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Il legame chimico

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Il legame chimico
Biochimica 6 CFU 6x7=42 ore
http//omero,farm.unipi.it
L’esame finale è costituito da una prova orale che riguarderà gli argomenti svolti
durante il corso.
L'esame finale potrà essere diluito mediante prove “in itinere” programmate. Per gli
studenti che abbiano sostenuto positivamente tali prove, l’esame di profitto sarà
costituito da uno scrutinio condotto dalla commissione sulla base dei risultati
ottenuti nelle suddette prove eventualmente integrate da un ulteriore colloquio
A. L. Lehninger, D. L. Nelson, M. M. Cox “Principi di Biochimica” ed. Zanichelli
Per quanto riguarda la Struttura e funzione delle biomolecole :
R.H. Garret e C.M. Grisham "Biochimica" ed. Zanichelli
L. Stryer "Biochimica" ed. Zanichelli (specialmente per la parte della emoglobia e
mioglobina)
Mathews e Van Holde "Biochimica" ed.Casa Editrice Ambrosiana
Per il Metabolismo intermedio e sua regolazione:
R.H. Garret e C.M. Grisham "Biochimica" ed. Zanichelli
Mathews e Van Holde "Biochimica" ed.Casa Editrice Ambrosiana
J.D. Rawn “Biochimica” ed. Mc Graw-Hill
Per il Messaggi tra cellule e tessuti : ormoni
R.H. Garret e C.M. Grisham “Biochimica” ed. Zanichelli
C.M. Caldarera “Biochimica Sistematica Umana” ed. Clueb cap.7 e 8
Si chiama legame chimico ciò che tiene unito un
atomo ad un altro e si forma sempre fra almeno
due atomi.
Per indicare che due atomi sono legati, si
interpone un trattino fra i loro simboli (C-C, H-H,
ecc).
Gli atomi formano legami chimici per
raggiungere una configurazione elettronica più
stabile, generalmente la configurazione
elettronica del gas nobile più vicino, quindi
l’ottetto. I gas nobili, che già hanno raggiunto
l’ottetto, non formano legami chimici.
Un legame ionico si forma fra atomi che hanno
una forte differenza di elettronegatività
(grandezza introdotta per confrontare
rapidamente la forza con cui ogni atomo tiene
legati a sé i suoi elettroni), cioè la cui
differenza dei valori di elettronegatività è
superiore a 1,7.
Quando due atomi si avvicinano (un metallo e un
atomo di un elemento degli ultimi gruppi), gli
elettroni del livello più esterno dell’atomo meno
elettronegativo passano all’atomo più
elettronegativo. Quest’ultimo diviene quindi uno
ione negativo, mentre l’altro atomo diviene uno
ione positivo (uno ione è un atomo, dotato di carica
elettrica). Fra i due ioni con cariche elettriche
opposte si stabilisce un’attrazione di tipo
elettrostatico che li tiene uniti: quest’attrazione
costituisce il legame. I composti contenenti legami
ionici sono chiamati composti ionici (NaCl, MgCl2,
ecc).
Un esempio di composto ionico è il cloruro di sodio (NaCl). Il sodio
(Na) appartiene al I gruppo e, quindi, ha un solo elettrone (e-)
esterno; la sua elettronegatività è 0.93, un valore basso. Il cloro
(Cl) appartiene al VII gruppo e ha, perciò, sette elettroni esterni;
la sua elettronegatività è 3.16, un valore alto. La differenza di
elettronegatività (3.16 – 0.93 = 2.23) fra i due elementi supera il
valore standard di 1.7, quindi fra i loro atomi si forma un legame
ionico e l’elettrone dell’atomo di sodio passa a quello di cloro.
1–
L’atomo di sodio perde il suo elettrone esterno e diventa uno ione
2–
L’atomo di cloro acquista l’elettrone perduto dal cloro e diventa io
3–
I due ioni, avendo cariche elettriche
di segno opposto, si attirano
Formazione del legame ionico nel cloruro di sodio (NaCl)
1 – L’atomo di sodio perde il suo elettrone esterno e diventa
uno ione positivo.
= Atomo di sodio
(Na)
Na
Na+ +
e-
2 – L’atomo di cloro acquista l’elettrone perduto dal cloro e
diventa ione negativo.
Cl
clicca
qui
per tornare
+
e-
Cl clicca qui
per
3 – I due ioni, avendo cariche elettriche di segno opposto, si
attirano e restano uniti.
= Atomo di sodio (Na)
= Atomo di cloro (Cl)
Na+
+
Cl-
NaCl
Oltre agli ioni formati da un solo atomo esistono anche
ioni negativi molecolari, cioè raggruppamenti di atomi
con una o più cariche elettriche diffuse su tutto il gruppo.
Esempi comuni sono gli ioni nitrato (NO3-), solfato (SO42-).
Ioni positivi molecolari sono più rari. Tra questi ritroviamo
lo ione ammonio (NH4+).
Anche questi ioni possono dare luogo a composti ionici,
comportandosi esattamente come gli ioni monoatomici.
Un esempio è un composto costituito da ioni calcio e ioni
nitrato che ha formula Ca(NO3)2, dove occorrono due ioni
nitrato per bilanciare le due cariche positive dello ione
calcio.
Il legame covalente si forma fra atomi la cui differenza dei
valori di elettronegatività non è maggiore di 1,7. I due
atomi mettono in comune un elettrone ciascuno. Gli
elettroni che vengono messi in comune sono elettroni
spaiati, cioè elettroni che si trovano isolati in un orbitale.
Quando i due atomi si avvicinano a sufficienza, avviene
una parziale sovrapposizione dei due orbitali in cui si
trovano gli elettroni spaiati: i due orbitali si compenetrano
l’un l’altro per una certa regione di spazio, che apparterrà
contemporaneamente ad entrambi gli orbitali e di
conseguenza gli elettroni che si trovano in questi orbitali
apparterranno contemporaneamente ai due atomi.
Il legame covalente è il legame chimico più forte e si
distinguono due tipi di legame covalente:
1 - il legame covalente puro;
2
- il legame covalente polare. Un legame covalente è detto “puro” quando si
forma fra atomi con lo stesso valore di
elettronegatività, oppure valori molto vicini. In
questo caso, gli elettroni che vengono messi in
comune fra i due atomi vengono attratti con la
stessa forza da entrambi i nuclei e, perciò,
vengono ad essere condivisi in maniera uguale
fra i due atomi (c’è una distribuzione
simmetrica della nube elettronica). Esempi
sono la molecola dell’idrogeno (H2) o del cloro
(Cl2).
IL LEGAME NELLA MOLECOLA DI IDROGENO H2
L’atomo di idrogeno ha solo un elettrone esterno e quindi
spaiato. Il gas nobile più vicino all’idrogeno è l’elio (He), che
ha due elettroni nel livello più esterno, cioè ha il primo
livello energetico completamente occupato. L’idrogeno
tende a raggiungere la configurazione dell’elio, cioè a
trovare un modo per avere due elettroni nel primo livello.
Se due atomi di idrogeno mettono in comune i loro elettroni,
ognuno di essi avrà due elettroni, sia pure in comune con
l’altro atomo.
H
H
H
H
Un legame covalente polare si forma tra atomi che
hanno elettronegatività diversa, ma non tanto diversa
da rendere possibile la formazione di un legame ionico
(la differenza dei valori di elettronegatività è sempre
minore di 1,7).
I due atomi mettono in comune i loro elettroni spaiati,
tramite la sovrapposizione degli orbitali in cui si
trovano questi elettroni. Tuttavia la coppia di elettroni
non è equamente condivisa fra i due atomi: gli
elettroni passano più tempo attorno all’atomo più
elettronegativo, rendendolo parzialmente (non c’è un
trasferimento completo di una carica elettrica da un
atomo all’altro, quindi non si formano ioni) negativo,
mentre l’altro atomo diviene parzialmente positivo.
Una molecola biatomica contenente un legame polare
è sempre polare, cioè ha un’estremità positiva e
un’estremità negativa.
Nel caso di molecole con più di due atomi, la situazione
può essere diversa, e dipende dalla geometria della
molecola e dalla somma vettoriale dei momenti
dipolari associati ai vari legami polari.
Possiamo considerare alcuni esempi:
- la molecola dell’acqua (H2O)
- la molecola del biossido di carbonio (CO2)
Il legame dativo (o di coordinazione) è un legame
covalente in cui due elettroni di legame provengono
da uno stesso atomo.
Quindi, perché fra due atomi si possa formare un
legame dativo, uno dei due deve avere una coppia
di elettroni in uno stesso orbitale, non impegnata in
un nessun legame, e l’altro atomo deve avere un
orbitale vuoto nel quale poter “alloggiare” questa
coppia. Allora la coppia di elettroni viene messa in
comune fra i due atomi. I due orbitali si
sovrappongono e si forma il legame. L’atomo che
fornisce la coppia di elettroni si chiama agente
nucleofilo o donatore, mentre l’altro atomo si
chiama agente elettrofilo o accettore.
Esempi di legame dativo all’interno delle molecole li ritroviamo negli ossiacidi del
cloro
(idrogeno + ossigeno + cloro):
H
Cl
O
La molecola del più semplice di essi, l’acido ipocloroso (HClO), contiene due
legami covalenti, uno tra l’atomo di cloro e quello di ossigeno,l’altro tra l’atomo di
ossigeno e quello di idrogeno:
Cl O H
In questa molecola, l’atomo di cloro ha tre coppie di elettroni disponibili, cioè non
impegnate in legami. Anche l’ossigeno ne ha due, ma, essendo l’ossigeno un
atomo fortemente elettronegativo tende ad avere il ruolo di accettore. Se un altro
atomo di ossigeno si avvicina alla molecola di HClO, esso “accoppia” i suoi due
elettroni spaiati in un unico orbitale, in modo tale da avere un orbitale vuoto nel
quale “alloggiare” una delle coppie di elettroni del cloro. Si forma così il legame
legame dativo
dativo tra l’atomo di ossigeno (accettore) e l’atomo di cloro (donatore). La
molecola che risulta è quella dell’acido cloroso, HClO2.
O
Cl O H
Il legame a idrogeno, o a ponte di idrogeno, è un legame che si
forma fra molecole che contengono un atomo di idrogeno
legato ad un altro atomo più elettronegativo e di piccole
dimensioni.
Il legame in queste molecole è covalente polare, con polarità
accentuata: l’atomo di idrogeno è parzialmente positivo, l’altro
atomo è parzialmente negativo. Si stabilisce allora un’attrazione
elettrostatica fra l’atomo di idrogeno di una molecola e l’altro
atomo di un’altra molecola. Gli atomi che sono allo stesso
tempo sufficientemente elettronegativi e piccoli sono soltanto
tre: quelli dell’azoto, dell’ossigeno e del fluoro. Quindi si
formano legami a idrogeno quando un atomo di idrogeno è
legato a uno di questi tre atomi. Quindi come esempi possiamo
analizzare in dettaglio:
la molecola dell’acqua (H2O)
la molecola del fluoruro di idrogeno (HF)
LEGAMI A IDROGENO NELLA MOLECOLA DI
ACQUA (H2O)
Nella molecola di acqua, l’atomo di ossigeno è
parzialmente negativo, mentre i due atomi di idrogeno
sono parzialmente positivi. Quando due molecole di
acqua si avvicinano, si stabilisce un’attrazione
elettrostatica fra l’atomo di ossigeno di una di esse e
uno degli atomi di idrogeno dell’altra. Si forma così un
legame a idrogeno fra le due molecole.
d+
d-
d+
d-
d+
d+
Macromolecole Biologiche
Interazioni non
covalenti
D —H
δ-
δ+
−−
A
δ-
Macromolecole Biologiche
Le interazioni non covalenti
Interazioni fra atomi che non sono legati da legami covalenti.
Le interazioni non covalenti sono molto meno intense rispetto alle interazioni
covalenti (poche kcal/mol rispetto a 83 kcal/mol per un legame C–C).
Questi legami deboli possono formarsi sia fra parti diverse della stessa
macromolecola, sia fra parti di macromolecole diverse.
Essi giocano un ruolo fondamentale in molti processi biologici, fra cui la
fedele replicazione del DNA, il folding delle proteine, il riconoscimento
specifico di substrati da parte di enzimi, il riconoscimento di molecole
segnale.
Le interazioni non covalenti si possono classificare in:
- interazioni elettrostatiche
- interazioni di van der Waals
- legami idrogeno
- effetto idrofobico
Macromolecole Biologiche
Le interazioni non covalenti
Energie di legame associate alle principali interazioni non covalenti:
Tipo di interazione non covalente
Energia di legame (kcal/mole)
Interazioni elettrostatiche
0.3-4
Legame idrogeno
0.5-4
Interazioni di van der Waals
0.03-0.1
Nel considerare i vari contributi energetici che stabilizzano una proteina non
si può prescindere dal fatto che la proteina è immersa in un solvente, che è
costituito principalmente da acqua. Le proprietà fisiche del solvente sono
estremamente importanti per la stabilità della proteina.
Macromolecole Biologiche
Effetto idrofobico
Le interazioni fra acqua e superfici non polari non sono favorevoli: proprio
come l’olio disperso nell’acqua tende a raccogliersi in un’unica goccia, anche
i gruppi non polari nelle proteine tendono ad aggregarsi, per ridurre la
superficie apolare a contatto con l’acqua.
Questa preferenza di specie non polari per ambienti non acquosi viene detto
effetto idrofobico: esso è uno dei principali fattori di stabilità delle proteine.
L’effetto idrofobico fa sì che sostanze non polari minimizzino il loro contatto
con l’acqua, e molecole anfipatiche (come per esempio i detergenti) formino
micelle in soluzioni acquose.
Il meccanismo fisico per cui entità non polari sono escluse da soluzioni
acquose è di carattere entropico.
Macromolecole Biologiche
Effetto idrofobico
Le molecole d’acqua allo stato liquido formano dinamicamente un alto
numero di legami idrogeno, in funzione della temperatura.
L’introduzione di una molecola non polare nell’acqua liquida crea una sorta
di cavità nell’acqua, che temporaneamente rompe alcuni legami idrogeno fra
le molecole d’acqua, poiché un gruppo non polare non può né accettare né
donare legami idrogeno con le molecole d’acqua.
Le molecole d’acqua spostate si riorientano per
formare il maggior numero di nuovi legami
idrogeno, creando una struttura ordinata, una
specie di gabbia, detta clatrato, intorno alla
molecola non polare.
Macromolecole Biologiche
Effetto idrofobico
Poiché il numero di modi con cui le molecole d’acqua formano legami
idrogeno sulla superficie di un gruppo non polare è inferiore a quello che
farebbero in sua assenza si ha una diminuzione di entropia del sistema.
Anche se, da un punto di vista entalpico, il sistema clatrato è più stabile
(ΔH < 0, per una debole liberazione di energia dovuto alla formazione di
legami idrogeno ed interazioni di van der Waals), globalmente:
ΔG = ΔH – TΔS > 0
processo non spontaneo
C6H14
Quindi perchè il processo sia spontaneo (DG<0)
occorre l’aggregazione dei gruppi non polari in
modo da minimizzare l’area superficiale della
cavità occupata dal gruppo apolare e quindi la
perdita di entropia del sistema.
2xC6H14
C6H14
acqua
acqua
Legame Dativo:
È un legame che si forma per condivisione di una coppia di elettroni
tra due atomi, ma è uno solo dei due atomi che cede la sua coppia
(doppietto) che alla fine risulta in comune. Detto in altre parole più
semplici, si forma quando c’è un atomo che può fornire coppie di
elettroni. Esempio:
H
H+ + H N
H
Ammoniaca

H
H N
Ione
+
H
H
Ammonio
Legami chimici secondari “Forza di London”
Le forze di london sono determinate da una forza di natura
elettrostatica che si manifesta tra le molecole apolari. Ogni molecola
apolare, infatti, presenta un’estremità positiva e un’estremità
negativa. La parte positiva attira a sé la parte negativa di una
molecola vicina; le varie molecole risultano così legate l’una all’altra
da una forza attrattiva di natura elettrostatica, dette appunto forze di
London . Esempio di molecole apolari:
Forze di Van der Waals
Le forze di Van der Waals sono forze attrattive che si esercitano tra le
molecole polari, è l’intensità delle forze aumenta al crescere delle
dimensioni delle molecole. Le forze attrattive si giustificano tenendo
conto del fatto che ogni nucleo atomico esercita attrazione sui suoi
elettroni ma anche (pur se in misura molto minore) sugli elettroni di
atomi vicini. Da queste azioni attrattive si generano deboli legami tra
le molecole. Le forze di Van der Waals sono presenti ad esempio tra le
molecole di Br2, nel bromo allo stato liquido.
ATTRAZIONE
Legame a idrogeno
Nelle molecole contenenti atomi di idrogeno legati ad atomi di piccole
dimensioni, di notevole elettronegatività , si instaura un legame
covalente, cioè lo spostamento degli elettroni di legame verso l'atomo
più elettronegativo l'idrogeno risulta parzialmente positivo e l'altro
atomo parzialmente negativo:
pertanto tra l'idrogeno e un'altra analoga molecola si manifestano
delle forze di carattere elettrostatico più deboli dei normali legami
ionici o covalenti ma sufficienti a costituire ostacolo al movimento
delle molecole; la presenza di questi legami influenza soprattutto le
proprietà fisiche. Un singolo atomo di idrogeno risulta quindi legato
contemporaneamente a due atomi distinti, all'uno con un legame
covalente e all'altro con un legame molto più debole, il legame a
idrogeno appunto, che comunemente si rappresenta con dei puntini.
Ecco un esempio di legame a idrogeno:
O ···H
O
cioè l’acido acetico
H3 C
C
C
O
H ···O
CH 3
LEGAMI CHIMICI
LEGAMI PRINCIPALI
LEGAMI IONICI
LEGAMI SECONDARI
LEGAMI COVALENTI
PURI
LEGAMI METALLICI
LEGAMI COVALENTI
POLARI
LEGAME DATIVO
FORZA DI LONDON
FORZA DI VAN DER
WAALS
LEGAME A IDROGENO
Diversità tra i viventi
Proprietà della VITA
La CELLULA
Classificazione dei viventi
1
Ciascun vivente nasce, cresce, genera dei figli a lui
simili e muore. La nascita, la crescita, la generazione
di figli e la morte rappresentano le più evidenti
manifestazioni della vita.
Perché un vivente può realizzare questi eventi ?
Tutti i viventi possiedono
delle caratteristiche comuni
2
Le proprietà della vita (1/4)
Organizzazione
particelle
subatomiche
1
atomo molecola organulo
cellula
tessuto
organo
apparato
popolazione comunità
ecosistema
biosfera
organismo
Tutti i viventi sono formati da
materia, organizzata in molecole,
come i non viventi. La composizione
chimica del vivente è, tuttavia,
qualitativamente diversa rispetto a
quella
dell'ambiente
che
lo
circonda. Le molecole dei viventi,
inoltre,
sono
organizzate
in
"impalcature"
che
costituiscono
sistemi altamente complessi.
La vita è organizzata su più livelli
di complessità crescente
3
Le proprietà della vita (2/4)
2
Capacità di trasformare
materia ed energia
Attraverso la nutrizione il cibo
Per mantenere la loro particolare
organizzazione i viventi devono
assumere materia e “spendere”
energia. L’energia è indispensabile
per trasformare la materia in
strutture viventi.
viene trasformato in materia vivente
4
Le proprietà della vita (3/4)
3
Capacità di rispondere
agli stimoli
Un vivente può muoversi per
afferrare la preda, per sfuggire al
pericolo, o, come nel caso delle
piante, per “inseguire”la luce.
Un vivente è inoltre in grado di
trasformarsi per
sopravvivere
anche
in
condizioni
avverse
(evoluzione).
4
Un vivente è in grado di reagire
di fronte al pericolo
e di adattarsi ai cambiamenti ambientali
Adattamento
5
Le proprietà della vita (4/4)
5
Capacità moltiplicarsi
Qualsiasi organismo vivente è
destinato
presto
o
tardi
a
scomparire: con la riproduzione la
vita passa da un individuo all’altro,
permettendo
la
perpetuazione
della specie.
La riproduzione consente di mantenere
la vita nel tempo
6
La cellula :
espressione minima della vita
Tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule: è la cellula la più
piccola porzione organizzata di materia che possiede le caratteristiche della vita.
si autoregola
scambia materia
ed energia
CELLULA
si riproduce
con l’ambiente
si può evolvere
7
La cellula procariota
La cellula procariota è organizzata
per garantire la sopravvivenza di
organismi molto semplici, con
minime richieste energetiche, e non
risulta specializzata nel compiere
funzioni particolari.
membrana cellulare
regione nucleare
Tutto il volume cellulare è occupato
da un liquido di consistenza
gelatinosa (il citoplasma), in cui
sono immersi tuti i costituenti
chimici della cellula, e dei piccoli
organuli (ribosomi), deputati alla
sintesi delle proteine.
Il materiale genetico (DNA) si trova
fluttuante nel citoplama, in una
regione priva di una membrana che
la delimiti (non esiste un nucleo vero
e proprio).
parete cellulare
citoplasma
ribosomi
Esiste invece una struttura rigida di
protezione e di contenimento, la
parete cellulare, che la separa
dall’ambiente esterno.
8
La cellula eucariota
membrana nucleare
La cellula eucariota è un tipo di
cellula molto più voluminosa e
complessa della cellula procariota.
Al suo interno lo spazio è
organizzato in settori cui compete
una certa funzione in modo da
assicurarne la sopravvivenza e la
riproduzione.
citoplasma
membrana
cellulare
Le diverse regioni all’interno della
cellula
sono
delimitate
da
membrane interne. In particolare ,
una
membrana
(membrana
nucleare) delimita il nucleo, in cui
si trova il materiale genetico (DNA)
che presiede al controllo di tutte le
attività della cellula stessa.
La cellula eucariota possiede inoltre
numerosi organuli, in alcuni dei
quali hanno luogo i processi
metabolici
fondamentali
:
nei
ribosomi, ad es.,avviene la sintesi
delle proteine; i mitocondri sono
la sede della respirazione cellulare
nucleo
mitocondri
Reticolo endoplasmatico
con ribosomi
9
Tassonomia : livelli gerarchici
La chiave della classificazione naturale
del mondo vivente è la specie.
SPECIE
Generi
Famiglie
Ordini
Linneo
Riconoscere individui della stessa specie può risultare abbastanza
complesso. Ecco una definizione di specie universalmente
accettata: “la specie rappresenta una categoria sistematica
comprendente una o più popolazioni di individui con caratteri
simili, in grado di accoppiarsi originando prole feconda”.
Varie specie con caratteristiche comuni vengono raggruppate in
generi; a loro volta i generi possono essere riuniti tra loro per
alcuni caratteri generali e raggruppati in famiglie; le famiglie in
ordini; gli ordini in classi; le classi in tipi di phila per gli
animali e divisioni per i vegetali; i phila/divisioni in regni.
Phyla
Classi
Divisioni
REGNI
10
PIANTE FUNGHI ANIMALI
I cinque regni
Organismi eucarioti pluricellulari
( differiscono principalmente per il
modo di nutrirsi )
Il modello ad albero di Whittaker in cinque
regni evidenzia l’origine comune e la successiva
evoluzione di tutte le forme viventi.
Organismi eucarioti per lo più
unicellulari
Organismi unicellulari procarioti
PROTISTI
MONERE
11
Caratteristiche dei regni
Regno
Tipo cellula
Nutrizione
Num. cellule
Monere
Procariote
Autotrofi e
eterotrofi
Unicellulari
Protisti
Eucariote
Autotrofi e
eterotrofi
Principalmente
unicellulari
Funghi
Eucariote
Eterotrofi
Principalmente
pluricellulari
Vegetali (Piante)
Eucariote
Autotrofi
Pluricellulari
Animali
Eucariote
Eterotrofi
Pluricellulari
12
Amminoacidi
Un amminoacido è un composto che contiene sia un
gruppo carbossilico sia un gruppo amminico.
Gli -amminoacidi sono i più importanti in biologia perché
rappresentano i monomeri con cui vengono formate le
proteine
Gli Amminoacidi si ottengono per idrolisi delle proteine che
sono polimeri naturali composti da unità di Aa legate fra loro
da legami ammidici (peptidici). Gli amminoacidi servono
come fonte di azoto per altri composti:
Basi azotate del DNA e RNA
Eme e strutture simili nella mioglobina, emoglobina,
citocromi, enzimi etc etc
Aceticolina e altri neurotrasmettitori
Ormoni e fosfolipidi
Inoltre possono essere utilizzati come fonte di energia se
l’azoto viene rimosso : Catabolismo
Tranne che nella glicina (NH2CH2COOH) dove R=H, il carbonio è un
centro chirale e tutti gli amminoacidi che si ottengono per idrolisi delle
proteine sono otticamente attivi.
Essi hanno configurazione L relativamente alla gliceraldeide. La
convenzione di Fischer introdotta per i carboidrati vale anche per gli
amminoacidi:
N.B.: - in natura carboidrati serie D, Amminoacidi serie L !
- non c’è relazione tra configurazione relative e potere ottico rotatorio!
Gli amminoacidi portano tutti un nome comune e sono
identificati da una abbreviazione di tre lettere.
Possono essere classificati sulla base della polarità della
catena in:
Amminoacidi idrofobici
Amminoacidi idrofili
Amminoacidi neutri con catene non polari
Amminoacidi neutri con catene polari
Amminoacidi acidi con catene polari
Amminoacidi basici con catene polari
Aa con catena neutra, non polare
Aa con catena neutra, polare
Aa con catena polare, acida
Aa con catena polare, basica
Proprietà acido-base degli amminoacidi
nella molecola dell’amminoacido sono contemporaneamente
presenti una funzione carbossilica acida e una funzione
amminica basica. Sono reciprocamente compatibili?
Gli aa con una sola funzione acida e una sola funzione basica
vengono più correttamente rappresentati in una forma
IONICA DIPOLARE
Questa struttura ionica è in accordo con:
I punti di fusione elevati (glicina 233°C)
Solubilità relativamente basse nei solventi organici
Proprietà elettriche degli aa ai diversi valori di pH
Gli amminoacidi sono composti anfoteri che si possono comportare
sia da acidi (cedendo un protone alla base forte)
sia da basi (ricevendo un protone dall’acido forte)
Questo comportamento è illustrato dai seguenti equilibri, validi per un aa
con un solo gruppo amminico e un solo gruppo carbossilico
OHR
CH
COOH
R
H+
NH3+
CH
NH3+
COO-
R
H+
NH3+
-
COO
H+
CH
COO-
NH2
aa a pH alto (base)
ione dipolare
aa a pH basso (acido)
R
CH
OH-
R
CH
COOH
NH3+
aa è completamente protonato a pH acido
Titolazione degli Amminoacidi
I valori di pKa per i gruppi ionizzabili degli amminoacidi sono per la maggior parte
ottenuti da titolazioni acido-base, misurando il pH della soluzione in funzione
della base aggiunta (o dell’acido).
Dopo aggiunta di 0.5 moli di base il gruppo carbossilico è neutralizzato per metà. La
concentrazione di ione carico positivamente è uguale a quella dello ione dipolare e il pH = pK a1
del gruppo carbossilico. Il punto finale della prima parte della titolazione si raggiunge quando è
stata aggiunta 1 mole di base: la specie predominante è lo ione dipolare. La parte restante
della curva rappresenta la titolazione del gruppo –NH3+. Quando si aggiungono 0.5 moli di base
(totale 1.5) la metà dei gruppi –NH3+ sono neutralizzati e trasformati in NH2. A questo punto la
concentrazione dello ione dipolare è uguale a quella dello ione carico negativamente e il pH =
pKa2 dell’aa. Aggiunte 2 moli di base l’aa è completamente convertito in anione.
Le curve di titolazione ci permettono di determinare il Punto isoelettrico:
è il valore di pH al quale l’ aa ha carica netta = 0 (zwitterione) Esaminando la curva si
vede che il pI si trova a metà tra la pka 1 e la pka2
pI = ½ [pKa1 (COOH) + pKa2 (NH3+)]
Il punto isoelettrico degli amminoacidi con due gruppi acidi e uno
basico, oppure con due gruppi basici e uno acido è molto diverso da
quello degli amminoacidi con un solo gruppo dei due tipi.
Se sono presenti due gruppi acidi (es. acido aspartico, acido
glutammico) il pI è acido (cca pH 3). Il motivo è la richiesta di un
eccesso di acidità per sopprimere la dissociazione del secondo gruppo
carbossilico (in modo che rimanga neutro).
Se sono presenti due gruppi basici (es. lisina, arginina, istidina) il pI è
basico (cca pH 7,6-10,8). In tal caso è necessario un eccesso di base
per assicurare che uno soltanto dei due gruppi basici sia protonato.
Valori di pKa per gli amminoacidi polifunzionali
Amminoacido
α-CO2H
pKa1
α-NH3
pKa2
Catena laterale
pKa3
pI
Arginina
2.00
9.00
13.20
11.15
Acido Aspartico
2.01
9.82
3.83
2.80
Cisteina
1.71
10.78
8.33
5.02
Acido Glutammico
2.19
9.67
4.25
3.22
Istidina
1.82
9.17
6.04
7.59
Lisina
2.17
9.00
10.80
9.65
Tirosina
2.20
9.11
10.07
5.66
Elettroforesi
Si tratta di un processo per la separazione di
composti sulla base delle loro cariche
Viene impiegata per separare ed identificare miscele
di amminoacidi e proteine.
Le separazioni elettroforetiche possono essere
effettuate impiegando agar, carta, plastiche, acetato
di cellulosa come supporto solido
Come funziona?
Una striscia di carta viene saturata con un
tampone acquoso di pH predeterminato (es.
pH=6.0) e funge da ponte tra due vaschette
elettrodiche. Un campione di aa viene caricato
sotto forma di goccia sulla carta. Si applica un
potenziale elettrico tra le due vaschette
elettrodiche e gli aa migrano verso l’elettrodo di
carica opposta. Le molecole con alta densità di
carica si muovono con velocità maggiore, quelle
che sono al punto isoelettrico rimangono ferme
all’origine.
Gli amminoacidi con
carica negativa al
valore di pH del
tampone utilizzato,
migrano verso
l’elettrodo positivo e
quelli con carica
positiva migrano
verso l’elettrodo
negativo. Quelli che
non hanno carica
rimangono al punto
d’origine.
Reazione con ninidrina
Cromatografia su carta
Dopo completa separazione
per rendere visibili gli aa si
spruzza un colorante. Il
colorante più comunemente
usato è la ninidrina
Amminoacidi
eurotrasmettitori
Proteine
-
COO
R
+
ROCHN
(R)
C N
O
S
(R)
(S)
H
NH3
CH3
CH3
COO
Penicillina
(R)-Cys + (S)-Val
Metabolismo
Amminoacidi proteinogenici con catena apolare (I)
glicina
gly
G
HOOC
H
H2N
HOOC
alanina
ala
A
CH3
H2N
HOOC
valina
val
V
CH(CH3)2
H2N
leucina
leu
L
HOOC
CH2CH(CH3)2
H2N
Amminoacidi proteinogenici con catena apolare (II)
HOOC
isoleucina
ile
I
H 2N
CH3
CH2CH3
HOOC
metionina
met
M
CH2CH2SCH3
H 2N
HOOC
fenilalanina
phe
F
CH2
H 2N
HOOC
prolina
pro
P
HN
Amminoacidi proteinogenici con catena polare (I)
HOOC
asparagina
asn
N
CH2CONH2
H2N
HOOC
glutammina
gln
Q
CH2CH2CONH2
H2N
HOOC
serina
ser
S
CH2OH
H2N
HOOC
treonina
thr
OH
T
H2N
CH3
Amminoacidi proteinogenici con catena polare (II)
HOOC
NH
CH2
triptofano
trp
W
H2N
HOOC
tirosina
tyr
Y
CH2
H2N
HOOC
cisteina
cys
C
CH2SH
H2N
OH
Amminoacidi proteinogenici con catena acida
(anionici) o basica (cationici)
HOOC
acido aspartico
asp
D
CH2COOH
H2N
HOOC
acido glutammico
glu
E
CH2CH2COOH
H2N
HOOC
arginina
arg
R
NH
CH2CH2CH2NH
C
NH2
H2N
H
N
HOOC
istidina
his
H
CH2
H2N
N
HOOC
lisina
lys
CH2CH2CH2CH2NH2
K
H2 N
Configurazione degli Amminoacidi
carbonio α
H2N
COOH
C
R
COOH
NH2
C H
R
H
CHO
Proiezione di Fischer
H C OH
CH2OH
COOH
NH2
C H
R
Amminoacido L
COOH
Gliceraldeide D
H C NH2
R
Amminoacido D
Serie L = H2 a sinistra
Serie D = H2 a destra
Nomenclatura di CahnCahn-IngoldIngold-Prelog
H
H3C
COOH
NH2
(S)-alanina
H
C6H5-CH2
NH2
(S)-fenilalanina
COOH
COOH
H2N
H
H2N
H3C
H
H
CH2CH3
L-isoleucina
acido (2S,3S)-2-ammino-3-metilpentanoico
COOH
H
OH
CH3
L-treonina
acido (2S,3R)-2-ammino-3-idrossibutanoico
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