L`inverno è la stagione dei cavoli e dei tradizionali piatti
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L`inverno è la stagione dei cavoli e dei tradizionali piatti
proviamolo con... A merenda forse no ma con le bollicine sì L’inverno è la stagione dei cavoli e dei tradizionali piatti che si preparano con le diverse varietà di questa verdura. Cibi gustosi e perfetti in accompagnamento a un buon Talento I “cavoli a merenda” come simbolo di qualcosa che non c’entra niente con l’argomento di cui si sta parlando sono una di quelle immagini così abituali e tanto profondamente radicate nell’uso che di solito le usiamo dandole per scontate, come verità ovvie sulle quali non c’è bisogno di stare a riflettere. Poi, però, tutti i luoghi comuni hanno i loro rovesciamenti più o meno polemici o ironici e i cavoli a merenda non sfuggono a questa legge. Così, per esempio, sulla Rete abbondano i blog e siti di ogni genere che ne fanno un motto per affermare la loro libertà di uscire dalle imposizioni di un rigido conformismo. 80 Il mio vino dicembre 2009 Nello stesso spirito, ai cavoli a merenda si ispirano associazioni no-profit e collane editoriali. E qualche anno fa i cavoli a merenda sono entrati anche nel titolo di un serissimo convegno scientifico che ha riunito a Milano nutrizionisti di tutto il mondo. Ci sono buone probabilità che, a prima vista, l’accostamento di un ingrediente umile come i cavoli - tradizionalmente legati ai robusti piatti invernali della tradizione contadina - con l’eleganza raffinata delle bollicine metodo classico di un Talento possa apparire appena poco meno stonata rispetto a servirli in un’occasione di solito riservata a cibi dolci come, appunto, la merenda. Però non è certo per il gusto del rovesciamento ironico che questo mese abbiamo chiesto ai nostri esperti di prendere in considerazione proprio i cavoli - in particolare la varietà tradizionalmente più diffusa nelle regioni dell’Italia settentrionale, il cavolo verza - come cibo da abbinare a una bottiglia di Talento. Il risultato è stato un entusiastico assenso. I Talento, soprattutto i Talento rosati, si sono rivelati un perfetto accompagnamento per piatti in genere considerati “difficili” come la tipica cassoeula milanese e altre preparazioni a base di verze, cavolo nero e cavolfiore. Bontà e salute Se il cavolo verza, conosciuto anche come cavolo di Savoia o cavolo di Milano - dove però è da sempre chiamato semplicemente verza - è una secolare tradizione delle tavole invernali lombarde e piemontesi, il cavolo nero è l’indiscusso protagonista di un piatto-simbolo della cucina toscana come la ribollita. Il cavolfiore, coltivato principalmente nelle regioni meridionali, è invece l’ingrediente base dell’insalata di rinforzo, piatto immancabile del cenone napoletaIl cavolo verza o cavolo di savoia è tradizionalmente diffuso soprattutto nell’Italia settentrionale. no. E i broccoli, preparati in mille modi, sono un onnipresente contorno siciliano. Nonostante l’aspetto possa far pensare che si tratti di verdure che hanno ben poco in comune l’una con l’altra, in realtà tutti questi sono parenti strettissimi dato che non sono altro che varietà di un’unica specie, il cui nome botanico è Brassica oleracea. Secondo gli specialisti di botanica, tutte le varianti deriverebbero da un’unica pianta che cresce spontanea lungo le coste del mediterraneo. Pianta che gli uomini hanno cominciato a coltivare in tempi antichissimi, selezionando nei secoli i diversi cultivar anche in funzione del clima. Cosa che ne ha permesso la diffusione fino alle regioni più settentrionali dell’Europa, alla Russia. Senza parlare della Cina che oggi - manco a dirlo - è di gran lunga il piè grande produttore mondiale sia del classico cavolo cappuccio sia di cavolfiori. Nelle varietà centro-settentrionali si mangiano principalmente le foglie - sia chiuse su se stesse a formare una testa compatta come nel caso della verza sia distese come nel caso del cavolo nero, la varietà rimasta più simile all’originario cavolo selvatico. Cavolfiore e broccoli, invece, sono infiorescenze. Compatte e sviluppate al riparo dalla luce nel primo caso, espanse ed esposte alla luce nel secondo. In comune, tutte le diverse varietà di cavolo hanno una notevole ricchezza dal punto di vista delle sostanze nutritive e protettive dell’organismo. Contengono grandi quantità delle vitamine C, A, B, K, e poi calcio, potassio, ferro, manganese e via elencando. Quello di cui sono poveri, invece, sono il sodio e le calorie. Insomma, i cavoli fanno un gran bene alla salute, proteggono le arterie, molti studi clinici fanno pensare che abbiano anche spiccate proprietà anticancerogene e ricerche recenti avanzano anche l’ipotesi che siano un’ottima cura per la Scelti per voi Spumante Brut Metodo Classico Rosé “Athesis” Kettmeir Via delle Cantine 4 39052 Caldaro sulla Strada del Vino (Bz) tel. 0471.963135 fax 0471.963393 www.kettmeir.com 15 euro Alto Adige Doc Spumante Rosé Talento Metodo Classico “Praeclarus” Kössler Via Castel Guardia 21 39050 Appiano sulla Strada del Vino (Bz) tel. 0471.662183 www.koessler.it 15 euro Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Spumante Rosé Metodo Classico “Rosè” 2006 Torrevilla Via Emilia 4 27050 Torrazza Coste (Pv) tel. 0383.77003 - fax 0383.77592 www.torrevilla.it 16 euro Si presenta con una spuma di buona finezza seguita da un perlage fitto e continuo. Il colore è un rosa di una tonalità piuttosto tenue ma brillante. Intenso il profumo, con note fruttate di ciliegia e amarena sotto spirito che emergono in primo piano, seguite da sfumature di lievito arricchite da un leggero accento speziato. In bocca è reso fresco dalla spiccata acidità, mentre la robusta struttura ne arrotonda e ammorbidisce piacevolmente il gusto. Nel finale tornano gli aromi fruttati già sentiti al naso, in particolare si distingue nota di ciliegia piacevolmente persistente. Fatto con uve pinot nero in purezza, si presenta con un brillante colore rosa che tende alla tonalità chiamata di “buccia di cipolla”. La spuma e il successivo perlage sono composti da bollicine di ottima finezza e persistenza. Nel profumo di buona intensità si distinguono in primo piano fragranze fruttate di lampone e ciliagia, arricchite da un accento di amarena sotto spirito e da lievi sfumature finali di lievito e rosa. In bocca si fa sentire la piacevole effervescenza che stimola senza disturbare e accentua la freschezza data dalla spiccata acidità. Il tutto è ben bilanciato dalla robusta struttura. Gradevole il lungo finale. Fatto con uve pinot nero al 100 per cento, si presenta con un elegante colore rosa illuminato da riflessi di ottima brillantezza. Versato nel bicchiere sprigiona una spuma fine e persistente, seguita da un perlage fitto e continuo. Il profumo è intenso e armonico, con un ampio bouquet nel quale si distinguono in primo piano note fruttate di ciliegia, arricchite da un penetrante accento di amarena sotto spirito e da sfumature floreali che ricordano la fragranza della rosa canina. All’assaggio manifesta una piacevole freschezza unita alla robusta corposità derivante dall’uva nera da cui nasce, che ne fa un ottimo accompagnamento per piatti dal gusto deciso. Ottima la persistenza. Freschezza e struttura fanno dei Talento rosé un abbinamento perfetto depressione. Niente di nuovo, del resto. “Brassica est quae omnibus holeribus antistat”, “È il cavolo a superare tutte le altre verdure”, scriveva intorno al 160 prima di Cristo Catone il Censore nella sua opera De agri cultura. “Mangialo sia crudo che cotto. Se lo mangi crudo, condiscilo con l’aceto. Si digerisce meravigliosamente, mette a posto l’intestino, ed è una bevanda salutare per ogni cosa”, prosegue poi l’entusiastica trattazione. “Se in un banchetto vuoi bere e mangiare a volontà, prima della cena mangiane a volontà, crudo, con aceto, e poi ancora dopo cena mangiane qualche altra foglia. Ti rimetterà a posto come se non avessi mangiato nulla e potrai bere a volontà. E se lo vuoi tagliato fine, asciutto o condito con sale e aceto, non c’è niente di più salutare. Per mangiarlo più volentieri, puoi condirlo con aceto mielato. Ti farà bene, non permetterà che alcun male colpisca il tuo corpo e ti gioverà alla digestione. E ti aiuterà se la bile è scura, se la milza è ingrossata, se ti duole il cuore o il fegato o i polmoni o l’addome, in una parola: tutto risanerà di ciò che può dolere. In verità niente giova ai mali articolari quanto il cavolo crudo.` dicembre 2009 Il mio vino 81 proviamolo con... Cavolfiore e, a destra, cavolo nero sono varietà della stessa specie alla quale appartiene la verza. Se ne farai uso, potrai mettere alla prova ogni più piccolo arto. Se mai qualcuno è insonne e depresso, lo sanerai con questa medesima cura”. Duemila anni dopo, la scienza moderna ha ben poco da aggiungere, se non la conferma che il vecchio Catone - il quale in generale era un tipo più propenso a criticare che a manifestare entusiasmo - aveva buone ragioni per propagandare un maggior consumo di cavoli come cura per quasi tutti i mali. Odor di zolfo Ahinoi, in questo mondo sono poche le medaglie prive di un rovescio che spegne gli entusiasmi. Nel caso dei cavoli, il rovescio della medaglia è l’odore che emanano mentre cuociono. Un odore tanto forte e poco piacevole che spinge molti a bandirli dalla cucina. A provocare questi grevi effluvi che fanno rinunciare a tutti i benefici dei cavoli - oltre che alla loro bontà, visto che una volta preparati e serviti nel piatto, in genere di quell’odore non rimane più traccia - è una delle numerose sostanze che vi trovano e che li rendono così salutari: lo zolfo. Nei cavoli lo zolfo è presente sotto forma di numerosi composti che durante la cottura si separano e ricombinano creando in particolare quelli 82 Il mio vino dicembre 2009 che i chimici chiamano dimetilsolfuri, molecole alle quali il nostro olfatto è estremamente sensibile, tanto che vengono usate come additivi nel gas domestico per rendere subito evidenti le perdite. In genere però i cavoli liberano dimetilsolfuri solo per un preciso arco di tempo durante la cottura, più o meno fra gli 8 e i 16 minuti. Quindi se li consumiamo crudi come consigliava già Catone, oppure ci limitiamo a scottarli brevemente, conserviamo intatti tutti i loro principi nutritivi e le loro capacità protettive senza alcuna ripercussione negativa sull’olfatto. Verza e maiale Un piatto che invece richiede per forza una cottura lunga - molto lunga - è la cassoeula milanese. Dove la “oeu“ del nome rappresenta quell’unico suono che è un po’ tutte e tre le vocali e un po’ nessuna in particolare e che risulta praticamente impronunciabile per chi non abbia emesso i primi vagiti nella lingua di Carlo Porta. Così come la cassoeula preparata come la si è fatta per secoli fino alla soglia del boom economico, oggi rischierebbe di essere un po’ indigesta per i nostri stomaci impigriti dal benessere. Secondo una tradizione di cui abbiamo notizie certe almeno a partire dal 1600, ma che è nata probabilmente nel Medioevo, la cassoeula era il piatto che si preparava con le parti meno nobili dei maiali appena macellati, come la cotenna, i piedini, la testa e le costine. Il tutto doveva sobbollire a fuoco dolcissimo per molte ore insieme a verze ed erbe aromatiche, fino ad avere una specie di stufato denso e appiccicoso per la grande quantità di grasso che vi si era sciolto. Nonostante la verza che, presente in dosi pari o superiori a quelle del maiale, alleggeriva l’insieme, alla fine ci voleva almeno tanto tempo a digerirlo quanto ne era occorso per cucinarlo. E infatti di solito la cassoeula si preparava il sabato per mangiarla la domenica a mezzogiorno, con il resto della giornata a disposizione per smaltirla. Oggi di solito si preferisce adattarla al gusto moderno usando anche parti diverse del maiale e dividendo in due la preparazione: prima si fa bollire a parte la carne, in modo che ceda la maggior parte del grasso, e poi la si unisce alle verze. I più intransigenti sostengono che non è la stessa cosa, ma è un buon compromesso che permette di mantenere viva una tradizione antica che in caso contrario rischierebbe di scomparire. Matrimonio felice Nello stesso modo, la tradizione più ortodossa vuole che alla cassoeula si accompagni un robusto vino rosso. Le tradizioni, però, a volte nascono semplicemente dal fatto che una volta non c’era molto da scegliere. In realtà, con la sua capacità di ripulire la bocca da un’untuosità che, per quanto la preparazione possa essere aggiornata e addomesticata, rimane pur sempre uno dei tratti fondamentali della cassoeula, un vino con le bollicine è l’accompagnamento perfetto. Tanto più se, come nel caso di un buon Talento bianco o rosato, alla freschezza aggiunge una buona struttura in grado di sostenere il confronto con il gusto robusto dell’insieme di verze e maiale. Chi l’ha provato una volta, non ci rinuncia più. E altrettanto vale per molte altre preparazioni con verze e cavolfiori. ❦