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Pregate, pregate, pregate
Collana: Preghiere tradizionali e bibliche Imprimatur del 29.03.2012 Arcivescovo di Ancona-Osimo ✠ S.E. Mons. Edoardo Menichelli Revisione testi: Padre Serafino Tognetti Adele Giordano Maria Gentile - Paola Pasquarelli © Editrice Shalom - 25.03.2012 Annunciazione del Signore © Libreria Editrice Vaticana (testi Sommi Pontefici), per gentile concessione © 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, per gentile concessione © Foto Sommi Pontefici: Servizio Fotografico L’Osservatore Romano I S B N 9 7 8 8 8 8 4 0 4 2 9 3 4 (brossura) I S B N 9 7 8 8 8 8 4 0 4 2 9 4 1 (cartonato) Per ordinare questo libro citare il codice 8000 (brossura) codice 8001 (cartonato) Editrice Shalom Via Galvani, 1 60020 Camerata Picena (An) Tel. 071 74 50 440 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 Numero verde solo ordini Fax 071 74 50 140 sempre attivo in qualsiasi ora del giorno e della notte. e-mail: [email protected] http://www.editriceshalom.it L’editrice Shalom non concede diritti d’autore (né patrimoniali né morali) all’Autore del presente libro. Dedica La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo. Papa Francesco «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). In questa breve frase si racchiude tutto il programma di vita che Maria realizza come prima discepola del Signore. Questo stesso programma, ella propone a ciascuno di noi per cui, quale Madre e Maestra, mostrando il Figlio, continua a dirci: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela», cioè ascoltate Gesù, obbedite a lui, ai suoi comandamenti, abbiate fiducia in lui. Questo è l’unico progetto solido che permette di costruire una vita veramente riuscita e felice. Maria ci chiama allora alla “sua” scuola; una scuola di santità dove si impara ad ascoltare suo Figlio e a vivere secondo le sue parole. La vera devozione alla Vergine Maria, quindi, ci porta sempre a Gesù, e «non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vaga credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù» (Lumen Gentium, 67). Desiderosi di stare alla scuola di Maria e di crescere sotto la guida di tale Madre e Maestra, dedichiamo e offriamo a lei questa raccolta di preghiere. Guardando a te, Maria, vogliamo imparare a rivolgere con fiducia il nostro cuore al Padre e a pregare come faceva tuo Figlio, affinché la nostra vita sia trasformata dalla sua presenza. Che il nostro cammino di fede non si arresti alle prime battute, ma possa proseguire, giorno dopo giorno, grazie al tuo materno aiuto, con perseveranza e fiducia anche nei momenti di prova, fino al pieno compimento di tutto quanto tu desideri per ognuno di noi: la salvezza delle nostre anime e la nostra vera felicità. Ti chiediamo pertanto di benedire questo nostro lavoro, di usarlo per la realizzazione dei tuoi piani e per il trionfo del tuo Cuore Immacolato. Maria, Madre e Maestra, insegnaci a pregare! Pregate, pregate, pregate 5 Papa Francesco: il coraggio della preghiera Il primo compito nella vita è la preghiera. Non la preghiera di parole, come i pappagalli, ma la preghiera fatta con il cuore: guardare il Signore, ascoltare il Signore, chiedere al Signore. Questo tipo di preghiera fa dei miracoli. Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” da aprire per trovare la via per andare alla verità e alla vita. Durante la giornata come va la porta della preghiera nella mia vita, la preghiera del cuore? La nostra preghiera deve essere coraggiosa, non tiepida, se vogliamo non solo ottenere le grazie necessarie ma soprattutto, attraverso essa, conoscere il Signore. Se lo chiediamo, sarà lui stesso a portarci la sua grazia. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera. Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente, ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo? Una preghiera che non sia coraggiosa non è una vera preghiera. Quando si prega ci vuole il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Ma la nostra preghiera è così? Oppure ci limitiamo a dire: «Signore ho bisogno, fammi la grazia?». In una parola, ci lasciamo coinvolgere nella preghiera? Sappiamo bussare al cuore di Dio? Gesù nel Vangelo ci dice: «Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi siete padri darete il bene ai figli. E poi va avanti: se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo». E ci aspettiamo che prosegua dicendo: «Darà cose buone a voi». Invece no, non dice quello! «Darà lo Spirito Santo a quelli che lo chiedono». E questa è una cosa grande. Quando noi preghiamo coraggiosamente, il Signore non solo ci dà la grazia, ma ci dà anche se stesso nella grazia. Perché il Signore mai dà o invia una grazia per posta: la porta lui, è lui la grazia! Vi chiedo di pregare per me, perché ne ho bisogno! Grazie tante! Il coraggio della preghiera 7 Prefazione Un discepolo andò dal suo maestro e gli disse: «Maestro, voglio trovare Dio». E il maestro sorrise. E siccome faceva molto caldo, invitò il giovane ad accompagnarlo a fare un bagno nel fiume. Il giovane si tuffò e il maestro fece altrettanto. Poi lo raggiunse e lo agguantò, tenendolo a viva forza sott’acqua. Il giovane si dibatté alcuni istanti, finché il maestro lo lasciò tornare a galla. Quindi gli chiese che cosa avesse desiderato di più mentre si trovava sott’acqua. Il discepolo rispose: «L’aria, evidentemente». «Desideri Dio allo stesso modo e la sua parola allo stesso modo?» gli chiese il maestro. «Se lo desideri così, non mancherai di trovare lui e la sua parola. Ma se non hai in te questa sete ardentissima, a nulla ti gioveranno i tuoi sforzi e i tuoi libri. Non potrai trovare la fede, se non la desideri come l’aria per respirare». Questo racconto è tratto dagli Apoftegmi dei Padri del deserto: un’antica raccolta di detti e fatti, che hanno come protagonisti gli uomini di preghiera dei primi secoli cristiani. Il messaggio del racconto che ti ho proposto è molto semplice: per poter pregare, bisogna prima accendere nel cuore il desiderio di Dio; per poter pregare, bisogna prima aver percepito la fragilità di tutto ciò che il mondo ti offre per arrivare a sentire una struggente nostalgia dell’Eterno. Prima di aprire questo libro, fai qualche minuto di silenzio: spegni il chiasso presente dentro di te; stacca la spina dalle preoccupazioni pur legittime; pensa che stai per parlare con Dio: con Colui che per te ha creato il cielo con il sole, la luna e le stelle; stai per parlare con Colui che fa spuntare i fiori dalla terra per darti continui messaggi di bellezza e di delicatezza; stai per parlare con Colui che ha inviato il suo Figlio in mezzo a noi, che siamo diventati disumani: e il Figlio ci ha amato fino al segno estremo per riaccendere nel mondo la fiamma dell’amore, che noi avevamo fatto spegnere... Potrei continuare! Ma puoi farlo tu: così nel tuo cuore si accenderà il desiderio della preghiera e, aprendo il libro, potrai pregare veramente. Come usare questo libro? Immagina di trovarti in un immenso giardino, dove hai a di8 Pregate, pregate, pregate sposizione fiori di ogni genere: orchidee, rose, ciclamini, violette, gerani, ortensie, stelle alpine e tanti tanti altri fiori. Non puoi raccogliere tutti i fiori: devi sceglierne uno e respirare lentamente il profumo che emana. Poi puoi coglierne un altro, fermandoti ad ammirare la bellezza dei colori e la fragranza che effonde. Cosa voglio dirti? Non puoi leggere questo libro come si legge un romanzo: dalla prima pagina all’ultima. No! Devi scegliere la preghiera che meglio si intona con il momento della tua giornata e con lo stato d’animo che stai provando. Prendi l’indice: scorri i titoli, ferma lo sguardo su un fiore... e poi vai a cercarlo per poterlo gustare lentamente in modo che la preghiera sia davvero un respiro dell’anima. Un uomo di preghiera del IX secolo ha scritto così: «Andai alla ricerca di Dio per trent’anni e quando, alla fine di questo periodo, ebbi aperto gli occhi, scoprii che era Dio che cercava me». Ti auguro di fare la stessa esperienza: così arriverai alla pace dell’anima e comincerai a sentire in lontananza la melodia del Paradiso. Questo è il frutto di una preghiera vera! 25 marzo 2012 Angelo card. Comastri Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano Prefazione 9 Presentazione Nonostante possa sembrare il contrario, viviamo un momento molto importante per la fede cristiana, soprattutto nei nostri paesi industrializzati. Molte persone cercano Dio, e lo cercano sul serio, al di là di statistiche più o meno attendibili e preoccupanti. Ci sono, oggi, persone di buona volontà che cercano di vivere un rapporto personale con Gesù: è possibile giocarsi la vita su di lui e sulla sua parola soltanto se lo si scopre come una persona viva e presente nella propria esistenza. Questa consapevolezza, in pratica, può essere coltivata e può crescere soltanto grazie alla preghiera. I modi per pregare possono essere davvero tanti. È importante, però, capire che senza di essa Gesù resta un’idea, un concetto o un’immagine sbiadita nella nostra quotidianità: le idee e i concetti, per quanto belli e profondi possano essere, purtroppo non salvano. A questo punto, però, nasce una domanda: come si deve pregare? In che modo essere sicuri che la nostra esperienza di preghiera non sia un’illusione? Come fare perché essa ci aiuti a incontrare il Signore che ci cerca e vuole salvarci donandoci, ogni giorno, la sua grazia? Queste domande, in realtà, le abbiamo sentite spesso: quante persone grazie a un pellegrinaggio, a un momento particolare nella loro vita, a un incontro provvidenziale, hanno riscoperto l’importanza della preghiera? E quanti di essi si sono trovati nella difficoltà di non sapere da dove cominciare? Il Pregate, pregate, pregate può essere un valido aiuto e un sussidio, soprattutto – ma non solo – per coloro che riscoprono il gusto della preghiera, intesa come incontro amicale con Dio. Le formule, le preghiere, le novene e i formulari proposti possono aiutare a sviluppare un cammino di preghiera coerente, impegnato e pieno di frutti. Molti, in passato, hanno messo in dubbio l’utilità delle preghiere vocali: quelle, per intenderci, che si servono di formule prestabilite per aiutarci nel cammino di orazione. La vera preghiera – si dice – è quella contemplativa, che non si serve di parole e che sgorga dall’intimo del cuore in una comunione profonda con l’Amato. Questo può essere vero, ma non è tutto: tutti i grandi maestri di preghiera affermano che a quello stato di preghiera si può giungere soltanto attraverso la preghiera vocale, e non nonostante essa! Non si può cominciare a costruire un pa10 Pregate, pregate, pregate lazzo partendo dal tetto: non è possibile vivere un rapporto autentico con Dio se non partendo dalla pratica umile, e a volte poco attraente, del ripetere materialmente la preghiera con le labbra, facendo sì che essa scivoli man mano nel cuore. I grandi maestri di spirito si spingono oltre: anche quando ci si è ormai inoltrati con decisione nella via del Vangelo e della preghiera, e ormai la contemplazione silenziosa è preponderante nel rapporto con Dio, è bene tornare alla preghiera vocale utilizzando delle formule. Questo può aiutare moltissimo, soprattutto in quei momenti, inevitabili e molto utili, nei quali l’aridità o la mancanza di costanza minacciano di farci tornare sui nostri passi, nel cammino che abbiamo intrapreso con tanto entusiasmo. Ecco allora l’utilità di questa raccolta di preghiere e devozioni: esse servono per aiutarci a essere costanti e decisi nel perseguire il vero spirito di orazione, che cresce e si radica nella nostra vita soltanto attraverso questa frequentazione cordiale e costante della persona di Gesù, di sua Madre, di san Giuseppe, dei suoi Angeli e dei Santi. La fedeltà alla preghiera è qualcosa che si raggiunge in diversi modi, compresa anche la perseveranza a una serie di preghiere ripetute per nove o più giorni. Molti troveranno utile questo libro: laici, religiosi e sacerdoti possono attingere da questo grande patrimonio e trovare quello che può aiutare a vivere in Dio, anche attraverso le devozioni. Esse sono come tante porte, che conducono però tutte allo stesso punto: la conoscenza del mistero di Cristo, mai esaurito e sempre nuovo. La versatilità delle formule e la possibilità pressoché infinita del loro utilizzo si addicono a tutte le situazioni e a tutte le persone: difficilmente si può restare delusi, nel non trovare una formula o una devozione che non si addica al nostro stato d’animo, e soprattutto al nostro desiderio d’incontrare il Signore Gesù. L’augurio è che questo libro possa continuare la sua opera iniziata diversi anni fa: aiutare ogni cristiano a uscire da una sorta di anonimato spirituale, per vivere in maniera convinta e consapevole il proprio rapporto di amicizia con Gesù; scoprire progressivamente, attraverso le devozioni contenute in queste pagine, l’essenza dell’autentica preghiera. Quella, per intendersi, che ci aiuta a porre al centro della nostra esistenza l’unico vero Maestro e Signore, Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa e nel cuore di ogni credente. 25 marzo 2012 Padre Roberto Fusco, ffb Presentazione 11 Il segreto meraviglioso della preghiera «Dio, nella sua infinita perfezione, ha quasi una debolezza: non sa resistere a chi fortemente prega». Così scriveva audacemente un sacerdote veneto, morto in concetto di santità, don Didimo Mantiero. Egli faceva eco a un altro grande maestro di preghiera contemporaneo, don Dolindo Ruotolo: «La preghiera è l’unica forza dell’uomo, ed è l’unica debolezza di Dio. L’Onnipotente è vinto dalla preghiera, dona a chi prega, conforta chi prega». I due non fanno altro che unirsi alla schiera dei grandi santi che hanno insegnato il valore della preghiera, nella quale, afferma santa Teresa d’Avila, si ottengono tutte le grazie. La vera vita dell’uomo, infatti, è la preghiera. Non del cristiano, ma di ogni uomo, perché la preghiera è il dialogo, il rapporto dell’uomo con Dio e di Dio con l’uomo. Certo, nella grazia dei sacramenti Dio discende nell’uomo e lo trasforma, quindi nulla vale di più del Battesimo, di una sola Eucaristia, della restituzione alla grazia ottenuta con la Riconciliazione sacramentale, del Matrimonio per cui gli sposi entrano nel vortice di amore che c’è tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa; nulla modifica ulteriormente un uomo battezzato quanto il sacramento dell’Ordine… Ma se siamo inseriti nella vita divina tramite i sacramenti, lo sviluppo di questa nuova vita viene mantenuto e si accresce con la preghiera. La preghiera è il rapporto dell’uomo con Dio e di Dio con l’uomo. Mai l’uomo assomiglia di più a Dio che nell’atto della preghiera, perché Dio vive nelle Relazioni eterne, sussiste nell’atto di donarsi e di dirsi e, allo stesso tempo, di ricevere l’Altro. Questo è l’amore: il Padre che vive nel Figlio, il Figlio che vive nel Padre, e la relazione del Padre e del Figlio è l’Amore stesso. L’Amore (che si chiama Spirito Santo) poi viene donato da Dio agli uomini che vogliono riceverlo. Una volta ricevuto, tutto cambia: l’uomo diviene capace di Dio, ossia entra nel dialogo con Dio, diviene figlio di Dio in Gesù e si rivolge al Padre con la stessa potenza del Figlio Gesù, perché è con Gesù una cosa sola. La grandezza dell’uomo Anche l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, vive nelle relazioni: egli non può realizzare se stesso senza donarsi a 12 Pregate, pregate, pregate qualcosa, a qualcuno, senza amare. Anche il parlare, il comunicare, è atto di relazione; basti pensare al fatto che per noi l’atto del puro silenzio è quasi impossibile: quando non parliamo con qualcuno noi ragioniamo nel nostro intimo con noi stessi, parliamo con noi stessi (anche di notte il nostro cervello e il nostro mondo di relazioni funziona, ed ecco i sogni). Ma se io non mi apro a Colui da cui provengo e dipendo, il mio dialogo interiore finirà col diventare o la celebrazione di me stesso (mi sentirò necessariamente superiore agli altri quasi in tutte le cose) oppure borbottio continuo nei confronti del prossimo: giudizi, risentimenti, gelosie, invidie… tutte cose che conosciamo fin troppo bene. Se invece il nostro dialogo intimo si trasforma da ragionamenti personali a parola detta a un Altro, che è presente, allora tutto piano piano cambia. Dio è in noi: questo lo crediamo per fede. Ce l’ha detto il Signore Gesù: «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4). Se credo questo, io comincio a parlare, a dialogare con Dio. Ovviamente non sento la sua risposta interiore formulata con le parole: non si tratta di un uomo che mi risponde in modo intellegibile come uno che mi parla al telefono. Ma sono assolutamente certo che Dio mi ascolta: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Gv 14,13). Dio ascolta semplicemente perché c’è. E se Dio ascolta, se Dio è presente, dobbiamo forse credere che se ne stia zitto, immobile, che non reagisca alla nostra parola? È vero il contrario. Potremmo anzi dire che è lui stesso che suscita la nostra parola e la nostra preghiera, con la sua stessa presenza. «Dio è amore» (1Gv 4,4.16) e l’amore si esprime, l’amore parla, l’amore comunica. Un amore muto non esiste. Nell’uomo di fede il dialogo con Dio diventa sempre di più preghiera. Si parla con Dio. Lo si invoca, lo si chiama, lo si nomina. E Dio risponde, eccome se risponde. Ma a modo suo: dandoci il suo Figlio. Dio parla nel Verbo, ossia dandoci Gesù, travasando in noi i tesori della sua vita. Poi magari ci darà anche quello che gli domandiamo, ma noi spesso gli chiediamo cose non immediatamente utili alla nostra salvezza o al nostro bene. Per questo Gesù ci ha insegnato a chiedere soprattutto lo Spirito Santo. Alla fine, per altro, anche questa richiesta è quasi inutile, perché ovvia: egli stesso desidera enormemente darci il suo Spirito, è proprio quello per cui arde! Non vuole darci altro che se medesimo! Il segreto meraviglioso della preghiera 13 Ecco l’anima che prega: un’anima bruciata dal fuoco di Dio che parla con lui, che getta domande, invocazioni, parole, sentimenti, emozioni, tutto, al di là dell’ostacolo del proprio cuore, del proprio corpo, del mondo visibile, certo che Dio accoglie e raccoglie ogni virgola, ogni gemito, perché egli è l’Amore. Dio stesso vive in questa nostra preghiera e si nutre delle piccole cose che possiamo dargli con amore. Dio è infinito e basta a se stesso, ma ha voluto scendere da noi e aver quasi necessità di questa nostra parola. Egli aspetta la nostra preghiera per potersi donare a noi, per trovarci attenti. È lì che noi ci rendiamo comunicabili a lui. Ecco perché Dio chiede di essere pregato! Non già perché la nostra lode aumenti la sua gloria, che è già infinita, ma perché quando noi preghiamo lui si può finalmente donare a noi. Nella preghiera noi gli apriamo la porta, e lui arriva prima di tutto con se stesso infinito, poi con le sue “cose”, i suoi doni di grazia. Pregare bene? No, pregare molto Ogni tanto sento dire: «Piuttosto che dire tante preghiere biascicate e ripetitive, è meglio pregare poco e bene. Magari dire una sola Ave Maria ma dirla bene» e si cita il passo del Vangelo laddove Gesù insegna a non dire tante parole come i pagani che credono di essere ascoltati a forza di parole. Prendiamo allora la frase «meglio pregare poco e bene» e analizziamola dividendola in due. «Meglio pregare poco»: già affermare una cosa simile suona male. Gesù non l’ha mai detto, gli Apostoli nemmeno, i maestri di spiritualità nemmeno per sogno. Anzi, nel Vangelo si dice piuttosto di «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1) e nelle lettere di san Paolo si dice «pregate ininterrottamente» (1Ts 5,17). Dunque, pregare poco? No, non sembra. Seconda affermazione: «Pregare bene». Alzi la mano chi può dire di pregare bene. Suvvia… Lo stesso san Paolo dice che «non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26). Anche quando ci pare di aver pregato “bene”, siamo poi sicuri che quella preghiera sia salita al cielo? Qual è il criterio di “bene” della nostra preghiera? Se siamo attenti e concentrati? Se ci sembra di “provare” qualcosa, qualche emozione? Saremmo della ben povera gente se credessimo questo. A sentire san Paolo, l’unico che prega bene in questa terra, infatti, è addirittura lo Spirito Santo che «intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,27). 14 Pregate, pregate, pregate Dunque io non posso mai sapere se prego bene. Posso però sapere se prego molto, quello sì. Ed ecco cosa avviene nell’anima che prega molto: trovando l’anima in preghiera, lo Spirito Santo viene e si appropria della preghiera stessa, la fa in qualche modo sua e prega in lei. Lui sì che prega “bene”! Si capisce allora che cosa fa chi ha scoperto la gioia di appartenere a Dio: prega molto, moltissimo, prega sempre. Il suo dialogo interiore con lui è ininterrotto perché egli sa bene che prima o poi l’onda dello Spirito Santo arriverà e lo afferrerà, farà autentica la preghiera e l’invocazione, darà pace all’anima, calore, sicurezza, amicizia, protezione. Conosco una persona che pregava poco o niente. Poi gli capitò di fare un pellegrinaggio a Medjugorje. Sul pullman la guida disse che in quel pellegrinaggio avrebbero parlato poco, che egli stesso avrebbe dato poche spiegazioni, ma che si sarebbe pregato molto, e invitò i pellegrini a pregare continuamente, in tutte le occasioni possibili. Al nostro pellegrino questo suggerimento parve impossibile, anzi, fastidioso. Egli non pregava mai, se non qualche Padre nostro ogni tanto. Ma, visto che era lì, volle provare. E che avvenne? Da quel giorno sono passati diversi anni ormai, ed egli non ha ancora smesso di pregare! Anzi, oggi non si domanda più come iniziare a pregare, ma come fare a smettere! Questo non significa che quel fratello stia tutto il giorno in chiesa, tutt’altro: lavora e ha famiglia; ma il suo mondo interiore è pieno di Dio e di preghiera, pur nelle svariate attività della vita ordinaria. Ed è un uomo che conosce la gioia traboccante, perché chi prega diventa anima gioiosa, pur nelle prove, perché Dio è sempre con lui. La preghiera è l’atto di carità più grande Ma poi vi è una funzione, un servizio, nella preghiera, di cui poco si conoscono gli effetti: essa è utile al nostro prossimo più di qualsiasi altra cosa. Con la preghiera infatti noi possiamo intercedere a favore dei fratelli perché Dio tolga loro il peccato di dosso. Sì, proprio così: con la preghiera possiamo ottenere da Dio che i peccati altrui vengano perdonati. Si chiama preghiera di intercessione e di riparazione. Per vivere questa preghiera occorre che ci facciamo “uno” col prossimo, che ci identifichiamo a lui, e chiediamo a Dio di pagare noi per lui, come fece il buon samaritano quando portò il ferito nella locanda e disse al padrone: «Abbi cura di lui, ciò che Il segreto meraviglioso della preghiera 15 spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno» (Lc 10,35b). Ecco il grande segreto della preghiera di intercessione: noi possiamo dire «pago io» per quel fratello, quella sorella. Il Signore poi effettivamente lo salverà dai peccati? Questo dipende da tanti fattori, ma certamente l’atto di carità più grande che possiamo fare al prossimo è proprio quello di collaborare alla sua salvezza eterna, più che al bene di quaggiù. Avevano capito bene questo i santi che si offrivano come vittime di espiazione per la salvezza dei peccatori. Anche i tre pastorelli di Fatima offrirono ogni preghiera e sacrificio per la salvezza dei poveri peccatori, dal momento che l’angelo prima, e la Vergine poi, avevano insegnato loro a fare così. Non si prega allora solo per stare bene, per vivere con Dio e avere Dio in noi, ma si prega anche e soprattutto per fare star bene gli altri, e non solo in questo mondo con la richiesta lecita di grazie materiali, ma soprattutto nel mondo futuro con la richiesta di grazie spirituali, della misericordia di Dio e del perdono dei peccati, della liberazione dal maligno e della vita di grazia. Quale grande potere viene posto nelle nostre mani! Anche le anime del Purgatorio attendono la nostra preghiera! Esse non possono più pregare per se stesse, ma possono ricevere le nostre preghiere (chiamate “suffragi”). Se lo faremo, potete stare certi che esse ce ne saranno eternamente grate. Fate atti di carità alle persone che sono in Purgatorio, pregate e ricordate i vostri cari: se essi saliranno in Paradiso per le vostre preghiere, è sicuro che immediatamente vi ricambieranno pregando per voi… e così voi “guadagnerete” un intercessore, cosa che non guasta davvero! Il nemico della preghiera Ma la preghiera non è facile. Se fosse facile, la farebbero tutti. La preghiera infatti ha un nemico implacabile: il mondo e colui che del mondo è il governatore, il demonio (1Gv 5,19). Appena mi metto a dialogare con Dio, ecco che cominciano le difficoltà: le distrazioni, la noia, il senso di inutilità, i dubbi di vario genere, la stanchezza... E così si lascia perdere e si passa ad altre attività. Ma senza preghiera, anche le altre attività diventano più facilmente senza amore, senza calore, più fragili e incostanti. Non dobbiamo scoraggiarci di fronte alle difficoltà, anzi, dobbiamo metterle in conto, e prepararci alla costanza e alla battaglia. Dicono che quando sant’Antonio del deserto pregava si sentivano le lamentele del demonio: «Basta… basta… smettila!» Il nemico 16 Pregate, pregate, pregate sa bene che la preghiera è l’arma più micidiale per strappare noi stessi e gli altri dalle sue grinfie, per cui userà tutte le sue arti e tecniche per farci smettere. Ignoriamolo e andiamo avanti senza scoraggiarci. La costanza nella preghiera è tutto. Anche se ci sembrerà di pregare male, anche se avvertiremo stanchezza e fatica, andiamo avanti: si supererà ogni ostacolo proprio continuando a pregare. Se ci distraiamo facilmente, usiamo preghiere brevi, invocazioni e giaculatorie intervallate da spazi di silenzio. Se ci accorgiamo di pensare ad altro, raccogliamo di nuovo il nostro cuore e mettiamoci con pace alla presenza del Signore, manifestando a lui la nostra stanchezza: lui non se ne stupirà né si scandalizzerà perché conosce le nostre debolezze. Facciamo un atto di pazienza e di amore, e andiamo avanti. Se la nostra preghiera sembrerà arida ai nostri occhi, se ci sembrerà impossibile che Dio ascolti la preghiera di noi che siamo peccatori e che cadiamo sempre nelle stesse colpe, non per questo fermiamoci. Anche Beethoven componeva splendide musiche senza sentirle (era sordo); così anche noi, non “sentiremo” le nostre preghiere, ma in cielo le udranno benissimo, come sinfonie meravigliose. Se senti in te una resistenza alla preghiera, non colpevolizzarti troppo perché l’impossibilità di pregare fa parte della tua condizione di uomo peccatore; è la conseguenza del peccato originale proprio come l’impossibilità di amare i fratelli. In fondo, è impossibile pregare come e quanto vorremmo, ma almeno supplicare lo Spirito Santo, quello possiamo farlo sempre. «Padre, nel nome di Gesù, dammi il tuo Spirito!»… Chiediamo questo come mendicanti. Non è difficile, e in questa preghiera in fondo vi è tutto; chiediamo al Padre nel nome infallibile di Gesù, e chiediamo la cosa più importante che il Padre vuole proprio darci: lo Spirito Santo. Pregare con amore Nella preghiera parliamo con Dio. Dio è amore, ed entriamo nel suo campo. Non è un campo minato, pericoloso, pieno di insidie, ma piuttosto un luogo santo, un tempio profumato nel quale occorre entrare togliendosi i sandali. È una sorta di nido interiore nel quale siamo veramente noi stessi perché siamo amati. Ecco il grande segreto della preghiera: fasciare le nostre parole di amore. Quando Gesù insegna a pregare senza usare tante parole come fanno i pagani (cfr. Mt 6,7) intende dire di non usare parole vuote, Il segreto meraviglioso della preghiera 17 che noi stessi non sentiamo, che ripetiamo in modo distaccato, freddo e distratto. Se le cose che diciamo non interessano noi, come possono interessare Dio? Le parole della preghiera sono dialogo di amore. Dio ci ama e ci parla con amore; noi lo supplichiamo, lo lodiamo, ci lamentiamo, lo invochiamo come figli bisognosi, ma facciamolo sempre con parole che esprimono amore. Prima di parlare, entriamo nel sacrario del nostro cuore, alla sua presenza, facciamo un atto di fede e di amore puro, un atto solo, un momento. Poi parliamo, facciamo quello che vogliamo, ma con amore. È l’amore che ci rende belli, graditi. Anche se siamo poveri peccatori. Certo. Anche il pubblicano del Vangelo era un peccatore, ma la sua preghiera fu gradita e accolta. Con amore chiediamo e allora il cuore di Dio, che è brace ardente, fiamma viva di amore come noi non possiamo nemmeno immaginare, verrà a noi. Non permettiamo alla nostra preghiera, atto di amore per eccellenza, che sia profanata dall’indifferenza, dalla freddezza, che sia chiusa e rachitica. Ascoltate questo episodio dei Padri del Deserto, veri maestri di orazione: «Il padre Lot si recò dal padre Giuseppe a dirgli: “Padre, io faccio come posso la mia piccola liturgia, il mio piccolo digiuno, la preghiera, la meditazione, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?”. Il vecchio, alzatosi, aprì le braccia verso il cielo, e le sue dita divennero come dieci fiaccole. “Se vuoi – gli disse – diventa tutto di fuoco”». Il perché di questo libro Qualche anno fa l’Editrice Shalom volle compilare un libretto nel quale riportare le più importanti preghiere della tradizione cattolica. Misero le varie preghiere in ordine logico per offrire al popolo di Dio un testo in cui trovare le diverse orazioni e che intitolarono Pregate, pregate, pregate. Fu un successo clamoroso e imprevisto: le copie vendute furono migliaia, vi furono riedizioni una dopo l’altra e a tutt’oggi è uno dei libri più venduti nelle librerie cattoliche. Questo è segno che la gente vuole pregare. La gente semplice, la spina dorsale della Chiesa, capisce che senza preghiera non si va avanti. È la preghiera, infatti, l’anima e la forza della Chiesa. Ora la stessa Editrice – che Dio la benedica – propone una versione ampliata dello stesso testo, con nuove preghiere e formule, in modo che tutti possano trovare le parole adatte che più manifestano la propria devozione. Non che vi siano 18 Pregate, pregate, pregate preghiere più efficaci di altre: tutto dipende dalla fede e dall’amore con cui vengono dette. Ma non si può negare l’importanza di avere sempre a disposizione un manuale, un compendio in cui tutte le principali preghiere siano riportate, in modo da aiutare la nostra supplica e il nostro rapporto con Dio. Ognuno scelga quella che vuole e preghi. Non è più tempo di essere mediocri, non è più tempo di perdersi in cose che non salvano. È questo il tempo di gettarci in ginocchio e supplicare Dio, la sua misericordia sul mondo intero. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di anime oranti più che del pane, checché se ne dica. La preghiera muove il cuore di Dio, la supplica di un uomo di fede tiene su il mondo, un solo orante salva la città, se è vero che la preghiera del solo Mosè salvò l’intero popolo di Israele nel deserto (Es 32,11-14). Forse noi crediamo troppo poco alla straordinaria potenza della nostra preghiera! Ritorna alla mente l’immagine del vecchio Padre del deserto dalle cui dita escono dieci raggi di fuoco verso il cielo: il discepolo faceva come poteva la sua piccola preghiera, ma si accorse presto della differenza che vi è tra colui che fa la piccola preghiera e colui che prega nel fuoco, immerso nello Spirito Santo. Di queste anime oranti incandescenti oggi ha bisogno la Chiesa e il mondo. Non importa andare nel deserto: importa essere spinti interiormente dalla forza di Dio che è in noi. Preghiera e penitenza salvano il mondo, il resto no. 25 marzo 2012 Padre Serafino Tognetti Il segreto meraviglioso della preghiera 19 Verità principali della fede I due misteri principali della fede Unità e Trinità di Dio Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana (CCC 234). Incarnazione, passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo L’incarnazione è il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica Persona del Verbo (CCC 483), morto e risorto per noi. I sette sacramenti I sacramenti della Nuova Legge sono istituiti da Cristo. Essi toccano tutte le tappe e tutti i momenti importanti della vita del cristiano: grazie ad essi, la vita di fede dei cristiani nasce e cresce, riceve la guarigione e il dono della missione (CCC 1210). Sono segni di salvezza che Gesù ha istituito nella sua Chiesa e pegni della sua presenza nella Chiesa e con la Chiesa; per mezzo di essi riceviamo il dono della grazia. Battesimo • Confermazione (o Cresima) • Eucaristia • Penitenza (o Riconciliazione) • Unzione degli infermi • Ordine • Matrimonio I sette doni dello Spirito Santo Insieme alle virtù teologali, i doni dello Spirito Santo sono parte integrante della grazia ricevuta al momento del Battesimo. Dio ci offre, mediante tali doni, il mezzo per ricevere il suo aiuto quotidiano, affinché amiamo e agiamo come egli desidera. Grazie a essi, lo Spirito porta alla loro perfezione le nostre virtù e tutto il nostro agire. 22 Verità principali della fede Sapienza Fa conoscere e gustare le cose divine affinché il cuore, riscaldato con l’amore, ricerchi attivamente in ogni cosa ciò che è più accetto al Signore. Intelletto È una luce soprannaturale che dà una penetrante comprensione delle verità rivelate e una percezione del disegno amoroso di Dio. Consiglio Illumina la coscienza sul da farsi, specialmente quando si tratta di scelte importanti, o di un cammino da percorrere fra difficoltà e ostacoli, che la vita di ogni giorno impone. Aiuta a scoprire il progetto d’amore che Dio ha su di noi e la strada giusta per realizzarlo. Fortezza È un impulso soprannaturale che dà vigore all’anima non solo nel martirio, ma anche nelle ordinarie condizioni di difficoltà: nella lotta per rimanere coerenti con i propri principi; nella sopportazione di offese e di attacchi ingiusti; nella perseveranza coraggiosa, pur fra incomprensioni e ostilità, sulla strada della verità e dell’onestà. Scienza È un dono col quale ci è dato di conoscere il vero valore delle creature nel loro rapporto col Creatore e di indirizzarle all’ultimo fine che è Dio. Aiuta a valutare rettamente le cose nella loro essenziale dipendenza dal Creatore. Pietà È un dono col quale veneriamo e amiamo Dio e i santi. Infonde nel credente una nuova capacità di amore verso i fratelli, rendendo il suo cuore in qualche modo partecipe della mitezza stessa del cuore di Cristo. Timore di Dio È l’atteggiamento reverenziale e filiale che ci fa temere ogni offesa di Dio; è un sentimento radicato nell’amore verso Dio: l’anima si preoccupa allora di non recare dispiacere a Dio, amato come Padre, di non offenderlo in nulla, di rimanere e di crescere nella carità. Verità principali della fede 23 Le tre virtù teologali Le virtù teologali dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Esse sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano. Fede È la virtù che ci fa credere in Dio e a tutto quello che egli ha rivelato. È la virtù più necessaria, fonte di fortezza e di coraggio. Speranza È la virtù che ci fa sperare da Dio la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla. La speranza ci sostiene e conforta nelle traversie della vita. Carità È la virtù che ci fa amare Dio sopra ogni cosa per se stesso e il nostro prossimo, come noi stessi, per amore di Dio. Le quattro virtù cardinali Le virtù umane sono disposizioni stabili, abituali dell’intelligenza e della volontà, che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. Quattro di queste virtù sono dette “cardinali” in quanto tutte le altre si raggruppano attorno a esse. Prudenza È la virtù che dispone la ragione a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo (CCC 1806). Giustizia È la virtù che consiste nella costante e ferma volontà di dare al prossimo ciò che gli è dovuto (CCC 1807). Fortezza È la virtù che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza 24 Verità principali della fede nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni, di superare gli ostacoli, di vincere la paura, perfino della morte, di affrontare la prova e le persecuzioni (CCC 1808). Temperanza È la virtù che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà (CCC 1809). I quattro Novissimi Con la parola Novissimi si indicano le realtà supreme, quelle che avvengono al termine della vita di ogni uomo e al concludersi della storia. Morte Per il cristiano, la morte è entrare nella vita eterna. Con la morte l’anima si separa dal corpo, il corpo ritorna alla terra, l’anima ritorna a Dio e viene giudicata per il bene e il male operato in vita. Giudizio Due sono i giudizi: il giudizio particolare avviene subito dopo la morte, il giudizio universale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Inferno Sta a indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia. Paradiso È il godimento eterno di Dio, nostra felicità, e in lui di ogni altro bene senza alcun male. La Sacra Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, Paradiso. Si suggerisce il libro dell’Editrice Shalom “I Novissimi” codice 8400. Verità principali della fede 25 Norme di vita cristiana I dieci comandamenti (o decalogo) Io sono il Signore tuo Dio I II III IV V VI VII VIII IX X Non avrai altro Dio fuori di me. Non nominare il Nome di Dio invano. Ricordati di santificare le feste. Onora tuo padre e tua madre. Non uccidere. Non commettere atti impuri. Non rubare. Non dire falsa testimonianza. Non desiderare la donna d’altri. Non desiderare la roba d’altri. I dieci comandamenti non sono una serie di proibizioni, una serie di “no”: non sono un ostacolo alla libertà e alla vita bella ma sono indicatori per trovare una vita piena. Sono un: • “sì” a un Dio che dà senso al vivere (i tre primi comandamenti); • “sì” alla famiglia (quarto comandamento); • “sì” alla vita (quinto comandamento); • “sì” all’amore responsabile (sesto comandamento); • “sì” alla solidarietà, alla responsabilità sociale, alla giustizia (settimo comandamento); • “sì” alla verità (ottavo comandamento); • “sì” al rispetto dell’altro e di ciò che gli è proprio (nono e decimo comandamento). 26 Norme di vita cristiana Le beatitudini evangeliche Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3). Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati (Mt 5,4). Beati i miti, perché avranno in eredità la terra (Mt 5,5). Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6). Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7). Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). Le beatitudini rispondono all’innato desiderio di felicità. Questo desiderio è di origine divina; Dio l’ha messo nel cuore dell’uomo per attirarlo a sé, perché egli solo lo può colmare. Le beatitudini svelano la mèta dell’esistenza umana, il fine ultimo cui tendono le azioni umane: Dio ci chiama alla sua beatitudine. Una ricompensa che però ha la sua caparra già nel nostro oggi. Vivendo le beatitudini, infatti, pur con tutti i nostri limiti e peccati, possiamo sperimentare già qui e ora la felicità che consiste nel vivere come Gesù e con lui. «È lui la porzione, ed è lui che ti dona la porzione. È lui che ti indica il tesoro, ed è lui stesso il tesoro per te» come ricorda Gregorio di Nissa. Gesù, la nostra beatitudine, ci insegna un cammino di felicità, apre tutti i giorni davanti a noi le vie della felicità cui anela ogni essere umano. Norme di vita cristiana 27 Il comandamento della carità Amerai il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Mt 22,37). Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mt 22,39). Il precetto della carità ci comanda di amare Dio più di tutte le cose e più di tutte le persone, e di amare il prossimo come amiamo noi stessi. Tutte le persone con le quali abbiamo rapporto sono il nostro prossimo. Il prossimo si ama non facendo mai del male a nessuno; facendo agli altri sempre il bene che possiamo; perdonando a chi ci fa del male. Tra i cristiani deve regnare la carità, la concordia, la pace. Stare sempre in pace con tutti. La carità deve essere il vero distintivo del cristiano. Il “comandamento nuovo” Che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,34-35). La regola d’oro Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Mt 7,12). I cinque precetti della Chiesa •Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate, e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni. 28 Norme di vita cristiana •Confessare i propri peccati almeno una volta all’anno. •Ricevere il sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua. •Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa. •Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità. Le sette opere di misericordia corporale Dar da mangiare agli affamati • Dar da bere agli assetati • Vestire gli ignudi • Alloggiare i pellegrini • Visitare gli infermi • Visitare i carcerati • Seppellire i morti. Le opere di misericordia corporale sono opere fatte per il bene del prossimo. I poveri e i sofferenti ci richiamano Gesù, che ci chiede di non trascurarli. Gesù darà una grande ricompensa a chi li aiuta. Nella società odierna, così carente nel soccorrere quanti si trovano in stato di bisogno, il volontariato, esercitato in qualsiasi forma e per amore di Dio e dei fratelli, realizza in modo davvero gratificante le sette opere di misericordia corporale. Le sette opere di misericordia spirituale Consigliare i dubbiosi • Insegnare a chi non sa • Ammonire i peccatori • Consolare gli afflitti • Perdonare le offese • Sopportare pazientemente le persone moleste • Pregare Dio per i vivi e per i morti. Le opere di misericordia spirituale riguardano anch’esse il bene del prossimo, in relazione alle sue necessità di ordine interiore, disciplinano i nostri rapporti con gli altri fondandoli sulla comprensione e la pazienza. Norme di vita cristiana 29 I sette vizi capitali I sette vizi capitali sono desideri non ordinati verso il bene sommo, cioè Dio, dai quali tutti i peccati traggono origine. Superbia È la troppa stima di se stessi e il disprezzo degli altri. È la radice di ogni male. La superbia si vince con l’umiltà. Avarizia È l’attaccarsi troppo al denaro e alle cose materiali. L’avaro è un egoista. L’avarizia si vince con la liberalità. Lussuria È lo sfrenato abbandono ai piaceri sensuali: è il vizio di chi si dà alla vita cattiva. La lussuria rovina l’individuo, la famiglia, la società. Il cristiano deve essere libero nel cuore e nel corpo. La lussuria si vince con la castità. Ira È la reazione improvvisa e violenta contro persone o cose. Toglie la ragione e fa commettere molte mancanze. L’ira si vince con la pazienza. Gola È l’avidità di cibi e di bevande. Il goloso pensa solo a mangiare e bere, alla ricerca sempre di cose migliori. Si deve mangiare per vivere e non vivere per mangiare. La gola si vince con l’astinenza. Invidia È il rattristarsi per il bene o il godere per il male degli altri. L’invidia si vince con l’amore fraterno. Pigrizia o Accidia È la svogliatezza nel fare il bene: è la negligenza nei doveri di religione. L’ozio è il padre dei vizi. L’accidia si vince con la diligenza e col fervore nel servizio di Dio. 30 Norme di vita cristiana I sei peccati contro lo Spirito Santo Si dicono contro lo Spirito Santo quei peccati che manifestano sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia. Sono particolarmente gravi perché comportano disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti che Dio offre al fine di condurre una persona alla salvezza. Vengono detti contro lo Spirito Santo perché è attribuita allo Spirito Santo l’opera della conversione e della santificazione. Questi peccati vengono detti imperdonabili non perché Dio non li voglia o non li possa perdonare, ma perché l’uomo si chiude del tutto a ogni aiuto che Dio gli offre per la salvezza. Disperazione della salvezza Non aver più speranza di salvarsi. Presunzione di salvarsi senza merito Pretendere di salvarsi senza meritarlo. Impugnare la verità conosciuta Negare la verità, dire il falso invece del vero che si conosce. Invidia della grazia altrui Invidiare i buoni cristiani che vivono in grazia di Dio. Ostinazione nei peccati Continuare a peccare, indurirsi nel male senza cercare di correggersi. Impenitenza finale Morire senza pentimento del male compiuto. Chi non si vuol ravvedere dimostra cattiva volontà ed è chiuso al perdono di Dio. I quattro peccati che gridano vendetta verso il cielo (CCC 1867) Questi peccati creano grande disordine sociale e negano l’ordine voluto da Dio, vanno in un certo senso contro Dio stesso, perché Dio è amore. Omicidio volontario • Peccato impuro contro natura • Oppressione dei poveri • Defraudare la mercede agli operai. Norme di vita cristiana 31