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Il dirigente scolastico nell`era della “buona scuola”

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Il dirigente scolastico nell`era della “buona scuola”
2 SETTEMBRE 2015
Il dirigente scolastico nell’era della
“buona scuola”
di Alessandra Dapas
Avvocato in Trieste
e Luigi Viola
Magistrato del T.A.R. Toscana e Professore a contratto di Diritto dell’Unione
europea applicato allo sport nell’Università degli Studi di Udine
Il dirigente scolastico nell’era della
“buona scuola”*
di Alessandra Dapas
Avvocato in Trieste
e Luigi Viola
Magistrato del T.A.R. Toscana e Professore a contratto di Diritto dell’Unione
europea applicato allo sport nell’Università degli Studi di Udine
Sommario: 1. Dal capo di istituto al dirigente scolastico. 1.1. I caratteri fondamentali della figura
del dirigente scolastico: l'appartenenza ad un ruolo regionale ed il carattere amministrativoeducativo delle attribuzioni. 2. Competenze ed attribuzioni del dirigente scolastico. 2.1 Le
competenze del dirigente scolastico tra esigenze di attuazione della normativa statale e
rappresentanza degli interessi locali. 3. La comunità scolastica: i rapporti con gli altri organi
dell’istituto. 3.1. Il consiglio di istituto e la giunta esecutiva. 3.2. Il collegio dei docenti. 3.3. La
scelta dei collaboratori e del vicario. 3.4. I rapporti con il direttore dei servizi generali ed
amministrativi. 3.5. I rapporti con i docenti. 3.6. il comitato per la valutazione dei docenti. 3.7. I
rapporti con gli studenti.
1. Dal capo di istituto al dirigente scolastico
L'organizzazione scolastica, nel corso della sua evoluzione, ha attraversato fasi caratterizzate da
notevoli differenze di impostazione; a questo proposito, un ruolo particolarmente rilevante (tale
da costituire quasi una "cartina di tornasole" delle diverse impostazioni) deve essere attribuita al
capo di istituto.
A questo proposito, la dottrina 1 ha rilevato come, durante il periodo fascista, prevalesse un
modello che vedeva nel capo di istituto un superiore gerarchico del personale docente e che, a
Articolo sottoposto a referaggio. L’articolo riproduce la prima parte del secondo capitolo di TENORE
V. (a cura di), La pubblica istruzione: struttura, funzioni, procedimenti, responsabilità, Anicia, Roma, 2015, di
prossima pubblicazione.
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sua volta, attribuiva al preside un ruolo subordinato rispetto alla burocrazia ministeriale:
<<durante la dittatura fascista la scuola aveva il compito di trasmettere i "valori" del regime; era
quindi previsto un modello di scuola fortemente gerarchizzata e governata dal Ministro; il
personale direttivo (presidi della scuole medie e secondarie e direttori didattici della scuola
elementare) era collocato al vertice delle istituzioni scolastiche; il personale docente a sua volta
aveva un ruolo subordinato e difatti dipendeva gerarchicamente dal personale direttivo che a sua
volta dipendeva dai funzionari amministrativi sovraordinati (Ispettori didattici e Provveditori agli
Studi)>>.
Dopo l’avvento della costituzione repubblicana (che, è appena il caso di ricordarlo, prevede un
modello che pone al centro dell'organizzazione scolastica, il riconoscimento della libertà di
insegnamento previsto dall'art. 33, 1° comma Cost.), la scuola subiva una decisiva
riorganizzazione per effetto dei cc.dd. "decreti delegati" (d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416 e 417) tesi
ad instaurare la cd. "gestione sociale" della scuola ovvero un’organizzazione finalizzata a
rispecchiare e ad inserire nel governo della comunità scolastica tutte le componenti (docenti, altro
personale, genitori, studenti, ecc.) interessate allo svolgimento dell'attività scolastica2.
Ed è questa impostazione ad essere stata recepita dal t.u. 16 aprile 1994, n. 297 in materia di
pubblica istruzione ed in particolare, dall'art. 396, 1° comma che attribuisce al capo di istituto la
<<funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo o di istituto; a tal fine
presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura l’esecuzione delle deliberazioni degli
organi collegiali ed esercita le specifiche funzioni di ordine amministrativo>>.
Nell'ultimo decennio del secolo scorso lo scenario ideologico cambiava sostanzialmente; a fronte
di una crisi evidentissima della cultura della partecipazione (che costituiva il sostrato ideologico
della cd. gestione sociale della scuola) emergeva una sostanziale tendenza verso una maggiore
efficienza e aziendalizzazione dell'azione amministrativa; tendenza rispecchiata, soprattutto, da
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, in CARINCI F. e D'ANTONA M., Il lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche, Milano, 2000, I, 893 che effettua un sintetico excursus storico dell’organizzazione
della scuola dal periodo fascista alla legge 30 luglio 1973, n. 477 e ai cd. decreti delegati del 1974 (d.P.R. n.
416 e il d.P.R. 417 del 31 maggio 1974).
2 Sul governo sociale della scuola, si vedano MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 894 e ZERMAN P.,
L'autogoverno dell'istituzione scolastica, in ACRI A., BARBERIO CORSETTI L., MASI M. e ZERMAN P., Il
nuovo ordinamento giuridico della scuola. Manuale teorico pratico di diritto scolastico, Rimini, 2001, 129; in realtà, nella
prassi applicativa degli istituti, l'instaurazione della gestione sociale della scuola non ha intaccato il
fondamentale ruolo direttivo del capo di Istituto.
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una serie importante di provvedimenti amministrativi di riorganizzazione della p.a. 3 e da un
complessivo mutamento della cultura amministrativa di base.
Di conseguenza, in una legge di riforma della pubblica amministrazione (la l. 15 maggio 1997, n.
59, c.d. Bassanini uno), era inserita una disposizione, l'art. 21, che, oltre a dare vita al processo
normativo che è poi sfociato nell'introduzione della cd. autonomia scolastica4, prevedeva un 16°
comma che attribuiva al governo una delega legislativa finalizzata al conferimento della qualifica
dirigenziale ed alla contrattualizzazione della disciplina del rapporto di lavoro dei capi di istituto.
La delega era esercitata dal governo con il d.lgs. 6 marzo 1998, n. 59 che inseriva, all'interno del
d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29, una serie di disposizioni (gli artt. 25 bis e ter e l'art. 28 bis) finalizzate
all'attribuzione ai capi di istituto della qualifica dirigenziale ed alla regolamentazione dei requisiti e
delle procedure di accesso alla carriera.
Le dette disposizioni erano poi trasfuse nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (t.u. sul pubblico
impiego) ed in particolare, nell'art. 25 che regolamenta i contenuti professionali della figura del
dirigente scolastico e nell'art. 29, dedicato alla disciplina dei requisiti e delle procedure d'accesso
alla qualifica.
Sotto il profilo costituzionale, l’introduzione nell’ordinamento della cd. autonomia scolastica è
poi stata completata dalla l. cost. 20 aprile 2012 n. 1 che, nel riscrivere la previsione dell’art. 117,
2° comma della Costituzione, ha inserito, tra le materie di legislazione concorrente, anche
l’istruzione, facendo però salva <<l'autonomia delle istituzioni scolastiche>> (che trova così un
proprio riconoscimento costituzionale5).
Per l'inquadramento generale della riforma della scuola all'interno del movimento legislativo per la
riforma della pubblica amministrazione si rinvia a PAOLUCCI L., La riforma della dirigenza scolastica:
funzione, contenuti e limiti in Lavoro nelle p.a., 2000, 543. Particolare importanza, a questo proposito, assumono
la legge delega 23 ottobre1992, n. 421 (che ha dato vita al d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 di
contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego) e la l. 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento
amministrativo e il diritto di accesso agli atti amministrativi.
4 Introdotta nell'ordinamento dal d.P.R. 8 marzo 1999 n. 275, emanato in applicazione delle previsioni dei
primi due commi dell'art. 21 della l. 59/97. Sui contenuti dell'autonomia scolastica si rinvia a
BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, Padova, 2005;
MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, in MARZUOLI C., Istruzione e servizio pubblico, Bologna, 2003,
117; GRECO L. La nuova struttura centrale e periferica del Ministero dell’istruzione, università e ricerca scientifica e
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in TENORE V. (a cura di), La dirigenza scolastica. Manuale giuridicoamministrativo del dirigente scolastico, Milano, 2002, 126; PAJNO A., L’autonomia delle istituzioni scolastiche in Gior.
dir. amm., 1997, 434.
5 Sulla riforma del titolo V della Costituzione, si vedano MARZUOLI C., Istruzione: libertà e servizio pubblico,
in MARZUOLI C., Istruzione e servizio pubblico, cit., 27 e POGGI A., La legislazione regionale sull’istruzione dopo
la revisione del Titolo V. Poche prospettive e molti problemi in BOMBARDELLI M. e COSULICH M.,
L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, cit., 37.
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La ricostruzione cronologica delle vicende normative che hanno interessato la materia permette
di evidenziare facilmente lo stretto rapporto esistente tra riconoscimento dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche e attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto; ed in effetti, tale
stretto rapporto è talmente evidente, a livello amministrativo-gestionale, da non meritare ulteriori
dimostrazioni.
In questa sede interessa solo rilevare come, a livello giuridico, tale rapporto di dipendenza sia
provato, sia dall'inserimento delle due riforme amministrative (riconoscimento dell'autonomia e
attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto) in una sola norma di delega (l'art. 21
della l. 59/97), sia, soprattutto, dal fatto che i due provvedimenti di riorganizzazione siano stati
destinati ad entrare in vigore (e poi siano effettivamente entrati in vigore) in pari data (e
precisamente il 1° settembre 2000).
Anche a livello propriamente normativo, è quindi evidente il carattere complessivo e coordinato
delle due riforme amministrative.
1.1. I caratteri fondamentali della figura del dirigente scolastico: l'appartenenza ad un
ruolo regionale ed il carattere amministrativo-educativo delle attribuzioni
L'attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto è avvenuta in un contesto caratterizzato
da forti particolarità amministrative; forti particolarità che hanno trovato espressione in due scelte
organizzative fondamentali.
La prima è costituita dall'inquadramento dei dirigenti scolastici, non in un ruolo unico nazionale
(come previsto, in linea generale, dall'art. 23 del d.lgs. n.165 del 2001), ma in <<ruoli di
dimensioni regionali>> (art. 25, 2° comma d.lgs. n. 165 del 2001); scelta che trova un
significativo completamento nel carattere regionale delle procedure di reclutamento (art. 29, 1°
comma d.lgs. n.165 del 2001) e delle valutazioni di risultato (rimesse ad un nucleo di valutazione
istituito presso ogni amministrazione scolastica regionale).
La seconda, di maggiore importanza, attiene alla competenza specifica ed alla caratterizzazione
dei dirigenti scolastici.
Una lettura semplicistica delle disposizioni avrebbe, infatti, potuto portare a <<configurare la
dirigenza scolastica come una diramazione della dirigenza amministrativa all'interno delle
istituzioni scolastiche 6 >>, così attribuendo indubbia prevalenza alla forte (ed innegabile)
caratterizzazione amministrativa delle competenze attribuite al dirigente scolastico.
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MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 896.
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In realtà, però, l'esame più approfondito delle disposizioni normative e soprattutto il fatto che il
requisito per l'accesso al ruolo sia individuato nell'esercizio, per cinque anni, della funzione
docente (art. 29, 1° comma d.lgs. n.165 del 2001, come sostituito dall’art. 17, 1° comma del d.l.
12 settembre 2013, n. 104 conv. in l. 8 novembre 2013, n. 128) portano a concludere per la
necessità di ravvisare, nel dirigente scolastico, l'esercizio di funzioni specifiche caratterizzate dal
marcato carattere educativo: <<la dirigenza scolastica si configura come una dirigenza specifica
di un personale che, non solo rimane all'interno dell'istituzione scolastica, ma che mantiene lo
status di personale della scuola7>>.
Appare pertanto sostanzialmente nel giusto la dottrina che, anche guardando alla concezione
comunitaria dell’istituto scolastico (innegabile, fino a quando non interverrà una riforma della
strutturazione nata dai cd. decreti delegati), ha qualificato i dirigenti scolatici in termini di <<leader
educativi (e non manager)8>>; ed in effetti, la particolarità più grande della figura è data proprio
dal fatto che il governo dell'autonomia scolastica importa l'esercizio di competenze che, oltre che
dal carattere amministrativo, sono caratterizzate dalla stretta attinenza all'esercizio della funzione
educativa.
In questa prospettiva, parlare quindi di funzione amministrativo-educativa rende meglio le
particolarità della figura dirigenziale in questione e la difficoltà di separare competenze ed
attribuzioni che riguardano, sia l'aspetto propriamente amministrativo, sia l'esercizio della
funzione educativa.
2. Competenze ed attribuzioni del dirigente scolastico
I primi quattro commi dell'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 prevedono e regolamentano poteri ed
attribuzioni del dirigente scolastico.
L'elencazione, non esente da ripetizioni e da un certo grado di atecnicità, è veramente molto
lunga e comprende (art. 25, 1°- 4° comma del d.lgs. n.165 del 2001):
1) la garanzia della gestione unitaria dell'istituzione (<<il dirigente scolastico assicura la gestione
unitaria dell'istituzione>>);
2) la legale rappresentanza dell'ente;
3) la responsabilità della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio;
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 896.
DE MARTIN G.C., La parabola dell’autonomia scolastica, in BOMBARDELLI M. e COSULICH M.,
L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, cit., 95.
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4) l'attribuzione, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, di <<autonomi
poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane>> ed in
particolare, del potere di organizzare <<l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di
efficacia formativa>>;
5) la titolarità delle relazioni sindacali;
6) la possibilità di promuovere tutti <<gli interventi per assicurare la qualità dei processi
formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del
territorio>>;
7) l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.
L’art. 1, 78° comma della nuova l. 13 luglio 2015, n. 107 (riforma del sistema nazionale di
istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti; si tratta della
legge sulla cd. <<buona scuola>>) è poi intervenuto sulla materia, dettando una previsione che
conferma i contenuti sostanziali già desumibili dai primi quattro commi dell’art. 25 del d.lgs. 165
del 2001: <<per dare piena attuazione all’autonomia scolastica e alla riorganizzazione del sistema
di istruzione, il dirigente scolastico, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, fermi
restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, garantisce un’efficace ed
efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, nonché gli elementi
comuni del sistema scolastico pubblico, assicurandone il buon andamento. A tale scopo, svolge
compiti di direzione, gestione, organizzazione e coordinamento ed è responsabile della gestione
delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio secondo quanto previsto
dall’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché della valorizzazione delle
risorse umane>>.
Con tutta evidenza, si tratta di una previsione che non modifica in nulla le competenze
professionali del dirigente scolastico già desumibili dall’art. 25 del d.lgs. 165/2001 (ed interviene
per profili marginali sulla problematica centrale dei rapporti con gli organi collegiali di istituto); si
tratta, pertanto, di una norma, al momento, sostanzialmente inutile e ripetitiva e sarà necessario
attendere le eventuali innovazioni che potrebbero, in astratto, derivare dall’esercizio della delega
al riordino delle leggi in materia di istruzione prevista dall’art. 1, 180° comma della l. 13 luglio
2015, n. 107 (prodromica anche all’emanazione di un nuovo testo unico in materia di istruzione).
Al di là dell’evidente sovrabbondanza nell’elencazione dei compiti (probabilmente dettata dalla
volontà di evitare interpretazioni tese a neutralizzare l'innovazione normativa) è quindi evidente
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come ai dirigenti scolastici siano stati attribuiti tutti i poteri tipici della figura dirigenziale,
riportabili ad uno schema ricostruttivo molto più semplice e costituito9:
a) dalla gestione unitaria dell'istituzione scolastica;
b) dalla piena responsabilità della gestione delle risorse finanziarie e strumentali;
c) dalla correlativa responsabilità dei risultati.
Il quadro delle competenze proprie del dirigente scolastico deve poi tenere conto del
trasferimento operato dall'art. 14 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 e relativo a tutte le funzioni, già
di competenza dell'amministrazione centrale e periferica, relative <<alla carriera scolastica e al
rapporto con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo
stato giuridico ed economico del personale>>; ed il tutto con l'unica eccezione delle funzioni
espressamente riservate, ai sensi dell'art. 15 del cit. d.P.R. n. 275 del 1999, all'amministrazione
centrale o periferica.
In sostanziale applicazione delle previsioni sopra citate, la giurisprudenza ha pertanto attribuito al
dirigente scolastico, innovando il quadro delle competenze in precedenza conosciuto, la
competenza a disporre il trasferimento di un insegnante da un plesso scolastico all’altro
(ovviamente rientranti nel medesimo istituto) 10 o ad adottare provvedimenti implicanti la
risoluzione del rapporto di lavoro, quali la dispensa (non espressamente contemplata
nell’esclusione prevista dall’art. 15 del d.P.R. 275 del 1999)11.
In dottrina e in giurisprudenza, rimane però una certa insoddisfazione nei confronti di una
soluzione esclusivamente fondata su una lettura <<nominalistica>> delle previsioni degli artt. 14
e 15 del d.P.R. 275 del 1999 e che non considererebbe adeguatamente il dato sistematico teso ad
attribuire <<alle singole istituzioni ……. competenze in merito al personale se non in termini di
gestione e organizzazione della prestazione, senza che si possa configurare un rapporto di lavoro
tra docente e singola istituzione scolastica (se non nei casi di rapporti occasionali o a termine).
Già questo esclude la possibilità che il dirigente dell'istituzione possa disporre del rapporto di
lavoro12>>; continuano pertanto ad essere presenti, anche in giurisprudenza, diverse letture che,
Si utilizza lo schema proposto da MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 897.
civ., sez. lav., 31 dicembre 2009, n. 28282 (in Lavoro nelle p.a., 2009, 6, 1086; Guida al diritto, 2010, 9,
75) che richiama la previsione dell’art. 2103, 1° comma c.c. e la necessaria sussistenza di <<comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive…..(che) possono ben essere integrate da esigenze di buon
funzionamento dell'amministrazione di appartenenza>>.
11 Cass. civ., sez. lav., 12 dicembre 2007, n. 26084 (in Giust. civ., 2008, 7-8, I, 1799); 8 aprile 2008, n. 9129,
in Lavoro nelle p.a., 2008, 2, II, 376, con nota di NANNI M.M.; Foro amm. – CDS, 2008, 4, II, 1052)..
12 NANNI M.M., nota a Cass. civ., sez. lav. 8 aprile 2008 n. 9129, cit., 378. L’argomento sistematico usato
dalla dottrina sopra richiamata può essere però agevolmente rovesciato; altra dottrina ha, infatti, rilevato
come l’intervento dell’autonomia scolastica e la modifica del titolo V della Costituzione <<non
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sulla base di una lettura sistematica delle disposizioni, tendono ad escludere la competenza del
dirigente scolastico ad adottare provvedimenti importanti la risoluzione del rapporto di lavoro
(come la decadenza dal servizio13) o, comunque, incidenti su diritti fondamentali, come quelli
relativi all’assistenza ad un congiunto portatore di handicap14.
In applicazione dell’esplicita esclusione prevista dall’art. 15, 2° comma del d.P.R. 275 del 1999, è
poi mantenuta la sistematica del t.u. 297 del 1994 per quello che riguarda la materia disciplinare; è
stata pertanto affermata la competenza del dirigente scolastico ad adottare, ai sensi dell’art. 506,
4° comma d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, i provvedimenti di sospensione cautelare obbligatoria e
facoltativa nei confronti dei docenti, quando sussistano ragioni di urgenza e salva la convalida da
parte del dirigente preposto all'Ufficio scolastico regionale15.
Non devono poi essere dimenticati i poteri di gestione del personale che derivano dalla
previsione dell'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che attribuisce al dirigente scolastico la titolarità
delle relazioni sindacali e, quindi, anche la responsabilità della cd. contrattazione decentrata; con
tutta evidenza, si tratta, infatti, di attribuzioni di una certa complessità e delicatezza che possono
portare all’applicazione del procedimento in materia di condotta antisindacale del datore di
lavoro-p.a.16.
A partire dal 31 agosto 2001, sono poi state attribuite ai dirigenti scolastici alcune competenze in
materia di cd. supplenze annuali.
Al momento, la materia è disciplinata dal d.m. Istruzione 13 giugno 2007, n. 131 (regolamento
recante norme per il conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, ai sensi
dell’articolo 4 della l. 3 maggio 1999, n. 124) che attribuisce agli Uffici scolastici territoriali (cd.
U.S.T.) di cui all’art. 8, 3° comma d.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 98 (regolamento di
organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) la competenza
giustific(hi)no la permanenza del docente nella condizione di “statizzato”>> (MARZUOLI C., L’istituto
scolastico (fra conservazione e innovazione), in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel
sistema delle autonomie, cit., 64) e quindi anche soluzioni tese a mantenere, in via interpretativa, poteri di
gestione centralizzata del rapporto di lavoro letteralmente esclusi dalle fonti normative.
13 Trib. Reggio Calabria, 7 febbraio 2005, in Giur. merito, 2005, 11, 2462; in termini più generali, Trib.
Agrigento, sez. lav., 1° febbraio 2005, in Giur. merito, 2005, 6, 1439
14 Cass. civ., sez. lav., 27 agosto 2008, n. 20521, in Lavoro nelle p.a., 2008, 3-4, 633 che estende la soluzione
anche all’aspetto processuale, negando la legittimazione passiva dell’istituto scolastico, in luogo della
“tradizionale” legittimazione passiva del Ministero.
15 Trib. Pordenone, sez. lav., 12 dicembre 2007, in Lavoro nelle p.a., 2008, 2, II, 413.
16 Per l’applicazione del procedimento per la repressione della condotta antisindacale a varie fattispecie
relative alla contrattazione decentrata presso istituti scolastici, si vedano, tra le tante: Trib. Lucca, sez. lav.,
7 febbraio 2013, in De Jure; Trib. Firenze, sez. lav., 4 gennaio 2012, ibidem; Trib. Nuoro, 20 dicembre 2011,
n. 248, in Lavoro nelle p.a., 2011, 5, 732; Trib. Velletri, sez. lav. 27 settembre 2011, in De Jure; Trib. Lucca,
14 luglio 2011, in Lavoro nelle p.a., 2011, 5, 743.
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all’attribuzione delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività
didattiche ed ai singoli dirigenti scolastici (in questo caso, sulla base delle graduatorie di circolo o
di istituto) la competenza all’attribuzione delle supplenze temporanee per le altre necessità di
supplenza definite dall’art. 7 del decreto ministeriale; anche in questo caso, si tratta certamente di
una competenza di grande importanza e che può dare vita a problematiche (anche risarcitorie e/o
di danno erariale) di una certa delicatezza.
Una competenza di grande importanza è poi quella amministrativo-contabile in relazione,
soprattutto, alla stipulazione dei contratti dell'Istituto e all'ordinazione delle spese, su cui si
tornerà più ampiamente nel § 3.4 (per quello che riguarda i rapporti con il direttore dei servizi
generali ed amministrativi, titolare di competenze in materia di gestione amministrativo
finanziaria dell’istituto che inevitabilmente tendono ad intrecciarsi con quelle del dirigente
scolastico).
L’attribuzione al dirigente scolastico della rappresentanza legale dell’istituzione scolastica importa
anche la legittimazione a rappresentare l'Istituto scolastico nell’attività contenziosa riconducibile
all'esercizio delle funzioni, prima di competenza dell'amministrazione centrale e periferica ed ora
trasferite alle istituzioni scolastiche a norma dell'art. 14 del d.P.R. n. 275 del 1999.
Le istituzioni scolastiche, difatti, a seguito del riconoscimento dell'autonomia didattico amministrativa e della personalità giuridica, si pongono quali soggetti giuridici autonomi; i
dirigenti scolastici sono poi ulteriormente identificati dal legislatore come i legali rappresentanti
dell’istituto scolastico nei rapporti con i terzi (art. 25, d.lgs. n. n.165 del 2001).
Diretta conseguenza della strutturazione normativa sopra richiamata è il pieno riconoscimento
della legittimazione processuale al singolo istituto e non all'intera amministrazione scolastica e
l'attribuzione della funzione di rappresentare l'istituto in giudizio al dirigente scolastico preposto;
né ciò contraddice la natura di organi dello Stato delle istituzioni scolastiche, qualificazione questa
che l’attribuzione della personalità giuridica non fa comunque venire meno.
La soluzione è stata quindi recepita dalla giurisprudenza dell’A.G.O.17 ed amministrativa18; non è
però mancata una sostanziosa contestazione ad opera di qualche decisione della Corte di
Cass. civ., sez. lav., 8 luglio 2013, n. 16930, in De Jure (implicitamente, in fattispecie relativa alla
valutazione della legittimità dell’intervento in causa del dirigente scolastico); Trib. Modena, sez. lav., 17
dicembre 2008, in Lavoro nelle p.a., 2008, 6, 1132; Trib. Bari, sez. lav., 20 settembre 2008, ivi, 2008, 6, 1135;
Trib. Reggio Emilia, 2 ottobre 2002 ivi, 2004, 1208 (tutte relative a ricorsi in materia di lavoro nella p.a.);
Giud. pace S. Anastasia, 10 dicembre 2001, in Giur. merito, 2002, 389 (relativa ad azione risarcitoria nei
confronti di istituto scolastico).
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cassazione che ha ritenuto di poter desumere dal <<confronto fra l’art. 25 d.lgs. 165 del 2001,
che disciplina le competenze dei dirigenti scolastici, e l'art. 16 del medesimo d.lgs., che disciplina
le competenze dei dirigenti preposti agli uffici di livello dirigenziale generale dello Stato,…. la
diversa estensione dei poteri attribuiti ai primi ed ai secondi nonché l'attribuzione solo ai secondi
del potere di promuovere e resistere alle liti e del potere di conciliare e transigere 19 >>, con
consequenziale esclusione della possibilità di attribuire la rappresentanza dell’istituto in sede
processuale al dirigente scolastico (in luogo della più tradizionale attribuzione della legittimazione
al Ministero).
Ad avviso di chi scrive, le obiezioni formulabili con riferimento al detto indirizzo sono le stesse
già articolate con riferimento all’indirizzo favorevole ad escludere la possibilità per il dirigente
scolastico di esercitare alcuni poteri di gestione del rapporto di lavoro, pur in presenza delle
chiare previsioni di cui agli artt. 14 e 15 del d.P.R. 275 del 1999 (e non a caso, Cass. civ., sez. lav.,
27 agosto 2008, n. 20521 si intreccia anche con detta problematica); in presenza di una
formulazione abbastanza chiara ed univocamente orientata per l’attribuzione della personalità
giuridica all’istituto scolastico e della rappresentanza processuale al dirigente scolastico, si
prospettano soluzioni basate su incerte argomentazioni sistematiche che appaiono però in
controtendenza rispetto all’orientamento manifestato dal legislatore, nelle fonti normative basilari
della materia.
Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla personalità dell’istituto scolastico ed alla
rappresentanza processuale, l’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 14 comma 7 bis, d.P.R. 8
marzo 1999 n. 275 (aggiunto dall'art. 1, d.P.R. 4 agosto 2001 n. 352), continua poi ad assumere la
rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali
e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita
18T.R.G.A.
Bolzano, 28 gennaio 2005, n. 32 in Foro amm.-TAR, 2005, 1, 34 (che peraltro ha escluso la
legittimazione esterna di una commissione d’esame) e T.A.R., Puglia, Bari, sez. I, 7 novembre 2003, n.
4113 in Foro amm. TAR, 2003, 3331 (relativa ad un ricorso in materia di accesso agli atti amministrativi).
19 Cass. civ., sez. lav., 17 marzo 2009 n. 6460, in Lavoro nelle p.a., 2009, 6, 1063 che cita a conferma anche
Cass. civ., sez. lav., 27 agosto 2008, n. 20521, cit. (che considera irrilevante, a questo proposito, anche
l’espressa attribuzione agli istituti della personalità giuridica). L’orientamento giurisprudenziale potrebbe
trovare una base dottrinale nell’opinione di chi ha ritenuto di poter rilevare come <<la personalità
giuridica ..(sia) poco illuminante; peggio: rischia di accreditare un’interpretazione mistificante, come
potrebbe essere quella che volesse desumere dall’attribuzione della personalità giuridica una qualche
sostanziale soggettività>> (MARZUOLI C., L’istituto scolastico (fra conservazione e innovazione), cit., 61);
l’analisi sostanziale condotta dall’Autore sopra citato conduce però successivamente (a pag. 64) alla
contestazione della “statizzazione” del rapporto di lavoro del docente.
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l'autonomia; di conseguenza, continua a permanere l’obbligo di notificare gli atti processuali
presso l’Avvocatura dello Stato, con la relativa sanzione di inammissibilità20.
2.1. Le competenze del dirigente scolastico tra esigenze di attuazione della normativa
statale e rappresentanza degli interessi locali
Oltre alle fonti normative richiamate al § precedente (e che già disegnano un campo di
attribuzioni molto ricco e caratterizzato da forti problematicità), il panorama normativo degli
ultimi anni è stato caratterizzato dall’intervento di una normativa di settore molto variegata e
specialistica (normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro; codice dei contratti pubblici di
cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs.
30 giugno 2003, n. 196; ecc.) che ha imposto anche all’istituto scolastico il rispetto di una serie di
previsioni, spesso di difficile interpretazione; indipendentemente dalla possibilità di delegare tali
adempimenti a figure di responsabili previste dalla normativa di settore, appare del tutto chiaro
come il dirigente scolastico mantenga una posizione centrale nel processo di attuazione di leggi
statali oggi considerate di fondamentale importanza e la cui inosservanza può portare a delicati
problemi di competenza e responsabilità21.
Abbastanza di recente, la materia è poi stata interessata dagli adempimenti previsti dalla
normativa cd. anticorruzione (l. 7 novembre 2012, n. 190) e in materia di trasparenza della p.a.
(d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33) e dalle consequenziali incertezze in ordine alle modalità applicative,
all’interno dell’amministrazione scolastica, di un sistema normativo centrale nell’amministrazione
pubblica italiana dei nostri giorni; anche a questo proposito, esigenze di economicità di
esposizione impongono un rinvio alle trattazioni specifiche.
Con riferimento alla problematica delle competenze, deve poi rilevarsi come i dirigenti scolastici
non esauriscano le proprie attribuzioni all'interno dell'Amministrazione statale e possano
esplicare, in qualche occasione, anche competenze di spettanza degli enti locali; in particolare, una
simile evenienza si verifica nel caso in cui l’ente locale abbia deciso di esercitare la possibilità,
prevista dall'art. 3, 4° comma, della l. 11 gennaio 1996 n. 23, di delegare alle istituzioni scolastiche,
su loro richiesta, le <<funzioni relative alla manutenzione ordinaria degli edifici destinati ad uso
20T.A.R.
Basilicata, 23 maggio 2003, n. 474 in Foro amm.–TAR, 2003, 1779; Giur. merito, 2003, 2086.
Con riferimento agli obblighi in materia di rispetto degli obblighi di sicurezza, si vedano, ad esempio,
T.A.R. Molise, 16 ottobre 2012, n. 556, in Foro amm. –TAR, 2012, 10, 3224 (che prospetta l’obbligo del
dirigente scolastico di non applicare provvedimenti organizzativi dell’Ufficio scolastico regionale che si
pongano in contrasto con le misure di prevenzione adottate in forza di espressa previsione normativa) e
Cass. pen., sez. III, 9 maggio 2007, n. 33760, in Cass. pen., 2008, 9, 3400 (in materia di validità della delega
conferita ad un docente quale soggetto responsabile per le violazioni antinfortunistiche).
21
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scolastico>>; in questo caso, il dirigente scolastico esercita quindi, in qualità di delegato, anche
attribuzioni di competenza dell'ente locale tenuto alla manutenzione.
Al di là di episodici interventi sulla base di deleghe da parte degli enti locali interessati, è però
stato proprio il disegno sistematico dell’autonomia scolastica ad indurre una parte della dottrina a
proporre, una volta scartata la possibilità di inquadrare il fenomeno utilizzando l’incerta categoria
delle autonomie funzionali22, una considerazione degli istituti scolastici all’interno della categoria
delle autonomie locali prevista dall’art. 5 della Costituzione: <<se si vuole un’espressione che
possa considerarsi realmente riassuntiva dei caratteri delle istituzioni scolastiche autonome come
sin qui descritte, l'unica cui sembra potersi fare ragionevolmente riferimento è quella di
autonomie locali ai sensi dell'art. 5, cost. Con tale locuzione si sogliono indicare quegli enti
esponenziali di ordinamenti infrastatuali che si autogovernano, e che perseguono quindi un
autonomo indirizzo politico-amministrativo, contribuendo al pieno sviluppo della personalità
umana ed alla partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese23>>.
Anche senza procedere all’espressa qualificazione dell’istituto scolastico autonomo in termini di
autonomia locale, appare del tutto indubbio come la qualificazione del complesso fenomeno non
possa più esaurirsi in termini puramente interni all’apparato statale, dovendo “fare i conti” con il
parallelo e connesso processo del potenziamento e riconoscimento delle autonomie territoriali:
<<l’istituto scolastico è dunque un pezzo, sempre più importante, della storia delle autonomie
pubbliche in generale. Non sembra perciò ragionevole giuocare l’autonomia dell’istituto contro il
potere locale: se si rimane nel circuito statale non si decolla24>>.
In un contesto caratterizzato da indubbia tensione tra il livello statale e quello locale ed in cui
l’istituto scolastico è destinato a diventare crocevia di opposte tensioni, il dirigente scolastico
appare sempre più destinato ad assumere, in via normativa o (più spesso) interpretativa, un ruolo
esponenziale del “progetto educativo” dell’istituto scolastico che, a seconda dei momenti, può
presentarsi
in
sostanziale
accordo
o
in
contraddizione
con
l’indirizzo
prevalente
nell’amministrazione statale o locale; da cui la possibilità di proporre azioni giurisdizionali o
intervenire a vario titolo in giudizi tesi a sindacare alcune scelte amministrative che rischiano di
influenzare negativamente la vita ed il progetto educativo dell’istituto.
In questo senso sembra invece essere orientato RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica,
in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, cit., 21.
23 MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, in Foro amm., 2002, 4, 1087.
24 MARZUOLI C., L’istituto scolastico (fra conservazione e innovazione), cit., 69; Id., L’istituto scolastico autonomo cit.,
90; RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica, cit., 21.
22
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Nella prima prospettiva (scelte dell’amministrazione statale potenzialmente dannose per la
comunità scolastica), ben si inserisce l’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto la
legittimazione del dirigente scolastico ad impugnare <<i provvedimenti di razionalizzazione della
rete scolastica…..(che non possono essere considerati) come aventi un mero ambito cartolare ed
organizzativo privo di riflessi e concrete ricadute sulla realtà dell’insegnamento. Infatti non è
indifferente alle famiglie in primo luogo e anche al personale docente e non docente, la riferibilità
ad una specifica Direzione didattica, sia sotto il semplice profilo logistico, sia in relazione alla
responsabilità direzionale dalla quale dipende il corretto e buon andamento dell’insegnamento e
della vita della comunità scolastica in quanto i provvedimenti di dimensionamento scolastico
esplicano, sul piano fattuale, effetti specifici sia sugli alunni quali diretti fruitori del servizio
scolastico, sia sui soggetti (personale dirigente, docente e di amministrazione) che stabilmente
operano nell'ambito della scuola, soggetti ai quali va pertanto riconosciuta una posizione
peculiare da cui discende un interesse diretto concreto ed attuale all’eventuale impugnativa25>>.
Nella seconda prospettiva (scelte dell’amministrazione locale potenzialmente dannose per la
comunità scolastica), deve essere segnalata una pronuncia del Tribunale di Brescia che ha
attribuito al dirigente scolastico il compito di rimuovere dagli ambienti scolastici i simboli di un
partito politico inseriti dal Comune proprietario dei locali e che avevano dato vita ad una vera e
propria <<"saturazione" degli ambienti scolastici….(in maniera tale da) da ritenersi restrittiv(a)
delle libertà personali degli individui che lavorano in tali ambienti26>>.
Ed è proprio la vicenda del Comune di Adro sopra richiamata ad evidenziare come, nell’Italia di
oggi, essere al crocevia tra amministrazione statale e amministrazione locale non sia per nulla
semplice e possa dare vita a conflitti, spesso di non facile risoluzione e che impongono scelte
fortemente problematiche, non essendo sempre perseguibile la via della risoluzione consensuale
dei problemi.
3. La comunità scolastica: i rapporti con gli altri organi dell’ istituto
La scuola, ancorché sia anche un ufficio pubblico, è soprattutto un’istituzione culturale, in cui
operano, con ruoli istituzionali e comportamentali diversi, soggetti eterogenei (docenti, genitori,
studenti, ecc.27; la precisa ricostruzione del ruolo svolto attualmente dal dirigente scolastico non
T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1518, in De Jure; in precedenza, la legittimazione
del dirigente scolastico ad impugnare i piani di dimensionamento della rete scolastica era stato esclusa da
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 20 settembre 2010, n. 669, in Foro amm.-TAR, 2010, 9, 2878.
26 Trib. Brescia, 29 novembre 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 231.
27 MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 893.
25
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può pertanto prescindere dalla problematica dell'individuazione delle sfere di competenza dei
diversi soggetti che operano nella realtà scolastica.
È solo attraverso questa ricostruzione che potranno, infatti, emergere la reale estensione dei
poteri dirigenziali previsti dall'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 e le dinamiche effettive dei rapporti
che si instaurano ogni giorno nella realtà scolastica.
Il primo aspetto da considerare è indubbiamente costituito dai rapporti con i cd. organi collegali
della scuola, ovvero con quegli organi, destinati a realizzare la cd. <<gestione sociale della
scuola>> e introdotti nell’ordinamento dai d.P.R. 31 maggio 1974 n. 416 e 417.
Come già rilevato al § 1, la disciplina previsti dai cd. <<decreti delegati>> del 1974 è poi stata
assorbita dal t.u. 16 aprile 1994 n. 297 ed in particolare, dalle disposizioni della Parte I, Titolo I
del testo unico; si tratta di un sistema abbastanza articolato di previsioni legislative che
regolamentano i rapporti tra gli organi fondamentali della singola istituzione scolastica (consigli di
istituto e collegio dei docenti, tra tutti) e che attribuiscono soprattutto, a differenza di quanto
previsto per gli organi di partecipazione di livello superiore (oggi regolamentati dal d.lgs. 30
giugno 1999, n. 233 di riforma degli organi collegiali territoriali della scuola), competenze
decisionali e non meramente consultive agli organi collegiali.
A livello legislativo, la problematica del rapporto con le competenze degli organi collegiali è
formalmente risolto dall’art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che, nell'attribuire ai dirigenti scolastici
<<autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane>>,
garantisce però il rispetto delle <<competenze degli organi collegiali scolastici>>; è quindi
evidente il carattere non esclusivo ma limitato delle competenze del dirigente scolastico che
trovano un limite nelle competenze degli organi collegiali 28.
Del resto, il rispetto delle attribuzioni degli organi collegiali da parte del dirigente è previsto anche
dall'art. 16, 2° comma del d.P.R. n. 275 del 1999 e per di più, in un contesto generale che
attribuisce agli organi collegiali, oltre che al dirigente scolastico, il compito di garantire
<<l'efficacia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne
definiscono competenze e composizione>>.
Ove ve ne fosse ancora bisogno, il rispetto delle attribuzioni degli organi collegali è oggi ripetuto
anche dalla previsione dell’art. 1, 78° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107 e dai contratti collettivi
nazionali di lavoro dei dirigenti scolastici che, a partire da quello siglato il 10 gennaio 2002,
recano una previsione d’apertura che, oltre a richiamare le previsioni del d.lgs. n. 165 del 2001,
28
Così MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 899.
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prevede il rispetto delle competenze degli organi collegiali di istituto (si veda oggi l’art. 2 del
c.c.n.l. 11 aprile 2006)
Sul riparto delle competenze è stato rilevato 29 in dottrina come non appaia possibile una
confusione di ruoli (dirigente scolastico, collegio dei docenti) essendo attribuiti al dirigente
scolastico <<autonomi poteri>> riguardo la gestione del personale, sicché <<non si comprende
quali incidenze possano avere su tali poteri autonomi le funzioni di indirizzo attribuite al
consiglio dell’istituzione e la competenza generale decisionale attribuita in materia didattica al
collegio dei docenti che è organo costituito dagli stessi docenti rispetto ai quali il dirigente
scolastico ha i suindicati poteri autonomi>>; per tale ragione, le competenze degli organi
collegiali e quelle del capo d’istituto non potrebbero mai essere concorrenti: <<tutte le decisioni,
anche organizzative, concernenti l’attività didattica dovranno spettare al collegio dei docenti…; al
dirigente spetterà la gestione delle relative decisioni30>>.
La soluzione rappresenta, a nostro modo di vedere, solo un primo approccio alla problematica
del riparto di competenze.
Come rilevato da altra parte della dottrina, in un sistema in cui <<le scelte organizzative e
didattiche non di rado si intersecano>>, le competenze attribuite ai singoli organi collegiali e al
dirigente scolastico <<a volte si sovrappongono31>>; e non è improprio parlare, al proposito, di
una certa confusione normativa, spesso da risolversi, come si vedrà, utilizzando i criteri generali
di applicazione della norma nel tempo.
La problematica dei rapporti tra dirigenti scolastici e altri organi, collegiali o non collegiali (come
nel caso del direttore dei servizi generali e amministrativi), della comunità scolastica, necessita
pertanto di un maggiore approfondimento e di una trattazione articolata con riferimento ai più
importanti organi ed attori della comunità scolastica.
Alla fine, anticipando un giudizio che sarà meglio argomentato alla fine della trattazione, è
impossibile non ravvisare un quadro ricostruttivo caratterizzato da <<una disciplina così
complessa che risulta assai difficile individuare un modo adeguato per esprimere la sua vera
identità32>>; proprio per questa ragione, già durante i primi anni di vigore della nuova scuola
dell’autonomia sono stati proposti una serie di disegni di legge finalizzati alla riorganizzazione del
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 900.
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 901.
31 ZERMAN P., L'autogoverno dell'istituzione scolastica, cit., 132.
32 MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 97.
29
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sistema ed alla risoluzione di alcuni dei conflitti di competenza sussistenti tra organi collegiali e
dirigente scolastico33.
All’inizio anche il disegno di legge originario sulla <<buona scuola>> conteneva una serie di
interventi sulle competenze degli organi collegiali34; le vicende parlamentari della l. 13 luglio 2015,
n. 107 hanno però portato allo stralcio degli interventi più direttamente involgenti gli ambiti di
competenza degli organi collegiali della scuola, se non per una modifica marginale del
procedimento di approvazione del P.O.F.; al di là di ogni discussione in ordine ai contenuti della
detta riforma, è stata pertanto persa un’ulteriore occasione35 per mettere mano e riorganizzare un
settore caratterizzato da troppe incertezze ricostruttive e conflitti di competenza per poter
funzionare adeguatamente e sarà forse necessario attenere l’esercizio delle delega al riordino delle
disposizioni legislative in materia di pubblica istruzione prevista dall’art. 1, 180° comma della l. 13
luglio 2015, n. 107 (prodromica all’emanazione di un nuovo testo unico in materia di istruzione)
per vedere qualche innovazione (si spera di migliore fattura tecnica della legge).
3.1. Il consiglio di istituto e la giunta esecutiva
L'art. 10 del t.u. n. 297 del 1994 attribuisce al consiglio di circolo o di istituto una serie di
competenze decisionali di grande importanza nell'organizzazione scolastica; tra le tante, è
impossibile non menzionare almeno le competenze relative all'emanazione del regolamento di
istituto36, all'adozione dei bilanci preventivi e consuntivi, all'individuazione degli indirizzi generali
in materia di attività della scuola 37 e, soprattutto, all'approvazione del piano (oggi triennale)
dell'offerta formativa (c.d. P.O.F.38).
Per un quadro di queste iniziative di riforma, si rinvia a DAPAS A. e VIOLA L., Gli organi della comunità
scolastica nell’età dei dirigenti, in Riv. scuola sup. economia e finanze, 2005, 1, 144.
34 Per un quadro riassuntivo delle modificazioni previste dal disegno di legge originario ed una prima
valutazione dei relativi contenuti, si veda POGGI A., Il d.d.l. sulla Buona scuola: discussione sulle politiche
scolastiche o scontro sull’idea “concertazione” sindacale? in www.federalismi.it, 2015, n. 9 del 6 maggio 2015.
35 Del resto, non ci si poteva aspettare molto da una legge, alla fine, rimaneggiata da un maxiemendamento
costituito da un solo articolo con 212 commi e 25.000 parole (AINIS M., Una legge in 25mila parole, in
Corriere della sera, 26 giugno 2015, 27).
36 Che costituisce la prima espressione dell'autonomia e una delle principali fonti normative della vita di
istituto, MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
37 Sugli indirizzi generali in materia di attività della scuola si rinvia a MICHELETTI M., I caratteri delle
istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
38 Elaborato dal consiglio dei docenti, sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di
gestione e amministrazione indicati dal dirigente scolastico (in precedenza, dal consiglio di istituto) e poi
approvato dal consiglio di istituto, ai sensi dell'art. 3, 4° comma del d.P.R. n. 275 del 1999 (come
modificato dall’art. 1, 14° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107). Sul P.O.F. si rinvia a ZERMAN P.,
L'autogoverno dell'istituzione scolastica, cit., 135 e a SANDULLI A., L’autonomia scolastica nel sistema delle
autonomie, in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, cit., 9
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Come immediatamente desumibile dalla semplice elencazione dei compiti del consiglio di istituto,
si tratta evidentemente di una serie di competenze decisionali (approvazione dei bilanci, atti di
indirizzo fondamentale, consuntivi, ecc.) relative essenzialmente all'esercizio dell'attività di
indirizzo politico amministrativo dell'istituzione e, quindi, all'individuazione degli <<obiettivi che
essa si propone di raggiungere39>>.
Merita pertanto approvazione quella dottrina40 che ha rilevato come i rapporti tra consiglio di
istituto e dirigente scolastico possano essere riportati alla <<separazione tra politica ed
amministrazione già fatta propria per le altre amministrazioni pubbliche dal d.lgs. n. 29 del
1993>> ed in particolare, ad un sistema che concentra nel consiglio di istituto la <<funzione di
indirizzo politico-amministrativo>> e nel dirigente scolastico <<la gestione amministrativa>>;
appare, infatti, innegabile come l’attività del consiglio di istituto determini <<la vita dell’istituto e
condizio(ni) un’attività che si deve svolgere all’insegna di una posizione di autonomia tecnica e di
libertà (la funzione docente). Queste decisioni sono adottate da un organo di cui fanno parte in
modo non secondario, basti pensare al presidente, rappresentanti dei genitori e degli
studenti41>>.
Del resto, la possibilità di inquadrare il rapporto tra dirigente scolastico e consiglio di istituto (e
giunta esecutiva che assume compiti di propulsione ed esecuzione delle decisioni del consiglio42)
nel quadro della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo (di spettanza
dell'organo collegiale) e attività gestionale (di spettanza del dirigente) è rafforzata dalla previsione
del 6° comma dell’art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che impone al dirigente scolastico l'obbligo di
presentare periodicamente al consiglio di circolo o di istituto una motivata relazione sulla
direzione e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa; e si tratta
certamente di un obbligo teso a rafforzare il circuito (tipico dei sistemi che separano politica e
amministrazione) tra organo di indirizzo politico-amministrativo e organo fornito di competenze
gestionali.
che cita le godibilissime (ma ferocemente critiche) pagine sul fiume P.O.F. di MASTROCOLA P., La
scuola raccontata al mio cane, Parma, nuova ed. digitale 2013; sul fenomeno dei cd. P.O.F. fotocopia, si veda
RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica, cit., 34.
39 MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
40 MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1081.
41 MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 117.
42 Ai sensi dell’art. 10, 10° comma del t.u. n. 297 del 1994, la giunta esecutiva prevista dall’art. 8, 7° comma
del testo unico predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo, prepara i lavori del consiglio di
circolo o di istituto (fermo restando il diritto di iniziativa del consiglio stesso) e cura l’esecuzione delle
relative delibere.
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In definitiva, dall'esame della normativa emerge un sistema che attribuisce al consiglio di istituto
la funzione di indirizzo politico amministrativo e al dirigente scolastico i poteri di gestione per il
raggiungimento del risultato formativo avuto di mira.
Da quanto rilevato emerge pertanto la necessità di operare un "rilettura" delle nostre fonti
normative tesa a risolvere in via interpretativa soprattutto i problemi di gestione originati dalle
previsioni che attribuiscono al consiglio di istituto competenze direttamente gestionali e non di
indirizzo politico amministrativo; competenze <<da ritenersi implicitamente abrogate43>> dalla
nuova sistematica che attribuisce al dirigente scolastico le potestà gestionali.
La problematica è stata affrontata dal Consiglio di Stato 44 in sede consultiva per quello che
riguarda la competenza all'acquisto delle attrezzature tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici
prevista dall'art. 10, 2° comma lett. b) del t.u. n.297 del 1994 ed è stata risolta considerando
implicitamente abrogate, ai sensi dell'art. 15 disp. preleggi cod. civ. 45 , le disposizioni che
attribuivano al consiglio di istituto compiti di gestione non rientranti nella fondamentale funzione
di indirizzo politico-amministrativo spettante all'organo collegiale.
Nella prassi quotidiana degli istituti scolastici è però rimasta e permane ancora una forte tendenza
ad attribuire al consiglio di istituto o alla giunta esecutiva le funzioni di commissione giudicatrice
delle procedure di appalto pubblico gestite dagli istituti; ed in effetti, la soluzione è rispecchiata da
qualche decisione giurisprudenziale che ha rilevato come, <<nelle procedure competitive
adottate da istituti scolastici, il consiglio di istituto, quale organo collegiale, (sia) competente ad
esaminare e valutare le offerte, stilare la graduatoria ed aggiudicare; viceversa il Dirigente della
stazione appaltante è competente in materia di approvazione degli atti di gara e di decretazione
dell'aggiudicazione definitiva46>>.
La soluzione è oggi contrastata dall’art. 84, 10° comma del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) che impone che la nomina dei commissari e
la costituzione delle commissioni giudicatrici degli appalti aggiudicabili con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa debbano avvenire <<dopo la scadenza del termine fissato per
la presentazione delle offerte>>; sulla base della previsione (applicabile anche alle concessioni di
servizi particolarmente presenti nell’ambiente scolastico, sotto forma di distributori di bevande o
MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1083.
Cons. Stato, sez. II, 27 ottobre 1999 n. 1603/99 in www. edscuola.it.
45 L'apparente contraddizione tra due diverse attribuzioni di competenza è quindi risolta attribuendo
prevalenza alla legge successiva nel tempo e quindi considerando <<superate ex lege>> le competenze di
gestione del consiglio di istituto: Cons. Stato, sez. II, 27 ottobre 1999 n. 1603/99, cit.
46T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 11 febbraio 2014 n. 38 in De Jure.
43
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snack47), si è pertanto formata una giurisprudenza amministrativa che ha escluso la possibilità di
attribuire al consiglio di istituto o alla giunta esecutiva (i cui componenti sono quasi sempre
nominati prima della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte) le funzioni di
commissione giudicatrice di procedure di gara aggiudicabili con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa48.
3.2. Il collegio dei docenti
Per quanto concerne il collegio dei docenti, l’art. 7 del d.P.R. n.297 del 1994 attribuisce all'organo
poteri deliberanti in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto,
programmazione educativa e suddivisione dell'anno in due o tre periodi e poteri di proposta in
ordine a formazione e composizione delle classi, assegnazione ad esse dei docenti49, formulazione
dell'orario delle lezioni e svolgimento delle altre attività scolastiche.
Il collegio dei docenti provvede poi a valutare periodicamente l'andamento complessivo
dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi
programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività
scolastica; esprime al direttore didattico o al preside parere in ordine alla sospensione dal servizio
o alla sospensione cautelare del personale docente quando ricorrano ragioni di particolare
urgenza; si pronuncia su ogni altro argomento attribuito alla sua competenza dal t.u. n. n. 297 del
1994 o da altre fonti normative.
Da non dimenticare, poi, che tra le funzioni proprie del collegio dei docenti rientra anche, ai sensi
dell’art. 3, 4° comma del d.P.R. n.275 del 1999 (come modificato dall’art. 1, 14° comma della l. 13
luglio 2015, n. 107), la funzione di predisposizione del P.O.F. sulla base degli indirizzi per le
attività della scuola e delle scelte di gestione e amministrazione indicati oggi dal dirigente
scolastico (in precedenza, dal consiglio di istituto).
Dall'elencazione delle competenze sopra richiamata emerge un quadro complessivo che
attribuisce al collegio dei docenti una funzione decisionale e propositiva a carattere
Cons. Stato ad. plen., 7 maggio 2013, n. 13 in Foro amm.- C.d.S., 2013, 5, 1176; Foro amm., 2014, 7-8, 1912
con nota di BERIONNI; Diritto & Giustizia, 3 giugno 2013; Guida al diritto, 2013, 23, 77 con nota di
MEZZACAPO.
48 T.A.R. Toscana, sez. II, 21 novembre 2013, n. 1629 in Foro amm. - T.A.R., 2013, 11, 3357.
49 Di conseguenza, la giurisprudenza ha riconosciuto che il potere il assegnare gli studenti e i docenti alle
classi spetta al dirigente scolastico: al proposito, si vedano T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 10 ottobre 2007, n.
9926 (in Foro amm. –TAR, 2007, 10, 3158), T.A.R. Toscana, sez. I, 18 marzo 2002 n. 519 (ivi, 2002, 883),
sez. III, 25 settembre 2003, n. 5115 (ivi, 2003, 2593), relative all’assegnazione degli studenti alle classi e
Trib. Reggio Calabria, 4 ottobre 2006 (in De Jure) relativa all’assegnazione dei docenti alle classi.
47
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eminentemente tecnico-didattico, ma <<in posizione sottordinata 50>> rispetto al consiglio di
istituto, fondamentale organo di indirizzo politico-amministrativo della comunità scolastica.
Rimane aperta la problematica delle possibili interferenze tra competenze del collegio dei docenti
e sfera gestionale del dirigente scolastico; la problematica ha assunto risvolti pratici soprattutto
per quello che riguarda la competenza all'individuazione dei docenti incaricati di collaborare con
il dirigente scolastico o forniti di funzioni vicarie, autonomamente trattata al § successivo.
Per quello che qui interessa è però importante rilevare come il Consiglio di Stato, nel risolvere
quella problematica 51 , abbia richiamato la necessità generale di interpretare le norme che
attribuivano in precedenza competenze agli organi collegiali della scuola secondo criteri di
coerenza sistematica: <<le predette norme, nella loro portata apparentemente conservativa delle
precedenti competenze degli organi collegiali vanno lette ed interpretate secondo il principio di
non contraddizione, di utilità semantica e di coerenza sistematica… la clausola di rispetto per le
attribuzioni degli organismi collegiali, contenuta in quelle norme, va dunque letta alla luce dei
criteri di compatibilità e sussidiarietà …>>
Criteri di coerenza sistematica che trovano estrinsecazione nella necessità di preservare le sole
<<competenze che non impingano nelle specifiche funzioni e responsabilità di gestione ed
organizzazione spettanti in via esclusiva al dirigente scolastico52>> e di dare vita ad una lettura
del sistema "depurata" dalle norme che attribuivano dirette competenze gestionali al collegio dei
docenti.
In questo quadro generale di sostanziale svalutazione delle competenze decisionali del collegio dei
docenti, una sostanziale deroga è stata introdotta dalla contrattazione collettiva che ha attribuito
al collegio dei docenti la competenza ad identificare quelle che, inizialmente, erano denominate
come funzioni obiettivo, nel quadro dell'offerta formativa prevista dal P.O.F. (artt. 28 del c.c.n.l.
26 maggio 1999 e 37 del c.c.n.i. 31 agosto 1999) ed oggi sono denominate, dall’art. 33 del c.c.n.l.
29 novembre 2007 (contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del Comparto
scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007), come
<<funzioni strumentali al piano dell'offerta formativa>>; in questo caso, spetta, infatti, al
collegio dei docenti l’individuazione delle funzioni strumentali per la <<realizzazione e la
MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1082; la posizione sottordinata non
esclude che possano verificarsi ipotesi di responsabilità erariale del dirigente scolastico e del consiglio
d’istituto per aver completamente <<obliterato e pretermesso>> le competenze del collegio dei docenti
previste dalla normativa: Corte Conti, sez. giurisd. Basilicata, 26 gennaio 2010 n. 32, in De Jure.
51 Cons. St., sez. II, 26 luglio 2000, n.1021/2000, in Riv. giur. scuola, 2002, 792; Giust. civ. 2001, I, 3108.
52 Cons. St., sez. II, 26 luglio 2000, n. 1021/2000, cit.
50
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gestione del piano dell’offerta formativa dell’istituto e per la realizzazione di progetti formativi
d'intesa con enti ed istituzioni esterni alla scuola>>, così come spetta all’organo collegiale
l’individuazione dei relativi criteri di attribuzione, del numero e dei docenti destinatari.
Sulla medesima linea concettuale, la contrattazione collettiva attribuisce al collegio dei docenti
poteri propositivi in materia di modalità e criteri per lo svolgimento dei rapporti con le famiglie e
gli studenti (poi approvati dal consiglio d’istituto: art. 29, 4° comma c.c.n.l. 29 novembre 2007) e
individuazione delle attività del personale docente da retribuire sul fondo di istituto (art. 88, 1°
comma c.c.n.l. vigente); sono poi attribuiti al collegio dei docenti poteri deliberativi in materia di
approvazione del piano annuale delle attività dei docenti predisposto dal dirigente (art. 28, 4°
comma c.4 del c.c.n.l. vigente) e del piano annuale di aggiornamento e formazione dei docenti
(art. 66 del c.c.n.l. vigente).
Anche le competenze del collegio dei docenti previste dalla contrattazione collettiva si muovono
pertanto nel quadro di quella funzione decisionale e propositiva a carattere eminentemente
tecnico-didattico, in posizione sottordinata rispetto al consiglio di istituto, che, come già rilevato
è propria della posizione dell’organo nella comunità scolastica nella “rilettura” resa necessaria
dalla nuova sistematica dell’autonomia.
3.3. La scelta dei collaboratori e del vicario
La ricchezza di compiti e l’articolazione sempre più complessa delle istituzioni scolastiche, hanno
messo in prima luce un nuovo punto d’attrito costituito dalla figura del collaboratore (o dei
collaboratori) del dirigente scolastico.
In ambito scolastico, la problematica viene spesso sintetizzata nella figura del c.d. vicario, ovvero
del docente al quale vengono attribuiti compiti sempre maggiori e di grande responsabilità, sia in
presenza che in sostituzione del dirigente; la dottrina53 ha però sottolineato giustamente come,
più che di un vicario in senso stretto (ovvero di una figura destinata alla sostituzione del titolare
quando questi manchi del tutto), si tratti di un docente incaricato di fare temporaneamente le veci
del dirigente titolare o da lui delegato per specifici incombenti.
L’improprietà del riferimento alla figura del cd. vicario è poi ulteriormente testimoniata dalla
rilevazione della maggiore ampiezza della categoria che, in realtà, investe i docenti incaricati di
supportare più direttamente (i cd. collaboratori) l’azione del dirigente scolastico e non solo la
scelta del docente incaricato di sostituirlo.
ASSISI A., La figura del c.d. "collaboratore vicario" del Dirigente scolastico: organo competente per la nomina e poteri
attribuiti alla luce delle più recenti riforme, in Lavoro nelle p.a., 3-4, 2002, pag. 633 e ss.
53
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A questo proposito, l'art. 25, 5° comma del d.lgs. n.165 del 2001 prevede che, nello svolgimento
delle funzioni organizzative e amministrative, il dirigente scolastico possa avvalersi <<di docenti
da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti54>>; si tratta, quindi, di una
nomina eminentemente fiduciaria e finalizzata all'individuazione delle persone che, a giudizio del
dirigente scolastico, siano meglio attrezzate per il raggiungimento di determinati risultati.
Anche con riferimento a questa problematica, si è presentato il problema della compatibilità tra la
nuova sistematica e il vecchio impianto normativo della comunità scolastica. In particolare, è
sorto il problema della compatibilità tra la previsione dell'art. 25, 5° comma d.lgs. n.165 del 2001
(che attribuisce al dirigente scolastico la scelta dei docenti incaricati di funzioni vicarie o destinati
a collaborare direttamente con il dirigente) e la competenza del collegio dei docenti a procedere
all’<<elezione>> (in realtà, si tratta però di un provvedimento amministrativo di designazione)
dei docenti incaricati di collaborare con il capo d’istituto (artt. 7, 2° comma, lettera h55 e 396, ult.
comma 56 t.u. n. 297 del 1994) prevista dal t.u. pubblica istruzione; problema strettamente
correlato è poi quello della competenza (dell’U.S.R. o del dirigente scolatico) a disporre l’esonero
dall’insegnamento del collaboratore investito delle funzioni vicarie (art. 459, 1° comma del t.u.
n.297 del 199457).
Sul punto, il Ministero della Pubblica istruzione ha sollecitato ed ottenuto un parere del Consiglio
di Stato; in particolare, la richiesta di parere poneva la questione della compatibilità o meno delle
norme del Testo unico con il nuovo quadro normativo, soprattutto alla luce del disposto dell’art.
25 dell’attuale decreto legislativo n.165 del 2001 che recita <<nello svolgimento delle proprie
In materia, a partire dall’art. 31 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del
comparto scuola stipulato in data 24 luglio 2003 (che ha limitato tali collaboratori a due unità di personale
docente) è stato introdotto un contingente massimo di collaboratori nominabili dal singolo dirigente
scolastico. Oggi, l’art. 1, 83° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107 prevede un contingente di collaboratori
<<in attività di supporto organizzativo e didattico>> del dirigente scolastico pari al 10% dell’organico
dell’autonomia.
55 L’art. 7, 2° comma, lettera h, del t.u. n. 297 del 1994 dispone che il collegio dei docenti <<elegge, in
numero di uno nelle scuole fino a 200 alunni, di due nelle scuole fino a 500 alunni, di tre nelle scuole fino
a 900 alunni, e di quattro nelle scuole con più di 900 alunni, i docenti incaricati di collaborare col direttore
didattico o col preside; uno degli eletti sostituisce il direttore didattico o preside in caso di assenza o
impedimento. Nelle scuole di cui all'articolo 6, le cui sezioni o classi siano tutte finalizzate all'istruzione ed
educazione di minori portatori di handicap anche nei casi in cui il numero degli alunni del circolo o istituto
sia inferiore a duecento il collegio dei docenti elegge due docenti incaricati di collaborare col direttore
didattico o preside>>.
56 L'art. 396, 5° comma del t.u. n. 297 del 1994 dispone che <<in caso di assenza o di impedimento del
titolare, la funzione direttiva è esercitata dal docente scelto dal direttore didattico o dal preside tra i docenti
eletti ai sensi dell'articolo 7 del presente testo unico>>.
57 Abrogato, a decorrere dal 1° settembre 2015, dall’art. 1, 329° comma della l. 23 dicembre 2014, n. 190.
54
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funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai
quali possono essere delegati specifici compiti>>.
Il Consiglio di Stato è intervenuto sulla problematica con il già citato parere 26 luglio 2000 n.
1021/2000 della II Sezione58, che ha rilevato come uno degli aspetti del riconoscimento del ruolo
dirigenziale sia costituito dalla possibilità di <<scelta dei propri collaboratori>> soprattutto ove,
come nel caso di specie, il carattere fiduciario del rapporto tra delegante e delegato sia
espressamente riconosciuto dall'art. 25, 5° comma d.lgs. n.165 del 2001.
La necessità di utilizzare criteri di coerenza sistematica nell’esame della problematica dei rapporti
tra competenze dirigenziali e competenze collegiali richiamata al paragrafo precedente porta
quindi a ritenere che l'individuazione del docente vicario o dei propri collaboratori costituisca una
delle facoltà esplicitamente riservate alla competenza dirigenziale del dirigente scolastico:
<<poiché tra le funzioni riservate non c’è (né vi sarebbe potuta essere) quella relativa alla
posizione giuridica del docente vicario e poiché la designazione di quest'ultimo spetta al capo di
istituto, come aspetto specifico della gestione del personale ne deriva come corollario che allo
stesso dirigente spetti la determinazione della posizione giuridica del suo principale
collaboratore59>>.
Analoga soluzione per quello che riguarda la competenza a disporre l'esonero o il semiesonero
dall'insegnamento del vicario (fino a quando tale possibilità è stata prevista dalla normativa): il
fatto stesso che nella previsione degli artt. 14 e 15 del d.P.R. 275/1999 (relativa anche al
trasferimento ai dirigenti scolastici delle attribuzioni in materia di personale) non sia stata inserita
una riserva della potestà provveditoriale in discorso, implica, infatti, il trasferimento della
competenza in discorso al dirigente scolastico.
Per quello che riguarda la problematica (strettamente connessa) relativa alla possibilità per il
vicario di sostituire il dirigente in ipotesi di assenza o, al contrario, alla necessità di ricorrere
all’affidamento della reggenza dell’istituto ad altro dirigente ad opera dell’U.S.R., si è
successivamente stabilizzata in via amministrativa (si veda, a questo proposito l’art. 5, comma 13
dell’o.m. 17 aprile 2002, n. 44) una sistematica che prevede l’attribuzione dell’incarico per
reggenza ad altro dirigente scolastico nelle ipotesi di assenza o di impedimento del titolare, di
58
59
Cons. Stato, sez. II, 26 luglio 2000, n. 1021/2000, cit.
Cons. Stato, sez. II, 26 luglio 2000, n. 1021/2000, cit.
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durata superiore a due mesi, così limitando le ipotesi di sostituzione da parte del vicario alle
sostituzioni di durata inferiore a detto periodo temporale60.
Appare poi comunque possibile desumere dal sistema un principio generale che limita le funzioni
sostitutive svolte dai collaboratori del dirigente o dal cd. vicario solo all’ordinaria
amministrazione, così escludendo la possibilità di ordinare spese inerenti a scelte fondamentali
della comunità scolastica: <<ad esempio, il collaboratore vicario potrà firmare un contratto
comportante spese, ove ad esempio si tratti di acquisto di cancelleria, gasolio per riscaldamento
etc, oltre a poter firmare in genere i mandati di pagamento, ma non potrà nel breve periodo in cui
è assente il dirigente, deliberare e finanziare una spesa per costruire ed attrezzare un’aula
d'informatica, et similia61>>.
Del tutto ovvio appare poi il limite alla sfera di intervento dei collaboratori del dirigente o del cd.
vicario derivante dalla necessità di rispettare di sfere di competenza di altri organi della comunità
scolastica, come il collegio dei docenti o i consigli di classe62.
La sostanziale incertezza in ordine ai compiti dei collaboratori del dirigente scolastico giustifica la
sostanziale “effervescenza” del dibattito sindacale in proposito (che ha auspicato un maggiore
riconoscimento normativo ed economico delle funzioni di collaborazione o sostituzione del
dirigente scolastico svolte dai docenti); sempre in questa prospettiva, trova giustificazione il
notevole contenzioso insorto in materia di retribuibilità delle funzioni sostitutive svolte dal
vicario, ad es. durante il periodo di ferie del dirigente scolastico63.
Nel quadro di una legislazione sempre più limitativa della retribuibilità delle funzioni vicarie o di
collaborazione con il dirigente scolastico, è poi intervenuto l’art. 14, 22° comma, prima parte del
d.l. 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in l. 7 agosto 2012, n. 135) che ha inserito una norma interpretativa
dal seguente tenore: <<il comma 5 dell'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non costituisce affidamento di mansioni
Per la ricostruzione delle fonti normative in materia, si rinvia ad ASSISI A., La figura del c.d. "collaboratore
vicario" del Dirigente scolastico: organo competente per la nomina e poteri attribuiti alla luce delle più recenti riforme, cit.,
637.
61 ASSISI A., La figura del c.d. "collaboratore vicario" del Dirigente scolastico: organo competente per la nomina e poteri
attribuiti alla luce delle più recenti riforme, cit., 639.
62 ASSISI A., La figura del c.d. "collaboratore vicario" del Dirigente scolastico: organo competente per la nomina e poteri
attribuiti alla luce delle più recenti riforme, cit., 639 rileva come <<ove non sia chiaro discernere fra funzioni
organizzative e didattiche, appa(ia) necessario affidarsi al criterio della prevalenza>>.
63 Per un recente esempio degli sviluppi giurisprudenziali in proposito, si veda RUSSO S., Tribunale di
Siena. In caso di assenza del Dirigente Scolastico, il docente vicario ha diritto alla relativa indennità prevista dalla
contrattazione collettiva essendosi verificata l'integrale sostituzione nelle funzioni, in www.diritto.it.
60
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superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano dell'esonero o
semiesonero ai sensi dell'articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994>>.
La norma, di non facile interpretazione e che costituisce esempio di <<autentico
equilibrismo64>> normativo, rischia di mandare in crisi l’equilibrio sopra tratteggiato; l’esclusione
dell’esercizio di funzioni vicarie del dirigente da parte dei collaboratori ex art. 25, comma 5 d.lgs.
165 del 2001 sembrerebbe, infatti, imporre, se letteralmente applicata, il ricorso alla reggenza da
parte di altro dirigente anche per le assenze inferiori a due mesi e la limitazione necessaria degli
spazi di intervento dei collaboratori dei dirigente ai compiti a mera rilevanza interna, con
esclusione delle attività che possano impegnare l’amministrazione verso l’esterno.
3.4. I rapporti con il direttore dei servizi generali ed amministrativi
Nello svolgimento delle funzioni organizzative e amministrative il capo di istituto è da lungo
tempo coadiuvato dal responsabile amministrativo65, che sovrintendeva, con autonomia operativa
e nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi
amministrativi e ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale e
provvedendo direttamente al rilascio di certificazioni, estratti e copie di documenti, che non
comportassero valutazioni discrezionali (in questo senso, si veda già l’art. 51 del c.c.n.l. 21 luglio
1995); le competenze del responsabile amministrativo comprendevano poi una più generale
competenza all’istruttoria ed esecuzione delle delibere degli organi collegiali aventi carattere
esclusivamente contabile, vincolato o finalizzate alla stipulazione di accordi, contratti e
convenzioni con soggetti esterni all'istituzione scolastica e la possibilità di esprimere pareri in
ordine agli atti riguardanti la gestione amministrativa e contabile del personale.
Con l’avvento della nuova scuola dell’autonomia, anche il responsabile amministrativo mutava
pelle; l’art. 34 del c.c.n.l. 26 maggio 1999 prevedeva infatti, <<contestualmente con la piena
attuazione dell'autonomia scolastica e con la ridefinizione delle funzioni dei dirigenti scolastici>>
la creazione, con effetto dal 1° settembre 2000, di un nuovo <<profilo professionale di direttore
dei servizi generali ed amministrativi nelle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, di cui alla
tabella A66>>; l’istituzione della nuova figura professionale era poi accompagnata dalla previsione
PERZIANI P., La sostituzione del dirigente dopo la spending rewiew (ottobre 2012), in www.governarelascuola.it.
Per la sostanziale differenziazione sussistente tra i compiti di responsabile e di assistente amministrativo,
si vedano Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 724 (in Foro amm.-CDS, 2009, 2, 503) e 29 ottobre 2008,
n. 5400 (ivi, 2008, 10, 2807).
66 Nei conservatori e nelle accademie, è, al contrario, presente, fin dal 1995, la diversa figura del direttore
amministrativo.
64
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dei titoli necessari per l'accesso alla qualifica (Tab. B allegata al c.c.n.l. 26 maggio 1999) e
dall’istituzione (con d.m. Pubblica Istruzione 27 dicembre 1999) dei corsi di formazione previsti
per il riconoscimento del profilo di direttore dei servizi generali ed amministrativi ai responsabili
amministrativi con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in servizio alla data di entrata in
vigore del contratto collettivo.
Già ai sensi della Tabella A allegata al c.c.n.l. 26 maggio 1999 (che recava la prima declaratoria del
profilo professionale della nuova figura), il direttore dei servizi generali ed amministrativi (di
seguito, spesso indicato come d.s.g.a.) svolgeva attività di rilevante complessità, avente in alcuni
casi anche rilevanza esterna ed assumeva un ruolo centrale nella gestione amministrativocontabile dell’istituto67.
La rilevanza della figura nell’organizzazione dell’istituto scolastico è poi stata confermata dalla
contrattazione collettiva successiva ed in particolare, dalla nuova declaratoria del profilo
professionale del d.s.g.a. fornita dalla Tabella A allegata al c.c.n.l. 24 luglio 2003 (Contratto
collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto scuola per il quadriennio
normativo 2002/2005 e il primo biennio economico 2002/2003); si tratta della declaratoria
ancora oggi in vigore e che delinea una figura di direttore dei servizi generali ed amministrativi
che:
1)
svolge attività lavorativa di rilevante complessità ed avente rilevanza esterna;
2)
sovrintende, con autonomia operativa, ai servizi generali amministrativo-contabili e ne
cura l'organizzazione svolgendo funzioni di coordinamento, promozione delle attività e
verifica dei risultati conseguiti, rispetto agli obiettivi assegnati ed agli indirizzi impartiti, al
personale ATA, posto alle sue dirette dipendenze;
3)
organizza autonomamente l’attività del personale ATA nell’ambito delle direttive del
Dirigente scolastico; attribuisce al personale ATA, nell’ambito del piano delle attività,
incarichi di natura organizzativa e le prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, quando
necessario;
4)
svolge con autonomia operativa e responsabilità diretta attività di istruzione,
predisposizione e formalizzazione degli atti amministrativi e contabili; è funzionario
delegato68, ufficiale rogante e consegnatario dei beni mobili;
Per chi fosse interessato all’indicazione specifica dei contenuti professionali della figura del d.s.g.a.
previsti dal c.c.n.l. 26 maggio 1999, si rinvia a DAPAS A. e VIOLA L., Gli organi della comunità scolastica
nell’età dei dirigenti, cit., 137.
68 La qualifica di funzionario delegato era riconosciuta, in precedenza, solo ai direttori amministrativi di
conservatori e accademie.
67
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5) può svolgere attività di studio e di elaborazione di piani e programmi richiedenti specifica
specializzazione professionale, con autonoma determinazione dei processi formativi ed
attuativi;
6) può svolgere incarichi di attività tutoriale, di aggiornamento e formazione nei confronti
del personale;
7) può risultare affidatario di incarichi ispettivi nell’ambito delle istituzioni scolastiche69.
Con tutta evidenza, si tratta di un profilo professionale che richiama e sistematizza alcune delle
competenze del d.s.g.a. previste dal d.m. Pubblica Istruzione 1° febbraio 2001 n. 44 (regolamento
concernente le <<Istruzioni generali 70 sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni
scolastiche>>) e relative, in particolare:
1) alla redazione delle schede illustrative finanziarie, relative ad <<ogni singolo progetto
compreso nel programma e predisposto dal dirigente per l'attuazione del piano
dell'offerta formativa (P.O.F.)>>, allegate al programma finanziario dell’istituzione e
recanti <<l'arco temporale in cui l'iniziativa deve essere realizzata…. i beni e i servizi da
acquistare……la fonte di finanziamento, la spesa complessiva prevista per la sua
realizzazione e le quote di spesa attribuite a ciascun anno finanziario>> (art. 2, 6° comma
d.m. 44/200171);
Un punto di particolare problematicità della nuova declaratoria dei contenuti professionali della figura
del direttore dei servizi generali ed amministrativi è costituita dal mancato richiamo, nella Tabella A
allegata al c.c.n.l., della competenza al rilascio diretto della certificazioni amministrative, in precedenza (si
veda, al proposito, l’art. 51 del c.c.n.l. 21 luglio 1995) rientrante nelle attribuzioni del responsabile
amministrativo; con tutta evidenza, si tratta di un’incertezza di disciplina che rischia di dare vita a
sgradevoli e disfunzionali conflitti di competenza.
70 Del tutto esattamente, RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica, cit., 31 rileva come <<in
base alla l. n. 59/97, lo Stato avrebbe dovuto dettare mere “istruzioni generali” in materia di gestione
amministrativo-contabile delle scuole, mentre il menzionato decreto si è tradotto in un vero e proprio
regolamento di contabilità, valevole indistintamente per qualsiasi tipo di istituzione scolastica, assai
dettagliato, fonte di diversi divieti e di una burocratizzazione delle attività negoziali delle nuove scuole che
mal si conciliano con il riconoscimento alle stesse di un’autonomia di natura funzionale (e invero pure con
l’attribuzione alle stesse di un’autonomia di carattere semplicemente gestionale)>>.
71 Come rilevato dalla dottrina (QUARATO N., Il nuovo regolamento sulla gestione amministrativo-contabile e
l’attività negoziale delle istituzioni scolastiche in TENORE V. (a cura di) La dirigenza scolastica. Manuale giuridicoamministrativo del dirigente scolastico cit., 301) la previsione delle schede illustrative finanziarie ha permesso un
sostanziale <<superamento della previsione delle spese in capitoli a favore dei progetti>>, con maggiore
<<flessibilità delle singole voci di spesa non rigidamente vincolate alle previsioni, nel rispetto comunque
del limite di spesa complessiva prevista per il singolo progetto>>.
69
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2)
all’affissione all’albo dell’istituzione scolastica del programma finanziario entro
quindici giorni dall'approvazione ed all’inserimento dello stesso, ove possibile,
nell'apposito sito web dell'istituzione medesima (art. 2, 9° comma d.m. 44/200172);
3)
alla redazione di <<apposita relazione sulle entrate accertate e sulla consistenza degli
impegni assunti, nonché dei pagamenti eseguiti>>, da sottoporre al consiglio di istituto al
fine della verifica finanziaria da eseguirsi entro il 30 giugno di ogni anno (art. 6, 6°
comma d.m. 44/2001);
4)
all’aggiornamento delle schede illustrative finanziarie relative ad ogni singolo
progetto, sulla base delle spese effettuate (l’imputazione delle spese spetta però sempre al
dirigente scolastico; art. 7 d.m. 44/2001);
5)
alla predisposizione, entro il 15 marzo di ogni anno, del conto consuntivo, sottoposto
dal dirigente scolastico all'esame del collegio dei revisori dei conti, unitamente ad una
dettagliata relazione che illustra l'andamento della gestione dell’istituzione scolastica ed i
risultati conseguiti in relazione agli obiettivi programmati (art. 18 d.m. 44/2001);
6)
alla custodia dei verbali del collegio dei revisori dei conti (art. 60 d.m. 44/2001);
7)
alla firma delle reversali di incasso e dei mandati di pagamento unitamente al dirigente
scolastico (artt. 10 e 12 d.m. 44/2001);
8)
alla liquidazione della spesa, <<consistente nella determinazione dell'esatto importo
dovuto e del soggetto creditore>> e della <<regolarità della relativa fornitura o
esecuzione>> (art. 11 d.m. 44/2001; al contrario, l’impegno di spesa è di competenza del
dirigente scolastico);
9)
all’utilizzo della carta di credito dell’istituzione scolastica, su autorizzazione del
dirigente (art. 14 d.m. 44/2001) ed alla gestione del fondo per le minute spese (art. 17
d.m. 44/2001);
10)
alla tenuta dell’inventario e a tutti gli adempimenti connessi alla qualità di
consegnatario dei beni mobili (artt. 24 e ss. d.m. 44/2001; la custodia del materiale
didattico, tecnico e scientifico dei gabinetti, dei laboratori e delle officine può essere
affidata dal d.s.g.a., su indicazione vincolante del dirigente, ai docenti: art. 27, 1° comma
d.m. 44/2001);
Per l’attribuzione dei compiti in questione al d.s.g.a. si è orientata, nel silenzio della previsione del d.m.
44/2001, la QUARATO N., Il nuovo regolamento sulla gestione amministrativo-contabile e l’attività negoziale delle
istituzioni scolastiche cit., 303.
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11) alla tenuta della contabilità, alle necessarie registrazioni e alla cura degli adempimenti
fiscali (art. 29, 5° comma d.m. 44/2001);
12) allo svolgimento dell’attività istruttoria relativa all’attività negoziale dell’istituto
(normalmente di competenza del dirigente, rappresentante legale dell’ente) o, su delega
del dirigente, allo svolgimento diretto dell’attività negoziale (art. 32 d.m. 44/2001);
13) allo svolgimento delle funzioni di ufficiale rogante, per la stipula degli atti che richiedono
la forma pubblica (art. 34, 6° comma d.m. 44/2001) ed alla tenuta della documentazione
relativa all’attività contrattuale (art. 35, 4° comma d.m. 44/2001);
14) su delega del dirigente, all’emanazione del certificato che attesta la regolarità della
fornitura e sostituisce l'atto formale di collaudo per le forniture di valore inferiore a €
2.000 e, per i contratti inerenti alla fornitura di servizi periodici, all’emanazione
dell’apposito certificato di regolare prestazione (in questo caso, di competenza esclusiva
del direttore dei servizi generali ed amministrativi: art. 36 d.m. 44/2001).
Alla ricostruzione sostanziale delle competenze professionali previste dal d.m. Pubblica
Istruzione 1° febbraio 2001 n. 44 (soprattutto per quello che riguarda il riconoscimento delle
qualifiche di funzionario delegato, consegnatario dei beni mobili ed ufficiale rogante), la
declaratoria del profilo professionale del d.s.g.a. prevista dalla contrattazione collettiva ha
aggiunto un ruolo importante di sovrintendenza ed organizzazione nei confronti del personale
A.T.A. posto alle dirette dipendenze del Direttore dei servizi generali ed amministrativi; la
valutazione precisa dell’effettività di questo potere di sovrintendenza ed organizzazione richiede
però l’esame di almeno due disposizioni contenute nella contrattazione di settore e che sembrano
ridimensionare (o comunque conformare in maniera particolare) tali poteri.
Particolarmente problematica, a questo proposito, si presenta certamente la previsione dell’art.
47, 3° comma del c.c.n.l. 29 novembre 2007 che attribuisce al dirigente scolastico e non al
direttore dei servizi generali ed amministrativi la competenza ad attribuire mansioni ed incarichi al
personale A.T.A., <<secondo le modalità, i criteri ed i compensi definiti dalla contrattazione di
istituto nell'ambito del piano delle attività>>, così riducendo sostanzialmente l’estensione del
potere di sovrintendenza ed organizzazione di detto personale riconosciuto dalla Tabella A
allegata al c.c.n.l. 24 luglio 2003.
L’art. 53 del c.c.n.l. 29 novembre 2007, nel regolamentare la problematica (centrale
nell’organizzazione degli uffici amministrativi) dell’articolazione dell’orario di lavoro, attribuisce
poi al direttore dei servizi generali ed amministrativi la competenza a formulare, all’inizio
dell’anno scolastico, una <<proposta di piano dell’attività>>; piano che viene definitivamente
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adottato dal dirigente scolastico dopo una (dovuta) verifica in ordine alla congruenza rispetto al
P.O.F. ed una fase di contrattazione integrativa decentrata e la cui <<puntuale attuazione>> è
affidata al d.s.g.a.
Anche in questo caso è quindi evidente come il potere di sovrintendenza e organizzazione del
personale A.T.A. riconosciuto al direttore dei servizi amministrativi non venga ad individuare una
sfera esclusiva di competenza ma, al contrario, un potere da coordinare con la più generale
competenza ad adottare i provvedimenti in materia di gestione del personale propria del dirigente
scolastico; in buona sostanza, i poteri autonomi di gestione del personale A.T.A. riconosciuti in
capo al d.s.g.a. si esauriscono pertanto nella predisposizione del piano di formazione per il
personale prevista dall’art. 66, 1° comma, ult. parte del c.c.n.l. 29 novembre 2007, dovendo, per il
resto, trovare applicazione una soluzione basata sulla coabitazione tra direttore dei servizi generali
ed amministrativi e dirigente scolastico.
A questo proposito, già la semplice elencazione dei compiti, alquanto complessi e di non poca
rilevanza, del d.s.g.a. evidenzia l'estrema problematicità del rapporto con il dirigente scolastico.
Al direttore dei servizi generali ed amministrativi erano (e sono) infatti attribuite una serie di
competenze decisionali (soprattutto in materia contabile), di controllo e di proposta, che possono
venire ad intrecciarsi ed a collidere con la capacità decisionale del dirigente scolastico; il difficile
intreccio di competenze ha, di conseguenza, dato vita ad una numerosa serie di quesiti, indirizzati
al Ministro della Pubblica istruzione dalle organizzazioni sindacali di settore.
Al proposito, l’unico punto fermo che è possibile individuare è indubbiamente costituito dalla
soggezione del direttore dei servizi generali ed amministrativi (che continua ad essere chiamato,
nella legge, responsabile amministrativo) alle <<direttive di massima impartite>> ed agli
<<obiettivi assegnati>> dal dirigente scolastico (art. 25, 5° comma d.lgs. 165/2001), pur in un
contesto generale di <<autonomia operativa>>; con tutta evidenza, si tratta di una formulazione
caratterizzata da una sostanziale ambiguità di fondo e che istituisce una sostanziale
“coabitazione” tra d.s.g.a. e dirigente scolastico che non sempre funziona e può dare vita a
conflitti che spesso possono paralizzare l’istituzione o ridurne l’efficienza.
Al di là dell’ambigua formulazione dell’art. 25, 5° comma d.lgs. 165/2001, appare pertanto
evidente come uno dei punti problematici del governo della comunità scolastica sia costituito
dalla “coabitazione” tra d.s.g.a. e dirigente scolastico; un territorio in cui la chiarificazione
normativa dei rispettivi ambiti di competenza (finora mancata) potrebbe aumentare di molto il
grado di efficienza dell’istituzione scolastica, sotto il profilo amministrativo-contabile.
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Nella prospettiva di un complessivo recupero di efficienza del sistema, un qualche aiuto potrà
forse derivare dalla possibilità prevista dall’art. 1, 72° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107 di
svolgere le funzioni relative ad alcune tipologie di atti (cessazioni dal servizio; pratiche in materia
di contributi e pensioni; progressioni e ricostruzioni di carriera; trattamento di fine rapporto del
personale della scuola; ulteriori atti non strettamente connessi alla gestione della singola
istituzione scolastica) in forma associata attraverso lo strumento delle reti di istituti scolastici di
cui all’art. 1, 70° comma della legge.
3.5. I rapporti con i docenti
Un punto particolarmente problematico dei rapporti tra dirigenti e comunità scolastica è
indubbiamente costituito dalla garanzia della libertà di insegnamento; una problematica
particolarmente delicata della comunità scolastica è quindi quella dei rapporti tra capo di istituto e
docenti.
Al proposito, la dottrina che per prima si è occupata della problematica73 non ha potuto mancare
di rilevare come la garanzia della libertà di insegnamento costituisse già uno dei criteri previsti per
il riassetto dell'istituzione scolastica previsti dall’art. 21 della l. 59/1997 e come, quindi, gli
<<autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane>>
previsti dall'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 non possano <<comportare tra dirigente scolastico e
personale docente alcun rapporto di gerarchizzazione>>.
La funzione di indirizzo e coordinamento del dirigente scolastico non è quindi gerarchicamente
sovraordinata rispetto a quella di insegnamento, ma, al contrario, unitamente a quella di
insegnamento costituisce il momento operativo della <<definizione dei programmi e delle
direttive>> avvenuta in sede di consiglio di istituto: <<nessuno ha quindi posizioni di
preminenza; ognuno ha compiti e responsabilità diverse74>>.
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 898. Particolarmente sentita è la problematica del rispetto della
libertà di insegnamento nei confronti delle scelte rispecchiate nel P.O.F.; sul punto, si rinvia a ZERMAN
P., L'autogoverno dell'istituzione scolastica, cit., 129, ZANNOTTI L., La libertà di insegnare nella scuola che cambia,
in MARZUOLI C., Istruzione e servizio pubblico, Bologna, 2003, 266 e MARZUOLI C., L’istituto scolastico
autonomo, cit., 117 che rileva come si tratti di <<un sistema in cui si confondono poteri e responsabilità e in
cui è sacrificata la libertà e la tecnicità della funzione docente. Di più: in questo contesto il piano
dell’offerta formativa può essere (è) il mezzo per far valere orientamenti ideologici di tendenza (quelli dei
genitori o degli studenti) e dunque si pregiudica il valore fondamentale del servizio pubblico dell’istruzione
(il pluralismo contestuale)>>.
74 MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 899.
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Quanto rilevato in ordine al rispetto della libertà di insegnamento non esclude però che l'esercizio
della potestà di direzione e coordinamento dell’attività di insegnamento possa risultare, in
concreto, caratterizzata da punti problematici e di difficile soluzione.
A questo proposito, la dottrina ha esattamente rilevato come la <<natura tecnica dell’attività
implic(hi) una necessaria dimensione collettiva. L’equilibrio fra la libertà della funzione di
insegnamento e le esigenze di un insegnamento organizzato e finalizzato può essere intanto
realizzato in modo accettabile attraverso la scomposizione dell’attività tra parti riservate al singolo
docente e parti che sono oggetto di decisioni rimesse ad un collegio che sia espressione ella
dimensione collettiva della tecnica di cui sono portatori gli insegnanti75>>; in questa logica che
rimette al giudizio “dei pari” gli aspetti relativi all’esercizio collettivo dell’attività di insegnamento,
il ruolo del collegio dei docenti e dello strumento applicativo costituito dal P.O.F. appaiono
quindi fondamentali ed ineliminabili.
Un nuovo punto problematico tra dimensione collettiva ed individuale della libertà di
insegnamento potrebbe oggi essere costituito dall’art. 1, 124° comma della l. 13 luglio 2015, n.
107 (si tratta della legge sulla cd. <<buona scuola>>) che, nel qualificare la formazione in
servizio dei docenti di ruolo come <<obbligatoria, permanente e strutturale>> (sicuramente una
buona cosa), ha rinviato il tutto ad attività formative definite dalle singole istituzioni scolastiche,
in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di
miglioramento delle istituzioni scolastiche; non avendo la legge individuato l’organo competente
a definire le attività di formazione obbligatoria, appare di tutta evidenza come si possa aprire (e,
probabilmente, si aprirà) una querelle interpretativa tra interpreti orientati a riportare tali
competenze al collegio dei docenti (soluzione più in linea con quanto sopra riportato in ordine
alla dimensione collettiva della libertà di insegnamento) e interpreti orientati ad attribuire tale
competenza al dirigente scolastico (ipotesi interpretativa più in linea con altri aspetti della legge
che potenziano i poteri di intervento del dirigente scolastico).
Vi è però anche la necessità di salvaguardare il rispetto degli obblighi “estrinseci” di regolarità e
legalità nell’esecuzione della prestazione, ovvero di un’attività di controllo, di competenza del
dirigente scolastico, in ordine al rispetto, da parte dei docenti, dei limiti <<stabiliti dalle leggi e
dalle decisioni collegialmente adottate76>>.
MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 113.
MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 898; MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 113. Si
tratta dei cd. limiti estrinseci alla libertà di insegnamento: POTOTSCHNIG U., Insegnamento (libertà di) in
Enc dir,. vol. XXI, Milano, 1971, 749.
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In particolare, il controllo del rispetto della legge nell’esecuzione della prestazione lavorativa
importa anche la legittimità della sottoposizione a controlli (come l’<<obbligo di attestazione
della presenza mediante l'apposizione della firma di presenza su appositi fogli strutturati a
seconda dell'ora di ingresso dei docenti>> o l'attivazione di <<sistemi di accertamento
automatizzati>>) in ordine al rispetto dell'obbligo dell'orario di servizio; le iniziative del dirigente
scolastico finalizzate all'attivazione di simili sistemi di controllo devono perciò essere ritenute
legittime e non lesive della libertà di insegnamento77.
In questa prospettiva di attribuzione al dirigente scolastico dei poteri di controllo in ordine alla
regolarità “estrinseca” della prestazione di insegnamento può trovare giustificazione
l’orientamento giurisprudenziale che ha rilevato come costituisca violazione del dovere di leale
collaborazione dell'insegnante verso il dirigente scolastico (con correlativa responsabilità
disciplinare) il comportamento del docente che non ottemperi ad una convocazione da parte del
dirigente78.
In ogni caso, i poteri di controllo del dirigente scolastico non possono mai intaccare il nucleo
essenziale della libertà di insegnamento, costituito dall’<<equilibrio del rapporto esclusivo tra
docente e discente …(che non deve soffrire) indebite ed inammissibili intrusioni che non siano
motivate dal bisogno….di realizzare l’esigenza procedimentale e solidale del diritto all’istruzione
quale diritto sociale nel contesto dell’implementazione progressiva ed adeguata del principio
personalistico79>>
In questa logica di salvaguardia del nucleo essenziale della libertà di insegnamento merita
sicuramente approvazione la giurisprudenza che ha escluso <<un diretto intervento correttivo
del dirigente scolastico sul registro di classe, ..(da ritenersi non giustificato) né ai sensi dell’art.
468, d.lgs. n. 297 del 994, né in base alle altre norme, dettate in materia di competenza del
dirigente stesso (artt. 163 e 396, d.lgs. n. 297 del 1994) 80 >>; costituisce poi frutto di un
bilanciamento accettabile tra esigenze di garanzia della prestazione e tutela della libertà
d’insegnamento, l’orientamento giurisprudenziale che, nel caso in cui un docente sia impedito a
In questo senso, T.A.R. Valle d’Aosta 19 giugno 1998, n. 91 in T.A.R., 1998, I, 3024.
Trib. Modena, sez. lav., 17 dicembre 2008, in Lavoro nelle p.a., 2008, 6, 1132; meno giustificabile appare
l’accenno, in motivazione, al dovere di rispetto degli ordini impartiti dal dirigente scolastico <<in virtù del
rapporto gerarchico (artt. 13 e 16 d.p.r. n. 3/1957)>> ovvero ad una strutturazione in via gerarchica del
rapporto che non appare compatibile con l’attuale assetto della materia.
79 CORTESE F., Sullo statuto giuridico del “portfolio delle competenze”. Brevi riflessioni su diritti e libertà di alunni e
docenti nel prisma dell’autonomia didattica, in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel
sistema delle autonomie, cit., 117.
80 Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 715, in Foro amm.-CDS, 2011, 1, 276.
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partecipare alle attività di scrutinio per giustificati motivi, ha escluso una potestà sostitutoria in
capo al dirigente scolastico, prevedendo l’obbligo dello stesso di disporre l’affidamento
dell’incarico di sostituire l’assente ad un altro docente della stessa materia in servizio presso la
stessa scuola81.
La trattazione dei rapporti tra i singoli docenti e dirigente scolastico è stata organizzata, fino a
questo momento, con riferimento all’aspetto esecutivo della prestazione, in sostanziale accordo
con una strutturazione normativa che ha finora escluso che un possibile condizionamento della
libertà di insegnamento potesse originarsi nel momento genetico del rapporto, in considerazione
del ricorso a procedure concorsuali e a sistemi di nomina dei docenti tesi ad escludere poteri
discrezionali di scelta nel momento genetico del rapporto.
La problematica ha però subito una decisiva modificazione per effetto della norma (art. 1, 18°
comma l. 13 luglio 2015, n. 107) che ha attribuito al dirigente scolastico la competenza ad
individuare <<il personale da assegnare ai posti dell’organico>>.
Il nuovo sistema, destinato ad entrare in vigore a partire dall’anno scolastico 2016/2017, è
fondato sui seguenti principi:
a)
i ruoli del personale docente divengono regionali, articolati in ambiti
territoriali (definiti, entro il 30 giugno 2016, dagli U.S.R.), suddivisi in sezioni
separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto (art. 1, 66°
comma l. 13 luglio 2015, n. 107);
b)
per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente
scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale
di riferimento, prioritariamente sui posti, comuni e di sostegno, vacanti e
disponibili, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti
medesimi e della precedenza nell’assegnazione della sede ai sensi degli articoli 21 e
33, 6° comma della l. 5 febbraio 1992, n. 104 (art. 1, 79° comma l. 13 luglio 2015,
n. 107);
c)
ove non siano disponibili nell’ambito territoriale docenti abilitati in
alcune classi di concorso, il dirigente scolastico può utilizzare i docenti in classi di
concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di
studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze
81T.A.R.
35
Lazio, Roma, sez. III, 25 agosto 2010, n. 31634, in Foro amm.-TAR, 2010, 7-8, 2505.
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professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire (art. 1, 79° comma l. 13
luglio 2015, n. 107);
d) il dirigente scolastico formula una proposta di incarico di insegnamento di durata
triennale in coerenza con il P.O.F. (oggi divenuto di durata triennale); l’incarico
può essere rinnovato purché in coerenza con il piano dell’offerta formativa ed è
conferito sulla base del curriculum, delle esperienze e competenze professionali e di
eventuale colloquio (art. 1, 80° comma l. 13 luglio 2015, n. 107);
e) la trasparenza e la pubblicità dei criteri adottati, degli incarichi conferiti e dei
curricula dei docenti sono assicurate attraverso la pubblicazione sul sito internet
dell’istituzione scolastica (art. 1, 80° comma l. 13 luglio 2015, n. 107);
f) l’imparzialità di valutazione del dirigente scolastico è garantita dall’obbligo per lo
stesso di dichiarare, nel conferire gli incarichi, l’assenza di cause di incompatibilità
derivanti da rapporti di coniugio, parentela o affinità, entro il secondo grado, con i
docenti stessi (art. 1, 81° comma l. 13 luglio 2015, n. 107);
g) l’incarico è assegnato dal dirigente scolastico e si perfeziona con l’accettazione del
docente,che può eventualmente optare tra più proposte ricevute (art. 1, 82°
comma l. 13 luglio 2015, n. 107),
h) l’incarico di insegnamento è conferito dall’U.S.R. ai docenti che non abbiano
ricevuto o accettato proposte o, comunque, in caso di inerzia da parte del
dirigente scolastico (art. 1, 82° comma l. 13 luglio 2015, n. 107).
Con riferimento alla nuova sistematica, è sufficiente richiamare quanto già rilevato alla dottrina
(evidentemente fornita di virtù quasi profetiche) che aveva già sottolineato la complessiva
inaccettabilità (e l’incostituzionalità) di sistemi basati sulla <<possibilità di individuare il docente
senza alcun vincolo di tipo concorsuale; l’istituto sceglie la persona che ritiene più adatta (purchè
abilitata, se la legge prevede un’abilitazione per l’esercizio di quella determinata attività). Un
sistema di questo genere è incompatibile con la garanzia della libertà di insegnamento perché
comporta l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto assuma docenti affini rispetto a chi in
quel certo momento esprime la tendenza prevalente. In questo modo, l’istituto scolastico rinnega
la sua funzione che è innanzitutto quella di assicurare in concreto la libertà di insegnamento.
Infatti, la libertà di insegnamento, quando viene in rilievo nell’ambito del servizio pubblico
dell’istruzione (e non nei rapporti fra privati ed a carico di finanziamenti privati) è riconosciuta
non solo come diritto individuale (del docente), ma anche quale strumento indispensabile per la
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neutralità ideologica del servizio, che è il risultato finale che si deve ottenere. Si creerebbero
invece istituti di tendenza, il che è la puntuale negazione del connotato giuridico essenziale del
servizio pubblico dell’istruzione82>>.
Appare pertanto non condivisibile la posizione di quella parte della dottrina che ha ritenuto
<<assai deboli>> i dubbi di costituzionalità sollevati in ordine alle nuove previsioni (all’epoca,
ancora in discussione in parlamento), sulla base della sintetica rilevazione che <<più volte, infatti,
la Corte di cassazione ha avuto modo di specificare che il…..ruolo direttivo del Dirigente
scolastico sul personale, non lede, in astratto, la libertà di cui all’art. 33, comma 1, Cost. Mentre il
rilievo di incostituzionalità riguardante l’art. 97 è palesemente infondato, poiché poggia su una
chiara presunzione che, invece, richiederebbe di essere provata di volta in volta e, se ritenuta
veritiera, potrebbe dar luogo ad azioni civili (comportamento antisindacale) più che ad eccezioni
di costituzionalità83>>; come precedentemente rilevato, il potere direttivo del dirigente scolastico
investe, infatti, solo il rispetto dei limiti “estrinseci” della libertà di insegnamento e non ha niente
a che fare con un sistema che riconosce allo stesso la possibilità di selezionare il corpo docente,
dando vita ad istituti di tendenza, sulla base delle proprie preferenze ideologiche; ancora, la
possibilità di dare vita ad azioni giurisdizionali correttive attiene all’ipotesi (patologica) in cui sia
stato creato un istituto di tendenza in violazione della normativa e non all’ipotesi (fisiologica) in
cui il dirigente si sia limitato ad esercitare un potere di scelta previsto dalla normativa (anche se in
violazione dell’art. 33, 1° comma della Costituzione, ma questo è altro discorso).
È pertanto lecito attendersi una continuazione del dibattito in ordine alla legittimità delle nuove
disposizioni avanti alla Corte costituzionale.
3.6. il comitato per la valutazione dei docenti
L’art. 1, 129° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107 ha riformulato l’art. 11 del t.u. 16 aprile 1994,
n. 297, relativo al comitato per la valutazione dei docenti, con una serie di previsioni, destinate ad
entrare in vigore dall’inizio dell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in
vigore della legge e che suscitano qualche dubbio ulteriore di incostituzionalità
In particolare, il nuovo comitato per la valutazione dei docenti previsto dall’art. 11 del t.u. 297 del
1994 (nel testo modificato dalla legge sulla <<buona scuola>>) appare essere caratterizzato da
significative innovazioni rispetto alla previgente formulazione, con riferimento alla problematica
MARZUOLI C., L’istituto scolastico (fra conservazione e innovazione), cit., 72; Idem, L’istituto scolastico autonomo,
cit., 109.
83 POGGI A., Il d.d.l. sulla Buona scuola: discussione sulle politiche scolastiche o scontro sull’idea “concertazione”
sindacale? cit., 4, nota 5.
82
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(centrale) della composizione; la precedente formulazione della norma comprendeva, infatti, solo
il dirigente scolastico ed una maggioranza di docenti eletti dal collegio dei docenti, mentre
l’attuale composizione del comitato è più complessa e comprende:
a) il dirigente scolastico;
b) tre docenti dell’istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal
consiglio di istituto;
c) due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un
rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione,
scelti dal consiglio di istituto;
d) un componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti
scolastici e dirigenti tecnici (art. 11, 2° comma del t.u. 297 del 1994, come modificato dall’art. 1,
129° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107).
La nuova composizione del comitato evidenzia una certa qual problematicità con riferimento alla
presenza dei rappresentanti dei genitori e degli studenti ed ai possibili rischi che tale presenza
incida sulla libertà di insegnamento che <<deve essere garantita non solo contro il potere
politico, statale o regionale o locale che sia, ma anche contro gli utenti (alunni e genitori). Un
docente che, in ragione di determinati assetti organizzativi e di logiche fatalmente indotte,
dovesse essere succube degli utenti sarebbe come un giudice sopraffatto dalle parti84>>.
Il rischio della possibilità di condizionamenti appare di molto ridotto dall’esclusione della
presenza dei rappresentati degli studenti e delle famiglie alle valutazioni relative al superamento
del periodo di prova da parte del docente (art. 11, 4° comma del t.u. 297 del 1994, come
modificato dall’art. 1, 129° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107) che costituisce l’ambito di
intervento più importante del comitato, ma rimangono forti problematicità per quello che
riguarda la previsione (art. 11, 5° comma del t.u. 297 del 1994, come modificato dall’art. 1, 129°
comma della l. 13 luglio 2015, n. 107) che rinvia al comitato le valutazioni in ordine alla
riabilitazione dei docenti colpiti da sanzione disciplinare prevista dall’art. 501 del t.u. 297 del 1994
(la forte incidenza del provvedimento sulla carriera del personale docente e, indirettamente, sulla
libertà di insegnamento avrebbero, infatti, dovuto consigliare una composizione del comitato più
vicina a quella prevista per la valutazione del periodo di prova e non prevedente la partecipazione
dei rappresentanti degli studenti e delle famiglie); rimane poi ancora da valutare l’incidenza che la
nuova composizione del comitato per la valutazione dei docenti possa assumere sull’istituto della
84
MARZUOLI C., L’istituto scolastico (fra conservazione e innovazione), cit., 71.
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valutazione del servizio a domanda del docente prevista dall’art. 448 del t.u. 297 del 1994 (sempre
rimessa alla valutazione del comitato dall’art. 11, 5° comma del t.u. 297 del 1994, come
modificato dall’art. 1, 129° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107) che potrebbe trasformarsi, a
seguito di indirette pressioni del dirigente scolastico, in una valutazione sostanzialmente
obbligatoria nei fatti e rimessa ad organo caratterizzato dalla presenza maggioritaria di elementi
estranei al corpo docente.
Rimangono comunque il rammarico per aver previsto una strutturazione che appare espressione
di una logica che potrebbe risultare in contrasto con la garanzia della libertà di insegnamento e la
preoccupazione per i rischi per la tutela della libertà di insegnamento che possono derivare dalla
strutturazione del comitato.
Del pari ingiustificabile e criticabile (anche se per altri motivi) risulta poi la presenza nel comitato
del <<componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti
scolastici e dirigenti tecnici>> che appare espressione di una logica di “ristatalizzazione” della
materia in contrasto con la scelta dell’autonomia e che può forse trovare giustificazione solo nella
volontà di creare un qualche “contrappeso” ad una logica che oggi ruota eccessivamente sulla
persona del dirigente scolastico.
3.7. I rapporti con gli studenti
Per quello che riguarda i rapporti con gli studenti, le innovazioni maggiori non derivano dalle
fonti normative più volte richiamate nel corso della trattazione (d.lgs. 165 del 2001; d.P.R. 275 del
1999), ma da una fonte normativa ancora non richiamata, ovvero dal d.P.R. 24 giugno 1998, n.
249 (regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria)
Si tratta certamente di una fonte importante, soprattutto, per quello che riguarda i diritti degli
studenti, espressamente formalizzati in un’elencazione abbastanza articolata e comprendente
<<le libertà di espressione (art. 1 comma 4), di partecipazione (art. 2 commi 4-6 e 6 comma 1), di
riunione e di associazione (art. 2 commi 9 e 10), nonché il diritto alla riservatezza (art. 2 comma
2), che altro non sono che l'affermazione della vigenza anche all'interno delle istituzioni
scolastiche dei diritti costituzionalmente garantiti, e quindi attuazione del principio di
informazione allo spirito democratico della Repubblica da parte della scuola. Più legati al ruolo
del discente come utente di un servizio pubblico, ed in particolare all'attuazione del diritto allo
studio, sono invece il diritto ad una formazione culturale e professionale qualificata (art. 2 comma
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1), il diritto ad una valutazione trasparente e tempestiva (art. 2 comma 4) e quello di scelta tra le
attività curricolari integrative85>>.
Del pari importante risulta poi l’elencazione dei doveri di comportamento degli studenti prevista
dall’art. 3 del d.P.R. 249 del 1998 e costituita dai doveri di frequentare i corsi e assolvere
assiduamente gli impegni di studio (primo comma); di tenere un comportamento rispettoso nei
confronti del capo d'istituto, dei docenti, del personale tutto della scuola e dei compagni (secondo
e terzo comma); di osservare le disposizioni organizzative e di sicurezza dettate dai regolamenti
dei singoli istituti (quarto comma); di utilizzare correttamente le strutture, i macchinari e i sussidi
didattici e di comportarsi nella vita scolastica in modo da non arrecare danni al patrimonio della
scuola (quinto comma); di avere cura dell’ambiente scolastico (sesto comma).
Ai sensi della previsione dell’art. 4 del d.P.R. 249 del 1998 (come modificato dall’art. 1 del d.P.R.
21 novembre 2007, n. 235), è poi rinviata ai regolamenti delle singole istituzioni scolastiche
l’individuazione dei comportamenti che costituiscono mancanze disciplinari, delle relative
sanzioni, degli organi competenti ad irrogarle e del relativo procedimento; per quello che riguarda
le competenze, è poi previsto che le sanzioni e i provvedimenti che comportano allontanamento
dalla comunità scolastica siano adottati dal consiglio di classe, mentre le sanzioni che comportano
l'allontanamento superiore a quindici giorni e quelle che implicano l’esclusione dallo scrutinio
finale o la non ammissione all'esame di Stato conclusivo del corso di studi sono rinviate alla
competenza del consiglio di istituto (art. 6 d.P.R. 249 del 1998; le sanzioni relative alle mancanze
disciplinari commesse durante le sessioni d'esame sono inflitte, ai sensi dell’art. 11 del d.P.R., dalla
commissione di esame e sono applicabili anche ai candidati esterni).
Avverso le sanzioni disciplinari è ammesso ricorso, entro quindici giorni dalla comunicazione
della loro irrogazione, ad un apposito organo di garanzia interno alla scuola, istituito e disciplinato
dai regolamenti delle singole istituzioni scolastiche, del quale fa parte almeno un rappresentante
eletto dagli studenti nella scuola secondaria superiore e dai genitori nella scuola media; tale
organo è composto, di norma, da un docente designato dal consiglio di istituto e, nella scuola
MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1084 che sottolinea altresì come
manchi, nel d.P.R. n. 249 del 1998, <<l'espressa affermazione in capo agli studenti del diritto di sciopero,
che pure andrebbe ad essi riconosciuto a mente della C. cost. 27 dicembre 1974 n. 290>> sullo sciopero
politico (vedila in Foro it., 1975, I, 259); ZANNOTTI L., La libertà di insegnare nella scuola che cambia, cit., 293
sottolinea giustamente come l’idea di scuola che emerge dal d.P.R. n. 249 del 1998 sia <<una scuola che
sia la prima palestra della democrazia, che simboleggi un sistema culturalmente aperto e disponibile,
rappresenti il fondamento e il segno di una società che sa mettersi in discussione, che corre il rischio delle
rettifiche e delle contraddizioni, ma che abbia anche la prontezza di accogliere le novità più
sorprendenti>>.
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secondaria superiore, da un rappresentante eletto dagli studenti e da un rappresentante eletto dai
genitori, ovvero, nella scuola secondaria di primo grado da due rappresentanti eletti dai genitori,
ed è presieduto dal dirigente scolastico (art. 5, 1° comma del d.P.R. 249 del 1998, come
modificato dall’art. 2 del d.P.R. 21 novembre 2007, n. 235)86.
Anche in materia disciplinare, i poteri del dirigente scolastico devono pertanto “fare i conti” con
un sistema intricato di competenze e, soprattutto, possono trovare estrinsecazione solo se previsti
alla regolamentazione disciplinare di istituto.
Sulla base della disposizione, T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 22 settembre 2004, n. 4172 (in Foro amm.-TAR,
2004, 2645,3460 con nota di GIGANTE M., Le sanzioni disciplinari nella scuola tra violazione di doveri di
correttezza e violazione di doveri di sicurezza) ha affermato l’inammissibilità del ricorso avverso una sanzione
disciplinare proposto avanti al dirigente scolastico regionale piuttosto che avanti al collegio di garanzia di
istituto.
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