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Il legame chimico
Biochimica 6 CFU 6x7=42 ore http//omero,farm.unipi.it L’esame finale è costituito da una prova orale che riguarderà gli argomenti svolti durante il corso. L'esame finale potrà essere diluito mediante prove “in itinere” programmate. Per gli studenti che abbiano sostenuto positivamente tali prove, l’esame di profitto sarà costituito da uno scrutinio condotto dalla commissione sulla base dei risultati ottenuti nelle suddette prove eventualmente integrate da un ulteriore colloquio A. L. Lehninger, D. L. Nelson, M. M. Cox “Principi di Biochimica” ed. Zanichelli Per quanto riguarda la Struttura e funzione delle biomolecole : R.H. Garret e C.M. Grisham "Biochimica" ed. Zanichelli L. Stryer "Biochimica" ed. Zanichelli (specialmente per la parte della emoglobia e mioglobina) Mathews e Van Holde "Biochimica" ed.Casa Editrice Ambrosiana Per il Metabolismo intermedio e sua regolazione: R.H. Garret e C.M. Grisham "Biochimica" ed. Zanichelli Mathews e Van Holde "Biochimica" ed.Casa Editrice Ambrosiana J.D. Rawn “Biochimica” ed. Mc Graw-Hill Per il Messaggi tra cellule e tessuti : ormoni R.H. Garret e C.M. Grisham “Biochimica” ed. Zanichelli C.M. Caldarera “Biochimica Sistematica Umana” ed. Clueb cap.7 e 8 Si chiama legame chimico ciò che tiene unito un atomo ad un altro e si forma sempre fra almeno due atomi. Per indicare che due atomi sono legati, si interpone un trattino fra i loro simboli (C-C, H-H, ecc). Gli atomi formano legami chimici per raggiungere una configurazione elettronica più stabile, generalmente la configurazione elettronica del gas nobile più vicino, quindi l’ottetto. I gas nobili, che già hanno raggiunto l’ottetto, non formano legami chimici. Un legame ionico si forma fra atomi che hanno una forte differenza di elettronegatività (grandezza introdotta per confrontare rapidamente la forza con cui ogni atomo tiene legati a sé i suoi elettroni), cioè la cui differenza dei valori di elettronegatività è superiore a 1,7. Quando due atomi si avvicinano (un metallo e un atomo di un elemento degli ultimi gruppi), gli elettroni del livello più esterno dell’atomo meno elettronegativo passano all’atomo più elettronegativo. Quest’ultimo diviene quindi uno ione negativo, mentre l’altro atomo diviene uno ione positivo (uno ione è un atomo, dotato di carica elettrica). Fra i due ioni con cariche elettriche opposte si stabilisce un’attrazione di tipo elettrostatico che li tiene uniti: quest’attrazione costituisce il legame. I composti contenenti legami ionici sono chiamati composti ionici (NaCl, MgCl2, ecc). Un esempio di composto ionico è il cloruro di sodio (NaCl). Il sodio (Na) appartiene al I gruppo e, quindi, ha un solo elettrone (e-) esterno; la sua elettronegatività è 0.93, un valore basso. Il cloro (Cl) appartiene al VII gruppo e ha, perciò, sette elettroni esterni; la sua elettronegatività è 3.16, un valore alto. La differenza di elettronegatività (3.16 – 0.93 = 2.23) fra i due elementi supera il valore standard di 1.7, quindi fra i loro atomi si forma un legame ionico e l’elettrone dell’atomo di sodio passa a quello di cloro. 1– L’atomo di sodio perde il suo elettrone esterno e diventa uno ione 2– L’atomo di cloro acquista l’elettrone perduto dal cloro e diventa io 3– I due ioni, avendo cariche elettriche di segno opposto, si attirano Formazione del legame ionico nel cloruro di sodio (NaCl) 1 – L’atomo di sodio perde il suo elettrone esterno e diventa uno ione positivo. = Atomo di sodio (Na) Na Na+ + e- 2 – L’atomo di cloro acquista l’elettrone perduto dal cloro e diventa ione negativo. Cl clicca qui per tornare + e- Cl clicca qui per 3 – I due ioni, avendo cariche elettriche di segno opposto, si attirano e restano uniti. = Atomo di sodio (Na) = Atomo di cloro (Cl) Na+ + Cl- NaCl Oltre agli ioni formati da un solo atomo esistono anche ioni negativi molecolari, cioè raggruppamenti di atomi con una o più cariche elettriche diffuse su tutto il gruppo. Esempi comuni sono gli ioni nitrato (NO3-), solfato (SO42-). Ioni positivi molecolari sono più rari. Tra questi ritroviamo lo ione ammonio (NH4+). Anche questi ioni possono dare luogo a composti ionici, comportandosi esattamente come gli ioni monoatomici. Un esempio è un composto costituito da ioni calcio e ioni nitrato che ha formula Ca(NO3)2, dove occorrono due ioni nitrato per bilanciare le due cariche positive dello ione calcio. Il legame covalente si forma fra atomi la cui differenza dei valori di elettronegatività non è maggiore di 1,7. I due atomi mettono in comune un elettrone ciascuno. Gli elettroni che vengono messi in comune sono elettroni spaiati, cioè elettroni che si trovano isolati in un orbitale. Quando i due atomi si avvicinano a sufficienza, avviene una parziale sovrapposizione dei due orbitali in cui si trovano gli elettroni spaiati: i due orbitali si compenetrano l’un l’altro per una certa regione di spazio, che apparterrà contemporaneamente ad entrambi gli orbitali e di conseguenza gli elettroni che si trovano in questi orbitali apparterranno contemporaneamente ai due atomi. Il legame covalente è il legame chimico più forte e si distinguono due tipi di legame covalente: 1 - il legame covalente puro; 2 - il legame covalente polare. Un legame covalente è detto “puro” quando si forma fra atomi con lo stesso valore di elettronegatività, oppure valori molto vicini. In questo caso, gli elettroni che vengono messi in comune fra i due atomi vengono attratti con la stessa forza da entrambi i nuclei e, perciò, vengono ad essere condivisi in maniera uguale fra i due atomi (c’è una distribuzione simmetrica della nube elettronica). Esempi sono la molecola dell’idrogeno (H2) o del cloro (Cl2). IL LEGAME NELLA MOLECOLA DI IDROGENO H2 L’atomo di idrogeno ha solo un elettrone esterno e quindi spaiato. Il gas nobile più vicino all’idrogeno è l’elio (He), che ha due elettroni nel livello più esterno, cioè ha il primo livello energetico completamente occupato. L’idrogeno tende a raggiungere la configurazione dell’elio, cioè a trovare un modo per avere due elettroni nel primo livello. Se due atomi di idrogeno mettono in comune i loro elettroni, ognuno di essi avrà due elettroni, sia pure in comune con l’altro atomo. H H H H Un legame covalente polare si forma tra atomi che hanno elettronegatività diversa, ma non tanto diversa da rendere possibile la formazione di un legame ionico (la differenza dei valori di elettronegatività è sempre minore di 1,7). I due atomi mettono in comune i loro elettroni spaiati, tramite la sovrapposizione degli orbitali in cui si trovano questi elettroni. Tuttavia la coppia di elettroni non è equamente condivisa fra i due atomi: gli elettroni passano più tempo attorno all’atomo più elettronegativo, rendendolo parzialmente (non c’è un trasferimento completo di una carica elettrica da un atomo all’altro, quindi non si formano ioni) negativo, mentre l’altro atomo diviene parzialmente positivo. Una molecola biatomica contenente un legame polare è sempre polare, cioè ha un’estremità positiva e un’estremità negativa. Nel caso di molecole con più di due atomi, la situazione può essere diversa, e dipende dalla geometria della molecola e dalla somma vettoriale dei momenti dipolari associati ai vari legami polari. Possiamo considerare alcuni esempi: - la molecola dell’acqua (H2O) - la molecola del biossido di carbonio (CO2) Il legame dativo (o di coordinazione) è un legame covalente in cui due elettroni di legame provengono da uno stesso atomo. Quindi, perché fra due atomi si possa formare un legame dativo, uno dei due deve avere una coppia di elettroni in uno stesso orbitale, non impegnata in un nessun legame, e l’altro atomo deve avere un orbitale vuoto nel quale poter “alloggiare” questa coppia. Allora la coppia di elettroni viene messa in comune fra i due atomi. I due orbitali si sovrappongono e si forma il legame. L’atomo che fornisce la coppia di elettroni si chiama agente nucleofilo o donatore, mentre l’altro atomo si chiama agente elettrofilo o accettore. Esempi di legame dativo all’interno delle molecole li ritroviamo negli ossiacidi del cloro (idrogeno + ossigeno + cloro): H Cl O La molecola del più semplice di essi, l’acido ipocloroso (HClO), contiene due legami covalenti, uno tra l’atomo di cloro e quello di ossigeno,l’altro tra l’atomo di ossigeno e quello di idrogeno: Cl O H In questa molecola, l’atomo di cloro ha tre coppie di elettroni disponibili, cioè non impegnate in legami. Anche l’ossigeno ne ha due, ma, essendo l’ossigeno un atomo fortemente elettronegativo tende ad avere il ruolo di accettore. Se un altro atomo di ossigeno si avvicina alla molecola di HClO, esso “accoppia” i suoi due elettroni spaiati in un unico orbitale, in modo tale da avere un orbitale vuoto nel quale “alloggiare” una delle coppie di elettroni del cloro. Si forma così il legame legame dativo dativo tra l’atomo di ossigeno (accettore) e l’atomo di cloro (donatore). La molecola che risulta è quella dell’acido cloroso, HClO2. O Cl O H Il legame a idrogeno, o a ponte di idrogeno, è un legame che si forma fra molecole che contengono un atomo di idrogeno legato ad un altro atomo più elettronegativo e di piccole dimensioni. Il legame in queste molecole è covalente polare, con polarità accentuata: l’atomo di idrogeno è parzialmente positivo, l’altro atomo è parzialmente negativo. Si stabilisce allora un’attrazione elettrostatica fra l’atomo di idrogeno di una molecola e l’altro atomo di un’altra molecola. Gli atomi che sono allo stesso tempo sufficientemente elettronegativi e piccoli sono soltanto tre: quelli dell’azoto, dell’ossigeno e del fluoro. Quindi si formano legami a idrogeno quando un atomo di idrogeno è legato a uno di questi tre atomi. Quindi come esempi possiamo analizzare in dettaglio: la molecola dell’acqua (H2O) la molecola del fluoruro di idrogeno (HF) LEGAMI A IDROGENO NELLA MOLECOLA DI ACQUA (H2O) Nella molecola di acqua, l’atomo di ossigeno è parzialmente negativo, mentre i due atomi di idrogeno sono parzialmente positivi. Quando due molecole di acqua si avvicinano, si stabilisce un’attrazione elettrostatica fra l’atomo di ossigeno di una di esse e uno degli atomi di idrogeno dell’altra. Si forma così un legame a idrogeno fra le due molecole. d+ d- d+ d- d+ d+ Macromolecole Biologiche Interazioni non covalenti D —H δ- δ+ −− A δ- Macromolecole Biologiche Le interazioni non covalenti Interazioni fra atomi che non sono legati da legami covalenti. Le interazioni non covalenti sono molto meno intense rispetto alle interazioni covalenti (poche kcal/mol rispetto a 83 kcal/mol per un legame C–C). Questi legami deboli possono formarsi sia fra parti diverse della stessa macromolecola, sia fra parti di macromolecole diverse. Essi giocano un ruolo fondamentale in molti processi biologici, fra cui la fedele replicazione del DNA, il folding delle proteine, il riconoscimento specifico di substrati da parte di enzimi, il riconoscimento di molecole segnale. Le interazioni non covalenti si possono classificare in: - interazioni elettrostatiche - interazioni di van der Waals - legami idrogeno - effetto idrofobico Macromolecole Biologiche Le interazioni non covalenti Energie di legame associate alle principali interazioni non covalenti: Tipo di interazione non covalente Energia di legame (kcal/mole) Interazioni elettrostatiche 0.3-4 Legame idrogeno 0.5-4 Interazioni di van der Waals 0.03-0.1 Nel considerare i vari contributi energetici che stabilizzano una proteina non si può prescindere dal fatto che la proteina è immersa in un solvente, che è costituito principalmente da acqua. Le proprietà fisiche del solvente sono estremamente importanti per la stabilità della proteina. Macromolecole Biologiche Effetto idrofobico Le interazioni fra acqua e superfici non polari non sono favorevoli: proprio come l’olio disperso nell’acqua tende a raccogliersi in un’unica goccia, anche i gruppi non polari nelle proteine tendono ad aggregarsi, per ridurre la superficie apolare a contatto con l’acqua. Questa preferenza di specie non polari per ambienti non acquosi viene detto effetto idrofobico: esso è uno dei principali fattori di stabilità delle proteine. L’effetto idrofobico fa sì che sostanze non polari minimizzino il loro contatto con l’acqua, e molecole anfipatiche (come per esempio i detergenti) formino micelle in soluzioni acquose. Il meccanismo fisico per cui entità non polari sono escluse da soluzioni acquose è di carattere entropico. Macromolecole Biologiche Effetto idrofobico Le molecole d’acqua allo stato liquido formano dinamicamente un alto numero di legami idrogeno, in funzione della temperatura. L’introduzione di una molecola non polare nell’acqua liquida crea una sorta di cavità nell’acqua, che temporaneamente rompe alcuni legami idrogeno fra le molecole d’acqua, poiché un gruppo non polare non può né accettare né donare legami idrogeno con le molecole d’acqua. Le molecole d’acqua spostate si riorientano per formare il maggior numero di nuovi legami idrogeno, creando una struttura ordinata, una specie di gabbia, detta clatrato, intorno alla molecola non polare. Macromolecole Biologiche Effetto idrofobico Poiché il numero di modi con cui le molecole d’acqua formano legami idrogeno sulla superficie di un gruppo non polare è inferiore a quello che farebbero in sua assenza si ha una diminuzione di entropia del sistema. Anche se, da un punto di vista entalpico, il sistema clatrato è più stabile (ΔH < 0, per una debole liberazione di energia dovuto alla formazione di legami idrogeno ed interazioni di van der Waals), globalmente: ΔG = ΔH – TΔS > 0 processo non spontaneo C6H14 Quindi perchè il processo sia spontaneo (DG<0) occorre l’aggregazione dei gruppi non polari in modo da minimizzare l’area superficiale della cavità occupata dal gruppo apolare e quindi la perdita di entropia del sistema. 2xC6H14 C6H14 acqua acqua Legame Dativo: È un legame che si forma per condivisione di una coppia di elettroni tra due atomi, ma è uno solo dei due atomi che cede la sua coppia (doppietto) che alla fine risulta in comune. Detto in altre parole più semplici, si forma quando c’è un atomo che può fornire coppie di elettroni. Esempio: H H+ + H N H Ammoniaca H H N Ione + H H Ammonio Legami chimici secondari “Forza di London” Le forze di london sono determinate da una forza di natura elettrostatica che si manifesta tra le molecole apolari. Ogni molecola apolare, infatti, presenta un’estremità positiva e un’estremità negativa. La parte positiva attira a sé la parte negativa di una molecola vicina; le varie molecole risultano così legate l’una all’altra da una forza attrattiva di natura elettrostatica, dette appunto forze di London . Esempio di molecole apolari: Forze di Van der Waals Le forze di Van der Waals sono forze attrattive che si esercitano tra le molecole polari, è l’intensità delle forze aumenta al crescere delle dimensioni delle molecole. Le forze attrattive si giustificano tenendo conto del fatto che ogni nucleo atomico esercita attrazione sui suoi elettroni ma anche (pur se in misura molto minore) sugli elettroni di atomi vicini. Da queste azioni attrattive si generano deboli legami tra le molecole. Le forze di Van der Waals sono presenti ad esempio tra le molecole di Br2, nel bromo allo stato liquido. ATTRAZIONE Legame a idrogeno Nelle molecole contenenti atomi di idrogeno legati ad atomi di piccole dimensioni, di notevole elettronegatività , si instaura un legame covalente, cioè lo spostamento degli elettroni di legame verso l'atomo più elettronegativo l'idrogeno risulta parzialmente positivo e l'altro atomo parzialmente negativo: pertanto tra l'idrogeno e un'altra analoga molecola si manifestano delle forze di carattere elettrostatico più deboli dei normali legami ionici o covalenti ma sufficienti a costituire ostacolo al movimento delle molecole; la presenza di questi legami influenza soprattutto le proprietà fisiche. Un singolo atomo di idrogeno risulta quindi legato contemporaneamente a due atomi distinti, all'uno con un legame covalente e all'altro con un legame molto più debole, il legame a idrogeno appunto, che comunemente si rappresenta con dei puntini. Ecco un esempio di legame a idrogeno: O ···H O cioè l’acido acetico H3 C C C O H ···O CH 3 LEGAMI CHIMICI LEGAMI PRINCIPALI LEGAMI IONICI LEGAMI SECONDARI LEGAMI COVALENTI PURI LEGAMI METALLICI LEGAMI COVALENTI POLARI LEGAME DATIVO FORZA DI LONDON FORZA DI VAN DER WAALS LEGAME A IDROGENO Diversità tra i viventi Proprietà della VITA La CELLULA Classificazione dei viventi 1 Ciascun vivente nasce, cresce, genera dei figli a lui simili e muore. La nascita, la crescita, la generazione di figli e la morte rappresentano le più evidenti manifestazioni della vita. Perché un vivente può realizzare questi eventi ? Tutti i viventi possiedono delle caratteristiche comuni 2 Le proprietà della vita (1/4) Organizzazione particelle subatomiche 1 atomo molecola organulo cellula tessuto organo apparato popolazione comunità ecosistema biosfera organismo Tutti i viventi sono formati da materia, organizzata in molecole, come i non viventi. La composizione chimica del vivente è, tuttavia, qualitativamente diversa rispetto a quella dell'ambiente che lo circonda. Le molecole dei viventi, inoltre, sono organizzate in "impalcature" che costituiscono sistemi altamente complessi. La vita è organizzata su più livelli di complessità crescente 3 Le proprietà della vita (2/4) 2 Capacità di trasformare materia ed energia Attraverso la nutrizione il cibo Per mantenere la loro particolare organizzazione i viventi devono assumere materia e “spendere” energia. L’energia è indispensabile per trasformare la materia in strutture viventi. viene trasformato in materia vivente 4 Le proprietà della vita (3/4) 3 Capacità di rispondere agli stimoli Un vivente può muoversi per afferrare la preda, per sfuggire al pericolo, o, come nel caso delle piante, per “inseguire”la luce. Un vivente è inoltre in grado di trasformarsi per sopravvivere anche in condizioni avverse (evoluzione). 4 Un vivente è in grado di reagire di fronte al pericolo e di adattarsi ai cambiamenti ambientali Adattamento 5 Le proprietà della vita (4/4) 5 Capacità moltiplicarsi Qualsiasi organismo vivente è destinato presto o tardi a scomparire: con la riproduzione la vita passa da un individuo all’altro, permettendo la perpetuazione della specie. La riproduzione consente di mantenere la vita nel tempo 6 La cellula : espressione minima della vita Tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule: è la cellula la più piccola porzione organizzata di materia che possiede le caratteristiche della vita. si autoregola scambia materia ed energia CELLULA si riproduce con l’ambiente si può evolvere 7 La cellula procariota La cellula procariota è organizzata per garantire la sopravvivenza di organismi molto semplici, con minime richieste energetiche, e non risulta specializzata nel compiere funzioni particolari. membrana cellulare regione nucleare Tutto il volume cellulare è occupato da un liquido di consistenza gelatinosa (il citoplasma), in cui sono immersi tuti i costituenti chimici della cellula, e dei piccoli organuli (ribosomi), deputati alla sintesi delle proteine. Il materiale genetico (DNA) si trova fluttuante nel citoplama, in una regione priva di una membrana che la delimiti (non esiste un nucleo vero e proprio). parete cellulare citoplasma ribosomi Esiste invece una struttura rigida di protezione e di contenimento, la parete cellulare, che la separa dall’ambiente esterno. 8 La cellula eucariota membrana nucleare La cellula eucariota è un tipo di cellula molto più voluminosa e complessa della cellula procariota. Al suo interno lo spazio è organizzato in settori cui compete una certa funzione in modo da assicurarne la sopravvivenza e la riproduzione. citoplasma membrana cellulare Le diverse regioni all’interno della cellula sono delimitate da membrane interne. In particolare , una membrana (membrana nucleare) delimita il nucleo, in cui si trova il materiale genetico (DNA) che presiede al controllo di tutte le attività della cellula stessa. La cellula eucariota possiede inoltre numerosi organuli, in alcuni dei quali hanno luogo i processi metabolici fondamentali : nei ribosomi, ad es.,avviene la sintesi delle proteine; i mitocondri sono la sede della respirazione cellulare nucleo mitocondri Reticolo endoplasmatico con ribosomi 9 Tassonomia : livelli gerarchici La chiave della classificazione naturale del mondo vivente è la specie. SPECIE Generi Famiglie Ordini Linneo Riconoscere individui della stessa specie può risultare abbastanza complesso. Ecco una definizione di specie universalmente accettata: “la specie rappresenta una categoria sistematica comprendente una o più popolazioni di individui con caratteri simili, in grado di accoppiarsi originando prole feconda”. Varie specie con caratteristiche comuni vengono raggruppate in generi; a loro volta i generi possono essere riuniti tra loro per alcuni caratteri generali e raggruppati in famiglie; le famiglie in ordini; gli ordini in classi; le classi in tipi di phila per gli animali e divisioni per i vegetali; i phila/divisioni in regni. Phyla Classi Divisioni REGNI 10 PIANTE FUNGHI ANIMALI I cinque regni Organismi eucarioti pluricellulari ( differiscono principalmente per il modo di nutrirsi ) Il modello ad albero di Whittaker in cinque regni evidenzia l’origine comune e la successiva evoluzione di tutte le forme viventi. Organismi eucarioti per lo più unicellulari Organismi unicellulari procarioti PROTISTI MONERE 11 Caratteristiche dei regni Regno Tipo cellula Nutrizione Num. cellule Monere Procariote Autotrofi e eterotrofi Unicellulari Protisti Eucariote Autotrofi e eterotrofi Principalmente unicellulari Funghi Eucariote Eterotrofi Principalmente pluricellulari Vegetali (Piante) Eucariote Autotrofi Pluricellulari Animali Eucariote Eterotrofi Pluricellulari 12 Amminoacidi Un amminoacido è un composto che contiene sia un gruppo carbossilico sia un gruppo amminico. Gli -amminoacidi sono i più importanti in biologia perché rappresentano i monomeri con cui vengono formate le proteine Gli Amminoacidi si ottengono per idrolisi delle proteine che sono polimeri naturali composti da unità di Aa legate fra loro da legami ammidici (peptidici). Gli amminoacidi servono come fonte di azoto per altri composti: Basi azotate del DNA e RNA Eme e strutture simili nella mioglobina, emoglobina, citocromi, enzimi etc etc Aceticolina e altri neurotrasmettitori Ormoni e fosfolipidi Inoltre possono essere utilizzati come fonte di energia se l’azoto viene rimosso : Catabolismo Tranne che nella glicina (NH2CH2COOH) dove R=H, il carbonio è un centro chirale e tutti gli amminoacidi che si ottengono per idrolisi delle proteine sono otticamente attivi. Essi hanno configurazione L relativamente alla gliceraldeide. La convenzione di Fischer introdotta per i carboidrati vale anche per gli amminoacidi: N.B.: - in natura carboidrati serie D, Amminoacidi serie L ! - non c’è relazione tra configurazione relative e potere ottico rotatorio! Gli amminoacidi portano tutti un nome comune e sono identificati da una abbreviazione di tre lettere. Possono essere classificati sulla base della polarità della catena in: Amminoacidi idrofobici Amminoacidi idrofili Amminoacidi neutri con catene non polari Amminoacidi neutri con catene polari Amminoacidi acidi con catene polari Amminoacidi basici con catene polari Aa con catena neutra, non polare Aa con catena neutra, polare Aa con catena polare, acida Aa con catena polare, basica Proprietà acido-base degli amminoacidi nella molecola dell’amminoacido sono contemporaneamente presenti una funzione carbossilica acida e una funzione amminica basica. Sono reciprocamente compatibili? Gli aa con una sola funzione acida e una sola funzione basica vengono più correttamente rappresentati in una forma IONICA DIPOLARE Questa struttura ionica è in accordo con: I punti di fusione elevati (glicina 233°C) Solubilità relativamente basse nei solventi organici Proprietà elettriche degli aa ai diversi valori di pH Gli amminoacidi sono composti anfoteri che si possono comportare sia da acidi (cedendo un protone alla base forte) sia da basi (ricevendo un protone dall’acido forte) Questo comportamento è illustrato dai seguenti equilibri, validi per un aa con un solo gruppo amminico e un solo gruppo carbossilico OHR CH COOH R H+ NH3+ CH NH3+ COO- R H+ NH3+ - COO H+ CH COO- NH2 aa a pH alto (base) ione dipolare aa a pH basso (acido) R CH OH- R CH COOH NH3+ aa è completamente protonato a pH acido Titolazione degli Amminoacidi I valori di pKa per i gruppi ionizzabili degli amminoacidi sono per la maggior parte ottenuti da titolazioni acido-base, misurando il pH della soluzione in funzione della base aggiunta (o dell’acido). Dopo aggiunta di 0.5 moli di base il gruppo carbossilico è neutralizzato per metà. La concentrazione di ione carico positivamente è uguale a quella dello ione dipolare e il pH = pK a1 del gruppo carbossilico. Il punto finale della prima parte della titolazione si raggiunge quando è stata aggiunta 1 mole di base: la specie predominante è lo ione dipolare. La parte restante della curva rappresenta la titolazione del gruppo –NH3+. Quando si aggiungono 0.5 moli di base (totale 1.5) la metà dei gruppi –NH3+ sono neutralizzati e trasformati in NH2. A questo punto la concentrazione dello ione dipolare è uguale a quella dello ione carico negativamente e il pH = pKa2 dell’aa. Aggiunte 2 moli di base l’aa è completamente convertito in anione. Le curve di titolazione ci permettono di determinare il Punto isoelettrico: è il valore di pH al quale l’ aa ha carica netta = 0 (zwitterione) Esaminando la curva si vede che il pI si trova a metà tra la pka 1 e la pka2 pI = ½ [pKa1 (COOH) + pKa2 (NH3+)] Il punto isoelettrico degli amminoacidi con due gruppi acidi e uno basico, oppure con due gruppi basici e uno acido è molto diverso da quello degli amminoacidi con un solo gruppo dei due tipi. Se sono presenti due gruppi acidi (es. acido aspartico, acido glutammico) il pI è acido (cca pH 3). Il motivo è la richiesta di un eccesso di acidità per sopprimere la dissociazione del secondo gruppo carbossilico (in modo che rimanga neutro). Se sono presenti due gruppi basici (es. lisina, arginina, istidina) il pI è basico (cca pH 7,6-10,8). In tal caso è necessario un eccesso di base per assicurare che uno soltanto dei due gruppi basici sia protonato. Valori di pKa per gli amminoacidi polifunzionali Amminoacido α-CO2H pKa1 α-NH3 pKa2 Catena laterale pKa3 pI Arginina 2.00 9.00 13.20 11.15 Acido Aspartico 2.01 9.82 3.83 2.80 Cisteina 1.71 10.78 8.33 5.02 Acido Glutammico 2.19 9.67 4.25 3.22 Istidina 1.82 9.17 6.04 7.59 Lisina 2.17 9.00 10.80 9.65 Tirosina 2.20 9.11 10.07 5.66 Elettroforesi Si tratta di un processo per la separazione di composti sulla base delle loro cariche Viene impiegata per separare ed identificare miscele di amminoacidi e proteine. Le separazioni elettroforetiche possono essere effettuate impiegando agar, carta, plastiche, acetato di cellulosa come supporto solido Come funziona? Una striscia di carta viene saturata con un tampone acquoso di pH predeterminato (es. pH=6.0) e funge da ponte tra due vaschette elettrodiche. Un campione di aa viene caricato sotto forma di goccia sulla carta. Si applica un potenziale elettrico tra le due vaschette elettrodiche e gli aa migrano verso l’elettrodo di carica opposta. Le molecole con alta densità di carica si muovono con velocità maggiore, quelle che sono al punto isoelettrico rimangono ferme all’origine. Gli amminoacidi con carica negativa al valore di pH del tampone utilizzato, migrano verso l’elettrodo positivo e quelli con carica positiva migrano verso l’elettrodo negativo. Quelli che non hanno carica rimangono al punto d’origine. Reazione con ninidrina Cromatografia su carta Dopo completa separazione per rendere visibili gli aa si spruzza un colorante. Il colorante più comunemente usato è la ninidrina Amminoacidi eurotrasmettitori Proteine - COO R + ROCHN (R) C N O S (R) (S) H NH3 CH3 CH3 COO Penicillina (R)-Cys + (S)-Val Metabolismo Amminoacidi proteinogenici con catena apolare (I) glicina gly G HOOC H H2N HOOC alanina ala A CH3 H2N HOOC valina val V CH(CH3)2 H2N leucina leu L HOOC CH2CH(CH3)2 H2N Amminoacidi proteinogenici con catena apolare (II) HOOC isoleucina ile I H 2N CH3 CH2CH3 HOOC metionina met M CH2CH2SCH3 H 2N HOOC fenilalanina phe F CH2 H 2N HOOC prolina pro P HN Amminoacidi proteinogenici con catena polare (I) HOOC asparagina asn N CH2CONH2 H2N HOOC glutammina gln Q CH2CH2CONH2 H2N HOOC serina ser S CH2OH H2N HOOC treonina thr OH T H2N CH3 Amminoacidi proteinogenici con catena polare (II) HOOC NH CH2 triptofano trp W H2N HOOC tirosina tyr Y CH2 H2N HOOC cisteina cys C CH2SH H2N OH Amminoacidi proteinogenici con catena acida (anionici) o basica (cationici) HOOC acido aspartico asp D CH2COOH H2N HOOC acido glutammico glu E CH2CH2COOH H2N HOOC arginina arg R NH CH2CH2CH2NH C NH2 H2N H N HOOC istidina his H CH2 H2N N HOOC lisina lys CH2CH2CH2CH2NH2 K H2 N Configurazione degli Amminoacidi carbonio α H2N COOH C R COOH NH2 C H R H CHO Proiezione di Fischer H C OH CH2OH COOH NH2 C H R Amminoacido L COOH Gliceraldeide D H C NH2 R Amminoacido D Serie L = H2 a sinistra Serie D = H2 a destra Nomenclatura di CahnCahn-IngoldIngold-Prelog H H3C COOH NH2 (S)-alanina H C6H5-CH2 NH2 (S)-fenilalanina COOH COOH H2N H H2N H3C H H CH2CH3 L-isoleucina acido (2S,3S)-2-ammino-3-metilpentanoico COOH H OH CH3 L-treonina acido (2S,3R)-2-ammino-3-idrossibutanoico