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Pregate, pregate, pregate

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Pregate, pregate, pregate
Collana: Preghiere
tradizionali e bibliche
Imprimatur del 29.03.2012
Arcivescovo di Ancona-Osimo
✠ S.E. Mons. Edoardo Menichelli
Revisione testi: Padre
Serafino Tognetti
Adele Giordano
Maria Gentile - Paola Pasquarelli
© Editrice Shalom - 25.03.2012 Annunciazione del Signore
© Libreria Editrice Vaticana (testi Sommi Pontefici), per gentile
concessione
© 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina
da Siena, per gentile concessione
© Foto Sommi Pontefici: Servizio Fotografico L’Osservatore Romano
I S B N 9 7 8 8 8 8 4 0 4 2 9 3 4 (brossura)
I S B N 9 7 8 8 8 8 4 0 4 2 9 4 1 (cartonato)
Per ordinare questo libro citare il codice 8000 (brossura)
codice 8001 (cartonato)
Editrice Shalom
Via Galvani, 1
60020 Camerata Picena (An)
Tel. 071 74 50 440
dal lunedì al venerdì
dalle 9.00 alle 19.00
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e-mail: [email protected]
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L’editrice Shalom non concede diritti d’autore (né patrimoniali né morali) all’Autore del presente libro.
Dedica
La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera
dell’uomo umile è la debolezza di Dio.
Il Signore è debole soltanto in questo:
è debole in confronto alla preghiera del suo popolo.
Papa Francesco
«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). In questa breve frase
si racchiude tutto il programma di vita che Maria realizza come
prima discepola del Signore. Questo stesso programma, ella propone a ciascuno di noi per cui, quale Madre e Maestra, mostrando
il Figlio, continua a dirci: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela», cioè
ascoltate Gesù, obbedite a lui, ai suoi comandamenti, abbiate fiducia in lui. Questo è l’unico progetto solido che permette di costruire una vita veramente riuscita e felice. Maria ci chiama allora
alla “sua” scuola; una scuola di santità dove si impara ad ascoltare
suo Figlio e a vivere secondo le sue parole.
La vera devozione alla Vergine Maria, quindi, ci porta sempre
a Gesù, e «non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vaga credulità, ma procede dalla fede
vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della
Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra
e all’imitazione delle sue virtù» (Lumen Gentium, 67).
Desiderosi di stare alla scuola di Maria e di crescere sotto la
guida di tale Madre e Maestra, dedichiamo e offriamo a lei questa
raccolta di preghiere.
Guardando a te, Maria, vogliamo imparare a rivolgere con fiducia il nostro cuore al Padre e a pregare come faceva tuo Figlio,
affinché la nostra vita sia trasformata dalla sua presenza. Che il
nostro cammino di fede non si arresti alle prime battute, ma possa
proseguire, giorno dopo giorno, grazie al tuo materno aiuto, con
perseveranza e fiducia anche nei momenti di prova, fino al pieno
compimento di tutto quanto tu desideri per ognuno di noi: la salvezza delle nostre anime e la nostra vera felicità. Ti chiediamo
pertanto di benedire questo nostro lavoro, di usarlo per la realizzazione dei tuoi piani e per il trionfo del tuo Cuore Immacolato.
Maria, Madre e Maestra, insegnaci a pregare!
Pregate, pregate, pregate
5
Papa Francesco:
il coraggio della preghiera
Il primo compito nella vita è la preghiera.
Non la preghiera di parole, come i pappagalli,
ma la preghiera fatta con il cuore: guardare il Signore,
ascoltare il Signore, chiedere al Signore.
Questo tipo di preghiera fa dei miracoli.
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” da aprire per
trovare la via per andare alla verità e alla vita. Durante la giornata
come va la porta della preghiera nella mia vita, la preghiera del cuore?
La nostra preghiera deve essere coraggiosa, non tiepida, se vogliamo non solo ottenere le grazie necessarie ma soprattutto, attraverso essa, conoscere il Signore. Se lo chiediamo, sarà lui stesso
a portarci la sua grazia. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera.
Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente,
ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo?
Una preghiera che non sia coraggiosa non è una vera preghiera.
Quando si prega ci vuole il coraggio di avere fiducia che il Signore
ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà
aperto. Ma la nostra preghiera è così? Oppure ci limitiamo a dire:
«Signore ho bisogno, fammi la grazia?». In una parola, ci lasciamo
coinvolgere nella preghiera? Sappiamo bussare al cuore di Dio?
Gesù nel Vangelo ci dice: «Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno
scorpione? Se voi siete padri darete il bene ai figli. E poi va avanti:
se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli,
quanto più il Padre vostro del cielo». E ci aspettiamo che prosegua dicendo: «Darà cose buone a voi». Invece no, non dice quello! «Darà lo
Spirito Santo a quelli che lo chiedono». E questa è una cosa grande.
Quando noi preghiamo coraggiosamente, il Signore non solo ci
dà la grazia, ma ci dà anche se stesso nella grazia. Perché il Signore
mai dà o invia una grazia per posta: la porta lui, è lui la grazia!
Vi chiedo di pregare per me, perché ne ho bisogno!
Grazie tante!
Il coraggio della preghiera
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Prefazione
Un discepolo andò dal suo maestro e gli disse: «Maestro, voglio trovare Dio». E il maestro sorrise. E siccome faceva molto
caldo, invitò il giovane ad accompagnarlo a fare un bagno nel
fiume. Il giovane si tuffò e il maestro fece altrettanto.
Poi lo raggiunse e lo agguantò, tenendolo a viva forza sott’acqua. Il giovane si dibatté alcuni istanti, finché il maestro lo lasciò
tornare a galla. Quindi gli chiese che cosa avesse desiderato di
più mentre si trovava sott’acqua. Il discepolo rispose: «L’aria,
evidentemente». «Desideri Dio allo stesso modo e la sua parola
allo stesso modo?» gli chiese il maestro. «Se lo desideri così, non
mancherai di trovare lui e la sua parola. Ma se non hai in te questa sete ardentissima, a nulla ti gioveranno i tuoi sforzi e i tuoi
libri. Non potrai trovare la fede, se non la desideri come l’aria
per respirare».
Questo racconto è tratto dagli Apoftegmi dei Padri del deserto:
un’antica raccolta di detti e fatti, che hanno come protagonisti gli
uomini di preghiera dei primi secoli cristiani.
Il messaggio del racconto che ti ho proposto è molto semplice:
per poter pregare, bisogna prima accendere nel cuore il desiderio
di Dio; per poter pregare, bisogna prima aver percepito la fragilità
di tutto ciò che il mondo ti offre per arrivare a sentire una struggente nostalgia dell’Eterno.
Prima di aprire questo libro, fai qualche minuto di silenzio:
spegni il chiasso presente dentro di te; stacca la spina dalle preoccupazioni pur legittime; pensa che stai per parlare con Dio: con
Colui che per te ha creato il cielo con il sole, la luna e le stelle; stai
per parlare con Colui che fa spuntare i fiori dalla terra per darti
continui messaggi di bellezza e di delicatezza; stai per parlare con
Colui che ha inviato il suo Figlio in mezzo a noi, che siamo diventati disumani: e il Figlio ci ha amato fino al segno estremo per
riaccendere nel mondo la fiamma dell’amore, che noi avevamo
fatto spegnere... Potrei continuare! Ma puoi farlo tu: così nel tuo
cuore si accenderà il desiderio della preghiera e, aprendo il libro,
potrai pregare veramente.
Come usare questo libro?
Immagina di trovarti in un immenso giardino, dove hai a di8
Pregate, pregate, pregate
sposizione fiori di ogni genere: orchidee, rose, ciclamini, violette, gerani, ortensie, stelle alpine e tanti tanti altri fiori. Non puoi
raccogliere tutti i fiori: devi sceglierne uno e respirare lentamente
il profumo che emana. Poi puoi coglierne un altro, fermandoti ad
ammirare la bellezza dei colori e la fragranza che effonde.
Cosa voglio dirti?
Non puoi leggere questo libro come si legge un romanzo: dalla
prima pagina all’ultima.
No! Devi scegliere la preghiera che meglio si intona con il momento della tua giornata e con lo stato d’animo che stai provando.
Prendi l’indice: scorri i titoli, ferma lo sguardo su un fiore...
e poi vai a cercarlo per poterlo gustare lentamente in modo che
la preghiera sia davvero un respiro dell’anima. Un uomo di preghiera del IX secolo ha scritto così: «Andai alla ricerca di Dio per
trent’anni e quando, alla fine di questo periodo, ebbi aperto gli
occhi, scoprii che era Dio che cercava me».
Ti auguro di fare la stessa esperienza: così arriverai alla pace
dell’anima e comincerai a sentire in lontananza la melodia del
Paradiso. Questo è il frutto di una preghiera vera!
25 marzo 2012
Angelo card. Comastri
Vicario Generale di Sua Santità
per la Città del Vaticano
Prefazione
9
Presentazione
Nonostante possa sembrare il contrario, viviamo un momento
molto importante per la fede cristiana, soprattutto nei nostri paesi industrializzati. Molte persone cercano Dio, e lo cercano sul
serio, al di là di statistiche più o meno attendibili e preoccupanti.
Ci sono, oggi, persone di buona volontà che cercano di vivere un
rapporto personale con Gesù: è possibile giocarsi la vita su di lui
e sulla sua parola soltanto se lo si scopre come una persona viva e
presente nella propria esistenza.
Questa consapevolezza, in pratica, può essere coltivata e può
crescere soltanto grazie alla preghiera. I modi per pregare possono essere davvero tanti. È importante, però, capire che senza di
essa Gesù resta un’idea, un concetto o un’immagine sbiadita nella
nostra quotidianità: le idee e i concetti, per quanto belli e profondi possano essere, purtroppo non salvano. A questo punto, però,
nasce una domanda: come si deve pregare? In che modo essere
sicuri che la nostra esperienza di preghiera non sia un’illusione?
Come fare perché essa ci aiuti a incontrare il Signore che ci cerca
e vuole salvarci donandoci, ogni giorno, la sua grazia?
Queste domande, in realtà, le abbiamo sentite spesso: quante persone grazie a un pellegrinaggio, a un momento particolare nella loro vita, a un incontro provvidenziale, hanno riscoperto
l’importanza della preghiera? E quanti di essi si sono trovati nella
difficoltà di non sapere da dove cominciare?
Il Pregate, pregate, pregate può essere un valido aiuto e un
sussidio, soprattutto – ma non solo – per coloro che riscoprono il
gusto della preghiera, intesa come incontro amicale con Dio. Le
formule, le preghiere, le novene e i formulari proposti possono
aiutare a sviluppare un cammino di preghiera coerente, impegnato
e pieno di frutti. Molti, in passato, hanno messo in dubbio l’utilità delle preghiere vocali: quelle, per intenderci, che si servono
di formule prestabilite per aiutarci nel cammino di orazione. La
vera preghiera – si dice – è quella contemplativa, che non si serve
di parole e che sgorga dall’intimo del cuore in una comunione
profonda con l’Amato. Questo può essere vero, ma non è tutto:
tutti i grandi maestri di preghiera affermano che a quello stato di
preghiera si può giungere soltanto attraverso la preghiera vocale,
e non nonostante essa! Non si può cominciare a costruire un pa10 Pregate, pregate, pregate
lazzo partendo dal tetto: non è possibile vivere un rapporto autentico con Dio se non partendo dalla pratica umile, e a volte poco
attraente, del ripetere materialmente la preghiera con le labbra,
facendo sì che essa scivoli man mano nel cuore.
I grandi maestri di spirito si spingono oltre: anche quando ci
si è ormai inoltrati con decisione nella via del Vangelo e della
preghiera, e ormai la contemplazione silenziosa è preponderante
nel rapporto con Dio, è bene tornare alla preghiera vocale utilizzando delle formule. Questo può aiutare moltissimo, soprattutto
in quei momenti, inevitabili e molto utili, nei quali l’aridità o la
mancanza di costanza minacciano di farci tornare sui nostri passi,
nel cammino che abbiamo intrapreso con tanto entusiasmo.
Ecco allora l’utilità di questa raccolta di preghiere e devozioni: esse servono per aiutarci a essere costanti e decisi nel perseguire il vero spirito di orazione, che cresce e si radica nella nostra vita
soltanto attraverso questa frequentazione cordiale e costante della
persona di Gesù, di sua Madre, di san Giuseppe, dei suoi Angeli
e dei Santi. La fedeltà alla preghiera è qualcosa che si raggiunge
in diversi modi, compresa anche la perseveranza a una serie di
preghiere ripetute per nove o più giorni.
Molti troveranno utile questo libro: laici, religiosi e sacerdoti possono attingere da questo grande patrimonio e trovare quello
che può aiutare a vivere in Dio, anche attraverso le devozioni. Esse
sono come tante porte, che conducono però tutte allo stesso punto:
la conoscenza del mistero di Cristo, mai esaurito e sempre nuovo.
La versatilità delle formule e la possibilità pressoché infinita
del loro utilizzo si addicono a tutte le situazioni e a tutte le persone: difficilmente si può restare delusi, nel non trovare una formula
o una devozione che non si addica al nostro stato d’animo, e soprattutto al nostro desiderio d’incontrare il Signore Gesù.
L’augurio è che questo libro possa continuare la sua opera iniziata diversi anni fa: aiutare ogni cristiano a uscire da una sorta di
anonimato spirituale, per vivere in maniera convinta e consapevole
il proprio rapporto di amicizia con Gesù; scoprire progressivamente, attraverso le devozioni contenute in queste pagine, l’essenza
dell’autentica preghiera. Quella, per intendersi, che ci aiuta a porre al centro della nostra esistenza l’unico vero Maestro e Signore,
Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa e nel cuore di ogni credente.
25 marzo 2012
Padre Roberto Fusco, ffb
Presentazione 11
Il segreto meraviglioso
della preghiera
«Dio, nella sua infinita perfezione, ha quasi una debolezza: non
sa resistere a chi fortemente prega». Così scriveva audacemente un
sacerdote veneto, morto in concetto di santità, don Didimo Mantiero. Egli faceva eco a un altro grande maestro di preghiera contemporaneo, don Dolindo Ruotolo: «La preghiera è l’unica forza
dell’uomo, ed è l’unica debolezza di Dio. L’Onnipotente è vinto
dalla preghiera, dona a chi prega, conforta chi prega».
I due non fanno altro che unirsi alla schiera dei grandi santi
che hanno insegnato il valore della preghiera, nella quale, afferma
santa Teresa d’Avila, si ottengono tutte le grazie.
La vera vita dell’uomo, infatti, è la preghiera. Non del cristiano, ma di ogni uomo, perché la preghiera è il dialogo, il rapporto
dell’uomo con Dio e di Dio con l’uomo. Certo, nella grazia dei sacramenti Dio discende nell’uomo e lo trasforma, quindi nulla vale
di più del Battesimo, di una sola Eucaristia, della restituzione alla
grazia ottenuta con la Riconciliazione sacramentale, del Matrimonio per cui gli sposi entrano nel vortice di amore che c’è tra Dio e
l’umanità, tra Cristo e la Chiesa; nulla modifica ulteriormente un
uomo battezzato quanto il sacramento dell’Ordine… Ma se siamo
inseriti nella vita divina tramite i sacramenti, lo sviluppo di questa
nuova vita viene mantenuto e si accresce con la preghiera.
La preghiera è il rapporto dell’uomo con Dio e di Dio con
l’uomo. Mai l’uomo assomiglia di più a Dio che nell’atto della
preghiera, perché Dio vive nelle Relazioni eterne, sussiste nell’atto di donarsi e di dirsi e, allo stesso tempo, di ricevere l’Altro.
Questo è l’amore: il Padre che vive nel Figlio, il Figlio che vive
nel Padre, e la relazione del Padre e del Figlio è l’Amore stesso.
L’Amore (che si chiama Spirito Santo) poi viene donato da Dio
agli uomini che vogliono riceverlo. Una volta ricevuto, tutto cambia: l’uomo diviene capace di Dio, ossia entra nel dialogo con
Dio, diviene figlio di Dio in Gesù e si rivolge al Padre con la
stessa potenza del Figlio Gesù, perché è con Gesù una cosa sola.
La grandezza dell’uomo
Anche l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, vive
nelle relazioni: egli non può realizzare se stesso senza donarsi a
12 Pregate, pregate, pregate
qualcosa, a qualcuno, senza amare. Anche il parlare, il comunicare, è atto di relazione; basti pensare al fatto che per noi l’atto del
puro silenzio è quasi impossibile: quando non parliamo con qualcuno noi ragioniamo nel nostro intimo con noi stessi, parliamo
con noi stessi (anche di notte il nostro cervello e il nostro mondo
di relazioni funziona, ed ecco i sogni).
Ma se io non mi apro a Colui da cui provengo e dipendo, il
mio dialogo interiore finirà col diventare o la celebrazione di me
stesso (mi sentirò necessariamente superiore agli altri quasi in tutte le cose) oppure borbottio continuo nei confronti del prossimo:
giudizi, risentimenti, gelosie, invidie… tutte cose che conosciamo
fin troppo bene. Se invece il nostro dialogo intimo si trasforma da
ragionamenti personali a parola detta a un Altro, che è presente,
allora tutto piano piano cambia. Dio è in noi: questo lo crediamo
per fede. Ce l’ha detto il Signore Gesù: «Rimanete in me e io in
voi» (Gv 15,4). Se credo questo, io comincio a parlare, a dialogare
con Dio. Ovviamente non sento la sua risposta interiore formulata
con le parole: non si tratta di un uomo che mi risponde in modo
intellegibile come uno che mi parla al telefono. Ma sono assolutamente certo che Dio mi ascolta: «Qualunque cosa chiederete nel
mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Gv
14,13). Dio ascolta semplicemente perché c’è. E se Dio ascolta,
se Dio è presente, dobbiamo forse credere che se ne stia zitto,
immobile, che non reagisca alla nostra parola? È vero il contrario.
Potremmo anzi dire che è lui stesso che suscita la nostra parola
e la nostra preghiera, con la sua stessa presenza. «Dio è amore»
(1Gv 4,4.16) e l’amore si esprime, l’amore parla, l’amore comunica. Un amore muto non esiste.
Nell’uomo di fede il dialogo con Dio diventa sempre di più
preghiera. Si parla con Dio. Lo si invoca, lo si chiama, lo si nomina. E Dio risponde, eccome se risponde. Ma a modo suo: dandoci
il suo Figlio. Dio parla nel Verbo, ossia dandoci Gesù, travasando
in noi i tesori della sua vita. Poi magari ci darà anche quello che
gli domandiamo, ma noi spesso gli chiediamo cose non immediatamente utili alla nostra salvezza o al nostro bene. Per questo
Gesù ci ha insegnato a chiedere soprattutto lo Spirito Santo. Alla
fine, per altro, anche questa richiesta è quasi inutile, perché ovvia:
egli stesso desidera enormemente darci il suo Spirito, è proprio
quello per cui arde! Non vuole darci altro che se medesimo!
Il segreto meraviglioso della preghiera 13
Ecco l’anima che prega: un’anima bruciata dal fuoco di Dio
che parla con lui, che getta domande, invocazioni, parole, sentimenti, emozioni, tutto, al di là dell’ostacolo del proprio cuore,
del proprio corpo, del mondo visibile, certo che Dio accoglie e
raccoglie ogni virgola, ogni gemito, perché egli è l’Amore. Dio
stesso vive in questa nostra preghiera e si nutre delle piccole cose
che possiamo dargli con amore.
Dio è infinito e basta a se stesso, ma ha voluto scendere da
noi e aver quasi necessità di questa nostra parola. Egli aspetta la
nostra preghiera per potersi donare a noi, per trovarci attenti. È lì
che noi ci rendiamo comunicabili a lui. Ecco perché Dio chiede
di essere pregato! Non già perché la nostra lode aumenti la sua
gloria, che è già infinita, ma perché quando noi preghiamo lui si
può finalmente donare a noi. Nella preghiera noi gli apriamo la
porta, e lui arriva prima di tutto con se stesso infinito, poi con le
sue “cose”, i suoi doni di grazia.
Pregare bene? No, pregare molto
Ogni tanto sento dire: «Piuttosto che dire tante preghiere biascicate e ripetitive, è meglio pregare poco e bene. Magari dire
una sola Ave Maria ma dirla bene» e si cita il passo del Vangelo
laddove Gesù insegna a non dire tante parole come i pagani che
credono di essere ascoltati a forza di parole.
Prendiamo allora la frase «meglio pregare poco e bene» e
analizziamola dividendola in due. «Meglio pregare poco»: già
affermare una cosa simile suona male. Gesù non l’ha mai detto,
gli Apostoli nemmeno, i maestri di spiritualità nemmeno per sogno. Anzi, nel Vangelo si dice piuttosto di «pregare sempre, senza
stancarsi mai» (Lc 18,1) e nelle lettere di san Paolo si dice «pregate ininterrottamente» (1Ts 5,17). Dunque, pregare poco? No, non
sembra. Seconda affermazione: «Pregare bene». Alzi la mano chi
può dire di pregare bene. Suvvia… Lo stesso san Paolo dice che
«non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26).
Anche quando ci pare di aver pregato “bene”, siamo poi sicuri
che quella preghiera sia salita al cielo? Qual è il criterio di “bene”
della nostra preghiera? Se siamo attenti e concentrati? Se ci sembra di “provare” qualcosa, qualche emozione? Saremmo della ben
povera gente se credessimo questo. A sentire san Paolo, l’unico
che prega bene in questa terra, infatti, è addirittura lo Spirito Santo
che «intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,27).
14 Pregate, pregate, pregate
Dunque io non posso mai sapere se prego bene. Posso però
sapere se prego molto, quello sì. Ed ecco cosa avviene nell’anima
che prega molto: trovando l’anima in preghiera, lo Spirito Santo
viene e si appropria della preghiera stessa, la fa in qualche modo
sua e prega in lei. Lui sì che prega “bene”!
Si capisce allora che cosa fa chi ha scoperto la gioia di appartenere a Dio: prega molto, moltissimo, prega sempre. Il suo
dialogo interiore con lui è ininterrotto perché egli sa bene che
prima o poi l’onda dello Spirito Santo arriverà e lo afferrerà, farà
autentica la preghiera e l’invocazione, darà pace all’anima, calore,
sicurezza, amicizia, protezione.
Conosco una persona che pregava poco o niente. Poi gli capitò di fare un pellegrinaggio a Medjugorje. Sul pullman la guida
disse che in quel pellegrinaggio avrebbero parlato poco, che egli
stesso avrebbe dato poche spiegazioni, ma che si sarebbe pregato
molto, e invitò i pellegrini a pregare continuamente, in tutte le occasioni possibili. Al nostro pellegrino questo suggerimento parve
impossibile, anzi, fastidioso. Egli non pregava mai, se non qualche Padre nostro ogni tanto. Ma, visto che era lì, volle provare. E
che avvenne? Da quel giorno sono passati diversi anni ormai, ed
egli non ha ancora smesso di pregare! Anzi, oggi non si domanda
più come iniziare a pregare, ma come fare a smettere! Questo non
significa che quel fratello stia tutto il giorno in chiesa, tutt’altro:
lavora e ha famiglia; ma il suo mondo interiore è pieno di Dio e di
preghiera, pur nelle svariate attività della vita ordinaria. Ed è un
uomo che conosce la gioia traboccante, perché chi prega diventa
anima gioiosa, pur nelle prove, perché Dio è sempre con lui.
La preghiera è l’atto di carità più grande
Ma poi vi è una funzione, un servizio, nella preghiera, di cui
poco si conoscono gli effetti: essa è utile al nostro prossimo più di
qualsiasi altra cosa. Con la preghiera infatti noi possiamo intercedere a favore dei fratelli perché Dio tolga loro il peccato di dosso.
Sì, proprio così: con la preghiera possiamo ottenere da Dio che i
peccati altrui vengano perdonati. Si chiama preghiera di intercessione e di riparazione.
Per vivere questa preghiera occorre che ci facciamo “uno” col
prossimo, che ci identifichiamo a lui, e chiediamo a Dio di pagare noi per lui, come fece il buon samaritano quando portò il
ferito nella locanda e disse al padrone: «Abbi cura di lui, ciò che
Il segreto meraviglioso della preghiera 15
spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno» (Lc 10,35b). Ecco il
grande segreto della preghiera di intercessione: noi possiamo dire
«pago io» per quel fratello, quella sorella. Il Signore poi effettivamente lo salverà dai peccati? Questo dipende da tanti fattori, ma
certamente l’atto di carità più grande che possiamo fare al prossimo è proprio quello di collaborare alla sua salvezza eterna, più
che al bene di quaggiù. Avevano capito bene questo i santi che si
offrivano come vittime di espiazione per la salvezza dei peccatori.
Anche i tre pastorelli di Fatima offrirono ogni preghiera e sacrificio per la salvezza dei poveri peccatori, dal momento che l’angelo
prima, e la Vergine poi, avevano insegnato loro a fare così. Non
si prega allora solo per stare bene, per vivere con Dio e avere
Dio in noi, ma si prega anche e soprattutto per fare star bene gli
altri, e non solo in questo mondo con la richiesta lecita di grazie
materiali, ma soprattutto nel mondo futuro con la richiesta di grazie spirituali, della misericordia di Dio e del perdono dei peccati,
della liberazione dal maligno e della vita di grazia.
Quale grande potere viene posto nelle nostre mani! Anche
le anime del Purgatorio attendono la nostra preghiera! Esse non
possono più pregare per se stesse, ma possono ricevere le nostre
preghiere (chiamate “suffragi”). Se lo faremo, potete stare certi
che esse ce ne saranno eternamente grate. Fate atti di carità alle
persone che sono in Purgatorio, pregate e ricordate i vostri cari:
se essi saliranno in Paradiso per le vostre preghiere, è sicuro che
immediatamente vi ricambieranno pregando per voi… e così voi
“guadagnerete” un intercessore, cosa che non guasta davvero!
Il nemico della preghiera
Ma la preghiera non è facile. Se fosse facile, la farebbero tutti.
La preghiera infatti ha un nemico implacabile: il mondo e colui
che del mondo è il governatore, il demonio (1Gv 5,19). Appena mi
metto a dialogare con Dio, ecco che cominciano le difficoltà: le
distrazioni, la noia, il senso di inutilità, i dubbi di vario genere, la
stanchezza... E così si lascia perdere e si passa ad altre attività. Ma
senza preghiera, anche le altre attività diventano più facilmente
senza amore, senza calore, più fragili e incostanti.
Non dobbiamo scoraggiarci di fronte alle difficoltà, anzi, dobbiamo metterle in conto, e prepararci alla costanza e alla battaglia.
Dicono che quando sant’Antonio del deserto pregava si sentivano
le lamentele del demonio: «Basta… basta… smettila!» Il nemico
16 Pregate, pregate, pregate
sa bene che la preghiera è l’arma più micidiale per strappare noi
stessi e gli altri dalle sue grinfie, per cui userà tutte le sue arti e tecniche per farci smettere. Ignoriamolo e andiamo avanti senza scoraggiarci. La costanza nella preghiera è tutto. Anche se ci sembrerà
di pregare male, anche se avvertiremo stanchezza e fatica, andiamo
avanti: si supererà ogni ostacolo proprio continuando a pregare.
Se ci distraiamo facilmente, usiamo preghiere brevi, invocazioni e giaculatorie intervallate da spazi di silenzio. Se ci accorgiamo di pensare ad altro, raccogliamo di nuovo il nostro cuore
e mettiamoci con pace alla presenza del Signore, manifestando a
lui la nostra stanchezza: lui non se ne stupirà né si scandalizzerà
perché conosce le nostre debolezze. Facciamo un atto di pazienza
e di amore, e andiamo avanti.
Se la nostra preghiera sembrerà arida ai nostri occhi, se ci
sembrerà impossibile che Dio ascolti la preghiera di noi che siamo peccatori e che cadiamo sempre nelle stesse colpe, non per
questo fermiamoci. Anche Beethoven componeva splendide musiche senza sentirle (era sordo); così anche noi, non “sentiremo”
le nostre preghiere, ma in cielo le udranno benissimo, come sinfonie meravigliose.
Se senti in te una resistenza alla preghiera, non colpevolizzarti
troppo perché l’impossibilità di pregare fa parte della tua condizione di uomo peccatore; è la conseguenza del peccato originale proprio come l’impossibilità di amare i fratelli. In fondo, è impossibile
pregare come e quanto vorremmo, ma almeno supplicare lo Spirito
Santo, quello possiamo farlo sempre. «Padre, nel nome di Gesù,
dammi il tuo Spirito!»… Chiediamo questo come mendicanti. Non
è difficile, e in questa preghiera in fondo vi è tutto; chiediamo al Padre nel nome infallibile di Gesù, e chiediamo la cosa più importante
che il Padre vuole proprio darci: lo Spirito Santo.
Pregare con amore
Nella preghiera parliamo con Dio. Dio è amore, ed entriamo
nel suo campo. Non è un campo minato, pericoloso, pieno di insidie, ma piuttosto un luogo santo, un tempio profumato nel quale
occorre entrare togliendosi i sandali. È una sorta di nido interiore
nel quale siamo veramente noi stessi perché siamo amati. Ecco il
grande segreto della preghiera: fasciare le nostre parole di amore.
Quando Gesù insegna a pregare senza usare tante parole come
fanno i pagani (cfr. Mt 6,7) intende dire di non usare parole vuote,
Il segreto meraviglioso della preghiera 17
che noi stessi non sentiamo, che ripetiamo in modo distaccato,
freddo e distratto. Se le cose che diciamo non interessano noi,
come possono interessare Dio? Le parole della preghiera sono
dialogo di amore. Dio ci ama e ci parla con amore; noi lo supplichiamo, lo lodiamo, ci lamentiamo, lo invochiamo come figli bisognosi, ma facciamolo sempre con parole che esprimono amore.
Prima di parlare, entriamo nel sacrario del nostro cuore, alla sua
presenza, facciamo un atto di fede e di amore puro, un atto solo,
un momento. Poi parliamo, facciamo quello che vogliamo, ma
con amore. È l’amore che ci rende belli, graditi. Anche se siamo
poveri peccatori. Certo. Anche il pubblicano del Vangelo era un
peccatore, ma la sua preghiera fu gradita e accolta. Con amore
chiediamo e allora il cuore di Dio, che è brace ardente, fiamma
viva di amore come noi non possiamo nemmeno immaginare, verrà a noi. Non permettiamo alla nostra preghiera, atto di amore per
eccellenza, che sia profanata dall’indifferenza, dalla freddezza,
che sia chiusa e rachitica. Ascoltate questo episodio dei Padri del
Deserto, veri maestri di orazione:
«Il padre Lot si recò dal padre Giuseppe a dirgli: “Padre, io
faccio come posso la mia piccola liturgia, il mio piccolo digiuno,
la preghiera, la meditazione, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?”. Il vecchio,
alzatosi, aprì le braccia verso il cielo, e le sue dita divennero come
dieci fiaccole. “Se vuoi – gli disse – diventa tutto di fuoco”».
Il perché di questo libro
Qualche anno fa l’Editrice Shalom volle compilare un libretto nel quale riportare le più importanti preghiere della tradizione
cattolica. Misero le varie preghiere in ordine logico per offrire
al popolo di Dio un testo in cui trovare le diverse orazioni e che
intitolarono Pregate, pregate, pregate. Fu un successo clamoroso
e imprevisto: le copie vendute furono migliaia, vi furono riedizioni una dopo l’altra e a tutt’oggi è uno dei libri più venduti nelle
librerie cattoliche. Questo è segno che la gente vuole pregare. La
gente semplice, la spina dorsale della Chiesa, capisce che senza
preghiera non si va avanti. È la preghiera, infatti, l’anima e la
forza della Chiesa. Ora la stessa Editrice – che Dio la benedica – propone una versione ampliata dello stesso testo, con nuove
preghiere e formule, in modo che tutti possano trovare le parole
adatte che più manifestano la propria devozione. Non che vi siano
18 Pregate, pregate, pregate
preghiere più efficaci di altre: tutto dipende dalla fede e dall’amore con cui vengono dette. Ma non si può negare l’importanza
di avere sempre a disposizione un manuale, un compendio in cui
tutte le principali preghiere siano riportate, in modo da aiutare la
nostra supplica e il nostro rapporto con Dio.
Ognuno scelga quella che vuole e preghi. Non è più tempo di
essere mediocri, non è più tempo di perdersi in cose che non salvano. È questo il tempo di gettarci in ginocchio e supplicare Dio,
la sua misericordia sul mondo intero. La Chiesa e il mondo hanno
bisogno di anime oranti più che del pane, checché se ne dica. La
preghiera muove il cuore di Dio, la supplica di un uomo di fede
tiene su il mondo, un solo orante salva la città, se è vero che la
preghiera del solo Mosè salvò l’intero popolo di Israele nel deserto (Es 32,11-14). Forse noi crediamo troppo poco alla straordinaria
potenza della nostra preghiera!
Ritorna alla mente l’immagine del vecchio Padre del deserto
dalle cui dita escono dieci raggi di fuoco verso il cielo: il discepolo faceva come poteva la sua piccola preghiera, ma si accorse
presto della differenza che vi è tra colui che fa la piccola preghiera e colui che prega nel fuoco, immerso nello Spirito Santo. Di
queste anime oranti incandescenti oggi ha bisogno la Chiesa e il
mondo. Non importa andare nel deserto: importa essere spinti interiormente dalla forza di Dio che è in noi. Preghiera e penitenza
salvano il mondo, il resto no.
25 marzo 2012
Padre Serafino Tognetti
Il segreto meraviglioso della preghiera 19
Verità principali della fede
I due misteri principali della fede
Unità e Trinità di Dio
Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede
e della vita cristiana (CCC 234).
Incarnazione, passione, morte e risurrezione
di nostro Signore Gesù Cristo
L’incarnazione è il mistero dell’ammirabile unione della natura
divina e della natura umana nell’unica Persona del Verbo (CCC
483), morto e risorto per noi.
I sette sacramenti
I sacramenti della Nuova Legge sono istituiti da Cristo. Essi toccano tutte le tappe e tutti i momenti importanti della vita del cristiano: grazie ad essi, la vita di fede dei cristiani nasce e cresce,
riceve la guarigione e il dono della missione (CCC 1210). Sono
segni di salvezza che Gesù ha istituito nella sua Chiesa e pegni
della sua presenza nella Chiesa e con la Chiesa; per mezzo di essi
riceviamo il dono della grazia.
Battesimo • Confermazione (o Cresima) • Eucaristia
• Penitenza (o Riconciliazione) • Unzione degli infermi • Ordine • Matrimonio
I sette doni dello Spirito Santo
Insieme alle virtù teologali, i doni dello Spirito Santo sono parte
integrante della grazia ricevuta al momento del Battesimo. Dio ci
offre, mediante tali doni, il mezzo per ricevere il suo aiuto quotidiano, affinché amiamo e agiamo come egli desidera. Grazie a
essi, lo Spirito porta alla loro perfezione le nostre virtù e tutto il
nostro agire.
22 Verità principali della fede
Sapienza
Fa conoscere e gustare le cose divine affinché il cuore, riscaldato
con l’amore, ricerchi attivamente in ogni cosa ciò che è più accetto al Signore.
Intelletto
È una luce soprannaturale che dà una penetrante comprensione
delle verità rivelate e una percezione del disegno amoroso di Dio.
Consiglio
Illumina la coscienza sul da farsi, specialmente quando si tratta
di scelte importanti, o di un cammino da percorrere fra difficoltà e
ostacoli, che la vita di ogni giorno impone. Aiuta a scoprire il progetto d’amore che Dio ha su di noi e la strada giusta per realizzarlo.
Fortezza
È un impulso soprannaturale che dà vigore all’anima non solo nel
martirio, ma anche nelle ordinarie condizioni di difficoltà: nella lotta per rimanere coerenti con i propri principi; nella sopportazione
di offese e di attacchi ingiusti; nella perseveranza coraggiosa, pur
fra incomprensioni e ostilità, sulla strada della verità e dell’onestà.
Scienza
È un dono col quale ci è dato di conoscere il vero valore delle
creature nel loro rapporto col Creatore e di indirizzarle all’ultimo fine che è Dio. Aiuta a valutare rettamente le cose nella loro
essenziale dipendenza dal Creatore.
Pietà
È un dono col quale veneriamo e amiamo Dio e i santi. Infonde
nel credente una nuova capacità di amore verso i fratelli, rendendo il suo cuore in qualche modo partecipe della mitezza stessa del
cuore di Cristo.
Timore di Dio
È l’atteggiamento reverenziale e filiale che ci fa temere ogni offesa
di Dio; è un sentimento radicato nell’amore verso Dio: l’anima si
preoccupa allora di non recare dispiacere a Dio, amato come Padre,
di non offenderlo in nulla, di rimanere e di crescere nella carità.
Verità principali della fede 23
Le tre virtù teologali
Le virtù teologali dispongono i cristiani a vivere in relazione con
la Santissima Trinità. Esse sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita
eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito
Santo nelle facoltà dell’essere umano.
Fede
È la virtù che ci fa credere in Dio e a tutto quello che egli ha rivelato. È la virtù più necessaria, fonte di fortezza e di coraggio.
Speranza
È la virtù che ci fa sperare da Dio la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla. La speranza ci sostiene e conforta nelle
traversie della vita.
Carità
È la virtù che ci fa amare Dio sopra ogni cosa per se stesso e il
nostro prossimo, come noi stessi, per amore di Dio.
Le quattro virtù cardinali
Le virtù umane sono disposizioni stabili, abituali dell’intelligenza
e della volontà, che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede.
Esse procurano padronanza di sé e gioia per condurre una vita
moralmente buona. Quattro di queste virtù sono dette “cardinali”
in quanto tutte le altre si raggruppano attorno a esse.
Prudenza
È la virtù che dispone la ragione a discernere in ogni circostanza
il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo
(CCC 1806).
Giustizia
È la virtù che consiste nella costante e ferma volontà di dare al
prossimo ciò che gli è dovuto (CCC 1807).
Fortezza
È la virtù che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza
24 Verità principali della fede
nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle
tentazioni, di superare gli ostacoli, di vincere la paura, perfino
della morte, di affrontare la prova e le persecuzioni (CCC 1808).
Temperanza
È la virtù che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà
sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà (CCC 1809).
I quattro Novissimi
Con la parola Novissimi si indicano le realtà supreme, quelle che
avvengono al termine della vita di ogni uomo e al concludersi
della storia.
Morte
Per il cristiano, la morte è entrare nella vita eterna. Con la morte
l’anima si separa dal corpo, il corpo ritorna alla terra, l’anima
ritorna a Dio e viene giudicata per il bene e il male operato in vita.
Giudizio
Due sono i giudizi: il giudizio particolare avviene subito dopo
la morte, il giudizio universale avverrà al momento del ritorno
glorioso di Cristo.
Inferno
Sta a indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente
di vita e di gioia.
Paradiso
È il godimento eterno di Dio, nostra felicità, e in lui di ogni altro
bene senza alcun male. La Sacra Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del
Padre, Gerusalemme celeste, Paradiso.
Si suggerisce il libro dell’Editrice Shalom “I Novissimi” codice 8400.
Verità principali della fede 25
Norme di vita cristiana
I dieci comandamenti (o decalogo)
Io sono il Signore tuo Dio
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
Non avrai altro Dio fuori di me.
Non nominare il Nome di Dio invano.
Ricordati di santificare le feste.
Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.
Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la donna d’altri.
Non desiderare la roba d’altri.
I dieci comandamenti non sono una serie di proibizioni, una
serie di “no”: non sono un ostacolo alla libertà e alla vita bella
ma sono indicatori per trovare una vita piena.
Sono un:
• “sì” a un Dio che dà senso al vivere (i tre primi comandamenti);
• “sì” alla famiglia (quarto comandamento);
• “sì” alla vita (quinto comandamento);
• “sì” all’amore responsabile (sesto comandamento);
• “sì” alla solidarietà, alla responsabilità sociale, alla giustizia
(settimo comandamento);
• “sì” alla verità (ottavo comandamento);
• “sì” al rispetto dell’altro e di ciò che gli è proprio (nono e decimo comandamento).
26 Norme di vita cristiana
Le beatitudini evangeliche
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati (Mt 5,4).
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra (Mt 5,5).
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati (Mt 5,6).
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia (Mt 5,7).
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio (Mt 5,8).
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
Le beatitudini rispondono all’innato desiderio di felicità.
Questo desiderio è di origine divina; Dio l’ha messo nel cuore
dell’uomo per attirarlo a sé, perché egli solo lo può colmare. Le
beatitudini svelano la mèta dell’esistenza umana, il fine ultimo
cui tendono le azioni umane: Dio ci chiama alla sua beatitudine.
Una ricompensa che però ha la sua caparra già nel nostro
oggi. Vivendo le beatitudini, infatti, pur con tutti i nostri limiti e
peccati, possiamo sperimentare già qui e ora la felicità che consiste nel vivere come Gesù e con lui. «È lui la porzione, ed è lui
che ti dona la porzione. È lui che ti indica il tesoro, ed è lui stesso
il tesoro per te» come ricorda Gregorio di Nissa. Gesù, la nostra
beatitudine, ci insegna un cammino di felicità, apre tutti i giorni
davanti a noi le vie della felicità cui anela ogni essere umano.
Norme di vita cristiana 27
Il comandamento della carità
Amerai il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con
tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Mt 22,37).
Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mt 22,39).
Il precetto della carità ci comanda di amare Dio più di tutte le
cose e più di tutte le persone, e di amare il prossimo come amiamo
noi stessi. Tutte le persone con le quali abbiamo rapporto sono il
nostro prossimo. Il prossimo si ama non facendo mai del male a
nessuno; facendo agli altri sempre il bene che possiamo; perdonando a chi ci fa del male. Tra i cristiani deve regnare la carità, la
concordia, la pace. Stare sempre in pace con tutti. La carità deve
essere il vero distintivo del cristiano.
Il “comandamento nuovo”
Che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete
amore gli uni per gli altri (Gv 13,34-35).
La regola d’oro
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi,
anche voi fatelo a loro (Mt 7,12).
I cinque precetti della Chiesa
•Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste
comandate, e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali
giorni.
28 Norme di vita cristiana
•Confessare i propri peccati almeno una volta
all’anno.
•Ricevere il sacramento dell’Eucaristia almeno a
Pasqua.
•Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa.
•Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa
stessa, secondo le proprie possibilità.
Le sette opere di misericordia corporale
Dar da mangiare agli affamati • Dar da bere agli assetati • Vestire gli ignudi • Alloggiare i pellegrini • Visitare gli infermi • Visitare i carcerati • Seppellire i morti.
Le opere di misericordia corporale sono opere fatte per il bene
del prossimo. I poveri e i sofferenti ci richiamano Gesù, che ci
chiede di non trascurarli. Gesù darà una grande ricompensa a
chi li aiuta. Nella società odierna, così carente nel soccorrere
quanti si trovano in stato di bisogno, il volontariato, esercitato in
qualsiasi forma e per amore di Dio e dei fratelli, realizza in modo
davvero gratificante le sette opere di misericordia corporale.
Le sette opere
di misericordia spirituale
Consigliare i dubbiosi • Insegnare a chi non sa •
Ammonire i peccatori • Consolare gli afflitti • Perdonare le offese • Sopportare pazientemente le persone moleste • Pregare Dio per i vivi e per i morti.
Le opere di misericordia spirituale riguardano anch’esse il bene
del prossimo, in relazione alle sue necessità di ordine interiore,
disciplinano i nostri rapporti con gli altri fondandoli sulla comprensione e la pazienza.
Norme di vita cristiana 29
I sette vizi capitali
I sette vizi capitali sono desideri non ordinati verso il bene sommo, cioè Dio, dai quali tutti i peccati traggono origine.
Superbia
È la troppa stima di se stessi e il disprezzo degli altri. È la radice
di ogni male. La superbia si vince con l’umiltà.
Avarizia
È l’attaccarsi troppo al denaro e alle cose materiali. L’avaro è un
egoista. L’avarizia si vince con la liberalità.
Lussuria
È lo sfrenato abbandono ai piaceri sensuali: è il vizio di chi si
dà alla vita cattiva. La lussuria rovina l’individuo, la famiglia, la
società. Il cristiano deve essere libero nel cuore e nel corpo. La
lussuria si vince con la castità.
Ira
È la reazione improvvisa e violenta contro persone o cose. Toglie
la ragione e fa commettere molte mancanze. L’ira si vince con la
pazienza.
Gola
È l’avidità di cibi e di bevande. Il goloso pensa solo a mangiare
e bere, alla ricerca sempre di cose migliori. Si deve mangiare per
vivere e non vivere per mangiare. La gola si vince con l’astinenza.
Invidia
È il rattristarsi per il bene o il godere per il male degli altri. L’invidia si vince con l’amore fraterno.
Pigrizia o Accidia
È la svogliatezza nel fare il bene: è la negligenza nei doveri di
religione. L’ozio è il padre dei vizi. L’accidia si vince con la diligenza e col fervore nel servizio di Dio.
30 Norme di vita cristiana
I sei peccati contro lo Spirito Santo
Si dicono contro lo Spirito Santo quei peccati che manifestano
sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia.
Sono particolarmente gravi perché comportano disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti che Dio offre al fine di condurre una persona
alla salvezza. Vengono detti contro lo Spirito Santo perché è attribuita allo Spirito Santo l’opera della conversione e della santificazione. Questi peccati vengono detti imperdonabili non perché
Dio non li voglia o non li possa perdonare, ma perché l’uomo si
chiude del tutto a ogni aiuto che Dio gli offre per la salvezza.
Disperazione della salvezza
Non aver più speranza di salvarsi.
Presunzione di salvarsi senza merito
Pretendere di salvarsi senza meritarlo.
Impugnare la verità conosciuta
Negare la verità, dire il falso invece del vero che si conosce.
Invidia della grazia altrui
Invidiare i buoni cristiani che vivono in grazia di Dio.
Ostinazione nei peccati
Continuare a peccare, indurirsi nel male senza cercare di
correggersi.
Impenitenza finale
Morire senza pentimento del male compiuto. Chi non si vuol ravvedere dimostra cattiva volontà ed è chiuso al perdono di Dio.
I quattro peccati che gridano
vendetta verso il cielo (CCC 1867)
Questi peccati creano grande disordine sociale e negano l’ordine
voluto da Dio, vanno in un certo senso contro Dio stesso, perché
Dio è amore.
Omicidio volontario • Peccato impuro contro natura • Oppressione dei poveri • Defraudare la mercede agli operai.
Norme di vita cristiana 31
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