formative. Attualmente il sistema produttivo non ha il valore aggiunto derivante dalle azioni di formazione e di addestramento. Una conseguenza di ciò è un’invo- dipendenti aziende in relazione alla formazione erogata con risorse proprie luzione di competitività del sistema Paese in una logica di mercato globale, involuzione dovuta al modesto grado di capitalizzazione delle proprie risorse umane. Formazione solo con finanziamenti La ricerca ci consegna un altro punto di riflessione relativo alla destinazione del budget di formazione che è praticamente assente o poco rilevante, nella maggioranza delle 8 -HT sana, cioè focalizzata sulla capitalizzazione delle risorse umane come asset di differenziazione e sviluppo. Fatta eccezione, difatti, per le aziende più strutturate, che tradizionalmente destinano una percentuale del proprio fatturato alla formazione, la maggior parte delle imprese vincola la realizzazione dell’attività formativa all’ottenimento dei finanziamenti. Aree Tematiche Partecipazione Management 30% Comunicazione interpersonale 12% Contabilità e finanza 1,50% Organizzazione e gestione aziendale 7% Marketing vendite 36% Qualità 3,50% Informatica 15% Lingue 22% Giuridico normativa 3% Tecniche di produzione 9% Sicurezza 31% AREE TEMATICHE E PARTECIPAZIONE Dall’equazione “finanziamento=formazione” scaturisce così un atteggiamento mentale deviato, che determina a sua volta un comportamento imprudente per l’azienda. La prima riflessione in tal senso è che le politiche di finanziamento alla formazione devono essere totalmente riscritte, inserendo una condizione grazie alla quale si andrebbe a sviluppare una cultura della formazione continua che prescinde dall’ottenimento del solo finanziamento. Un’ipotesi praticabile, per conferire adeguate basi finanziarie ai piani formativi, è abbinare la parte delle risorse richieste al sistema del finanziamento pubblico a una parte delle risorse economiche messe a disposizione dall’azienda; un’altra idea possibile è introdurre delle agevolazioni fiscali per chi ha deciso di attivare dei piani di formazione. Così operando, come d’altra parte avviene in altri paesi Europei, come, ad esempio, in Francia, si andrebbe a generare nel tempo l’abitudine di allocare budget destinati alla formazione all’interno dei bilanci. Tematiche formative riscontrate Come si evince dalle risultanze, in termini di preferenze, si nota una diversificazione dell’approccio tematico molto sbilanciata a favore delle pratiche tipiche dell’addestramento – informatica, lingue, sicurezza, ecc. Tali discipline, molto più misurabili e tangibili, esibiscono un grado di preferenza notevole. Il che ci porta a constatare che, a livello di cultura e di abitudini formative, le suddette materie, di derivazione prettamente scolastica ed educativa, abbiano più successo, se paragonate a discipline tipiche dello sviluppo della cultura aziendale, quali il management, il marketing, le vendite, la comunicazione interfunzionale, ecc. DATI RELATIVI AI PROGRAMMI Ad HOC in relazione aI PROGRAMMI A CATALOGO DETTAGLIO DEI DATI SULLA FORMAZIONE AD HOC 9 -HT COVER DETTAGLIO DEI DATI SULLA FORMAZIONE CON PROGRAMMI A CATALOGO E, ricercandone le specifiche motivazioni, è ragionevole supporre che le aziende siano indotte ad acquistare le discipline tipiche dell’addestramento poiché esse sono: • più facilmente comprensibili in termini di criteri tecnici d’acquisto; • maggiormente verificabili in termini di apprendimento; • maggiormente stimabili in termini di ROI; • maggiormente investite di sforzi di innovazione da parte dell’offerta formativa. Sull’opposto versante delle discipline tipiche della formazione, la stagnazione dell’acquisto potrebbe essere ricondotta a: • mancanza di azioni di orienta- mento in seno alla committenza; • non tangibilità nel breve termine degli apporti formativi; • non credibilità degli effetti deriLA FIERA DELLA FORMAZIONE DEL LAVORO E SICUREZZA. vanti dall’azione formativa; • l’elevata offerta di prodotti formativi vetusti; • non innovazione dell’offerta formativa. 10 -HT 11 -HT L’ECO DELLA FORMAZIONE Le nuove frontiere del marketing della formazione I tradizionali sistemi di marketing funzionano ancora nella vendita dei servizi? A cura di M. Soriani L a contrazione dei finanziamenti pubblici ,in particolare quelli regionali afferenti FSE, l’accorpamento delle province, l’aumento della tensione concorrenziale, determina per l’impresa di formazione e dei servizi in generale una nuova ed impellente necessità di implementare nuovi mercati diversi da quelli legati esclusivamente ai finanziamenti regionali. Molti Enti formativi si stanno indirizzando verso segmenti di mercato rappresentati dalle aziende , dai professionisti, dalla P.A., ecc . Questo è il quadro che emerge dagli ultimi convegni realizzati in occasione di ExpoTraining 2013 - la fiera della formazione-, che evidenzia chiaramente che non tutti gli operatori pertanto sono preparati commercialmente per affrontare le sfide di un mercato molto competitivo. A fronte di questo scenario la dinamica della vendita di formazione non è sempre così lineare come la commercializzazione degli altri servizi. Le tecniche e gli strumenti di marketing tradizionale, alcune volte non sono performanti, anzi portano all’insuccesso ed alla perdita di risorse. Un mix di strumenti che permette di entrare in contatto con i decisori giusti, esaltare il valore dei propri corsi e seminari devono essere gli obiettivi principali del nuovo approccio di marketing. Da una recente ricerca, condotta da ExpoTraining rivolta a 1.000 aziende, finalizzata ad individuare il trend e le aree tematiche maggiormente richieste nella formazione, emerge che giornalmente le direzioni del personale ricevono: • 30 e-mail promozionali; • circa 8/10 proposte commerciali; • 7/8 telefonate per richiedere un appuntamento. Questa situazione di eccessivo “bombardamento” alza le barriere 12 -HT del contatto ed “inasprisce i filtri”per parlare con i decisori aziendali, implicando di riflesso maggiori investimenti e scarsi risultati, e di conseguenza diventa molto dispendioso e poco produttivo entrare in contatto con i direttori del personale. Pertanto si riscontra che la grande difficoltà, della maggior parte dei formatori, è la qualificazione del cliente ossia entrare in contatto con il decisore che ha il budget e la necessità. La maggior parte degli enti di formazione ritengono che il processo di vendita diventa davvero facile una volta che si trovano vis a vis con il proprio interlocutore . Quanto costa l’approccio di marketing tradizionale? Normalmente si è abituati a contattare i potenziali clienti attraverso una serie di strumenti quali le telefonate a freddo, l’invio di brochure o e-mail, gli appuntamenti. Analizziamo ora quali sono gli approcci tradizionali per riuscire ad entrare in contatto con il direttore del personale, normalmente si chiama il centralino dell’azienda chiedendo di parlare con chi si occupa di formazione, spesso a questo punto, ci passano la segretaria, e qui nascono le prime difficolta poiché dobbiamo convincere la stessa a passarci il suo capo, se è disponibile! In buona sostanza mediamente per parlare con un “interlocutore utile” servono dai due a tre tentativi. Fermandoci a rilevare il costo a contatto, solo in questa prima fase stimiamo che la somma del tempo dedicato per poter parlare con l’interlocutore è di circa 30 minuti, per andare al primo appuntamento dedichiamo altri 90 minuti , facendo la somma otterremmo 120 minuti ossia 2 ore per scoprire se quel cliente è più o meno interessato a comprare. Condividerete che è un enormità! Quanto ci costa contattare il cliente? ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza rappresentano un unico collettore a 360° del sistema della formazione del lavoro e della sicurezza. Le due manifestazioni, che si svolgeranno in contemporanea, coinvolgeranno tutti gli attori fornendo gli strumenti per consentire lo sviluppo di sistemi integrati e favorire l’incrocio domanda / offerta di lavoro, formazione e cultura alla sicurezza come elemento di prevenzione. Inoltre a partire da quest’anno la manifestazione si svolgerà su 3 giornate con ben 250 convegni e workshop ad ingresso gratuito. I NUMERI DELLA MANIFESTAZIONE 15.000 mq di area espositiva 250 convegni e workshop 300 matching; 130 espositori; 5.000 visitatori di cui 3.000 aziende 15 sigle sindacali di lavoratori e datoriali; Continuando la nostra riflessione ipotizziamo una ral media di 40 euro orari il costo d’appuntamento, relativo alla risorsa commerciale, è di 80 euro oltre le spese di trasferta che convenzionalmente attribuiamo a 20 euro per un totale di 100 euro. Allora, qual è la soluzione? Il 90% del tempo, dedicato al marketing tradizionale. Telefonate, appuntamenti, presentazioni ,ecc costa un sacco di denaro ed è improduttivo - la montagna partorisce un topolino!!!. E’ necessario invertire la tendenza dedicando il 25% del tempo in azioni di marketing molto mirate grazie al nostro strepitoso Piano di relazioni dinamiche: un mix di appuntamenti selezionati, di PR, di visibilità e di comunicazione che ti permettono di entrare in contato con chi decide negli acquisti di formazione. In questo modo capitalizziamo gli investimenti di marketing trasformandoli in azioni maggiormente incisive ed efficaci. La prima banca dati del matching della formazione ExpoTraining và oltre!! Agevolare i contatti, incrociare la domanda e l’offerta è diventata la nostra ossessione che ci ha permesso di individuare le prime 700 aziende che hanno necessità di acquistare formazione. Ecco i primi numeri: 736 aziende a partire dai 100 dipendenti in su, giornate di formazione complessivamente richieste 3.890 , fatturato €5.800.000. 13 -HT L’ECO DELLA FORMAZIONE Intervista a Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di ManpowerGroup Italia e Iberia La formazione al centro A cura di Serena Scarpello Stefano Scabbio O ggi più che mai i giovani sono al centro del dibattito politico. Il Presidente del Consiglio Renzi, alla luce dell’ulteriore aggravamento degli ultimi dati sull’occupazione giovanile, che ha ormai superato il 42%, ha accelerato sul Jobs act. Nel frattempo il nuovo Ministro del lavoro, Poletti, sta lavorando alacremente sulla definizione del progetto di attuazione del “piano italiano per la garanzia giovani”. Tale piano prevede uno stanziamento di 1,5 miliardi di euro per il biennio 2014 – 2015 per aiutare i giovani fino a 29 anni di età ad entrare nel mondo del lavoro e o ad avere un’opportunità formativa al fine di aggiornare la propria professionalità. Secondo Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delega14 -HT to di ManpowerGroup Italia e Iberia, “si tratta per l’Italia di un progetto di grande rilievo, visto che si basa sull’assunto per cui nessun giovane, passati quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema dell’istruzione formale, può rimanere senza un’opportunità formativa o senza un’esperienza di lavoro. Questo suona quasi rivoluzionario rispet- to alla situazione sociale e occupazionale giovanile attuale, peccato che si continui a rimandare la data d’inizio che era prevista per Gennaio, ma a Marzo non ha ancora la data di partenza, mentre la situazione occupazionale giovanile continua inesorabilmente ad avere carattere di urgenza”. Nel progetto a suo tempo illustrato alla Commissione lavoro del Senato dall’ex Ministro del lavoro Giovannini, tra i punti di approdo per i giovani beneficiari della Youth guarantee venivano indicati: l’inserimento diretto in un contratto di lavoro dipendente; l’avvio di un contratto di apprendistato o di un contratto di tirocinio; l’impegno nel servizio civile; la formazione specifica; l’accompagnamento in una iniziativa imprenditoriale o di lavoro autonomo. Dott. Scabbio, che idea si è fatto di questo piano? “Vaste programme, si potrebbe dire”, continua Scabbio “perché purtroppo alcuni degli attori cruciali per l’attuazione di un piano di tal genere sfuggono alle competenze dirette del Ministro del Lavoro e del Governo. La formazione professionale, infatti, è malauguratamente delegata alle regioni, e spesso gestita da corpaccioni burocratico-assistenziali-clientelari che, ben che vada, non essendo correlati al mondo del lavoro propongono corsi vecchia scuola non certo adatti a formare valide professionalità per i moderni mercati di lavoro di riferimento”. Dott. Scabbio, cosa le piace e cosa manca secondo lei a questo piano per i giovani? Per quanto ci è dato di capire , una volta tanto si è ritenuto di coinvolgere nell’avviamento alle opportunità di lavoro o di formazioni legate alla 15 -HT “Garanzia giovani” anche le Agenzie private per il Lavoro, che dispongono di circa 2500 filiali nel territorio che interagiscono quotidianamente con il mercato del lavoro, conoscendo e praticando i vari aspetti dell’orientamento, della formazione, dell’avviamento. Speriamo che ciò avvenga in condizioni di parità e di trasparenza, nell’interesse degli stessi giovani. Infatti, la scommessa dell’attuazione della garanzia giovani è cruciale. Sarà vinta, se si coglieranno le opportunità di un progetto già impostato con le finalità di suscitare occasioni di formazione legate davvero ai fabbisogni delle imprese e destinate a tradursi in nuovi rapporti di lavoro e generare contratti di lavoro, magari all’inizio flessibili, ma destinati ad evolvere e potenzialmente a divenire stabili. A tal fine – vale la pena ribadirlo - è fondamentale il ruolo delle Agenzie per il Lavoro, così come è fondamentale il pieno L’ECO DELLA FORMAZIONE coinvolgimento delle rappresentanze del mondo imprenditoriale. Non lo sarà altrettanto se si avvieranno attività una tantum o solo opportunità di tirocini, stage, brevi contratti a termine, cicli brevi di formazione e poi per i beneficiari più o meno tutto finirà li. Spetta quindi al nuovo Ministro del Lavoro, che conosce la realtà del mondo delle imprese, orientare il piano “garanzia giovani” alla luce di tali esigenze e finalità e vararlo al più presto. ManpowerGroup è attiva con diversi progetti di formazione che contribuiscono alla crescita e allo sviluppo del nostro made in Italy, in diversi settori, e forniscono a chi vi partecipa non solo un’opportunità di assunzione che – per la specializzazione acquisita - ha la possibilità di essere prolungata nel tempo, ma un bagaglio formativo tecnico molto prezioso. Ci può fare qualche esempio? Non credo possiamo nominare i nostri clienti se non abbiamo una liberatoria. Possiamo cercare di essere generici. Un caso recente sono i corsi di formazione realizzati per un grande gruppo del settore metalmeccanico in particolar modo nel territorio campano. Azienda presente in tutta Italia, ha recentemente introdotto una lavorazione che richiede una preparazione estremamente specifica. Tale preparazione trova le fondamenta iniziali nel percorso formativo realizzato da Manpower che per i partecipanti è completamente gratuito. Sono state formate ed inserite le prime 20 persone che hanno frequentato il corso di 3 settimane e oggi lavorano in azienda, primi tra i moltissimi inserimenti previsti. Per lo stesso gruppo Manpower ha realizzato corsi di formazione per una delle aziende del settore alimentare: un grande ‘store’ nel centro di Napoli, un contenitore di piccole imprese, ristoranti e punti vendita, operanti nei diversi comparti del settore enogastronomico. Una realtà unica nel suo genere per la quale Manpower ha fornito una formazione professionalizzante nel settore food che ha portato all’assunzione di diverse figure professionali. Questo tipo di formazione è un valore inestimabile, non solo perché apre possibilità di lavoro in un territorio che soffre da questo punto di vista, ma anche perché fornisce una professionalità molto elevata e spendibile in un futuro anche in altri contesti. Altri casi interessanti su questo fronte? Molto interessante per l’elevato livello di formazione è anche il caso di una azienda della grande distribuzione. Per i nuovi inserimenti nei punti vendita, che si trovano in tutto il nord Italia, Manpower fornisce formazione finanziata, corsi che si svolgono presso una scuola professionalizzante per l’arte bianca e la gastronomia in provincia di Como. I corsisti vengono inseriti nella struttura della scuola e vi rimangono un mese e mezzo. Un’esperienza “alla Masterchef” nei laboratori di cucina, grazie alla quale emergono le attitudini di chi andrà a ricoprire i diversi ruoli, dalla gastronomia alla panetteria/pasticceria. Perché la formazione è così importante oggi? I nostri clienti ci confermano che c’è un forte bisogno di formazione. Per diversi motivi: nella cosiddetta Human Age il talento è importante ed è considerato un vantaggio competitivo ed un tratto distintivo essenziale per vincere oggi nel mercato di riferimento; inoltre le imprese faticano a trovare il talento giusto, al momento giusto, nel posto giusto e si orientano verso lo sviluppo interno. A mio parere la formazione è un mezzo per trattenere i migliori talenti. In che modo lo fa ManpowerGroup? In tanti modi, per esempio attraverso FuturSkill: la training company di ManpowerGroup specializzata nella realizzazione di soluzioni integrate e misurabili. La nostra conoscenza unica ed esclusiva relativa al mondo del lavoro che cambia, ci aiuta a comprendere le sfide inerenti ai talenti e il mismatch sulle competenze che ci consente di aiutare i nostri clienti a combattere la “Guerra dei Talenti” in tema di development e retention. 16 -HT L’ECO DELLA FORMAZIONE Expo 2015: CISL Reti promuove Forum Internazionale del Lavoro A cura di Flaei Cisl F orum internazionale del lavoro Gli attori sociali, coinvolti nell’attuale trasformazione del lavoro nella società globale, percepiscono la complessa interdipendenza che lega le realtà locali alle attuali dinamiche nazionali, europee ed internazionali dei mercati industriali e finanziari. Si avverte, così, l’esigenza di una proposta culturale e formativa di ampio respiro volta a realizzare una partecipazione attiva degli attori sociali per favorire lo sviluppo economico, nella convinzione di dover contribuire con ciò a un processo di avanzamento, personale e collettivo, della società contemporanea. E’ per questo che Cisl Reti e le tre Federazioni che ne fanno parte FIT, FISTel e FLAEI, d’intesa con la Cisl Lombardia e la Fondazione Energia, promuoveranno il Forum Internazionale del Lavoro nell’ambito delle iniziative dell’Expo 2015 di Milano. Legandosi al percorso culturale già compiuto dalle due edizioni del Festival Internazionale del Lavoro a Rocca di Papa (RM), il Forum internazionale del lavoro, si affiancherà ad ExpoTraining – la fiera della formazione – ed ExpoLavoro&Sicurezza, che ospiteranno il forum eleggendo Milano quale “Capitale della Formazione del Lavoro e della Sicurezza”, un faro d’indirizzo e di riferimento per tutta l’Eu- ropa del sud e il bacino mediterraneo. Il programma del Forum Internazionale del lavoro prevede due appuntamenti internazionali, il primo dei quali si svolgerà a Milano l’ 1/2/3 ottobre 2014, cui seguiranno altre articolate iniziative comunicative e divulgative, per concludersi con il secondo appuntamento internazionale previsto per i giorni 3, 4 e 5 giugno 2015. L’iniziativa intende sostenere il valore del lavoro nei processi industriali italiani ed internazionali attraverso una attiva partecipazione delle parti sociali a sostegno dello sviluppo, mettendo a fuoco: 17 -HT - il nesso tra politiche per lo sviluppo e il radicamento territoriale degli attori sociali per dar vita alla crescita di una economia civile e solidale; • la dimensione strategica di un capitalismo associativo (anche con l’utilizzo dei Fondi Pensione dei lavoratori) per alimentare i processi partecipativi; • l’esigenza di una nuova governance nelle Imprese, a partire dalle Reti, per uno sviluppo sostenibile; • una formazione mirata nelle Aziende e nel territorio a livello nazionale e internazionale. Expo “Formazione, Lavoro e Sicurezza” rappresenterà una proposta culturale e sociale innovativa di elevato profilo nel più vasto contesto dell’appuntamento mondiale milanese, un momento essenziale della progettualità socio industriale italiana che costituirà anche l’occasione per manifestare la vitalità della Rappresentanza sociale del lavoro come risorsa per il bene comune. Parteciperanno al progetto i maggiori Stakeholders nazionali e internazionali, con il fine di ribadire la centralità dei servizi a rete in una avanzata politica industriale, nel contesto del grande appuntamento dell’ Expo 2015 di Milano. L’ECO DELLA FORMAZIONE Le tavole rotonde di Human Training Prestazioni eccellenti in mercati incerti: strategie di vendita, tra vecchi e nuovi paradigmi commerciali A cura di C. Cantoni P ervasività del fenomeno digitale, competizione su scala globale, necessità di innovare, ampliando ma allo stesso tempo personalizzando l’offerta per intercettare pubblici sempre più eterogenei: sono alcune delle inarrestabili evidenze che scenari macroeconomici in continua e rapidissima evoluzione sottopongono alle aziende, chiamate a rivedere l’approccio alle vendite e alle scelte di marketing per coinvolgere attivamente il consumatore finale nel proprio universo valoriale. “Prestazioni eccellenti in mercati incerti: strategie di vendita, tra vecchi e nuovi paradigmi commerciali”, così ExpoTraining ha sintetizzato una delle sfide più incalzanti del fare impresa oggi, raccogliendo sul tema gli interventi di Andrea Guanci, direttore marketing di Msc Crociere, Giovanna Piscetta, Hr manager di Carlsberg Italia e Manuela Polli, brand manager e direttore marketing della F.lli Polli: tre aziende leader nel loro settore di riferimento, per altrettante case history sui fronti differenti ma ugualmente significativi del social web marketing, dell’innovazione tecnologica e dell’internazionalizzazione. Scenari in evoluzione Guanci. Oggi MSC Crociere investe in Sem (Search engine marketing) il 15% circa dell’intero budget pubblicitario e lavora molto sul Seo Andrea Guanci 18 -HT (Search engine optimization), ma ha costruito la propria riconoscibilità di brand ben prima che esplodesse il fenomeno digitale. Lo ha fatto attraverso gli strumenti del marketing tradizionale, le famose quattro P Product, Price, Promotion, Place - e i canali classici della distribuzione, oltre 10mila agenzie di viaggio in tutta Italia, che svolgono nei confronti del nostro prodotto un ruolo di gatekeeper: non proponiamo una commodity ma un’esperienza emozionale in un mercato molto competitivo e chi la racconta ha facoltà di orientare le scelte d’acquisto verso il competitor che ritiene più opportuno. L’ottima relazione che l’azienda ha saputo costruire con le agenzie è stata e, ritengo, resterà la chiave del successo Msc, anche se il web ha rivoluzionato il modo di interagire con i consumatori. L’intelligenza della Compagnia è stata quella di aprirsi ai nuovi media, senza compromettere il rapporto con i suoi partner consolidati che rimangono il principale canale di vendita. Se, però, in passato era l’agente a indirizzare i clienti verso il prodotto Msc, oggi, il flusso è inverso: con l’abbondanza di informazioni disponibili in rete, la gente ha sempre meno ragioni per entrare in agenzia e, quando lo fa, ha già le idee chiare sulla vacanza che vuole. Occorre quindi intercettarla a monte e incuriosirla attraverso le piattaforme digitali per portarla sul punto vendita ad acquistare la crociera. Questo è il vero cambiamento: prima Msc non aveva bisogno di dialogare direttamente con il suo target finale, ora sì. A beneficio nostro ma anche delle agenzie, che si vedono aumentare il flusso di clienti. Piscetta. Sono decenni che il mondo della birra non produce cambiamenti sostanziali. In un mercato profondamente statico, Carlsberg ha introdotto la prima vera rivoluzione dopo moltissimo tempo: DraughtMaster™, un innovativo sistema di spillatura senza CO2 aggiunta che rimpiazza i tradizionali fusti in acciaio con fusti in PET riciclabile. Questa sofisticata tecnologia, sviluppata in Italia grazie a lunghe ricerche, rappresenta una svolta da molti punti di vista: per la qualità di prodotto, preservato da contaminazioni e processi ossidativi, quindi migliore dal punto di vista organolettico, del gusto 100% fresco e naturale e della conservazione; per la semplicità di gestione e pulizia, a vantaggio degli operatori ho.re.ca; e per la riduzione dell’impatto ambientale nelle fasi di infustamento, distribuzione e consumo presso il punto vendita, consentendo lo smaltimento del fusto in ottica di raccolta differenziata. A copertura di tutte le esigenze di mercato, la famiglia DraughtMaster™è disponibile oggi nei tre formati, Flex 20, movibile e funzionale anche in spazi ridotti; Modular 20, una tipologia modulare destinata ai locali altovendenti; infine, new entry del 2013, Select 10, un piccolo fusto da banco da 10 l, ideale per gli esercizi con consumi ridotti. Polli. Lavorando molto per il segmento private label, F.lli Polli rappresenta da anni un baluardo del made in Italy nel mondo: siamo presenti, con 300 referenze e oltre 30 brand, in quasi 50 Paesi. Oggi, però, la spinta all’internazionalizzazione investe sempre di più anche i prodotti a nostro marchio e il recente debutto nel tempio dell’alta gastronomia francese, le Galeries Lafayette di Parigi, Nizza e Marsiglia, conferma sia l’alta qualità dell’offerta sia le potenzialità di posizionamento del brand. L’ingresso nella catena gourmet fa parte di un più ampio progetto di espansione transalpina, partito ormai due anni fa e preceduto da altre fortunate esperienze oltreconfine: in Svizzera, per esempio, siamo i principali fornitori delle catene Micros, che detengono il 50% del mercato nazionale. Ottime risposte ai nostri prodotti vengono anche dalla Polonia e dal Brasile, mentre è allo studio, per il 2015, il debutto nel Regno Unito, dove siamo già presenti con altre etichette. Da questo punto di vista, produrre conto terzi è un enorme vantaggio: ci consente di sondare 19 -HT il terreno a monte, prima di lanciare il nostro marchio in un nuovo mercato. Le strategie in atto Guanci. Quando entrai in azienda due anni fa, tra i miei mandati c’era lo sviluppo dei canali social, un orizzonte al quale mi accostavo da profano. Aprendo un dialogo diretto con Facebook, mi sentii ripetere quanto fosse prioritario totalizzare il maggior numero possibile di fun e quanto mi sarebbe costato per ognuno. Ma la vera domanda, alla quale nessuno sapeva rispondere, era: quanto vale un fun per quest’azienda? Quanto business genera? Ho dovuto verificarlo di persona, in maniera empirica, inventando una campagna che ho scelto di diffondere solo tramite fb senza comunicarla alle agenzie. Il risultato soprendente si riassume in ciò che ho chiamato “il moltiplicatore 1x100”: per ogni euro investito in pubblicità ne sono tornate cento in ricavi. Il test ha fatto il giro d’Italia come best practice, perché ha permesso di misurare l’efficacia della piattaforma a costi bassissimi, non in astratto ma per Msc. In un anno abbiamo quadruplicato i fun, oggi oltre 2 milioni e 200mila, venduto migliaia di crociere e fatto della pagina fb un luogo di incontro quotidiano per tanti crocieristi o aspiranti tali, posizionandoci in termini di engagement tra i primi dieci brand del Paese. Non solo: poiché il flusso su social network generava un numero di interazioni e richieste commerciali difficile da gestire direttamente, abbiamo portato le agezie di viaggio sulla nostra pagina fb aprendo una vetrina dedicata, Msc Social Partner, un market place virtuale dove i fun possono domandare e ricevere una consulenza a 360° che, non di rado, si conclude con la vendita in negozio. Dal virtuale al reale, dove l’uno non minaccia ma supporta l’altro: in poco tempo abbiamo avuto moltissime richieste, con un tasso di conversione in acquisto del 20%. Piscetta. L’Italia ha fatto da Paese pilota nel lancio di DraughtMa- L’ECO DELLA FORMAZIONE ster™grazie al lavoro di gruppo che ha coinvolto l’intera filiera, dalla produzione alla rete distributiva. L’assoluta novità del sistema ha richiesto un approccio commerciale diverso: non si trattava semplicemente di vendere l’ultima birra nata ma di veicolare mica del Paese, per entrare poi nello specifico del nostro settore, studiando gli assortimenti presenti, i competitor e le loro best practice sui prodotti di punta. Infine, indaghiamo i consumatori locali attraverso usage and attitude analysis su campioni di popo- sima Oltralpe. Ogni linea di prodotto ha una sua etichetta con varianti di dettaglio, che mantengono comunque una coerenza e una riconoscibilità rispetto all’immagine Polli tradizionale. Al di là delle promozioni o dei fuori banco in espositori vetrina, il marketing ha supportarto l’operazione di lancio con mezzi più economici ma altrettanto efficaci rispetto alle tradizionali strategie di comunicazione, come sampling di prodotto, degustazioni nel punto vendita e il sito internet: essendo un’azienda familiare, Polli non dispone di budget pubblicitari importanti e deve ottimizzare il più possibile le risorse che ha. Le best practice Manuela Polli un progetto innovativo, in un mercato conservatore, occorreva quindi proporsi al canale Ho.re.ca come veri e propri consulenti, in grado di trasmettere, sì, le competenze legate alla tecnologia, ma anche la sua filosofia e il suo valore aggiunto. Con la forza vendita abbiamo lavorato in una duplice ottica formativa, dedicando una prima fase di training all’acquisizione degli aspetti tecnici della macchina; e una seconda fase, anche attraverso simulazioni, role play e attività di sperimentazione, più orientata alle tecniche di vendita e alle competenze relazionali necessarie a motivare il progetto. Una volta compresi i benefici, la risposta del mercato ci ha premiati: più di 15mila punti vendita hanno adottato DraughtMaster™ e oltre 3mila nel formato più grande, Modular 20. Polli. Da un punto di vista metodologico, l’approccio seguito per il debutto fracese è lo stesso che applichiamo a tutti i mercati internazionali. Partiamo da un’analisi macroecono- lazione rappresentativi, valutandone i gusti, le abitudini alimentari e il gradimento dei nostri prodotti, nel caso francese, soprattutto salse: in ottica di internazionalizzazione, infatti, una decina d’anni fa Polli ha diversificato la produzione rispetto al proprio core business, sottoli e sottaceti, un genere meno frequentato all’estero, per lanciare linee di sughi e condimenti pasta che funzionano molto bene e ci vengono richieste anche da altre insegne della Gdo. Concept e product test hanno evidenziato preferenze specifiche anche a livello di immagine, dalla tipologia di vaso all’etichetta: un’agenzia francese specializzata ha condotto interviste door to door, facendo provare ai consumatori diverse tipologie di ricette e di creatività per il packaging. Avevamo studiato tre o quattro vesti differenti e ne è emersa una vincente che richiama molto il made in Italy, con le immagini dei nostri principali monumenti: la cupola di San Pietro, il Duomo di Firenze, Sant’Ambrogio, ecc. Un po’ eccessiva per il gusto tricolore, ma apprezzatis20 -HT Guanci. Nelle nostre strategie di marketing non abbiamo mai smesso di perseguire due obiettivi: differenziazione e reason why. Perché il cliente, anche quello che non ha mai considerato l’opzione crociera, vada in agenzia a comprare il nostro prodotto, devo proporre un’esperienza ben distinta da quella dei competitor e creare il giusto appeal, il “Why Msc”, basato su tre pilastri: relax, scoperta e divertimento. La Nave dei giovani è un esempio concreto di come sia stato possibile sviluppare entrambi i requisiti, evolvendo il concetto classico della crociera a tema, punto di forza dell’offerta Msc. È una formula che funziona bene grazie a contenuti accattivanti per un target specifico, ma anche molto impegnativa in termini di risorse dedicate, soprattutto perché in una sola settimana si esaurisce tutto lo sforzo di pianificazione. Abbiamo quindi pensato di estendere il tema alla nave: il programma, studiato su misura per il target 18-34 anni, si replica tutte le settimane per i diversi mesi di un itinerario ad hoc, consentendo di diluire le vendite su un arco temporale più lungo e sviluppare partnership più complesse che fungono da endorcement, per esempio con Radio 105 l’anno scorso o Mtv quest’anno. È stata la campagna più riuscita del 2013, soprattutto sui social: è diventata la prima success story italiana di Twitter, con 11mila follower superati in poco tempo e un altissimo tasso di engagement, grazie a un hashtag dedicato e alla proiezione di tutti i twitt sullo screen wall della piscina, così che i crocieristi potessero comunicare in tempo reale con gli amici a terra e viceversa. Il motto su fb era: “Conosci i tuoi amici prima di partire”. Attraverso il calendario degli eventi, 17.500 ragazzi hanno dichiarato di salpare a bordo della Nave dei giovani, intrattenendosi in rete con coloro che avevano scelto le stesse date di imbarco. Inequivocabili i risultati commerciali: abbiamo raddoppiato le prenotazioni totali e triplicato la presenza degli under 35. Prossimamente lanceremo la Nave della scoperta in partnership con Focus. Piscetta. L’entusiasmo per DraughtMaster™ è stato tale che oggi i nostri migliori testimonial sono i punti vendita stessi, impegnati a promuoverlo con il passaparola. È una tecnologia che fidelizza molto e i locali confermano di vendere di più perché la qualità è percepita dal consumatore finale. Per mettere a valore i casi di maggior successo, abbiamo coinvolto i gestori in testimonianze e filmati da utilizzare nella nostra formazione interna raccontando l’esperienza del “Drink different”. Un concetto diffuso anche attraverso un sito dedicato, dove caricare fotografie e condividere best practice che traducano nella customer experience il mondo DraughtMaster™ e la consapevolezza di cosa c’è dentro al bicchiere: qualità, alta tecnologia, rispetto per l’ambiente. Insieme ad alcuni locali abbiamo anche organizzato sessioni formative per il loro personale, perché chi serve la birra fa la differenza se riesce a trasmettere questa nuova cultura del bere. Polli. In un momento in cui tanti mezzi di comunicazione e i numerosi anelli della filiera tendono a spersonalizzare la relazione, occorre recuperare il rapporto con il consumatore finale, creando attorno al marchio un mondo valoriale nel quale possa rico- noscersi e sentirsi ingaggiato. Particolarmente riuscita in questo senso è l’iniziativa del Polli Cooking Lab, che ha un riscontro di pubblico e di visibilità mediatica sempre maggiore. Si tratta di un osservatorio online sulle tendenze alimentari, in cui andiamo a intervistare grandi chef, trend setter ma anche gente comune, per capire cosa e come si cucina oggi, soprattutto in vista di ricorrenze particolari come il Natale, la Pasqua, san Valentino, la festa della donna, ecc. Attraverso il sito, il blog e la pagina fb, pubblichiamo i trend del momento, condividiamo suggerimenti e ricette, gli utenti possono postare le foto dei loro piatti, raccontare esperienze tra i fornelli o fare domande ai nostri esperti. Funziona molto bene perché, veicolando il mondo Polli in maniera indiretta, coinvolge i consumatori e allo stesso tempo offre argomenti sfiziosi alle testate giornalistiche. La richiesta alla formazione Guanci. Disponendo dei presupposti infrastrutturali, credo che il learning on the job rappresenti oggi un passaggio obbligato, soprattutto in un mondo ancora inesplorato come il social web marketing, che impone ai neofiti di guardare molto alle case history di successo e alle best practice reali. Mi pare che in quest’ambito 21 -HT la formazione abbia ancora ampi margini di crescita, soprattutto perché spesso, chi ha competenze specifiche nel digital, manca poi della necessaria familiarità con le dinamiche e i vincoli di una struttura aziendale, mentre - vale la pena ricordarlo Giovanna Piscetta - un’idea è valida solo quando funziona nella particolare realtà che la adotta. Per quanto riguarda il commerciale e il marketing più tradizionale, invece, trovo che la dimensione formativa, pur riconosciuta nel valore, venga sempre un po’ sacrificata alle urgenze quotidiane e che demandarla alla libera inziativa personale equivalga, in ultima istanza, a non praticarla. Mi sbilancerei nel dire che, in questo caso, l’elemento coercitivo ha ancora un suo senso e che sarebbe auspicabile introdurre momenti di apprendimento e verifica obbligatori, integrando didattica tradizionale e non. Piscetta. In Carlsberg riteniamo fondamentale operare sul doppio binario della concretezza e della sperimentazione. Concordo sull’utilità di un lavoro che metta a tema casi reali, il più possibile affini alla nostra azienda, sia in ottica di simulazione che di approfondimento, magari attraverso role play che consentano di comprendere meglio le logiche di mercato. Penso, per esempio, a un’esperienza recente di business game, ritagliata sulla specifica realtà Carlsberg, che ha permesso alla nostra forza vendita e a diverse figure aziendali di toccare con mano il vantaggio di una comunicazione trasversale fra aree e team di lavoro. È il principio del learning by doing abbinato alla customizza- L’ECO DELLA FORMAZIONE zione dell’offerta, a cui aggiungerei un terzo elemento, decisivo ma non sempre dichiarato nel piano formativo: la misurazione dell’efficacia. È necessario che, già in fase di progettazione, siano messi a fuoco gli strumenti di verifica ed eventuale correzione delle attività in programma. Polli. Credo che la formazione sia fondamentale in qualunque ambito, soprattutto in un mondo veloce e dinamico come quello attuale, che impone il continuo aggiornamento delle competenze. Detto questo, l’area commerciale e marketing mi pare la più complicata: approcciando mercati stranieri, infatti, si ha a che fare con una complessità sempre crescente sia in termini di referenze che di target, diversi per cultura, anagrafica, abitudini di consumo e comportamenti d’acquisto. Senza nulla togliere al valore della formazione tradizionale, quindi, ritengo però che occorra fare molta esperienza sul campo. Agli enti formativi, invece, chiederei corsi meno accademici e più orientati alle case history, a best practice reali che offrano spunti concreti al nostro business: mostratemi casi di successo che possano ispirarmi. MSC CROCIERE Con 16.300 dipendenti e oltre 11 milioni di viaggiatori già ospitati a bordo, MSC Crociere è leader nel Mediterraneo, in Sud Africa e in Brasile, vantando la più giovane flotta del comparto, composta da 12 navi appartenenti alle tre classi “Fantasia”, “Musica” e “Lirica”, che solcano i mari di tutto il mondo, con un’ampia gamma di itinerari stagionali nel Nord Europa, nell’Oceano Atlantico, nei Caraibi, nelle Antille Francesi, nel Nord e Sud America, nell’Africa del Sud, in quella Occidentale, nelle Canarie e negli Emirati Arabi Uniti, per un totale di 209 porti visitati ogni anno. Con la commessa miliardaria affidata ai cantieri navali Saint-Nazaire - STX France per la costruzione di due nuove navi di classe Vista, le più grandi mai realizzate da un armatore europeo (315 x 43 metri), MSC Crociere espanderà la sua capacità passeggeri del 31%, arricchendo l’offerta a bordo con tante nuove opzioni di intrattenimento. È l’unica Compagnia ad aver ricevuto le “7 Golden Pearls” dal Bureau Veritas a riconoscimento dell’alto livello di gestione qualità e della tutela ambientale, a cui si aggiungono le certificazioni ISO 9001 e ISO 22000, oltre all’impegno in politiche di Csr, che vedono la compagnia al fianco dell’Unicef nel sostegno a minori in difficoltà. www.msccrociere.it CARLSBERG ITALIA Carlsberg entra nella storia della birra italiana quando, nel 1975, sigla un accordo con uno dei maggiori produttori nazionali, Industrie Poretti, per la produzione e commercializzazione dei due marchi Tuborg e Carlsberg (storiche aziende danesi che si fondono nel 1970). Nel 1998, il nome del gruppo italiano viene cambiato in Carlsberg Italia e nel 2002 la proprietà diventa totalmente danese. Nel rispetto dei valori di Angelo Poretti e delle “Golden Words” (la filosofia del fondatore J.C. Jacobsen: «Sviluppare l’arte di produrre birra al massimo grado di perfezione, a prescindere dall’immediato profitto»), Carslberg Group è oggi la 4° potenza mondiale del settore, presente in più di 150 mercati con oltre 41mila dipendenti, mentre Carlsberg Italia produce nello stabilimento di Induno Olona (VA), oltre 1 milione di ettolitri di birra all’anno coi marchi Carlsberg, Carlsberg Elephant, Carlsberg Special Brew, Tuborg, Birri22 -HT ficio Angelo Poretti, Kronenbourg 1664, Grimbergen, Holsten, Tucher e Feldschlösschen. Nel 2011, il gruppo ha dato vita a una vera e propria rivoluzione, sviluppando e lanciando DraughtMaster TM Modular 20, il nuovo sistema di spillatura che utilizza i fusti in PET al posto dei tradizionali in acciaio e che non utilizza CO2 aggiunta. www.carlsbergitalia.it F.LLI POLLI SPA Nata nel 1872 grazie allo spirito imprenditoriale di Fausto Polli, la F.lli Polli è ben presto divenuta azienda leader nel settore delle conserve vegetali, confermandosi oggi uno dei player italiani più competitivi nel mercato dell’agro-alimentare nazionale e internazionale. Il controllo di tutta la filiera produttiva, l’accurata selezione delle materie prime, i sistemi evoluti di confezionamento e una vasta gamma di prodotti tipici della tradizione tricolore, sono la chiave di un solido e costante sviluppo, al di qua e al di là dei confini nazionali: con 33 marchi venduti in oltre 40 Paesi, l’azienda Toscana, guidata oggi dalla sesta generazione di famiglia, ha chiuso il 2013 con fatturati in salita del 5,7%, pari a 70,5 milioni di euro, e un export in crescita del 18.4%. Grazie ai tre moderni stabilimenti (due in Italia a Monsummano Terme ed Eboli e uno in Spagna) e ai suoi 150 dipendenti, l’anno scorso la F.lli Polli ha prodotto 60 milioni di vasi (+7.6% rispetto al 2012), 8 milioni di vaschette, lavorato circa 22mila tonnellate di verdure (+7.9%), per volumi totali superiori ai 220mila quintali. Recente il debutto sul mercato francese, che affianca il successo già ottenuto in mercati altrettanto strategici come la Svizzera e l’Inghilterra, rispettivamente per il Marchio Polli e per le Private Label. www.polli.it L’ECO DELLA FORMAZIONE I CITTADINI E IL RISPETTO DELLA PRIVACY A cura di Giovanni Piscitelli L a sicurezza e la videosorveglianza sono regolate da una normativa che, con grande fatica, cerca di coniugare il rispetto della persona con il bisogno sempre crescente di nuove e più sofisticate tecnologie relative sia alla videosorveglianza sia ai sistemi di diffusione dei dati personali attraverso la rete informatica. La nostra Costituzione all’articolo 15 statuisce che: “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. La disciplina della tutela della riservatezza, quindi, è di primaria importanza in tutti i settori della vita lavorativa; la normativa riguarda il mondo del lavoro sia privato sia pubblico, e consiste nel codificare l’insieme delle regole con lo scopo di applicarle in concreto perché siano rispettate da tutti i soggetti interessati. Occorre dire che una particolare attenzione viene riservata ai dati giudiziari e ai cosiddetti dati sensibili, cioè a quelli personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Così come la videosorveglianza deve essere utilizzata correttamente nell’effettuare riprese di persone, con video camere, che ben volentieri, vorrebbero mantenere la propria riservatezza. Riprendendo il concetto di “privacy” è importante accennare alle complesse implicazioni etiche relative all’estendersi dei test diagnostici in un campo quale quello medico- assicurativo o riguardante l’assunzione di personale nel mondo del lavoro. L’argomento è molto complesso e mette in discussione, il ruolo del medico legale che, se da una parte, A cura di come medico, è tenuto al giuramento di Ippocrate che lo vincola al segreto pro-fessionale, d’altra parte, in molti casi, lavorando egli su commissione non già del paziente ma di una compagnia di assicurazione, è obbligato a violare questo segreto. Per restare ancora nell’ambito sanitario è il caso di porre l’accento sul fatto che non è permessa la diffusione d’immagini di persone ammalate ad eccezione del moni23 -HT toraggio dei pazienti ricoverati in reparti particolari come la rianimazione, ma l’accesso alle immagini è consentito solo al personale sanitario ed ai familiari dei ricoverati. La cartella clinica, di natura dichiarativa, la cui redazione è obbligatoria, ha la funzione di garantire la piena tutela della salute e la sua riservatezza, costituendone una fonte documentaria per le ricerche storico-documentali, permettendo una comparazione tra casi simili, perché costituisce la testimonianza formale dell’operato del medico. Il direttore sanitario è competente al rilascio della cartella, gli aventi diritto ad ottenerla sono: il paziente o persone fornite di delega espressa, gli eredi naturali, l’Autorità giudiziaria, gli enti previdenziali al fine di consentire l’assistenza di loro competenza al paziente. Ritornando alla riservatezza mi preme sottolineare come il pro-cesso di profonda trasformazione dovuto allo sviluppo di nuove tecnologie telematiche ed informatiche che, se da un lato stanno rivoluzionando in modo positivo molti settori della nostra società, potenziando e migliorando la quasi totalità delle attività, dall’altro ampliano il conflitto tra il libero flusso delle informazioni e la riservatezza della vita privata. E’ necessario trovare un equilibrio tra il diritto del singolo alla tutela della propria sfera personale e la libertà di procedere ai trattamenti di dati nel pieno rispetto della normativa di riferimento. L’ECO DELLA FORMAZIONE Intervista a Antonio Sabbatella Presidente dell’Istituto di Studi europei “Alcide De Gasperi”. UNA FORMAZIONE PROFESSIONALIZZANTE E CERTIFICATA PER COGLIERE LE OPPORTUNITA’ DELL’EUROPA A cura di S. Airoldi I Antonio Sabbatella 24 -HT talia-Europa, il contdown di avvicinamento al 1° luglio ha cominciato a battere i rintocchi, avvicinando il Tricolore al semestre di Presidenza dell’Ue. Un’occasione per portare a Bruxelles le esigenze reali di un Sistema Paese ancora profondamente prostrato dalla crisi e che, nonostante i deboli segnali di ripresa, stenta a far ripartire il mercato del lavoro. Un’occasione per accendere i riflettori sui temi caldi dell’impiego e della formazione, dove l’uno non decolla senza l’altra, e per non perdere il treno delle opportunità occupazionali rappresentate dalla piattaforma europea: due milioni di posti di lavoro non assegnabili per mancanza di professionalità, Italia in testa alla contabilità del paradosso. Un’occasione, infine, per ripensare a una formazione, sia rivolta alla pubblica amministrazione sia al privato, che ricalchi realmente un indirizzo internazionale, «aspetto sul quale l’Italia è ancora un po’ deficitaria», dice Antonio Sabbatella, classe 1953, una lunga carriera da dirigente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente dell’Istituto di Studi europei “Alcide De Gasperi”. «Il nostro Paese continua a peccare di provincialismo nella formula, sempre troppo sbilanciata a favore dei contenuti teorici a scapito di una formazione professionale pratica, in grado di sviluppare realmente gli atout e le performance del lavoratore», dice il Presidente dell’Istituto fondato a Roma nel 1953 da De Gasperi, per la promozione delle discipline attinenti la cooperazione e l’integrazione in Europa, che dal 1956 opera anche come Scuola di perfezionamento postuniversitaria in Studi Europei. Dottor Sabbatella, come si supera il provincialismo e quali istanze sono da portare in Europa, secondo lei, per evolvere il sistema della formazione professionale? Per quanto riguarda il pubblico, occorre innanzitutto predisporre dei piani formativi seri e regolari, facendo un po’ di pulizia nel mare magnum di corsi che sono tali solo sulla carta. In Italia, per esempio, la preparazione dei funzionari e dirigenti che vanno a lavorare a Bruxelles o presso le varie amministrazio- ni è tutt’ora molto povera. Vince la tendenza a promuovere iniziative spot, che nascono e muoiono con la circostanza che le ha generate, per esempio il semestre europeo, ma che non si traducono in visione strategica di lunga durata. Discostandosi, per altro, in maniera sensibile dalla formazione erogata negli altri Paesi, molto meno accademica e molto più orientata agli aspetti applicativi. La vera svolta sarebbe l’istituzione di uno standard europeo valido per tutti gli Stati dell’Ue: non parlo solo delle lingue ma della formazione professionale tout court, così che il lavoratore formato a Bruges, a Saint-Jean-de-Maurienne o in un land tedesco, sia ugualmente qualificato da un unico sistema di certificazione, riconosciuto in tutto il territorio dell’Unione. È un percorso lungo ma necessario, in grado di aprire possibilità professionali enormi non solo per i giovani che potranno beneficiare di un titolo spendibile su un mercato più ampio, ma anche per l’azienda che potrà ampliare il bacino di reclutamento con maggiori garanzie di qualità. 25 -HT Anche perché oggi non ci si misura più con il competitor della città vicina ma del Paese vicino… E persino oltre. La Cina, per esempio, sta investendo moltissimo in formazione, sia professionale sia tecnico-amministrativa per la dirigenza pubblica, e hanno raggiunto standard di primissimo livello, con scuole e programmi molto mirati. Fino a qualche tempo fa, l’Europa poteva vantare la leadership grazie a istituti di grande prestigio, ma oggi è chiaro che anche in questo campo il futuro è in mano alla Cina e all’India, non a caso i due paesi che traineranno la politica economica dei prossimi anni. Si alza il livello della competizione ma si aprono anche nuove opportunità. Come può l’Italia giocare al meglio le proprie carte? Una formazione certificata, non generalista ma mirata alla reale domanda europea, insieme a un’attenta verifica della ricerca applicativa, è l’anticamera verso nuovi mercati, nuove possibilità per l’impiego. Non dobbiamo dimenticare che il diritto al lavoro, alla sicurezza sul L’ECO DELLA FORMAZIONE lavoro e alla libera circolazione dei lavoratori hanno rappresentato uno dei cavalli di battaglia nel percorso verso l’Europa unita, dal Trattato di Roma, ad Amsterdam, fino a quello di Lisbona. Ma se non formiamo professionisti secondo standard europei, le nostre risorse non potranno mai competere con quelle tedesche o francesi e questi diritti rimarranno sulla carta. Quali sono, secondo lei, gli strumenti utili a orientare la formazione in senso professionalizzante? Prima di tutto occorre modificare la strategia, mantenendo la formazione accademica come punto di svolta ma non come pietra angolare della preparazione professionale. I docenti vanno selezionati dal lavoro per il lavoro, tra i profili e le professionalità che nei singoli settori si sono dimostrati vincenti: se devo preparare gli idraulici di domani non chiamerò l’accademico esperto in meccanica dei fluidi ma il miglior idraulico su piazza, magari, istruendolo prima all’insegnamento e alla gestione di un’aula. È un cambio di rotta che abbiamo operato innanzitutto all’Istituto De Gasperi, introducendo nel corpo docenti, composto fino a qualche anno fa solo da professori universitari, molti professionisti, esperti e dirigenti in grado di imprimere all’insegnamento un taglio molto più applicativo: non ha senso spiegare che cosa sono gli aiuti di Stato, ma come ottenerli, forse, sì. E chi può farlo se non il funzionario competente? Nel nostro master in Studi Europei, abbiamo scelto di impostare la didattica sulla componente di esercitazione pratica, dando per acquisite certe basi teoriche, a differenza di molte scuole che dovrebbero essere professionalizzanti ma che tendono invece a replicare, all’infinito le stesse nozioni accademiche. Servono, quindi, scuole di formazione per formatori? Sì, di indirizzo molto pratico. In secondo luogo, bisogna individuare le professionalità di interesse e le opportunità lavorative rese disponibili dall’Europa. E ce ne sono davvero tante, solo che sono poco pubblicizzate: a questo livello mancano sia la preparazione sia l’informazione, se non in nicchie di mercato altamente specializzate, note ai pochi già introdotti. Dovremmo tutti cambiare prospettiva: la formazione non può essere semplicemente una ghiotta occasione di guadagno, come è stata in passato per molti enti e scuole, ma la possibilità reale di ampliare il mercato su base internazionale; l’Ue e i singoli Stati devono fare la loro parte, mappando le chance di impiego per settori professionali e promuovendole con maggior convinzione, nell’interesse di tutti. Altrimenti diamo ragione agli euroscettici quando parlano di un’Europa dei burocrati, incapace di guardare al singolo e di tutelarlo in una prerogativa tanto importante come il lavoro. Ma non è questa l’eredità di De Gasperi, Schuman e Adenauer, che ci hanno consegnato invece un’Europa entusiasta e capace di guardare al futuro, un’Europa delle possibilità, compresa quella di crescere professionalmente. Occorre recuperare questo patrimonio ideale. Pena la perdita di credibilità di un’istituzione che, in passato, ci ha portato garanzie e tutele, ma che oggi viene percepita dalle nuove generazioni come qualcosa di profondamente estraneo. Noi, come Istituto De Gasperi abbiamo in previsione una serie di attività di formazione/informazio26 -HT ne nelle scuole secondarie di primo grado per raccontare ai ragazzi cos’ha significato l’Europa unita e trasmettere l’importanza degli studi in questo settore; ma le istituzioni devono alzare il tiro. Penso, per esempio, all’ipotesi irresponsabile di tagliare i fondi per l’Erasmus. Al di là delle bufere di questi giorni, ritiene che l’Expo 2015 possa rappresentare un’opportunità per i giovani e per il lavoro? Intanto, mi auguro che gli scandali attuali non cannibalizzino tutto ciò che di buono è stato fatto per mettere in piedi la candidatura, prima, e per ottenere l’assegnazione, poi, anche contro il parere contrario di tanti stati esteri. Molte energie sane sono state spese, molte altre se ne spenderanno, ma sono convinto che, in questo settore dell’agricoltura, l’Italia abbia un ruolo da giocare. Purché non si adagi sul proprio background culturale e professionale, senza mettere in cantiere l’aggiornamento delle competenze, lo studio e il confronto con il mondo che bussa alla porta. Nel 2000, andammo in Cina per formare alcuni funzionari sulle strategie di commercializzazione delle derrate agricole; oggi potrebbero insegnarci loro il mestiere. Al di là delle opportunità di lavoro dirette, quindi, credo che il valore dell’Expo stia nella possibilità di dialogare con realtà che forse sottovalutiamo, come il Brasile o il Perù. Ci stupirà, per esempio, l’evoluzione straordinaria di tante tecnologie agricole sviluppate: occorre prestare attenzione e farne tesoro. Soprattutto perché, ripeto, la lotta alla disoccupazione si vince dando ai lavoratori la possibilità di spendersi sul mercato internazionale e certificando che l’italiano è qualificato tanto quanto il collega inglese, francese o tedesco. HUMAN TRAINING DIGITAL EDITION ACQUISTA LA TUA COPIA SU: WWW.HUMANTRAINING.IT L’ECO DELLA FORMAZIONE Intervista a Dr. Franco Raffo responsabile dello sviluppo rete di Power Training Franchising i vantaggi del franchising della formazione A cura di F. Sala Franco Raffo U na recente ricerca condotta da Assofranchising rileva , in questa congiuntura, un aumento di richieste relative all’avvio di aziende di franchising poiché è sempre più difficile trovare un posto di lavoro fisso e come tale molti stanno valutando di entrare nel mondo imprenditoriale con la formula del franchising . A tal proposito Human Training ha intervistato il Dr. Franco Raffo responsabile dello sviluppo rete di Power Trai- ning Franchising. Dott Raffo quali sono i vantaggi del franchising per l’imprenditore? Nell’avvio dell’attività l’imprenditore può beneficiare di marchio già introdotto e noto sul mercato e della sinergia di una rete relazionale e commerciale già costituita. Inoltre l’imprenditore utilizzando il nostro know-how può ottenere la riduzione del rischio di insuccesso e di perdita 28 -HT dell’investimento. Il sistema di franchising già collaudato sul mercato e l’assistenza da parte della casa madre assicurano l’autonomia professionale. Specialisti esperti del sistema sono a supporto della rete e pertanto dell’imprenditore per evitare i tipici errori iniziali e concentrarsi completamente alla promozione delle vendite nella fase di startup. Anche nelle fasi successive all’avvio dell’attività il know-how del franchisor tornerà utile al franchisee per evitare errori e rischi. Attraverso la divisione del lavoro il franchisee può dedicarsi completamente alle richieste ed alle esigenze della clientela, invece di sprecare tempo con altri impegni. vità di tutti i partner del sistema, ne aumenta la forza e l’efficacia. Al fine di aumentare l’efficienza viene promosso uno spirito di squadra perfettamente funzionante, mettendo in moto una dinamica propria che entusiasma tutti i partecipanti al si- Unicità del marchio Il Gruppo Power Training, unico nel suo genere, vanta una caratteristica distintiva molto forte, poiché si presenta sul mercato in modo sistemico, attraverso un mix di attività di comunicazione e organizzazione di eventi. In effetti è il solo ad organizzare due fiere di settore: ExpoTraining – la fiera della formazione- ed ExpoLavoro&Sicurezza- la fiera del lavoro e della sicurezza- inoltre è editore della testata giornalistica specializzata nella formazione Human Training. Tali elementi permettono numerosi vantaggi del marchio già noto e consolidato. Già nella fase di start up il marchio sarà d’aiuto nel superare barriere d’ingresso al mercato e nel trovare un accesso nel mercato stesso. Far parte della nostra rete, significa godere della fiducia, della notorietà ed un’immagine positiva che il mercato ascrive al Gruppo Power Training. L’ organizzazione della rete di franchising. Power Training coordinando l’atti- stema. Lo scambio di esperienze e l’assistenza continuativa da parte del franchisor, inoltre, aiutano i singoli franchisee a superare con successo anche le più difficili fasi di sviluppo dell’attività. Quali sono le caratteristiche dell’offerta del franchising di Power Training? Il nostro sistema di franchising, oltre a trasferire l’idea di impresa, comprende anche la spiegazione di come si intende attuare tale idea ed una spiegazione del pacchetto di prestazioni che viene messo a disposizione del franchisee. Le basi dell’offerta sono: Piano di impresa nel franchising. Il piano di impresa definisce in maniera chiara le modalità con cui si debba realizzare un’idea di impresa . Diritti di tutela nel franchising. Il pacchetto include il diritto di usufrutto dei diritti commerciali di marchio per la durata del contratto. Assistenza continua nella gestione del punto vendita. 29 -HT Un sistema integrato è a disposizione per l’affiliato già nelle prime fasi dell’attività svolgendo in particolare: analisi dell’ubicazione, definizione del piano di marketing territoriale, procedure organizzative, amministrative, acquisizione di grandi clienti, assicurazione della qualità e nel controlling. I piani di formazione. Un’intensa attività di formazione e aggiornamento alla preparazione del franchisee e dei suoi dipendenti è finalizzata, a conoscere il know-how e gli standard qualitativi del franchisor. Per molti franchisee si tratta della prima volta che intraprendono un’attività imprenditoriale e una prima volta che entrano nel mercato della formazione; proprio per tale ragione la preparazione deve essere completa e dettagliata. Al fine di trasmettere tutte le conoscenze, la partecipazione alle attività di formazione è obbligatoria. Inoltre tale attività garantisce un interscambio di esperienza tra i membri della rete. Il franchising Power Training è adatto a persone senza conoscenze specifiche nel settore? Non lasciamo solo il nostro partner! Questa è la filosofia del progetto voluta dal cav. Barberis fondatore del Gruppo.Una formazione intensa prima dell’inizio dell’attività e corsi di aggiornamento e assistenza diretta sul campo durante l’attività sono i principi su cui si basa la nostra formula. Quindi, il franchising è sicuramente adatto anche a persone senza conoscenze specifiche nel settore. I requisiti personali, le esperienze lavorative, le condizioni finanziarie del candidato imprenditore devono essere sincrone al profilo del nostro affiliato pertanto, al fine di evitare errori, vengono rilevate, in sede di selezione le seguenti caratteristiche:cultura universitaria del candidato, la conoscenza delle logiche organizzative aziendali, una forte caratterizzazione commerciale, la disponibilità finanziaria. L’ECO DELLA FORMAZIONE Suor Anna Monia Afieri parla del progetto scuola di Expo 2015 La scuola nutre la famiglia e i valori. A cura di Suor Anna Monia Alfieri Suor Anna Monia Alfieri C he cosa significa veramente essere sede dell’Expo? Le recenti vicende italiane manifestano che la smania di accaparrarsi l’affare non paga: gli scheletri prima o poi saltano fuori dagli armadi e i “loschi affari” vengono smascherati. Speriamo, a un certo punto, di esaurire tutti i tentativi di corruzione, imbroglio, malversazione, e di procedere sulla strada dell’organizzazione, della gestione, della trasparenza. Finchè certe cose avvengono tra le “quattro mura” di Casa Italia si può anche far finta di niente; quando però si è chiamati in vetrina da- vanti all’Europa e al Mondo, allora occorre riflettere. “Chi è” veramente l’Italia - Nazione? l’Italia - Popolo? L’Italia - Cultura? L’Italia - Bellezza? L’Italia - Diritto? Quali aspetti del suo “essere” saranno esportati con maggiore successo, diciamo pure, “venduti” con più profitto? Il Bel Paese è alla prova del fuoco – o del “cuoco”, se intendiamo che possa essere fagocitato dai problemi…- che ormai dura da troppo tempo. In particolare, la sofferenza è data dall’instabilità, dall’aggressività della vita politica, dal degrado del contesto civile, soprattutto in quell’Italia “Mi30 -HT nor” che è sempre stata specchio di eccellenza e di fascino anche nei secoli bui del medioevo… Occorre comprendere dove stiamo andando e soprattutto quali strumenti abbiamo, come Nazione, per “non andare dove non dobbiamo andare”, a dirla nello stile del celebre Totò. Il tessuto civile è frutto di secoli di lavoro, riflessione, esperienze, creatività, cultura. Questo l’Expo deve mostrare all’Europa e al Mondo. E’ l’essenziale. Ce lo stiamo giocando. Quale intelligenza è sottesa all’educazione, alla formazione delle giovani generazioni? Quale strategia è posta in essere dalle Istituzioni (Stato, Chiesa…) affinchè il buono, il bello, il vero che il Paese ha espresso nei secoli continui ad alimentare la vita sociale, culturale, politica delle generazioni a venire? “Oggi la crisi epocale che coinvolge l’Europa rimette in discussione tutte le nostre conquiste. Per questo bisogna impegnare le forze migliori per proporre nuovi modelli di sviluppo, sia a livello locale che nazionale, per ridare un futuro ai nostri figli.” (Primo Gonzaga, economista). Ogni macro-sistema è frutto di micro-cellule che – se indebolite o malate, portano al collasso. La cellula prima è la persona e il suo humus è la famiglia. E’ indubbio che la famiglia, per esistere, debba essere al cuore di una rete di rapporti, relazioni, sostegni, incentivi, che hanno senso in quanto le danno vita e ne alimentano i componenti: le persone. La scuola è in stretta interdipendenza con questa cellula della società; rappresenta per la famiglia il pilastro della speranza, l‘apertura al futuro, il necessario strumento del nucleo familiare alla propria crescita materiale, morale, spirituale. Sono concepite – ab ovo, dalla nebbia dei tempi - l’una come supporto strutturale dell’altra e la crisi dell’una inevitabilmente si ripercuote sul destino dell’altra. Non è un caso che in Italia, da alcuni decenni, la crisi della famiglia e della scuola abbia subìto un’accelerazione e come un avvitamento su di sé: al fondo di questa grave difficoltà, che rischia di pregiudicare l’esistenza dell’una e dell’altra, lo sguardo attento coglie il punto di rottura, o la chiave di volta che sta per cedere: alla famiglia non è garantita quella libertà di scelta del proprio futuro che le compete in quanto tale, a prescindere dai dettati legislativi e – meglio – a fondamento del proprio essere. La famiglia è il regno della libertà, a partire dal suo costituirsi (“famiglia per forza” sono termini in contraddizione e… causa di nullità!) e nella luce del suo futuro: i figli, concepiti e fatti crescere, come sarebbe auspicabile, nella piena libertà di formazione ed educazione. Di conseguenza, la scuola riflette e si nutre della libertà insita nella struttura vitale della famiglia. E’ la fonte della libertà di insegnamento e della pluralità di offerta formativa, che sole possono essere degnamente al servizio di persone libere. Non è libera, la famiglia, di “far crescere” i propri giovani secondo la propria legittima visione della realtà, in un ambito di valori civili. Lo Stato la ritiene non in grado di prendere libere decisioni rispetto al futuro dei propri figli. La famiglia è interdetta. Paga le imposte per la scuola pubbli- ca (di tutti), ma non può sceglierla. La Costituzione italiana enuncia una libertà che non è garantita. In Italia lo Stato fornisce l’istruzione senza considerare la libertà di scelta della Famiglia, in quanto… evidentemente la ritiene “incapace di intendere e di volere” nella facoltà di scegliere il servizio scolastico pubblico, formato da Scuole pubbliche statali e paritarie. In Italia sceglie solo chi è ricco: paga due volte, le imposte statali e le rette scolastiche delle scuole pubbliche paritarie, inserite nel Servizio Nazionale di Istruzione, ma inaccessibili al cittadino che paga le tasse. Questa è l’Italia che si presenta all’Expo. Cittadinanza attiva e dialogo interculturale sono aspetti sintetici della 31 -HT personalità matura cui deve tendere la libera formazione, nel rispetto delle differenti matrici culturali e religiose, il cui diritto al conseguimento è in capo alla famiglia. Contributo, questo, ad affrontare le sfide che l’Europa ha di fronte. Lo afferma Pietro Lorenzetti in “Liberi di educare alla libertà. Modernizzazione dei sistemi educativi in Europa: il test della parità scolastica”, dove illustra come tutti i Paesi Europei, ad eccezione della Grecia e dell’Italia, garantiscano alla famiglia – ai genitori e quindi agli stessi figli - la libertà di scelta educativa in un pluralismo di offerta formativa pubblica, statale e paritaria. Quei Paesi che hanno fatto della laicità la propria bandiera, come Francia e Spagna, ritengono di dover garantire la libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo finanziando con fondi adeguati anche la scuola non statale, anche cattolica, assumendosi i costi del personale e, in alcuni casi, anche del funzionamento e rendendo, in questo caso, davvero simbolico il pagamento di una retta. Nei Paesi in cui le scuole non statali ricevono finanziamenti equivalenti a quelli delle strutture statali, la frequenza alle scuole risulta del tutto gratuita. In questo modo i cittadini, senza discriminazioni di sorta in base al tipo di scuola prescelto, pagano l’istruzione per i propri figli attraverso il prelievo fiscale. E proprio questi, che hanno con naturalezza garantito il più elementare dei diritti riconosciuti sono i Paesi dell’Unione Europea, che vantano i minori tassi di abbandono L’ECO DELLA FORMAZIONE scolastico, sono quelli postcomunisti, nei quali la parità è stata introdotta in modo pieno: Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia. Nessuna scelta confessionale: per esempio la Repubblica Ceca, come è noto, è definito il paese più ateo del mondo. In che veste l’Italia si presenta, attraverso Expo 2015, all’Europa e al Mondo? Paese civile? Contraddictio in terminis. Qui si inserisce la proposta di far parlare il costo standard per ogni allievo della scuola pubblica italiana, statale e paritaria. E’ questo l’“anello mancante” alla possibilità di ristrutturazione del sistema scolastico pubblico. Ed è ormai anello ineludibile nella catena che sosterrà la libertà di scelta educativa in una pluralità di offerta. Europa docet. Pur confermando l’assoluta necessità di individuare il costo standard – come voci autorevoli hanno ribadito negli ultimi tempi – si ritiene non sia sufficiente individuarlo. Ben più complesso è agire in regime di costo standard. Affinché sia realmente un anello che porta a compimento il Sistema Scolastico Integrato occorre intervenire a livello macro e micro. Quali gli “interventi-macro” funzionali? 1) Una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; il che implica il passaggio dello Stato da Gestore della scuola statale e Controllore della scuola paritaria a Stato Garante della Scuola Pubblica; 2) la libera concorrenza tra le scuole, in un sistema sano, domanda autonomia riconosciuta e garantita alla Scuola Pubblica, con la conseguente e necessaria 3) semplificazione e razionalizzazione del Sistema Scolastico. Contemporaneamente occorre agire sulla singola realtà scolastica. In estrema sintesi gli “interventi micro” da effettuare sono: 1) accompagnare la singola scuola nei processi di rivisitazione degli assetti organizzativi e amministrativi; 2) prevedere nuove figure con competenze organizzativo-gestionali; 3) responsabilizzare la direzione e l’organico sulla sostenibilità dell’attività educativa, sia in fase di programmazione che di verifica. Infine è necessario introdurre degli indici di verifica. Verificare l’utilità–efficacia della spesa pubblica: 1) Efficienza: verifica interna ed esterna degli assetti organizzativi e dei risultati conseguiti; 2) Efficacia: valu- Suor Anna Monia Alfieri, si è laureata in Giurisprudenza nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2001. Ha conseguito il Magistero di Teologia, indirizzo pedagogico-didattico presso l’Issr di Milano e la laurea in Economia nell’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2007. Dal 2007 è legale rappresentante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline. Dal 2008 collabora per la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, nell’organizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza scolastica) per gli Istituti Religiosi e per la docenza negli stessi. Dal 2011 è responsabile dell’ufficio regionale Scuola e Cultura Usmi Lombardia. In quanto gestore di scuole paritarie ha maturato sul campo un’esperienza in amministrazione e riorganizzazione degli Istituti scolastici, messa a servizio di varie Congregazioni. Esperta in legislazione scolastica dalla Costituente, si adopera per la piena realizzazione di un pluralismo educativo, attraverso pubblicazioni, rubriche, articoli di specie. Dal 2012 Presidente Fidae Lombardia 32 -HT tazione che controlla, misura e certificata la qualità; 3) misurazione degli apprendimenti; 4) capacità di fare sistema. Individuato il costo standard dell’allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, si dia alla famiglia la possibilità di scegliere fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria. Risultati: 1) innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei diplomifici e delle scuole che non fanno onore ad un Servizio Nazionale di Istruzione d’eccellenza quale l’Italia deve perseguire per i propri cittadini; 2) valorizzazione dei docenti e riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società; 3) abbassamento dei costi e destinazione ad altri scopi di ciò che era sprecato. Si innesca cosi un circolo virtuoso che rompe il meccanismo dei tagli, conseguenti a sempre minori risorse (perché sprecate) che producono a loro volta altro debito pubblico. Il welfare non può sostenere altri costi; non a caso il principio di Sussidiarietà, oltre ad avere una valenza etica, è anzitutto un principio economico prioritario. A questo punto, liberate le risorse, si potrà investire nella valorizzazione e valutazione, nell’innovazione e sviluppo. “L’esempio di altri Paesi in cui questo ideale è in atto basta a rassicurarci sulla possibilità della sua realizzazione, e ci conforta, e ci autorizza ad affermare che, in ogni caso, quelle provvidenze che verranno anche da noi escogitate al duplice fine di rendere effettivo l’obbligo scolastico fino ai quattordici od ai sedici anni, e di assicurare poi ai più meritevoli la continuazione degli studi nel campo della preparazione professionale o dell’alta cultura, dovranno essere attribuite alla persona con piena ed assoluta facoltà di utilizzarle in quella qualsiasi scuola, pubblica o privata, nella quale essa intende compiere la sua educazione.” (dagli atti dei Costituenti). L’ECO DELLA SICUREZZA Expo 2015: nutrire il pianeta, energia per la vita Sicurezza e salute delle popolazioni e protezione ambientale: elementi vitali per il pianeta A cura di Giancarlo Bianchi Presidente AIAS e V. Presidente CIIP E xpo2015, che si terrà a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, rappresenta la favorevole occasione per riaffermare a livello internazionale che il pianeta per essere vitale, conservato e sviluppato in modo che permetta la sostenibilità delle presenti e future generazioni debba considerare come elementi essenziali di ogni attività il rispetto della sicurezza, della salute, dello stato di benessere fisico, psichico e sociale delle popolazioni e debba garantire la protezione dell’ambiente. ExpoTraining, ExpoLavoro&Sicurezza in collaborazione con AIAS hanno sviluppato un piano di comunicazione al fine di far diventare la tale manifestazione, che si terrà l’1, il 2 e il 3 ottobre di quest’anno e il 3, il 4 e il 5 giugno nel 2015 in Fiera Milano City, il salone internazionale come vetrina del Lavoro e del Business Etico italiano nel mondo proiettato anche verso i paesi del Mediterraneo e dell’Est Europeo. Nel 2015 il salone sarà attuato nel periodo e in collegamento con Expo2015 e nell’ambito dei due saloni AIAS organizza la piazza del Lavoro e del Business Etico sapendo che la responsabilità sociale e la so- stenibilità di un’organizzazione ha come base reale la protezione della sicurezza e della salute dei dipendenti e degli utenti/consumatori e la conservazione dell’ambiente. Per le istituzioni, le organizzazioni, le imprese, i sindacati, i pro- Giancarlo Bianchi fessionisti i rappresentanti dei consumatori è una buona opportunità per istituire in, modo formale la filiera completa di tutte le organizzazioni che hanno un preciso e forte ruolo per promuovere e realizzare gli elementi vitali per il pianeta. 33 -HT Le tre attività: il lavoro etico, il business etico e la formazione realizzate in modo coerente e sinergico rendono realizzabile un lavoro che genera profitto e che integra nelle normali attività la sicurezza, la salute dei dipendenti e dei consumatori e la protezione dell’ambiente. Oggi abbiamo ricerche, teorie, metodologie e prassi operative, che se applicate correttamente, possono far ottenere risultati apprezzabili rendendo il profitto etico e sostenibile. L’AIAS insieme alla CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) in collaborazione con ExpoTraining e ExpoLavoro&Sicurezza intendono, nei tre giorni della manifestazione, organizzare, incontri personali, manifestazioni formative, convegni, tavole rotonde, seminari per promuovere tali valori e per contribuire a realizzare un’efficace azione in tali settori. Ad oggi, hanno già aderito alla manifestazione ASFOR (Associazione Italiana per la Formazione Manageriale) Aidp – Associazione Italiana Direttori del Personale Cisl, Cgil, Uil, Ugl, Confapi Regione Lombardia, Manager Italia, Federmanager ecc.Aspetto la vostra convinta adesione a questo importante evento. FOCUS IL FUTURO E’ “SMART WORKING”: SIAMO PRONTI? A cura di MR Barberis L ’organizzazione del lavo- ro è da sempre strutturata in maniera rigida, all’interno di spazi fisici ed orari ben definiti, con una comunicazione obsoleta tra uffici ed una burocrazia soffocante e costosa. Un sistema che incide negativamente sulla produttività e sulla qualità di vita dei lavoratori. Grazie alle nuove tecnologie il modo di lavorare potrebbe cambiare e diventare “Smart working” o più semplicemente “lavoro agile” e consentire di svolgere l’attività professionale non più in ufficio, ma in altri spazi (a casa, in giardino, in spiaggia) nel rispetto degli obiettivi stabiliti dall’azienda e migliorando la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti. Si tratta di una modalità di lavoro già diffusa nel Nord Europa e negli States, mentre da noi stenta a decollare nonostante recentemente sia stata depositata in Parlamento una proposta di legge sullo “smart working”, che spinge per il futuro del lavoro all’insegna della flessibilità di orari e di sede grazie all’aiuto delle nuove tecnologie. Una forma di attività aperta a tutti, uomini e donne, che va regolarizzata con un contratto scritto tra lavoratore e datore e che assicura uguale trattamento economico di chi svolge la stessa mansione in un ufficio. A Milano il 6 febbraio 2014 si è tenuta la prima “Giornata del lavoro agile”, cui hanno aderito aziende, enti e piccole-medie imprese e circa 6 mila lavoratori. L’iniziativa ha voluto catalizzare l’attenzione sui benefici dello “Smart working”, quali: riduzione dello stress da lavoro correlato, miglioramento dei rapporti tra colleghi, benefici in termini di vita privata familiare, abbattimento dei costi aziendali due ore medie di tempo risparmiato). Ad enfatizzare i vantaggi del “lavoro agile” è stato lo stesso Politecnico di Milano che in una ricerca condotta nel 2013 ha dimostrato che con questo modello lavorativo le aziende potrebbero aumentare i profitti, raggiungendo i 27 miliardi di euro all’anno, pari al 5.5% di produttività ed abbattere i costi di gestione legati soprattutto alle spe- e riduzione dell’inquinamento grazie ad un minor numero di automobili ( 3500 auto in meno quel giorno, se per gli spazi di lavoro (si calcola un risparmio di 10 miliardi). Anche i lavoratori avrebbero la 34 -HT possibilità di avere uno stipendio maggiore grazie alla diminuzione dei costi per il trasporto (risparmio stimato pari a 550 euro a testa all’anno). L’idea è accattivante, ma siamo davvero pronti ad affrontare un futuro “Smart working”? Dal punto di vista tecnologico ciò è fattibile, ma il problema è di ordine culturale e sociale. “L’Italia è al 25° posto sui 27 Paesi censiti, con un misero 2,3% dei lavoratori che telelavora per almeno un quarto del tempo, contro il 15,5% della Repubblica Ceca, il 14,4% della Danimarca, il 13% del Belgio e il 12% della Norvegia. Per quanto riguarda la flessibilità dell’orario di lavoro: con il 32% medio di diffusione, siamo distanti da danesi (62%), svedesi (61%) e tedeschi (52%). Il problema è culturale e riguarda soprattutto il management. In Italia si vuole tenere tutto sotto il proprio diretto controllo; delegare è una consuetudine poco diffusa. Per questo lo smart working fatica a decollare».” (Fonte l’Osservatorio Smart Working della School of Managment del Politecnico di Milano) Si tratta di un cambiamento della cultura del lavoro forte e come tale crea ansie e dubbi sulle difficoltà che deve affrontare un’azienda disposta a dare quest’opportunità ai suoi dipendenti, sui rischi di creare un nuovo squilibrio di genere, disparità di carriera, isolamento tra colleghi, incremento del lavoro (non si stacca mai). Serve una cultura della responsabilità, dell’autonomia prima di approdare allo smart working, ovvero ad un lavoro intelligente ed innovativo basato sugli obiettivi e non sul tempo. In Italia sono già presenti delle iniziative orientate al work-life e adottate soprattutto da grandi aziende, quali ad esempio la Barilla, la Tetrapack, Mars, nonché da alcune Istituzioni pubbliche come l’Università di Torino, la Regione Emi- lia Romagna, il Comune di Milano. Mentre le piccole e medie imprese sono ancora restie ad adottare forme di lavoro flessibile, sono più conservatrice sotto questo aspetto e prediligono metodi organizzativi classici. Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, il cambiamento è in atto, la tecnologia avanza e rende obsoleto ciò che poco prima rappresentava la norma, bisogna fare i conti con la velocità e la trasformazione vigente a livello globale. In questa rivoluzione culturale è di grande utilità la formazione per scardinare stereotipi anacronistici e far comprendere che lavorare al di fuori da un ufficio non significa essere meno produttivi. A parte alcuni tipi di lavoro, per il resto l’ufficio non è necessario, il lavoro può essere svolto in qualsiasi altra sede grazie alle nuove tecnologie. L’ impresa “liquida” che sostituisce agli spazi fisici quelli virtuali non deve rappresentare un tabù, l’importante è il risultato, non importa dove e quando. Del resto essere seduti dietro ad una scrivania non implica necessariamente essere più attivi e non avere un controllo diretto dei propri dipendenti non significa ridurre la produttività. Grazie alla formazione continua si possono riorganizzare i processi aziendali e renderli flessibili, migliorare la vita dei dipendenti ed accrescere la produttività delle imprese. Ne sono una testimonianza le grandi multinazionali USA che puntano ad una gestione “Flexible working” rivolta a tutta la popolazione aziendale e non limitata al talent management, più soggetto ad abbandonare l’azienda per altri orizzonti professionali maggiormente remunerativi. Da noi il welfare aziendale è ancora molto arretrato e tra i lavoratori (soprattutto dagli over 40 in poi) sussiste un forte analfabetismo informatico. Come si può pensare di essere pronti allo smart working se 35 -HT non si è pensato ancora ad attuare delle vere task force formative? Ogni cambiamento sulle persone è complesso e solo una minuziosa alfabetizzazione formativa può incidere su questo aspetto, insegnando ai managers ed ai dipendenti a lavorare in modo più flessibile attraverso un uso intelligente e corretto della nuova tecnologia. Considerare la formazione un optional, perché si ritengono ben altre le urgenze, significa non essere pronti allo smart working, vuol dire essere dominati da una mentalità rigida che contrasta con la flessibilità. Oggi in Italia sono molto forti gli stereotipi che caratterizzano il lavoro e la formazione è ancora troppo arretrata, o meglio è concentrata nella fase iniziale della vita di una persona e poi il lifelong learning è lasciato alla volontà del singolo adulto. L’indagine PIAAC dell’OCSE ha evidenziato il ritardo del nostro Paese sulle competenze degli adulti (linguistiche, matematiche, informatiche, ecc.). La maggioranza dei lavoratori è convinta di svolgere il lavoro grazie al Know-how acquisito all’inizio della carriera. Solo il 5,7% dei lavoratori frequenta corsi di formazione continua contro una media europea del 9%, nonostante il Fondo Sociale Europeo per la formazione permanente stanzi circa due miliardi di euro e venga applicata una trattenuta dello 0,3% dallo stipendio per finanziare programmi di formazione gestiti soprattutto dai fondi paritetici interprofessionali. Non si può procedere verso la realizzazione dello “smart working” se non viene data alla formazione il giusto valore, colmando il divario italiano rispetto agli altri paesi europei. E’ indispensabile unire le forze di tutte le parti politiche e sociali per fare capire ai lavoratori ed alle imprese l’importanza di formarsi in maniera continua soprattutto nell’attuale contesto lavorativo sempre più globalizzato e tecnologico. INTERVISTA Intervista a Paola Codecasa, responsabile delle Risorse umane del gruppo Zucchetti PRIMA DELL’ORGANIGRAMMA, LA QUALITÀ DELLE IDEE A cura di C. Cantoni P Paola Codecasa 36 -HT rimo Premio in Italia per l’innovazione assegnato per tre anni consecutivi dall’Unione europea; Premio per la Sicurezza sul lavoro nella categoria “Ricerca e sviluppo organizzativo” indetto dal Club SEI2SEI alla Fiera Ambiente Lavoro 2011; Premio Innovazione ICT nelle categorie “Risorse umane” a Smau 2010, “Cloud computing” a Smau Bologna 2012 e “Sistemi gestionali integrati” a Smau 2013, ricevuti dal Politecnico di Milano. Fioccano i riconoscimenti alla qualità delle soluzioni Zucchetti, leader in Italia nel campo del software applicativo, con un fatturato 2013 che supera i 310 milioni di euro e più di 95mila clienti nel mondo. Segno che ogni nuovo gol è sempre il punto di partenza verso il traguardo successivo, mai il pretesto per uno stanco e statico compiacimento. Complici l’elevato know how tecnologico e la profonda conoscenza dei processi nei diversi segmenti di mercato, ma soprattutto una cultura aziendale fortemente orientata all’innovazione e al cliente, con oltre mille dipendenti, sui 2.600 totali, dedicati allo sviluppo di nuove soluzioni per aziende di ogni settore e dimensione, banche e assicurazioni, professionisti e pubbliche amministrazioni. Supportati nei servizi pre e post vendita, di formazione e aggiornamento, da una rete commerciale di oltre 1.100 partner nazionali e più di 200 partner stranieri presenti in circa 50 Paesi. «Ascolto, fiducia, apertura alle idee di tutti, sono i valori differenziali che hanno permesso di distinguerci nel mercato ICT anche in anni di recesso: in Zucchetti non conta l’organigramma, conta la qualità delle idee», spiega la responsabile delle Risorse umane, Paola Codecasa. «Valorizzare le persone e il loro potenziale non significa solo destinare cospicui investimenti alla formazione continua, cosa che peraltro avviene, ma farli fruttare. E riteniamo che la via più intelligente sia capire come innovare ascoltando anche chi ogni giorno lavora sui nostri applicativi. In considerazione delle richieste di mercato, per esempio, sempre più alla ricerca di strumenti non solo amministrativi ma anche di tipo organizzativo per la gestione efficace dei collaboratori, abbiamo svilup- pato la soluzione software Gestione Risorse Umane dedicata agli HR manager, perché possano disporre di tutte le informazioni relative al personale e all’intera organizzazione aziendale. Internamente siamo i primi a beneficiarne». Facciamo un passo indietro. Ha accennato alla formazione: quale peso ha nelle politiche HR di Gruppo? Proprio qualche anno fa abbiamo deciso di creare una struttura interna dedicata esclusivamente alla formazione qualificata del personale interno, dei partner e dei clienti: Accademia Zucchetti. I corsi, dedicati in particolare a manager, commerciali, personale tecnico e utenti finali, sono pensati per fornire strumenti che accrescano le competenze professionali e consentano di gestire al meglio il proprio business, migliorando al contempo le relazioni con i clienti e i potenziali tali. Nel 2013 Accademia Zucchetti ha erogato formazione per oltre 4mila ore: più di 3mila si sono svolte in aula e più di mille 37 -HT a distanza, superando i 25mila partecipanti. L’area HR, la più soggetta a cambiamenti con continue innovazioni di prodotto, è stata quella maggiormente interessata. Su quali linee guida si sviluppa l’impianto formativo? Giocano un ruolo fondamentale la storicità dell’azienda e il segmento in cui operiamo: Zucchetti è il primo player italiano del mercato ICT, un settore soggetto a continui cambiamenti, evoluzioni, aggiornamenti, proprio come la nostra offerta che ad oggi vanta oltre 1.700 applicativi. Ecco perché, per trasferire le conoscenze, vendere, distribuire o sfruttare al meglio le soluzioni Zucchetti, è necessaria un’approfondita formazione rivolta sia agli interni che ai partner e ai clienti sulle numerose funzionalità che caratterizzano i nostri prodotti. Altro tassello fondamentale risiede nella filosofia aziendale e nei tre capisaldi che, dal 1978, ne caratterizzano cultura e successi: ricerca dell’eccellenza, innovazione continua e soddisfazione del clien- INTERVISTA te. Un’azienda storica per il settore ICT ma molto giovane e dinamica in termini di età media dei dipendenti. Secondo dati recenti, in Italia, la disoccupazione giovanile è salita al 42,4%, il valore più alto mai registrato dal 1977. Un’altra statistica scoraggiante posiziona il nostro Paese al 134° posto per capacità di valorizzare i talenti. Ecco, invece, cosa avviene in Zucchetti: l’età media dei dipendenti è di 35 anni, dal 2010 abbiamo integrato oltre 400 risorse e i contratti proposti sono finalizzati, nel 99% dei casi, all’assunzione a tempo indeterminato. Questo perché crediamo e investiamo nella crescita dei talenti: li inseriamo in azienda, li formiamo a 360° e poi attingiamo alle loro idee rendendoli protagonisti del processo innovativo. In Zucchetti c’è spazio per la meritocrazia, determinante per stimolare le risorse, sempre incoraggiate alla collaborazione proattiva e alla sperimentazione costante per realizzare le migliori soluzioni del mercato. Quali metodologie didattiche utilizzate maggiormente? Ricorriamo molto alla formazione in aula. In base al target e ai singoli corsi, gli appuntamenti sono volti a fornire nozioni di tipo teorico, commerciale, normativo e manageriale. Per i neoassunti in particolare prediligiamo la formazione on the job: l’affiancamento al tutor aziendale consente di trasformare in operatività le nozione teoriche acquisite e colmare così le lacune lasciate a volte dalle scuole di provenienza, non sempre puntuali nella formazione tecnica degli studenti, aspetto che faciliterebbe il loro inserimento nel mondo del lavoro. Nell’individuare percorsi formativi ad hoc per i nostri dipendenti, inoltre, possiamo contare su “un aiuto interno”: come accennavo, nella suite di prodotti gestionali disponiamo dell’applicativo Gestione Risorse Umane, il supporto ideale per la pianificazione e il controllo di tutte le attività di people management, tra cui proprio le esigenze formative. Zucchetti è la prima case history del prodotto. Vi avvalete anche di enti di consulenza esterni? Accademia si rivolge anche a fornitori esterni qualificati, selezionati tra le migliori realtà sia legate alle istituzioni, per esempio scuole di formazione manageriali post-universitarie, sia aziendali. L’obiettivo è di affiancare alla formazione interna anche spunti di riflessione ed esperienze che provengono da contesti di alto livello in ambito economico e di information technology. Come sono cambiate nel tempo le politiche formative di Zucchetti? Con la nascita di una struttura interna come Accademia la pianificazione delle attività formative è diventata più puntuale e precisa. La costante crescita del Gruppo, che oggi vanta 2.600 dipendenti e oltre 30 società, ha ampliato la domanda di appuntamenti anche sotto il profilo informativo e istituzionale. Aumentano gli applicativi, le divisioni, le società e i dipendenti, ma il Gruppo rimane uno. Non bisogna perdere la visione d’insieme e la cultura aziendale che ha sempre contraddistinto Zucchetti; la disponibilità e la voglia di imparare ci hanno permesso di mantenere i piedi per terra e di non adagiarci sui risultati confortanti riconosciutici dal mercato. Integrandosi con lo strumento di business intelligence, il software Gestione Risorse Umane permette prima ai responsabili di dispor38 -HT re di informazioni puntuali, utili a valutare il gap di competenze sia tecniche che manageriali dei dipendenti, e poi all’ufficio preposto di raccogliere e gestire le richieste di formazione pervenute su cui intervenire. Il ruolo HR sta evolvendo di pari passo con la complessità dell’organizzazione del lavoro e la necessità, da un lato, di ampliare le proprie competenze, dall’altro, di specializzarle in direzione di un’integrazione sempre maggiore con altre funzioni aziendali. Quanto impattano questi cambiamenti sulla people strategy? La Direzione Risorse Umane è chiamata oggi a raggiungere obiettivi in apparente contraddizione: ottimizzare i costi, orientare le persone ai gol aziendali, adempiere a una normativa in continua evoluzione e che prevede regimi sempre più aspri in tema di privacy e sicurezza. Per questo è sempre più supportata dagli strumenti IT, necessari per la governance di tutti i processi di amministrazione, sviluppo e organizzazione dei dipendenti e per comunicare con le altre funzioni aziendali. Questo trend è testimoniato dalle oltre 15mila aziende in Italia che hanno scelto le soluzioni della suite HR Zucchetti, sviluppate per favorire la gestione efficiente delle risorse umane attraverso l’integrazione tra gli applicativi che la compongono. Integrazione significa monitoraggio a 360° su diversi aspetti della vita aziendale della risorsa, dalla selezione, alla formazione, al performance management, alla pianificazione delle politiche retributive con software dedicati che agevolano il compito della Direzione Risorse Umane in ottica meritocratica e nel raggiungimento degli obiettivi di business aziendali. INTERVISTA Intervista ad Anna Maria Delzotti, regista teatrale, e Gioacchino Leovino, direttore HR di Fincons Group CON L’ARTE, LA PASSIONE ENTRA NEL BUSINESS A cura di P. Lacci B Gioacchino Leovino 39 -HT usiness, processi, tecnologia e… teatro. In Fincons Group, società leader nell’IT consulting, con oltre 30 anni di esperienza, l’arte è di casa. Da qualche tempo, l’azienda ha avviato una serie di iniziative mirate a promuovere fra i dipendenti i linguaggi della cultura e, due anni fa, su idea della moglie di Michele Moretti, Ceo del Gruppo, ha deciso di affidare alla pratica performativa un ruolo più operativo nella struttura di lavoro: nel 2011, Anna Maria Delzotti, regista teatrale ed esperta nella ricerca dei messaggi della comunicazione, ha lanciato il Laboratorio teatrale Fincons Group, uno strumento di formazione che testimonia l’attenzione della proprietà al percorso di crescita umana, oltre che professionale, dei collaboratori. «Fare teatro è un’attività complessa che coinvolge nel profondo, obbliga a conoscersi, stimola a imparare, matura la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo, richiede senso di responsabilità e produce risultati misurabili», dicono Anna Maria Delzotti e Gioacchino Leovino, direttore HR e CFO dell’azienda. «La “convivenza forzata” con i compagni di lavoro veicola riflessioni sulle dinamiche di gruppo e sulle capacità di essere uomini-squadra. Un team affiatato non nasce in modo automatico, ma da un processo di INTERVISTA formazione che avviene per gradi, con l’apprendimento e l’esperienza». Se, come ama dire Michele Moretti, la forza di Fincons Group sta nella capacità di anticipare il futuro, le risorse del Gruppo si preparano al cambiamento, cercando di arrivarci attrezzati. In una parola, innovando. Anche nella sperimentazione di percorsi formativi non convenzionali. Un laboratorio teatrale in azienda è qualcosa di insolito. Di che cosa si tratta? Delzotti: È un processo evolutivo dinamico, non un corso ma un percorso, riguardo alle due dimensioni della conoscenza e della comunicazione. Per la prima, è importante che i partecipanti mettano in gioco, partendo dal sé per ritornarvi più arricchiti, il proprio bagaglio di competenze, capacità, punti di forza e, soprattutto, di debolezza. La particolarità del contesto teatrale mette le persone in condizione di nudità e disarmo, portando a galla più facilmente alcuni aspetti caratteriali su cui lavorare: timidezza, insicurezza verbale, impaccio nella relazione, ecc. Nelle scelte registiche e scenografiche, inoltre, la rappresentazione finale in cui sfocia il percorso implica una riflessione profonda sulla coerenza espressiva di molteplici linguaggi, da quello verbale e prosodico a quello gestuale, dal codice musicale a quello cromatico, funzionali alla massima efficacia comunicativa. In tutto questo, la capacità di lavorare insieme rappresenta una chiave di volta. Ci racconti il modus operandi. Come si è configurato il laboratorio? Delzotti: Tra i diversi testi presentati, i partecipanti hanno democraticamente scelto di lavorare su Oceano Mare di Alessandro Baricco. A una prima fase di lettura approfondita, in cui si è sviscerato a fondo il testo per ricreare all’interno del plot un nostro ordine logico e cronologico, è seguita la produzione scritta di un copione, Oltre...il...Mare, intervallata dal training di preparazione alla recitazione, un percorso fisico, emotivo e mentale, realizzato attraverso la pratica di esercizi specifici. Con la messinscena, abbiamo lavorato su un linguaggio pluricodico, immaginando scenografie, luci, colonna sonora, ecc. Un’anteprima dello spettacolo si è svolta a novembre 2013 per acquisire consapevolezza del particolare legame che, nell’atto teatrale, si stabilisce col pubblico, fruitore e allo stesso tempo agente concomitante del dialogo che si consuma in scena. Interessante, ma che attinenza ha con la vita in azienda? Delzotti: Una conoscenza più approfondita del sé si traduce in una nuova modalità di approccio ai rapporti interpersonali, anche in azienda, grazie a una formazione più completa sia culturale che relazionale. La condivisione di tutte le fasi del processo ha messo in discussione ed evoluto, in termini di fiducia e rispetto, l’idea dell’altro in quanto soggetto indispensabile al raggiungimento di uno standard qualitativo adeguato. Attraverso tecniche di improvvisazione teatrale ed esercizi mirati a una comunicazione più efficace, sia a livello corporeo sia gestuale, i partecipanti sono stati portati a lavorare su capacità fondamentali quali l’ascolto, l’adattamento all’imprevisto e la creatività. Per tale concreto compito, ci si è serviti del supporto dell’attore professionista, nonché artigiano teatrale Andrea Cavarra, che collabora inoltre alla realizzazione della scenografia e della regia. Si è sviluppata, inoltre, l’attitudine a una maggiore capacità critica, che si riflette nell’approccio meno superficiale, più partecipe, preciso e soprattutto più collaborativo, al lavoro. Leovino: È emersa una consape40 -HT volezza profonda sul valore aggiunto prodotto dal lavoro di team, che va ben oltre la somma algebrica delle singole capacità individuali. È chiara la percezione che, all’interno del gruppo, alcune risorse con spiccate doti naturali performano meglio di altre, ma che l’assolo del singolo, in questo caso, non ha lo stesso valore di un lavoro condiviso con un livello qualitativo mediamente alto per tutti. Un valore decisivo in azienda: ora, chi ha la possibilità di supportare un collega lo fa con convinzione, sapendo che il risultato complessivo sarà migliore rispetto al risultato legato al suo singolo sforzo o alla sua singola performance. È sicuramente un’esperienza di rottura rispetto alla classica formazione che il Gruppo ha fatto e continua a fare sulle proprie risorse: un approccio innovativo che ci ha sorpreso per la qualità dei risultati. Qual è la differenza rispetto ad altri percorsi più tradizionali come i laboratori sulla comunicazione efficace, il public speaking o il team building? Leovino: Di solito chi partecipa a questi corsi tende a classificarli come attività formative aziendali e questo può limitarne l’impatto. In Fincons Group, l’esperienza teatrale esula dall’ambito professionale. Tant’è che i colleghi investono il loro tempo libero, al di fuori dell’orario lavorativo. Lo fanno su base volontaria perché ci credono e l’attività non è “inquinata” da finalità altre che non siano quelle proprie dell’arte performativa: non è formazione travestita da teatro, è teatro puro e, forse proprio per questo, veicola una crescita profonda della persona, chiamata a mettersi in discussione e giocare al meglio le proprie capacità, che si riflette poi in tutti gli ambiti della vita, incluso quello aziendale. Ma è una consapevolezza maturata e applicata in modo naturale. Che tipo di impegno richiede il laboratorio? Delzotti: Una pausa pranzo a settimana, con l’integrazione di una o due sere, tra le 18.30 e le 21, man mano che si avvicina lo spettacolo finale, il 19 giugno, al TeatrOreno di Oreno di Vimercate. L’iniziativa è stata comunicata attraverso l’intranet aziendale, con reclutamento aperto a tutti, compatibilmente con la logistica dei collaboratori dislocati sul territorio. Inizialmente hanno aderito in 22, poi, c’è stata una selezione naturale che ha portato a un gruppo stabile di nove persone. Sicuramente replicheremo l’esperienza e, oltre al teatro, stiamo pensando a serate di lettura per riavvicinare le persone in maniera meno scolastica a testi importanti, appartenenti a generi e filoni diversi. Cercheremo di comprendere meglio il nostro mondo, attraverso la comprensione di altri mondi, altre narrazioni, partendo dal tema del mito, la letteratura fondativa di ogni popolo. Sono convinta che le persone abbiano bisogno di respirare orizzonti ampi oltre a quello del lavoro, per intuire che c’è un tempo diverso rispetto a quello fugace della nostra quotidianità, che è quasi sempre il tempo della cultura e della conoscenza. Un aspetto su cui Fincons Group investe molto. Perché? Leovino: Per seguire i clienti con passione bisogna essere persone appassionate. Così si riassume il nostro approccio al mercato. E abbiamo trovato nell’arte un codice che apre la mente, soprattutto in un settore come l’IT, apparentemente lontano da tutto ciò che il termine “passione” evoca. Le iniziative su questo fronte sono molteplici. Per esempio, il concorso fotografico con il quale si è chiesto ai dipendenti di tradurre questo concetto in uno scatto. Le immagini migliori sono finite nel Calendario 2014, 41 -HT che esprime la nostra visione di IT emotion. È un esempio di come l’arte entri nel business e, soprattutto, è un messaggio che si replica tutti i giorni dell’anno, sulle scrivanie dei nostri dipendenti nel formato da tavolo. Questo approccio ci differenzia anche sul mercato, il cliente lo percepisce e la storia recente ce ne ha reso merito, posizionandoci tra i principali player nazionali del mondo IT. Basta la passione per differenziarsi sul mercato? Leovino: La scelta appassionata, tradotta in plus competitivo, è stata quella di puntare sull’acquisizione di competenze molto specifiche per ciascuno dei segmenti di mercato in cui operano i nostri clienti. Abbiamo studiato a fondo i processi di business delle aziende attive nei media, nelle energies, nelle utilities, ecc., proponendoci ai diversi player come interlocutori specializzati, con soluzioni INTERVISTA informatiche ritagliate sulla loro operatività. È il modus operandi che ci distingue da altri competitor. Ovviamente mantenendo standard d’eccellenza, perché si può sedurre il cliente ma poi occorre rispettare le aspettative generate. Perciò avete dato vita alla Fincons Group Academy? Leovino: L’IT Business school di Gruppo nasce a Bari, dove l’azienda La scuola prevede lezioni tradizionali d’aula e programmi di training on the job all’interno dell’azienda, a cui viene associato, dopo un certo periodo, uno stage presso i nostri clienti principali, monitorato da un tutor che segue l’attività della risorsa. Al termine, il giovane viene inserito nell’organico Fincons Group. Quali programmi avete attivato, invece, per il personale interno già annuale in formazione si aggira intorno ai 250/300mila euro. Si va da attività più tradizionali, finanziate attraverso Fondimpresa o Fondir, mirate soprattutto all’acquisizione di soft skills, a una formazione di tipo specialistico, erogata in maniera continua, legata ai nostri servizi e ad alcune certificazioni richieste per poter intervenire sulle ingegnerizzazioni di processi presso i clienti. In questo momento, per esempio, siamo impe- Anna Maria Delzotti ha una sua sede e un centro di competenza specifico nel mondo IT. Anche grazie a una rete di contatti territoriali, con l’università, si è deciso di avviare un progetto per formare figure professionali specialistiche, prevalentemente giovani neolaureati, sia nel campo dello sviluppo applicativo sia dei processi aziendali, da inserire a fine percorso all’interno del Gruppo. consolidato? Leovino: Tenendo conto che la nostra è una società people based, in cui le persone rappresentano il vero asset, l’ottica è sempre quella di fornire ai dipendenti un elemento distintivo, perché siano in grado di operare al meglio presso i clienti, e ai nostri clienti la giusta motivazione per continuare a sceglierci. L’investimento 42 -HT gnati in percorsi finalizzati al conseguimento della certificazione di PMP (Project Management Professional). Abbiamo poi programmi di specializzazione legati alle piattaforme Sap e Oracle. Di recente, abbiamo sostenuto un investimento importante anche su Avaloq, la piattaforma europea di riferimento nel mondo bancario. INTERVISTA Intervista a Laura Bruno, direttore Risorse umane di Sanofi Italia L’ATTENZIONE ALLA PERSONA CHE FA CRESCERE L’IMPRESA A cura di C. Cantoni L eader integrato della salute a livello globale, Sanofi ricerca, sviluppa e distribuisce soluzioni terapeutiche focalizzate sui bisogni dei pazienti, rappresentando in Italia la prima realtà industriale del comparto farmaceutico, con oltre 2.600 collaboratori, di cui più di 1.300 nei siti produttivi di Origgio (Va), Garessio (Cn), Anagni (Fr), Scoppito (Aq) e Brindisi, dove vengono confezionati farmaci destinati ai mercati di tutto il mondo. A questi si aggiungono lo stabilimento Merial, la Divisione Salute Animale del Gruppo, a Noventa Padovana (Pd), e un’articolata attività di R&S che spazia dalla ricerca clinica, attuata presso il quartier ge43 -HT nerale di Milano, a quella biotecnologica svolta nei cinque laboratori multidisciplinari di Brindisi. Coprendo a 360° l’ambito salute (soluzioni per il diabete, farmaci etici, prodotti oncologici, farmaci innovativi, prodotti di automedicazione, farmaci equivalenti con Zentiva, malattie genetiche rare e sclerosi multipla con Genzyme INTERVISTA e salute animale con Merial), Sanofi Italia non manca di promuovere, anche al proprio interno, una cultura orientata allo sviluppo e al benessere della persona: «Le nostre persone sono uno dei pilastri nella nostra visione di responsabilità d’impresa, che la Direzione HR favorisce su tre fronti: il miglioramento continuo delle competenze attraverso la formazione, l’equilibrio tra vita privata e professionale e la sicurezza sul lavoro», spiega Laura Bruno, direttore Risorse umane della filiale italiana. Dottoressa, approfondiamo il primo punto: quanto investe annualmente l’azienda nello sviluppo delle competenze professionali? Finanziata anche con fondi interprofessionali quali Fondirigenti e Fondimpresa, la formazione riveste un ruolo centrale in Sanofi. Negli ultimi due anni sono state erogate oltre 53mila ore, con training specifici su temi che spaziano dalle sessioni tecniche e a carattere scientifico ai corsi per le figure manageriali. Ne sono un esempio i programmi People Management e Drive Your Team, dedicati ai manager e focalizzati sulla gestione delle persone, o From District Manager to Sales Manager, specifico per la forza vendite. Nel 2013 abbiamo anche lanciato un progetto pilota di tutoring, Speed Networking, rivolto ad alcune giovani colleghe rappresentative di tutte le attività di Sanofi Italia: dieci minuti di tempo per ognuna allo scopo di confrontarsi su esperienze professionali e possibili percorsi di sviluppo con dieci manager dell’azienda. Su quali valori si fonda l’impianto formativo a livello corporate e di country italiana? L’attenzione alle persone a 360° e alla crescita delle professionalità sono le principali linee guida attorno alle quali sviluppiamo le attività formative. Il punto di partenza sono i risultati delle indagini che l’azienda perio- dicamente svolge. Sul fronte interno, ad esempio, Sanofi ha condotto negli ultimi due anni un’indagine a livello mondiale sull’ingaggio e il coinvolgimento dei collaboratori, denominata “Our Pulse”, volta a misurare la percezione dell’azienda in termini di orgoglio, impegno e soddisfazione personale. I risultati sono per noi fonte di ispirazione e motivazione, mentre le eventuali criticità rappresentano un’opportunità di miglioramento. Sul fronte esterno, cito le indagini del Great Place To Work® e del Top Employers Institute, alle quali aderiamo dal 2012. Un esempio di formazione ad ampio spettro, invece, lanciata da Sanofi a livello globale, è la Lean Academy: un progetto di snellimento, razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi che sta interessando tutti i siti del Gruppo e prevede, oltre a sessioni di training, anche esercitazioni pratiche e dibattiti. Ogni collaboratore coinvolto è invitato ad avanzare proposte per migliorare i processi in termini di KPI ed eccellenza produttiva. Quali metodologie didattiche ritenete essere più efficaci? Alla tradizionale formazione frontale e a quella on-the-job, si stanno affiancando forme miste, che alternano role-play, attività di team building oppure sessioni di formazione a distanza. Inoltre, privilegiamo percorsi formativi piuttosto che singole giornate: i nostri collaboratori sono invitati a partecipare ad attività preliminari alla formazione vera e propria e a momenti successivi di elaborazione e confronto. Quali competenze ritiene siano necessarie oggi per superare l’empasse della crisi? Per un’azienda integrata e diversificata come Sanofi, che opera nel settore salute, l’aggiornamento continuo delle competenze tecniche rimane il requisito indispensabile. Accanto a questo, tuttavia, la rapidità dei cam44 -HT biamenti, uniti a scenari di mercato sempre più competitivi, evidenziano la necessità di sviluppare anche competenze “soft”, come la capacità di gestire le persone e i team di lavoro, soprattutto se complessi e formati da più linee di business. Perciò, Sanofi investe nella formazione manageriale e nelle doti di leadership dei propri dipendenti, anche attraverso sessioni di coaching e assessment individuali. Inoltre, ai nostri collaboratori è richiesta una buona dose di flessibilità e la capacità di gestire il tempo sia in termini di formazione, con una maggiore agilità e autonomia nell’accedere alle sessioni formative a distanza e nel fare propri gli stimoli dell’ambiente interno ed esterno, sia in termini di organizzazione del lavoro. Per supportare e sviluppare queste capacità, dallo scorso anno abbiamo avviato per tutti i collaboratori il programma formativo “A Porte Aperte”: momenti di condivisione e confronto a tema ispirati ai valori di Sanofi, che possano contribuire alla crescita personale e professionale delle nostre persone. Che tipo di percorsi sono previsti per lo sviluppo dei talenti? Abbiamo attivato un processo di Talent Management che si basa sui principi di equità, rispetto della diversità a 360° e trasparenza, valori cardine di Sanofi. Il progetto, al centro delle politiche di sviluppo dell’azienda, fa parte di un’azione più ampia, trasversale ai singoli Paesi in cui opera il Gruppo, ai diversi business e divisioni, che riconosce a ciascun manager un ruolo decisivo nell’individuare i talenti e contribuire alla loro crescita. Il Talent Management è strettamente legato ai processi di Development & Training e Performance & Compensation, che si svolgono in sequenza nel corso dell’anno. Identificate le posizioni chiave per l’organizzazione, i collaboratori che le occupano vengono valutati secondo due dimensioni: prestazioni e potenziale, in accordo con le competenze strategiche individuate a livello di Gruppo, e secondo un modello di valutazione basato su una matrice a “9 caselle”. In base al punteggio ottenuto dall’incrocio dei due parametri, la risorsa viene inserita in un percorso formativo specifico, volto ad allineare ulteriormente i talenti alla strategia dell’azienda. Inoltre, è stato avviato un programma di “scambio di talenti” tra le sedi Sanofi nel mondo, per creare percorsi internazionali che favoriscano la mobilità e la valorizzazione di coloro che saranno i leader di domani. Come si struttura, invece, il sistema di Performance Management? In Sanofi promuoviamo innanzitutto il confronto e il feedback continuo tra collaboratore e responsabile e con il top management, che avvengono, per cultura interna, in maniera diretta e costante, su base quotidiana. Al fine di assicurare massima trasparenza e il giusto riconoscimento ad ognuno, è stato messo a punto un processo di Performance Management unico per tutto il Gruppo, che si svolge in tre momenti: la definizione delle priorità tra collaboratore e responsabile, entro il primo trimestre dell’anno; la valutazione di metà anno, entro il secondo trimestre, con i primi riscontri in merito all’andamento e un eventuale aggiustamento degli obiettivi; il colloquio di fine anno, durante il quale il responsabile comunica a ogni collaboratore la valutazione complessiva in termini sia di raggiungimento dei target individuali sia di comportamenti agiti in base al modello di competenze interno. Il processo punta a valutare e premiare il contributo di ognuno, per creare un ambiente in cui la crescita del singolo diventi parte integrante dello sviluppo dell’organizzazione. L’anno scorso avete ottenuto la certificazione Top Employers Italia 2013 del Top Employers Institute. Che cosa rappresenta per Sanofi questo riconoscimento? Costituisce uno dei momenti importanti di valutazione, in quanto prende in esame nel dettaglio i pro- confronto con il supporto di figure specializzate, che mettono a tema, fra l’altro, anche il work-life balance. Numerose, poi, le iniziative a sostegno dei dipendenti e delle loro famiglie, a partire da convenzioni con studi medici ed esami gratuiti di me- cessi sul fronte HR e le politiche che le aziende hanno implementato per i propri collaboratori, tra cui: politiche retributive, condizioni di lavoro e benefit, formazione e sviluppo, opportunità di carriera e cultura aziendale. Inoltre, fornisce elementi utili a individuare e agire sulle eventuali aree di miglioramento. Quest’anno Sanofi ha ottenuto la certificazione per la seconda volta: siamo tra le 51 aziende italiane che hanno dimostrato di rappresentare l’eccellenza nel campo delle risorse umane. dicina preventiva, alle quali si affiancano assistenza fiscale, convenzioni con banche e assicurazioni, e con farmacie per la consegna dei farmaci direttamente in azienda. Sono state avviate inoltre iniziative per i figli dei collaboratori, come il Campus estivo Ecosport e il programma Scambi vacanze. È recente, infine, l’accordo raggiunto con le parti sociali per introdurre in via sperimentale la flessibilità logistica all’interno dell’organizzazione: un progetto pilota di sei mesi che ha l’obiettivo di favorire una maggiore conciliazione tra vita privata e professionale, accogliendo le esigenze dei collaboratori rispetto a eventuali difficoltà personali o inerenti il tragitto casa-lavoro, ma anche di contribuire al rispetto per l’ambiente attraverso la riduzione del pendolarismo e promuovere quindi la salute. Non va dimenticato, inoltre, lo stimolo a una sempre maggiore informatizzazione del lavoro. Quali politiche sono state avviate per migliorare la qualità di vita del personale? Puntiamo a far sì che ciascun collaboratore adotti un approccio sempre più equilibrato nel rapporto tra vita privata e attività lavorativa. Da anni, per esempio, portiamo avanti gli incontri “Attenzione alla persona. Ascolto, dialogo e orientamento”, occasioni di riflessione e 45 -HT INTERVISTA Intervista a Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e organizzazione di Vodafone Italia QUANDO LA FORMAZIONE METTE LE ALI AL BUSINESS A cura di M. Soriani S pirito di innovazione, valorizzazione del talento, rispetto della diversità nelle sue molteplici declinazioni. Con 6.500 dipendenti, 7mila punti vendita e oltre 29 milioni di clienti, Vodafone Italia non ha bisogno di presentazioni. Un piede radicato nel presente, l’altro già rivolto al futuro, complice la strategia di differenziazione che negli ultimi anni ne ha guidato la crescita, trovano fondamento in una vision di ampio respiro orientata allo sviluppo del capitale umano, condizione imprescindibile di un successo solido e duraturo: investendo 5 milioni di euro l’anno in formazione, pari a 107mila giornate erogate in percorsi di crescita professionale, l’azienda dimostra di credere nel potenziale individuale, coltivato e sostenuto anche in ottica di lungo periodo. Elisabetta Caldera 46 -HT «Lo sviluppo delle competenze, secondo una logica di long life learning e non di puro aggiornamento, rappresenta una leva centrale per la competitività del nostro business, andando a coinvolgere gran parte della popolazione aziendale. Tanto più che nella formazione HR è confluito anche il training funzionale rivolto alla forza vendita, con una chiara volontà di indirizzo sull’indotto», spiega Elisabetta Caldera, direttore Risorse umane e Organizzazione di Vodafone Italia. «Accanto alle Academies, percorsi ritagliati sulle esigenze specifiche di ogni singola famiglia professionale, prevediamo una formazione manageriale più trasversale, improntata ai valori e ai principi comportamentali della “Vodafone Way”, che evolve di pari passo con le trasformazioni di mercato e del contesto storico». Dottoressa Caldera, quali sono i progetti formativi più interessanti avviati per i dipendenti? Quelli strategici per l’indirizzo dei piani di business, molto orientati a una politica di differenziazione. Come il progetto Retail Transformation, un percorso di apprendimento rivolto alle figure commerciali finalizzato al miglioramento continuo della customer experience nei nostri negozi. Un’iniziativa che abbraccia sia i 900 store monomarca sia l’intera rete distributiva, alternando momenti di assesstment a sessioni formative sui risultati. È l’esempio concreto di un lavoro congiunto con la forza vendita, che mira a tradurre le esigenze professionali in un piano formativo direttamente funzionale al business. Un progetto più legato alla managerialità è Inspire leadership, un percorso di consolidamento delle tradizionali competenze di general management ma anche di riflessione sulle evoluzioni del concetto di leadership in un’ottica di evoluzione culturale dell’organizzazione. Quali tipi di didattica si addicono maggiormente a un’azienda come Vodafone? Lavoriamo sia in aula che in eLearning attraverso soluzioni miste. Inoltre, abbiamo avviato esperienze innovative di edugaming, utilizzando lo strumento del gioco per formare l’adulto. È il caso, per esempio, di una competizione appena aperta a tutti i dipendenti, legata alla diffusione del tool gestionale “Rapid”. È un modo per sviluppare consapevolezza su un’innovazione introdotta dall’azienda attraverso una formula sostenibile in termine di costi e sicuramente più coinvolgente dell’eLearning tradizionale. La capacità di proporre metodologie didattiche innovative, fra l’altro, è uno dei parametri che nella selezione dei fornitori esterni pesano di più. sono oggi più necessarie per vincere la sfida dei mercati? Essendo il nostro un business di servizi, acquistano maggior rilevanza le competenze legate all’area della gestione qualità, con doti spiccate di project management e, rispetto al passato, molta più attenzione agli aspetti di processo, ai Six Sigma. In termini di soft skills, invece, occorre una leadership sempre più capace di creare senso e lavorare in partnership, quindi, un grande spirito di collaborazione. Come misurate l’efficacia degli interventi formativi meno tradizionali? Come interviene in tutto questo il digitale? In Vodafone ne facciamo un uso Per ogni attività svolta è prevista una valutazione ex post del discente ma non solo. Nel caso del progetto legato alla Retail Transformation, per esempio, andiamo a misurare l’impatto diretto sul business attraverso scorecard, confrontando le prestazioni dei punti vendita pre e post intervento con gli obiettivi posti in termini di NPS (Net Promoter Score). molto avanzato. Ad esempio la nostra intranet globale, che utilizziamo non solo a fini formativi ma anche comunicativi a livello locale e internazionale, per mettere a fattor comune le diverse esperienze degli oltre 30 Paesi in cui è presente Vodafone. Anche la nostra Fondazione si sta impegnando molto su questo tema, sostenendo progetti educativi di digitalizzazione scolastica con il progetto “a scuola di internet”. Quali competenze, a suo avviso, 47 -HT INTERVISTA Prevedete interventi per colmare il digital device anche all’interno di Vodafone, destinati magari ai profili più senior? La nostra è un’azienda molto giovane e, anche per la natura specifica del suo business, orientata alla digitalizzazione dei collaboratori, i primi a utilizzare le soluzioni che proponiamo ai clienti. Inoltre, abbiamo lanciato da poco un progetto di smart working e stiamo formando i capi area perché siano in grado di sostenere culturalmente il paradigma del lavoro da remoto, che rivoluziona l’approccio tipicamente italiano impostato più sulla presenza in ufficio che sul raggiungimento degli obiettivi. Il concetto è quello del lavoro fruibile da e in qualunque luogo: in casa, fuori casa, in mobilità. Con ricadute importati anche in termini di sicurezza, un aspetto su cui stiamo facendo formazione per evitare prestazioni svolte in condizioni di rischio: a fronte di una normativa ancora in fieri, è fondamentale che le persone sappiano valutare come comportarsi nell’adempiere alle loro mansioni al di fuori dell’ufficio. Le dinamiche di smart working hanno impattato anche sull’organizzazione degli spazi presso la 48 -HT sede? Da quando, un paio di anni fa, ci siamo trasferiti nella nuova sede di Milano, il Vodafone Village, abbiamo favorito la creazione di spazi informali per lo svolgimento di meeting e riunioni, promuovendo una maggiore flessibilità degli ambienti per consentire di lavorare ovunque nella struttura. Si tratta di superare il concetto di stanzialità a vantaggio di un contesto dinamico, in evoluzione, in cui si respira una cultura aziendale fortemente legata al brand. È molto più allettante per i dipendenti, perché si discosta dalla spersonalizzazione dell’ufficio come stereo- tipo. È un paradigma organizzativo sicuramente efficace anche in termini di engagement; Vodafone guarda con particolare interesse alle nuove generazioni, cercando di attrarre i giovani attraverso percorsi di apprendimento il più stimolanti possibile. Ma la stessa freschezza d’approccio interessa anche l’organico consolidato. Un’iniziativa interessante in questo senso riguarda l’accoppiamento di ogni nuova risorsa a un buddy, una persona tipicamente più anziana che già conosce l’azienda e può supportarla nella fase di inserimento. Viceversa, il profilo junior contribuisce con nuovi stimoli provenienti dall’esterno dell’azienda, incoraggiando le figure senior a riconsiderare pratiche o modalità di lavoro che risentono magari della routine. È un rapporto di tutoring a doppio senso, che produce beneficio per entrambi e per l’intera organizzazione. Prevedete percorsi particolari per la valorizzazione dei talenti? L’employer branding è un nostro fiore all’occhiello e il mondo accademico è un importante bacino di reclutamento ma, anche in questo caso, adottiamo un approccio inedito che, ai classici career day, predilige l’organizzazione di contest aperti agli studenti, per metterli all’opera e valutarli su progetti concreti. Una delle ultime presentazioni, fra l’altro, si è svolta non solo di fronte a Vodafone ma anche ai nostri clienti e fornitori: una bella prova per i ragazzi. Una volta selezionati, poi, i neolaureati vengono inseriti in un programma di job rotation all’interno dell’organizzazione – il Vodafone Discover Program - e i migliori hanno la possibilità di intraprendere un percorso internazionale. Siamo molto focaliz- e il tema oggi per noi più caldo della trasmissione di know how da questi ultimi ai profili junior, dall’altro, intervenendo sui sistemi di knowledge management e sulla circolazione delle informazioni. Vodafone è molto attiva nella valorizzazione della diversità a 360°, non solo in termini di aging. Anche in termini di genere, nazionalità e background culturale. Il 30% del comitato esecutivo e del top management, per esempio, è composto da donne ma, al di là del target numerico, lavoriamo sui temi dell’inclusività perché le persone siano realmente integrate all’interno dell’organizzazione e per sviluppare zati sul tema del talento: crediamo nel potenziale delle persone e soprattutto ci piace proiettare l’azienda nel futuro, immaginando le competenze e i comportamenti più adatti a costruire una visione di lungo termine. la capacità di attrarre talenti dall’estero. Ci preme, inoltre, promuovere un concetto di welfare aziendale sempre più ritagliato sui bisogni del singolo, quindi, molto orientato alla personalizzazione dei servizi, evitando soluzioni calate dall’alto. Oltre all’asilo interno, abbiamo attivato alcune facilities come il babysitting on demand, l’SOS per la casa e una serie di servizi a scelta dei dipendenti, dall’educazione dei figli alla previdenza complementare, per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie senza, tuttavia, sostituirci alla libera scelta della persona. Come ritiene che si debba gestire in azienda il fattore età relativamente alle fasce anagrafiche meno giovani? Al di là delle esperienze svolte finora sui ponti generazionali, che seguo con interesse, ritengo sia fondamentale agire su un duplice asse: la rivitalizzazione delle competenze delle persone più senior, da un lato, 49 -HT INTERVISTA Intervista a Michele Riccardi, direttore Risorse Umane di Edenred Italia DALLA CONDIVISIONE, UN’ECCEZIONALITÀ QUOTIDIANA CHE INNOVA A cura di C. Cantoni P reoccupazione per il posto di lavoro (in crescita del 50% fra gli italiani), lealtà alla propria azienda “in mancanza di alternative”, forte eterogeneità dei modelli nazionali nella capacità di motivare le risorse di fronte alla crisi. Giunto all’VIII edizione, il Barometro Edenred-Ipsos 2013 sul benessere e l’engagement dei lavoratori dipendenti in Europa, fotografa umori e tendenze di un mercato professionale percepito come poco gratificante. Se il potenziale di frustrazione esplode in Francia, oltre la metà dei nostri connazionali non sente riconosciuto il proprio impegno in maniera adeguata e solo il 29% promuove a pieni voti la qualità di vita sul luogo di lavoro (contro il 42% di Germania, il 40% del Regno Unito e il 39% del Belgio). Ad essere bocciate, a fronte di aspettative elevate, sono soprattutto le politiche di gestione dei talenti e di trasmissione delle competenze (37% dei dipendenti tricolore), così come la carenza di interventi per il benessere aziendale (34% dei casi, il peggior dato in Europa dopo il 55% della Francia). Michele Riccardi 50 -HT In termini di soddisfazione e motivazione, performano meglio gli ambienti di lavoro più “contrattuali” di Belgio e Germania o il modello più “opportunista” del Regno Unito. «Dal Barometro 2013 emergono forti aspettative sul potere d’acquisto, che in Italia lascia scontento il 73% dei lavoratori», spiega Michele Riccardi, direttore Risorse umane di Edenred Italia. «In un momento storico in cui le aziende faticano a riconoscere ulteriore valore alle prestazioni professionali in termini di salario puro, occorre percorrere vie alternative per valorizzare il capitale umano». Un aspetto su cui Edered punta dal 1976, anno della sua fondazione nel Belpaese, tanto da ottenere nel 2005 la certificazione SA8000. Inventore del Ticket Restaurant e leader mondiale dei servizi prepagati alle aziende (benefit, spese professionali, incentivi e premi), il Gruppo è presente in 42 Paesi con oltre 6.100 collaboratori, che perseguono ovunque la medesima mission: “Entreprendere Differentément ENsemble” (Eden). Un principio condiviso, che ha messo le ali a una crescita ininterrotta negli ultimi 50 anni, arrivando a contare oggi 610mila clienti, 1,3 milioni di esercizi affiliati e 38 milioni di beneficiari, per un volume di emissione 2012 pari a 16,7 milioni di euro. «I servizi che offriamo al mercato rappresentano un cardine innanzitutto delle nostre politiche interne», dice Riccardi. «E anche sul fronte motivazionale operiamo a diversi livelli, dalla flessibilità dell’orario, ai trasporti per agevolare il tragitto casa-lavoro, alle tematiche legate alla famiglia». Ci fa qualche esempio? Con il progetto “Genitori in Edenred”, per esempio, sosteniamo le mamme in attesa e i genitori con figli da 0 a tre anni, sia a livello economico sia psicologico, con counseling individuale e tavoli sulla genitorialità. Cerchiamo di favorire l’interazio- ne con le famiglie anche attraverso i baby party organizzati per i bimbi dei nostri 320 dipendenti, così che possano attribuire una connotazione fisica a un concetto per loro astratto come il luogo di lavoro di mamma e papà. Eroghiamo, inoltre, diversi Ticket Family, voucher spendibili presso una rete di operatori e strutture In questo modo i dipendenti si riappropriano del loro tempo libero, risultano meno stressati e in ufficio possono concentrarsi sul lavoro senza altre preoccupazioni. sanitarie convenzionati, per servizi ai minori, come asili nido, baby sitting, mensa e ripetizioni scolastiche; servizi per anziani o disabili, tipo assistenza domiciliare, case di riposo, trasporto; e per la famiglia, dai piccoli lavori domestici al counseling, alle colonie estive. Uno dei cinque valori di Edenred è la condivisione, che pratichiamo a livello worldwide attraverso il nuovo corporate portal. Più simile a un incubatore di idee che a una tradizionale intranet aziendale, Bubble consente l’interazione e lo scambio di conoscenze costante fra i 6.100 dipendenti del Gruppo. L’integrazione delle informazioni, applicazioni e processi all’interno di un portale accessibile a tutti è supportata da tool collaborativi per la fruizione e la produzione di contenuti. L’impostazione di personal profiles basati sulle competenze degli utenti favorisce l’individuazione delle work-affinities mentre l’attribuzione di rating per esprimere il gradimento sugli argo- Quali soluzioni avete introdotto, invece, sul fronte del work-life balance? PeopleOne è un servizio innovativo di assistenza reso dal “maggiordomo in azienda”, due giorni a settimana, per il disbrigo di commissioni e incombenze ordinarie, come andare in posta, al supermercato, in lavanderia. 51 -HT La scorsa primavera avete lanciato la piattaforma collaborativa Bubble: di cosa si tratta? INTERVISTA menti trattati consente uno sviluppo paradigmatico dei temi. Le communities e gli spazi dedicati alla co-produzione di progetti, infine, permettono di condividere le attività in un’ottica di knowledge sharing volto a stimolare il contributo di ogni singolo utente. È una collaborazione “orizzontale” che favorisce la generazione di valore condiviso, l’approccio partecipativo e l’engagement delle risorse. Anche nell’ottica di una digitalizzazione sempre più spinta. L’investimento per la realizzazione del Corporate Portal si inscrive in un più ampio disegno di implementazione della strategia aziendale orientata all’innovazione e all’introduzione di soluzioni all’avanguardia, che rafforzino il business attraverso l’impiego di strumenti digitali promuovendo la dematerializzazione di prodotti e processi. Bubble è anche il luogo deputato all’aggiornamento costante di tutto ciò che riguarda la cultura aziendale grazie alla disponibilità di toolkit, strumenti di approfondimento delle specifiche tematiche amministrative o contrattualistiche inerenti il lavoro: dall’accesso al cedolino, eliminato da tempo nella versione cartacea, al Cud, dagli aspetti di fiscalizzazione alla possibilità di compilare il 730 online, dal sostegno al reddito alle varie integrazioni sanitarie, con un’area dedicata alle convezioni aziendali. L’interazione fra dipendenti, su cui la direzione generale punta molto, trova nuovo slancio proprio grazie a strumenti come Bubble, che promuovano la collaborazione in coerenza con la strategia aziendale nei 42 Paesi e nelle diverse legislazioni in cui opera Edenred. Coerenza che occorre tradurre in omogeneità di comportamenti, in linea con il dna aziendale. Il Gruppo ha lanciato un progetto worldwide di change management che, diffuso nella quotidianità a tutti i livelli e a tutti i collaboratori, ha l’obiettivo di trasmettere una customer insight che potremmo sintetizzare così: “fare eccezionalmente bene le azioni semplici di tutti i giorni”, nell’interesse dei clienti, dei collaboratori e dei partner. Un obiettivo ambizioso che non può prescindere dallo sviluppo delle competenze. Come avviene l’aggiornamento delle professionalità? Abbiamo lanciato quest’anno un’intervista di valutazione online che si interfaccia con la funzione HR, per lavorare da un lato sulle performance delle persone, ma dall’altro, cosa ancora più importante, per sviluppare le competenze necessarie ad avere la persona giusta al posto giusto. Nel 2014, lavoreremo in maniera ancora più sistematica sul rilevamento del fabbisogno formativo in linea con i target individuati su base annua. Le informazioni ottenute tramite interviste conflusicono nei nostri sistemi HR, producendo dati omogenei e di rapida lettura, che possono essere più facilmente tradotti in un piano di training, sia collettivo sia individuale, coerente con la strategia di sviluppo delle persone e, soprattutto, definito in termini di priorità e di timing. Quali priorità avete individuato per il 2014? Stiamo lavorando molto sull’area vendite, perché le persone che ci rappresentano sul mercato, fisicamente o telefonicamente, devono saper comunicare i nostri valori e servizi con la naturale inclinazione alla customer insight di cui si parlava. A inizio anno abbiamo erogato quattro giorni di formazione dedicati al teleselling, rafforzando la squadra e cercando di uniformare in positivo le competenze di ciascuno, sia a livello individuale che di team. 52 -HT La stessa filosofia la stiamo perseguendo con i sales manager delle varie linee di business: amalgamare e rendere omogenee le strategie, pur nella specificità dei diversi prodotti, è per noi fondamentale. Ai colleghi formati spetterà, poi, il compito di supportare i propri collaboratori nello sviluppo delle competenze su due leve: una più personale, che riguarda la predisposizione a un’evoluzione virtuosa al di fuori della propria comfort zone, combinata all’attitudine a masticare know how da applicare concretamente nel proprio ruolo; una seconda leva strategica è il t-accounting, che stiamo cercando di migliorare a tutti i livelli. Il prossimo focus, invece, sarà sul project management. Edenred Italia sta crescendo tanto e rapidamente nella gamma di servizi, che vanno proposti con coerenza pianificando road map molto precise. Occorre, quindi, saper creare un buon portfolio progetti da sviluppare con tempistiche e obiettivi chiari. Soprattutto in un momento in cui il cambiamento è la regola. Su quali competenze vale la pena investire per affrontare le rapidissime evoluzioni di mercato? La nostra è un’organizzazione piuttosto leggera, ma che, per numero di progetti, clienti, affiliati e stakeholder, oltre che per la posizione di leadership sul mercato, ha a che fare con la complessità e chiede alle sue persone di saperla gestire. Una competenza non semplice, che sta in parte nell’attitudine personale da sviluppare attraverso le soft skills, in parte, nella conoscenza più hard di alcuni strumenti. È poi fondamentale coltivare l’indole all’innovazione per anticipare il cambiamento legato alle nuove frontiere del digitale, del mobile e delle transazioni in generale, dato che Edenred ha appena costituito la finanziaria Mitel per l’emissione di moneta elettronica. SCHEDA DIDATTICA ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE ARCHIVIARE I DOCUMENTI IN MODO EFFICACE II° PARTE L’archiviazione informatica è il processo di memorizzazione che permette di conservare i documenti mediante supporti informatici, con un ridotto consumo di spazio e di carta, mantenendo inalterata l’efficacia legale dei documenti digitali, nel rispetto della normativa vigente. SCHEDA DI SINTESI “ Le schede sono strutturate in: scheda di sintesi, che contiene tutti i macroelementi della scheda didattica con numerazione progressiva; scheda analitica, dove viene approfondito ogni singolo macroelemento con il rispettivo numero ESIGENZE GENERALI: Saper organizzare in maniera funzionale l’archivio dell’ufficio, evitando di accumulare quantità di dati ed informazioni. ARCHIVIAZIONE •Cos’ è l’archivio e cosa significa archiviare •Fasi archivio - archivio corrente - archivio deposito - archivio storico •Il locale archivio •Archiviazione informatica - il documento informatico - registro di protocollo - gestione e conservazione documenti - responsabile conservazione digitale COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di razionalizzare modelli di gestione documentale per facilitare l’accesso alle pratiche in maniera efficiente 53 -HT “ SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE ARCHIVIAZIONE L’archiviazione informatica consente di: - digitalizzare l’archivio informatico - emettere documenti in formato elettronico la cui legalità è garantita da: * firma digitale: firma elettronica che si appone ai documenti informatici * marca temporale: sequenza di caratteri (data e/o orario) che rende immodificabile il documento - evitare errori di registrazione -minimizzare i tempi di archiviazione - consultare i documenti da remoto - ottenere più informazioni contemporaneamente - garantire maggiore sicurezza all’accesso dei documenti grazie alla tracciabilità operativa - eludere il deterioramento dei documenti L’archiviazione informatica può essere utilizzata da: - imprese che possono risparmiare su stoccaggio cartaceo e utilizzare i dipendenti per svolgere altri compiti - liberi professionisti - imprese private - pubblica amministrazione per motivi di economicità e praticità Il documento informatico “Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art. 1, comma 1°, lett. p del Codice dell’amministrazione digitale - C.A.D. contenuto nel D.L. 82/2005 e s.m.i.).Il decreto del Ministero Economie e Finanze del 23 gennaio 2004 specifica che il documento informatico è costituito da “testi, immagini, dati strutturati, disegni, programmi, filmati formati tramite una grandezza fisica che assume valori binari, ottenuti attraverso un processo di elaborazione elettronica, di cui sia identificabile l’origine”. 54 -HT SCHEDA ANALITICA Il DPR 445/2000 riconosce alle P.A. ed ai privati la facoltà di “sostituire a tutti gli effetti i documenti dei propri archivi, di cui per legge è prescritta la conservazione, con la riproduzione su supporto fotografico, ottico o altro mezzo idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali”. Il documento informatico è realizzato, memorizzato, trasmesso attraverso il supporto di strumenti telematici ed ha egual validità, agli effetti di legge, del documento cartaceo, purchè venga identificata l’origine e sia sottoscritto con firma digitale. L’art. 1 del C.A.D. prevede le seguenti tipologie di firma elettronica: - firma elettronica semplice - firma elettronica avanzata - firma elettronica qualificata - firma digitale Solo la firma digitale, la firma elettronica qualificata garantiscono l’equivalenza con la “forma scritta e sottoscritta”. I requisiti del documento informatico sono: - affidabilità ed integrità: capacità di mantenere inalterato il contenuto nel tempo e di rappresentare i fatti in maniera reale - autenticità: possibilità di risalire all’autore - accessibilità: facoltà di individuare/accedere i documenti a breve e a lungo periodo - leggibilità: il documento conservato deve essere reso leggibile in qualunque momento presso il sistema di conservazione sostitutiva e disponibile, a richiesta, su supporto cartaceo - riproducibilità: possibilità di riprodurre i documenti senza alterazioni -identificabilità 55 -HT SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE TIPOLOGIA DOCUMENTI I documenti si distinguono in: - documenti in arrivo: sono documenti che con qualsiasi mezzo e supporto vengono acquisiti dall’Uff. protocollo - documenti in partenza: hanno rilevanza giuridico-probatoria sono prodotti dall’azienda e diretti a terzi - documenti interni: sono scambiati tra le varie unità operative e si distinguono in: - documenti di preminente carattere informativo - documenti di preminente carattere giuridico-probatorio Registro di protocollo Il registro protocollo è un atto pubblico originario sancito dalla normativa vigente, che prevede l’obbligo di registrazione dei documenti ricevuti e spediti e dei loro dati identificativi ed è idoneo a produrre effetti giuridici a favore o a danno delle parti. Le informazioni contenute nel registro di protocollo sono conseguenti ad una efficace gestione del protocollo informatico che ha lo scopo di attestare l’esistenza legale di un documento in ricezione e/o in spedizione attraverso: - la registrazione che non può essere modificata – cancellata – integrata e comprende i seguenti elementi: - data di registrazione generata automaticamente dal sistema, non modificabile - numero protocollo generato automaticamente dal sistema , non modificabile - mittente e destinatario, non modificabile - oggetto, non modificabile - numero allegati e loro descrizione - data e n. protocollo del documento ricevuto 56 -HT SCHEDA ANALITICA Registro di protocollo: - la segnatura di protocollo che consiste nell’apposizione in forma permanente e non modificabile - con una etichetta, con codice a barre delle informazioni riguardanti la registrazione di protocollo per consentire di identificare il documento - lo smistamento dei documenti in arrivo ai servizi competenti - la protocollazione effettuata in giornata e non oltre le 48 ore dalla ricezione del documento - l’ annullamento della registrazione: le registrazioni annullate rimangono memorizzate e visibili con evidenziata data annullamento ed operatore che ha effettuato l’operazione - il registro di emergenza: viene utilizzato quando, per cause tecniche, non è possibile l’utilizzo del protocollo informatico ed ogni documento deve essere registrato su un supporto alternativo Come previsto dal DPR 445/2000 sono esclusi dalla registrazione di protocollo: - gazzette ufficiali - bollettini ufficiali P.A. - notiziari P.A. - note di ricezione di circolari - note di ricezione altre disposizioni - materiali statistici - atti preparatori interni - giornali - riviste - libri - materiali pubblicitari - inviti a manifestazioni - che non attivino procedimenti amministrativi - tutti i documenti già soggetti a registrazione particolare dell’amministrazione - delibere - determine - contratti 57 -HT SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE I principali compiti del personale addetto alla protocollazione e archivio sono: - apertura posta - individuazione unità operative competenti - registrazione informatica dei documenti e assegnazione protocollo - scansione e acquisizione immagine digitale dei documenti - smistamento posta - stampa giornaliera e conservazione del registro protocollo - tenuta registro emergenza - salvataggio e conservazione dati Gestione e conservazione documenti La conservazione digitale, processo effettuato con le modalità previste dalla deliberazione 42/2001, è il processo realizzato attraverso la memorizzazione su adeguati supporti informatici (es. CD, DVD ecc.) idonei a garantire la conformità dei documenti agli originali e può essere applicata sia a documenti già disponibili in formato elettronico sia a documenti in formato cartaceo attraverso la trasformazione in formato elettronico – dematerializzazione -. La deliberazione del CNIPA n° 11/2004 e s.m.i. stabilisce all’art. 2 comma 1 che “Gli obblighi di conservazione sostitutiva dei documenti, previsti dalla legislazione vigente sia per le pubbliche amministrazioni sia per i privati, sono soddisfatti a tutti gli effetti, fatto salvo quanto indicato dall’art. 7, qualora il processo di conservazione venga effettuato con le modalità di cui agli articoli 3 e 4.” L’articolo 6 della deliberazione del CNIPA n° 11/2004 sancisce l’obbligo di esibizione, ovvero: 1. Il documento conservato deve essere reso leggibile in qualunque momento presso il sistema di conservazione sostitutiva e disponibile, a richiesta, su supporto cartaceo. 2. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica. 3. Qualora un documento conservato venga esibito su supporto cartaceo fuori dall’ambiente in cui e’ installato il sistema di conservazione sostitutiva, deve esserne dichiarata la conformità da parte di un pubblico ufficiale se si tratta di documenti per la cui conservazione è previsto il suo intervento. 58 -HT SCHEDA ANALITICA Responsabile conservazione digitale: Il responsabile conservazione digitale (o sostitutiva) è la figura addetta al corretto svolgimento del processo di conservazione digitale dei documenti. Secondo quanto disposto dall’art. 5 della deliberazione CNIPA n. 11/2004 s.m.i. il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva: - definisce le caratteristiche e i requisiti del sistema di conservazione in funzione della tipologia dei documenti (analogici o informatici) da conservare, della quale tiene evidenza - organizza conseguentemente il contenuto dei supporti ottici e gestisce le procedure di sicurezza e di tracciabilità che ne garantiscono la corretta conservazione, anche per consentire l’esibizione di ciascun documento conservato - archivia e rende disponibili, con l’impiego di procedure elaborative, relativamente ad ogni supporto di memorizzazione utilizzato, le seguenti informazioni: - descrizione del contenuto dell’insieme dei documenti - estremi identificativi del responsabile della conservazione - estremi identificativi delle persone eventualmente delegate dal responsabile della conservazione, con l’indicazione dei compiti alle stesse assegnati - indicazione delle copie di sicurezza -m antiene e rende accessibile un archivio del software dei programmi in gestione nelle eventuali diverse versioni - verifica la corretta funzionalità del sistema e dei programmi in gestione - adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema preposto al processo di conservazione sostitutiva e delle copie di sicurezza dei supporti di memorizzazione - richiede la presenza di un pubblico ufficiale nei casi in cui sia previsto il suo intervento, assicurando allo stesso l’assistenza e le risorse necessarie per l’espletamento delle attività al medesimo attribuite - definisce e documenta le procedure di sicurezza da rispettare per l’apposizione del riferimento temporale - verifica periodicamente, con cadenza non superiore a cinque anni, l’effettiva leggibilità’ dei documenti conservati provvedendo, se necessario, al riversamento diretto o sostitutivo del contenuto dei supporti. 59 -HT SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA ARCHIVIARE IN MODO EFFICACE Il responsabile del procedimento di conservazione sostitutiva può delegare, in tutto o in parte, lo svolgimento delle proprie attività ad una o più persone che, per competenza ed esperienza, garantiscano la corretta esecuzione delle operazioni ad esse delegate. Manuale del responsabile della Conservazione Sostitutiva E’ predisposto a cura del gestore del servizio e fornisce la descrizione generale del procedimento di conservazione sostitutiva in modo da adempiere a quanto prescritto dalla Deliberazione CNIPA 19 febbraio 2004, n. 11. In particolare ha lo scopo di descrivere: - le competenze, i compiti del responsabile della conservazione sostitutiva - le regole e le procedure utilizzate per implementare il processo di conservazione sostitutiva dei documenti - il processo di apposizione della firma digitale, della marca temporale e tutti gli aspetti procedurali inerenti alla creazione dei supporti ottici - le procedure di sicurezza adottate per tale processo ESIGENZE Incrementare l’efficienza delle aziende attraverso la corretta gestione dell’archivio cartaceo ed informatico VANTAGGI Essere in grado di integrare l’archivio cartaceo ed il sistema documentale informatico in tempi brevi e di contenere i costi COMPETENZE SVILUPPATE Acquisire le competenze per effettuare le operazioni di registrazione – classificazione e conservazione dei documenti e gestire tutte le problematiche connesse 60 -HT SCHEDA DIDATTICA E-COMMERCE E WEB MARKETING E-COMMERCE E WEB MARKETING I° PARTE Globalizzazione, tecnologia avanzata, competitività, nuovi modelli di comunicazione, di vendita e di acquisto rendono l’e-commerce un sistema imponente e concreto, a cui le aziende non possono più sottrarsi in un’ottica di business-to-business e business-to-consumer. Il cybermercato è uno scenario ancora troppo poco frequentato dalle aziende italiane (solo il 5%) e quindi nebuloso per molti imprenditori, rispetto a tecniche, software, politiche del prodotto, web marketing. Con circa 570 milioni di potenziali acquirenti in Europa, bisogna possedere le competenze tecniche necessarie, saper gestire le strategie politiche e pragmatiche del commercio elettronico. SCHEDA DI SINTESI “ Le schede sono strutturate in: scheda di sintesi, che contiene tutti i macroelementi della scheda didattica con numerazione progressiva; scheda analitica, dove viene approfondito ogni singolo macroelemento con il rispettivo numero ESIGENZE GENERALI: Saper utilizzare gli strumenti Web dell’e-commerce per gestire la customer care e le vendite, indicizzare le pagine con le giuste parole chiave, predisporre un piano editoriale che valorizzi le newsletter per la mailing list e mantenere nel tempo gli obiettivi prefissati E-COMMERCE E-COMMERCE WEB MARKETING • • • • • • • • definizione tipologia settori più sviluppati vantaggi e rischi siti e-commerce di successo prevalenti sistemi di pagamento e-commerce normative • • • • • • • • principi del web marketing Analisi concorrenza Personal marketing Content marketing Viral marketing Creazione database contatti Posizionamento motori di ricerca Pubblicità on-line Errori da evitare COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire le capacità di progettare le vendite on line, monitorare la corretta valutazione dei dati, utilizzare le giuste strategie di web marketing 61 -HT “ SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA E-COMMERCE E WEB MARKETING e-commerce Definizione: L’e-commerce (commercio elettronico) consiste nella vendita di prodotti on-line attraverso le transizioni per via elettronica. E’ un nuovo modo di fare commercio che ha cambiato le modalità di acquistare e vendere, superando il rapporto diretto venditore/consumatore e stabilendo nuove regole di comunicazione. Il commercio elettronico ha inizio nei primi anni ’90 ed è considerato il precursore della new economy per aver trasformato gli schemi del commercio tradizionale e per aver permesso alle aziende di ottimizzare il rapporto qualità/costi dei servizi. La commercializzazione di beni e servizi attraverso la rete internet prevede: - la distribuzione on-line di prodotti - l’effettuazione di operazioni finanziarie - l’applicazione di procedure di tipo transattivo della Pubblica Amministrazione Tipologia - L’e-commerce si distingue in: commercio elettronico indiretto –beni materiali - (off-line) Il commercio elettronico indiretto riguarda le transazioni che avvengono per via telematica relativamente alla cessione giuridica del bene ed alla conclusione del contratto tra venditore e cliente, mentre la consegna fisica del bene segue i canali tradizionali. Le aziende preposte al commercio elettronico indiretto, devono attenersi alle stesse regole che governano la vendita dei beni in forma tradizionale commercio elettronico diretto - beni immateriali o digitalizzati - (on-line) Nel commercio elettronico diretto la transazione commerciale –ordine, pagamento, consegna- avviene unicamente per via telematica, mediante la fornitura di prodotti virtuali non tangibili. Si tratta di una prestazione di servizio relativa a beni ceduti dematerializzati (es. testi, software, immagini, film, canzoni, ecc.) che arrivano al destinatario mediante download 62 -HT SCHEDA ANALITICA In base ai soggetti coinvolti nel processo di vendita, le tipologie di commercio elettronico vengono classificate nel seguente modo: • business to consumer (B2C): vendita di beni e servizi al consumatore finale, eludendo le catene di distribuzione • business to business (B2B): letteramente “azienda-verso-azienda”, è il complesso delle relazioni commerciali elettroniche tra imprese. Esempi di attività B2B: - vendita di prodotti all’ingrosso servizi per le aziende: creazione siti web aziendali, organizzazione di convegni e meeting aziendali • consumer to consumer (C2C) riguarda gli scambi tra privati per via telematica mediante appositi siti web specializzati nel fare incontrare domanda/offerta • business to administration interessa tutte le transazioni effettuabili tra azienda e pubblica amministrazione (concessioni, permessi, riscossioni, ecc.) • consumer to administration riguarda le transazioni tra cittadini e Pubblica Amministrazione (pagamento tasse, contributi, ecc.) Settori più sviluppati: Tra i settori più sviluppati dell’e-commerce rientrano: - turismo - abbigliamento - assicurazioni - editoria/musica - tecnologia informatica, cellulari - gracery: prodotti alimentari – per la pulizia della persona e della casa – beni non durevoli 63 -HT SCHEDA ANALITICA SCHEDA DIDATTICA E-COMMERCE E WEB MARKETING Vantaggi: I vantaggi relativi al commercio elettronico sono numerosi e si estendono a livello di mercato ed a livello di consumatore/venditore. In particolare essi consistono in: - ampiezza del mercato (mercato globale) possibilità di accrescere il numero dei potenziali clienti - visibilità - transazioni continue senza interruzioni (H 24) - economicità: per un’attività e-commerce non servono ingenti costi e sono ridotti gli investimenti per le scorte di magazzino - rapporti stabili tra le aziende grazie alla stipulazione di contratti di fornitura nel tempo - incontro facilitato tra domanda/offerta - riduzione dei costi operativi - apertura di più negozi on line contemporaneamente organizzati per categoria - acquisti e vendite rapide Criticità: Esistono delle effettive criticità nel mondo dell’e-commerce legate al suo essere virtuale e non tangibile, a differenza delle vendite tradizionali, che possono frenare clienti ed aziende al suo utilizzo. Tra i principali deterrenti: - siti di e-commerce con processi di navigazione complicati - siti poco chiari - timore di truffe dovute alla non conoscenza diretta del prodotto/fornitore - sfiducia nei mezzi di pagamento - costi di spedizione a carico del cliente - scarsa conoscenza delle tecniche per entrare nel mercato virtuale - difficoltà di fidelizzazione dei clienti - prezzi non modificabili in tempi rapidi 64 -HT cercacorsiemaster.it L’OPINIONE DI Cercacorsiemaster.it è un portale innovativo nel settore della formazione che rappresenta il trait d’union tra chi cerca e chi offre formazione. Il nuovo portale sulla formazione: un mix di innovazione e qualità A cura di Marco Russo L a pubblicità on line è ormai una realtà consolidata: ha superato, anche in Italia, il miliardo di euro, e cresce “a doppia cifra”. Sempre più imprese prendono in considerazione internet per strutturare quella che oggi in molti chiamano una “comunicazione a 360 gradi”. Dall’altra parte, secondo l’ultimo rapporto Nielsen, “Trust in Advertising” , la fiducia degli utenti sulla pubblicità online è aumentata di 9 punti percentuali, raggiungendo il 69% . Metà degli intervistati ha dichiarato di fidarsi degli annunci nei risultati di ricerca, nei video online e sui social network. Più di quattro su dieci ha fiducia nei banner, con un incremento del 26% rispetto al 2007. In questo clima di sviluppo del mondo web, che ha visto la crescita di tanti aggregatori settoriali, si inserisce Cercacorsiemaster.it: un portale innovativo nel settore della formazione. Nato dalla lunga esperienza di professionisti che da diversi anni operano in questo ambito, il sito costituisce una nuova realtà, con una grafica accattivante, semplice, intuitiva e dai colori eleganti, che rende la navigazione completa e all’avanguardia. Il portale si pone come punto d’incontro tra gli enti di formazione e potenziali corsisti. Da una parte, infatti, gli Enti sono facilitati da un potente pannello di controllo nell’inserimento delle informazioni, delle news e dei comunicati riguardanti l’offerta formativa, e dall’altro gli utenti possono godere di tutte queste informazioni grazie alla semplicità e fruibilità del portale, che rende la ricerca delle offerte formative immediata e dinamica. Gli utenti di cercacorsiemaster. it possono consultare gratuitamente tutti i contenuti proposti in modo da avere informazioni sempre aggiornate sull’intero mondo della formazione: scolastica, universitaria, post-universitaria, specialistica e professionale. Ogni target specifico di utenti (lavoratori, studenti, neolaureati, disoccupati in cerca di riqualificazione professionale, imprenditori, manager) può individuare il percorso formativo più adatto, per una crescita personale e/o lavorativa, ed ottenere dall’Ente interessato ulteriori informazioni grazie al form presente nella pagina del corso/master. Il portale prevede per ogni Azienda/Scuola/Professionista una pagina 66 -HT personalizzata nella quale sono presenti tutte le informazioni utili che essi stessi possono gestire e valorizzare. Per aumentare la visibilità dell’Ente Formazione o dell’offerta formativa, cercacorsiemaster.it offre, in home page, banner pubblicitari di diverse dimensioni. Ma la novità assoluta per il settore dei portali dedicati al mondo della formazione è rappresentata da una piattaforma che permette di vendere direttamente online i propri corsi. I risultati raggiunti in breve tempo sono notevoli, in poche settimane hanno aderito 50 enti di formazione che con entusiasmo stanno usufruendo di questi innovativi servizi. FondItalia Fondo paritetico interprofessionale per la formazione continua Con le IMPRESE FUORI dai soliti schemi FondItalia è un Fondo Paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua promosso da FederTerziario – Federazione Italiana del Terziario, dei Servizi, del Lavoro Autonomo e della Piccola Impresa Industriale, Commerciale ed Artigiana – e UGL – Unione generale del Lavoro –. Le imprese di tutti i settori economici, agricoltura compresa, che aderiscono ad un Fondo hanno l’opportunità di utilizzare lo 0,30 dei contributi obbligatori versati all’INPS (Legge 388/2000) per la formazione dei propri lavoratori. Aderire non costa nulla. FondItalia è VELOCE FondItalia, mediante i suoi canali di finanziamento e la sua procedura a Sportello, assicura tempi di finanziamento ridotti CONTO FORMATIVO e CONTO AZIENDE Sportello Imprese FondItalia 2010-2012 FondItalia è AGILE FondItalia, grazie alle policy delle Parti Sociali che promuovono il Fondo, garantisce la sottoscrizione immediata dell’Accordo di Concertazione a valere sui Piani CONCERTAZIONE NAZIONALE FondItalia è FLESSIBILE FondItalia accoglie tutte le esigenze formative delle imprese, a partire dalla formazione “obbligo di legge”, e ammette qualsiasi modalità formativa FORMAZIONE SU MISURA FondItalia. NON RESTA CHE ADERIRE L’adesione a FondItalia si effettua utilizzando il modello di denuncia contributiva Uniemens dell’INPS relativo al primo periodo di paga utile, inserendo nell’apposito spazio il codice “FEMI” ed il numero dei dipendenti. UNIONE GENERALE DEL LAVORO Fondo Formazione Italia FondItalia - Via Cesare Beccaria, 16 - 00196 Roma Tel. 06 95.21.69.33 - Fax 06 99.70.55.21 [email protected] - www.fonditalia.org 67 -HT 68 -HT