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VOCE DELLE MARChE - Arcidiocesi di Fermo
n° 22 19 Giugno 2011 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n.46) art.1, comma 1 Commerciale Business Ancona Gigante in santità FERMO €1 ›› 7 Festa Confraternite S. ELPIDIO A MARE ›› 9 Palestra FEA MONTE S. GIUSTO ›› 11 La situazione in Kerala VOCE ECCLESIALE ›› 13 Ha creduto all'amore VOCE ECCLESIALE ›› 15 Aquile gemelle ad esprimere compiutamente, come far conoscere fino in fondo quanto vissuto, visto, sentito nei quindici mesi di preseni ritrovo ancora una volta a scrivere de L’Aquila e del gemellaggio za a L’Aquila? Qualcuno, forse, non sa neanche che ci tra la Chiesa aquilana e quella sia stato e che c’è ancora un gemellaggio marchigiana in seguito al sisma del 6 tra le nostre Chiese. Altri saranno più aprile 2009. Ogni volta per me è un piacere. Allo stesso curiosi di sapere come va la ricostruzione o come sono le casette costruite. Qualcun tempo, però, torna costante quella senaltro, probabilmente, non si chiederà sazione di inadeguatezza: come riuscire • Noemi Tamburrini M Libri: Alba ut sol ARTE & CULTURA ›› fermo-l'a quila, pizzoli/arischia-morrovalle, dolore accolto e donato ›› 19 nulla e si ricorderà di ciò che è successo solo quando il Telegiornale informerà su nuove udienze, nuove manifestazioni da parte degli aquilani o nuove scosse di terremoto. La domanda che maggiormente mi veniva e mi viene posta è: "Ma come stanno effettivamente le cose?" Purtroppo, la realta incredibile è che due anni fa, come ora, la risposta non è né ›› 3 scontata né immediata. • PER ABBONARSI: 0734.227957 o inviare una e-mail a [email protected] - C/C Postale n° 000006036559 intestato a Fondazione Terzo Millennio Consegnato alle Poste il 14/06/2011 2 PRIMA PAGINA: Aquile gemelle 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› I NODI DA RISOLVERE E LE DOMANDE CHE TUTTI CI DOVREMMO PORRE Mancano strategie per il futuro • Noemi Tamburrini I l terremoto mette a nudo la nostra fragilità. Costruiamo e troppo spesso deturpiamo le nostre città. Viviamo le nostre giornate coccolati dalla certezza dei luoghi familiari che fanno parte della nostra vita: le strade che percorriamo giornalmente, il corso lungo il quale girare per negozi, l’ufficio, la scuola, la chiesa, la casa. Bastano pochi secondi e tutto è messo in pericolo, o peggio, non c’è più. L’Aquila viveva una situazione difficile già da prima del terremoto: capoluogo di regione, aveva visto la maggior parte dei suoi uffici trasferiti a Pescara. Unica vera fonte di vita economica e sociale era l’università. Oggi questa realtà è in serio pericolo. Se da una parte sono stati presi provvedimenti che avvantaggiano gli studenti che sono ancora iscritti e che vogliono iscriversi (tasse gratis per i primi tre anni), dall’altra mancano quei servizi che rendono serena una vita da universitari. Non ci sono più luoghi di aggregazione. L’unica mensa è stata riaperta da pochi mesi dopo la chiusura stabilita dalle forze dell’ordine per problemi igienico-sanitari. Mancano i collegi: alcuni sono stati ricostruiti ma qualche cantiere, a lavori terminati, è stato bloccato per "vizi di forma". La cosa più triste e più grave è che gli affitti delle case (dei paesi fuori L’Aquila) sono raddoppiati, se non triplicati rendendo davvero proibitivo trovare un posto letto. Una delle più grandi piaghe che blocca la ricostruzione e la rinascita della città è la mancanza di un progetto che parta dall’amministrazione locale. Dagli articoli dei giornali del posto è questo il dato di fatto che appare sempre più evidente: i soldi ci sono ma mancano un piano ed una progettazione a lungo termine che permettano e assicurino alla città di uscire da questa impasse. Riprendendo una frase di uno degli ultimi articoli di Giustino Parisse a riguardo: Mancano idee strategiche sul futuro. Si aggiungono poi i problemi relativi all’animazione dei nuovi centri abitati (villaggi M.A.P o progetto C.A.S.E): cittadini provenienti da diverse zone della città e da differenti frazioni abitano ora a stretto contatto e devono riuscire a ad organizzare momenti per conoscersi e costruire un nuovo tessuto sociale. Purtroppo, difficile è anche la situazione della Diocesi de L’Aquila. In un accorato appello pubblicato nel quindicinale diocesano Vola, Mons. Molinari ha denuncia una dolorosa e scandalosa divisione che sta colpendo non solo I soldi ci sono ma mancano un piano e una progettazione a lungo termine che facciano uscire la Città dall'impasse. la città ma anche la stessa Chiesa Aquilana. I problemi, vanno dunque al di là della ricostruzione. È necessario prendere coscienza di essi e pensare che non riguardino solo una realtà altra, diversa dalla nostra. Come si comporterebbero le nostre comunità in una situazione simile? Come ci comporteremmo noi se, da un giorno all’altro, non potessimo più percorrere le "nostre" strade, non potessimo più andare in ufficio o a scuola, non potessimo entrare più nelle nostre Chiese o nelle nostre case? • Foto di gruppo della visita da parte di pizzolani e arischiesi a Morrovalle nell'aprile 2010 PRIMA PAGINA: Aquile gemelle n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 ›› pizzoli chiama, morrovalle risponde Tanta gratitudine • Don Claudio L'Aquila due anni dopo il terremoto D on Claudio è stato il primo parroco incontrato all’inizio dell’avventura del gemellaggio. Memorabile il primo incontro "tecnico-operativo", nel suo ufficio parrocchiale: una forte scossa di terremoto con epicentro Pizzoli ha segnato l’inizio di questa collaborazione! Dal giugno 2009 molte sono state le iniziative costruite insieme alla comunità pizzolana. Una delle più significative, è stata quella del gemellaggio con la parrocchia di Morrovalle. Pizzolani ed arischiesi infatti sono stati ospiti delle famiglie marchigiane per due giorni intensi. Questa è una breve riflessione scritta dal parroco di Pizzoli: Il mio ringraziamento va a don Giordano e a tutti gli amici di Morrovalle. Sono sicuro che questa amicizia continuerà nello spirito di comunione e di collaborazione. "Speriamo di rivederci, tanto la Chiesa è questo no? È comunione!”. Queste sono le parole che il caro don Giordano mi ha detto salutandomi dopo un breve incontro di programmazione che abbiamo fatto insieme a Noemi qui a Pizzoli. Ha ragione don Giordano, la Chiesa è comunione e noi aquilani di Pizzoli lo abbiamo sperimentato proprio “grazie” alla brutta tragedia del terremoto. Come dimenticare Noemi Giulia e Rosanna che sono state con noi dai giorni immediatamente successivi al terremoto per più di un anno? Come dimenticare il nostro viaggio a Morrovalle? Il terremoto (che continua ancora sia nelle scosse ma soprattutto nei suoi effetti) ci ha fatto sperimentare la bella amicizia dei marchigiani che fino ad allora conoscevamo solo per un detto sicuramente poco simpatico (“meglio un morto…”). Un’amicizia ancora più bella perché è andata oltre il momento dell’emergenza, è riuscita a guardare oltre la programmazione della Caritas nazionale che aveva inviato le delegazioni in tutte le zone dell’aquilano. Un’amicizia che sta continuando ad accompagnarci con tanto affetto in questo periodo in cui la ricostruzione dell’Aquila è quasi del tutto ferma e i nostri politici perdono molto tempo a rimbeccarsi a vicenda. Il mio ringraziamento, dunque, va a don Giordano e a tutti gli amici di Morrovalle che abbiamo conosciuto. Sono sicuro che questa amicizia continuerà nello spirito di comunione di cui parlava don Giordano. Non è un caso che il viaggio a Morrovalle delle parrocchie di Pizzoli e Arischia si sia svolto proprio durante le celebrazioni dell’anniversario del miracolo eucaristico della stessa città. È quel Pane che rende profonda e autentica la 3 EDITORIALE ›› 1 Tanto è stato fatto, è vero, ma tanto c’è ancora da fare. Mi riferisco, naturalmente, alle case, alle strutture, alla logistica… ma intendo anche e soprattutto la ricostruzione sociale, morale e culturale di una città e di tutto quello che le orbitava attorno. Le strutture servono, nessuno ha mai pensato il contrario. Ma servono ancora di più le relazioni. Ecco a cosa servono i gemellaggi. La loro anima è costituita da conoscenza e da scambi. Se oggi dovessi fare un bilancio del gemellaggio, metterei all’ultimo posto le costruzioni che la Caritas ha realizzato. Sono importanti, certo, ma mai quanto l’amicizia e l’affetto che mi lega, che ci lega, come singoli e come comunità, alle comunità con le quali abbiamo camminato insieme 15 mesi. Cosa c’è di più bello e di più difficile che condividere l’ordinarietà, la quotidianità della vita di persone, di paesi, di parrocchie che si conoscono a poco a poco? Questa è stata la scommessa (vinta) del gemellaggio: camminare con le comunità affidate ed avere il privilegio di poter, seppure in minima parte e con tutti i limiti personali, condividere il peso delle complicazioni dovute al terremoto, ricevendo in cambio accoglienza, confidenza, amicizia, fiducia. Mi torna sempre in mente la frase di un libro di A. D’Avenia che riassume quanto detto e sentito: Regalare il proprio dolore agli altri è il più bell’atto di fiducia che si possa fare. • comunione tra noi e che ci dà la certezza di poter continuare ad essere amici nonostante qualche chilometro che ci separa. Grazie! • L’Aquila, monumento vivente alla cultura e all’architettura nel segno del numero 99, 99 piazze, 99 chiese, 99 fontane, 99 cannelle, 99 castelli (in realtà 86, e per qualcun altro anche meno) che secondo la tradizione furono eretti nella conca aquilana come rifugio e difesa per gli abitanti locali e che si unirono in un unico centro denominato Aquila nel 1230. 4 PRIMA PAGINA: Aquile gemelle 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› la corale solidalcanto coinvolta in UN GEMELLAGGIO che PARTE DAL CUORE Anche il canto rende solidali • Corale Solidalcanto L corale Solidalcanto si è esibita a Pizzoli in occasione di una visita alla comunità aquilana nel dicembre scorso. La presidente dell’Associazione ha ospitato, durante il gemellaggio a Morrovalle, una delle collaboratrici parrocchiali pizzolane. È nata così una intensa amicizia che si è cementata in una nuova occasione di incontro: la giornata dell’8 dicembre. Ecco di seguito un resoconto di quella bella amicizia. È stato come tornare a casa dopo un lungo periodo di assenza: scoprirsi famiglia vera, unita, amici di lunga data (anche se sconosciuti!). È stata un’emozione unica quel calore, quegli abbracci che ti accolgono e ti fanno sentire parte di qualcosa di più grande, unico, importante. È stata un meravigliosa sensazione comune Il momento più alto della visita è stato la condivisione della mensa eucaristica animata dalla Corale. e inaspettata conoscere e condividere momenti, tradizioni, luoghi, angoli di storia ma anche grandi sofferenze e dolori; attimi unici che rimarranno per sempre impressi nel cuore di tutti noi; ricordi di un viaggio alla scoperta della dignità umana e della solidarietà in nome dell’amore Divino e della fratellanza. L’idea di un gemellaggio parrocchiale con uno dei paesi provati dal terribile terremoto di L’Aquila nasce nel 2010, nell’ambito del gemellaggio tra Chiese promosso dalla Caritas italiana. Su iniziativa del parroco e del Consiglio Pastorale, la comunità morrovallese (e alcune famiglie di Trodica) accolgono a Morrovalle le comunità pizzolane e arischiesi in occasione dei festeggiamenti per il 450° anniversario del Miracolo Eucaristico (evento che riveste grande rilevanza religiosa, storica, culturale e sociale per l’intera comunità). In seguito, la presidente della corale Solidalcanto, Francesca Quagliatini, rinnovando e proseguendo questo stesso cammino, ha voluto lanciare ancora un segno di speranza e amicizia. Sono stati quindi ripresi, con maggiore intensità, i contatti con Pizzoli e con il parroco Don Claudio così da organizzare un altro incontro concretizzatosi l’8 dicembre 2010, festa dell’Immacolata Concezione, a Pizzoli. Il momento più alto della visita è stato la condivisione della mensa eucaristica durante la S. Messa parrocchiale animata dalla Corale di Morrovalle. Questa comunione di sentimenti ed esperienze è proseguita poi con un piacevole convivio offerto dagli abitanti del luogo che, con semplicità e superando i disagi, hanno saputo accogliere con rara disponibilità noi, gente di altri luoghi. Un altro piacevole momento di particolare spessore dell’iniziativa si è creato durante il concerto Morrovalle ha accolto le comunità pizzolane e arischiesi in occasione del 450 anniversario del Miracolo Eucaristico. che la Corale ha tenuto per tutta la comunità, presso l’auditorium parrocchiale (da pochi mesi tornato agibile), che è stato anche occasione di ringraziamento per la calorosa accoglienza ricevuta. L’atmosfera calda e amichevole, favorita anche dall’avvicinarsi del Natale è stata colta da tutti i numerosi partecipanti: ai coristi, al maestro, e alla gente del posto, si sono aggiunti molti cittadini morrovallesi, lì convenuti, desiderosi di condividere l’esperienza e certi dell’alto valore dell’iniziativa. In tutti è rimasto il ricordo di una indimenticabile giornata e forte sono la volontà di rivivere ancora quelle sensazioni ed il desiderio di ospitare, nuovamente, la comunità pizzolana. • Alle 3.32 del 6 aprile 2009 un terremoto di magnitudo 5.8 o 6.3 (!?!) sconvolse per sempre il capoluogo abruzzese e non solo. Sisma numero 5 in Italia tra quelli avvenuti nell’ultimo secolo, considerando danni e vittime, dopo Messina (1908) Avezzano (1915), Irpinia (1980) e Friuli (1976), ha coinvolto 46 comuni nella sola provincia aquilana (non considerando le 12 frazioni dell’Aquila contate come unità con il capoluogo), estendendosi naturalmente alle altre provincie abruzzesi fino alle regioni limitrofe. La Corale Solidalcanto a Pizzoli PRIMA PAGINA: Aquile gemelle n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 5 ›› intervista a berardino di arischia: per i mass media esistono terremotati di serie a e di serie b Lo strabismo dei media • N.T. A rischia: una delle ultime frazioni de L’Aquila, una delle comunità nelle quali si sono maggiormente concentrate le attività della Delegazione Caritas Marche. Metà del paese è distrutto e, nell’estate 2009, conosciamo in tendopoli Berardino che, con sua mamma Lucia, diventerà un punto di riferimento per noi operatrici Caritas. Prima la loro tenda e poi il loro appartamentino nei MAP (Modulo abitativo provvisorio) sono stati (e lo sono ancora!) sempre aperti per noi e per i volontari. Un’intervista per conoscere il parere e le impressioni di chi ha perso molto a causa del terremoto e per iniziare a capire la vastità dei disagi e dei problemi che non interessano solo L’Aquila, ma anche le decine di frazioni e paesi che non vengono mai citati. Berardino, dal 7 aprile a metà novembre hai vissuto in tendopoli assieme a molti arischiesi. In molti sappiamo delle difficoltà che comporta la convivenza forzata per tanto tempo e con pochi comfort. Nonostante questo, qual’è l’episodio più divertente che è capitato in tendopoli? La convivenza forzata nelle tende ha indubbiamente comportato molti problemi ma ha permesso anche, almeno in una prima fase, il superamento di tante divisioni. Ora, non riesco a ricordare episodi particolarmente divertenti anche se… ricordo che capitava di ridere! Arischia è una delle tante frazioni de L’Aquila che non sono conosciute e delle quali non si parla mai (a differenza di Paganica o Onna). Quale è oggi la situazione di questi piccoli centri e quale, in particolare, quella di Arischia? La situazione dei centri periferici del comune de L'Aquila era già difficile prima del terremoto. Gli abitanti delle frazioni lamentavano lo stato di abbandono in cui esse versavano. Il sisma ha acuito tali difficoltà. Già durante la vita al campo si aveva la sensazione che l'Amministrazione Comunale non nutrisse particolare interesse verso il nostro paese tanto che facevamo parte del C.O.M. 3 (il Centro operativo misto di Pizzoli) e molti si lamentavano del fatto che nessun rappresentante comunale venisse a visitare il nostro campo che pure ospitava più di mille persone. Il silenzio dei media sulla situazione del paese che ha avuto danni maggiori di altri, pur se parzialmente giustificata dal fatto che fortunatamente non ci sono state vittime dirette (nessun morto sotto le macerie), è una cosa che dà molto fastidio. Purtroppo nella tragedia che ci ha colpito abbiamo dovuto imparare sulla nostra pelle che l'attenzione mediatica si concentra su particolari situazioni trascurandone altre e condizionando anche le scelte politiche. Mi hanno detto che non potevamo pretendere lo stesso trattamento di Onna. Perchè Onna era un fenomeno mediatico! Mi astengo dal riferire la mia risposta e lascio a voi ogni commento. Tale situazione, ancora oggi, fa pensare ad una sensazione di abbandono e ad una totale incertezza su quali saranno i tempi per la ricostruzione. Molti di noi vivono ancora negli alloggi provvisori o addirittura negli alberghi. Si parla sempre di ricostruzione del centro storico de L'Aquila, di quali criteri utilizzare. Ma non c'è alcuna indicazione per i nostri centri storici che indubbiamente non hanno la valenza architettonica della città ma che, per noi, sono comunque importanti. Vorremmo sapere come si vuole procedere nella ricostruzione. Mi auguro, ma ce lo auguriamo tutti, che si pensi anche alla conservazione delle caratteristiche dei vari borghi. L’opinione pubblica, e non solo, è spaccata su L’Aquila. C’è chi afferma, aquilani compresi, Arischia: una via puntellata Arischia: il villaggio MAP (Modulo abitativo provvisorio) che molto è stato fatto e che la gestione del post-terremoto è stata, nonostante le tante difficoltà, positiva. C’è chi, invece, lamenta ritardi ed inefficienze. Al di là dei giudizi che ognuno può avere, a tuo parere, qual è stato il più grave errore e quale, invece, il provvedimento migliore post-emergenza? Non è facile dare una risposta a questa domanda. Credo sia ancora presto per dare un giudizio definitivo su quanto è accaduto e sta accadendo a L'Aquila. Molto dipenderà da quali saranno i tempi per il ritorno a casa. L'errore più grande, secondo me, è stato quello di puntare molto sul piano C.A.S.E. Costi enormi, poca chiarezza sull'utilizzo di queste strutture, impossibilità di programmare quando e se gli sfollati torneranno nelle proprie abitazioni. Forse, sarebbe stato meglio puntare su soluzioni alternative ed accelerare la ricostruzione almeno delle zone periferiche. La risposta data dalle istituzioni nella prima emergenza è stata, invece, eccezionale. Ora abiti, come molti altri, in un MAP. È naturale che ognuno di voi desideri tornare nella propria casa, nella propria città. Oltre a questo sacrosanto sogno, quale è il più bell’augurio che, da aquilano, vorresti sentirti fare? Da aquilano mi auguro che tra qualche anno io possa dire di aver sbagliato a pensare che finita la ribalta mediatica L'Aquila è stata abbandonata. Mi auguro che la nostra città sappia rinascere e che l'improvvisa e sfortunata notorietà dataci dal terremoto possa essere una opportunità per far crescere la sua vocazione turistica. • 256 le scosse di assestamento o più propriamente repliche (afterschocks) registrate nei 2 giorni successivi a quella principale (mainschock) dell’aprile 2009, 56 quelle superiori ad una magnitudo 3,0 della scala Richter. ASSOCIAZIONI DIOCESI DI FERMO RENDICONTO RELATIVO ALLA EROGAZIONE DELLE SOMME ATTRIBUITE ALLA DIOCESI DALLA CEI DERIVANTI DALL'OTTO PER MILLE DELL'IRPEF PER L'ESERCIZIO 2010 FERMANO n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 7 ›› fermo: le reliquie di s. veronica giuliani sostano nel monastero delle cappuccine Una Santa che parla alla Chiesa di oggi • Ndg U n evento per le monache Cappuccine di Fermo: le reliquie di Santa Veronica Giuliani sono sostate nel loro monastero per due giorni. Sono state accolte, martedì 7 giugno da padre Giulio Criminesi, ministro provinciale dei Cappuccini per le Marche il quale ha presieduto la Santa Messa. È seguita una catechesi su santa Veronica. Dopo cena adorazione eucaristica. Mercoledì 8 giugno dopo l'eucaristia presieduta dall'Arcivescovo, mons. Luigi Conti, ci sono state la benedizione e il bacio delle reliquie. Il pellegrinaggio della reliquia di S. Maria Santissima la chiamava (dal suo Diario): "Figlia mia carissima fra tutte... Cuore del mio cuore". Veronica Giuliani si pone all'interno dell'anno giubilare iniziato il 27 dicembre 2010 e terminerà il 27 dicembre 2011. Tale pellegrinaggio ha due scopi. 1) far conoscere Santa Veronica a gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Durante una estasi si è sentita dire: "La tua vita e i tuoi scritti devono essere conosciuti da tutta la cristianità per la conferma della fede e il trionfo dell'amore" 2) Elevare preghiere e suppliche venendo incontro all'accorato appello della Madre di Dio, della Santa Chiesa tramite innumerevoli papi e prelati. Il Santo Padre ricorda che "solo la preghiera è ancora in grado di cambiare il corso degli eventi nel mondo oggi e risparmiare all'umanità tanti mali". Il pellegrinaggio allora spera di suscitare una forza di preghiera che aiuterà ad "asciugare il volto del corpo mistico di Cristo ossia la Chiesa - come la Veronica della Via Crucis asciugò il volto di Gesù Cristo". "Santa Giuliana - ha scritto il Beato Pio IX - non è una Santa, ma un gigante di santità". • BIOGRAFIA F aceva parte dell'ordine delle Clarisse Cappuccine e nel 1716 diventò badessa del monastero di Città di Castello. Veronica Giuliani è considerata fra le più importanti contemplative-penitenti che il mondo occidentale abbia avuto. Tutta la sua vita interiore è una sofferta meditazione della passione di Cristo e una continua donazione espiativa per i peccati degli uomini. La sua vita esteriore fu caratterizzata da svariati fenomeni sovrannaturali o, almeno, considerati tali dalla mentalità del tempo. Ursula Giuliani nacque a Mercatello sul Metauro (Pesaro) il 27 Dicembre 1660. È la più piccola tra cinque sorelle, quattro ne diventeranno suore. Si consacrò al Signore malgrado l'opposizione di suo padre. Scelse la vita più austera dalle Cappuccine a Città di Castello. Il vescovo le diede l'abito, il 28 ottobre 1677, e la chiamò "Veronica" profetizzando la sua futura grande santità. Ha sopportato immensi dolori e sofferenze. Gesù le disse un giorno che doveva "comprare le anime con i soldi del patire". Fece lunghi ed eroici digiuni, penitenze e sacrifici. Il Signore la incoronò spesso di spine, e le diede le Stimmate il Venerdì Santo del 5 aprile 1697. Le portò per 30 anni, fino alla morte. Fu combattuta dai demoni per le tante anime che strappava loro. Gli apparivano, orribili, gridando, minacciando e colpendola. Scrisse per obbedienza il suo voluminoso diario intitolato "Il poema dell'amore e del dolore", o anche "Un Tesoro nascosto". È composto da 22.000 pagine manoscritte rilegate in 36 volumi. In quelle pagine manca qualsiasi cancellatura o correzione e persino la normale punteggiatura. Il cardinale Pietro Palazzini, convinto sostenitore della tesi del dottorato alla santa, ha scritto in proposito: «…il suo diario sgrammaticato è una catechesi, un dottorato, una missione permanente che anche la Chiesa del Vaticano II non può, non deve ignorare, se si vuole dare fondo a tutte le energie di ripresa. E tra queste energie di ripresa c’è sempre la penitenza, la riparazione, la croce. Questo ci insegna Veronica; questo è il suo incancellabile messaggio, che si unisce a quello di Paolo e di tutti i grandi banditori del Vangelo…». Il 6 febbraio 1704, furono impressi nel suo cuore, in un miracolo più unico che raro, i segni della passione di Cristo. Il tutto fu confermato dall'autopsia voluta dal vescovo subito dopo la morte. Morì il 9 Luglio 1727. Gregorio XVI la proclamò Santa il 26 Maggio 1839. • BREVE 8 FERMANO 19 Giugno 2011 ›› n. 22 “P rogetto Sanità”, intesa tra Provincia fermana e Protezione Civile. L'accordo nasce per ottimizzare le diverse competenze di due enti a favore della sicurezza dei cittadini. L’attività, che verrà svolta fino al 30 settembre dalle ore 17 alle ore 22 di ogni giorno, sarà prestata dai volontari. La Provincia si impegna a coordinare le turnazioni di sorveglianza dell’ospedale Murri che saranno svolte da due volontari presenti contemporaneamente nel nosocomio e, inoltre, a coordinare le attività delle organizzazioni di volontariato al fine di garantire un elenco di 15 persone, tra le quali almeno 5 reperibili in 24 ore, in modo da raggiungere il Murri entro un’ora dalla chiamata. • ›› FERMO: Ipsia “Ostilio Ricci”, a rischio I CORSI DI specializzazioni Formare alla pratica • Alessadnro Migliore L a Cna di Fermo si unisce, in linea con la sua politica finalizzata ad aumentare l'offerta scolastica per avere maggiori professionalità artigiane, all'appello del Comitato dell'Ipsia. «L’Ipsia “Ostilio Ricci” di Fermo rischia di non avere più tre distinte classi per il terzo anno delle tre specializzazioni tradizionali (elettrico, elettronico, telecomunicazioni) - ricorda il coordinatore provinciale del Cna, Alessandro Migliore - un taglio che sarebbe estremamente dannoso per la scuola, per il pieno riconoscimento del diritto allo studio, per il futuro professionale degli studenti e per il tessuto produttivo fermano». «La Cna Provinciale di Fermo - sostiene Migliore - ritiene del tutto giustificate e condivisibili le istanze presentate dall'istituto superiore IPSIA, pur nella difficile condizione derivata dai pesanti tagli alla scuola. Auspichiamo che le istituzioni, a tutti i livelli, prendano in seria considerazione il problema e facciano il possibile per risolvere non solo questa situazione, che riteniamo gravissima soprattutto in prospettiva futura, ma si attivino per cambiare i programmi scolastici stessi. Questi - prosegue il coordinatore - dovrebbero essere concepiti e definiti in relazione alle prospettive del mondo del lavoro, che ha sempre più bisogno di manualità e specializzazione. Accade sempre più spesso che i nostri associati, alla ricerca di giovani da inserire nell'organico, si trovino di fronte diplomati alla scuola tecnica poco preparati alla pratica. Per il primo anno di permanenza nell'impresa, costretta a fare opera di formazione sul campo, costituiscono un costo elevato». Ecco perché la Cna chiede che le istituzioni lavorino per aumentare le ore e le materie dedicate alla specializzazione e all'apprendimento di capacità manuali. Tutto ciò è utile ai ragazzi per un agevole ingresso nel mondo del lavoro, ed è utile alle imprese per diminuire tempo e risorse dedicate alla formazione. • CCIAA e Provincia sostengono i Corsi universitari F irmata una convenzione tra l’Euf (Ente universitario del Fermano) e la Camera di Commercio. Quest’ultima, rappresentata dal presidente Graziano Di Battista, si è impegnata a devolvere all’Euf annualmente la somma di 250 mila euro per contribuire al sostegno dei corsi universitari, (Ingegneria in particolare, perché più attinente alla gestione d’impresa). Anche la Provincia ha raddoppiato il suo sostegno con ulteriori 250 mila euro. “Uno sforzo, il nostro - ha sottolineato Di Battista - che evidenzia l’importanza che riveste per noi la formazione. Una ricchezza per il territorio, un investimento per il futuro e per contribuire a far sì che non ci sia più la ’fuga dei cervelli’, o perlomeno ci sia una inversione di tendenza. La nostra collaborazione con l’Euf e il Comune è positiva”. Visibilmente soddisfatta Nella Brambatti, neo sindaco di Fermo, nella doppia veste anche di presidente dell’Euf. “È questo il mio primo atto ufficiale in qualità di presidente dell’Ente universitario - ha commentato - e ne sono particolarmente lieta. La formazione è una tematica a me molto cara, che ho sempre perseguito, anche da insegnante. È una risorsa che offre possibilità di crescita al territorio. Tanti più giovani hanno la possibilità di realizzare progetti, tanto più l’intera Provincia cresce e crea benessere per tutti”. A Fermo, la realtà universitaria sta diventando sempre più rilevante e qualificante. A Ingegneria (dipendente dal Politecnico delle Marche) e Beni Culturali (dalla Università di Macerata) si aggiugono i corsi infermieristici (afferenti all’Università dorica) e il conservatorio di musica, istituzione autonoma che con i suoi oltre 600 iscritti è la più numerosa. La popolazione universitaria fermana conta quasi 1.500 studenti. • TITOLI DELLA SETTIMANA a cura di Carlo Di Amedeo • FERMANO: 80mila presenze al 33.mo pellegrinaggio Macerata a Loreto. Più il mondo sembra allontanarsi da Dio e più cresce il desiderio di Lui. • FERMO: Concluso il primo laboratorio di educazione visiva nella Scuola Secondaria di Primo Grado “G.Fracassetti/U.Betti” di Fermo. • GROTTAZZOLINA: Convegno sulla psicologia nell’educazione. • SMERILLO: Il festival “Le parole della montagna" si sposta sull'antica via Francescana che collegava Assisi con Ascoli. • PEDASO: Valdaso in festa. Omaggio ai prodotti del territorio. • MONTEGRANARO: turisti riscoprono alcuni siti storici come la cripta di Sant'Ugo. • P. S. GIORGIO: Internet e minori, quanti rischi. Su tale tema si è svolto il convegno con relatori importanti e pubblico delle grandi occasioni. • P. S. ELPIDIO: Presentato il libro di G. Cisbani: “Ho incontrato Lula”. • CIVITANOVA: Una folla al raduno di auto tuning. In passerella oltre 140 vetture da tutta Italia. Il primo premio a un abruzzese. • POTENZA PICENA: Il convento dei frati non sarà chiuso. Ci saranno cambiamenti, ma che non ci sarà la temuta chiusura. • PORTO POTENZA PICENA: Illustrato il progetto della nuova scuola elementare. Comprende un corpo principale su due piani di circa 4000 mq. Ospiterà la scuola per 25 aule più gli spazi didattici complementari, una palestra di circa 1000 mq, e uno spazio polivalente. FERMANO n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 9 ›› A Sant’Elpidio a Mare torna la Festa delle Confraternite dal 27 giugno al 4 luglio Frassati: il grande confratello • C.S. P er il terzo anno consecutivo le antiche Confraternite di Sant’Elpidio a Mare coordinate dal Laboratorio “Frassati” insieme alla Parrocchia e all’Azione Cattolica, organizzano la Festa in onore del Patrono beato Pier Giorgio Frassati, il giovane innalzato all’onore degli altari da Giovanni Paolo II nel 1990. Dal 24 giugno al 4 luglio una serie di iniziative per il tempo libero, per la preghiera, per la riflessione, con lo scopo di valorizzare la presenza delle Confraternite all’interno della comunità. Si partirà lunedì 27 (ore 21.30 chiesa di San Filippo Neri) apporfondendo insieme al Centro San Rocco l’attualità dei cattolici in politica; martedì 28 (ore 21.30, Società Cacciatori) il giornalista Rai Giancarlo Trapanese presenterà il suo volume “Ascoltani”. Mercoledì 29 (ore 21.30, piazzetta di San Martino) gran Concerto sotto le stelle del Corpo Bandistico “Cecchini” di Montesampietrangeli per il 150° dell’Unità d’Italia, mentre giovedì 30 in Collegiata dopo il Triduo dei giovani dell’Azione Cattolica in onore del beato (ore 18), si terrà un incontro con la comunità in preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (ore 21.30) sul tema “Signore da chi andremo?”. Momenti di preghiera e di spet- tacolo venerdì 1 luglio: alle ore 21 recita del Rosario nella Basilica della Misericordia, alle ore 22 “Risate sotto le stelle” sketches e gags di attori dilettanti elpidiensi per la regia di Angelo Annibali (Arena Sordi). Sabato 2 luglio: nel pomeriggio Caccia l tesoro dei ragazzi dell’A.C.R. per le vie del centro storico, alle 21.30 (Sala dell’Academia) film sulla vita di Giovanni Paolo II. La giornata centrale della Festa sarà domenica 3 luglio con il Raduno delle Confraternite che, dopo la processione, parteciperanno alla Messa Solenne (ore 10.30, Collegiata) celebrata dall’Arciprete don Enzo Nicolini, con la presenza della Schola Cantorum della Basilica di San Nicola di Tolentino; al termine festa in Contrada di San Giovanni. Chiusura lunedì 4 luglio, giorno della festa del beato: alle ore 21.30 nel parco della Madonna dei Lumi Santa Messa e benedizione del quadro del beato Frassati che sarà poi collocato nell’oratorio attiguo per la venerazione dei fedeli. • P. S. Elpidio: Confermate le due vele della Guida Blu R iconfermate alla città di Porto Sant’Elpidio le due vele della Guida Blu 2011, curata dal Touring Club Italiano e da Legambiente. Un riconoscimento prestigioso che, ancora una volta, dimostra l’eccellenza dei servizi offerti dalla città rivierasca. «La Guida Blu - ha spiegato il sindaco Mario Andrenaci - costituisce a tutti gli effetti una mappa dell’eccellenza dell’offerta turistica in Italia. Le località premiate sono luoghi di grandissimo pregio naturalistico, in cui gli amministratori hanno fatto della sostenibilità e della tutela ambientale un loro punto di forza. Vedersi riconfermate le due vele conquistate nel 2007 significa che in questi anni abbiamo portato avanti con coerenza e serietà le nostre scelte amministrative, basate soprattutto sulla tutela e sul rispetto dell’ambiente. I parametri ai quali si attiene la Guida Blu sono di diversa natura e vanno dalla pulizia del mare, alla bellezza del paesaggio, dai servizi offerti alle politiche di tutela ambientale. Una riconferma che non può che farci un enorme piacere e che va ad aggiungersi ai premi e ai riconoscimenti conquistati nei mesi scorsi. Mi riferisco, in particolare, alla Bandiera Blu ottenuta per il quarto anno consecutivo, al Premio Comuni Ricicloni assegnati dalla Regione Marche e dal Ministero dell’Ambiente che, ancora una volta, ci vede tra i primi comuni per la percentuale di raccolta differenziata e alla Bandiera Verde ottenuta dalle scuole. Questi risultati non sono certo casuali ma rappresentano il frutto di politiche di sostenibilità, di tutela dell’ambiente, di promozione culturale e di valorizzazione turistica perseguite con determinazione. È grazie a questo che Porto Sant’Elpidio viene sempre più riconosciuta come la città della qualità della vita e della qualità territoriale. Una città accogliente e laboriosa, dove non solo vengono prodotte calzature tra le più prestigiose del mondo ma dove si vive bene, l’ambiente viene tutelato ed il turismo, i servizi e la cultura si configurano sempre più come un volano importante per il rinnovamento dell’economia». • 10 MACERATESE 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› CORRIDONIA: nel passato è stata chiamata prima pausula poi montolmo. in futuro come si chiamerà? Pakistonia o Corridonistan? • Raimondo Giustozzi S i sa che tutte le vallate delle Marche, sono state interessate tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 a massicce ondate emigratorie verso le Americhe. Gli anni che vanno dal 1887 al 1913 sono quelli della grande emigrazione. Le cifre che riguardano Civitanova Marche sono puramente indicative e vanno lette per difetto, sono cioè molto più alte: 114 emigrati nel 1887, 166 nel 1888, 151 nel 1889, 110- 150 nei primi anni del '900, 323 nel 1912. Emigravano un po' tutti, ma soprattutto contadini assunti come braccianti, pescatori. A Civitanova, la mancanza di un porto rifugio ostacolava di molto l'attività del settore. I paesi dell'emigrazione: Argentina dove arrivò il 62% degli emigranti, il Brasile con il 25%, questo nel 1887, qualche anno dopo l'88% degli emigranti sceglieva l'Argentina. Porto Civitanova era uno snodo importante per l'emigrazione per tutta la provincia di Macerata. Agivano nella cittadina, diversi sub agenti per le compagnie di navigazione che organizzavano i viaggi transoceanici. La presenza della stazione ferroviaria permetteva alla gente di risalire la penisola per imbarcarsi al porto di Genova, da qui in nave, negli Stati dell'America Latina. Si racconta che da Corridonia, chiamata anticamente Pausula, poi Montolmo ed infine in onore di Filippo Corridoni, compagno di studi e di lotte politiche di Mussolini, con il nome che ha tutt’ora, fossero emigrati tanti contadini, tra questi, due fratelli che avevano lasciato a casa il fratello maggiore. Quando erano partiti Porto Civitanova era uno snodo importante per l'emigrazione per tutta la provincia di Macerata. Agivano nella cittadina subagenti per i viaggi transoceanici. per l’Argentina, la città si chiamava ancora con l’antico nome, quello di Corridonia era ancora di là da venire. I tre fratelli si tenevano costantemente in contatto tra loro. Quello rimasto a Montolmo scriveva spesso ai due che erano oltre Oceano. Si lamentava con loro che il governo al potere si mangiasse tutto, che le cose non andassero affatto bene, che i raccolti fossero scarsi, tanto che temeva per la perdita del piccolo podere che lavorava da solo con grande dispendio di energie. Il campicello era l’unica proprietà lasciata loro dal babbo. Si sa che quando si è lontani da casa, le preoccupazioni si ingigantiscono. Le lettere, quelle per la posta Treno in corsa dopo la stazione di S. Claudio, verso Corridonia aerea orlate ai bordi con i colori del tricolore, arrivavano ai due fratelli lontani con continuità ed il contenuto era sempre lo stesso: quelli al potere erano dei ladri, tutto andava alla malora, ruberie di ogni sorta disegnavano la grama vita dell’unico fratello rimasto in Italia. Un bel giorno i due decidono di rientrare anche per verificare da vicino se quello che il fratello scriveva loro era vero o falso. Si imbarcano sulla nave e dopo alcuni mesi di navigazione, giungono finalmente al porto di Genova. Scendono e si recano alla vicina stazione ferroviaria. Chiedono un biglietto per Montolmo, linea Civitanova-Macerata-Albacina. Il bigliettaio li guarda stupito. Il nome della stazione di destinazione non esisteva nell’elenco. I due si agitano e ripetono il nome. L’addetto allo sportello tenta un’ulteriore verifica, ma non c’è nulla da fare. I fratelli si ricordano allora l’antico nome di Pausula e lo ripetono al bigliettaio. Nell’elenco non c’era nemmeno questo nome. Costernazione sul volto dei due sventurati. Aveva ragione il fratello: “s’avevano magnato tutto”, tanto che era scomparso anche il nome del paese. Ritornano allora al porto e si imbarcano di nuovo per l’Argentina, lontano dalla terra che li aveva visti nascere e dalla quale se ne erano andati molti anni prima. Nel secondo dopo guerra c’era chi premeva per rimettere alla cittadina della vallata del Chienti l’antico nome di Montolmo. Ma non se ne fece nulla. Qualche buontempone tuttavia, un po’ per burla, un po’ perché era vero che il paese cambiasse nome ad ogni soffio di vento, si divertiva a chiamare la cittadina con i tre nomi in fila: Montolmo, Pausula, Corridonia. Ora avvenne che agli inizi degli anni cinquanta arrivasse a Corridonia un signore veneto giunto dalle nostre parti per motivi di lavoro. Sale alla stazione di Civitanova Marche per recarsi in treno in quella di Corridonia. In treno, il bigliettaio, all’approssimarsi della stazione, anche per informare i signori viaggiatori, annuncia con voce potente: Montolmo, Pausula, Corridonia, Pausula, Montolmo, Corridonia. Il signore veneto si porta all’altezza dell’uscita, pronto per scendere dai predellini del treno. Ignaro com’era di tutto, sentendo quel baccano infernale fatto dal vociare continuo del bigliettaio, credeva di essere arrivato ad una città talmente grande da perdersi in essa. Scende e sbotta: “Ostrega, de tre paesi, ghe ne fosse uno”. La stazione di Corridonia, ieri come oggi, è molto lontana dal paese. Se oggi, la frazione di Piediripa è abbastanza popolata, agli inizi degli anni cinquanta lo era ancora di meno. Ma oggi, Corridonia è una città molto cambiata rispetto a quella nella quale abitavano i tre fratelli di Montolmo e come la conobbe l’occasionale viaggiatore veneto. Da città di emigranti è diventata paese di immigrati con la più numerosa comunità di Pakistani della provincia di Macerata, tanto che qualcuno scherzosamente l’ha ribattezzata Pakistonia.• MACERATESE BREVE n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 V iaggio in elicottero per Un’aquila per L’Aquila. Dopo la sosta in Ancona, l’ultima opera di Giuseppe Gentili, scultore maceratese, vola a Potenza Picena mentre il 6 luglio sarà a L’Aquila. Prosegue il percorso espositivo di Un’aquila per L’Aquila che unisce Marche e Abruzzo coinvolgendo tante altre Regioni italiane toccando Firenze, Siena, Roma, Milano, Venezia. Dopo il grande successo di Macerata, Ripatransone, Civitanova Marche ed Ancona, dove l’opera è giunta via mare, la scultura si farà ammirare fino al 30 11 giugno a “L’Antico Uliveto”, una struttura di Potenza Picena, immersa nel verde delle colline marchigiane a pochi passi dal mare. Il 6 luglio l’opera in ferro, simbolo della città ferita dal terremoto, partirà in elicottero, per raggiungere il capoluogo abruzzese. • ›› monte s. giusto: intitolata anche una palestra a fausto, ermete e andrea 24 ore di volley per un ricordo eterno • Settembretti Alba Monte S. Giusto: Il sindaco scopre la targa della Palestra Comunale FEA (Fausto Ermete Andrea) N ei giorni 4 e 5 giugno si è svolta la 12° edizione del “Memorial 24 ore di Pallavolo” a Monte San Giusto. La manifestazione è stata ideata e organizzata, sin dagli inizi, da alcuni giovani atleti di pallavolo in memoria della scomparsa del giovane amico Ermete Ciampechini. Negli anni successivi, si è aggiunta la memoria di altri due giovani giocatori scomparsi prematuramente: Caproli Fausto e Dari Andrea. Per 24 ore e quali le squadre partecipanti si affrontano fino a conquistare un trofeo più che altro simbolico. Ogni squadra deve avere la presenza di almeno una atleta donna. Quest’anno l’evento si è arricchito di un particolare significa- to. Su richiesta degli amici della Pallavolo, presentato dai due Presidenti delle locali Associazioni, Fonti Giuseppe e Montecchia Francesco, l’Amministrazione Comunale ha deliberato di intitolare la Palestra in memoria dei tre giovani sangiustesi. L’impianto sportivo è stato chiamato “Palestra F.E.A.” in memoria di Fausto, Ermete ed Andrea. La targa ricordo è stata scoperta dal Sindaco Dott. Mario Lattanzi, che ha presenziato la cerimonia. Egli si è detto ben felice di intitolare la Palestra ai tre giovani. Si è congratulato per lo spirito di amicizia che anima tale iniziativa ed ha ammirato la dedizione profusa dai giovani per garantire la riuscita della manifestazione. Successivamente il diacono Giovanni Pastocchi, inviato dal Parroco, ha benedetto la targa esposta in memoria. Prendendo spunto dal rito di Benedizione ha sottolineato che la vittoria nello sport consente la conquista di una corona corruttibile, mentre tutti sono chiamati a conquistare una corona incorruttibile. L’atleta affronta fatiche, rinunce per ottenere un premio che presto marcirà. Ogni uomo è chiamato ad orientare le proprie fatiche per ottenere premi immarcescibili. Rivolgendosi ai giovani ha evidenziato come essi possono, attraverso lo sport, esercitarsi nella lealtà, nel rispetto delle regole, nel rispetto dell'avversario e nella onestà. Così può fondare la costruzione della propria personalità su solide basi. Infine c'è stato l’intenso messaggio dell’allenatore storico di Monte San Giusto, dott. Marco Montanini, che ha così spiegato l’acronimo F.E.A. “FEA, poteva essere Forte Eremo Agonistico, oppure Fraterno Eterno Amore. Invece sta per Fausto Ermete Andrea. La palestra è dedicata alla memoria di tre giovani figli, tre atleti che in questa struttura hanno mosso i primi passi nella disciplina della pallavolo. Seguendo la legge del contrappasso, così come un violento devastante squarcio nel buio che, nelle vesti mortali, ha portato via Fausto Ermete Andrea; desideriamo con risoluta fermezza, scendere sempre nell’agone per ricordare in ogni occasione questi giovani Sangiustesi che avrebbero potuto disputare competizioni rilevanti ma, quello che contava: competere e vivere nella quotidiana vita, per fatale o ineluttabile casualità a loro negata. Saranno presenti in ogni gesto, azione, scambio di gioco ma quello che vuole essere fonte e sinonimo di imperituro ricordo: sempre vivi nei nostri cuori”.• 12 VOCE ECCLESIALE 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› PENNA S. GIOVANNI: CONVEGNO DELL' UFFICIO DELLA PASTORALE DEL LAVORO SULLA CRISI ECONOMICA ITALIANA Cosa ci aspetta? Un lento declino • Anna Rossi D omenica 22 Maggio , nel Teatro Comunale Flora, di Penna S. Giovanni, l’Associazione Culturale Centro studi Giuseppe Colucci, l’Ufficio della Pastorale Sociale, del Lavoro, dell’Ambiente dell’Archidiocesi di Fermo, con il contributo di Melania Group Spa, hanno organizzato il Convegno sul tema Evoluzione economica e sociale in cinque secoli di storia. Il convegno era finalizzato a trovare, nelle radici storiche del nostro paese, alcuni suggerimenti per uscire dall'attuale situazione di crisi. Nell’introduzione, don Paolo Bascioni, Direttore dell’Ufficio della Pastorale del lavoro, sostiene che per proiettare l’Italia nel futuro non bastano le operazioni economiche e finanziarie. Occorre anche occuparsi delle condizioni di vita della nostra società nei prossimi cinquant’anni, perchè queste influiranno sulla situazione economica. I relatori, Francesco Maria Chelli e Marco Moroni, ambedue docenti dell’Universita Politecnica delle Marche, e il dottor Marco Cannella, presidente dell’ordine dei commercialisti di Fermo, con le loro riflessioni hanno reso il Convegno particolarmente interessante. Il professor Chelli ha fotografato la situazione demografica del pianeta illustrando il trend in atto. La popolazione mondiale, nel 2100, raggiungerà i dieci miliardi di individui. In Occidente, la fecondità è sensibilmente al di sotto del livello medio, e le popolazioni sono irrimediabilmente più vecchie. Nelle aree sottosviluppate il livello di fecondità è cresciuto più rapidamente. Il potenziale di crescita della popolazione mondiale si trova nei paesi ad alto tasso di fecondità. Ciò porta a considerare anche il rapporto tra la popolazione e la superficie dei paesi. Nel 1950 l’Asia aveva la metà della popolazione mondiale, l’Europa il 21%, l’Africa non arrivava nemmeno alla metà dell’Europa. Nel 2050, l’Europa ne avrà il 7%, l’Africa il 23%, e supererà di 3 volte quella dell’Europa. Nel 2100 l’Africa arriverà al 36%. “Se lo spazio è lo stesso, dove abiterà la popolazione Africana?”, si chiede il professor Chelli. Un altro dato viene offerto dal considerare che, scendendo il livello di fecondità, non si raggiunge il livello di sostituzione, e si avrà una popolazione sempre più anziana. In Europa il 30% della popolazione ha più di 60 anni. La vita media si allunga, quindi aumenta rapidamente il numero di anziani. Anche in Cina, nel 2050 i vecchi supereranno il 40% della popolazione. Nel 2050, le persone in età lavorativa saranno una minoranza nei confronti delle persone anziane. Nelle Marche, nel 2007, c’erano già solo 1,7 persone in età di lavoro su una persona anziana. In seguito anche questo dato diminuirà. In Italia si deve fare una riflessione sulla sostenibilità del sistema retributivo e sui rischi di quello contributivo. La crisi ha influito sui fondi pensione e sui tassi di interesse, danneggia i pensionati e le persone vicine alla pensione. Nel concludere la sua relazione, il professor Chelli indica alcuni settori che potrebbero essere presi in considerazione per aumentare l’occupazione. La popolazione avrà bisogno di investimenti nel settore alimentare, nei servizi per la terza età, nelle infrastrutture urbane. Occorrerà, inoltre, diversificare gli investimenti, prendendo in considerazione anche i megatrend economici e sociali. Il prof. Marco Moroni, nel suo intervento, traccia un parallelismo tra l’Italia di oggi e quella del Seicento. Dopo la grande crescita del basso Medioevo, l’Italia nella seconda metà del '500 era uno dei Paesi più sviluppati al mondo. I fattori che hanno innescato il declino sono stati la forte pressione fiscale (prima hanno tassato gli spagnoli poi gli austriaci), la frammentazione politica. Hanno influito anche cause esterne come il crollo combinato del mercato tedesco, spagnolo, turco. Un ruolo negativo ebbero anche le corporazioni, che bloccarono i mutamenti tecnologici e produttivi che avrebbero permesso alle imprese italiane di competere con la concorrenza straniera. Molti imprenditori preferirono puntare su una rendita sicura, investendo nelle campagne anziché nelle nuove fabbriche. Molti dei grandi mercanti e ban- Penna San Giovanni, Teatro Comunale Flora: i relatori chieri italiani (i genovesi, i fiorentini, i veneziani, i lombardi), preferirono puntare sui maggiori profitti realizzati tramite speculazioni finanziarie anziché sui commerci, dove era ormai crescente la concorrenza delle grandi compagnie inglesi e olandesi, sostenute dai loro governi. Infine, i produttori italiani non seppero approfittare della democratizzazione dei consumi che comportava un grande ampliamento dei mercati, e furono spazzati via dai cinesi di quel tempo, cioè dagli inglesi. Questa la storia del passato, ma come andranno le cose nel futuro? Stanno cambiando radicalmente gli equilibri economici mondiali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la quota europea nel PIL mondiale che era pari al 18% nel 2000, scenderà al 13% nel 2015. Nello stesso periodo la quota dei Paesi emergenti dell’Asia passerà dal 15 al 29%. Questo mutamento degli equilibri mondiali avrà conseguenze negative su molti Paesi europei. L’Italia ne risentirà più di altri, perché l’economia italiana non solo manifesta da anni una scarsa capacità di crescita, ma non appare in grado di reagire con rapidità ai cambiamenti in atto. Negli ultimi quindici anni, l’Italia ha subito una evidente perdita di competitività rispetto ai principali partner europei a causa di una insufficiente crescita della produttività, fenomeno che caratterizza non solo il Sud, ma anche il Nord della Penisola. Incidono le ridotte dimensioni di molte imprese, la mancanza di concorrenza nel settore terziario, la forte pressione fiscale, che supera di tre punti quella media dell’area dell’euro. Incidono anche l’inefficienza della pubblica amministrazione, la scarsa efficienza del sistema scolastico, le condizioni del mercato del lavoro, caratterizzato da scarsa mobilità e da elevata precarietà. La disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si è di fronte a uno spreco di risorse che avvilisce i giovani e intacca gravemente l’efficienza del sistema produttivo. Non mancano imprenditori che hanno tirato i remi in barca puntando su rendite sicure, come non mancano coloro che hanno preferito i facili guadagni delle speculazioni finanziarie. La cultura, la conoscenza, lo spirito innovativo, sono gli unici volani che possono proiettare nel futuro e rafforzare la coesione sociale. Infine, il dottor Marco Cannella, presidente dell’ordine dei commercialisti di Fermo, descrive la struttura economica e sociale del fermano. Nel maceratese e nel fermano, ci sono circa 20.519 imprese. Negli ultimi 10 anni le imprese non sono cresciute. Ci sono stati passaggi generazionali difficili. Le nostre imprese sono il substrato culturale e il capitale sociale del nostro territorio. Anche con la delocalizzazione si è mantenuta l’innovazione e si è integrata forza lavoro straniera. Il sistema bancario ha sostenuto le aziende, occorre però continuare a dare loro fiducia. Nel dibattito si è posto in rilievo come nel mondo dell’imprenditoria non si prenda sufficientemente in considerazione la dimensione umana dell’economia. Inoltre, manca la fiducia nella crescita dell’Italia. • VOCE ECCLESIALE n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 13 ›› Intervista a Mons. Joseph Kariyil, vescovo di Cochin, Nel Kerala (india) In difesa della persona • Sandro Salvucci D allo scorso novembre il nostro seminario, sulla scia Kerala. Ce ne può descrivere le cause? dell'esperienza fatta con don Ildephonse e don L'induismo è una religione molto tollerante, i fondaPasteur, si è arricchito della presenza di ancora due mentalisti sono pochi. Il problema è che la religione è seminaristi provenienti dal Burundi, Camille e Samuel, e di strumentalizzata per motivi economici e politici. In quedue seminaristi dal Kerala (India), Paul e Jacob. Nei giorni sto senso i sentimenti religiosi possono essere sfruttati scorsi, abbiamo avuto la visita del vescovo di questi ultimi, in maniera più efficace di altri sentimenti. Le ragioni di in occasione della sua visita ad limina. Mons. Joseph Kariyil queste persecuzioni sono quindi di ordine socio-econoè stato ospite del seminario e mico-politico, piuttosto che ha incontrato il nostro Arcivemotivi religiosi. Il cristianesiscovo. Gli abbiamo chiesto di mo è una religione “liberaparlarci della sua diocesi. trice” e cioè offre un'eduLa diocesi è molto antica, cazione, un senso di stima la seconda dell'India dopo per la dignità della persona Goa. Sono il 35° vescovo e e, laddove la fede cristiana il quarto vescovo propriaentra, la gente acquista una mente indiano, dopo i primi coscienza che impedisce un 31 vescovi tutti di origine facile sfruttamento. Tutto ciò portoghese. I fedeli cattolici quindi crea disturbo al “sisono 175.000 (il 20% della stema”. L'India si sta sviluppopolazione), quasi tutti pando molto velocemente, concentrati nella città di ma questo non vuol dire che Cochin. La diocesi è stata la povertà è finita. Il numero fondata nel '500 dai portopiù grande dei poveri nel ghesi. Lo stesso vescovado è Fermo: Mons. Kariyil, vescovo indiano, incontra l'Arcivescovo di Fermo mondo si trova in India: molto antico, risale all'anno questo vuol dire che manca 1505, e in esso è conservato una giusta distribuzione dei un museo portoghese. Le beni e delle risorse. parrocchie sono solamente 38, in quanto non ci sono i Com'è la situazione nel rapporto tra cristiani e induisti? mezzi materiali e gli spazi per fondarne di nuove. I preti Apparentemente non ci sono problemi. Numericamente diocesani sono 128 e circa 40 sono i sacerdoti religiosi di la presenza dei cristiani incide per il 20% della popolavarie congregazioni. Abbiamo anche 60 case religiose. zione. Il “capitale sociale” costituito dalla presenza della C'è un buon numero di vocazioni. Tre sono i seminari Chiesa è molto forte e stimato dal resto della popolaziominori, per un totale di oltre 50 ragazzi, dove si riceve ne. I cristiani eccellono nel campo dell'educazione, della una formazione che dura 6 anni. Da alcuni anni ormai sanità e dei servizi sociali. In questo senso siamo molto siamo aperti a inviare nostri sacerdoti in missione: ne avanti, più dello stato stesso. Talvolta ciò che è probleabbiamo alcuni in Ecuador e in Nuova Zelanda. matica è una certa tendenza a screditare l'azione sociale Quali sono i problemi principali che la sua comunità cristiadella chiesa descrivendola come dettata da motivi altri, na si trova ad affrontare? per esempio di business. Un primo problema che abbiamo è che le parrocchie Ha inviato due seminaristi a completare gli studi nel semisono troppo grandi e i sacerdoti che vi operano, anche nario i di Fermo. Cosa si aspetta da questa esperienza? se sono almeno in due, non riescono a raggiungere tutti Li ho mandati dopo nove anni di formazione in India, in un rapporto diretto. L'ideale è infatti che un pastore quindi hanno già ricevuto delle basi importanti. Dalla conosca per nome i suoi fedeli. Il fenomeno della globaloro venuta in Italia mi attendo un maggiore sviluppo lizzazione anche da noi tende a spersonalizzare i rapporculturale e un'educazione ad un'apertura universale. Mi ti. D'altra parte le chiese sono molto frequentate, anche attendo quindi che al loro ritorno in India porteranno un nei giorni feriali. In alcune parrocchie, prima di recarsi arricchimento per la nostra cultura e la nostra formazioal lavoro, partecipano alla messa ogni giorno anche 200 ne. Dunque, innanzitutto si tratta di una sfida personale / 300 persone. I fedeli hanno un senso religioso molto per ciascuno di loro. Dovranno acquisire la capacità di forte, manifestando un forte attaccamento alla chiesa. affrontare i problemi con la famiglia lontana, capire che Seguendo l'esempio di noi cristiani anche gli induisti e Dio è ovunque, che la chiesa è una, anche se in un altro altri hanno cominciato a frequentare le loro fedi ogni paese. Qui nel seminario di Fermo ci sono seminaristi di giorno e non solo nelle feste. Viviamo un tempo di forte altri paesi e tutto ciò può offrire un'esperienza globale vitalità per le espressioni della fede della nostra gente. che sviluppa la personalità. Al loro ritorno porteranno L'ateismo in senso stretto non esiste, tuttavia anche da un'apertura culturale molto grande, ovviamente se noi talvolta c'è un ateismo pratico causato dal materiaciascuno saprà approfittare di questa opportunità. Ho lismo. La sfida per noi comunità cristiana è avvicinare potuto vedere che Jacob e Paul si trovano bene e stanno personalmente la gente, perché le sette sono molto atticercando di ben integrarsi in questo ambiente. Sono ve in questo campo ed essendo piccoli gruppi possono convinto che sarà un'esperienza meravigliosa come lo è offrire un'esperienza personale che spesso noi non siamo stata per molti in passato. Io stesso ho studiato a Roma in grado di dare. nel contesto di un collegio con seminaristi provenienti In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un'ondata di vioda una cinquantina di nazioni diverse, condividendo per lenze e persecuzioni nei confronti dei cristiani nelle regioni anni la vita insieme con loro, e questo è stato per me un nord dell'India, che hanno risparmiato la sua regione del arricchimento imparagonabile. • della settimana a cura di Mario Liberati 19 giugno Santissima Trinità È la festa del "Dio unico in Tre Persone", da capire, accogliere con amore, adorare nella contemplazione. Il tema ha grande importanza sul fronte missionario. Si afferma che tutti i popoli - anche i non cristiani - sanno che Dio esiste e che anche i "pagani" credono in Dio. Questa verità condivisa, pur con alcune differenze e riserve, è la base per il dialogo fra le religioni, e in particolare fra i cristiani e i seguaci di altre religioni. • 20 giugno S. Vittoria vergine e martire Vittoria è nata a Roma nel 230. Convinta dalla sua cugina Anatolia, emise il voto di verginità. Vendette i suoi beni di famiglia; diede il ricavato ai poveri, decidendo di rinunciare al matrimonio Il nobile giovane Eugenio che si era innamorato di lei, la denunciò ed il 10 dicembre 253 fu uccisa con una spada. Nella chiesa di Santa Vittoria in Matenano è conservata la maggior parte delle reliquie. Fu l'abate Raffredo ad ottenere le reliquie di Santa Vittoria e a portarle nel Matenano con un lungo corteo di monaci, operai e soldati. In seguito furono tolte dall'urna di pietra e poste in una nuova urna nella chiesa a lei dedicata. Il culto è stato sempre costante nel tempo. Nel 1740 fu eletta Patrona secondaria della arcidiocesi fermana e in seguito Patrona regionale della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. • 21 giugno San Luigi Gonzaga 22 giugno San Paolino di Nola 23 giugno San Lanfranco 24 giugno Natività di S. Giovanni Battista 25 giugno San Massimo di Torino 14 VOCE ECCLESIALE 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› UN popolo in comunione Parola e Sangue • Antonio Nepi I n occasione del Congresso Eucaristico Nazionale è forse utile un approfondimento delle radici liturgiche della celebrazione dell’Eucaristia. Indubbiamente la sua origine principale nasce dall’istituzione di Gesù nell’Ultima Cena, ricordata da Paolo (1Cor 11,23-25) e dai Vangeli Sinottici (Mc 14,22s:, Mt,26,26s; Lc 22,15s), ma la sua struttura finale ricalca suggestivamente le fasi del suggello dell’alleanza tra il Signore e gli Israeliti al Sinai in Es 24,1-11, dopo il dono e compito delle Parole della Legge, in un appello di libertà, senza costrizioni (se voi ascolterete la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa). In sintesi, lo schema della stipulazione di una alleanza nell’Antico Vicino Oriente prevedeva la presentazione dei partners, la stesura scritta dei reciproci obblighi ed un sacrificio conclusivo che sanzionava la validità del patto contratto. Potevano esserci patti tra soggetti di pari livello ma, normalmente, il patto era tra un superiore ed il suo vassallo, com’è il caso del nostro testo. Come possiamo vedere, i momenti salienti di tale stipula, sono presenti nella celebrazione della nostra Messa; dapprima c’è una “Liturgia della Parola” (= la proclamazione del libro della Legge), seguita da una sorta di “Professione di fede” (= l’assenso degli Israeliti), poi suggellata da una “Liturgia di Comunione” (= l’aspersione del sangue). Un’analoga struttura è rilevabile in Ne 8, dove la lettura della Legge in ebraico è seguita in simultanea da un’omelia tradotta in aramaico (la lingua parlata del popolo), con la comunione finale che di un banchetto lauto e festoso, condiviso con i più poveri e affamati. La proclamazione - scrittura delle clausole dell’Alleanza. Dal monte Sinai dove si era recato, Mosè scende per riferire al popolo “tutte le parole del Signore”, cioè il Decalogo (Es 20,1) e “tutte le norme”, cioè il Codice dell’Alleanza (21,1); praticamente si tratta del resoconto di tutti gli eventi di Es 20-23. Liturgia della Parola (proclamazione del libro della legge), sorta di professione di fede (assenso degli Israeliti), liturgia di Comunione (aspersione del sangue). Qui Mosè si staglia nel suo ruolo di mediatore tra Dio ed il popolo, nonché di narratore privilegiato della Parola di JHWH, inglobando ed anticipando paradigmaticamente nella sua persona le funzioni che saranno dei profeti, dei sacerdoti e del re in Israele e dei ministri cristiani. Il popolo riconferma liberamente e all’unisono la sua adesione, data inizialmente in Es 19,8; là aveva accettato a perciò appartiene solo a Dio. Per questo non può essere impunemente versato, né mangiato (Gn 9,4; Lv 17,11-14). A motivo di questa sua sacralità, il sangue è un ingrediente fondamentale in questo tipo di sacrifici, in particolare nei riti di consacrazione, dove veniva diviso a metà, come L' alleanza è pienezza di comunione e di solidarietà. Riletta tipologicamente la pagina del Primo Testamento trova compimento in Gesù. Il pellicano è un simbolo dell'eucaristia scatola chiusa, qui invece con la piena consapevolezza della posta in gioco (v.3). Poi, di sua iniziativa, Mosè scrive “tutte le parole del Signore”; quanto era rimasto orale viene fissato per sempre in una stesura scritta, con la funzione di testimonio (cfr. Dt 31,26), che attesterà alle generazioni future gli impegni contratti dai loro padri nei confronti di JHWH. La preparazione del rito. Di buon mattino (il tempo classico dell’amministrazione della giustizia in Israele), Mosè erige ai piedi del monte un altare ed attorno ad esso dodici stele, simboli che attestano il rispettivo impegno legale delle due parti contraenti l’alleanza; le dodici stele rappresentano le dodici tribù d’Israele, mentre l’altare rappresenta implicitamente JHWH (da qui nascerà il bacio del sacerdote all’introito). La preparazione del rito viene affidata a dei giovani del popolo, che svolgono in modo “laico” quella che sarà una prerogativa dei sacerdoti, dal momento che nel racconto il sacerdozio ufficiale non è stato ancora istituito. Essi offrono prima un olocausto, in cui la vittima viene interamente bruciata, a significare il riconoscimento della totale signoria di Dio sulla vita, poi un sacrificio di comunione, in cui venivano offerte a Dio le parti più prelibate (come il grasso), mentre il resto veniva mangiato dall’offerente, a significare appunto la “comunione” e il legame tra questi e Dio. Entrambi sacrifici cruenti, essi servono soprattutto a procurare l’elemento essenziale del “sangue”. Nella Bibbia, il sangue è sacro perché rappresenta la vita stessa di un essere vivente e nel caso dell’ordinazione dei sacerdoti. Qui Mosè distribuisce una metà di questo “sangue-vita” in catini, che rappresentano il popolo, e l’altra metà sull’altare, simbolo di Dio, ad indicare la consacrazione di Israele che entra in alleanza con JHWH. La stipulazione dell’alleanza. La cerimonia che suggella l’alleanza si articola in tre parti: a) la proclamazione delle parole di JHWH, b) l’assenso degli Israeliti; c) l’aspersione del sangue. a) Mosè prende il libro dell’Alleanza e “lo proclama nelle orecchie” del popolo, un’espressione che presuppone una seria interiorizzazione e ritorna sempre in momenti di letture cruciali nella storia d’Israele (2 Re 23; Ne 8). Israele lo ascolta per la seconda volta, fissato nella sua stesura scritta, per cui in futuro non potrà più bleffare, o accampare scuse. b) Il popolo riconferma solennemente il suo totale assenso, con una frase che presenta una curiosa inversione dei verbi, non resa dalla ›› 23 traduzione italiana: infatti, promette 60 anni di Messa D on Silvio Rastelli, il 29 giugno, festeggia il 60° anniversario di ordinazione Sacerdotale a Montegiorgio nella chiesa di S. Paolo Apostolo. Fu ordinato sacerdote in Cattedrale il 29 giugno 1951. "Oggi - afferma don Silvio - ringrazio il Signore di avermi fatto strumento del suo amore". Nel biglietto di invito alla sua festa, è riportata una frase di Paolo VI: "Dà a questi tuoi ministri un cuore grande... dà a questi tuoi ministri un cuore puro come quello di un fanciullo che non conosca il male se non per definirlo, combatterlo e fuggirlo".• VOCE ECCLESIALE n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 15 ›› civitanova: ritiro del clero diocesano nella parrocchia di s. maria apparente Annunciazione, Cana, Calvario • Ndg L a Vergine di Nazareth, colei che ha creduto all'amore. Su questo tema è stato convocato il clero diocesano a Civitanova nella parrocchia di S. Maria Apparente in festa per il sesto centenario della apparizione della Madonna. La relazione è stata affidata a don Mario Colabianchi, parroco a Civitanova e Vicario Giudiziale del Tribunale ecclesiastico del Piceno. «Abbiamo creduto all'amore», ha detto don Mario, è la sintesi del cristianesimo. Non si crede ad altro. Non all'onnipotenza di Dio, non all'eternità o alla fedeltà, non alla sua sapienza infinita. Dove si mette in gioco la fede è la domanda: Dio è amore sì o no?. È la stessa domanda sulla quale Israele nel deserto si giocava la vita: «Dio è per noi si o no?» (Es 17,7). L'amore è la rifondazione della fede. Don Colabianchi si è chiesto: ma che cosa vuol dire credere? Nell'A.T. l'etimo fede ha tre accezioni: acquistare stabilità, non traballare, fondarsi; fidarsi incondizionatamente di qualcuno; prestare fede ad un messaggio e/o a chi lo porta. Dunque credere all'amore è fondarsi e fidarsi dell'amore. Ogni storia d'amore mette a nudo la natura dell'anima. Così è per Maria. In tre racconti del vangelo (Annunciazione, Cana e Calvario) don Mario ha cercato alcuni frammenti di vita, un alfabeto della vita esemplare per il credente. L'Annunciazione è stata presentata come un anticipo di fede. Le nozze di Cana come la casa dell'amore. Ai piedi della croce, Maria crede all'amore come maternità, come accoglienza. Ai piedi della croce l'amore è anche debolezza, povertà, dipendenza, umiltà, impotenza. La nostra generazione - ha detto don Mario - è affascinata dai profeti, forse più ancora che dagli Campo famiglie S crivilo. Si farà. Ha ripetuto don Claudio Morganti, direttore dell'Ufficio Diocesano per la Pastorale della famiglia. È già tutto pronto per il Campo Famiglie 2011 che si svolgerà a Cagnano di Acquasanta Terme dal 14 al 21 agosto. C'è ancora qualche posto libero. Purtroppo però le coppie della Diocesi non sono molte. Eppure il Campo è un'esperienza di condivisione, di essenzialità, di servizio, di formazione e di preghiera. Anche la spesa non è eccessiva: la quota per l'intero campo è di euro 150 per ogni adulto e 50 per i bambini sotto ai 14 anni. • apostoli. Ha fame di profeti, uomini dal cuore in fiamme, uomini certi di Dio; fame di parole autorevoli e autentiche, che creano e fanno essere. La Bibbia ci appare affollata di uomini dalla fede salda e possente. In Maria non sono la sua fermezza o la sua sicurezza a colpire, quanto piuttosto la leggerezza del suo stupore. Che cosa stupisce Maria? La gioia, così evidente nel Magnificat, non deriva dal suo temperamento ma da un'esperienza spirituale. Non è Maria che è gioiosa, è la sua fede, riconoscente e stupita. Fede in un Dio innamorato. Il Signore ricorda che serietà, tensione, urgenza, rischio sono nulla senza gioia. La gioia di Maria rende la fede ciò che è: ospitalità di un Dio innamorato e affidabile. Di fronte a Dio non c'è nulla di meglio che essere trasparenti, così come per l'aria di fronte al sole; essere leggeri come il polline dentro il vento di primavera. Di fronte a Dio per l'essere umano non c'è nulla di meglio che essere nulla. Un nulla cui Dio ha regalato un cuore. È l'esperienza di Maria che ha creduto alla polifonia del cuore e che ha posto la sua forza nell'amore disarmato, nella impotenza e onnipotenza dell'amore più grande. Passione per l'esistente significa non vivere senza mistero. Una splendida immagine della mistica sufi descrive l'umiltà della serva di Dio come una clessidra che si svuota con gioia, e lascia così spazio alla pienezza di Dio. La gioia della povertà umile nasce da una certezza: la clessidra sa che all'improvviso, una mano la capovolgerà. Solleverà in alto il suo cuore di sabbia. E vedrà che quella sabbia in realtà non misura il tempo, ma il senso del tempo: misura cioè, granello per granello, il racconto dell'amore. Leggendo alcuni scritti di Chiara Lubich - ha concluso don Mario Colabianchi - sono rimasto particolarmente colpito da una meditazione intitolata La voglio rivedere in te. Sono entrata in chiesa un giorno e con il cuore pieno di confidenza chiesi a Gesù: "Perché volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della terra, nella dolcissima Eucaristia, e non hai trovato, Tu che sei Dio, una forma per portarvi e lasciarvi anche Maria, la Mamma di tutti noi che Civitanova, S. Maria Apparente: ritiro del clero La Serva di Dio è come una clessidra che si svuota con gioia e lascia così spazio alla pienezza di Dio. viaggiamo?". Nel silenzio sembrava rispondesse: "Non l'ho portata perché la voglio rivedere in te". Dopo don Colabianchi, il Vicario Generale ha dato comunicazione di una richiesta pervenuta da S. Em. Card. Mauro Piacenza, prefetto della Sacra Congregazione per il clero, il quale per il prossimo 29 giugno, sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale del Papa Benedetto XVI, chiede di "poter fare cosa gradita al Santo Padre invitando ogni Diocesi ad offrire per la circostanza del sessantesimo Anniversario, sessanta Ore di Adorazione eucaristica continuative o distribuite nel prossimo mese di giugno, per la santificazione del Clero e per ottenere da Dio il dono di nuove e sante vocazioni sacerdotali. Il culmine del percorso di preghiera potrebbe coincidere con la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù (giornata di santificazione sacerdotale) il prossimo venerdì primo luglio". Quindi la Parola è stata data alla dott.ssa Alma Monelli che ha spiegato gli impegni impellenti fissati dal Vademecum per i beni culturali ecclesiastici. Don Giuseppe Morresi, parroco a S. Maria Apparente, ha invitato tutti i presenti al pranzo preparato da alcune famiglie della parrocchia. Ad ogni sacerdote ha anche donato, per non far dimenticare il centenario due libri: Alba ut sol di Antonio Eleuteri e Maria, la Madre di Gesù di Paolo Bascioni. • 16 LAVORO & ECONOMIA 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› lettera aperta a mario draghi, governatore della banca d'italia I nostri figli: il rimosso dell'economia • SIR I l Forum delle associazioni familiari scrive a Mario Draghi. Una riforma del fisco “a misura di famiglia” e l’adozione del “Fattore famiglia” quale forma di “ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita”: sono le proposte-chiave contenute nella “Lettera aperta” del presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti, al governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Nel testo, Belletti prende le mosse dalla domanda: “Quale Paese lasceremo ai nostri figli?”. Scrive il presidente del Forum che “questa è la domanda più radicale posta nei giorni scorsi dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, verso la conclusione delle sue considerazioni presentate all’assemblea ordinaria dei partecipanti a corredo della Relazione annuale sul 2010. Un testo più importante delle pur importanti consuete relazioni annuali, perché è l’ultimo pronunciato da governatore dell’istituto centrale del nostro Paese, ma subito prima della prossima nomina a presidente della Bce. Quindi, una sorta di ‘bilancio del passato’, ma anche un primo ‘progetto per il futuro’, non solo italiano”. Il presidente del Forum famiglie nota con rammarico come “questa domanda non abbia avuto eco nelle pagine dei giornali, che hanno percepito e comunicato una rinnovata ‘sfida alla fiducia’, con un doppio richiamo all’ottimismo e alla responsabilità del rigore”. Equità fiscale per famiglie con figli. Entrando nel vivo degli argomenti toccati da Draghi nelle sue “considerazioni finali”, Belletti nota che “le misure analiticamente descritte... esigono certamente coraggio, coerenza e concretezza”. E quindi propone una riflessione “con voce di famiglia, che riguarda la riforma del fisco ‘a misura di famiglia’”. Appoggia la richiesta di Draghi di ridurre le aliquote, “elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il D.Lgs. 196/2003 “Testo unico della privacy” Fotografie: per quanto riguarda i diritti di riproduzione l’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire le fonti. Il nostro periodico è aperto a tutti coloro che desiderino collaborare nel rispetto dell’art. 21 della Costituzione che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, non costituendo, pertanto, tale collaborazione gratuita alcun rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione autonoma”. minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’Amministrazione fiscale ha recentemente conseguito”. Il presidente del Forum sottolinea quindi che “questa riduzione delle aliquote sui redditi dei lavoratori dovrà perseguire ‘anche’ l’equità fiscale nei confronti delle famiglie con figli, perché loro per prime sono penalizzate, e perché restituire capacità di spesa alle famiglie con figli attraverso una riduzione della pressione fiscale si tradurrà immediatamente in un rilancio dell’economia, perché innescherà maggiori consumi, maggiore produzione di beni di prima necessità, nuova occupazione, maggiore protezione della povertà familiare, con minori spese socioassistenziali”. Il “Fattore famiglia”. Nella parte centrale della “Lettera aperta”, Belletti richiama la recente proposta del Forum per una riforma del fisco basata sul “Fattore famiglia” (Info: www.forumfamiglie.org). Condivide l’argomento di Draghi che “per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose... Occorre invece un’accorta articolazione della manovra”. Nota quindi che per Federazione Italiana Settimanali Cattolici Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Direttore responsabile: Nicola Del Gobbo [email protected] Grafica: Colocrea [email protected] Stampa: Arti Grafiche Stibu S.n.c. Chiuso in tipografia il 13/06/2011 Occorre ridurre la pressione fiscale sulle famiglie con figli. Quale paese lasceremo ai nostri figli? Il forum delle associazioni familiari scrive al governatore della Banca d'Italia per chiedere una riforma del fisco a misura di famiglia. “far ripartire i consumi”, come auspicato da Draghi, occorre ridurre la pressione fiscale sulle famiglie con figli. “Proprio l’esempio della Francia documenta che questa è una via da percorrere”, scrive Belletti, altrimenti da noi non si verificherà mai quello slancio dei consumi reali che oltralpe sono cresciuti del 18%, mentre da noi meno del 5%. In conclusione il presidente del Forum richiama il monito del governatore: “Occorre sconfiggere gli intrecci di interessi corporativi che in più modi opprimono il Paese”, definendo “una denuncia forte, anche questa scarsamente ripresa dai media” e ricordando che le famiglie “attendono giustizia e sostegno”, anche se “la loro pazienza, però, si sta esaurendo”. • Redazione: via Sisto V, 11 - 63023 Fermo Telefono e fax 0734.227957 www.lavocedellemarche.it [email protected] Editore: Fondazione Terzo Millennio via Sisto V, 11 - Fermo Registrazione Tribunale di Fermo n. 8/04 del 1/12/2004 ARTE & CULTURA n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 17 ›› l' economo diocesano richiama il clero a gestire bene l' amministrazione della parrocchia Rispettare le norme giuridiche e tecniche • Elio Perfetti L a parrocchia non è un’industria che deve funzionare producendo guadagno, ma una realtà che va amministrata attentamente perché possa svolgere la sua missione di annunzio del Vangelo; perciò l’aspetto economico non può essere disgiunto da quello pastorale e quest’ultimo deve tener contro del primo se vuole mettere veramente in pratica le proprie scelte. Non si deve poi dimenticare che una amministrazione ben curata, seguita, aperta e trasparente ha la capacità di educare. Il canone 537 del CJC impone ad ogni parrocchia la costituzione di un Cpae (essendo la parrocchia persona giuridica), esplicita la funzione del Cpae ed il tipo di norme che lo devono regolamentare. Educa le comunità parrocchiali. Le parrocchie hanno bisogno di vedere una buona amministrazione diocesana per imparare a curare la loro in modo positivo e costruttivo. Spesso le parrocchie non hanno attenzione all’aspetto amministrativo in quanto pensano che il loro compito è altro. Vedere che la diocesi amministra in modo accorto e come questo sia in grado di fornire il necessario per le scelte pastorali e caritative della comunità apre alla capacità di cogliere l’importanza pastorale dell’amministrazione. Importante è anche avere cura dei beni materiali - effettuando con costanza l’ordinaria manutenzione - con la cura del buon padre di famiglia per evitare di dover all’improvviso mettere mano a tutto con interventi straordinari. Educa i sacerdoti. I sacerdoti, non avendo la famiglia da mantenere o altre responsabilità verso terzi, talvolta non prestano la dovuta cura ai beni personali, vivendo il proprio rapporto con il denaro in modo sbagliato (dal pauperismo che porta alla sciatteria, a stili di vita che non testimoniano di certo la povertà). Educa la società. È indispensabile essere effettivamente in grado di mostrare come una amministrazione possa essere corretta e trasparente. La società guarda al comportamento della Chiesa e dei suoi membri molto più di quanto sembra ed è una fortuna se guardando la Chiesa impara il bene. Amministrare con chiarezza e correttezza significa avere rapporti corretti con il fisco, con i pagamenti, con i collaboratori, etc., senza far prevalere la mania del risparmio ad ogni costo. Trasparenza e legalità. Uno slogan delle amministrazioni ecclesiastiche potrebbe essere: “Non temiamo la trasparenza perché amiamo la legalità”. Le due realtà sono strettamente correlate. Però: perché ci possa essere legalità serve preparazione tecnica, capacità amministrativa, conoscenza delle norme ed effettiva competenza ecclesiale; perché ci sia trasparenza servono massima fiducia nell’operato del Vescovo (o del Parroco) e stretta collaborazione con l’intera struttura diocesana (o parrocchiale). Consigli parrocchiali per gli affari economici (Cpae). Ormai tutte le diocesi hanno fornito regolamenti sulla formazione dello stesso, sottolineando l’importanza delle competenze che in esso vi debbono essere. Non può essere composto solo da persone di buona volontà che amano la parrocchia, ma deve prevedere la presenza di persone competenti in diverse realtà amministrative, in modo da aiutare la parrocchia a fare scelte giuste. Il volume che viene offerto a ciascuna parrocchia – inizialmente doveva avere il titolo “Vademecum per le Parrocchie” – titolo cambiato poi, giustamente, in La gestione e l’amministrazione della parrocchia. È uno strumento indispensabile per affrontare con cognizione di causa e con le necessarie indicazioni le molte e diverse problematiche che ciascun Parroco si trova ad affrontare ogni giorno. Il volume, oltre a Prefazione, Premessa e Presentazione, è costituito da 14 capitoli, che - guardando alla “Parrocchia” sotto il profilo giuridico, canonico ed ecclesiastico - esaminano e passano in rassegna i vari problemi che ciascun parroco si trova ad affrontare quotidianamente. Esso vuol essere uno strumento in grado di guidare con chiarezza. È un prontuario ampio ed articolato, frutto dell’esperienza di tante L’importanza della corretta amministrazione dei beni della Chiesa era ben chiara ai padri del Concilio, che nel Decreto “Presbyterorum Ordinis” raccomandavano: “Quanto ai beni ecclesiastici, i sacerdoti devono amministrarli a norma delle leggi ecclesiastiche e con l’aiuto di esperti laici; e debbono sempre impiegarli per quegli scopi per il cui raggiungimento la Chiesa può possedere beni temporali, vale a dire la sistemazione del culto divino, il dignitoso mantenimento del clero, il sostentamento delle opere di apostolato e di carità, per i poveri”. curie diocesane, per accompagnare i parroci ed i membri del Cpae nel disbrigo dei diversi adempimenti connessi con l’attività amministrativa e ciò al fine di passare da una gestione “buona” ad una gestione “corretta”. Il volume è poi corredato da un CD contenente la normativa specifica, sia a livello canonico che civile. • 18 ARTE & CULTURA 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› I NOSTRI POETI DIALETTALI Posta dialettale • Rubrica a cura di Fabrizio Fabi L a poesia dialettale – d’amore o nuziale – non è interdetta al proletariato o alle manovalanze che tempo addietro facevano corte accanto alle residenze ed ai possedimenti della nobiltà più provveduta. Ecco allora una lettera d’amore – così la intitola Luigi Mannocchi riferendone il testo – scritta da un lavoratore trasferitosi nel Lazio al tempo della bonifica delle paludi pontine alla donna del cuore, rimasta ovviamente a Fermo. Carissima speranza del mio core, non me facéte in tanta pena stare; con quistu foiu te vengo a trovare, te fo' conosce che te porto amore; te manno quistu fojju de promessu pe' datte gustu con piacere e spassu, I n questi giorni gli studenti vivono trepidanti attese per i risultati dell'anno scolastico. Nel 1876 Giosuè Carducci, dinanzi al Consiglio Comunale di Fermo, rendeva noti i risultati delle interrogazioni effettuate da lui e da un collega. Egli infatti, da Bologna era giunto nella nostra città, per una ispezione valutativa al Liceo Classico. Era con lui il Prof. Francesco Rossetti. Carducci da Fermo scrive alla moglie, Elvira, elogiando l'ambiente Fermano: "...ma intanto ho visto di gran bei paesi fra il mare e i monti, colli e valli coltivati benissimo: par di essere in Toscana". Quello che però più ci onora è ciò che aggiunge: "Qui la gente parla benissimo!". È un complimento lusinghiero, se pensiamo che ad esprimerlo è nientemeno che l'autore delle Odi Barbare, quindi un buon intenditore. In realtà, il nostro dialetto è molto vicino alla lingua italiana ed è il vero dialetto marchigiano. "Veri e genuini dialetti marchigiani sono quelli che terminano in U" - diceva Giacomo Devoto, presidente dell'Accademia della Crusca - e tracciava un' "area dialettale con tre poli: Fermo, Macerata, Camerino". Infatti, molto diverso e de saluti te ne manno tanti pe' quante fronne muovono li venti, pe' quanti gra' de rena sta' nel mare, pe' quante stelle manna lo splendore, pe' quanti fiuri ve' tra aprile e magghio, pe' quanti raggi ha ‘l sole a lo merigghio, co' la presente te manno cinque paoli, zàppece l’ortu e piantace li cavoli; se te ce 'vanza oro o pure argento rmànnamelo arreto pe' posta currente. Altrettanto dimostrativa è quella che, sempre Luigi Mannocchi, riporta come “altra lettera d’amore” di un emigrato fermano alla sua donna rimasta a Fermo: anche stavolta con esplicito riferimento alle provvidenziali incombenze del servizi postali. è il dialetto ascolano che risente di influssi abruzzesi e quello pesarese che sa di romagnolo. Il nostro si avvicina molto all'umbro, talché il Cantico delle Creature di S. Francesco con le molte desinenze in U (laudatu sii Signore per frate focu ... ellu è bellu) può essere considerato dialetto marchigiano. Del resto, Gubbio e il suo distretto, durante il Governo Pontificio, facevano parte delle Marche; ne fu staccato dopo il 1860 dal Governo Piemontese. Torniamo alla lettera di Carducci. Il poeta continua indicando cosa farà appena tornato a casa: "...Quando poi mi sarò riposato due giorni, metterò a posto i libri e a luglio, nei gran calori, lavorerò... Tu non credere mica che io faccia il fannullone: lavoro e di molto... io voglio udire e vedere tutto coi maggiori scrupoli, onde va più per le lunghe che non credessi. Figurati, mi tocca a stare a sentire lezioni ed interrogazioni di studenti per cinque ore al giorno...". Il poeta poi prega la moglie di dire a Bice, la diciasettenne primogenita, che "mi mandi una trentina o quarantina de' miei biglietti da visita e me li mandi sotto forte fascia per posta, qui subito a Fermo". Ancora: "fammi da dimani in poi Vanne, lettera mia, pe’ la posta E camina pe’ la piana e pe’ la costa finché giunta non sei da la mia bella amante; giunta che sei, dajje un sospiro ardente e tòcchila per me la bella mano, la mano come lei 'nce l'ha nisciuna; se ti dimanda del mio core meschino, che me trovo ne la campagna de Marino. O cielo, o mare, o stelle, quanti siete, la pena del mio cor non sopportate; se aveste tante ferite in menzo al core certo non soffrireste questo mio dolore Voi m’avete ferito il core e morire me sento, mannàteme 'na pronta risposta e allora viverò contento; sono vostro amante S. B. - Pronta risposta. (venerdì) comperare La Patria e impostala la sera subito con un francobollo da un centesimo, prima per Fermo e da domenica in poi per Spoleto". Come si vede, anche se la spedizione costava un solo centesimo, le poste viaggiavano puntuali perché Carducci riceveva subito la corrispondenza. Gli abitanti del fermano saranno lieti di conoscere questa autorevole testimonianza sulla preziosità e bontà del nostro dialetto e sull'apprezzamento turistico di Carducci cosa del resto ripetuta dal poeta il quale, parlando delle Marche, dice: "La terra picena è benedetta da Dio, di bellezza e di venustà, tra il digradare dei monti che difendono, tra il distendersi dei mari che abbracciano, tra il sorgere dei colli che salutano, tra l'apertura delle valli che arridono". Ma ora un dubbio mi tormenta: ho detto che Gubbio era nelle Marche. Ovviamente anche il famoso lupo di francescana memoria era ... marchigiano. Ecco perché era un lupo buono ... e quando morì, narra l'antica poesia, fu da tutti pianto / e seppellito presso il camposanto. • (da Gabriele Nepi, Curiosità storiche su Fermo e il Fermano) ARTE & CULTURA n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 19 ›› civitanova: due libri per celebrare i 600 anni dalla apparizione della vergine a vico salimbene Le tradizioni non tradiscono • ND M aria, la madre di Gesù di Paolo Bascioni è ormai alla seconda edizione. Questa seconda edizione - si legge nell'introduzione nasce nel contesto delle celebrazioni per il sesto centenario delle apparizioni di Maria a Civitanova Marche, in quel territorio che da quegli eventi prende la denominazione di "Santa Maria Apparente". Questi fatti soprannaturali, del 5 giugno 1411, trovano riscontro nei documenti e quindi, a rigore storico, sono gli unici con un fondamento certo. Ad una prima analisi, però, ci si rende conto che le notizie trasmesse dalla credenza popolare non sono così omogenee e univoche da concentrare ed esaurire entro quella data, tutta la ricchezza che la tradizione diffonderà nel corso dei secoli. Infatti, colui che ebbe il privilegio di queste visioni celesti, a volte è un pastorello, altre un contadino, altre ancora un legnaiolo o un boscaiolo. Ma è soprattutto riguardo ai tempi che le discrepanze sono macroscopiche; si partirebbe addirittura dal 1200 per arrivare al 1600. Cerchiamo, allora, di fare un po' di ordine nel ricco e non sempre coerente materiale che la plurisecolare tradizione ha conservato e forse anche abbellito con particolari simbolici, riguardo alla Madonna di Santa Maria Apparente. La storia - si può usare tale termine perché la vicenda è suffragata da una documentazione comprovante - ha inizio il 5 giugno 1411 con l'apparizione della Vergine Maria a Vico Salimbene. Organizzeremo gli elementi essenziali del fenomeno soprannaturale con ordine per una migliore comprensione. - Il veggente: un pastorello del luogo, semplice, analfabeta, certamente buono e devoto, ma lontano da ogni aspirazione di protagonismo e di azioni straordinarie ed appariscenti. - Il sito: un vecchio muro di cinta nelle vicinanze di un campo pianeggiante, dove Vico sta pascolando il suo piccolo gregge. - Il contesto storico-sociale: un periodo di carestia e le conseguenti condizioni di povertà e miseria diffuse, aggravate da una terribile pestilenza che mieteva vittime in tutta la zona e per la quale i rimedi sanitari del tempo erano impotenti. - La fenomenologia: mentre Vico sta intagliando una canna per farne uno zufolo, è investito improvvisamente da una luce straordinaria, quando questa si ritrae appare una signora bellissima che lo guarda sorridente e gli parla: dice di essere la Madonna e gli affida il compito di andare dalle autorità cittadine a chiedere che si costruisca in quel luogo una piccola chiesa; in cambio promette che libererà la città dalla peste. - Gli sviluppi pubblici: Vico si reca a Civitanova dalle autorità, racconta l'accaduto e fa la richiesta a nome della Vergine, ma non viene creduto. I giorni successivi la Madonna gli appare una seconda volta, lo incoraggia e formula la stessa richiesta. Vico torna dalle autorità, ma nuovamente non viene considerato. Un'altra apparizione, la terza, con la promessa che questa volta gli crederanno. Ritornato dalle autorità, questa volta viene creduto perché vi è stato un segno straordinario: il suono delle campane di tutte le chiese in un'ora non consueta e senza che nessuno le avesse mosse. Si recano, quindi, sul luogo delle apparizioni per verificare il racconto del pastorello e qui la sorpresa che colpisce e Le notizie trasmesse dalla credenza popolare non sono omogenee e univoche da concentrare ed esaurire entro il 5 giugno 1411 tutta la ricchezza della tradizione. convince: nel muro dove Vico aveva visto la straordinaria luce e poi la bellissima signora è impressa un'immagine di Maria e accanto si trova lo zampillo di una polla d'acqua che prima non c'era. Le autorità si persuadono a costruire la chiesetta e di celebrare ogni anno, nello stesso giorno della prima apparizione, il 5 giugno, una grande festa in onore di Maria. Agli eventi soprannaturali del 1411 seguirono lo sviluppo ed il graduale strutturarsi nel tempo di una serie di elementi costituenti quello che potremmo chiamare il patrimonio cittadino civitanovese di Santa Maria Apparente con valenza religiosa, culturale e sociale, tuttora, almeno in parte, presente e significativo. • ALBA UT SOL Presentazione del libro U n libro per non far dimenticare la storia del Santuario di Santa Maria Apparente. Antonio Eleuteri con Alba ut sol ricostruisce con dovizia di particolari e abbondanza di rimandi storici, oltre che con una interessante parte iconografica, la storia legata al Santuario che, partendo dal 1411, si è tramandata nei secoli fino ad oggi. Nell' Istoria civitanovese edita nel 1740 da Giuseppe Gaetani si legge: "La Madre del Verbo, nell'anno 1411, visibilmente e miracolosamente apparve nelle Rote del territorio di Civitanova ad un de' suoi abitanti, chiamato Vico Salimbene (come giustificasi da un pubblico Consiglio sopra ciò fatto, esistente presso l'Insigne Collegiata di S. Paolo di Civitanova, che ritiene l'Archivio della Confraternita soppressa della Madonna della Misericordia); per lo che li civitanovani gli eressero un tempio non molto distante dal fiume Chienti, dove, come da perenne fonte di grazie han sempre sgorgato ed al presente sgorgano copiosissime beneficenze, in particolare à donne bisognose di latte per nudrimento de' loro bambini, sicchè nelle città e luoghi convicini vien chiamata la Madonna del Latte, ma in Civitanova per la sudetta Apparizione, Santa Maria Appari vien detta..." • 20 THEO 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› La terra è sempre "promessa" perchè dono di jhwh da meritare Terra, antenati, Dio, popolo • Flavio Della Vecchia L 'affermazione teologica principale del libro di Giosuè è contenuta in 21,43-45: Così YHWH diede ad Israele tutto il paese che aveva giurato di dare ai loro padri; essi ne presero possesso e vi si stabilirono. YHWH diede loro riposo, come aveva giurato ai padri. Nessun nemico potè resistere davanti a loro: YHWH mise infatti in loro potere tutti i nemici. Nessuna di tutte le benne promesse fatti da YHWH ai figli d'Israele andò a vuoto: tutte si avverarono. Le promesse di YHWH agli antenati del popolo hanno dunque trovato la loro realizzazione nelle vicende narrate nel libro; nello stesso tempo, il libro va letto come premessa e contesto della storia narrata nei successivi, nella quale il popolo, che ha ottenuto la liberazione dalla schiavitù egiziana e la rivelazione della legge, ha stipulato un patto con il suo Dio ed è stato protagonista del compimento della promessa della terra, dovrà dimostrare la sua fedeltà al suo liberatore, come sottolinea il solenne impegno assunto da Giosuè e dal popolo di servire esclusivamente il Dio che ha donato la terra (Gs 24,1-24). La conquista narrata nel libro non vuole perciò esporre in primo luogo l'epopea dei vincitori: l'accento cade sul fatto che la terra è dono di YHWH (cf. 1,2.3.11.13.15 ecc.) ed è stata data a Israele "in eredità" (cf. 1,6;11,23; 13,6); ciò che conta è quanto Dio ha realizzato, dato che ogni impresa di Giosuè non è che l'esecuzione fedele di ordini impartiti da Dio. (...) Né la generazione dell'esodo né quelle successive a Giosuè manifestano fedeltà alla volontà di Dio. In certo qual modo la vicenda narrata in Giosuè è parallela a quella di Abramo: si tratta degli inizi nel paese in entrambi i casi; la fedeltà e l'obbedienza di Abramo culminano nell'ottenimento di una discendenza (anche se si tratta di un solo figlio), Il vincolo della terra può essere giustificato religiosamente? Non è stato facile passare dall'immagine dell'ebreo errante a quella di una nazione. così la fedeltà e l'obbedienza del popolo culminano nel dono della terra che sollecita il popolo a decisione libera e responsabile nei confronti di Dio (cf. Gs 24). Del resto, pur enfatizzando il dono della terra, il libro di Giosuè sottolinea al contempo il rischio della sua perdita futura; chi scrive conosce già il dramma del fallimento, cosicché fa pronunciare al protagonista del libro un'esortazione che spiega tale fallimento (Gs 23,11-13): si tratta della punizione perché il popolo si è allontanato dal suo Dio e ha adorato altre divinità; in tal modo il libro diventa un'esortazione e un programma per una "nuova" vita nella terra: come la disobbedienza ha provocato la perdita della propria terra, così l'obbedienza consentirà nuovamente al popolo di rientrarne in possesso. Al dramma della perdita della terra la prima parte della Bibbia dedica molto spazio, specie nei testi profetici, dopo la conquista babilonese nel VI secolo a.C. Di fatto, se si eccettua una breve parentesi a cavallo tra il secondo e il primo secolo a.C., il popolo ha vissuto nella terra, ma sotto dominazione straniera; inoltre, soprattutto dopo la distruzione del tempio effettuata dalle legioni romane nel 70 d.C., la maggioranza degli ebrei si è stabilita, come minoranza etnica e religiosa, in vari paesi (fenomeno fin dall'antichità chiamato diaspora). La terra spazio di misericordia Sentendo Gesù affermare "Beati i miti, perché erediteranno la terra", il pensiero cristiano si volge al paradiso. Eppure difficilmente un ebreo contemporaneo di Gesù si sarebbe accontentato di tale prospettiva e Gesù stesso non intendeva solo invitare ad andare al di là della storia per aspettarsi qualcosa da Dio. Gesù è figlio di quel popolo che scrutando le Scritture scopre che Dio ha promesso la terra ai Padri, ha liberato gli schivi d'Egitto per offrire loro un paese in cui vivere in pace e giustizia, ha annunciato tramite i suoi profeti che il ritorno nella terra resta la meta che Dio propone a chi ne accoglie la Parola e si lascia interiormente trasformare il cuore da quello Spirito che dà vita all'universo (Ez 36-37). Ma proprio la Bibbia mostra che tale dono si è scontrato molte volte con la resistenza del popolo, con l'incapacità di assumere i doveri che il dono richiedeva (l'osservanza della legge), con il fatto storico che proprio quello stesso Dio che aveva donato la terra si riprendeva tale dono, a motivo dell'ingiustizia e dell'infedeltà umana. Ecco perché il possesso della terra è nella Bibbia un momento della speranza che orienta i credenti verso il futuro. Gesù assume il dinamismo di tale attesa, consapevole che il senso delle Scritture non confina la speranza d'Israele nella realizzazione di un progetto politico. Ogni attuazione umana del progetto divino resta provvisoria, come lo è stato il regno narrato nelle pagine bibliche; nello stesso tempo essa non è del tutto priva di significato, poiché, nella misura in cui vi si opera la giustizia e anche i poveri trovano solidarietà, attesta che Dio si prende cura del mondo. Annunciando il regno di Dio, però, Gesù proclama che solo Dio può realizzare integralmente questo, non le rivoluzioni né un impero universale che nella sua propaganda ufficiale si fa paladino di libertà e pace. Assumendo, come Gesù, la prospettiva del regno, il cristiano non fa della sua vita una tensione verso l'attuazione di un progetto politico, ma nello stesso tempo sa che deve operare per la pace, avere fame e sete di giustizia, al punto di accettare la persecuzione per poterla conseguire (Mt 5,1-12). Così si eredita la terra: non come possesso esclusivo, ma come spazio che Dio assegna all'umanità per esercitare la sua misericordia e offrire la sua benedizione. • NOTA PASTORALE n.5/ CPP e CPAE al servizio del popolo di Dio (26) L e comunità parrocchiali territorialmente strutturate e fino a ora imperanti non possono opporsi a queste nuove sfide come se fossero un "vitello d'oro". La pastorale non può diventare una «pastorale dell'orticello» cioè una pastorale sul modello di un giardiniere che per hobby si prende amorevolmente cura del suo piccolo orto delimitato. I «segni dei tempi» ci spingono a non preoccuparci più in prima linea della formazione di comunità (parrocchiali) dilatate e che restringono con ciò stesso l'ambiente sociale. Ci è chiesto, invece, molto di più: da una parte, di creare comunità locali nelle quali la vita cristiana è condotta anche senza la presenza permanente di un prete; dall'altra, di creare la possibilità che i parroci si prendano cura di un territorio più ampio e possano offrire proposte diversificate in ambito liturgico, kerygmatico e spirituale. Ciò si realizza se in queste comunità viene stabilita una vita communis (non solo tra presbiteri) che possa offrire un'offerta più ampia. Nelle condizioni di pluralismo e di individualismo della società attuale, ciò è assolutamente necessario. Oggi non è possibile che un prete annunci il vangelo per lunghi anni in una sola piccola parrocchia. Ciascuno ha una determinata "lunghezza d'onda" e raggiunge perciò, anche all'interno di una società sempre più pluralista, soltanto alcuni gruppi di persone. Lo stesso vale a proposito degli impulsi spirituali: non si tratta di immettere all'interno della comunità solo una sensibilità spirituale. Abbiamo bisogno di diversificare anche ciò che il ministero ecclesiale può offrire. E questo si può forse realizzare proprio lì dove c'è una vita communis di diversi preti (e non solo) che guidano insieme la comunità e alla quale ciascuno può apportare il proprio carisma specifico. + Mons. Luigi Conti Termina con questo numero la pubblicazione integrale della Nota Pastorale n. 5 Consummati in unum scritta dall'Arcivescvo e diretta "Ai parroci, a tutti i presbiteri e ai loro primi collaboratori degli Organismi di partecipazione". ›› 23 LETTERE AL DIRETTORE n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 Notizie per 7 Giorni 5 giugno 2011 Sarebbero stati i germogli di soia tedeschi mangiati crudi a scatenare l’epidemia del batterio killer Escheria Choli (Ehec) in Germania. Le autorità mediche sono "sulla pista giusta". • 6 giugno 2011 Nelle elezioni in Portogallo, vince il centrodestra. Il leader vincitore ha detto che avvierà al più presto le trattative per la formazione del governo che "rispetterà gli impegni economici presi con Ue e Fmi". • 7 giugno 2011 Durante la visita in Croazia il Papa ha ricordato il Vescovo martire Stepinac ed ha auspicato che la presenza croata in Europa possa contribuire a valorizzare la ricchezza spirituale della tradizione cristiana. • 8 giugno 20110 Dopo lo scandalo scommesse sul calcio, su cui sta indagando la magistratura di Cremona, anche i magistrati napoletani stanno adoperandosi per accertare se dietro le scommesse illegali c'è la mano della criminalità organizzata.• 9 giugno 2011 Nelle spese militari il triste primato spetta ancora agli Stati Uniti, ma la Cina, dal canto suo sta raggiungendo i "rivali", mentre gl'investimenti globali sono cresciuti in tutto il mondo. • 10 giugno 2011 Il Brasile ha negato l'estradizione in Italia del terrorista Cesare Battisti, condannato in via definitiva per quattro omicidi. Grande indignazione del mondo politico e dei familiari delle vittime. • 11 giugno 2011 Otto anni e quattro mesi dopo avere presentato la domanda di adesione, la Croazia ha ottenuto il via libera della Commissione europea per l'adesione alla Unione Europea. L'ingresso avverrà il 1° luglio 2013.• 21 ›› LA VOCE DELLE MARCHE, VIA SISTO V N.11, FERMO - [email protected] Allarme sui rischi della bici C aro direttore, ho letto con piacere il numero n. 20 in cui si parlava a lungo della bici. Ma non ho letto neppure un rigo in cui si dice che la bicicletta è pericolosa e crea disagi al traffico. La bicicletta è il mezzo migliore per andare in giro in certe città (Porto S. Elpidio, Porto S. Giorgio, Civitanova). Non inquina, si può parcheggiare praticamente ovunque, tiene in allenamento, non consuma benzina. Ma bisogna sapere anche che la bicicletta è il mezzo di trasporto più pericoloso sulle strade italiane. I dati sono stati riportati su “Il Centauro“, la rivista ufficiale dell’associazione amici sostenitori della polizia stradale. Nel 2007 nel nostro paese si sono verificati 15.713 incidenti che hanno coinvolto proprio delle biciclette: 352 ciclisti sono morti, altri 14.535 sono rimasti feriti. Il tasso di mortalità è in netta crescita: si parla di un aumento dell’11 per cento rispetto al 2005, mentre per quanto riguarda i feriti l’aumento è stato del 16,5 per cento. Se si pensa che il rischio di mortalità per chi va in bici è pari a 2,18, contro lo 0,78 delle auto o l’1,96 delle moto, c’è da riflettere. Questi dati fanno pensare che, con tutta probabilità, le nostre strade non sono sicure per chi decide di andare in bici. Poche piste ciclabili, poco rispetto da parte degli automobilisti. Ma a volte anche l’incoscienza di alcuni ciclisti. Insomma, una cultura poco propensa ad andare per strada in bici, al contrario di paesi del nord dove l’uso di questo mezzo è decisamente più diffuso. Sarebbe giusto confrontare i nostri dati con quelli, ad esempio, della Danimarca, per capire le differenze! Non parliamo poi delle "gare" che spesso si incontrano nelle strade dei nostri paesi e città. Tanti ciclisti provenienti da ogni parte. Parcheggiano le loro autovetture magari davanti al portone di casa. Durante la corsa è impossibile viaggiare. Protezione civile e forze dell'ordine vengono mobilitate per fermare il traffico negli incroci. Attese interminabili e disagi per gli automobilisti. A volte l'autovettura con la scritta "fine corsa" passa dopo un corridore che è distaccato decine di minuti dal gruppo di testa. Le strade della nostra provincia si trasformano in circuiti e non è facile trovare il passaggio. E poi vogliamo parlare anche di inquinamento? Non tocchiamo neppure il tasto degli anabolizzanti. Allora le chiedo: è tutto oro quello che luccica? Cordialmente Sa.Sa. Gent.le lettore, il suo richiamo alla disciplina del ciclista è sicuramente utile a restituire un quadro più reale al nostro discorso sulla bici, forse, un po' troppo entusiastico. La questione non è tanto legata al mezzo, quanto alla testa di chi tale mezzo usa, perché la dissennatezza è equamente distribuita tra pedoni, automobilisti, ciclisti, motociclisti, camionisti, scooteristi, apettisti, elicottersiti, paracadustisti, piloti d'aereo, autisti di pullman, nocchieri, fantini, scafisti, surfisti, pattinatori. Che dire, poi, dei moderni quaddisti? Certamente l'insufficienza delle vie di comunicazione e la precarietà del manto stradale rendono complicato ogni spostamento. A questo si aggiungano i cantieri aperti, gli incidenti, i dissesti ambientali, le manifestazioni di ogni genere. Tutto contribuisce ad aumentare la nevrosi. In tal modo, chi sta lavorando e deve correre per consegnare la merce da un luogo all'altro se la prende con il ciclista che se ne va in giro per allenarsi o svagarsi, magari rallentando la velocità dei ritmi lavorativi. Alcuni fatti dovrebbero fare giurisprudenza e educare ad un cambiamento di mentalità: un ciclista è stato severamente multato, con pena pecuniaria e detrazione di punti in patente, per non aver rispettato il rosso ad un semaforo. Tragedie come la strage di ciclisti di Lamezia Terme dello scorso dicembre non devono essere dimenticate. La sua lettera rimanda anche all'idea stimolante delle piste ciclabili. Percorsi natura che possano essere fatti in bici e che siano ben curati, dalle nostre parti, non se ne vedono tanti. Potrebbe essere cosa buona e giusta potenziare e premiare i circuiti già esistenti sul lungo Tenna o Chienti, con una sorveglianza più attenta. Mi pare, invece, che la sua riflessione finale sull'inquinamento e gli anabolizzanti, sia troppo affrettata e sommaria. Il ciclista è la testimonianza vivente di una qualità di vita migliore e alla portata di tutti. In quanto tale, ama l'ambiente, lo stare insieme, il viaggiare, il sacrificio, la prova. Vero è che, se corre dietro un mezzo pesante, respira aria inquinata. Ma questo, vale per tutti e spinge a fare attenzione a menttersi nelle migliori condizioni possibili per non essere avvelenato. Sugli anabolizzanti, possiamo dire che i ciclisti della domenica, o quelli come il nostro don Luigi, non sappiano neppure cosa siano. Pensavamo più a loro, quando abbiamo ideato il nostro numero sulla bici. Non possiamo negare che la bici rappresenti un invito implicito ad avere cura di sé e a mantenere in salute il proprio corpo. Il caso Pantani fece scalpore proprio perché una certa immagine classica del ciclista corretto venne stravolta. Lei ha ragione, tuttavia, quando al simbolo dello scalatore si sostituisce quello più affascinante e ambiguo del pirata. Grazie. • 22 PER RIFLETTERE 19 Giugno 2011 ›› n. 22 ›› young forever è la password per la felicità. gli adulti sono incapaci di ascoltare i giovani. L'impossibile giovinezza • Armando Matteo U no sguardo attento sul nostro mondo permette di registrare l'emergere di una giovinezza sempre più impossibile, sempre più costretta a vivere e a reprimere (a volte a dissipare) la propria energia vitale all' interno di un circuito di esistenza dall' orizzonte molto ristretto e appiattito. D'altro canto le condizioni medie di vita delle famiglie italiane sono ancora buone e una lenta corrente di benessere sorregge stili di vita molto alti. L'ampio ricorso alla cura medica, farmacologica, e psichica, le numerose possibilità di divertimento, la libertà di tempo e di gusti, di morale e di idee politiche, oggi a tutti concessa (persino ai preadolescenti), rappresentano per molti adulti una rassicurazione circa lo stato di salute delle anime dei giovani. Effettivamente gli adulti non sembrano affatto preoccupati delle condizioni (impossibili) del mondo giovanile. Il suo ceto dirigenziale non mette per nulla mano a leggi che favoriscano la costituzione di giovani famiglie, con una efficiente politica per le case, per i figli, per gli asili nido, che regolino con maggiore giustizia ed equità l'accesso al lavoro, che ripristinino un più fluido passaggio tra il tempo della formazione, soprattutto secondaria, e quello della professione; non si impegna con la dovuta attenzione a ridurre l'incredibile debito pubblico - una vera rapina ai danni dei giovani -, a combattere l'evasione fiscale, che toglie denaro dal salvadanaio comune, a stroncare la piaga della criminalità organizzata, che spinge molti ad abbandonare le proprie zone d'origine, ad ammodernare il sistema della giustizia penale ed amministrativa, mancanza che tiene lontano dal nostro Paese numerosi investitori esteri. Ma cosa sta al fondo di questa così terribile distrazione? Insomma, perché i giovani sembrano non esistere più nel nostro Paese, almeno come soggetti degni di attenzione e di investimenti politico-economici? Insomma, che cosa c'è dietro questa impossibile giovinezza? A nostro avviso dietro l'impossibile giovinezza dei nostri ventenni e trentenni si cela l'impossibile giovinezza degli adulti, dei nostri cinquantenni e sessantenni. È proprio il mito della giovinezza, che ha sedotto e corrotto il loro cuore, a renderli oggi incapaci di uno sguardo realistico sulle condizioni elementari di grave svantaggio e disagio in cui versano i giovani e che li rende sempre meno capaci di ascoltarne il grido di aiuto. Più precisamente è proprio l'impossibile giovinezza che gli adulti agognano in ogni modo a porre in essere quelle condizioni che alla fine dei conti dichiarano come impossibile la giovinezza dei giovani e che, lo vedremo a breve, paralizza ogni possibilità di dialogo educativo. Proviamo a capire per prima cosa come gli adulti sono finiti in un tale vicolo cieco. La fascia di coloro che sono nati all'indomani del secondo conflitto mondiale all'incirca tra il 1946 e il 1964 - ha dovuto fare i conti con numerosi cambiamenti e turbamenti che hanno investito l'esperienza umana e proprio nel tentativo di reggere a essi si sono affidati al mito del giovanilismo. Il primo di tali cambiamenti è sicuramente l'allungamento dell'età media: un netto guadagno, grazie alla medicina e all'avvento della tecnica, di circa trent'anni di vita ai quali si è dovuto dare un nuovo significato. Non si poteva certo immaginarli semplicemente come anni da trascorrere "da vecchi". Un secondo mutamento riguarda la scoperta della propria singolarità, rappresentata dallo sdoganamento di un certo "egocentrismo", dopo anni di comunismo e di fascismo, nei quali il valore del singolo era dato essenzialmente dall'appartenenza a un gruppo, a un essere "comune" o un "fascio" appunto. Con la rivoluzione Dietro l'impossibile giovinezza dei ventenni e trentenni si cela l'impossibile giovinezza degli adulti, dei 50enni e dei 60enni. del Sessantotto, aumenta poi la promozione del singolo, della sua identità, della cura di sé, con l'autorizzazione a seguire ogni mania e uzzolo. Da qui il passo al narcisismo contemporaneo è breve. Un terzo cambiamento è dovuto all'emancipazione femminile, al sorgere nella donna di una nuova consapevolezza, sul livello politico, culturale, sessuale ed economico, che proietta una luce nuova sul suo ruolo di madre e di moglie. Sorge invero una donna nuova: la donna con gli stivali - un tale capo d'abbigliamento, che fu dei cowboy, dei moschettieri, degli eserciti, è ora la cifra di una consapevolezza femminile che più nulla ha da invidiare all'uomo. Un ulteriore motivo di turbamento è dovuto pure al fatto che la nostra società ha imposto il denaro come lingua universale di definizione del valore: ogni attività, e specialmente quella lavorativa, viene misurata unicamente in termini di redditività, di capitale, con ampie ricadute sullo spirito del lavoratore stesso. L'impiego non è più luogo di umanizzazione, ma di guadagno. Sempre di meno è tempo di quella espressione di creatività, che è una dei grandi ambiti di felicità a disposizione dell'umano. Tali e tanti turbamenti hanno potentemente condotto gli adulti a rintracciare esattamente nel dispositivo della giovinezza la medicina contro ogni ansia, la terapia più efficace per condurre avanti la propria esistenza. Cuore incandescente della rivoluzione culturale del Sessantotto, che altro non desiderava se non di ringiovanire la società, il mito della giovinezza oggi domina l'anima dei rivoluzionari di ieri. Rilanciato continuamente dalla pubblicità, che insegue chi i soldi ce li ha per davvero, esso ordina il loro modo di vestire, di parlare, di gestire gli affetti e la parabola di vita, di computare il tempo e di organizzare il cosmo dei valori. Young forever è la password per la felicità. Con tutta una serie di effetti - non solo estetici, a dire il vero - non propriamente gradevoli, tra i quali quello dell'impossibilità del dialogo educativo. (continua) • PER RIFLETTERE n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011 SHEMÀ - ASCOLTA ISRAEL Parola e Sangue ›› 14 di “fare ed ascoltare”, anziché - come ci si aspetterebbe di “ascoltare e poi fare”. La sequenza può spiegarsi con la normale figura retorica che inverte l’ordine logico delle azioni (hysteron-proteron), ma vale la pena considerare la suggestiva interpretazione rabbinica, che la interpreta come intenzionale, al fine di escludere ogni possibilità di un assenso teorico, superficiale ed emozionale, non seguito da un rigoroso e faticoso adempimento. M. Buber traduceva “noi lo faremo al fine di ascoltare”, mentre noi lo possiamo glossare, rubando la frase ad un cantautore moderno, con “lo scopriremo solo vivendo”. c) Al libero assenso segue l’aspersione del sangue. Qui l’aspersione del sangue non ha funzione espiatoria che ha altrove (cfr. Lv 4), bensì primariamente di comunicazione di vita. Gli esegeti divergono sul senso del rito; per alcuni serve ad instaurare un rapporto di consanguineità (del tipo “patto di sangue”); più convincentemente, per altri si tratta di un vero e proprio atto di consacrazione, analogo a quello istituito per i sacerdoti (Es 29,20-21; Lv 8,2230); come loro, qui tutto il popolo viene consacrato come partner in comunione con JHWH, che dona la 23 sua stessa vita. Il libro ed il sangue stanno a significare l’irrevocabilità del patto e la totale consacrazione che esso comporta; accettandola, Israele decide di metterla in circolo nelle proprie vene. Mosè, come intermediario, suggella il rito confermando che il Signore ha “sancito l’alleanza” (v.8). Diversamente dall’alleanza con Abramo, dove ritroviamo la medesima espressione, che però è unilaterale e poggia sulla iniziativa divina (Gn 15,18), questa alleanza del Sinai è bilaterale e comporta la fedeltà dei contraenti - in questo caso ovviamente di Israele - per restare tale. L’alleanza, dunque è pienezza di comunione e di solidarietà. Riletta tipologicamente, questa pagina del Primo Testamento trova compimento in Gesù; è lui il Verbo, la nuova Legge proclamata nella prima mensa, così come è il suo corpo e suo sangue, intesi come la sua persona vivente che vengono comunicati nella seconda mensa: ambedue le mense sono inscindibili, come ci ricorda la Sacrosantum Concilium; esse fanno entrare i credenti nell’alleanza nuova e definitiva di Gesù, sommo sacerdote (Eb 8,1-10,8) in comunione con la Trinità, forti di una energia che è dono ed opera dello Spirito Santo. • PER RIDERE... E RIFLETTERE www.gioba.it Rubrica a cura di Marco Caldarelli 26 giugno 2011 Es 34,4-6.8-9; Dn 3,52-56; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18 LA GLORIA M i chiedo spesso per quale ragione sia così difficile incontrare uomini santi. So che la santità spesso ci sfugge, che molti santi sono uomini e donne nascosti, umili e devoti, che non riconosciamo come tali ma che vivono nel grembo di Dio già qui e ora. So anche che la storia si regge sulle spalle di questi piccoli, che costituiscono una rete di relazioni, di amore, dedizione, sacrificio, preghiera sulla quale poggia il confuso e intrecciato materasso del quotidiano, la massa inerte di chi non ha conosciuto la grazia della presenza dell’Emanuele, ma che alla grazia di quella presenza deve l’essere ancora sospeso qui e non sprofondato nel baratro del nulla. Però non mi capita di frequente neanche di incontrare il santo "manifesto", il guaritore, l’ubiquo, il mistico e l’estatico. Non vedo esseri umani che con il solo annuncio potente strappano arruolati della religione del relativo e li riportano a Santa Romana Chiesa. Vedo cioè molto affanno, molte "brave" persone, molti catechisti disponibili ad insegnare ma meno ad ascoltare, molti volenterosi impegnati nel "sociale", nella discussione, nella dialettica e nel confronto. Vedo molti dibattiti, anche nella mia Chiesa. Ma poca Gloria. Non vedo santi volare verso l’altare né miracoli eucaristici, se non nel ricordo, nei santini, nei racconti e in qualche trasmissione in seconda serata. Non più in là della scorsa settimana abbiamo incontrato, tutti, lingue di fuoco e apprendimenti istantanei di idiomi sconosciuti, occhi, orecchi e cuori stranieri aperti alla potenza della gioia, abbiamo visto la paura convertirsi in fede. E, guarda caso, oggi rivedo Mosè. Che nella prima lettura fa tre cose, iniziali: si alza di buon mattino, si carica due tavole di pietra in mano, sale sul monte Sinai. Le tre cose che il Signore gli aveva comandato. Mattino presto, quando il mattino è ancora buono, asciutto, vuoto, fresco, ancora nuovo giorno. Quando il sole non è alto né è alto il rumore dell’accampamento. Si carica le pietre, pesanti, taglienti e fredde, vuote e, apparentemente, inutili, come un asino che trasporta qualcosa di pesante senza un perché. E sale. Sul monte, per una strada polverosa e ripida, arida, verso qualcosa. Allora il Signore scese e si fermò presso di lui. Solo allora, dopo che Mosè ha aggredito l’alba, ha caricato il corpo e ha superato una salita. Cioè solo dopo aver obbedito. Dio ha mandato il Figlio perché il mondo, nello Spirito santo, credesse nel suo nome e credendo, si salvasse. Questa è la via, il Padre, la verità, il Figlio, la vita, lo Spirito. Non è vero che non ci sono santi manifesti. È vero che sono pochi, perché pochi si fanno servi della Parola. La Gloria è sul monte, e la Gloria ascolta chi giunge a pregare sul monte. È la salita per arrivarci che è poco praticata. •