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In convento ai tempi del Webnovità!

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In convento ai tempi del Webnovità!
la Repubblica/tecnologie_internet: In convento ai tempi del Web
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Preghiera e computer, uncinetto e pittura
così vivono le monache di Carpineto Romano
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In convento
ai tempi del Web
dal nostro inviato BRUNELLA SCHISA
CARPINETO
ROMANO - Chissà
che cosa sognano
le monache del
convento del
Carmelo "S. Anna",
chiuse nelle loro
cellette, con il
crocifisso sopra al
comodino. Chissà
se, finalmente libere
dal velo e dalle
informi tonache, l'irresistibile amore per il Signore
che le ha scelte e chiamate per una vita
contemplativa, irrompe anche dal loro inconscio,
o se invece sognano il mondo che hanno
abbandonato: gli affetti, le frustrazioni, le
speranze e i dolori lasciati fuori dal portone che
si sono richiuse alle spalle per sempre.
Il convento
via Web
Il sito tra
vignette e
testimonianze
IN RETE
Il sito
delle suore
Il convento, a settanta chilometri da Roma, è
circondato dalle montagne. Nel cuore del paese,
arroccato tra case di pietra in un dedalo di strade
dove passano a fatica le biciclette. Varcato il
grande portone, c'è un'altra porta, con al centro
una stretta grata di legno, da dove le monache
comunicano con l'esterno e con chi si presenti
per chiedere aiuto o asilo. La priora, Suor Maria
Elvira, ci accoglie con poco entusiasmo.
Conosce da tempo Simona, la fotografa che per
realizzare il servizio ha più volte frequentato il
convento, e la rimprovera garbatamente
dell'invasione che sconvolgerà per un giorno i
ritmi della comunità. Luogo di silenzio, circondato
dal silenzio. L'aria settembrina che entra dalle
finestre insieme col panorama dei Monti Lepini
induce alla contemplazione. A settanta anni
Madre Elvira è perfettamente consapevole
dell'importanza dei media, e poiché uno dei suoi
compiti è fare proselitismo, ogni tanto, non senza
difficoltà, apre le porte ai giornalisti e tutti i giorni,
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con divertimento, una finestra sul mondo
attraverso il Web. E qui cade il primo pregiudizio.
Le povere monacelle che scandiscono la loro vita
soltanto con la preghiera, hanno creato un sito
da professioniste . E la monaca tecnologica Suor
Noemi, si muove nel cyberspazio come Cyrano
de Bergerac sulla luna e soffre di tutte le
sindromi da computer. Ed ecco dissipato il
secondo pregiudizio. Un convento di clausura
non è un buen retiro, né un luogo che mette al
riparo dalle tensioni quotidiane. Noemi infatti è
stressata. Il vescovo le ha dato da riscrivere e
impaginare in tempi strettissimi la tesi "Essere
suore nel Duemila" e mentre la stampante sforna
a ritmi da catena di montaggio la copertina rossa,
lei muove rapidamente il cursore per la
correzione ortografica che si ferma a ogni parola
latina, cioè sempre. "Come vede le tensioni le
abbiamo anche noi, ma è come un'acqua che si
increspa e poi si cheta", commenta Madre Elvira
mentre scendiamo le scale che ci conducono
nella stanza del lavoro. Lì, intorno a un enorme
tavolo quadrato, alcune suore sono impegnate in
lavori di uncinetto, cucito e pittura. Alcune
infilano corone dei rosari, altre confezionano
scapolari del Carmine e
minuti oggetti devozionali. Sono chine sui loro
lavoretti, timide e curiose, alzano raramente la
testa. L'età media, esclusa la priora, non supera i
30 anni. Hanno mani morbide, incarnati di pesca,
pelli prive di imperfezioni, sguardi sereni, occhi
mobili e limpidi come laghi alpini.
La regola del Carmelitano vuole che quando non
pregano le monache siano impegnate in attività
manuali con le quali contribuiscono a sostenere
la comunità. "Lavoriamo per non stare in ozio e
non essere tentate dal diavolo, ma soprattutto
perché siamo povere. Nessuno ci mantiene e ci
guadagniamo il pane con le nostre attività, con le
offerte di parenti, amici e di tutte le persone di
buon cuore. Il Vaticano ci commissiona soltanto
due lavori di filatelia all'anno, con i quali
naturalmente non paghiamo le bollette di gas,
acqua, telefono, né i vestiti che indossiamo",
spiega la priora, distruggendo il terzo pregiudizio.
La giornata al Carmelo ha ritmi precisi. Sveglia
alle quattro e mezzo del mattino, un rapido caffè,
e alle cinque e dieci tutte in chiesa per le letture
della Sacra Scrittura e le lodi mattutine. Tre ore
di preghiere, alle 8 e mezza la colazione e il
riordino delle celle e gli spazi comuni.
"Ogni sorella ha affidato il suo angolino di
pulizia". Poi il lavoro. Le monache in formazione,
(juniores) vanno a lezione spirituale dalla Madre
Maestra, le professe solenni si mettono al lavoro.
Chi cucina, chi si occupa della lavanderia, chi
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della stireria, chi del computer. Il tutto in
silenzio. Questa è la regola carmelitana. "I nostri
sono lavori manuali, quasi meccanici che non ci
distraggono dal pensiero di Dio che ci
accompagna in ogni momento. Non c'è soltanto il
silenzio delle parole, esistono silenzi interiori che
si trasformano in silenzi dei desideri e delle
passioni che ti portano più vicino a Lui", afferma
Suor Maria Cristina.
Siamo sulla
terrazza, sotto il
pergolato di vite
vergine nell'ora
della ricreazione
dopo il pranzo, che
abbiamo
consumato in una
stanzetta all'ingresso, lontano dal refettorio delle
monache. "E' venerdì, giorno di astinenza,
dovrete accontentarvi di quello che passa il
convento", ci aveva
avvertito la priora ritirandosi. Sulla tavola
imbandita da Suor Paola, addetta alla cucina,
sono già disposte penne al pomodoro, dentice al
forno, insalata verde, pomodori. Formaggio e
frutta. In nostro onore anche una bottiglia di vino.
"L'astinenza", ci spiegheranno dopo ridendo del
nostro smarrimento "consiste nell'astenerci dalla
carne".
L'atmosfera ormai si è sciolta. La regola vuole
che quell'ora sia dedicata allo svago, alle parole,
ai racconti e al divertimento. Sono tutte sedute in
cerchio sotto il pergolato allegre e curiose e
continuano a lavorare ai loro piccoli tesori
devozionali. Alcune si informano sotto voce delle
nostre biografie personali. "E' sposata con un
figlio, mi sono già informata, non può farsi suora
del Carmelo", ridacchia una. L'allegria è
contagiosa. Diventano serie soltanto quando
parlano della loro vocazione. Suor Francesca,
l'artista della comunità, comincia a raccontare la
sua storia. "Ero all'ultimo anno di Accademia di
Belle Arti e andavo anche bene, ero fidanzata,
ma c'era qualcosa che non andava. Non sapevo
cosa. Nell'amore umano mi sentivo limitata,
cercavo qualcosa di più universale. Avevo la
necessità di confrontarmi con la parola di Dio, e
così ho deciso di andare in convento e lì ho
avuto l'incontro che cercavo. Il Signore mi ha
parlato aiutandomi a capire qual era la mia
strada".
Una strada faticosa e senza ritorno. Le monache
quando prendono i voti sanno che non usciranno
più da quelle mura, neanche per il funerale di un
genitore. Unica eccezione è andare dal medico.
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Non possono telefonare, ma scrivere sì. "La
nostra è una vita fatta di immolazione e rinuncia,
di morte di noi stesse, perché dalla morte poi
risorgi a vita nuova", spiega un'altra con voce
ispirata. Le parole "amore", "innamoramento",
"passione", ricorrono continuamente nei loro
racconti. Poi prende la parola Rita che vuole
raccontare il suo lunghissimo cammino dalla
Nigeria, alla ricerca di una vita contemplativa e
spirituale. "Quando Dio ti parla, il richiamo è
irresistibile, senti dentro di te un desiderio di
amare e servire. Il cuore si dilata per abbracciare
un mondo che chiede aiuto. E come un
innamoramento che rende insignificante tutto il
resto".
La comunità condivide tutto, gioie e dolori. "La
nostra vita è piena di fraternità. Quando
riceviamo una visita o una lettera sentiamo
subito l'esigenza di condividere con le altre la
gioia ricevuta. Quando una di noi ha una visita,
tutta la comunità viene a salutare e i parenti e gli
amici nelle lettere chiedono notizie di tutte noi",
aggiunge Luisa.
Anche la nostra visita è pienamente condivisa.
Per stare insieme le suore hanno rinunciato al
riposo e all'ora del silenzio stretto. L'Ora Nona è
passata da un pezzo. Bisogna andare in chiesa
per la preghiera e per il rosario. Scendono in fila
indiana tutte e venti e prendono posto nel coro
della navata di sinistra, chiuso dalle grate. Noemi
all'armonium intona il primo cantico: "Io gioisco
pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel
mio Dio", i volti sono trasformati, trasfigurati in
tante piccole Santa Teresa di Lisieux, l'icona
venerata dalle carmelitane. "Per amore di Sion
mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme
non mi darò pace", cantano con voci vibranti.
Un pensiero profano irrefrenabile: il bel volto
nero di Suor Rita così compreso nel canto
ricorda "Sister Act", ma è inutile confessarlo, non
capirebbero la citazione. Hanno la televisione ma
seguono soltanto i telegiornali e i pochi film
soltanto in cassetta e assolutamente sconosciuti
fuori le mura del convento. Ma sono così
moderne e tecnologiche che il pensiero non è poi
così azzardato. Hanno anche inciso un Cd di
Canti Gregoriani, con il marchio Siae, che
vendono alle parrocchie e ai fedeli anche via
Internet. All'ora dei vespri, loro sono già pronte
per tornare a pregare. Ma non riusciamo ad
aprire la porta per uscire. "Girate la chiave,
siamo pur sempre un convento di clausura", ci
fulmina Noemi.
(29 settembre 2000)
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