...

Focus di pratica professionale Principio di

by user

on
Category: Documents
9

views

Report

Comments

Transcript

Focus di pratica professionale Principio di
Focus di pratica professionale
di Tassani Thomas
Principio di competenza e regola della certezza e determinabilità
dei componenti reddituali
La ordinanza n.14798/12 della Corte di Cassazione
La controversia oggetto della ordinanza n.14798/12 della Corte di Cassazione
riguardava la contestazione di un elemento positivo di reddito che, a giudizio dell’Agenzia
delle Entrate, la società contribuente (si trattava di una Srl) non aveva correttamente
computato nel proprio reddito di impresa.
In particolare, la società non aveva imputato al reddito di impresa del periodo la
erogazione di un contributo per assunzioni a tempo indeterminato, da parte della Regione
Sicilia, sulla base della considerazione che non si era esaurito il procedimento
amministrativo volto alla attribuzione definitiva del contributo medesimo.
Ciononostante, ad avviso dell’Ufficio fiscale il componente positivo doveva essere
considerato in aumento del reddito di impresa di periodo, perché la disciplina tributaria
non attribuirebbe rilevanza all’elemento della “erogazione” del reddito, ai fini della
tassazione, ma a quello della “competenza”.
Le regole di imputazione temporale dei componenti del reddito di impresa nel
sistema del Tuir
La soluzione della fattispecie in esame impone, in via preliminare, di considerare le
disposizioni che, nel sistema del reddito di impresa, pongono le regole di “determinazione
temporale” del reddito; in base alle quali, dunque, è possibile collocare componenti
positivi e negativi in un determinato periodo di imposta.
La norma di riferimento è l’art.109, co.1 del Tuir che prevede il c.d. “principio di
competenza”, secondo cui:
i componenti concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui il debito (in caso di
componenti negativi) o il diritto di credito (in caso di componenti positivi) è
giuridicamente venuto ad esistenza.
In questa prospettiva, il principio si pone in netta alternativa con quello c.d. “di cassa”
(valevole per altre categorie reddituali, per esempio i redditi di lavoro autonomo oppure i
redditi di capitale ma anche, per il reddito di impresa, per i dividendi), per il quale
l’elemento della effettiva percezione del compenso (ed erogazione della spesa) diviene
fondamentale per individuare il periodo in cui imputare l’elemento redditualmente
rilevante (sul tema, Cassazione, sentenza n.24474/06 e sentenza n.2892/02).
Tuttavia, la stessa disciplina positiva contiene poi la specificazione del principio di
competenza in relazione alle singole ipotesi di cessioni di beni, prestazioni di servizi ed
emissioni di azioni e obbligazioni (art.109, co.2, Tuir).
Per individuare l’esercizio di competenza, dunque, l’operatore dovrebbe applicare le
regole di cui al co.2 dell’art.109, Tuir e, in via residuale (qualora cioè la specifica
operazione non risulti ivi regolata, come nel caso delle fattispecie di destinazione a
finalità estranee) chiedersi quale sia l’esercizio in cui il diritto di credito (o il debito) è
concretamente venuto in essere.
La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata
La Circolare Tributaria
n.43 del 12 novembre 2012
9
L’art.109, co.1, Tuir, prevede però anche che:
nel caso in cui “non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo
l’ammontare” di ricavi, spese ed altri componenti nell’esercizio di competenza, questi
elementi concorrono a formare il reddito “nell’esercizio in cui si verificano tali
condizioni”.
Tale regola risulta di carattere generale ed in grado anche di derogare al principio della
competenza nel senso che, nonostante sia fissata in un determinato anno la competenza
per quel particolare componente reddituale, lo stesso dovrà essere imputato al reddito in
un esercizio successivo quando nel periodo di competenza non vi siano le condizioni di
certezza ed obiettiva determinabilità.
Come notato in dottrina1, simile principio generale opera con riferimento a tutti i
componenti di reddito, tanto positivi quanto negativi, non riguardando invece quei
componenti per i quali la normativa tributaria dispone diversamente, per esempio
individuando specifici parametri (es. ammortamenti e accantonamenti) o introducendo il
criterio di cassa (dividendi).
Inoltre, la regola è destinata ad operare in seconda battuta:
“una volta esperita la ricerca intorno al periodo di competenza del componente
reddituale considerato, ed esclusivamente in funzione del differimento della sua
rilevanza ai fini impositivi (mai, quindi, della sua anticipazione)”.
Secondo la Corte di Cassazione, si tratterebbe di una deroga al principio di competenza
“consistente nel consentire la deducibilità di spese” (e la tassazione di proventi, ndA)
“quando si sia raggiunta la certezza della loro esistenza ovvero della loro determinabilità
in modo oggettivo, ancorché collegato ad accordo fra le parti” (Cassazione, sentenza
n.24526/09 e sentenza n.10988/07).
Certezza e determinabilità dei proventi ed onere della prova
Nel caso oggetto della ordinanza n.14798/12 della Corte di Cassazione nel periodo di
competenza del provento (contributo regionale) non si era raggiunta né la certezza né la
determinabilità oggettiva del componente positivo, con la conseguenza che lo stesso
avrebbe dovuto essere considerato in aumento del reddito di impresa in un momento
successivo.
Come nota la Corte, che accoglie dunque le argomentazioni del contribuente:
nel caso in cui i requisiti di certezza e determinabilità “siano condizionati
dall’espletamento di procedure amministrative, essi si intendono acquisiti, ai fini
dell’imputazione del reddito corrispondente ad un determinato esercizio di impresa,
solo attraverso il procedimento amministrativo che ne verifica i presupposti e ne liquida
l’ammontare”.
Nel caso concreto, poi, tale procedimento (che nell’esercizio di competenza non si era
ancora concluso) era teso a verificare “l’applicazione da parte delle imprese nei confronti
dei propri dipendenti di condizioni economiche e normative non inferiori a quelle previste
dai vigenti contratti collettivi di categoria”.
Al di là della ipotesi specifica, assume particolare interesse l’affermazione della Corte in
ordine alla ripartizione dell’onere della prova, circa la sussistenza dei requisiti di certezza
e determinabilità dei componenti reddituali.
1
G. Zizzo, “L’imposta sul reddito delle società”, in Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte speciale, Padova, pag.259.
La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata
La Circolare Tributaria
n.43 del 12 novembre 2012
10
Ad avviso della Corte, la regola del computo dei componenti solo nell’esercizio in cui
divengono certi e determinabili, mira a “contemperare la necessità di computare tutte le
componenti nell’esercizio di competenza con l’esigenza di non addossare al contribuente
un onere troppo difficile da rispettare: essa va quindi interpretata nel senso che il dovere
di conteggiare tali componenti nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei
ricavi ed a quei costi che non siano ancora noti all’atto della determinazione del reddito, e
cioè al momento della redazione e presentazione della dichiarazione”.
In questo quadro, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e
determinabilità in un determinato esercizio “incombe all’Amministrazione Finanziaria
per quelle positive”, mentre incombe sul “contribuente per quelle negative”.
Altri casi dibattuti di imputazione temporale del componente reddituale
Nella recente giurisprudenza di merito e di legittimità si sono poste altre interessanti
questioni in relazione alla “certezza e determinabilità” di componenti reddituali.
Nel caso esaminato dalla CTP di Torino, sentenza n.96/11, l’Ufficio fiscale aveva
contestato la deducibilità di compensi agli amministratori di una Srl in mancanza di una
“apposita delibera assembleare”, necessaria al fine di considerare il costo come certo e
determinabile ex art.109, Tuir e, quindi, deducibile.
Risulta quindi particolarmente interessante la soluzione del giudice di merito secondo cui
la certezza della spesa ben può essere provata altrimenti, distinguendo dunque il profilo
della prova da quello della sussistenza.
Sul piano civilistico la Corte di Cassazione ritiene, infatti, che una specifica delibera
assembleare sia condizione di sussistenza del diritto dell’amministratore al compenso
(Cassazione Sezioni Unite, sentenza n.21933/08).
Ad avviso del giudice torinese “la presenza di una delibera assembleare, ai fini fiscali,
non è indispensabile, ben potendo i requisiti richiesti dall’art.109, Tuir, essere dedotti
aliunde”. In particolare, dal “verbale dell’assemblea di nomina alla carica, dal verbale del
CdA di accettazione della carica stessa, dalla fattura relativa ai compensi,
dall’approvazione del bilancio che, implicitamente, approva la spesa e dalla contabile che
attesta il pagamento.”
Sul punto, è altresì da ricordare che secondo l’ultimo orientamento della giurisprudenza di
legittimità, il compenso agli amministratori non sarebbe contestabile dagli Uffici fiscali dal
punto di vista quantitativo (per tutte, Cassazione, sentenza n.24957/10).
Altra questione interessante è quella della deducibilità delle operazioni “soggettivamente
inesistenti” ai fini Iva.
In tali operazioni, l’elemento oggettivo è reale ed effettivo (la prestazione del servizio o la
cessione del bene), ma l'emissione della fattura avviene da parte di un soggetto diverso
da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare (sentenza n.19786/11)
che per le imposte dirette la “regolarità della fattura” è un elemento non direttamente
rilevante ai fini della deducibilità di un componente negativo. Sono infatti “deducibili le
spese che le imprese sostengono per pagare prestazioni delle quali hanno effettivamente
usufruito anche se a fatturarle è una società fittizia”.
Occorre tuttavia che “l’ammontare della cifra sia certa e precisa e che, effettivamente, un
soggetto terzo, diverso da quello che ha fatturato, abbia reso il servizio richiesto”.
Il problema diviene dunque quello della prova ed è da sottolineare che, in termini
generali, “la irregolarità della documentazione non consente di ritenere sussistente il
requisito della certezza del costo (il cui onere grava sul contribuente)”, il quale dovrà
dunque fornire la prova basandosi su altri elementi, non solo documentali (Cassazione,
sentenza n.4502/09).
La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata
La Circolare Tributaria
n.43 del 12 novembre 2012
11
Ai fini della detrazione Iva da parte del soggetto passivo di operazioni inesistenti, è infine
da notare che altra giurisprudenza ha affermato (Cassazione, sentenza n.17377/09) che
il diritto è subordinato alla prova della effettività dell’acquisto dei beni (o dei servizi) entrati
nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture e del pagamento dei
corrispettivi; ed alla prova della circostanza di non avere avuto consapevolezza della
falsità ideologica della fattura rilasciata a fronte della operazione, cioè della diversità tra il
soggetto effettivamente cedente e quello indicato nella fattura, “non potendo riconoscersi
legittima” la deduzione di un costo “derivante da operazione posta in essere mediante un
comportamento penalmente rilevante”.
La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata
La Circolare Tributaria
n.43 del 12 novembre 2012
12
Fly UP