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VOCE DELLE MARChE - Arcidiocesi di Fermo

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VOCE DELLE MARChE - Arcidiocesi di Fermo
n° 22
19 Giugno 2011
Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n.46) art.1, comma 1 Commerciale Business Ancona
Gigante in santità
FERMO
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›› 7
Festa Confraternite
S. ELPIDIO A MARE
›› 9
Palestra FEA
MONTE S. GIUSTO
›› 11
La situazione in Kerala
VOCE ECCLESIALE
›› 13
Ha creduto all'amore
VOCE ECCLESIALE
›› 15
Aquile gemelle
ad esprimere compiutamente, come far
conoscere fino in fondo quanto vissuto,
visto, sentito nei quindici mesi di preseni ritrovo ancora una volta a scrivere de L’Aquila e del gemellaggio za a L’Aquila?
Qualcuno, forse, non sa neanche che ci
tra la Chiesa aquilana e quella
sia stato e che c’è ancora un gemellaggio
marchigiana in seguito al sisma del 6
tra le nostre Chiese. Altri saranno più
aprile 2009.
Ogni volta per me è un piacere. Allo stesso curiosi di sapere come va la ricostruzione
o come sono le casette costruite. Qualcun
tempo, però, torna costante quella senaltro, probabilmente, non si chiederà
sazione di inadeguatezza: come riuscire
• Noemi Tamburrini
M
Libri: Alba ut sol
ARTE & CULTURA
›› fermo-l'a quila, pizzoli/arischia-morrovalle, dolore accolto e donato
›› 19
nulla e si ricorderà di ciò che è successo
solo quando il Telegiornale informerà
su nuove udienze, nuove manifestazioni
da parte degli aquilani o nuove scosse di
terremoto. La domanda che maggiormente mi veniva e mi viene posta è: "Ma come
stanno effettivamente le cose?"
Purtroppo, la realta incredibile è che due
anni fa, come ora, la risposta non è né
›› 3
scontata né immediata.
• PER ABBONARSI: 0734.227957 o inviare una e-mail a [email protected] - C/C Postale n° 000006036559 intestato a Fondazione Terzo Millennio
Consegnato alle Poste il 14/06/2011
2
PRIMA PAGINA: Aquile gemelle
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› I NODI DA RISOLVERE E LE DOMANDE CHE TUTTI CI DOVREMMO PORRE
Mancano strategie per il futuro
• Noemi Tamburrini
I
l terremoto mette a nudo la nostra fragilità.
Costruiamo e troppo spesso deturpiamo
le nostre città. Viviamo le nostre giornate
coccolati dalla certezza dei luoghi familiari che
fanno parte della nostra vita: le strade che percorriamo giornalmente, il corso lungo il quale
girare per negozi, l’ufficio, la scuola, la chiesa,
la casa. Bastano pochi secondi e tutto è messo
in pericolo, o peggio, non c’è più.
L’Aquila viveva una situazione difficile già da
prima del terremoto: capoluogo di regione,
aveva visto la maggior parte dei suoi uffici
trasferiti a Pescara. Unica vera fonte di vita economica e sociale era l’università. Oggi questa
realtà è in serio pericolo.
Se da una parte sono stati presi provvedimenti
che avvantaggiano gli studenti che sono ancora
iscritti e che vogliono iscriversi (tasse gratis
per i primi tre anni), dall’altra mancano quei
servizi che rendono serena una vita da universitari. Non ci sono più luoghi di aggregazione.
L’unica mensa è stata riaperta da pochi mesi
dopo la chiusura stabilita dalle forze dell’ordine
per problemi igienico-sanitari.
Mancano i collegi: alcuni sono stati ricostruiti
ma qualche cantiere, a lavori terminati, è stato
bloccato per "vizi di forma".
La cosa più triste e più grave è che gli affitti delle case (dei paesi fuori L’Aquila) sono
raddoppiati, se non triplicati rendendo davvero
proibitivo trovare un posto letto.
Una delle più grandi piaghe che blocca la ricostruzione e la rinascita della città è la mancanza di un progetto che parta dall’amministrazione locale. Dagli articoli dei giornali del posto
è questo il dato di fatto che appare sempre
più evidente: i soldi ci sono ma mancano un
piano ed una progettazione a lungo termine
che permettano e assicurino alla città di uscire
da questa impasse. Riprendendo una frase di
uno degli ultimi articoli di Giustino Parisse a
riguardo: Mancano idee strategiche sul futuro.
Si aggiungono poi i problemi relativi all’animazione dei nuovi centri abitati (villaggi M.A.P
o progetto C.A.S.E): cittadini provenienti da
diverse zone della città e da differenti frazioni
abitano ora a stretto contatto e devono riuscire
a ad organizzare momenti per conoscersi e
costruire un nuovo tessuto sociale.
Purtroppo, difficile è anche la situazione della
Diocesi de L’Aquila. In un accorato appello
pubblicato nel quindicinale diocesano Vola,
Mons. Molinari ha denuncia una dolorosa e
scandalosa divisione che sta colpendo non solo
I soldi ci sono ma mancano un piano e
una progettazione a lungo termine che
facciano uscire la Città dall'impasse.
la città ma anche la stessa Chiesa Aquilana.
I problemi, vanno dunque al di là della ricostruzione. È necessario prendere coscienza
di essi e pensare che non riguardino solo
una realtà altra, diversa dalla nostra. Come si
comporterebbero le nostre comunità in una situazione simile? Come ci comporteremmo noi
se, da un giorno all’altro, non potessimo più
percorrere le "nostre" strade, non potessimo
più andare in ufficio o a scuola, non potessimo
entrare più nelle nostre Chiese o nelle nostre
case? •
Foto di gruppo della visita da parte di pizzolani e arischiesi a Morrovalle nell'aprile 2010
PRIMA PAGINA: Aquile gemelle
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
›› pizzoli chiama, morrovalle risponde
Tanta gratitudine
• Don Claudio
L'Aquila due anni dopo il terremoto
D
on Claudio è stato il primo parroco
incontrato all’inizio dell’avventura del
gemellaggio. Memorabile il primo
incontro "tecnico-operativo", nel suo ufficio
parrocchiale: una forte scossa di terremoto con
epicentro Pizzoli ha segnato l’inizio di questa
collaborazione! Dal giugno 2009 molte sono
state le iniziative costruite insieme alla comunità pizzolana. Una delle più significative, è stata
quella del gemellaggio con la parrocchia di
Morrovalle. Pizzolani ed arischiesi infatti sono
stati ospiti delle famiglie marchigiane per due
giorni intensi. Questa è una breve riflessione
scritta dal parroco di Pizzoli:
Il mio ringraziamento va a don Giordano e a
tutti gli amici di Morrovalle. Sono sicuro che
questa amicizia continuerà nello spirito di
comunione e di collaborazione.
"Speriamo di rivederci, tanto la Chiesa è questo
no? È comunione!”. Queste sono le parole che
il caro don Giordano mi ha detto salutandomi
dopo un breve incontro di programmazione che
abbiamo fatto insieme a Noemi qui a Pizzoli. Ha
ragione don Giordano, la Chiesa è comunione e
noi aquilani di Pizzoli lo abbiamo sperimentato
proprio “grazie” alla brutta tragedia del terremoto. Come dimenticare Noemi Giulia e Rosanna
che sono state con noi dai giorni immediatamente successivi al terremoto per più di un anno?
Come dimenticare il nostro viaggio a Morrovalle?
Il terremoto (che continua ancora sia nelle
scosse ma soprattutto nei suoi effetti) ci ha fatto
sperimentare la bella amicizia dei marchigiani che fino ad allora conoscevamo solo per un
detto sicuramente poco simpatico (“meglio un
morto…”). Un’amicizia ancora più bella perché
è andata oltre il momento dell’emergenza, è riuscita a guardare oltre la programmazione della
Caritas nazionale che aveva inviato le delegazioni in tutte le zone dell’aquilano. Un’amicizia che
sta continuando ad accompagnarci con tanto
affetto in questo periodo in cui la ricostruzione
dell’Aquila è quasi del tutto ferma e i nostri politici perdono molto tempo a rimbeccarsi a vicenda.
Il mio ringraziamento, dunque, va a don Giordano e a tutti gli amici di Morrovalle che abbiamo
conosciuto. Sono sicuro che questa amicizia
continuerà nello spirito di comunione di cui parlava don Giordano. Non è un caso che il viaggio a
Morrovalle delle parrocchie di Pizzoli e Arischia si
sia svolto proprio durante le celebrazioni dell’anniversario del miracolo eucaristico della stessa
città.
È quel Pane che rende profonda e autentica la
3
EDITORIALE
›› 1
Tanto è stato fatto, è vero,
ma tanto c’è ancora da fare. Mi
riferisco, naturalmente, alle case,
alle strutture, alla logistica… ma
intendo anche e soprattutto la
ricostruzione sociale, morale e culturale di una città e di tutto quello
che le orbitava attorno.
Le strutture servono, nessuno
ha mai pensato il contrario. Ma
servono ancora di più le relazioni.
Ecco a cosa servono i gemellaggi.
La loro anima è costituita da conoscenza e da scambi.
Se oggi dovessi fare un bilancio del
gemellaggio, metterei all’ultimo
posto le costruzioni che la Caritas
ha realizzato. Sono importanti,
certo, ma mai quanto l’amicizia e
l’affetto che mi lega, che ci lega,
come singoli e come comunità,
alle comunità con le quali abbiamo
camminato insieme 15 mesi.
Cosa c’è di più bello e di più difficile che condividere l’ordinarietà, la
quotidianità della vita di persone,
di paesi, di parrocchie che si conoscono a poco a poco? Questa è stata
la scommessa (vinta) del gemellaggio: camminare con le comunità
affidate ed avere il privilegio di poter, seppure in minima parte e con
tutti i limiti personali, condividere
il peso delle complicazioni dovute
al terremoto, ricevendo in cambio
accoglienza, confidenza, amicizia,
fiducia. Mi torna sempre in mente
la frase di un libro di A. D’Avenia
che riassume quanto detto e sentito: Regalare il proprio dolore agli
altri è il più bell’atto di fiducia che
si possa fare. •
comunione tra noi e che ci dà la certezza di poter continuare ad essere amici
nonostante qualche chilometro che ci
separa. Grazie! •
L’Aquila, monumento vivente alla
cultura e all’architettura nel segno
del numero 99, 99 piazze, 99 chiese,
99 fontane, 99 cannelle, 99 castelli
(in realtà 86, e per qualcun altro
anche meno) che secondo la tradizione furono eretti nella conca aquilana
come rifugio e difesa per gli abitanti
locali e che si unirono in un unico
centro denominato Aquila nel 1230.
4
PRIMA PAGINA: Aquile gemelle
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› la corale solidalcanto coinvolta in UN GEMELLAGGIO che PARTE DAL CUORE
Anche il canto rende solidali
• Corale Solidalcanto
L
corale Solidalcanto si è
esibita a Pizzoli in occasione
di una visita alla comunità
aquilana nel dicembre scorso. La
presidente dell’Associazione ha
ospitato, durante il gemellaggio a
Morrovalle, una delle collaboratrici parrocchiali pizzolane. È nata
così una intensa amicizia che si è
cementata in una nuova occasione di incontro: la giornata dell’8
dicembre. Ecco di seguito un resoconto di quella bella amicizia.
È stato come tornare a casa dopo
un lungo periodo di assenza:
scoprirsi famiglia vera, unita,
amici di lunga data (anche se
sconosciuti!). È stata un’emozione
unica quel calore, quegli abbracci
che ti accolgono e ti fanno sentire
parte di qualcosa di più grande,
unico, importante. È stata un
meravigliosa sensazione comune
Il momento più alto della
visita è stato la condivisione della mensa eucaristica
animata dalla Corale.
e inaspettata conoscere e condividere momenti, tradizioni, luoghi,
angoli di storia ma anche grandi
sofferenze e dolori; attimi unici
che rimarranno per sempre impressi nel cuore di tutti noi; ricordi di un viaggio alla scoperta della
dignità umana e della solidarietà
in nome dell’amore Divino e della
fratellanza. L’idea di un gemellaggio parrocchiale con uno dei paesi
provati dal terribile terremoto di
L’Aquila nasce nel 2010, nell’ambito del gemellaggio tra Chiese
promosso dalla Caritas italiana.
Su iniziativa del parroco e del
Consiglio Pastorale, la comunità
morrovallese (e alcune famiglie di
Trodica) accolgono a Morrovalle
le comunità pizzolane e arischiesi
in occasione dei festeggiamenti per il 450° anniversario del
Miracolo Eucaristico (evento che
riveste grande rilevanza religiosa,
storica, culturale e sociale per
l’intera comunità).
In seguito, la presidente della
corale Solidalcanto, Francesca
Quagliatini, rinnovando e proseguendo questo stesso cammino,
ha voluto lanciare ancora un
segno di speranza e amicizia.
Sono stati quindi ripresi, con
maggiore intensità, i contatti
con Pizzoli e con il parroco Don
Claudio così da organizzare un
altro incontro concretizzatosi l’8
dicembre 2010, festa dell’Immacolata Concezione, a Pizzoli. Il
momento più alto della visita è
stato la condivisione della mensa
eucaristica durante la S. Messa
parrocchiale animata dalla Corale
di Morrovalle. Questa comunione di sentimenti ed esperienze è
proseguita poi con un piacevole
convivio offerto dagli abitanti
del luogo che, con semplicità e
superando i disagi, hanno saputo
accogliere con rara disponibilità
noi, gente di altri luoghi.
Un altro piacevole momento di
particolare spessore dell’iniziativa
si è creato durante il concerto
Morrovalle ha accolto le
comunità pizzolane e arischiesi in occasione del 450
anniversario del Miracolo
Eucaristico.
che la Corale ha tenuto per tutta
la comunità, presso l’auditorium
parrocchiale (da pochi mesi
tornato agibile), che è stato anche
occasione di ringraziamento per
la calorosa accoglienza ricevuta.
L’atmosfera calda e amichevole,
favorita anche dall’avvicinarsi
del Natale è stata colta da tutti i
numerosi partecipanti: ai coristi,
al maestro, e alla gente del posto,
si sono aggiunti molti cittadini
morrovallesi, lì convenuti, desiderosi di condividere l’esperienza
e certi dell’alto valore dell’iniziativa. In tutti è rimasto il ricordo
di una indimenticabile giornata
e forte sono la volontà di rivivere
ancora quelle sensazioni ed il desiderio di ospitare, nuovamente,
la comunità pizzolana. •
Alle 3.32 del 6 aprile 2009 un
terremoto di magnitudo 5.8 o 6.3
(!?!) sconvolse per sempre il capoluogo abruzzese e non solo.
Sisma numero 5 in Italia tra quelli
avvenuti nell’ultimo secolo, considerando danni e vittime, dopo
Messina (1908) Avezzano (1915),
Irpinia (1980) e Friuli (1976), ha
coinvolto 46 comuni nella sola provincia aquilana (non considerando
le 12 frazioni dell’Aquila contate
come unità con il capoluogo),
estendendosi naturalmente alle
altre provincie abruzzesi fino alle
regioni limitrofe.
La Corale Solidalcanto a Pizzoli
PRIMA PAGINA: Aquile gemelle
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
5
›› intervista a berardino di arischia: per i mass media esistono terremotati di serie a e di serie b
Lo strabismo dei media
• N.T.
A
rischia: una delle ultime frazioni de
L’Aquila, una delle comunità nelle quali
si sono maggiormente concentrate le
attività della Delegazione Caritas Marche.
Metà del paese è distrutto e, nell’estate 2009,
conosciamo in tendopoli Berardino che, con
sua mamma Lucia, diventerà un punto di
riferimento per noi operatrici Caritas. Prima
la loro tenda e poi il loro appartamentino nei
MAP (Modulo abitativo provvisorio) sono stati
(e lo sono ancora!) sempre aperti per noi e per i
volontari. Un’intervista per conoscere il parere
e le impressioni di chi ha perso molto a causa
del terremoto e per iniziare a capire la vastità
dei disagi e dei problemi che non interessano
solo L’Aquila, ma anche le decine di frazioni e
paesi che non vengono mai citati.
Berardino, dal 7 aprile a metà novembre hai
vissuto in tendopoli assieme a molti arischiesi.
In molti sappiamo delle difficoltà che comporta
la convivenza forzata per tanto tempo e con pochi comfort. Nonostante questo, qual’è l’episodio più divertente che è capitato in tendopoli?
La convivenza forzata nelle tende ha indubbiamente comportato molti problemi ma ha
permesso anche, almeno in una prima fase, il
superamento di tante divisioni. Ora, non riesco
a ricordare episodi particolarmente divertenti
anche se… ricordo che capitava di ridere!
Arischia è una delle tante frazioni de L’Aquila
che non sono conosciute e delle quali non si
parla mai (a differenza di Paganica o Onna).
Quale è oggi la situazione di questi piccoli centri e quale, in particolare, quella di Arischia?
La situazione dei centri periferici del comune
de L'Aquila era già difficile prima del terremoto. Gli abitanti delle frazioni lamentavano lo
stato di abbandono in cui esse versavano. Il
sisma ha acuito tali difficoltà.
Già durante la vita al campo si aveva la sensazione che l'Amministrazione Comunale non
nutrisse particolare interesse verso il nostro
paese tanto che facevamo parte del C.O.M. 3 (il
Centro operativo misto di Pizzoli) e molti si lamentavano del fatto che nessun rappresentante comunale venisse a visitare il nostro campo
che pure ospitava più di mille persone.
Il silenzio dei media sulla situazione del paese
che ha avuto danni maggiori di altri, pur se
parzialmente giustificata dal fatto che fortunatamente non ci sono state vittime dirette
(nessun morto sotto le macerie), è una cosa
che dà molto fastidio. Purtroppo nella tragedia
che ci ha colpito abbiamo dovuto imparare
sulla nostra pelle che l'attenzione mediatica si
concentra su particolari
situazioni trascurandone altre e condizionando anche le scelte
politiche.
Mi hanno detto che non
potevamo pretendere lo
stesso trattamento di
Onna. Perchè Onna era
un fenomeno mediatico!
Mi astengo dal riferire
la mia risposta e lascio
a voi ogni commento.
Tale situazione, ancora oggi, fa pensare ad una sensazione di
abbandono e ad una totale incertezza su quali
saranno i tempi per la ricostruzione. Molti di
noi vivono ancora negli alloggi provvisori o
addirittura negli alberghi.
Si parla sempre di ricostruzione del centro
storico de L'Aquila, di quali criteri utilizzare.
Ma non c'è alcuna indicazione per i nostri
centri storici che indubbiamente non hanno la
valenza architettonica della città ma che, per
noi, sono comunque importanti.
Vorremmo sapere come si vuole procedere nella ricostruzione. Mi auguro, ma ce lo auguriamo tutti, che si pensi anche alla conservazione
delle caratteristiche dei vari borghi.
L’opinione pubblica, e non solo, è spaccata su
L’Aquila. C’è chi afferma, aquilani compresi,
Arischia: una via puntellata
Arischia: il villaggio MAP (Modulo abitativo provvisorio)
che molto è stato fatto e che la gestione del
post-terremoto è stata, nonostante le tante difficoltà, positiva. C’è chi, invece, lamenta ritardi
ed inefficienze. Al di là dei giudizi che ognuno
può avere, a tuo parere, qual è stato il più
grave errore e quale, invece, il provvedimento
migliore post-emergenza?
Non è facile dare una risposta a questa
domanda. Credo sia ancora presto per dare
un giudizio definitivo su quanto è accaduto e
sta accadendo a L'Aquila. Molto dipenderà da
quali saranno i tempi per il ritorno a casa.
L'errore più grande, secondo me, è stato quello
di puntare molto sul piano C.A.S.E.
Costi enormi, poca chiarezza sull'utilizzo di
queste strutture, impossibilità di programmare quando e se gli sfollati torneranno nelle
proprie abitazioni. Forse, sarebbe stato meglio
puntare su soluzioni alternative ed accelerare
la ricostruzione almeno delle zone periferiche.
La risposta data dalle istituzioni nella prima
emergenza è stata, invece, eccezionale.
Ora abiti, come molti altri, in un MAP. È naturale che ognuno di voi desideri tornare nella
propria casa, nella propria città. Oltre a questo
sacrosanto sogno, quale è il più bell’augurio
che, da aquilano, vorresti sentirti fare?
Da aquilano mi auguro che tra qualche anno
io possa dire di aver sbagliato a pensare che
finita la ribalta mediatica L'Aquila è stata
abbandonata. Mi auguro che la nostra città
sappia rinascere e che l'improvvisa e sfortunata notorietà dataci dal terremoto possa
essere una opportunità per far crescere la sua
vocazione turistica. •
256 le scosse di assestamento
o più propriamente repliche (afterschocks)
registrate nei 2 giorni successivi a quella
principale (mainschock) dell’aprile 2009,
56 quelle superiori ad una magnitudo 3,0
della scala Richter.
ASSOCIAZIONI
DIOCESI DI FERMO
RENDICONTO RELATIVO ALLA EROGAZIONE DELLE SOMME ATTRIBUITE
ALLA DIOCESI DALLA CEI DERIVANTI DALL'OTTO PER MILLE DELL'IRPEF
PER L'ESERCIZIO 2010
FERMANO
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
7
›› fermo: le reliquie di s. veronica giuliani sostano nel monastero delle cappuccine
Una Santa che parla alla Chiesa di oggi
• Ndg
U
n evento per le monache
Cappuccine di Fermo: le
reliquie di Santa Veronica
Giuliani sono sostate nel loro
monastero per due giorni. Sono
state accolte, martedì 7 giugno da
padre Giulio Criminesi, ministro
provinciale dei Cappuccini per
le Marche il quale ha presieduto
la Santa Messa. È seguita una
catechesi su santa Veronica. Dopo
cena adorazione eucaristica. Mercoledì 8 giugno dopo l'eucaristia
presieduta dall'Arcivescovo, mons.
Luigi Conti, ci sono state la benedizione e il bacio delle reliquie. Il
pellegrinaggio della reliquia di S.
Maria Santissima la chiamava
(dal suo Diario): "Figlia mia
carissima fra tutte... Cuore
del mio cuore".
Veronica Giuliani si pone all'interno dell'anno giubilare iniziato
il 27 dicembre 2010 e terminerà
il 27 dicembre 2011. Tale pellegrinaggio ha due scopi.
1) far conoscere Santa Veronica
a gloria di Dio e per la salvezza
delle anime. Durante una estasi si
è sentita dire: "La tua vita e i tuoi
scritti devono essere conosciuti da
tutta la cristianità per la conferma
della fede e il trionfo dell'amore"
2) Elevare preghiere e suppliche
venendo incontro all'accorato
appello della Madre di Dio, della
Santa Chiesa tramite innumerevoli papi e prelati. Il Santo Padre
ricorda che "solo la preghiera è
ancora in grado di cambiare il
corso degli eventi nel mondo oggi
e risparmiare all'umanità tanti
mali". Il pellegrinaggio allora
spera di suscitare una forza di preghiera che aiuterà ad "asciugare il
volto del corpo mistico di Cristo ossia la Chiesa - come la Veronica
della Via Crucis asciugò il volto di
Gesù Cristo".
"Santa Giuliana - ha scritto il Beato Pio IX - non è una Santa, ma
un gigante di santità". •
BIOGRAFIA
F
aceva parte dell'ordine
delle Clarisse Cappuccine e
nel 1716 diventò badessa del
monastero di Città di Castello. Veronica Giuliani è considerata fra le più importanti
contemplative-penitenti che il
mondo occidentale abbia avuto. Tutta la sua vita interiore è
una sofferta meditazione della
passione di Cristo e una continua donazione espiativa per
i peccati degli uomini. La sua
vita esteriore fu caratterizzata
da svariati fenomeni sovrannaturali o, almeno, considerati
tali dalla mentalità del tempo.
Ursula Giuliani nacque a Mercatello sul Metauro (Pesaro)
il 27 Dicembre 1660. È la più
piccola tra cinque sorelle, quattro ne diventeranno suore.
Si consacrò al Signore malgrado l'opposizione di suo padre.
Scelse la vita più austera dalle
Cappuccine a Città di Castello.
Il vescovo le diede l'abito, il
28 ottobre 1677, e la chiamò
"Veronica" profetizzando la
sua futura grande santità. Ha
sopportato immensi dolori e
sofferenze. Gesù le disse un
giorno che doveva "comprare
le anime con i soldi del patire".
Fece lunghi ed eroici digiuni,
penitenze e sacrifici. Il Signore
la incoronò spesso di spine, e
le diede le Stimmate il Venerdì
Santo del 5 aprile 1697. Le
portò per 30 anni, fino alla
morte.
Fu combattuta dai demoni per
le tante anime che strappava
loro. Gli apparivano, orribili,
gridando, minacciando e colpendola.
Scrisse per obbedienza il suo
voluminoso diario intitolato
"Il poema dell'amore e del
dolore", o anche "Un Tesoro
nascosto". È composto da
22.000 pagine manoscritte
rilegate in 36 volumi. In quelle
pagine manca qualsiasi cancellatura o correzione e persino
la normale punteggiatura. Il
cardinale Pietro Palazzini, convinto sostenitore della tesi del
dottorato alla santa, ha scritto
in proposito: «…il suo diario
sgrammaticato è una catechesi, un dottorato, una missione
permanente che anche la
Chiesa del Vaticano II non
può, non deve ignorare, se
si vuole dare fondo a tutte le
energie di ripresa. E tra queste
energie di ripresa c’è sempre
la penitenza, la riparazione,
la croce. Questo ci insegna
Veronica; questo è il suo
incancellabile messaggio, che
si unisce a quello di Paolo e di
tutti i grandi banditori del Vangelo…». Il 6 febbraio 1704,
furono impressi nel suo cuore,
in un miracolo più unico che
raro, i segni della passione di
Cristo. Il tutto fu confermato
dall'autopsia voluta dal vescovo subito dopo la morte.
Morì il 9 Luglio 1727.
Gregorio XVI la proclamò Santa il 26 Maggio 1839. •
BREVE
8
FERMANO
19 Giugno 2011 ›› n. 22
“P
rogetto Sanità”, intesa tra Provincia fermana
e Protezione Civile. L'accordo nasce per
ottimizzare le diverse competenze di due enti a
favore della sicurezza dei cittadini. L’attività, che
verrà svolta fino al 30 settembre dalle ore 17 alle
ore 22 di ogni giorno, sarà prestata dai volontari. La
Provincia si impegna a coordinare le turnazioni di
sorveglianza dell’ospedale Murri che saranno svolte
da due volontari presenti contemporaneamente nel
nosocomio e, inoltre, a coordinare le attività delle
organizzazioni di volontariato al fine di garantire
un elenco di 15 persone, tra le quali almeno 5 reperibili in 24 ore, in modo da raggiungere il Murri
entro un’ora dalla chiamata. •
›› FERMO: Ipsia “Ostilio Ricci”, a rischio I CORSI DI specializzazioni
Formare alla pratica
• Alessadnro Migliore
L
a Cna di Fermo si unisce, in linea con la sua
politica finalizzata ad aumentare l'offerta
scolastica per avere maggiori professionalità
artigiane, all'appello del Comitato dell'Ipsia.
«L’Ipsia “Ostilio Ricci” di Fermo rischia di non avere
più tre distinte classi per il terzo anno delle tre
specializzazioni tradizionali (elettrico, elettronico,
telecomunicazioni) - ricorda il coordinatore provinciale del Cna, Alessandro Migliore - un taglio che
sarebbe estremamente dannoso per la scuola, per il
pieno riconoscimento del diritto allo studio, per il
futuro professionale degli studenti e per il tessuto
produttivo fermano».
«La Cna Provinciale di Fermo - sostiene Migliore - ritiene del tutto giustificate e condivisibili le
istanze presentate dall'istituto superiore IPSIA, pur
nella difficile condizione derivata dai pesanti tagli
alla scuola. Auspichiamo che le istituzioni, a tutti i
livelli, prendano in seria considerazione il problema
e facciano il possibile per risolvere non solo questa
situazione, che riteniamo gravissima soprattutto
in prospettiva futura, ma si attivino per cambiare i
programmi scolastici stessi.
Questi - prosegue il coordinatore - dovrebbero essere
concepiti e definiti in relazione alle prospettive del
mondo del lavoro, che ha sempre più bisogno di
manualità e specializzazione. Accade sempre più
spesso che i nostri associati, alla ricerca di giovani da
inserire nell'organico, si trovino di fronte diplomati
alla scuola tecnica poco preparati alla pratica. Per il
primo anno di permanenza nell'impresa, costretta a
fare opera di formazione sul campo, costituiscono un
costo elevato».
Ecco perché la Cna chiede che le istituzioni lavorino
per aumentare le ore e le materie dedicate alla specializzazione e all'apprendimento di capacità manuali. Tutto ciò è utile ai ragazzi per un agevole ingresso
nel mondo del lavoro, ed è utile alle imprese per
diminuire tempo e risorse dedicate alla formazione. •
CCIAA e Provincia sostengono i Corsi universitari
F
irmata una convenzione tra l’Euf (Ente universitario del Fermano)
e la Camera di Commercio.
Quest’ultima, rappresentata dal presidente Graziano
Di Battista, si è impegnata
a devolvere all’Euf annualmente la somma di 250 mila
euro per contribuire al sostegno dei corsi universitari,
(Ingegneria in particolare,
perché più attinente alla
gestione d’impresa).
Anche la Provincia ha raddoppiato il suo sostegno
con ulteriori 250 mila euro.
“Uno sforzo, il nostro - ha
sottolineato Di Battista - che
evidenzia l’importanza che
riveste per noi la formazione. Una ricchezza per il
territorio, un investimento
per il futuro e per contribuire a far sì che non ci sia
più la ’fuga dei cervelli’, o
perlomeno ci sia una inversione di tendenza. La nostra
collaborazione con l’Euf e il
Comune è positiva”.
Visibilmente soddisfatta
Nella Brambatti, neo sindaco di Fermo, nella doppia
veste anche di presidente
dell’Euf. “È questo il mio primo atto ufficiale in qualità
di presidente dell’Ente universitario - ha commentato
- e ne sono particolarmente
lieta. La formazione è una
tematica a me molto cara,
che ho sempre perseguito,
anche da insegnante. È una
risorsa che offre possibilità
di crescita al territorio. Tanti
più giovani hanno la possibilità di realizzare progetti,
tanto più l’intera Provincia
cresce e crea benessere per
tutti”.
A Fermo, la realtà universitaria sta diventando sempre
più rilevante e qualificante.
A Ingegneria (dipendente
dal Politecnico delle Marche) e Beni Culturali (dalla
Università di Macerata) si
aggiugono i corsi infermieristici (afferenti all’Università
dorica) e il conservatorio di
musica, istituzione autonoma che con i suoi oltre 600
iscritti è la più numerosa. La
popolazione universitaria
fermana conta quasi 1.500
studenti. •
TITOLI
DELLA SETTIMANA
a cura di
Carlo Di Amedeo
• FERMANO: 80mila presenze al 33.mo pellegrinaggio
Macerata a Loreto. Più il
mondo sembra allontanarsi
da Dio e più cresce il desiderio di Lui.
• FERMO: Concluso il
primo laboratorio di educazione visiva nella Scuola
Secondaria di Primo Grado
“G.Fracassetti/U.Betti” di
Fermo.
• GROTTAZZOLINA: Convegno sulla psicologia nell’educazione.
• SMERILLO: Il festival “Le
parole della montagna" si
sposta sull'antica via Francescana che collegava Assisi
con Ascoli.
• PEDASO: Valdaso in festa.
Omaggio ai prodotti del
territorio.
• MONTEGRANARO: turisti
riscoprono alcuni siti storici
come la cripta di Sant'Ugo.
• P. S. GIORGIO: Internet e
minori, quanti rischi. Su tale
tema si è svolto il convegno
con relatori importanti e
pubblico delle grandi occasioni.
• P. S. ELPIDIO: Presentato
il libro di G. Cisbani: “Ho
incontrato Lula”.
• CIVITANOVA: Una folla al
raduno di auto tuning. In
passerella oltre 140 vetture
da tutta Italia. Il primo premio a un abruzzese.
• POTENZA PICENA: Il
convento dei frati non sarà
chiuso. Ci saranno cambiamenti, ma che non ci sarà la
temuta chiusura.
• PORTO POTENZA PICENA:
Illustrato il progetto della
nuova scuola elementare.
Comprende un corpo principale su due piani di circa
4000 mq. Ospiterà la scuola
per 25 aule più gli spazi
didattici complementari, una
palestra di circa 1000 mq, e
uno spazio polivalente.
FERMANO
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
9
›› A Sant’Elpidio a Mare torna la Festa delle Confraternite dal 27 giugno al 4 luglio
Frassati: il grande confratello
• C.S.
P
er il terzo anno consecutivo le antiche Confraternite
di Sant’Elpidio a Mare coordinate dal Laboratorio “Frassati” insieme alla Parrocchia e
all’Azione Cattolica, organizzano la Festa in onore del Patrono
beato Pier Giorgio Frassati, il
giovane innalzato all’onore
degli altari da Giovanni Paolo II
nel 1990.
Dal 24 giugno al 4 luglio una
serie di iniziative per il tempo
libero, per la preghiera, per
la riflessione, con lo scopo di
valorizzare la presenza delle
Confraternite all’interno della
comunità.
Si partirà lunedì 27 (ore 21.30
chiesa di San Filippo Neri)
apporfondendo insieme al
Centro San Rocco l’attualità dei
cattolici in politica; martedì 28
(ore 21.30, Società Cacciatori) il
giornalista Rai Giancarlo Trapanese presenterà il suo volume
“Ascoltani”.
Mercoledì 29 (ore 21.30,
piazzetta di San Martino) gran
Concerto sotto le stelle del
Corpo Bandistico “Cecchini”
di Montesampietrangeli per il
150° dell’Unità d’Italia, mentre
giovedì 30 in Collegiata dopo
il Triduo dei giovani dell’Azione
Cattolica in onore del beato
(ore 18), si terrà un incontro
con la comunità in preparazione
al Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (ore 21.30) sul
tema “Signore da chi andremo?”.
Momenti di preghiera e di spet-
tacolo venerdì 1 luglio: alle ore
21 recita del Rosario nella Basilica della Misericordia, alle ore 22
“Risate sotto le stelle” sketches e
gags di attori dilettanti elpidiensi per la regia di Angelo Annibali
(Arena Sordi). Sabato 2 luglio:
nel pomeriggio Caccia l tesoro
dei ragazzi dell’A.C.R. per le vie
del centro storico, alle 21.30
(Sala dell’Academia) film sulla
vita di Giovanni Paolo II.
La giornata centrale della Festa
sarà domenica 3 luglio con il
Raduno delle Confraternite che,
dopo la processione, parteciperanno alla Messa Solenne (ore
10.30, Collegiata) celebrata
dall’Arciprete don Enzo Nicolini, con la presenza della Schola
Cantorum della Basilica di San
Nicola di Tolentino; al termine
festa in Contrada di San Giovanni.
Chiusura lunedì 4 luglio, giorno
della festa del beato: alle ore
21.30 nel parco della Madonna
dei Lumi Santa Messa e benedizione del quadro del beato
Frassati che sarà poi collocato
nell’oratorio attiguo per la venerazione dei fedeli. •
P. S. Elpidio: Confermate le due vele della Guida Blu
R
iconfermate alla città di Porto Sant’Elpidio le due vele della Guida Blu 2011,
curata dal Touring Club Italiano e da
Legambiente. Un riconoscimento prestigioso
che, ancora una volta, dimostra l’eccellenza dei
servizi offerti dalla città rivierasca.
«La Guida Blu - ha spiegato il sindaco Mario
Andrenaci - costituisce a tutti gli effetti una
mappa dell’eccellenza dell’offerta turistica
in Italia. Le località premiate sono luoghi di
grandissimo pregio naturalistico, in cui gli
amministratori hanno fatto della sostenibilità e
della tutela ambientale un loro punto di forza.
Vedersi riconfermate le due vele conquistate
nel 2007 significa che in questi anni abbiamo
portato avanti con coerenza e serietà le nostre
scelte amministrative, basate soprattutto sulla
tutela e sul rispetto dell’ambiente.
I parametri ai quali si attiene la Guida Blu
sono di diversa natura e vanno dalla pulizia del
mare, alla bellezza del paesaggio, dai servizi
offerti alle politiche di tutela ambientale. Una
riconferma che non
può che farci un enorme piacere e che va ad
aggiungersi ai premi
e ai riconoscimenti
conquistati nei mesi
scorsi.
Mi riferisco, in particolare, alla Bandiera Blu
ottenuta per il quarto
anno consecutivo,
al Premio Comuni
Ricicloni assegnati
dalla Regione Marche e
dal Ministero dell’Ambiente che, ancora
una volta, ci vede tra
i primi comuni per la
percentuale di raccolta differenziata e
alla Bandiera Verde
ottenuta dalle scuole.
Questi risultati non sono certo
casuali ma rappresentano il frutto di politiche di sostenibilità, di
tutela dell’ambiente, di promozione culturale e di valorizzazione turistica perseguite con
determinazione.
È grazie a questo che Porto
Sant’Elpidio viene sempre più
riconosciuta come la città della
qualità della vita e della qualità
territoriale.
Una città accogliente e laboriosa,
dove non solo vengono prodotte
calzature tra le più prestigiose
del mondo ma dove si vive bene,
l’ambiente viene tutelato ed il
turismo, i servizi e la cultura si
configurano sempre più come un
volano importante per il rinnovamento dell’economia». •
10
MACERATESE
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› CORRIDONIA: nel passato è stata chiamata prima pausula poi montolmo. in futuro come si chiamerà?
Pakistonia o Corridonistan?
• Raimondo Giustozzi
S
i sa che tutte le vallate delle Marche,
sono state interessate tra la fine dell’800
e gli inizi del ‘900 a massicce ondate
emigratorie verso le Americhe. Gli anni che
vanno dal 1887 al 1913 sono quelli della grande
emigrazione. Le cifre che riguardano Civitanova Marche sono puramente indicative e vanno
lette per difetto, sono cioè molto più alte:
114 emigrati nel 1887, 166 nel 1888, 151 nel
1889, 110- 150 nei primi anni del '900, 323 nel
1912. Emigravano un po' tutti, ma soprattutto
contadini assunti come braccianti, pescatori.
A Civitanova, la mancanza di un porto rifugio
ostacolava di molto l'attività del settore. I paesi
dell'emigrazione: Argentina dove arrivò il 62%
degli emigranti, il Brasile con il 25%, questo
nel 1887, qualche anno dopo l'88% degli emigranti sceglieva l'Argentina. Porto Civitanova
era uno snodo importante per l'emigrazione
per tutta la provincia di Macerata. Agivano nella cittadina, diversi sub agenti per le
compagnie di navigazione che organizzavano i
viaggi transoceanici. La presenza della stazione
ferroviaria permetteva alla gente di risalire la
penisola per imbarcarsi al porto di Genova, da
qui in nave, negli Stati dell'America Latina.
Si racconta che da Corridonia, chiamata anticamente Pausula, poi Montolmo ed infine in
onore di Filippo Corridoni, compagno di studi
e di lotte politiche di Mussolini, con il nome
che ha tutt’ora, fossero emigrati tanti contadini, tra questi, due fratelli che avevano lasciato a
casa il fratello maggiore. Quando erano partiti
Porto Civitanova era uno snodo importante per l'emigrazione per tutta la provincia
di Macerata. Agivano nella cittadina
subagenti per i viaggi transoceanici.
per l’Argentina, la città si chiamava ancora con
l’antico nome, quello di Corridonia era ancora
di là da venire. I tre fratelli si tenevano costantemente in contatto tra loro. Quello rimasto
a Montolmo scriveva spesso ai due che erano
oltre Oceano. Si lamentava con loro che il governo al potere si mangiasse tutto, che le cose
non andassero affatto bene, che i raccolti fossero scarsi, tanto che temeva per la perdita del
piccolo podere che lavorava da solo con grande
dispendio di energie. Il campicello era l’unica
proprietà lasciata loro dal babbo. Si sa che
quando si è lontani da casa, le preoccupazioni
si ingigantiscono. Le lettere, quelle per la posta
Treno in corsa dopo la stazione di S. Claudio, verso Corridonia
aerea orlate ai bordi con i colori del tricolore,
arrivavano ai due fratelli lontani con continuità
ed il contenuto era sempre lo stesso: quelli al
potere erano dei ladri, tutto andava alla malora,
ruberie di ogni sorta disegnavano la grama vita
dell’unico fratello rimasto in Italia.
Un bel giorno i due decidono di rientrare anche
per verificare da vicino se quello che il fratello
scriveva loro era vero o falso. Si imbarcano
sulla nave e dopo alcuni mesi di navigazione,
giungono finalmente al porto di Genova. Scendono e si recano alla vicina stazione ferroviaria.
Chiedono un biglietto per Montolmo, linea
Civitanova-Macerata-Albacina. Il bigliettaio
li guarda stupito. Il nome della stazione di
destinazione non esisteva nell’elenco. I due
si agitano e ripetono il nome. L’addetto allo
sportello tenta un’ulteriore verifica, ma non c’è
nulla da fare. I fratelli si ricordano allora l’antico nome di Pausula e lo ripetono al bigliettaio.
Nell’elenco non c’era nemmeno questo nome.
Costernazione sul volto dei due sventurati.
Aveva ragione il fratello: “s’avevano magnato
tutto”, tanto che era scomparso anche il nome
del paese. Ritornano allora al porto e si imbarcano di nuovo per l’Argentina, lontano dalla
terra che li aveva visti nascere e dalla quale se
ne erano andati molti anni prima.
Nel secondo dopo guerra c’era chi premeva
per rimettere alla cittadina della vallata del
Chienti l’antico nome di Montolmo. Ma non se
ne fece nulla. Qualche buontempone tuttavia,
un po’ per burla, un po’ perché era vero che il
paese cambiasse nome ad ogni soffio di vento,
si divertiva a chiamare la cittadina con i tre
nomi in fila: Montolmo, Pausula, Corridonia.
Ora avvenne che agli inizi degli anni cinquanta
arrivasse a Corridonia un signore veneto giunto dalle nostre parti per motivi di lavoro. Sale
alla stazione di Civitanova Marche per recarsi
in treno in quella di Corridonia. In treno, il
bigliettaio, all’approssimarsi della stazione,
anche per informare i signori viaggiatori, annuncia con voce potente: Montolmo, Pausula,
Corridonia, Pausula, Montolmo, Corridonia.
Il signore veneto si porta all’altezza dell’uscita, pronto per scendere dai predellini del
treno. Ignaro com’era di tutto, sentendo quel
baccano infernale fatto dal vociare continuo
del bigliettaio, credeva di essere arrivato ad
una città talmente grande da perdersi in essa.
Scende e sbotta: “Ostrega, de tre paesi, ghe
ne fosse uno”. La stazione di Corridonia, ieri
come oggi, è molto lontana dal paese. Se oggi,
la frazione di Piediripa è abbastanza popolata,
agli inizi degli anni cinquanta lo era ancora di
meno. Ma oggi, Corridonia è una città molto
cambiata rispetto a quella nella quale abitavano
i tre fratelli di Montolmo e come la conobbe
l’occasionale viaggiatore veneto. Da città di
emigranti è diventata paese di immigrati con
la più numerosa comunità di Pakistani della
provincia di Macerata, tanto che qualcuno
scherzosamente l’ha ribattezzata Pakistonia.•
MACERATESE
BREVE
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
V
iaggio in elicottero per Un’aquila per L’Aquila. Dopo la sosta in Ancona, l’ultima
opera di Giuseppe Gentili, scultore maceratese, vola a Potenza Picena mentre il 6 luglio
sarà a L’Aquila. Prosegue il percorso espositivo di Un’aquila per L’Aquila che unisce
Marche e Abruzzo coinvolgendo tante altre
Regioni italiane toccando Firenze, Siena,
Roma, Milano, Venezia. Dopo il grande successo di Macerata, Ripatransone, Civitanova
Marche ed Ancona, dove l’opera è giunta via
mare, la scultura si farà ammirare fino al 30
11
giugno a “L’Antico Uliveto”, una struttura
di Potenza Picena, immersa nel verde delle
colline marchigiane a pochi passi dal mare.
Il 6 luglio l’opera in ferro, simbolo della città
ferita dal terremoto, partirà in elicottero, per
raggiungere il capoluogo abruzzese. •
›› monte s. giusto: intitolata anche una palestra a fausto, ermete e andrea
24 ore di volley per un ricordo eterno
• Settembretti Alba
Monte S. Giusto: Il sindaco scopre la targa della Palestra Comunale FEA (Fausto Ermete Andrea)
N
ei giorni 4 e 5 giugno
si è svolta la 12° edizione del “Memorial
24 ore di Pallavolo” a Monte
San Giusto. La manifestazione
è stata ideata e organizzata,
sin dagli inizi, da alcuni giovani
atleti di pallavolo in memoria
della scomparsa del giovane
amico Ermete Ciampechini.
Negli anni successivi, si è
aggiunta la memoria di altri due
giovani giocatori scomparsi prematuramente: Caproli Fausto e
Dari Andrea.
Per 24 ore e quali le squadre
partecipanti si affrontano fino
a conquistare un trofeo più che
altro simbolico.
Ogni squadra deve avere la
presenza di almeno una atleta
donna.
Quest’anno l’evento si è arricchito di un particolare significa-
to. Su richiesta degli amici della
Pallavolo, presentato dai due
Presidenti delle locali Associazioni, Fonti Giuseppe e Montecchia Francesco, l’Amministrazione Comunale ha deliberato di
intitolare la Palestra in memoria
dei tre giovani sangiustesi.
L’impianto sportivo è stato
chiamato “Palestra F.E.A.” in
memoria di Fausto, Ermete ed
Andrea. La targa ricordo è stata
scoperta dal Sindaco Dott. Mario Lattanzi, che ha presenziato
la cerimonia. Egli si è detto ben
felice di intitolare la Palestra ai
tre giovani. Si è congratulato
per lo spirito di amicizia che
anima tale iniziativa ed ha ammirato la dedizione profusa dai
giovani per garantire la riuscita
della manifestazione.
Successivamente il diacono
Giovanni Pastocchi, inviato dal
Parroco, ha benedetto la targa
esposta in memoria. Prendendo
spunto dal rito di Benedizione
ha sottolineato che la vittoria
nello sport consente la conquista di una corona corruttibile,
mentre tutti sono chiamati a
conquistare una corona incorruttibile. L’atleta affronta
fatiche, rinunce per ottenere
un premio che presto marcirà. Ogni uomo è chiamato ad
orientare le proprie fatiche per
ottenere premi immarcescibili. Rivolgendosi ai giovani ha
evidenziato come essi possono,
attraverso lo sport, esercitarsi
nella lealtà, nel rispetto delle regole, nel rispetto dell'avversario
e nella onestà. Così può fondare la costruzione della propria
personalità su solide basi.
Infine c'è stato l’intenso messaggio dell’allenatore storico di
Monte San Giusto, dott. Marco
Montanini, che ha così spiegato
l’acronimo F.E.A.
“FEA, poteva essere Forte Eremo
Agonistico, oppure Fraterno
Eterno Amore. Invece sta per
Fausto Ermete Andrea. La palestra è dedicata alla memoria di
tre giovani figli, tre atleti che in
questa struttura hanno mosso i
primi passi nella disciplina della
pallavolo. Seguendo la legge
del contrappasso, così come un
violento devastante squarcio
nel buio che, nelle vesti mortali,
ha portato via Fausto Ermete
Andrea; desideriamo con risoluta fermezza, scendere sempre
nell’agone per ricordare in ogni
occasione questi giovani Sangiustesi che avrebbero potuto
disputare competizioni rilevanti
ma, quello che contava: competere e vivere nella quotidiana
vita, per fatale o ineluttabile
casualità a loro negata. Saranno
presenti in ogni gesto, azione,
scambio di gioco ma quello che
vuole essere fonte e sinonimo di
imperituro ricordo: sempre vivi
nei nostri cuori”.•
12
VOCE ECCLESIALE
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› PENNA S. GIOVANNI: CONVEGNO DELL' UFFICIO DELLA PASTORALE DEL LAVORO SULLA CRISI ECONOMICA ITALIANA
Cosa ci aspetta? Un lento declino
• Anna Rossi
D
omenica 22 Maggio , nel Teatro Comunale
Flora, di Penna S. Giovanni, l’Associazione
Culturale Centro studi Giuseppe Colucci,
l’Ufficio della Pastorale Sociale, del Lavoro, dell’Ambiente dell’Archidiocesi di Fermo, con il contributo
di Melania Group Spa, hanno organizzato il Convegno sul tema Evoluzione economica e sociale in
cinque secoli di storia.
Il convegno era finalizzato a trovare, nelle radici
storiche del nostro paese, alcuni suggerimenti per
uscire dall'attuale situazione di crisi. Nell’introduzione, don Paolo Bascioni, Direttore dell’Ufficio
della Pastorale del lavoro, sostiene che per proiettare l’Italia nel futuro non bastano le operazioni
economiche e finanziarie. Occorre anche occuparsi
delle condizioni di vita della nostra società nei prossimi cinquant’anni, perchè queste influiranno sulla
situazione economica.
I relatori, Francesco Maria Chelli e Marco Moroni,
ambedue docenti dell’Universita Politecnica delle
Marche, e il dottor Marco Cannella, presidente
dell’ordine dei commercialisti di Fermo, con le loro
riflessioni hanno reso il Convegno particolarmente
interessante.
Il professor Chelli ha fotografato la situazione demografica del pianeta illustrando il trend in atto.
La popolazione mondiale, nel 2100, raggiungerà i
dieci miliardi di individui. In Occidente, la fecondità
è sensibilmente al di sotto del livello medio, e le popolazioni sono irrimediabilmente più vecchie. Nelle
aree sottosviluppate il livello di fecondità è cresciuto
più rapidamente.
Il potenziale di crescita della popolazione mondiale
si trova nei paesi ad alto tasso di fecondità. Ciò porta
a considerare anche il rapporto tra la popolazione e
la superficie dei paesi. Nel 1950 l’Asia aveva la metà
della popolazione mondiale, l’Europa il 21%, l’Africa
non arrivava nemmeno alla metà dell’Europa.
Nel 2050, l’Europa ne avrà il 7%, l’Africa il 23%,
e supererà di 3 volte quella dell’Europa. Nel 2100
l’Africa arriverà al 36%.
“Se lo spazio è lo stesso, dove abiterà la popolazione
Africana?”, si chiede il professor Chelli.
Un altro dato viene offerto dal considerare che,
scendendo il livello di fecondità, non si raggiunge
il livello di sostituzione, e si avrà una popolazione
sempre più anziana.
In Europa il 30% della popolazione ha più di 60
anni. La vita media si allunga, quindi aumenta rapidamente il numero di anziani.
Anche in Cina, nel 2050 i vecchi supereranno il 40%
della popolazione. Nel 2050, le persone in età lavorativa saranno una minoranza nei confronti delle
persone anziane.
Nelle Marche, nel 2007, c’erano già solo 1,7 persone
in età di lavoro su una persona anziana. In seguito
anche questo dato diminuirà.
In Italia si deve fare una riflessione sulla sostenibilità del sistema retributivo e sui rischi di quello
contributivo.
La crisi ha influito sui fondi pensione e sui tassi di
interesse, danneggia i pensionati e le persone vicine
alla pensione.
Nel concludere la sua relazione, il professor Chelli
indica alcuni settori che potrebbero essere presi in
considerazione per aumentare l’occupazione. La
popolazione avrà bisogno di investimenti nel settore
alimentare, nei servizi per la terza età, nelle infrastrutture urbane. Occorrerà, inoltre, diversificare gli
investimenti, prendendo in considerazione anche i
megatrend economici e sociali.
Il prof. Marco Moroni, nel suo intervento, traccia un
parallelismo tra l’Italia di oggi e quella del Seicento.
Dopo la grande crescita del basso Medioevo, l’Italia
nella seconda metà del '500 era uno dei Paesi più
sviluppati al mondo. I fattori che hanno innescato il declino sono stati la forte pressione fiscale
(prima hanno tassato gli spagnoli poi gli austriaci),
la frammentazione politica. Hanno influito anche
cause esterne come il crollo combinato del mercato
tedesco, spagnolo, turco.
Un ruolo negativo ebbero anche le corporazioni,
che bloccarono i mutamenti tecnologici e produttivi che avrebbero permesso alle imprese italiane
di competere con la concorrenza straniera. Molti
imprenditori preferirono puntare su una rendita
sicura, investendo nelle campagne anziché nelle
nuove fabbriche. Molti dei grandi mercanti e ban-
Penna San Giovanni, Teatro Comunale Flora: i relatori
chieri italiani (i genovesi, i fiorentini, i veneziani, i
lombardi), preferirono puntare sui maggiori profitti
realizzati tramite speculazioni finanziarie anziché
sui commerci, dove era ormai crescente la concorrenza delle grandi compagnie inglesi e olandesi, sostenute dai loro governi. Infine, i produttori italiani
non seppero approfittare della democratizzazione
dei consumi che comportava un grande ampliamento dei mercati, e furono spazzati via dai cinesi di
quel tempo, cioè dagli inglesi. Questa la storia del
passato, ma come andranno le cose nel futuro?
Stanno cambiando radicalmente gli equilibri economici mondiali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la quota europea nel PIL mondiale che
era pari al 18% nel 2000, scenderà al 13% nel 2015.
Nello stesso periodo la quota dei Paesi emergenti
dell’Asia passerà dal 15 al 29%. Questo mutamento
degli equilibri mondiali avrà conseguenze negative
su molti Paesi europei. L’Italia ne risentirà più di
altri, perché l’economia italiana non solo manifesta da anni una scarsa capacità di crescita, ma non
appare in grado di reagire con rapidità ai cambiamenti in atto. Negli ultimi quindici anni, l’Italia
ha subito una evidente perdita di competitività
rispetto ai principali partner europei a causa di una
insufficiente crescita della produttività, fenomeno
che caratterizza non solo il Sud, ma anche il Nord
della Penisola.
Incidono le ridotte dimensioni di molte imprese,
la mancanza di concorrenza nel settore terziario,
la forte pressione fiscale, che supera di tre punti
quella media dell’area dell’euro. Incidono anche
l’inefficienza della pubblica amministrazione, la
scarsa efficienza del sistema scolastico, le condizioni del mercato del lavoro, caratterizzato da scarsa
mobilità e da elevata precarietà. La disoccupazione
giovanile sfiora il 30%. Si è di fronte a uno spreco di
risorse che avvilisce i giovani e intacca gravemente
l’efficienza del sistema produttivo. Non mancano
imprenditori che hanno tirato i remi in barca puntando su rendite sicure, come non mancano coloro
che hanno preferito i facili guadagni delle speculazioni finanziarie. La cultura, la conoscenza, lo
spirito innovativo, sono gli unici volani che possono
proiettare nel futuro e rafforzare la coesione sociale.
Infine, il dottor Marco Cannella, presidente
dell’ordine dei commercialisti di Fermo, descrive
la struttura economica e sociale del fermano. Nel
maceratese e nel fermano, ci sono circa 20.519
imprese. Negli ultimi 10 anni le imprese non sono
cresciute. Ci sono stati passaggi generazionali difficili. Le nostre imprese sono il substrato culturale e
il capitale sociale del nostro territorio. Anche con la
delocalizzazione si è mantenuta l’innovazione e si è
integrata forza lavoro straniera. Il sistema bancario
ha sostenuto le aziende, occorre però continuare a
dare loro fiducia.
Nel dibattito si è posto in rilievo come nel mondo
dell’imprenditoria non si prenda sufficientemente in
considerazione la dimensione umana dell’economia.
Inoltre, manca la fiducia nella crescita dell’Italia. •
VOCE ECCLESIALE
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
13
›› Intervista a Mons. Joseph Kariyil, vescovo di Cochin, Nel Kerala (india)
In difesa della persona
• Sandro Salvucci
D
allo scorso novembre il nostro seminario, sulla scia
Kerala. Ce ne può descrivere le cause?
dell'esperienza fatta con don Ildephonse e don
L'induismo è una religione molto tollerante, i fondaPasteur, si è arricchito della presenza di ancora due
mentalisti sono pochi. Il problema è che la religione è
seminaristi provenienti dal Burundi, Camille e Samuel, e di
strumentalizzata per motivi economici e politici. In quedue seminaristi dal Kerala (India), Paul e Jacob. Nei giorni
sto senso i sentimenti religiosi possono essere sfruttati
scorsi, abbiamo avuto la visita del vescovo di questi ultimi,
in maniera più efficace di altri sentimenti. Le ragioni di
in occasione della sua visita ad limina. Mons. Joseph Kariyil
queste persecuzioni sono quindi di ordine socio-econoè stato ospite del seminario e
mico-politico, piuttosto che
ha incontrato il nostro Arcivemotivi religiosi. Il cristianesiscovo. Gli abbiamo chiesto di
mo è una religione “liberaparlarci della sua diocesi.
trice” e cioè offre un'eduLa diocesi è molto antica,
cazione, un senso di stima
la seconda dell'India dopo
per la dignità della persona
Goa. Sono il 35° vescovo e
e, laddove la fede cristiana
il quarto vescovo propriaentra, la gente acquista una
mente indiano, dopo i primi
coscienza che impedisce un
31 vescovi tutti di origine
facile sfruttamento. Tutto ciò
portoghese. I fedeli cattolici
quindi crea disturbo al “sisono 175.000 (il 20% della
stema”. L'India si sta sviluppopolazione), quasi tutti
pando molto velocemente,
concentrati nella città di
ma questo non vuol dire che
Cochin. La diocesi è stata
la povertà è finita. Il numero
fondata nel '500 dai portopiù grande dei poveri nel
ghesi. Lo stesso vescovado è
Fermo: Mons. Kariyil, vescovo indiano, incontra l'Arcivescovo di Fermo mondo si trova in India:
molto antico, risale all'anno
questo vuol dire che manca
1505, e in esso è conservato
una giusta distribuzione dei
un museo portoghese. Le
beni e delle risorse.
parrocchie sono solamente 38, in quanto non ci sono i
Com'è la situazione nel rapporto tra cristiani e induisti?
mezzi materiali e gli spazi per fondarne di nuove. I preti
Apparentemente non ci sono problemi. Numericamente
diocesani sono 128 e circa 40 sono i sacerdoti religiosi di la presenza dei cristiani incide per il 20% della popolavarie congregazioni. Abbiamo anche 60 case religiose.
zione. Il “capitale sociale” costituito dalla presenza della
C'è un buon numero di vocazioni. Tre sono i seminari
Chiesa è molto forte e stimato dal resto della popolaziominori, per un totale di oltre 50 ragazzi, dove si riceve
ne. I cristiani eccellono nel campo dell'educazione, della
una formazione che dura 6 anni. Da alcuni anni ormai
sanità e dei servizi sociali. In questo senso siamo molto
siamo aperti a inviare nostri sacerdoti in missione: ne
avanti, più dello stato stesso. Talvolta ciò che è probleabbiamo alcuni in Ecuador e in Nuova Zelanda.
matica è una certa tendenza a screditare l'azione sociale
Quali sono i problemi principali che la sua comunità cristiadella chiesa descrivendola come dettata da motivi altri,
na si trova ad affrontare?
per esempio di business.
Un primo problema che abbiamo è che le parrocchie
Ha inviato due seminaristi a completare gli studi nel semisono troppo grandi e i sacerdoti che vi operano, anche
nario i di Fermo. Cosa si aspetta da questa esperienza?
se sono almeno in due, non riescono a raggiungere tutti
Li ho mandati dopo nove anni di formazione in India,
in un rapporto diretto. L'ideale è infatti che un pastore
quindi hanno già ricevuto delle basi importanti. Dalla
conosca per nome i suoi fedeli. Il fenomeno della globaloro venuta in Italia mi attendo un maggiore sviluppo
lizzazione anche da noi tende a spersonalizzare i rapporculturale e un'educazione ad un'apertura universale. Mi
ti. D'altra parte le chiese sono molto frequentate, anche
attendo quindi che al loro ritorno in India porteranno un
nei giorni feriali. In alcune parrocchie, prima di recarsi
arricchimento per la nostra cultura e la nostra formazioal lavoro, partecipano alla messa ogni giorno anche 200
ne. Dunque, innanzitutto si tratta di una sfida personale
/ 300 persone. I fedeli hanno un senso religioso molto
per ciascuno di loro. Dovranno acquisire la capacità di
forte, manifestando un forte attaccamento alla chiesa.
affrontare i problemi con la famiglia lontana, capire che
Seguendo l'esempio di noi cristiani anche gli induisti e
Dio è ovunque, che la chiesa è una, anche se in un altro
altri hanno cominciato a frequentare le loro fedi ogni
paese. Qui nel seminario di Fermo ci sono seminaristi di
giorno e non solo nelle feste. Viviamo un tempo di forte
altri paesi e tutto ciò può offrire un'esperienza globale
vitalità per le espressioni della fede della nostra gente.
che sviluppa la personalità. Al loro ritorno porteranno
L'ateismo in senso stretto non esiste, tuttavia anche da
un'apertura culturale molto grande, ovviamente se
noi talvolta c'è un ateismo pratico causato dal materiaciascuno saprà approfittare di questa opportunità. Ho
lismo. La sfida per noi comunità cristiana è avvicinare
potuto vedere che Jacob e Paul si trovano bene e stanno
personalmente la gente, perché le sette sono molto atticercando di ben integrarsi in questo ambiente. Sono
ve in questo campo ed essendo piccoli gruppi possono
convinto che sarà un'esperienza meravigliosa come lo è
offrire un'esperienza personale che spesso noi non siamo stata per molti in passato. Io stesso ho studiato a Roma
in grado di dare.
nel contesto di un collegio con seminaristi provenienti
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un'ondata di vioda una cinquantina di nazioni diverse, condividendo per
lenze e persecuzioni nei confronti dei cristiani nelle regioni
anni la vita insieme con loro, e questo è stato per me un
nord dell'India, che hanno risparmiato la sua regione del
arricchimento imparagonabile. •
della settimana
a cura di Mario Liberati
19 giugno
Santissima Trinità
È la festa del "Dio unico in Tre
Persone", da capire, accogliere
con amore, adorare nella contemplazione.
Il tema ha grande importanza
sul fronte missionario. Si afferma che tutti i popoli - anche
i non cristiani - sanno che Dio
esiste e che anche i "pagani" credono in Dio. Questa verità condivisa, pur con alcune differenze
e riserve, è la base per il dialogo
fra le religioni, e in particolare
fra i cristiani e i seguaci di altre
religioni. •
20 giugno
S. Vittoria vergine e martire
Vittoria è nata a Roma nel 230.
Convinta dalla sua cugina Anatolia, emise il voto di verginità. Vendette i suoi beni di famiglia; diede
il ricavato ai poveri, decidendo di
rinunciare al matrimonio
Il nobile giovane Eugenio che si
era innamorato di lei, la denunciò
ed il 10 dicembre 253 fu uccisa con
una spada. Nella chiesa di Santa
Vittoria in Matenano è conservata la maggior parte delle reliquie.
Fu l'abate Raffredo ad ottenere le
reliquie di Santa Vittoria e a portarle nel Matenano con un lungo
corteo di monaci, operai e soldati.
In seguito furono tolte dall'urna di
pietra e poste in una nuova urna
nella chiesa a lei dedicata.
Il culto è stato sempre costante
nel tempo. Nel 1740 fu eletta Patrona secondaria della arcidiocesi
fermana e in seguito Patrona regionale della Gioventù Femminile
di Azione Cattolica. •
21 giugno
San Luigi Gonzaga
22 giugno
San Paolino di Nola
23 giugno
San Lanfranco
24 giugno
Natività di S. Giovanni Battista
25 giugno
San Massimo di Torino
14
VOCE ECCLESIALE
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› UN popolo in comunione
Parola e Sangue
• Antonio Nepi
I
n occasione del Congresso Eucaristico Nazionale è forse utile un approfondimento delle
radici liturgiche della celebrazione dell’Eucaristia. Indubbiamente la sua origine principale
nasce dall’istituzione di Gesù nell’Ultima Cena,
ricordata da Paolo (1Cor 11,23-25) e dai Vangeli
Sinottici (Mc 14,22s:, Mt,26,26s; Lc 22,15s), ma
la sua struttura finale ricalca suggestivamente
le fasi del suggello dell’alleanza tra il Signore e
gli Israeliti al Sinai in Es 24,1-11, dopo il dono e
compito delle Parole della Legge, in un appello
di libertà, senza costrizioni (se voi ascolterete la
mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete
per me un regno di sacerdoti e una nazione
santa). In sintesi, lo schema della stipulazione di
una alleanza nell’Antico Vicino Oriente prevedeva
la presentazione dei partners, la stesura scritta
dei reciproci obblighi ed un sacrificio conclusivo
che sanzionava la validità del patto contratto.
Potevano esserci patti tra soggetti di pari livello
ma, normalmente, il patto era tra un superiore
ed il suo vassallo, com’è il caso del nostro testo.
Come possiamo vedere, i momenti salienti di
tale stipula, sono presenti nella celebrazione
della nostra Messa; dapprima c’è una “Liturgia
della Parola” (= la proclamazione del libro della
Legge), seguita da una sorta di “Professione di
fede” (= l’assenso degli Israeliti), poi suggellata da
una “Liturgia di Comunione” (= l’aspersione del
sangue). Un’analoga struttura è rilevabile in Ne
8, dove la lettura della Legge in ebraico è seguita
in simultanea da un’omelia tradotta in aramaico
(la lingua parlata del popolo), con la comunione
finale che di un banchetto lauto e festoso, condiviso con i più poveri e affamati.
La proclamazione - scrittura delle clausole
dell’Alleanza.
Dal monte Sinai dove si era recato, Mosè scende
per riferire al popolo “tutte le parole del Signore”,
cioè il Decalogo (Es 20,1) e “tutte le norme”, cioè
il Codice dell’Alleanza (21,1); praticamente si
tratta del resoconto di tutti gli eventi di Es 20-23.
Liturgia della Parola (proclamazione del
libro della legge), sorta di professione
di fede (assenso degli Israeliti), liturgia
di Comunione (aspersione del sangue).
Qui Mosè si staglia nel suo ruolo di mediatore tra
Dio ed il popolo, nonché di narratore privilegiato
della Parola di JHWH, inglobando ed anticipando
paradigmaticamente nella sua persona le funzioni
che saranno dei profeti, dei sacerdoti e del re in
Israele e dei ministri cristiani. Il popolo riconferma liberamente e all’unisono la sua adesione,
data inizialmente in Es 19,8; là aveva accettato a
perciò appartiene solo a Dio. Per questo non può
essere impunemente versato, né mangiato (Gn
9,4; Lv 17,11-14). A motivo di questa sua sacralità, il sangue è un ingrediente fondamentale in
questo tipo di sacrifici, in particolare nei riti di
consacrazione, dove veniva diviso a metà, come
L' alleanza è pienezza di comunione e
di solidarietà. Riletta tipologicamente
la pagina del Primo Testamento trova
compimento in Gesù.
Il pellicano è un simbolo dell'eucaristia
scatola chiusa, qui invece con la piena consapevolezza della posta in gioco (v.3). Poi, di sua iniziativa, Mosè scrive “tutte le parole del Signore”;
quanto era rimasto orale viene fissato per sempre
in una stesura scritta, con la funzione di testimonio (cfr. Dt 31,26), che attesterà alle generazioni
future gli impegni contratti dai loro padri nei
confronti di JHWH.
La preparazione del rito.
Di buon mattino (il tempo classico dell’amministrazione della giustizia in Israele), Mosè erige ai
piedi del monte un altare ed attorno ad esso dodici stele, simboli che attestano il rispettivo impegno legale delle due parti contraenti l’alleanza; le
dodici stele rappresentano le dodici tribù d’Israele, mentre l’altare rappresenta implicitamente
JHWH (da qui nascerà il bacio del sacerdote
all’introito). La preparazione del rito viene affidata a dei giovani del popolo, che svolgono in modo
“laico” quella che sarà una prerogativa dei sacerdoti, dal momento che nel racconto il sacerdozio
ufficiale non è stato ancora istituito. Essi offrono
prima un olocausto, in cui la vittima viene interamente bruciata, a significare il riconoscimento
della totale signoria di Dio sulla vita, poi un
sacrificio di comunione, in cui venivano offerte a
Dio le parti più prelibate (come il grasso), mentre
il resto veniva mangiato dall’offerente, a significare appunto la “comunione” e il legame tra questi
e Dio. Entrambi sacrifici cruenti, essi servono
soprattutto a procurare l’elemento essenziale del
“sangue”. Nella Bibbia, il sangue è sacro perché
rappresenta la vita stessa di un essere vivente e
nel caso dell’ordinazione dei sacerdoti. Qui Mosè
distribuisce una metà di questo “sangue-vita”
in catini, che rappresentano il popolo, e l’altra
metà sull’altare, simbolo di Dio, ad indicare la
consacrazione di Israele che entra in alleanza con
JHWH.
La stipulazione dell’alleanza.
La cerimonia che suggella l’alleanza si articola
in tre parti: a) la proclamazione delle parole di
JHWH, b) l’assenso degli Israeliti; c) l’aspersione
del sangue.
a) Mosè prende il libro dell’Alleanza e “lo proclama nelle orecchie” del popolo, un’espressione che
presuppone una seria interiorizzazione e ritorna
sempre in momenti di letture cruciali nella storia
d’Israele (2 Re 23; Ne 8). Israele lo ascolta per la
seconda volta, fissato nella sua stesura scritta, per
cui in futuro non potrà più bleffare, o accampare
scuse.
b) Il popolo riconferma solennemente il suo
totale assenso, con una frase che presenta una
curiosa inversione dei verbi, non resa dalla
›› 23
traduzione italiana: infatti, promette
60 anni di Messa
D
on Silvio Rastelli, il 29 giugno,
festeggia il 60° anniversario di
ordinazione Sacerdotale a Montegiorgio nella chiesa di S. Paolo Apostolo. Fu
ordinato sacerdote in Cattedrale il 29
giugno 1951. "Oggi - afferma don Silvio
- ringrazio il Signore di avermi fatto
strumento del suo amore". Nel biglietto
di invito alla sua festa, è riportata una
frase di Paolo VI: "Dà a questi tuoi ministri un cuore grande... dà a questi tuoi
ministri un cuore puro come quello di un
fanciullo che non conosca il male se non
per definirlo, combatterlo e fuggirlo".•
VOCE ECCLESIALE
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
15
›› civitanova: ritiro del clero diocesano nella parrocchia di s. maria apparente
Annunciazione, Cana, Calvario
• Ndg
L
a Vergine di Nazareth, colei che ha
creduto all'amore. Su questo tema è stato
convocato il clero diocesano a Civitanova
nella parrocchia di S. Maria Apparente in festa
per il sesto centenario della apparizione della
Madonna. La relazione è stata affidata a don Mario Colabianchi, parroco a Civitanova e Vicario
Giudiziale del Tribunale ecclesiastico del Piceno.
«Abbiamo creduto all'amore», ha detto don Mario, è la sintesi del cristianesimo. Non si crede ad
altro. Non all'onnipotenza di Dio, non all'eternità o alla fedeltà, non alla sua sapienza infinita.
Dove si mette in gioco la fede è la domanda: Dio
è amore sì o no?. È la stessa domanda sulla quale
Israele nel deserto si giocava la vita: «Dio è per
noi si o no?» (Es 17,7). L'amore è la rifondazione
della fede.
Don Colabianchi si è chiesto: ma che cosa
vuol dire credere? Nell'A.T. l'etimo fede ha tre
accezioni: acquistare stabilità, non traballare,
fondarsi; fidarsi incondizionatamente di qualcuno; prestare fede ad un messaggio e/o a chi
lo porta. Dunque credere all'amore è fondarsi e
fidarsi dell'amore.
Ogni storia d'amore mette a nudo la natura
dell'anima. Così è per Maria. In tre racconti del
vangelo (Annunciazione, Cana e Calvario) don
Mario ha cercato alcuni frammenti di vita, un
alfabeto della vita esemplare per il credente.
L'Annunciazione è stata presentata come un
anticipo di fede. Le nozze di Cana come la casa
dell'amore. Ai piedi della croce, Maria crede
all'amore come maternità, come accoglienza.
Ai piedi della croce l'amore è anche debolezza,
povertà, dipendenza, umiltà, impotenza.
La nostra generazione - ha detto don Mario - è
affascinata dai profeti, forse più ancora che dagli
Campo famiglie
S
crivilo. Si farà. Ha ripetuto don Claudio Morganti, direttore dell'Ufficio
Diocesano per la Pastorale della famiglia.
È già tutto pronto per il Campo Famiglie 2011 che si svolgerà a Cagnano di
Acquasanta Terme dal 14 al 21 agosto.
C'è ancora qualche posto libero. Purtroppo però le coppie della Diocesi non sono
molte. Eppure il Campo è un'esperienza di
condivisione, di essenzialità, di servizio, di
formazione e di preghiera. Anche la spesa
non è eccessiva: la quota per l'intero
campo è di euro 150 per ogni adulto e 50
per i bambini sotto ai 14 anni. •
apostoli. Ha fame di profeti, uomini dal cuore
in fiamme, uomini certi
di Dio; fame di parole
autorevoli e autentiche,
che creano e fanno
essere.
La Bibbia ci appare
affollata di uomini dalla
fede salda e possente. In
Maria non sono la sua
fermezza o la sua sicurezza a colpire, quanto
piuttosto la leggerezza
del suo stupore.
Che cosa stupisce
Maria? La gioia, così
evidente nel Magnificat, non deriva dal suo
temperamento ma da
un'esperienza spirituale.
Non è Maria che è gioiosa, è la sua fede, riconoscente e stupita. Fede in un Dio innamorato. Il
Signore ricorda che serietà, tensione, urgenza,
rischio sono nulla senza gioia. La gioia di Maria
rende la fede ciò che è: ospitalità di un Dio
innamorato e affidabile. Di fronte a Dio non c'è
nulla di meglio che essere trasparenti, così come
per l'aria di fronte al sole; essere leggeri come il
polline dentro il vento di primavera. Di fronte a
Dio per l'essere umano non c'è nulla di meglio
che essere nulla. Un nulla cui Dio ha regalato
un cuore. È l'esperienza di Maria che ha creduto
alla polifonia del cuore e che ha posto la sua
forza nell'amore disarmato, nella impotenza e
onnipotenza dell'amore più grande. Passione per
l'esistente significa non vivere senza mistero.
Una splendida immagine della mistica sufi
descrive l'umiltà della serva di Dio come una
clessidra che si svuota con gioia, e lascia così
spazio alla pienezza di Dio. La gioia della povertà
umile nasce da una certezza: la clessidra sa
che all'improvviso, una mano la capovolgerà.
Solleverà in alto il suo cuore di sabbia. E vedrà
che quella sabbia in realtà non misura il tempo,
ma il senso del tempo: misura cioè, granello
per granello, il racconto dell'amore. Leggendo
alcuni scritti di Chiara Lubich - ha concluso don
Mario Colabianchi - sono rimasto particolarmente colpito da una meditazione intitolata La
voglio rivedere in te.
Sono entrata in chiesa un giorno e con il cuore
pieno di confidenza chiesi a Gesù: "Perché
volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della
terra, nella dolcissima Eucaristia, e non hai
trovato, Tu che sei Dio, una forma per portarvi e
lasciarvi anche Maria, la Mamma di tutti noi che
Civitanova, S. Maria Apparente: ritiro del clero
La Serva di Dio è come una clessidra che
si svuota con gioia e lascia così spazio
alla pienezza di Dio.
viaggiamo?". Nel silenzio sembrava rispondesse:
"Non l'ho portata perché la voglio rivedere in te".
Dopo don Colabianchi, il Vicario Generale ha
dato comunicazione di una richiesta pervenuta
da S. Em. Card. Mauro Piacenza, prefetto della
Sacra Congregazione per il clero, il quale per il
prossimo 29 giugno, sessantesimo anniversario
dell'ordinazione sacerdotale del Papa Benedetto
XVI, chiede di "poter fare cosa gradita al Santo
Padre invitando ogni Diocesi ad offrire per la
circostanza del sessantesimo Anniversario, sessanta Ore di Adorazione eucaristica continuative
o distribuite nel prossimo mese di giugno, per
la santificazione del Clero e per ottenere da Dio
il dono di nuove e sante vocazioni sacerdotali. Il
culmine del percorso di preghiera potrebbe coincidere con la Solennità del Sacratissimo Cuore
di Gesù (giornata di santificazione sacerdotale) il
prossimo venerdì primo luglio".
Quindi la Parola è stata data alla dott.ssa Alma
Monelli che ha spiegato gli impegni impellenti fissati dal Vademecum per i beni culturali
ecclesiastici.
Don Giuseppe Morresi, parroco a S. Maria
Apparente, ha invitato tutti i presenti al pranzo
preparato da alcune famiglie della parrocchia.
Ad ogni sacerdote ha anche donato, per non far
dimenticare il centenario due libri: Alba ut sol
di Antonio Eleuteri e Maria, la Madre di Gesù di
Paolo Bascioni. •
16
LAVORO & ECONOMIA
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› lettera aperta a mario draghi, governatore della banca d'italia
I nostri figli: il rimosso dell'economia
• SIR
I
l Forum delle associazioni familiari scrive
a Mario Draghi.
Una riforma del fisco “a misura di famiglia” e l’adozione del “Fattore famiglia”
quale forma di “ricomposizione della spesa
a vantaggio della crescita”: sono le proposte-chiave contenute nella “Lettera aperta”
del presidente del Forum delle associazioni
familiari, Francesco Belletti, al governatore
della Banca d’Italia, Mario Draghi.
Nel testo, Belletti prende le mosse dalla
domanda: “Quale Paese lasceremo ai nostri
figli?”.
Scrive il presidente del Forum che “questa
è la domanda più radicale posta nei giorni
scorsi dal governatore della Banca d’Italia,
Mario Draghi, verso la conclusione delle
sue considerazioni presentate all’assemblea
ordinaria dei partecipanti a corredo della
Relazione annuale sul 2010. Un testo più
importante delle pur importanti consuete
relazioni annuali, perché è l’ultimo pronunciato da governatore dell’istituto centrale
del nostro Paese, ma subito prima della
prossima nomina a presidente della Bce.
Quindi, una sorta di ‘bilancio del passato’,
ma anche un primo ‘progetto per il futuro’,
non solo italiano”. Il presidente del Forum
famiglie nota con rammarico come “questa
domanda non abbia avuto eco nelle pagine
dei giornali, che hanno percepito e comunicato una rinnovata ‘sfida alla fiducia’, con
un doppio richiamo all’ottimismo e alla
responsabilità del rigore”.
Equità fiscale per famiglie con figli. Entrando nel vivo degli argomenti toccati da
Draghi nelle sue “considerazioni finali”,
Belletti nota che “le misure analiticamente
descritte... esigono certamente coraggio,
coerenza e concretezza”. E quindi propone
una riflessione “con voce di famiglia, che
riguarda la riforma del fisco ‘a misura di
famiglia’”.
Appoggia la richiesta di Draghi di ridurre
le aliquote, “elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il
D.Lgs. 196/2003 “Testo unico della privacy”
Fotografie: per quanto riguarda i diritti di riproduzione l’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato
possibile reperire le fonti. Il nostro periodico è aperto a tutti coloro che desiderino
collaborare nel rispetto dell’art. 21 della Costituzione che così recita: “Tutti hanno
diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione, non costituendo, pertanto, tale collaborazione gratuita alcun rapporto di
lavoro dipendente o di collaborazione autonoma”.
minor gettito con
ulteriori recuperi di
evasione fiscale, in
aggiunta a quelli,
veramente apprezzabili, che l’Amministrazione fiscale
ha recentemente
conseguito”.
Il presidente del
Forum sottolinea
quindi che “questa riduzione delle
aliquote sui redditi
dei lavoratori dovrà
perseguire ‘anche’
l’equità fiscale nei
confronti delle
famiglie con figli,
perché loro per
prime sono penalizzate, e perché
restituire capacità
di spesa alle famiglie con figli attraverso una riduzione della
pressione fiscale si tradurrà immediatamente in un rilancio dell’economia, perché
innescherà maggiori consumi, maggiore
produzione di beni di prima necessità, nuova occupazione, maggiore protezione della
povertà familiare, con minori spese socioassistenziali”.
Il “Fattore famiglia”. Nella parte centrale
della “Lettera aperta”, Belletti richiama la
recente proposta del Forum per una riforma
del fisco basata sul “Fattore famiglia” (Info:
www.forumfamiglie.org). Condivide l’argomento di Draghi che “per ridurre la spesa
in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte
le voci: essi impedirebbero di allocare le
risorse dove sono più necessarie; sarebbero
difficilmente sostenibili nel medio periodo;
penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose... Occorre invece un’accorta articolazione della manovra”. Nota quindi che per
Federazione
Italiana
Settimanali
Cattolici
Questo periodico è associato
all’Unione Stampa
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Direttore responsabile:
Nicola Del Gobbo
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Stampa:
Arti Grafiche Stibu S.n.c.
Chiuso in tipografia il 13/06/2011
Occorre ridurre la pressione fiscale sulle famiglie con figli.
Quale paese lasceremo ai nostri figli?
Il forum delle associazioni familiari scrive al
governatore della Banca d'Italia per chiedere
una riforma del fisco a misura di famiglia.
“far ripartire i consumi”, come auspicato da
Draghi, occorre ridurre la pressione fiscale
sulle famiglie con figli. “Proprio l’esempio
della Francia documenta che questa è una
via da percorrere”, scrive Belletti, altrimenti
da noi non si verificherà mai quello slancio
dei consumi reali che oltralpe sono cresciuti
del 18%, mentre da noi meno del 5%. In
conclusione il presidente del Forum richiama il monito del governatore:
“Occorre sconfiggere gli intrecci di interessi
corporativi che in più modi opprimono il
Paese”, definendo “una denuncia forte, anche questa scarsamente ripresa dai media”
e ricordando che le famiglie “attendono
giustizia e sostegno”, anche se “la loro
pazienza, però, si sta esaurendo”. •
Redazione:
via Sisto V, 11 - 63023 Fermo
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ARTE & CULTURA
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
17
›› l' economo diocesano richiama il clero a gestire bene l' amministrazione della parrocchia
Rispettare le norme giuridiche e tecniche
• Elio Perfetti
L
a parrocchia non è un’industria che deve
funzionare producendo guadagno, ma
una realtà che va amministrata attentamente perché possa svolgere la sua missione
di annunzio del Vangelo; perciò l’aspetto
economico non può essere disgiunto da quello
pastorale e quest’ultimo deve tener contro del
primo se vuole mettere veramente in pratica le
proprie scelte.
Non si deve poi dimenticare che una amministrazione ben curata, seguita, aperta e trasparente ha la capacità di educare.
Il canone 537 del CJC impone ad ogni parrocchia la costituzione di un Cpae (essendo
la parrocchia persona giuridica), esplicita la
funzione del Cpae ed il tipo di norme che lo
devono regolamentare.
Educa le comunità parrocchiali.
Le parrocchie hanno bisogno di vedere una
buona amministrazione diocesana per imparare a curare la loro in modo positivo e costruttivo. Spesso le parrocchie non hanno attenzione
all’aspetto amministrativo in quanto pensano
che il loro compito è altro. Vedere che la diocesi amministra in modo accorto e come questo
sia in grado di fornire il necessario per le scelte
pastorali e caritative della comunità apre alla
capacità di cogliere l’importanza pastorale
dell’amministrazione. Importante è anche
avere cura dei beni materiali - effettuando con
costanza l’ordinaria manutenzione - con la
cura del buon padre di famiglia per evitare di
dover all’improvviso mettere mano a tutto con
interventi straordinari.
Educa i sacerdoti.
I sacerdoti, non avendo la famiglia da mantenere o altre responsabilità verso terzi, talvolta
non prestano la dovuta cura ai beni personali,
vivendo il proprio rapporto con il denaro in
modo sbagliato (dal pauperismo che porta alla
sciatteria, a stili di vita che non testimoniano
di certo la povertà).
Educa la società.
È indispensabile essere effettivamente in
grado di mostrare come una amministrazione
possa essere corretta e trasparente. La società
guarda al comportamento della Chiesa e dei
suoi membri molto più di quanto sembra ed è
una fortuna se guardando la Chiesa
impara il bene.
Amministrare con chiarezza e correttezza significa avere rapporti corretti
con il fisco, con i pagamenti, con i
collaboratori, etc., senza far prevalere
la mania del risparmio ad ogni costo.
Trasparenza e legalità.
Uno slogan delle amministrazioni
ecclesiastiche potrebbe essere:
“Non temiamo la trasparenza perché
amiamo la legalità”. Le due realtà
sono strettamente correlate.
Però: perché ci possa essere legalità
serve preparazione tecnica, capacità
amministrativa, conoscenza delle norme ed effettiva competenza ecclesiale;
perché ci sia trasparenza servono
massima fiducia nell’operato del
Vescovo (o del Parroco) e stretta
collaborazione con l’intera struttura
diocesana (o parrocchiale).
Consigli parrocchiali per gli affari
economici (Cpae).
Ormai tutte le diocesi hanno fornito
regolamenti sulla formazione dello
stesso, sottolineando l’importanza delle competenze che in esso vi
debbono essere. Non può essere composto
solo da persone di buona volontà che amano la
parrocchia, ma deve prevedere la presenza di
persone competenti in diverse realtà amministrative, in modo da aiutare la parrocchia a fare
scelte giuste.
Il volume che viene offerto a ciascuna parrocchia – inizialmente doveva avere il titolo “Vademecum per le Parrocchie” – titolo cambiato
poi, giustamente, in La gestione e l’amministrazione della parrocchia. È uno strumento
indispensabile per affrontare con cognizione di
causa e con le necessarie indicazioni le molte
e diverse problematiche che ciascun Parroco si
trova ad affrontare ogni giorno.
Il volume, oltre a Prefazione, Premessa e
Presentazione, è costituito da 14 capitoli, che
- guardando alla “Parrocchia” sotto il profilo
giuridico, canonico ed ecclesiastico - esaminano e passano in rassegna i vari problemi che
ciascun parroco si trova ad affrontare quotidianamente.
Esso vuol essere uno strumento in grado di
guidare con chiarezza. È un prontuario ampio
ed articolato, frutto dell’esperienza di tante
L’importanza della corretta amministrazione
dei beni della Chiesa era ben chiara ai padri
del Concilio, che nel Decreto “Presbyterorum
Ordinis” raccomandavano: “Quanto ai beni
ecclesiastici, i sacerdoti devono amministrarli a norma delle leggi ecclesiastiche
e con l’aiuto di esperti laici; e debbono
sempre impiegarli per quegli scopi per il cui
raggiungimento la Chiesa può possedere
beni temporali, vale a dire la sistemazione
del culto divino, il dignitoso mantenimento
del clero, il sostentamento delle opere di
apostolato e di carità, per i poveri”.
curie diocesane, per accompagnare i parroci
ed i membri del Cpae nel disbrigo dei diversi
adempimenti connessi con l’attività amministrativa e ciò al fine di passare da una gestione
“buona” ad una gestione “corretta”.
Il volume è poi corredato da un CD contenente
la normativa specifica, sia a livello canonico
che civile. •
18
ARTE & CULTURA
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› I NOSTRI POETI DIALETTALI
Posta dialettale
• Rubrica a cura di Fabrizio Fabi
L
a poesia dialettale – d’amore o nuziale – non è interdetta al proletariato o
alle manovalanze che tempo addietro
facevano corte accanto alle residenze ed ai
possedimenti della nobiltà più provveduta.
Ecco allora una lettera d’amore – così la intitola Luigi Mannocchi riferendone il testo –
scritta da un lavoratore trasferitosi nel Lazio
al tempo della bonifica delle paludi pontine
alla donna del cuore, rimasta ovviamente a
Fermo.
Carissima speranza del mio core,
non me facéte in tanta pena stare;
con quistu foiu te vengo a trovare,
te fo' conosce che te porto amore;
te manno quistu fojju de promessu
pe' datte gustu con piacere e spassu,
I
n questi giorni gli studenti vivono trepidanti attese per i risultati dell'anno scolastico.
Nel 1876 Giosuè Carducci, dinanzi al Consiglio Comunale di Fermo, rendeva noti i risultati
delle interrogazioni effettuate da lui e da un
collega. Egli infatti, da Bologna era giunto
nella nostra città, per una ispezione valutativa
al Liceo Classico. Era con lui il Prof. Francesco
Rossetti. Carducci da Fermo scrive alla moglie,
Elvira, elogiando l'ambiente Fermano: "...ma
intanto ho visto di gran bei paesi fra il mare e
i monti, colli e valli coltivati benissimo: par di
essere in Toscana". Quello che però più ci onora
è ciò che aggiunge: "Qui la gente parla benissimo!".
È un complimento lusinghiero, se pensiamo
che ad esprimerlo è nientemeno che l'autore
delle Odi Barbare, quindi un buon intenditore.
In realtà, il nostro dialetto è molto vicino alla
lingua italiana ed è il vero dialetto marchigiano.
"Veri e genuini dialetti marchigiani sono quelli
che terminano in U" - diceva Giacomo Devoto,
presidente dell'Accademia della Crusca - e tracciava un' "area dialettale con tre poli: Fermo,
Macerata, Camerino". Infatti, molto diverso
e de saluti te ne manno tanti
pe' quante fronne muovono li venti,
pe' quanti gra' de rena sta' nel mare,
pe' quante stelle manna lo splendore,
pe' quanti fiuri ve' tra aprile e magghio,
pe' quanti raggi ha ‘l sole a lo merigghio,
co' la presente te manno cinque paoli,
zàppece l’ortu e piantace li cavoli;
se te ce 'vanza oro o pure argento
rmànnamelo arreto pe' posta currente.
Altrettanto dimostrativa è quella che, sempre Luigi Mannocchi, riporta come “altra
lettera d’amore” di un emigrato fermano alla
sua donna rimasta a Fermo: anche stavolta
con esplicito riferimento alle provvidenziali
incombenze del servizi postali.
è il dialetto ascolano che risente di influssi
abruzzesi e quello pesarese che sa di romagnolo. Il nostro si avvicina molto all'umbro, talché
il Cantico delle Creature di S. Francesco con le
molte desinenze in U (laudatu sii Signore per
frate focu ... ellu è bellu) può essere considerato
dialetto marchigiano. Del resto, Gubbio e il suo
distretto, durante il Governo Pontificio, facevano parte delle Marche; ne fu staccato dopo il
1860 dal Governo Piemontese.
Torniamo alla lettera di Carducci. Il poeta
continua indicando cosa farà appena tornato a
casa: "...Quando poi mi sarò riposato due giorni,
metterò a posto i libri e a luglio, nei gran calori,
lavorerò... Tu non credere mica che io faccia il
fannullone: lavoro e di molto... io voglio udire
e vedere tutto coi maggiori scrupoli, onde va
più per le lunghe che non credessi. Figurati, mi
tocca a stare a sentire lezioni ed interrogazioni
di studenti per cinque ore al giorno...". Il poeta
poi prega la moglie di dire a Bice, la diciasettenne primogenita, che "mi mandi una trentina
o quarantina de' miei biglietti da visita e me li
mandi sotto forte fascia per posta, qui subito
a Fermo". Ancora: "fammi da dimani in poi
Vanne, lettera mia, pe’ la posta
E camina pe’ la piana e pe’ la costa
finché giunta non sei
da la mia bella amante; giunta che sei, dajje un sospiro ardente
e tòcchila per me la bella mano,
la mano come lei 'nce l'ha nisciuna;
se ti dimanda del mio core meschino,
che me trovo ne la campagna de Marino.
O cielo, o mare, o stelle, quanti siete,
la pena del mio cor non sopportate;
se aveste tante ferite in menzo al core
certo non soffrireste questo mio dolore
Voi m’avete ferito il core e morire me sento,
mannàteme 'na pronta risposta
e allora viverò contento;
sono vostro amante S. B. - Pronta risposta.
(venerdì) comperare La Patria e impostala la
sera subito con un francobollo da un centesimo, prima per Fermo e da domenica in poi per
Spoleto". Come si vede, anche se la spedizione
costava un solo centesimo, le poste viaggiavano
puntuali perché Carducci riceveva subito la
corrispondenza.
Gli abitanti del fermano saranno lieti di conoscere questa autorevole testimonianza sulla
preziosità e bontà del nostro dialetto e sull'apprezzamento turistico di Carducci cosa del
resto ripetuta dal poeta il quale, parlando delle
Marche, dice: "La terra picena è benedetta da
Dio, di bellezza e di venustà, tra il digradare dei
monti che difendono, tra il distendersi dei mari
che abbracciano, tra il sorgere dei colli che
salutano, tra l'apertura delle valli che arridono".
Ma ora un dubbio mi tormenta: ho detto che
Gubbio era nelle Marche. Ovviamente anche
il famoso lupo di francescana memoria era ...
marchigiano. Ecco perché era un lupo buono ...
e quando morì, narra l'antica poesia, fu da tutti
pianto / e seppellito presso il camposanto. •
(da Gabriele Nepi,
Curiosità storiche su Fermo e il Fermano)
ARTE & CULTURA
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
19
›› civitanova: due libri per celebrare i 600 anni dalla apparizione della vergine a vico salimbene
Le tradizioni non tradiscono
• ND
M
aria, la madre di Gesù
di Paolo Bascioni è
ormai alla seconda edizione. Questa seconda edizione
- si legge nell'introduzione nasce nel contesto delle celebrazioni per il sesto centenario delle
apparizioni di Maria a Civitanova Marche, in quel territorio
che da quegli eventi prende la
denominazione di "Santa Maria
Apparente". Questi fatti soprannaturali, del 5 giugno 1411,
trovano riscontro nei documenti
e quindi, a rigore storico, sono
gli unici con un fondamento certo.
Ad una prima analisi, però, ci si rende conto
che le notizie trasmesse dalla credenza popolare non sono così omogenee e univoche
da concentrare ed esaurire entro quella data,
tutta la ricchezza che la tradizione diffonderà
nel corso dei secoli.
Infatti, colui che ebbe il privilegio di queste
visioni celesti, a volte è un pastorello, altre
un contadino, altre ancora un legnaiolo o un
boscaiolo. Ma è soprattutto riguardo ai tempi
che le discrepanze sono macroscopiche; si
partirebbe addirittura dal 1200 per arrivare al
1600.
Cerchiamo, allora, di fare un po' di ordine
nel ricco e non sempre coerente materiale
che la plurisecolare tradizione ha conservato
e forse anche abbellito con particolari simbolici, riguardo alla Madonna di Santa Maria
Apparente.
La storia - si può usare tale termine perché la
vicenda è suffragata da una documentazione
comprovante - ha inizio il 5 giugno 1411
con l'apparizione della Vergine Maria a Vico
Salimbene.
Organizzeremo gli elementi essenziali del
fenomeno soprannaturale con ordine per una
migliore comprensione.
- Il veggente: un pastorello del luogo, semplice, analfabeta, certamente buono e devoto,
ma lontano da ogni aspirazione di protagonismo e di azioni straordinarie ed appariscenti.
- Il sito: un vecchio muro di cinta nelle vicinanze di un campo pianeggiante, dove Vico
sta pascolando il suo piccolo gregge.
- Il contesto storico-sociale: un periodo di carestia e le conseguenti condizioni di povertà
e miseria diffuse, aggravate da una terribile
pestilenza che mieteva vittime in tutta la zona
e per la quale i rimedi sanitari del tempo
erano impotenti.
- La fenomenologia: mentre
Vico sta intagliando una canna
per farne uno zufolo, è investito
improvvisamente da una luce
straordinaria, quando questa si
ritrae appare una signora bellissima che lo guarda sorridente e gli
parla: dice di essere la Madonna
e gli affida il compito di andare
dalle autorità cittadine a chiedere che si costruisca in quel luogo
una piccola chiesa; in cambio
promette che libererà la città
dalla peste.
- Gli sviluppi pubblici: Vico si reca a Civitanova dalle autorità, racconta l'accaduto e fa
la richiesta a nome della Vergine, ma non
viene creduto. I giorni successivi la Madonna
gli appare una seconda volta, lo incoraggia
e formula la stessa richiesta. Vico torna dalle
autorità, ma nuovamente non viene considerato. Un'altra apparizione, la terza, con la
promessa che questa volta gli crederanno. Ritornato dalle autorità, questa volta viene creduto perché vi è stato un segno straordinario:
il suono delle campane di tutte le chiese in
un'ora non consueta e senza che nessuno le
avesse mosse. Si recano, quindi, sul luogo
delle apparizioni per verificare il racconto del
pastorello e qui la sorpresa che colpisce e
Le notizie trasmesse dalla credenza popolare non sono omogenee e univoche da
concentrare ed esaurire entro il 5 giugno
1411 tutta la ricchezza della tradizione.
convince: nel muro dove Vico aveva visto la
straordinaria luce e poi la bellissima signora
è impressa un'immagine di Maria e accanto
si trova lo zampillo di una polla d'acqua che
prima non c'era. Le autorità si persuadono
a costruire la chiesetta e di celebrare ogni
anno, nello stesso giorno della prima apparizione, il 5 giugno, una grande festa in onore
di Maria.
Agli eventi soprannaturali del 1411 seguirono
lo sviluppo ed il graduale strutturarsi nel tempo di una serie di elementi costituenti quello
che potremmo chiamare il patrimonio cittadino civitanovese di Santa Maria Apparente con
valenza religiosa, culturale e sociale, tuttora,
almeno in parte, presente e significativo. •
ALBA UT SOL
Presentazione del libro
U
n
libro
per non far
dimenticare la storia
del Santuario di Santa
Maria
Apparente.
Antonio
Eleuteri con
Alba ut sol
ricostruisce
con dovizia di particolari e abbondanza di rimandi storici, oltre che con una
interessante parte iconografica, la storia legata al Santuario che, partendo
dal 1411, si è tramandata nei secoli
fino ad oggi.
Nell' Istoria civitanovese edita nel
1740 da Giuseppe Gaetani si legge:
"La Madre del Verbo, nell'anno 1411,
visibilmente e miracolosamente apparve nelle Rote del territorio di Civitanova ad un de' suoi abitanti, chiamato
Vico Salimbene (come giustificasi da
un pubblico Consiglio sopra ciò fatto,
esistente presso l'Insigne Collegiata
di S. Paolo di Civitanova, che ritiene
l'Archivio della Confraternita soppressa
della Madonna della Misericordia);
per lo che li civitanovani gli eressero
un tempio non molto distante dal
fiume Chienti, dove, come da perenne
fonte di grazie han sempre sgorgato
ed al presente sgorgano copiosissime
beneficenze, in particolare à donne
bisognose di latte per nudrimento de'
loro bambini, sicchè nelle città e luoghi
convicini vien chiamata la Madonna
del Latte, ma in Civitanova per la sudetta Apparizione, Santa Maria Appari
vien detta..." •
20
THEO
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› La terra è sempre "promessa" perchè dono di jhwh da meritare
Terra, antenati, Dio, popolo
• Flavio Della Vecchia
L
'affermazione teologica principale del libro di
Giosuè è contenuta in 21,43-45: Così YHWH
diede ad Israele tutto il paese che aveva giurato di dare ai loro padri; essi ne presero possesso
e vi si stabilirono. YHWH diede loro riposo, come
aveva giurato ai padri. Nessun nemico potè resistere davanti a loro: YHWH mise infatti in loro potere
tutti i nemici. Nessuna di tutte le benne promesse
fatti da YHWH ai figli d'Israele andò a vuoto: tutte
si avverarono. Le promesse di YHWH agli antenati
del popolo hanno dunque trovato la loro realizzazione nelle vicende narrate nel libro; nello stesso
tempo, il libro va letto come premessa e contesto
della storia narrata nei successivi, nella quale il popolo, che ha ottenuto la liberazione dalla schiavitù
egiziana e la rivelazione della legge, ha stipulato
un patto con il suo Dio ed è stato protagonista
del compimento della promessa della terra, dovrà
dimostrare la sua fedeltà al suo liberatore, come
sottolinea il solenne impegno assunto da Giosuè e
dal popolo di servire esclusivamente il Dio che ha
donato la terra (Gs 24,1-24). La conquista narrata
nel libro non vuole perciò esporre in primo luogo
l'epopea dei vincitori: l'accento cade sul fatto che la
terra è dono di YHWH (cf. 1,2.3.11.13.15 ecc.) ed è
stata data a Israele "in eredità" (cf. 1,6;11,23; 13,6);
ciò che conta è quanto Dio ha realizzato, dato che
ogni impresa di Giosuè non è che l'esecuzione
fedele di ordini impartiti da Dio. (...)
Né la generazione dell'esodo né quelle successive
a Giosuè manifestano fedeltà alla volontà di Dio.
In certo qual modo la vicenda narrata in Giosuè è
parallela a quella di Abramo: si tratta degli inizi nel
paese in entrambi i casi; la fedeltà e l'obbedienza
di Abramo culminano nell'ottenimento di una
discendenza (anche se si tratta di un solo figlio),
Il vincolo della terra può essere giustificato religiosamente? Non è stato facile
passare dall'immagine dell'ebreo errante
a quella di una nazione.
così la fedeltà e l'obbedienza del popolo culminano nel dono della terra che sollecita il popolo a
decisione libera e responsabile nei confronti di Dio
(cf. Gs 24). Del resto, pur enfatizzando il dono della
terra, il libro di Giosuè sottolinea al contempo il
rischio della sua perdita futura; chi scrive conosce
già il dramma del fallimento, cosicché fa pronunciare al protagonista del libro un'esortazione che
spiega tale fallimento (Gs 23,11-13): si tratta della
punizione perché il popolo si è allontanato dal suo
Dio e ha adorato altre divinità; in tal modo il libro
diventa un'esortazione e un programma per una
"nuova" vita nella terra: come la disobbedienza
ha provocato la perdita della propria terra, così
l'obbedienza consentirà nuovamente al popolo di
rientrarne in possesso. Al dramma della perdita
della terra la prima parte della Bibbia dedica molto
spazio, specie nei testi profetici, dopo la conquista
babilonese nel VI secolo a.C. Di fatto, se si eccettua
una breve parentesi a cavallo tra il secondo e il
primo secolo a.C., il popolo ha vissuto nella terra,
ma sotto dominazione straniera; inoltre, soprattutto dopo la distruzione del tempio effettuata
dalle legioni romane nel 70 d.C., la maggioranza
degli ebrei si è stabilita, come minoranza etnica e
religiosa, in vari paesi (fenomeno fin dall'antichità
chiamato diaspora).
La terra spazio di misericordia
Sentendo Gesù affermare "Beati i miti, perché
erediteranno la terra", il pensiero cristiano si
volge al paradiso. Eppure difficilmente un ebreo
contemporaneo di Gesù si sarebbe accontentato di
tale prospettiva e Gesù stesso non intendeva solo
invitare ad andare al di là della storia per aspettarsi
qualcosa da Dio. Gesù è figlio di quel popolo che
scrutando le Scritture scopre che Dio ha promesso la terra ai Padri, ha liberato gli schivi d'Egitto
per offrire loro un paese in cui vivere in pace e
giustizia, ha annunciato tramite i suoi profeti che
il ritorno nella terra resta la meta che Dio propone
a chi ne accoglie la Parola e si lascia interiormente trasformare il cuore da quello Spirito che dà
vita all'universo (Ez 36-37). Ma proprio la Bibbia
mostra che tale dono si è scontrato molte volte con
la resistenza del popolo, con l'incapacità di assumere i doveri che il dono richiedeva (l'osservanza
della legge), con il fatto storico che proprio quello
stesso Dio che aveva donato la terra si riprendeva
tale dono, a motivo dell'ingiustizia e dell'infedeltà
umana. Ecco perché il possesso della terra è nella
Bibbia un momento della speranza che orienta i
credenti verso il futuro.
Gesù assume il dinamismo di tale attesa, consapevole che il senso delle Scritture non confina la
speranza d'Israele nella realizzazione di un progetto politico. Ogni attuazione umana del progetto
divino resta provvisoria, come lo è stato il regno
narrato nelle pagine bibliche; nello stesso tempo
essa non è del tutto priva di significato, poiché,
nella misura in cui vi si opera la giustizia e anche i
poveri trovano solidarietà, attesta che Dio si prende
cura del mondo. Annunciando il regno di Dio, però,
Gesù proclama che solo Dio può realizzare integralmente questo, non le rivoluzioni né un impero
universale che nella sua propaganda ufficiale si fa
paladino di libertà e pace. Assumendo, come Gesù,
la prospettiva del regno, il cristiano non fa della sua
vita una tensione verso l'attuazione di un progetto
politico, ma nello stesso tempo sa che deve operare
per la pace, avere fame e sete di giustizia, al punto
di accettare la persecuzione per poterla conseguire
(Mt 5,1-12). Così si eredita la terra: non come possesso esclusivo, ma come spazio che Dio assegna
all'umanità per esercitare la sua misericordia e
offrire la sua benedizione. •
NOTA PASTORALE n.5/
CPP e CPAE al servizio
del popolo di Dio (26)
L
e comunità parrocchiali territorialmente strutturate e fino a ora imperanti non possono opporsi a queste
nuove sfide come se fossero un "vitello
d'oro". La pastorale non può diventare una
«pastorale dell'orticello» cioè una pastorale sul modello di un giardiniere che per
hobby si prende amorevolmente cura del
suo piccolo orto delimitato.
I «segni dei tempi» ci spingono a non preoccuparci più in prima linea della formazione di comunità (parrocchiali) dilatate e
che restringono con ciò stesso l'ambiente
sociale.
Ci è chiesto, invece, molto di più: da una
parte, di creare comunità locali nelle quali
la vita cristiana è condotta anche senza la
presenza permanente di un prete; dall'altra, di creare la possibilità che i parroci si
prendano cura di un territorio più ampio
e possano offrire proposte diversificate in
ambito liturgico, kerygmatico e spirituale.
Ciò si realizza se in queste comunità viene
stabilita una vita communis (non solo tra
presbiteri) che possa offrire un'offerta più
ampia.
Nelle condizioni di pluralismo e di individualismo della società attuale, ciò è
assolutamente necessario.
Oggi non è possibile che un prete annunci il vangelo per lunghi anni in una
sola piccola parrocchia. Ciascuno ha una
determinata "lunghezza d'onda" e raggiunge perciò, anche all'interno di una società
sempre più pluralista, soltanto alcuni
gruppi di persone.
Lo stesso vale a proposito degli impulsi
spirituali: non si tratta di immettere all'interno della comunità solo una sensibilità
spirituale.
Abbiamo bisogno di diversificare anche
ciò che il ministero ecclesiale può offrire.
E questo si può forse realizzare proprio lì
dove c'è una vita communis di diversi preti
(e non solo) che guidano insieme la comunità e alla quale ciascuno può apportare il
proprio carisma specifico.
+ Mons. Luigi Conti
Termina con questo numero la pubblicazione
integrale della Nota Pastorale n. 5 Consummati
in unum scritta dall'Arcivescvo e diretta "Ai parroci, a tutti i presbiteri e ai loro primi collaboratori degli Organismi di partecipazione".
›› 23
LETTERE AL DIRETTORE
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
Notizie
per
7 Giorni
5 giugno 2011
Sarebbero stati i germogli di
soia tedeschi mangiati crudi a
scatenare l’epidemia del batterio
killer Escheria Choli (Ehec) in
Germania. Le autorità mediche
sono "sulla pista giusta". •
6 giugno 2011
Nelle elezioni in Portogallo, vince
il centrodestra. Il leader vincitore
ha detto che avvierà al più presto
le trattative per la formazione del
governo che "rispetterà gli impegni
economici presi con Ue e Fmi". •
7 giugno 2011
Durante la visita in Croazia il Papa
ha ricordato il Vescovo martire
Stepinac ed ha auspicato che la
presenza croata in Europa possa
contribuire a valorizzare la ricchezza
spirituale della tradizione cristiana. •
8 giugno 20110
Dopo lo scandalo scommesse sul calcio,
su cui sta indagando la magistratura di
Cremona, anche i magistrati napoletani stanno adoperandosi per accertare
se dietro le scommesse illegali c'è la
mano della criminalità organizzata.•
9 giugno 2011
Nelle spese militari il triste
primato spetta ancora agli Stati
Uniti, ma la Cina, dal canto suo
sta raggiungendo i "rivali", mentre gl'investimenti globali sono
cresciuti in tutto il mondo. •
10 giugno 2011
Il Brasile ha negato l'estradizione
in Italia del terrorista Cesare
Battisti, condannato in via definitiva per quattro omicidi. Grande
indignazione del mondo politico e
dei familiari delle vittime. •
11 giugno 2011
Otto anni e quattro mesi dopo avere
presentato la domanda di adesione,
la Croazia ha ottenuto il via libera
della Commissione europea per l'adesione alla Unione Europea. L'ingresso avverrà il 1° luglio 2013.•
21
›› LA VOCE DELLE MARCHE, VIA SISTO V N.11, FERMO - [email protected]
Allarme sui rischi della bici
C
aro direttore,
ho letto con piacere il numero n.
20 in cui si parlava a lungo della bici.
Ma non ho letto neppure un rigo in cui si dice che la
bicicletta è pericolosa e crea disagi al traffico.
La bicicletta è il mezzo migliore per andare in giro
in certe città (Porto S. Elpidio, Porto S. Giorgio, Civitanova). Non inquina, si può parcheggiare praticamente ovunque, tiene in allenamento, non consuma
benzina. Ma bisogna sapere anche che la bicicletta
è il mezzo di trasporto più pericoloso sulle strade
italiane.
I dati sono stati riportati su “Il Centauro“, la rivista
ufficiale dell’associazione amici sostenitori della
polizia stradale. Nel 2007 nel nostro paese si sono verificati 15.713 incidenti che hanno coinvolto proprio
delle biciclette: 352 ciclisti sono morti, altri 14.535
sono rimasti feriti.
Il tasso di mortalità è in netta crescita: si parla di un
aumento dell’11 per cento rispetto al 2005, mentre
per quanto riguarda i feriti l’aumento è stato del 16,5
per cento. Se si pensa che il rischio di mortalità per
chi va in bici è pari a 2,18, contro lo 0,78 delle auto o
l’1,96 delle moto, c’è da riflettere.
Questi dati fanno pensare che, con tutta probabilità,
le nostre strade non sono sicure per chi decide di
andare in bici. Poche piste ciclabili, poco rispetto da
parte degli automobilisti. Ma a volte anche l’incoscienza di alcuni ciclisti. Insomma, una cultura poco
propensa ad andare per strada in bici, al contrario di
paesi del nord dove l’uso di questo mezzo è decisamente più diffuso. Sarebbe giusto confrontare i nostri
dati con quelli, ad esempio, della Danimarca, per
capire le differenze!
Non parliamo poi delle "gare" che spesso si incontrano nelle strade dei nostri paesi e città. Tanti ciclisti
provenienti da ogni parte. Parcheggiano le loro autovetture magari davanti al portone di casa. Durante
la corsa è impossibile viaggiare. Protezione civile e
forze dell'ordine vengono mobilitate per fermare il
traffico negli incroci. Attese interminabili e disagi per
gli automobilisti. A volte l'autovettura con la scritta
"fine corsa" passa dopo un corridore che è distaccato
decine di minuti dal gruppo di testa. Le strade della
nostra provincia si trasformano in circuiti e non è
facile trovare il passaggio.
E poi vogliamo parlare anche di inquinamento?
Non tocchiamo neppure il tasto degli anabolizzanti.
Allora le chiedo: è tutto oro quello che luccica?
Cordialmente
Sa.Sa.
Gent.le lettore,
il suo richiamo alla disciplina del ciclista è sicuramente utile a restituire un quadro più reale al nostro
discorso sulla bici, forse, un po' troppo entusiastico.
La questione non è tanto legata al mezzo, quanto
alla testa di chi tale mezzo usa, perché la dissennatezza è equamente distribuita tra pedoni, automobilisti, ciclisti, motociclisti, camionisti, scooteristi,
apettisti, elicottersiti, paracadustisti, piloti d'aereo,
autisti di pullman, nocchieri, fantini, scafisti, surfisti, pattinatori. Che dire, poi, dei moderni quaddisti?
Certamente l'insufficienza delle vie di comunicazione e la precarietà del manto stradale rendono complicato ogni spostamento. A questo si aggiungano i
cantieri aperti, gli incidenti, i dissesti ambientali, le
manifestazioni di ogni genere.
Tutto contribuisce ad aumentare la nevrosi. In tal
modo, chi sta lavorando e deve correre per consegnare la merce da un luogo all'altro se la prende con il
ciclista che se ne va in giro per allenarsi o svagarsi,
magari rallentando la velocità dei ritmi lavorativi.
Alcuni fatti dovrebbero fare giurisprudenza e educare
ad un cambiamento di mentalità: un ciclista è stato
severamente multato, con pena pecuniaria e detrazione di punti in patente, per non aver rispettato il
rosso ad un semaforo. Tragedie come la strage di
ciclisti di Lamezia Terme dello scorso dicembre non
devono essere dimenticate.
La sua lettera rimanda anche all'idea stimolante delle piste ciclabili. Percorsi natura che possano essere
fatti in bici e che siano ben curati, dalle nostre parti,
non se ne vedono tanti. Potrebbe essere cosa buona
e giusta potenziare e premiare i circuiti già esistenti
sul lungo Tenna o Chienti, con una sorveglianza più
attenta.
Mi pare, invece, che la sua riflessione finale sull'inquinamento e gli anabolizzanti, sia troppo affrettata
e sommaria. Il ciclista è la testimonianza vivente di
una qualità di vita migliore e alla portata di tutti.
In quanto tale, ama l'ambiente, lo stare insieme, il
viaggiare, il sacrificio, la prova. Vero è che, se corre
dietro un mezzo pesante, respira aria inquinata. Ma
questo, vale per tutti e spinge a fare attenzione a
menttersi nelle migliori condizioni possibili per non
essere avvelenato.
Sugli anabolizzanti, possiamo dire che i ciclisti
della domenica, o quelli come il nostro don Luigi,
non sappiano neppure cosa siano. Pensavamo più a
loro, quando abbiamo ideato il nostro numero sulla
bici. Non possiamo negare che la bici rappresenti un
invito implicito ad avere cura di sé e a mantenere in
salute il proprio corpo. Il caso Pantani fece scalpore proprio perché una certa immagine classica del
ciclista corretto venne stravolta.
Lei ha ragione, tuttavia, quando al simbolo dello scalatore si sostituisce quello più affascinante e ambiguo del pirata.
Grazie. •
22
PER RIFLETTERE
19 Giugno 2011 ›› n. 22
›› young forever è la password per la felicità. gli adulti sono incapaci di ascoltare i giovani.
L'impossibile giovinezza
• Armando Matteo
U
no sguardo attento sul
nostro mondo permette di
registrare l'emergere di una
giovinezza sempre più impossibile,
sempre più costretta a vivere e a
reprimere (a volte a dissipare) la
propria energia vitale all' interno
di un circuito di esistenza dall'
orizzonte molto ristretto e appiattito. D'altro canto le condizioni
medie di vita delle famiglie italiane
sono ancora buone e una lenta
corrente di benessere sorregge
stili di vita molto alti. L'ampio
ricorso alla cura medica, farmacologica, e psichica, le numerose
possibilità di divertimento, la
libertà di tempo e di gusti, di morale e di idee politiche, oggi a tutti
concessa (persino ai preadolescenti), rappresentano per molti adulti
una rassicurazione circa lo stato di
salute delle anime dei giovani.
Effettivamente gli adulti non
sembrano affatto preoccupati delle
condizioni (impossibili) del mondo
giovanile. Il suo ceto dirigenziale
non mette per nulla mano a leggi
che favoriscano la costituzione di
giovani famiglie, con una efficiente politica per le case, per i figli,
per gli asili nido, che regolino con
maggiore giustizia ed equità l'accesso al lavoro, che ripristinino un
più fluido passaggio tra il tempo
della formazione, soprattutto secondaria, e quello della professione; non si impegna con la dovuta
attenzione a ridurre l'incredibile
debito pubblico - una vera rapina
ai danni dei giovani -, a combattere l'evasione fiscale, che toglie
denaro dal salvadanaio comune, a
stroncare la piaga della criminalità
organizzata, che spinge molti ad
abbandonare le proprie zone d'origine, ad ammodernare il sistema
della giustizia penale ed amministrativa, mancanza che tiene
lontano dal nostro Paese numerosi
investitori esteri.
Ma cosa sta al fondo di questa così
terribile distrazione? Insomma,
perché i giovani sembrano non
esistere più nel nostro Paese,
almeno come soggetti degni
di attenzione e di investimenti
politico-economici? Insomma,
che cosa c'è dietro questa impossibile giovinezza? A nostro avviso
dietro l'impossibile giovinezza
dei nostri ventenni e trentenni si
cela l'impossibile giovinezza degli
adulti, dei nostri cinquantenni
e sessantenni. È proprio il mito
della giovinezza, che ha sedotto e
corrotto il loro cuore, a renderli
oggi incapaci di uno sguardo realistico sulle condizioni elementari
di grave svantaggio e disagio in
cui versano i giovani e che li rende
sempre meno capaci di ascoltarne
il grido di aiuto. Più precisamente
è proprio l'impossibile giovinezza
che gli adulti agognano in ogni
modo a porre in essere quelle
condizioni che alla fine dei conti
dichiarano come impossibile la
giovinezza dei giovani e che, lo
vedremo a breve, paralizza ogni
possibilità di dialogo educativo.
Proviamo a capire per prima cosa
come gli adulti sono finiti in
un tale vicolo cieco. La fascia di
coloro che sono nati all'indomani
del secondo conflitto mondiale all'incirca tra il 1946 e il 1964 - ha
dovuto fare i conti con numerosi
cambiamenti e turbamenti che
hanno investito l'esperienza
umana e proprio nel tentativo di
reggere a essi si sono affidati al
mito del giovanilismo. Il primo di
tali cambiamenti è sicuramente
l'allungamento dell'età media: un
netto guadagno, grazie alla medicina e all'avvento della tecnica, di
circa trent'anni di vita ai quali si è
dovuto dare un nuovo significato.
Non si poteva certo immaginarli
semplicemente come anni da
trascorrere "da vecchi".
Un secondo mutamento riguarda
la scoperta della propria singolarità, rappresentata dallo sdoganamento di un certo "egocentrismo",
dopo anni di comunismo e di
fascismo, nei quali il valore del
singolo era dato essenzialmente
dall'appartenenza a un gruppo, a
un essere "comune" o un "fascio"
appunto. Con la rivoluzione
Dietro l'impossibile giovinezza dei ventenni e trentenni
si cela l'impossibile giovinezza degli adulti, dei
50enni e dei 60enni.
del Sessantotto, aumenta poi la
promozione del singolo, della sua
identità, della cura di sé, con l'autorizzazione a seguire ogni mania
e uzzolo. Da qui il passo al narcisismo contemporaneo è breve.
Un terzo cambiamento è dovuto
all'emancipazione femminile,
al sorgere nella donna di una
nuova consapevolezza, sul livello
politico, culturale, sessuale ed
economico, che proietta una luce
nuova sul suo ruolo di madre e di
moglie. Sorge invero una donna
nuova: la donna con gli stivali - un
tale capo d'abbigliamento, che fu
dei cowboy, dei moschettieri, degli
eserciti, è ora la cifra di una consapevolezza femminile che più nulla
ha da invidiare all'uomo.
Un ulteriore motivo di turbamento
è dovuto pure al fatto che la nostra
società ha imposto il denaro come
lingua universale di definizione
del valore: ogni attività, e specialmente quella lavorativa, viene
misurata unicamente in termini
di redditività, di capitale, con
ampie ricadute sullo spirito del
lavoratore stesso. L'impiego non
è più luogo di umanizzazione,
ma di guadagno. Sempre di meno
è tempo di quella espressione di
creatività, che è una dei grandi
ambiti di felicità a disposizione
dell'umano.
Tali e tanti turbamenti hanno
potentemente condotto gli adulti
a rintracciare esattamente nel
dispositivo della giovinezza la
medicina contro ogni ansia, la
terapia più efficace per condurre
avanti la propria esistenza. Cuore
incandescente della rivoluzione
culturale del Sessantotto, che
altro non desiderava se non di ringiovanire la società, il mito della
giovinezza oggi domina l'anima
dei rivoluzionari di ieri. Rilanciato
continuamente dalla pubblicità,
che insegue chi i soldi ce li ha per
davvero, esso ordina il loro modo
di vestire, di parlare, di gestire gli
affetti e la parabola di vita, di computare il tempo e di organizzare
il cosmo dei valori. Young forever
è la password per la felicità. Con
tutta una serie di effetti - non
solo estetici, a dire il vero - non
propriamente gradevoli, tra i quali
quello dell'impossibilità del dialogo educativo. (continua) •
PER RIFLETTERE
n. 22 ‹‹ 19 Giugno 2011
SHEMÀ - ASCOLTA
ISRAEL
Parola e Sangue
›› 14
di “fare ed ascoltare”,
anziché - come ci si aspetterebbe di “ascoltare e poi fare”. La sequenza
può spiegarsi con la normale figura
retorica che inverte l’ordine logico
delle azioni (hysteron-proteron), ma
vale la pena considerare la suggestiva interpretazione rabbinica, che
la interpreta come intenzionale, al
fine di escludere ogni possibilità
di un assenso teorico, superficiale
ed emozionale, non seguito da un
rigoroso e faticoso adempimento.
M. Buber traduceva “noi lo faremo
al fine di ascoltare”, mentre noi lo
possiamo glossare, rubando la frase
ad un cantautore moderno, con “lo
scopriremo solo vivendo”.
c) Al libero assenso segue l’aspersione del sangue. Qui l’aspersione del
sangue non ha funzione espiatoria
che ha altrove (cfr. Lv 4), bensì
primariamente di comunicazione di
vita. Gli esegeti divergono sul senso
del rito; per alcuni serve ad instaurare un rapporto di consanguineità
(del tipo “patto di sangue”); più
convincentemente, per altri si tratta
di un vero e proprio atto di consacrazione, analogo a quello istituito per
i sacerdoti (Es 29,20-21; Lv 8,2230); come loro, qui tutto il popolo
viene consacrato come partner in
comunione con JHWH, che dona la
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sua stessa vita. Il libro ed il sangue
stanno a significare l’irrevocabilità
del patto e la totale consacrazione
che esso comporta; accettandola,
Israele decide di metterla in circolo
nelle proprie vene.
Mosè, come intermediario, suggella
il rito confermando che il Signore
ha “sancito l’alleanza” (v.8). Diversamente dall’alleanza con Abramo,
dove ritroviamo la medesima espressione, che però è unilaterale e poggia
sulla iniziativa divina (Gn 15,18),
questa alleanza del Sinai è bilaterale
e comporta la fedeltà dei contraenti - in questo caso ovviamente di
Israele - per restare tale. L’alleanza,
dunque è pienezza di comunione e di
solidarietà.
Riletta tipologicamente, questa pagina del Primo Testamento trova compimento in Gesù; è lui il Verbo, la
nuova Legge proclamata nella prima
mensa, così come è il suo corpo e suo
sangue, intesi come la sua persona
vivente che vengono comunicati nella seconda mensa: ambedue le mense
sono inscindibili, come ci ricorda la
Sacrosantum Concilium; esse fanno
entrare i credenti nell’alleanza nuova
e definitiva di Gesù, sommo sacerdote (Eb 8,1-10,8) in comunione con
la Trinità, forti di una energia che è
dono ed opera dello Spirito Santo. •
PER RIDERE... E RIFLETTERE
www.gioba.it
Rubrica a cura di Marco Caldarelli
26 giugno 2011
Es 34,4-6.8-9; Dn 3,52-56; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18
LA GLORIA
M
i chiedo spesso per quale ragione sia così difficile incontrare uomini santi. So che la santità spesso ci sfugge, che
molti santi sono uomini e donne nascosti, umili e devoti,
che non riconosciamo come tali ma che vivono nel grembo di Dio
già qui e ora.
So anche che la storia si regge sulle spalle di questi piccoli, che
costituiscono una rete di relazioni, di amore, dedizione, sacrificio,
preghiera sulla quale poggia il confuso e intrecciato materasso del
quotidiano, la massa inerte di chi non ha conosciuto la grazia della
presenza dell’Emanuele, ma che alla grazia di quella presenza deve
l’essere ancora sospeso qui e non sprofondato nel baratro del nulla.
Però non mi capita di frequente neanche di incontrare il santo "manifesto", il guaritore, l’ubiquo, il mistico e l’estatico. Non vedo esseri umani che con il solo annuncio potente strappano arruolati della
religione del relativo e li riportano a Santa Romana Chiesa. Vedo
cioè molto affanno, molte "brave" persone, molti catechisti disponibili ad insegnare ma meno ad ascoltare, molti volenterosi impegnati
nel "sociale", nella discussione, nella dialettica e nel confronto.
Vedo molti dibattiti, anche nella mia Chiesa.
Ma poca Gloria.
Non vedo santi volare verso l’altare né miracoli eucaristici, se non
nel ricordo, nei santini, nei racconti e in qualche trasmissione in
seconda serata. Non più in là della scorsa settimana abbiamo incontrato, tutti, lingue di fuoco e apprendimenti istantanei di idiomi
sconosciuti, occhi, orecchi e cuori stranieri aperti alla potenza della
gioia, abbiamo visto la paura convertirsi in fede.
E, guarda caso, oggi rivedo Mosè.
Che nella prima lettura fa tre cose, iniziali: si alza di buon mattino,
si carica due tavole di pietra in mano, sale sul monte Sinai.
Le tre cose che il Signore gli aveva comandato.
Mattino presto, quando il mattino è ancora buono, asciutto, vuoto,
fresco, ancora nuovo giorno. Quando il sole non è alto né è alto il
rumore dell’accampamento.
Si carica le pietre, pesanti, taglienti e fredde, vuote e, apparentemente, inutili, come un asino che trasporta qualcosa di pesante
senza un perché. E sale. Sul monte, per una strada polverosa e
ripida, arida, verso qualcosa.
Allora il Signore scese e si fermò presso di lui.
Solo allora, dopo che Mosè ha aggredito l’alba, ha caricato il corpo e
ha superato una salita. Cioè solo dopo aver obbedito.
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo, nello Spirito santo, credesse nel suo nome e credendo, si salvasse. Questa è la via, il Padre,
la verità, il Figlio, la vita, lo Spirito. Non è vero che non ci sono
santi manifesti.
È vero che sono pochi, perché pochi si fanno servi della Parola.
La Gloria è sul monte, e la Gloria ascolta chi giunge a pregare sul
monte.
È la salita per arrivarci che è poco praticata. •
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