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Obitorio Altri Versi

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Obitorio Altri Versi
Copyright ©Maggio 2014
MenteSuggeSostanza Edizioni
http://mentesuggesostanza.blogspot.it/
https://www.facebook.com/MenteSuggeSostanza
grafica ed impaginazione: InFraRed
in copertina: Morgue
Pubblicato con Licenza Creative Commons 3.0
Attribuzione, Non Commerciale, Non Opere Derivate
Gottfried Benn
Obitorio e Altre Poesie
a cura di MSS
a-versi in-versi
Indice
7
• Biografia
Obitorio
• Piccolo astro
• Una bella infanzia
• Ciclo
• Sposa del Negro
• Requiem
10
11
12
13
14
Altri Versi
• Appendicectomia
• Uomo e donna che camminano nel reparto...
• Sala di Lavoro
• Night Cafè
• Treno Espresso
• Dinanzi ad un campo di grano
• Treno Sotterraneo
16
18
20
22
24
26
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Biografia
Assurdo e la fine ovunque intorno all’orlo.
Figlio di un pastore protestante, Gottfried Benn, abbandonò presto lo studio della teologia per dedicarsi alla medicina presso l’accademia militare di Berlino dove si laureò nel
1910. Esordì nella letteratura pubblicando nel 1912 la raccolta di poesie espressioniste Morgue e altre poesie, ambientata
prevalentemente nei padiglioni di un ospedale e fitta di immagini macabre e mortuarie. L’opera destò un certo scandalo
e proiettò Benn negli ambienti letterari della Berlino degli
anni ‘10. Il dottor Benn entrò in contatto con gli artisti del
gruppo Die Brücke ed iniziò un’avventura sentimentale con
la poetessa ebrea Else Lasker-Schüler.
Durante la prima guerra mondiale Benn prosegue la sua
professione di medico come sifilopatologo prestando servizio nell’esercito tedesco di occupazione in Belgio. Nel 1916
pubblica il racconto lungo Cervelli (Gehirne) seguito poi da
Le novelle di Rönne. Opera fortemente autobiografica, dove
le giornate di un medico dell’esercito vengono descritte attraverso un flusso di immagini pregne di regressione onirica e simbolismo. Terminato il conflitto Benn si ritrasferisce
7
di nuovo a Berlino dove apre uno studio privato sulla Hermannstraße.
Nel dopoguerra, ostile alla Repubblica di Weimar, fece parte del movimento culturale della Rivoluzione conservatrice e
poi simpatizzò per l’emergente movimento nazista. Nel febbraio del 1933 viene chiamato dai gerarchi nazisti a dirigere
la sezione di poesia dell’Accademia di Prussia, dai quali erano stati espulsi o si erano volontariamente allontanati poeti e
intellettuali ostili al nuovo regime. Durante questi anni Benn
scrive alcuni saggi e articoli, raccolti poi nel volume Die neue
Staat und die Intellektuellen (1932), dalla quale si avverte una
forte fascinazione estetizzante per il nazionalsocialismo, salutato come forza storica nuova, potente, nata da istanze dionisiache e assertrice del culto della forma. Concetti ripetuti
ancora in una serie di saggi raccolti poi nel libro Kunst und
Macht (1935).
Ma la luna di miele fra Benn e i gerarchi ha vita breve. I nazisti mettono gli occhi sui suoi scritti giovanili e sulle sue affinità poetiche col movimento espressionista che Goebbels e
compagni bollano come «arte degenerata» e lo bandiscono.
In giugno Hans Friederich Blunck lo sostituisce alla direzione dell’Accademia e Benn prende le distanze dal nazismo. Il
8
27 agosto 1934 ne scrive alla poetessa Ina Seidel: «Il tutto
mi comincia ad apparire come una sceneggiata che annuncia
sempre il Faust ma la troupe è appena sufficiente per un’operetta. Con quali toni grandiosi ha esordito e come appare
schifoso oggi!». Benn, profondamente amareggiato, scompare dalla scena pubblica e si ritira ad Hannover. All’amico
Friedrich Oelze scrive il 18 novembre di voler tornare a far
parte dell’Esercito: «la Reichswehr è la forma aristocratica di
emigrazione». Nel 1937 è attaccato da Wolfgang Willrich, ufficiale delle SS, nel libro Säuberung des Kunsttempels (Pulizia
del tempio dell’arte) ma Benn è difeso da Heinrich Himmler:
tuttavia, nel 1938, la Reichsschrifttumskammer, l’Associazione degli scrittori, proibisce a Benn la pubblicazione dei suoi
libri.
Finita la guerra, nel 1951 ottiene il premio Georg Büchner.
Muore a Berlino Ovest nel 1956 e viene sepolto nel cimitero
Waldfriedhof di Dahlem.
Piccolo Astro
Il corpo dell’autista di
un camion di birra fu
sollevato su una barella
Qualcuno aveva messo
un piccolo astro
viola scuro tra i suoi denti.
Quando giunsi attraverso il torace
sotto pelle
con un lungo coltello
per recidere la lingua ed il palato
devo aver intaccato il fiore, poichè slittò
verso il cervello distendendosi di lato.
Lo sistemai nella cavità toracica
con la segatura
e una bella cucitura.
Bevi tutto in cotanto vaso!
Riposa in pace,
piccolo astro.
1. Astro (Aster) è un piccolo fiore simile alla margherita
10
Una Bella Infanzia
La bocca di una fanciulla che a lungo aveva giaciuto
tra le canne
appariva alquanto smangiucchiata.
Quando abbiamo aperto il torso,
l’esofago era pieno di buchi.
Alla fine in un incavo sotto il diaframma
abbiamo trovato un nido di piccoli ratti.
Una piccola topolina giaceva morta.
Gli altri vivevano tra fegato e rene,
bevendo il freddo sangue e godendosi
una bella infanzia.
E bella e rapida è stata anche la loro morte:
Abbiamo messo l’intero mucchio in acqua.
Oh, quanto hanno squittito quei piccoli musetti!
11
Ciclo
Il molare solitario di una puttana
morta senza nome
aveva un riempimento d’oro.
Come per un accordo silente
gli altri invece erano caduti.
Ma questo lasciò di stucco
l’assistente dell’obitorio
che l’aveva impegnato per andare a ballare.
Poichè, egli ha detto,
solo la terra deve tornare alla terra.
12
La Sposa del Negro
Dunque la bionda gola di una donna bianca
giaceva su cuscini di sangue scuro.
Il sole s’infervorava tra i suoi capelli
e leccava le sue coscie leggere
e s’inginocchiava davanti ai suoi seni bruni,
non ancora distorti dal vizio o dalla maternità.
Al suo fianco un negro, occhi e fronte
maciullati da uno zoccolo di cavallo, con
due dita del suo piede sinistro sporco
nel piccolo orecchio bianco di lei.
Ancora giace addormentata come una sposa:
sul punto delle prime gioie dell’amore
e nell’attesa di molti futuri ribollii
di giovane e caldo sangue.
Fino a quando non le hanno affondato
il coltello nella gola bianca schizzandole
un manto viola di sangue morto
attorno alle anche.
13
Requiem
Due su ciascun tavolo. Uomini e donne
di lato. Attaccati, nudi, ma senza
dolore.
Cranio aperto. Il torso squarciato. I corpi
generano vita per l'ultima volta.
Ciascuno riempie tre recipienti: dal cervello alle
palle.
Il tempio di Dio ed il covo del diavolo,
ora fianco a fianco in un secchio di sbobba,
sogghignano al Golgotha e alla caduta dell'uomo.
Ciò che resta va nelle bare. Veri
neonati:
le gambe dell'uomo, il torso del bambino, i capelli della donna.
Ho visto ciò che hanno generato due prostitute,
giacere lì, come uscito da un solo utero.
14
Altri Versi
1912-1913
15
Appendicectomia
Tutto è pulito e sterile per il taglio.
I coltelli fanno fumo. Il ventre è dipinto.
Sotto panni bianchi qualcosa geme.
“Siamo pronti, quando voi siete pronto Signore.”
La prima incisione. Come tagliare il pane.
“Pinze!” Uno schizzo cremisi.
Più a fondo. I muscoli: umidi, brillanti e freschi.
C’è un ramo di rose sul tavolo?
E’ pus quello che ha cominciato a zampillare?
Avranno tagliato l’intestino?
“Dottore, se rimane davanti alla luce,
come diavolo faccio a vedere il peritoneo.
Anestesista, non posso operare,
l’uomo sta facendo sobbalzare il suo stomaco.”
Silenzio, pesante, umido. Nel vuoto
il tintinnio di una forbice caduta a terra.
E l’angelica infermiera porge tamponi sterilizzati.
“Non riesco a vedere nulla in questa porcheria!”
“Il sangue diventa scuro. Mi tolga la mascherina!”
“Ma - Dio del cielo - signore, per favore,
spingete di più su quei talloni!”
Tutto aggrovigliato. Finalmente: trovato!
16
“Cauterizzi, infermiera!” Un sibilo.
Sei stato ancora una volta fortunato, figlio mio.
La cosa era quasi in perforazione.
“Vedete questo punto verde? Tre ore, credo,
ed il mesentere si sarebbe riempito di merda.”
Ventre chiuso, pelle suturata.
“Qui cerotti!
Buona giornata signori.”
La sala si svuota.
Furiosa, scuotendo la sua spada ossuta,
la Morte se la squaglia dal reparto di oncologia.
1912
17
Uomo e Donna che camminano nel reparto dei malati di cancro
L’uomo:
in questa fila ci sono i grembi laceri,
ed in questa i toraci malandati.
Letti affianco a letti puzzolenti.
Le sorelle si alternano ogni ora.
Vieni, solleviamo adagio questa coperta.
Guarda questa massa di grasso e umori marci,
una volta importanti per l’uomo,
e che ha significato estasi e casa.
Vieni, ora guarda quelle cicatrici sul torace.
Lo senti il rosario di piccoli nodi?
Tocca, senza paura. La carne è morbida e non fa male.
Qui c’è ne uno che sanguina come da trenta corpi.
Nessuno ha così tanto sangue.
Hanno dovuto estrarre un bambino da questa qui,
dal suo utero canceroso.
Li lasciano dormire. Tutto il giorno,
tutta la notte. - Dicono
ai nuovi arrivati: qui il sonno è curativo. - Ma le domeniche
li si fa alzare un pò per le visite.
Gli si dà un pò di cibo. Le
loro schiene sono piene di piaghe. Guarde le mosche.
18
A volte le sorelle li lavano. Come si lavano le panche.
Qui la tomba si solleva un pò su ogni letto.
E la carne è calata fino alla terra.
Il fuoco si consuma. E la linfa si prepara a fluire.
La terra chiama.
1912
19
Sala
Le donne più povere di Berlino
- tredici figli in una camera e mezza,
prostitute, reietti, prigionieri si contorcono e piagnucolano.
In nessun altro luogo c’è tanto lamento.
Da nessun’altra parte v’è sofferenza e dolore
e non è qualcosa che uno può ignorare
poichè qui si urla sempre.
“Spingi, donna! capito? Spingi!
Non sei qui per divertirti
Non trattenerti. Non aspettare.
Spingi anche se evacui!
Non sei qui per una pausa.
Non esce da solo. Devi spingere!”
Alla fine è uscito: piccolo e bluastro,
ed anche sporco di urina e feci.
Da undici letti di lacrime e sangue
singhiozzano com per salutare.
Un coro s’innalza da due soli occhi
per portare giubilo ai cieli.
Questo piccolo pezzo dicarne proverà
20
tutto col tempo: gioia e dolore.
E quando un giornò morirà ansimante e agonizzante
altri riempiranno i dodici letti in questa stanza.
1912
21
Night Café
824: L'amore e la vita delle Donne.
Il violoncello consuma un veloce drink. Il flauto
rutta in tre battute: il suo gustoso snack serale.
Il tamburo legge la fine del romanzo giallo.
Denti verdi, brufoli sulla faccia,
segni di congiuntivite.
Grasso nei capelli
parla spalancando la bocca con le tonsille gonfie,
fede speranza e carità intorno al collo.
Un dolce gozzo con il naso da boxer.
Offre loro tre mezze pinte.
L'uomo con la sicosi compra garofani per
nascondere il doppio mento.
Si bemolle minore: sonata op. 35.
Un paio di occhi ruggiscono:
stai facendo a pezzi Chopin,
perché già trascinarsi nell'accidia è
un gran bel da fare
Hey, Gigi! Stop!
La porta si apre: una donna.
Il deserto si è prosciugato. Bruna cananea.
22
Casto. Pieno di cave. Emana un profumo. Forte fragranza.
E' solo una dolce bolla d'aria contro il mio cervello.
L'obesità trotterella dietro.
1912
23
Treno Espresso
Marrone come Cognac. Marrone come le foglie.
Rosso-marrone. Giallo malese.
Treno espresso Berlino-Trelleborg e resort
del Mar Baltico.
Carne, che si denuda.
Abbronzata sino alle labbra dal mare.
Così matura, per il piacere greco.
E l’attesa della falce: quanto sembra lunga l’estate!
Già quasi alla fine dei nove mesi!
Barba incolta e autentica sete di mandorle in noi.
La fioritura, il sangue, la stanchezza,
la vicinanza delle dalie ci confonde.
Un uomo moro si lancia su di una donna mora:
Una donna è cosa di una notte.
E se è stata brava, allora anche per la notte successiva!
Oh, e poi ritornar ad essere soli!
Questi silenzi! Questo lasciarsi andare alla deriva!
Una donna è fragranza.
Inspiegabile! Dissolvenza. Reseda.
In lei il sud, il mandriano ed il mare.
In ogni dove giace un piacere.
24
Una donna castana barcolla verso un uomo moro:
tienimi, caro; sto cadendo.
Sono tanto stanca alla gola.
Oh, questa febbrile dolcezza
ultima fragranza soffiata dai giardini.
1912
25
Dinanzi a un campo di grano
Dinanzi ad un campo di grano disse:
la leggendaria fedeltà dei fiordalisi
è un ottimo motivo per le pittrici,
ma preferisco l’opera profonda del papavero.
Ti fà pensare a grumi di sangue e mestruazioni.
A sofferenza, a lamenti, a fame,
a morte in breve: al percorso torbido dell’uomo!
1913
26
Treno Sotterraneo
Brividi lascivi. I primi fiori. Così come si esce
da una calda pelliccia si esce dai boschi.
Uno sciame rosso si accende. Il sangue aumenta
e sale alla testa.
Attraverso tutta la primavera giunge la donna.
Le calze si stendono dal collo del piede,
ma dove terminano non mi è dato vedere.
Singhiozzo sulla soglia:
afosa vegetazione, aliena umidità.
Oh come dissipa la sua bocca l’aria tiepida!
Tu cervello di rose, sangue marino, dea del tramonto,
Tu letto di terra, con quanta padronanza dalle tue anche
fluiscono i tuoi passi, il tuo camminare è planata.
Buio: vive ora sotto le sue vesti:
puro animale bianco, libero, e muta fragranza.
Un cervello da cane, carico di divinità.
La mia fronte è così stanca.
191
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