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L`ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO Terza fase

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L`ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO Terza fase
DIOCESI DI CUNEO E DI FOSSANO
L’ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO
Pastorale pre e post battesimale
Ufficio Catechistico
delle diocesi di Cuneo e di Fossano
Pastorale pre e post battesimale
Commissione interdiocesana
Membri
I
Diocesi di Cuneo
Aime Suor Annamaria; Basteris Gabriella; Bernardi Don Renzo; Cavallo Don Claudio;
Cometto Michelangelo e Carla; Cuzzolin Loredana in Gazzera; Dutto Carla; Dutto Don
Michele; Galaverna Cristina in Ghibaudo; Garelli Alessandro e Chiara; Greborio Andrea e
Stella; Lerda Maria Luisa in Canepa; Martello Maria Luisa; Ottenga Sergio e Alida; Pavese
Francesca; Pellegrino Elvio e Gabriella; Pellegrino Maria Gabriella.
II
III
Diocesi di Fossano
Borgogno Valter e Silvia; Gribaudo Nives; Panero Beppe e Ritina; Paschetta Adriano e
Mirella; Ricciardi Don Piero.
Responsabile
Cavallo Don Claudio
Coordinatore
Cavallotto Mons. Giuseppe, Vescovo
Terza fase
TEMPO DELLA PRIMA EDUCAZIONE ALLA FEDE
LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME
Iniziazione cristiana dei bambini da 4 ai 6 anni
TESTO GUIDA
Per animatori e catechisti accompagnatori
Terza fase
TEMPO DELLA PRIMA EDUCAZIONE ALLA FEDE
LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME
Iniziazione cristiana dei bambini dai 4 ai 6 anni
Ufficio catechistico di Cuneo, Via A. Rossi 28 – 12100 Cuneo
E-mail: [email protected]
Ufficio catechistico di Fossano, Via Vescovado 8 – 12045 Fossano
E-mail: [email protected]
Cuneo - Fossano 2014
TESTO GUIDA
-2-
LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME
“Gli presentarono dei bambini perché li toccasse.
Gesù, prendendoli tra le braccia, li benediceva,
imponendo le mani su di loro” (Marco 10,13.16)
La seconda fase si conclude con la consegna del catechismo, Lasciate che
i bambini vengano a me. Un gesto semplice e significativo insieme.
Con questa “consegna” si ricorda ai genitori che è arrivato per il loro
bambino il tempo di un incontro più esplicito con Gesù e di un’iniziale
conoscenza della sua vita e dei suoi amici, di un’essenziale scoperta di
personaggi e fatti della storia del suo popolo, così pure di una personale
relazione, sebbene limitata, con Dio, Padre di Gesù e Padre nostro. In questa
terza fase i genitori sono chiamati a “essere per i figli i primi maestri della
fede”1.
“Che cosa sarà mai questo bambino?” (Lc 1,66). Se lo chiedevano i vicini
alla nascita di Giovanni Battista. Incerti e titubanti, se lo chiedono i genitori
per il loro bambino. Crescerà sano? Sarà felice? Che cosa farà domani nella
vita? Saprà camminare con la schiena diritta? Il futuro di ogni persona è
avvolto nel mistero. I genitori, però, sanno che il Signore ama il loro figlio,
veglia su di lui e illuminerà il suo cammino. Sono invitati ad affidarlo con
fiducia a Dio e a presentarlo a Gesù, affinché lo benedica, lo protegga, lo
prenda per mano. Per i genitori è il tempo di promuovere un primo incontro
personale con Gesù.
Nella seconda infanzia, dopo i tre anni e sino a sei, lo sviluppo morale e
religioso del bambino conosce una nuova stagione. È compito dei genitori
rispettare e valorizzare le potenzialità del figlio con una opportuna formazione
morale e un’iniziale educazione alla fede attraverso la loro testimonianza, la
richiesta di idonei comportamenti, la proposta di un primo incontro con il
Testo sacro della Bibbia, lo sviluppo di una più esplicita relazione personale
con Dio e di nuove espressioni nella preghiera. È questo il tempo di una “precatechesi” in famiglia.
1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, Edizioni Pastorali
Italiane, Roma 1970, n. 195.
-3-
La fondamentale e insostituibile esperienza religiosa del bambino in
famiglia è arricchita nella scuola dell’infanzia e trova sostegno nella comunità
cristiana, soprattutto attraverso la partecipazione, progressivamente più
frequente, alla messa domenicale insieme ai genitori. È giunto il tempo per i
bambini, accompagnati dai genitori, di scoprire che esiste una famiglia più
grande, la comunità parrocchiale, e di muovere i primi passi in essa.
Anche in questa terza fase la pastorale post battesimale pone al centro la
famiglia, chiamata ad essere, secondo l’espressione di Paolo VI, “scuola del
Vangelo”2: spazio dove il bambino continua a sperimentare l’amore dei
genitori e a fare un’iniziale esperienza del perdono fra le mura domestiche,
conosce l’esercizio del silenzio per ascoltare e parlare con il Signore, sviluppa
una prima idea di Dio, si esercita in piccoli servizi, acquisisce essenziali
comportamenti evangelici grazie, anche, a un primo incontro con la persona
di Gesù, al richiamo di figure ed episodi biblici, alla presentazione della vita di
alcuni santi.
I genitori nella loro missione educativa possono contare sul sostegno di
alleati: i nonni del figlio, padrino e madrina, amici di famiglia, gli insegnanti
della Scuola dell’infanzia, in particolare i catechisti incontrati nelle fasi
precedenti e con i quali hanno già fatto un comune cammino. Come educatori
e credenti, i genitori hanno diritto di essere sostenuti e accompagnati dalla
comunità cristiana, impegnata ad offrire specifici incontri formativi per la loro
crescita spirituale, la vita di coppia, la loro azione educativa.
In questi anni il reciproco legame tra le famiglie cristiane – dei genitori con
i loro bambini - e la propria comunità parrocchiale trova concreta attuazione e
si manifesta in alcune appropriate celebrazioni, si rafforza soprattutto
nell’eucaristia domenicale con la partecipazione, sempre più frequente,
dell’intero nucleo familiare.
In sintesi, il servizio pastorale della comunità cristiana in questa terza fase,
in analogia con le precedenti, privilegia tre scelte principali.
2
PAOLO VI, Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964.
-4-
A. Famiglia scuola del Vangelo
Sostenere la famiglia come primo luogo
di ascolto e di accoglienza del Vangelo,
di educazione alla fede e di formazione morale
Pre-catechesi familiare
B.
Accompagnamento dei genitori
Incoraggiare i genitori ad approfondire la loro fede,
aiutarli nella loro missione educativa,
ravvivare il legame con la comunità cristiana
5-6 incontri annuali dei genitori
C.
Incontri celebrativi
Promuovere la partecipazione dei
genitori e bambini a specifici incontri
celebrativi comunitari, in particolare
all’eucarestia domenicale
Ogni mese eucarestia domenicale con le famiglie
A. FAMIGLIA SCUOLA DEL VANGELO
Obiettivi
Lo sviluppo morale e religioso del bambino di 4-6 anni avviene soprattutto
nella famiglia con l’apporto determinante dei genitori. In questa fase l’azione
pastorale si propone come obiettivi di aiutare i genitori:
- a interrogarsi sulla loro responsabilità e sui loro compiti nella formazione
morale e nell’educazione alla fede del figlio;
- a fare scelte affinché la propria famiglia sia lo spazio dove il Vangelo è
conosciuto, accolto e vissuto;
- ad adoperarsi affinché la formazione attuata in famiglia sia arricchita
nella Scuola dell’infanzia e, in particolare, con la progressiva
partecipazione alla comunità ecclesiale.
La famiglia scuola di fede e prima palestra di virtù evangeliche
Nei secoli la Chiesa ha sempre riconosciuto alla famiglia cristiana un ruolo
fondamentale nell’educazione. In questi anni i nostri vescovi, con i loro recenti
Orientamenti pastorali, confermano la centralità educativa della famiglia.
Sottolineano che la famiglia, collocata nel concreto orizzonte della
comunità cristiana, “resta la prima e indispensabile comunità educante”3.
Essa è “prima” non solo perché precede le altre istituzioni, ma soprattutto
perché lascia un’impronta profonda e duratura nella vita dei più piccoli.
In particolare, ricordano che l’educazione “per i genitori è un dovere
essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario
rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel
senso che non può essere delegato né surrogato”4.
Inoltre riaffermano che, nonostante fragilità e difficoltà, la famiglia anche
nel nostro tempo “mantiene la sua missione e la responsabilità primaria per
la trasmissione dei valori e della fede”5. Per questo la famiglia è scuola e
palestra: è la prima comunità nella quale si apprendono e si vivono la fede e i
valori evangelici.
Il compito della comunità ecclesiale non è quello di sostituirsi alla famiglia,
ma di “sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori”6. Con la pastorale post
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali per il decennio 20102020, n.36.
Ivi.
5 Ivi.
6 Ivi.
3
4
-5-
battesimale la prima forma di sostegno è assicurata dai catechisti
accompagnatori che, continuando il contatto con le famiglie, condividono con
la coppia di genitori confronto, scambi, preghiera. Un aiuto concreto e mirato
è, poi, proposto ai genitori attraverso specifici incontri formativi programmati
in parrocchia per approfondire la loro missione di primi annunciatori del
Vangelo. Inoltre, la comunità cristiana offre ai genitori e ai figli un
fondamentale sostegno spirituale attraverso particolari momenti liturgici e
celebrativi previsti durante l’anno.
In questa terza fase della pastorale battesimale l’attenzione è rivolta alla
formazione morale e all’educazione alla fede dei bambini dai 4 ai 6 anni.
Numerosi fattori favoriscono lo sviluppo morale e religioso del bambino: la
relazione parentale, il clima di famiglia, la testimonianza dei genitori e il loro
insegnamento, le attività e le esperienze vissute in ambito domestico e fuori.
Prima di offrire orientamenti per l’intervento educativo dei genitori, è utile
accennare sommariamente allo sviluppo cognitivo del bambino, soprattutto al
suo pensiero morale e religioso.
Pensiero morale e religioso del bambino: 4-6 anni
Lo sviluppo psicologico del bambino inizia sin dal grembo materno. Decisivi
sono i primi tre anni di vita per la struttura di base della personalità: la
formazione del concetto di sé, l’autostima, la fiducia in se stesso. Soprattutto
la relazione con la madre e, in generale, l’amore, l’accoglienza e la serenità
sperimentati in famiglia hanno un influsso fondamentale sulla vita affettiva,
cognitiva, morale e religiosa del bambino.
Il comportamento morale e il senso religioso sono due dimensioni distinte
della personalità. La loro formazione incomincia già nei primi mesi di vita del
bambino e il loro sviluppo presenta tratti specifici dopo il terzo anno.
Entrambe le dimensioni, morale e religiosa, sono vitalmente connesse alla
crescita psicologica del bambino, soprattutto alla sua vita affettiva, cognitiva,
relazionale7. Un’attenzione particolare merita lo sviluppo mentale del
-6-
bambino per la sua ricaduta sulla crescita morale e religiosa.
Il pensiero del bambino
Tra i 4-6 anni il bambino entra nell’età dei perché. Aumenta la curiosità.
Cresce il desiderio di esplorare il mondo circostante. Pone domande sul come
è nato… dove si trova il nonno dopo la morte. Sviluppa un’iniziale capacità di
ragionamento. In questa età, secondo Jean Piaget, il pensiero del bambino
presenta alcuni tratti peculiari:
 un pensiero egocentrico: il bambino comprende cose e fatti dal suo punto
di vista. Non sa porsi da un punto diverso dal suo;
 un pensiero pre-causale: egli è incapace di riconoscere un nesso tra causa
ed effetti e di stabilire legami di causalità tra sé e il mondo;
 un pensiero pre-logico: il bambino tende a interpretare situazioni, fatti,
comportamenti secondo schemi affettivi e immaginativi legati
all’esperienza primaria vissuta soprattutto con i genitori;
 un pensiero concreto: il bambino non ragiona in forma astratta. Il suo
pensiero è legato alla concretezza delle cose, dei fatti, delle persone: la
torta esiste perché l’ha fatta la mamma, il nonno è buono perché mi porta
al parco giochi.
Pensiero morale
Negli anni dell’infanzia il pensiero morale del bambino si sviluppa
lentamente e può essere ricondotto, schematicamente, ad alcuni essenziali
passaggi.
Anzitutto il bambino, da piccolo, nel suo agire è guidato da una visione
essenzialmente utilitaristica e pratica: è bene ciò che piace, torna utile;
mentre è male ciò che non piace, torna a danno.
Verso i 3 anni incomincia a percepire ciò che è lecito e ciò che non lo è
secondo il gradimento o meno dell’adulto: a suo modo il bambino è
consapevole che alcune cose si possono fare e altre no, perché così piace ai
genitori o a persone a lui vicine e importanti, come i nonni, l’insegnante della
7 Per un primo approfondimento dello sviluppo psicologico del bambino e della formazione
morale e religiosa si rinvia ad alcune pubblicazioni di facile accesso e ricche di
suggerimenti pedagogici: BERRY BRAZELYON T., Il tuo bambino e la disciplina. Una guida
autorevole per porre «limiti» a vostro figlio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005;
CAVALLETTI S., Il potenziale religioso del bambino, Città Nuova, Roma 1993, CHABERT J. –
MOURVILLIER F., Parlare di Dio ai bambini di oggi, Elledici, Leumann (TO) 2007; COLÈ R.,
L’intelligenza morale dei bambini, Rizzoli, Milano 1998; DIANA M., Dio e il bambino.
Psicologia e educazione religiosa, Elledici, Leumann (TO) 2007; DOLTO F., Come allevare
un bambino felice e farne un adulto maturo, Mondadori, Milano 1995; DOLTO F., I problemi
dei bambini, Mondadori, Milano 2005; FERRARI G., Il bambino felice. Tutte le risposte per
farlo crescere bene, De Agostini, Novara 2007; FERRARI G. – MILLER L. – STIENER D. (e
altri), Comprendere il vostro bambino, dalla nascita ai 6 anni, Red Edizioni, Milano 2008;
GILLINI A. – ZATTONI M., Parlare di Dio ai bambini. Ovvero educazione religiosa dei genitori
e degli educatori, Queriniana, Brescia 2004; LEVY R. – O’HANLON B., Bambini che fanno i
capricci, Tea, Milano 2004; PHILLIPS A., I no che aiutano a crescere, Feltrinelli, Milano
2003; PIAGET J., Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Einaudi,
Torino 1967; QUATTROCCHI MONTANARO S., Comprendere i bambini. Sviluppo ed
educazione nei primi tre anni di vita, Di Renzo Editore, Roma 2006; UKMAR G., Se mi voi
bene dimmi di no. Regole e potere positivo per aiutare i figli a crescere, Franco Angeli,
Milano 2003; VEGETTI FINZI S., A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall’attesa ai
cinque anni, Mondadori, Milano 2007; WEIKERT A., Piccoli riti di ogni giorno che aiutano a
crescere, Red Edizioni, Milano 2003; WILKOFF W., Come dire no al tuo bambino. I no
affettuosi che formano il carattere, Red Edizioni, Milano 2005.
-7-
-8-
scuola d’infanzia.
Tra i 4-6 anni appare un’iniziale distinzione tra ciò che è bene e ciò che è
male secondo un criterio esterno: una cosa è buona perché è permessa,
invece una cosa è cattiva perché è proibita. Si tratta di un comportamento
morale detto eteronomo: viene considerato buono o cattivo ciò che è stabilito
da una norma decisa dai genitori o da altre persone significative.
Solo verso i 9-10 anni il fanciullo incomincia ad acquisire un giudizio
autonomo, a ritenere che una cosa non si può fare perché è cattiva, anche
se nel suo agire morale fa riferimento e cerca di attenersi a regole e norme
stabilite dai genitori, da autorità civili o religiose. Con il passare degli anni si
sviluppa, se adeguatamente aiutato, una vera capacità di valutazione
autonoma, fondata su principi generali, ai quali si ispirano le stesse norme.
Pensiero religioso
Anche il pensiero religioso del bambino, connesso al suo sviluppo
intellettivo, presenta tratti tipici di questa età, assai diversi dall’adulto.
Sinteticamente la religiosità del bambino tra i 4 e i 6 anni può essere
richiamata con alcuni caratteri essenziali8.
Interpretazione antropomorfica. Il bambino tende a percepire Dio
secondo modalità apprese dalla propria esperienza e a descriverlo con
categorie e schemi umani. Il suo modo di pensare lo porta facilmente a
immaginare Dio come un personaggio umano speciale: come un uomo
potente o come un superuomo capace di attraversare i muri, come un re
seduto su alto trono, o come un anziano con una barba fluente che abita
sopra le nubi. È un modo infantile per esprimere il senso dell’alterità e della
trascendenza di Dio.
Attitudine artificialistica. Il bambino è portato a immaginare ogni cosa
come fabbricata da qualcuno. Così nella creazione del mondo pensa che Dio
si sia comportato un po’ come mamma o papà: ha preso qualche cosa, l’ha
manipolata e ha fabbricato le stelle, la terra, gli animali… l’uomo.
Propensione animistica. È la tendenza ad attribuire un’anima, intenzioni a
oggetti inanimati. Per il bambino le cose contengono dentro una forza che le
anima. Facilmente a questa età, dinanzi alle stelle luminose o agli alberi ricchi
di frutti, egli tende a pensare a un continuo intervento di Dio: il Signore fa
brillare le stelle perché possano illuminare il cielo, fa crescere gli alberi perché
diano frutti.
Tendenza finalistica. Il bambino è portato a vedere in ogni cosa uno
scopo, un’intenzione buona o cattiva. Dinanzi a fatti negativi, facilmente
attribuisce agli oggetti un’intenzione punitiva. Se, nonostante la proibizione, il
bambino sale sulla scala e cade, la colpa è della scala. Sovente, per un errato
8
Si veda DIANA M., Dio e il bambino. Psicologia e educazione religiosa, pp. 91-94.
intervento dei genitori, la punizione è attribuita a Dio: “Ecco, ti sta bene. Gesù
punisce i bambini cattivi come te!”.
Inclinazione magica. Il bambino tende ad attribuire ad azioni, a gesti
effetti sproporzionati, un potere magico a vantaggio personale. Si aspetta
risultati fulminei, prodigiosi. Può così, già in questa età, cominciare ad
attribuire alla preghiera un’efficacia immediata: “Se dico bene la preghiera, la
nonna deve guarire!”.
Annotazioni pedagogiche
Il bambino è un essere in divenire con potenzialità fisiche, intellettive,
affettive… estetiche. Egli è soggetto della sua crescita. Sviluppa le sue
potenzialità se è reso attivo attraverso stimoli esterni adeguati all’età.
Fondamentali sono la relazione con le persone, soprattutto con i genitori,
attività, molteplici esercizi, esperienze nuove. Ciò vale per ogni campo della
crescita. Si applica in modo particolare allo sviluppo della sua conoscenza, del
suo comportamento morale, della sua vita religiosa.
Occorre tenere presente che la crescita della conoscenza non avviene con
un semplice incremento di nozioni. Il bambino costruisce il suo sviluppo
cognitivo anzitutto con un processo di assimilazione: integra nuove nozioni
rendendole compatibili con gli schemi che già possiede. Nello stesso tempo,
però, il bambino accresce il suo apprendimento attraverso un processo di
ristrutturazione dei suoi schemi mentali: essi vengono ampliati o modificati
grazie all’insegnamento ed esempio dei genitori, a contatti con persone e
realtà nuove, a esperienze forti9.
L’educazione, se da una parte dovrà evitare di arrestare il comportamento
morale e la visione religiosa del bambino a livelli infantili, dall’altra non può
prescindere dai tratti peculiari del suo modo di “ragionare”. In particolare
l’adulto, nel comunicare con il bambino, dovrà incoraggiare la sua curiosità,
rispondere sempre e in modo adeguato ai suoi interrogativi, dare motivazioni
ai comportamenti richiesti. Fondamentale è l’uso di un linguaggio semplice e
concreto, con riferimento a persone, storie, oggetti, dettagli. Così per il
bambino la Bibbia è un libro importante, perché è un volume grande, con
molte illustrazioni… trattato con cura.
In questa età, poi, è doveroso trasmettere alcune essenziali verità o
nozioni religiose, tenendo presente il livello cognitivo dei soggetti: il loro
pensiero egocentrico, pre-causale, pre-logico, concreto, antropomorfico,
artificialistico… magico. Nella comprensione e apprendimento da parte del
9 Può essere indicativo un esempio concreto. Il bambino, spinto dalla sua curiosità, si
avvicina alla stufa rovente. La madre interviene con la sua spiegazione e divieto: “Non
toccare. La stufa brucia. Ti fai male”. Il bambino però, appena la mamma si volta dall’altra
parte, appoggia le mani sulla stufa. Insieme al pianto per la scottatura, il bambino modifica,
per esperienza, il suo schema mentale: apprende che non si deve toccare la stufa accesa.
-9-
- 10 -
bambino di nuove nozioni e insegnamenti, anche morali e religiosi, influiscono
notevolmente, oltre a esercizi e ad esperienze concrete, la qualità delle
relazioni dei genitori con il figlio e la loro testimonianza. Con il tempo le verità
trasmesse, che ora il bambino comprende a suo modo, potranno essere
rielaborate e fatte proprie.
figlio. Ordinariamente il maschietto si innamora della madre, mette in atto sue
strategie di conquista, sino a dirle che da grande la sposerà. In modo analogo,
ma opposto, si comporta la bambina che si innamora del padre.
È questo il primo grande conflitto di sentimenti nella vita del bambino:
amore e odio, gelosia e rivalità. Da una parte il piccolo percepisce che il suo
amore è impossibile, con conseguenti reazioni aggressive, più o meno aperte,
verso l’altro genitore. Dall’altra, mentre il genitore dello stesso sesso è
considerato un rivale in amore, il figlio continua a nutrire verso di lui opposti
sentimenti: ammirazione e rifiuto, affetto e paura, fantasie di punizione e
senso di colpa.
In questo tempo d’innamoramento della madre o del padre il bambino non
è certo di essere figlio di entrambi. Spinto anche dalla sua curiosità sessuale,
pone ai genitori domande, talvolta imbarazzanti, sulla sua nascita: “Dove ero
prima di nascere? Chi mi ha messo nella pancia della mamma? Come?”.
L’intervento dei genitori, molto delicato in questa fase, abbraccia diversi
aspetti. Anzitutto il loro compito è aiutare il figlio ad accettare e apprezzare la
sua diversità e identità sessuale. Rispondendo, poi, alle domande del
bambino sulla sua nascita, tocca ai genitori fare capire, con tatto e sapienza,
che egli è figlio di entrambi, che è stato da tutti e due voluto e atteso con
amore. In particolare, spetta ai genitori esprimere il loro amore vicendevole e,
nello stesso tempo, intervenire con amabilità e fermezza, per chiedere al figlio
di stare al suo posto. È l’esercizio dell’autorità della mamma, o più ancora del
papà: fare capire che non tutto è lecito, che esistono norme da osservare e ci
sono limiti da rispettare. Accompagnato con sapienza, il bambino lentamente
si stacca dalla ricerca assoluta del piacere e del possesso illimitato del
genitore, è aiutato a mettere ordine nei suoi sentimenti, è introdotto nel
“mondo della legge”: esistono limiti, norme, regole.
È questa una fase complessa e difficile per il figlio, ma anche per i genitori,
chiamati ad apprendere l’esercizio dell’autorità, compresa la correzione. Per
un padre e una madre amare si coniuga con comandare: intervenire e dare
una direzione, proporre un ordine e codici di comportamento, stabilire limiti e
regole, richiamare e rimproverare con bontà, evitare ricatti, ma apprezzare e
incoraggiare i buoni comportamenti. Un compito che richiede sapienza e
discernimento, ma anche disponibilità a lasciarsi guidare dal Signore, facendo
propria la richiesta del Salmista: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri” (Sal 25,4).
Formazione morale
Lo sviluppo morale è un lungo processo che conosce stadi successivi. Solo
avanti negli anni la persona approderà a una maturazione morale nella
misura in cui raggiungerà un giudizio indipendente rispetto all’andazzo
comune: quando saprà fare scelte consapevoli, autonome, coerenti.
È doveroso domandarsi quando, per i genitori, incomincia la formazione
morale e come attuarla. Per questa impegnativa e delicata missione si
possono suggerire alcuni orientamenti, non esaustivi.
L’amore dei genitori è il primo fondamento di una crescita morale. Il
cammino verso l’autonomia inizia di fatto con i primi mesi di vita. Se il
bambino sperimenta accoglienza, calore, presenza rassicurante, sviluppa una
fondamentale fiducia di base che lo rende capace di reggere al distacco della
madre, al suo temporaneo allontanamento, vissuti come momenti critici. Per il
bambino, fare fronte a questa situazione frustrante del rimanere solo,
significa incominciare ad autogestirsi e a intraprendere il lungo cammino
verso l’indipendenza.
I no che fanno crescere. Avvicinandosi ai 2-3 anni molti bambini entrano
nell’età dei primi capricci. Non appagati nelle loro richieste, possono reagire
con collere improvvise, forme di protesta anche in luoghi pubblici, che
mettono a disagio gli stessi genitori: urlano, trattengono il respiro… si buttano
a terra. In questi anni, poi, i bambini sovente rivendicano a sé alcuni oggetti:
“È mio!”. Attraverso queste e altre reazioni i piccoli affermano la loro
indipendenza, che richiede di essere orientata.
In questo tempo i genitori sono chiamati, opportunamente, a stabilire le
prime regole, che devono essere essenziali e concrete, ma fatte rispettare con
amabilità e fermezza, accettando anche il pianto e le proteste. In questo
modo il bambino incomincia a percepire che non tutto è lecito.
Un’autorità che introduce alle regole. Attorno ai 3 anni i bambini
scoprono la diversità dei sessi e tendono a possedere il genitore di sesso
opposto. È la fase, detta “edipica”, durante la quale sorge più palese il
triangolo familiare: tra l’amore vicendevole fra madre e padre si colloca il
Dare voce alla testimonianza. Il bambino guarda con ammirazione ai suoi
genitori: sono i migliori, i più forti… i più belli. Percepisce la mamma e il papà
come grandi e potenti. Dopo i 3 anni cresce la dinamica di identificazione: il
bambino da una parte prende iniziative, cerca di essere se stesso, dall’altra
vuole essere come i suoi genitori, che diventano anche sul piano
- 11 -
- 12 -
comportamentale i primi modelli.
Consapevoli o meno, i genitori influiscono sulla formazione morale del
figlio con il loro esempio, il loro comportamento, il loro stile di vita. È il
magistero della testimonianza, dei fatti. Con il passare degli anni il figlio
conserverà ed elaborerà il ricordo dei comportamenti dei genitori. Ogni madre
e ogni padre trasmettono al figlio, nel loro modo quotidiano di agire, i
fondamentali valori evangelici: accoglienza delle persone, tolleranza, perdono,
gratuità, sobrietà, osservanza delle norme… rispetto dell’ambiente. Come
cristiano, ogni genitore, ispirandosi a san Paolo, dovrebbe poter dire ai figli:
“Diventate miei imitatori, come io sono di Cristo” (Cor 11, 1).
Fare della famiglia un laboratorio di comportamenti evangelici. Tra i 4 -6
anni il “fare” assume grande importanza nella vita del bambino. Man mano
cresce la capacità motoria e linguistica, il piccolo vuole muoversi, agire,
prendere iniziative. In questa fase è particolarmente interessato alle attività,
soprattutto al gioco. Egli impara facendo.
Valorizzando la particolare predisposizione al fare, i genitori educano il
figlio attraverso opportuni e graduali esercizi, che diventano un progressivo
tirocinio di vita cristiana: il bambino impara a collaborare, a rendersi utile con
piccoli servizi, a dire grazie, a essere gentile con gli altri, a perdonare, a fare
piccole rinunzie, a evitare sprechi… a rispettare le cose e la natura. Attraverso
l’esercizio, incoraggiato dai genitori, il bambino interiorizza fondamentali valori
umani e cristiani.
Oltre alle parole anche la Parola di Dio. La comunicazione del bambino,
già presente nel grembo materno, si sviluppa e diventa vitale dopo la nascita.
Si esprime, soprattutto con la madre, attraverso modalità diverse: lo sguardo,
il sorriso, il pianto… il contatto fisico. Man mano che il piccolo cresce, il
dialogo, la relazione verbale conoscono nuove frontiere: il bambino parla,
ascolta, risponde, pone domande, si racconta.
Sono i genitori che introducono il bambino nel mondo del linguaggio
verbale. Insegnano le prime parole, il nome delle cose, delle persone.
Vengono poi i colori, i numeri… le prime frasi. In risposta al crescente bisogno
del bambino di comunicare e di dialogare, i genitori avvertono il dovere di dare
maggiore tempo al figlio per ascoltare e parlare. La madre e il padre,
consapevoli dell’attaccamento affettivo e dell’ammirazione da parte del figlio,
sono chiamati a essere anche maestri di vita morale. Con pazienza e sapienza
rispondono alle domande del figlio, incoraggiano comportamenti positivi,
consigliano, riprendono. Nel loro insegnamento morale è opportuno iniziare il
figlio alla parola di Dio, presentando comportamenti esemplari di personaggi
biblici, richiamando l’agire di Gesù, dando spazio a parabole come quella del
Buon Samaritano. Anche il racconto della vita dei Santi offre spunti per
incoraggiare comportamenti cristiani.
La prima educazione alla fede
La religiosità è primariamente un’esperienza di relazione con il totalmente
Altro da sé, con il Trascendente. Nella fede cristiana questa relazione si fonda
su un rapporto personale con il Dio rivelato da Gesù Cristo. Il cristiano è “il
giusto che vive di fede” (Rm1,17). Guidato dallo Spirito, ha con il Padre un
legame filiale, che nella sua espressione più alta diventa affidamento
fiducioso e accettazione alla sua volontà. Sotto l’azione dello Spirito Santo il
credente cristiano aderisce personalmente a Cristo Salvatore e accoglie la
sua parola, che apre alla speranza e alla possibilità di senso. Essere cristiano,
afferma Giovanni Paolo II, “significa dire sì a Cristo”10. Una relazione che è
comunione, intimità, ma anche sequela: vedere, giudicare, agire come Cristo.
Una consapevole risposta di fede matura negli anni. Di regola nasce nella
famiglia. Cresce con il tempo se è nutrita dalla parola di Dio ed è alimentata
dalla preghiera. È rafforzata, poi, da riti, da feste liturgiche, soprattutto dai
sacramenti. Trova sostegno nella comunità cristiana.
Il bambino, quando nasce, non è né credente, né ateo. Tra le scuole
psicologiche s’incontrano posizioni diverse sulla genesi del senso di Dio nei
primi anni di vita. L’esperienza, tuttavia, conferma che nel bambino c’è una
predisposizione religiosa: essa si sviluppa se è sostenuta e guidata.
Soprattutto dopo i 3 anni il bambino, opportunamente accompagnato,
esprime una propria fede, che ha modalità diverse dall’adulto. È giusto
ricordare che “nell’educazione religiosa ad avere problemi non sono i
bambini, che sono al contrario recettivi in questo campo, quanto gli adulti”11.
I genitori, come primi maestri di fede dei loro figli, hanno una missione
impegnativa e quasi insostituibile. La loro azione educativa dovrà rispettare la
psicologia del bambino, valorizzare i contributi della pedagogia e della prassi
pastorale, ma anche tenere presente la situazione spirituale del loro bambino
che, battezzato, è rigenerato a vita nuova ed è tempio dello Spirito Santo. Per
orientare l’azione dei genitori si possono richiamare alcuni criteri generali.
“Dio e il bambino se la intendono”. L’espressione è di Adele Costa Gnocchi,
allieva e collaboratrice di Maria Montessori. L’affermazione sottolinea la
prossimità di Dio e la relazione, per noi misteriosa, tra il Signore e il bambino.
Dio Padre conosce per nome e ama ogni bambino, che con il battesimo
diventa figlio di Dio. Lo Spirito Santo, presente nel piccolo battezzato, parla,
prega, intercede con gemiti inesprimibili. Ancora prima che i genitori parlino di
GIOVANNI PAOLO II, Catechesi tradendae, n. 20.
NETTE N., “Vivre et apprendre a croire avec les enfants”, in Concilium 264 (1996), p.
128.
10
11
- 13 -
Dio al bambino, tra il Padre Celeste e il loro figlio esiste una comunicazione, è
presente uno scambio, anche se contenuti e modi restano per lo più
inafferrabili per l’adulto.
Genitori primo “sacramento” dell’incontro con Dio. L’esperienza religiosa
del bambino appartiene alla sfera emotiva e affettiva. Affonda le sue radici
nelle relazioni primarie con i propri genitori. Se il bambino nei primi mesi di
vita si sente accolto e amato dai genitori, sviluppa un concetto positivo di sé
insieme a una fondamentale fiducia di base. Ciò gli permetterà di aprirsi agli
altri e di andare incontro a chi è totalmente Altro da noi, a Dio. Nello stesso
tempo i genitori sono il primo “vangelo” per i loro figli: parlano di Dio
attraverso il loro amore vicendevole, il clima di serenità creato in famiglia, il
modo di esprimere la loro fede.
Un volto di padre e un cuore di madre. Con gli anni ognuno si forma
un’immagine di Dio con qualità paterne e materne. Autorità, norma, distanza,
forza… severità sono tratti più paterni. Dolcezza, vicinanza, comprensione…
amabilità sono qualità più materne. La formazione dell’immagine di Dio è
debitrice, in parte, all’idea di padre e di madre che ogni bambino elabora nella
relazione con i genitori e, successivamente, nel contesto socio-culturale in cui
vive12. Un rapporto positivo o disturbato del bambino con i genitori influisce
non solo sull’idea di madre e di padre, ma anche, in certa misura, sul formasi
della sua idea di Dio, sulla percezione affettiva di Dio come padre e madre.
Chi nella sua infanzia ha conosciuto un padre violento e aggressivo, avrà
difficoltà a invocare Dio come “Padre nostro” e a percepirlo come presenza
rassicurante, difesa, roccia, fortezza.
Pre-catechesi in famiglia. Il Catechismo dei bambini ricorda che “Dio parla di
sé attraverso le persone, i fatti e le cose”13. Soprattutto dopo i 3 anni i genitori
sono chiamati ad un iniziale annuncio del Vangelo sia attraverso una
catechesi occasionale e sia con la trasmissione di essenziali contenuti biblici.
Sono da privilegiare alcune vie:
 le risposte, semplici e ispirate al senso cristiano, date alle domande dei
bambini, a esperienze negative, ad avvenimenti felici;
 una lettura cristiana delle feste religiose e degli eventi familiari: da quelli
12 Su questo campo si sono mosse le ricerche condotte nell’Istituto di Psicologia della
Religione dell’Università di Lovanio sotto la guida di Antonio Vergote. Nel documento
pastorale dei vescovi italiani si legge: “Il ruolo dei genitori e della famiglia incide anche
sulla rappresentazione e sull’esperienza di Dio” ( Educare alla vita buona del Vangelo, n.
27).
13 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 121.
- 15 -
- 14 -


più drammatici come malattia e lutto, a quelli più festosi come
compleanni, ricorrenze, celebrazioni domestiche;
una prima presentazione della vita di Gesù: la nascita, la sua famiglia e
amici, il suo modo di comportarsi con le persone, la morte;
un’iniziale traccia di storia della salvezza attraverso il racconto di episodi
scritturistici e la presentazione di figure e personaggi biblici.
“Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi” (Gc 4,8). La famiglia non è
solo il luogo privilegiato dove s’impara a pregare, ma anche lo spazio dove
genitori e figli, attraverso la preghiera, si avvicinano a Dio. Per favorire la
preghiera in famiglia, oltre alla fondamentale testimonianza dei genitori, è
necessaria la proposta di opportuni segni, riti e formule. Occorrerà continuare
l’esperienza avviata nella fase precedente, come la preghiera della sera con il
segno di croce e la benedizione dei genitori, la piccola “liturgia” prima dei
pasti. In questi anni, poi, sarà opportuno dare spazio alla preghiera spontanea
di lode e di ringraziamento, valorizzare il Giorno del Signore, conoscere e
utilizzare alcune fondamentali preghiere della tradizione cristiana: Padre
Nostro, Gloria al Padre, Ave Maria… Angelo di Dio.
L’atto generativo del padre e della madre trova continuità nella relazione
educativa. Il legame che, fin dalla nascita, s’instaura tra i genitori e il figlio,
lascia “un’impronta indelebile” nel piccolo, che porterà i “segni” nella sua vita
affettiva, relazionale e intellettiva, nel suo sviluppo morale e religioso: la rete
di relazioni sperimentate nel contesto familiare segnano la personalità del
figlio, compresa la sua rappresentazione di Dio: “Anche l’immagine di Dio che
il figlio porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza religiosa
vissuta nei primi anni di vita”14. L’educazione religiosa non è solo un dovere,
ma anche un diritto originale e inalienabile dei genitori. È una responsabilità
primaria che la comunità cristiana riconosce, rispetta e sostiene.
Alleanza educativa
Soprattutto negli anni dell’infanzia la famiglia “resta la prima e
insostituibile comunità educante”15: apprendistato di virtù umane e scuola del
Vangelo. Non da sola. Se da una parte occorre che la famiglia sia “amata,
sostenuta e resa protagonista dell’educazione” 16, dall’altra è doveroso che i
genitori valorizzino proposte formative che, soprattutto sul piano religioso,
possono integrare il loro compito educativo. È necessaria una costruttiva
alleanza educativa fra famiglia, scuola dell’infanzia e comunità parrocchiale,
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37.
Ivi, n. 36.
16 Ivi, n. 38.
14
15
- 16 -
purché sia “riconosciuto e sostenuto il primato educativo della famiglia”17.
I nonni. Per molti bambini la casa dei nonni diventa la seconda famiglia,
dove sono accolti, assistiti e sovente trascorrono alcune ore del giorno. Non di
rado i nonni diventano vere figure di riferimento per i nipotini grazie alla
dedizione e al tempo dedicati a essi. Incoraggiati e sostenuti con opportune
iniziative pastorali, i nonni contribuiscono alla crescita religiosa dei nipoti con
la testimonianza, racconti, letture bibliche, insegnamento di preghiere, visite
alla chiesa, consigli… richiami.
Scuola dell’infanzia. Numerosi bambini in questa età frequentano la
scuola dell’infanzia. Essa è una comunità educante: forma alla collaborazione
e all’accoglienza degli altri, di chi è diverso per il colore della pelle o per
religione, favorisce nuove scoperte, introduce al rispetto di regole di
comportamento. Non solo la scuola cattolica, ma anche quella statale, dove
con la richiesta dei genitori i bambini si avvalgono dell’insegnamento della
religione cattolica, sono validi luoghi di formazione religiosa attraverso la
valorizzazione delle feste liturgiche, racconti biblici, canti religiosi, una
maggiore familiarità con i segni della religione cristiana. È compito dei genitori
conoscere e condividere il progetto formativo della scuola, contribuire alla sua
elaborazione, adoperarsi affinché ci sia un’integrazione fra esperienza
educativa della famiglia e quella della scuola.
Comunità parrocchiale. In questa età l’educazione religiosa del bambino,
pur avvenendo in modo privilegiato in famiglia, dovrebbe essere
opportunamente arricchita da una prima e concreta esperienza ecclesiale.
Per questo la comunità parrocchiale non solo è il soggetto dell’iniziazione
cristiana e la responsabile della pastorale battesimale, ma “rappresenta la
comunità educante più completa in ordine alla fede”18. Da una parte ha il
compito di offrire il necessario sostegno ai genitori e di accompagnarli
soprattutto attraverso i catechisti, dall’altra essa è la madre che si prende
cura dei figli ed è la casa comune per genitori e bambini. Essi devono trovare
nella comunità cristiana accoglienza, incoraggiamento, momenti comunitari,
idonee celebrazioni liturgiche, nutrimento alla fede. Una particolare attenzione
dovrebbe essere data all’eucarestia domenicale per le famiglie.
17
18
B. ACCOMPAGNAMENTO DEI GENITORI
Obiettivi
Questa terza fase della pastorale post battesimale ha come obiettivi:
aiutare i genitori a chiarire e a meglio assolvere la loro
specifica missione di educare alla fede e formare alla vita cristiana;
offrire suggerimenti e proposte affinché i genitori introducano
i figli ad un primo incontro con la parola di Dio e ad un’iniziale
partecipazione alla messa domenicale;
sostenere i genitori nella loro fede e vita cristiana.
Essere educatori
Se da una parte “la famiglia resta la prima e insostituibile comunità
educante”, dall’altra si sa che “educare in famiglia è oggi un’arte davvero
difficile. Padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per
vivere e, soprattutto, a dire dei “no” con l’autorevolezza necessaria”19.
L’educatore, ci ricorda Paolo VI, “è un amico, un maestro, un allenatore, un
medico, un padre”20. Sono qualità queste che si addicono pienamente ai
genitori. Ogni padre e ogni madre apprendono l’arte dell’educare se si
mettono in ricerca: se si pongono in ascolto del figlio, si confrontano come
coniugi, valorizzano l’apporto di esperti nelle scienze umane, condividono con
altri genitori interrogativi e esperienze, intraprendono anche con
l’accompagnamento dei catechisti un itinerario di fede e l’approfondimento
dell’educazione religiosa dei figli.
Anzitutto i genitori educano se sono testimoni credibili. Essi trasmettono
fede, valori, comportamenti evangelici nella misura in cui li vivono in prima
persona. Soprattutto in questa età c’è una profonda identificazione del
bambino con i propri genitori.
Padre e madre, poi, svolgono un fruttuoso ruolo educativo se stanno
accanto ai figli con amorevolezza, consiglio e autorevolezza: donano tempo
ai figli, parlano con loro, rispondono alle loro domande, condividono l’ascolto
della Parola e la preghiera… partecipano insieme all’eucarestia domenicale.
Inoltre, i genitori sapranno assolvere con sapienza e generosità la loro
missione educativa quanto più si lasceranno illuminare e sostenere dal
19 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali per il decennio 20102020, n. 36.
20 PAOLO VI, Discorso per il 40º anniversario del Movimento Aspiranti della GIAC, 21 marzo
1964.
Ivi, n. 54.
Ivi, n. 39.
- 17 -
Signore. Scrive san Giovanni Bosco: “L’educazione è cosa di cuore e Dio solo
ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne
insegna l’arte e non ne mette in mano la chiave”21.
Incontri formativi
Possono essere molteplici le iniziative idonee ad arricchire la formazione
dei genitori. Sarà utile, a livello diocesano o zonale, proporre incontri con
persone qualificate in campo psicopedagogico, per approfondire temi come lo
sviluppo religioso e morale del bambino, responsabilità e compiti dei genitori
nel rapporto educativo con i figli, castighi e premi da parte dei genitori,
l’influsso dei mezzi di comunicazione, capricci e bugie del bambino, e così via.
È compito della pastorale post battesimale offrire ai genitori momenti
formativi, comunitari e domestici, finalizzati al approfondire la loro missione di
educatori cristiani e la propria fede.
Riunioni comunitarie. È auspicabile proporre ogni anno ai genitori dei
bambini 5/6 incontri comuni, dove insieme si approfondiscono temi religiosi
con ricadute personali ed educative. La riflessione, introdotta dal catechista o
da altra persona qualificata, dovrà dare ampio spazio alla partecipazione dei
genitori invitati ad arricchirla con la propria sensibilità e con la possibilità di
condividere interrogativi ed esperienze. La riunione potrebbe concludersi con
un essenziale momento conviviale per arricchire e consolidare legami di
fraternità e di amicizia.
Talvolta sarà opportuno, in concomitanza della riunione dei genitori,
organizzare per i bambini uno specifico incontro, animato da un educatore. La
proposta, oltre ad una maggiore tranquillità e libertà per i genitori, offre ai
bambini una valida occasione di socializzazione, di gioco, di formazione.
- 18 -
Proposte
Gli incontri previsti per i genitori in questa fase dalla pastorale hanno un
duplice scopo: la loro crescita spirituale e il sostegno alla propria missione
educativa.
Per le riunioni formative, possibilmente bimestrali, sono offerti temi
articolati in tre distinti raggruppamenti: specifiche problematiche educative,
episodi e personaggi biblici con particolare attenzione alla vita di Gesù, infine
figure di alcuni santi che, come ricorda il Catechismo dei bambini, “sono veri
amici di Gesù. Essi sono anche modelli per noi nell’accoglienza del Vangelo e
nell’impegno di viverlo ogni giorno”22.
I temi proposti, con un elenco non esaustivo, sono destinati ai genitori dei
bambini dai 4 ai 6 anni circa. La scelta del tema, tra quelli offerti, è lasciata al
gruppo dei catechisti accompagnatori. Alcuni episodi biblici meglio si addicono
a specifici tempi liturgici o a feste religiose. Così pure il richiamo di questo o di
quel Santo può essere legato a particolari circostanze: memoria liturgica del
Santo, festa patronale locale, onomastico del bambino o di altre persone
vicine. In concreto gli argomenti di riflessione rivolti ai catechisti per
l’animazione degli incontri comunitari dei genitori sono raggruppati in tre
sezioni:
I. Educare alla fede e alla vita cristiana
II. Leggere insieme la Bibbia
III.
Conoscere gli amici di Gesù.
Incontri domestici. Ad ogni catechista si chiede di mantenere,
possibilmente, i legami con la famiglia che ha accompagnato prima e dopo il
battesimo. Sono molti i modi: incontri causali, telefonate, visite in particolari
circostanze, come anniversari, festività religiose, malattie… lutti.
Là dove i genitori non hanno possibilità o non ritengono di prendere parte
alle riunioni formative comuni, è bene che il catechista proponga ai genitori,
con delicatezza e tatto, opportuni incontri in famiglia per informarli dei temi
trattati con gli altri genitori e condividere parte della riflessione. In questo
modo i genitori, abitualmente assenti, non si sentono dimenticati, trovano
incoraggiamenti nella loro missione e mantengono un legame con la propria
comunità cristiana.
21
CERIA E., Memorie biografiche di san Giovanni Bosco, vol. XVI, SEI, Torino 1935, p. 447.
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22
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, p. 130.
- 20 -
I.
EDUCARE ALLA FEDE E ALLA VITA CRISTIANA
I temi di questa prima sezione fanno riferimento alla formazione religiosa,
morale e liturgica del bambino. Sono otto tracce di riflessione che hanno,
quali diretti interlocutori, i genitori, invitati in primo luogo ad interrogarsi sulla
loro vita cristiana, quindi sulla relazione educativa. I genitori trasmettono ciò
che sono e quello che vivono!
Ogni tema è sviluppato con un duplice contributo. Anzitutto un “testoguida”, formato da otto schemi di riflessione: una traccia per ciascun tema.
Gli otto schemi, presenti in queste pagine, hanno come destinatario il
catechista, o chi per esso, che ha il compito di animare il gruppo dei genitori e
la loro riflessione. Un secondo testo è formato da otto schede destinate
direttamente ai genitori. Ogni scheda ripropone in forma agile ed essenziale lo
stesso contenuto della guida. Il testo delle schede si trova nella sussidiazione,
quale parte integrativa di questa terza fase.
In ciascuno schema del testo guida si incontra, con lo stesso
procedimento, una breve proposta di sviluppo del tema. Dopo una cordiale
accoglienza dei genitori, si suggerisce prima della riflessione in gruppo un
opportuno momento di raccoglimento per predisporsi all’ascolto e alla
condivisione. Modi e forme di questa preghiera iniziale sono lasciati alla
creatività dell’animatore.
La proposta di un fatto concreto o di un breve racconto -“Per iniziare”- ha lo
scopo di avviare la riflessione del gruppo: è un primo momento di scambio e
di condivisione.
Sotto il titolo, “In ascolto della Parola”, sono proposti alcuni essenziali testi
biblici riferiti al tema trattato. Essi sono riportati anche nella scheda per i
genitori. Il gruppo è invitato a leggere e a meditare i brani scritturistici.
Segue, poi, il “Momento di riflessione”, dove abitualmente sono suggerite
tre piste di approfondimento: alla luce della Parola, ognuno è invitato a
interrogarsi, a condividere la propria esperienza, a intravedere possibili
ricadute sulla propria vita di cristiano. Il catechista ha il compito di animare e
guidare la riflessione e, di volta in volta, proporre le tre piste o privilegiarne
una.
Possibili applicazioni nell’azione educativa con i figli sono offerte sotto il
titolo, “In famiglia”. Altre applicazioni possono essere suggerite dagli stessi
genitori del gruppo.
La riflessione del gruppo dovrebbe concludersi con un breve momento di
preghiera. I suggerimenti offerti in “Preghiera finale” sono indicativi.
La “scheda” per i genitori richiama, con un linguaggio concreto e
immediato, i principali contenuti del testo-guida, li arricchisce con indicazioni
operative, con citazioni bibliche e frasi di autori, con una o più preghiere. Nella
riflessione del gruppo il catechista è invitato a valorizzare insieme al testo
guida anche la scheda dei genitori per i suoi aspetti complementari ed
integrativi.
Ogni scheda dei genitori, oltre alla sua utilizzazione nell’incontro comune, è
stata pensata come aiuto allo scambio nella coppia, come strumento di
ulteriore riflessione e preghiera in famiglia. Per motivi diversi, talvolta i genitori
non possono partecipare alla riflessione comune del gruppo. Il catechista
accompagnatore, che ha familiarità con la coppia, può fare visita ad essa,
consegnare la scheda e, se sarà opportuno, intrattenersi per una breve
condivisione.
Il testo guida intende offrire solo una traccia per la riflessione. È compito
dei catechisti approfondire il testo, apportare cambiamenti e integrazioni per
rendere la traccia più adatta alle esigenze del gruppo dei genitori.
- 21 -
1. Assecondare le attese di Dio
Figlio della notte
Obiettivo
Invitare i genitori a richiamare alla memoria come immaginavano e
desideravano la loro creatura nel tempo della gravidanza e a interrogarsi se le
loro attuali attese sul figlio coincidono con quelle di Dio.
Per iniziare (10 minuti)
Leggiamo una pagina nota di Khalil Gibran tratta da Il profeta. “Una donna
che reggeva un bambino al seno disse: «Parlaci dei figli». E lui disse: «I vostri
figli non sono figli vostri. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi. E
benché vengano da voi, non vi appartengono. Potete donare loro il vostro
amore, ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri. Le loro anime
abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso di visitare neppure in
sogno. Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi piega e vi flette con la
sua forza, affinché le sue frecce vadano rapide e lontane. Fate che sia gioioso
e lieto questo vostro essere piegati dalla mano dell’Arciere, poiché come ama
il volo della freccia, così Egli ama anche la fermezza dell’arco»”.
Ognuno è invitato a sottolineare con una matita le frasi più significative e a
comunicarle al gruppo.
Già nel tempo della gestazione i genitori sono ansiosi di vedere il volto
della loro creatura e di stringerla fra le braccia. Sognano e immaginano un
“profilo” del loro bambino: maschio o femmina, più somigliante al padre o alla
madre, il colore degli occhi, le mani di meccanico, di insegnante, di avvocato…
di vigile. Ora che il figlio è svezzato e cresciuto, insieme a tante gioie non
mancano timori e paure. Ogni coppia di genitori è invitata a raccontare come
“sognava” la sua creatura nel grembo materno e, nello stesso tempo, a
condividere le attuali paure. Può aiutare la scheda per i genitori (III. B 1).
In ascolto della Parola (15 minuti)
Per il Salmista i genitori sono come archi e i figli come frecce: “Ecco,
eredità del Signore sono i figli. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli
avuti in giovinezza” (Sal 127,3-4).
Anna, moglie di Elkanà, era sterile. Affranta dal dolore, chiese a Dio di
avere un figlio. Esaudita nella sua preghiera, riconsegnò a Dio il figlio avuto in
dono: “Al finire dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele,
perché -diceva- al Signore l’ho richiesto… La donna allattò il figlio, finché lo
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- 22 -
ebbe svezzato. Dopo averlo svezzato, lo portò con sé e lo introdusse nel
tempio del Signore a Silo. Disse: «Per questo fanciullo ho pregato e il Signore
mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Anch’io lascio che il Signore lo
richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore»” (1Sam
1,20-28).
Elisabetta e Zaccaria, avanti negli anni, non avevano figli. Dinanzi alla
prodigiosa nascita del figlio Giovanni, poi detto Battista, i vicini compresero
che Dio aveva un progetto su quel bambino: “Tutti i loro vicini furono presi da
timore… dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del
Signore era con lui” (Lc 1,65-66).
Momento di riflessione (20 minuti)
Figlio nostro e figlio di Dio. Della Parola di Dio proposta che cosa ci colpisce
e che cosa condividiamo?
L’arco dei genitori. Ogni padre e madre, vedendo crescere il proprio figlio,
si chiedono: Che sarà mai il nostro bambino? Sarà sano, intelligente… felice?
Che cosa farà nella vita? Percorrerà strade sbagliate? I genitori hanno un
influsso rilevante sul futuro del loro figlio: valori, comportamenti, scelte. Ogni
genitore è invitato a elencare e, poi, a condividere in gruppo cinque attese che
ritiene fondamentali e prioritarie per il futuro del figlio.
Custodi e non padroni. Secondo la Bibbia “i figli sono dono del Signore”
(Sal 127,3). Aggiunge il Catechismo: “I bambini sono di Dio, non proprietà
degli adulti”23. È comprensibile che i genitori, pensando all’avvenire del figlio,
possano coltivare e privilegiare un loro progetto di istruzione, di professione,
di scelta di vita del figlio/a. Se i bambini appartengono a Dio, quale ruolo
dovrebbero avere un padre e una madre per aiutare il figlio a scoprire il
progetto che Dio ha su di lui?
In famiglia (15 minuti)
I genitori non hanno il diritto di decidere il futuro del figlio. Hanno la
missione di aiutarlo ad individuare il progetto di Dio e a fare scelte
responsabili. Questa missione genitoriale ha il suo inizio già negli anni
dell’infanzia.
Il giusto bersaglio. Dice il Signore: “I miei pensieri non sono i vostri
pensieri” (Is 55,8). L’adesione al progetto di Dio suppone disponibilità,
ascolto, preghiera. Si suggerisce ai genitori, nella loro comune preghiera, di
chiedere di saper assecondare il piano di Dio sul figlio/a.
Modelli di vita. In questa età il bambino incomincia ad ammirare e, a suo
modo, ad imitare personaggi dei cartoni animati, della Tv, dello spettacolo…
del calcio. Tocca ai genitori ridimensionare il valore di questi singolari eroi o
23
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, n. 16.
- 24 -
campioni. L’attenzione dovrebbe essere rivolta alla bontà e grandezza di
uomini e donne comuni, con i quali il bambino ha già una sua familiarità,
senza trascurare l’esemplarità di alcune figure bibliche o di santi.
Eccomi, Signore. Un giorno, cresciuto negli anni, il bambino sarà chiamato
a dire un sì consapevole a Dio. Ora si tratta di aiutare e di incoraggiare il
bambino a dire sì a piccoli gesti di servizio o di accoglienza dell’altro, al
rispetto della natura e dell’ambiente, a piccole rinunzie… come pure alla sua
fedeltà alla preghiera.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può utilizzare la preghiera “Genitori e non padroni” proposta nella
scheda per i genitori (III. B 1) e concludere con la recita del Padre Nostro.
2. Trasmettere autentici valori cristiani
Eredità spirituale
Obiettivo
Invitare i genitori a interrogarsi su quale eredità spirituale -quale vita di
fede e quali valori- vorrebbero “consegnare” ai figli.
Per iniziare (10 minuti)
Don Giovanni Battista Ribero, successore di San Giuseppe Benedetto
Cottolengo, era nato a Pratavecchia di Dronero. Di tanto in tanto ritornava al
paese natale e usava distribuire caramelle ai più piccoli. Un giorno ad un
ragazzino di una famiglia molto povera insieme alla caramella furtivamente
mise in mano anche un marengo d’oro. Rientrato in casa, il ragazzo fece
vedere al papà la caramella e la moneta. La reazione del padre fu immediata:
“Don Giovanni Battista si è sbagliato. Riportagli subito il marengo”. Un po’
mortificato, il ragazzino ritornò dal sacerdote per restituire la moneta. Don
Ribero accolse il bambino con un sorriso dicendogli: “La caramella è per te, il
marengo invece è per papà. È la Provvidenza che glielo manda”. Trascorsi
molti anni, il ragazzino diventato adulto ricordava con stupore il fatto,
ammirato per la generosità di don Giovanni Battista e orgoglioso per l’onestà
del padre.
I genitori, nel fare memoria dei propri famigliari defunti -madre, padre…
nonni- sono invitati a richiamare alcuni loro tratti essenziali di fede e di vita
cristiana. In gruppo, poi, possono condividere il ricordo della testimonianza
cristiana di un famigliare.
In ascolto della Parola (15 minuti)
San Paolo, rivolgendosi al suo collaboratore Timoteo, salutato come “figlio
carissimo”, gli ricorda la fede appresa in famiglia: “Rendo grazie a Dio che io
servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie
preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento
nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua
schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che
ora, ne sono certo, è anche tua” (2Tm 1,3-5).
Scrive san Giovanni Crisostomo ai genitori: “Questo bambino, da quando i
suoi occhi si sono aperti alla luce, non è stato forse affidato alla vostra
sollecitudine? Il Signore non ha forse ordinato di impastare questa argilla
mentre era ancora molle e malleabile? Non siete forse responsabili della
salvezza dei vostri figli? Di fronte alla cura dei figli, tutto sia per voi secondario!
- 25 -
Date ad essi realtà grandi, non piccole. Non è dignità portare bei vestiti, ma è
dignità rivestirsi di belle azioni”24.
Si legge nel Catechismo dei bambini: “Dio Padre chiama i genitori a
collaborare con lui; a loro chiede conto di questi bambini, che ha loro affidato
come figli perché li custodiscano nell’amore”25.
Annotano i nostri vescovi: “Il figlio vive all’interno di una rete di relazioni
educanti che fin dall’infanzia ne segna la personalità futura. Anche l’immagine
di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza
religiosa vissuta nei primi anni di vita”26.
Momento di riflessione (20 minuti)
Attualità del messaggio. I genitori sono invitati a rileggere i testi sopra
riportati per sottolineare ciò che li ha colpiti e ciò che insegnano loro.
Realtà grandi e alte. Come genitori quali sono i tratti fondamentali di fede
e di vita cristiana che siete chiamati a vivere in prima persona e a trasmettere
ai figli?
Tesoro spirituale di famiglia. Che cosa vorreste che i vostri figli, cresciuti,
un giorno ricordassero della vostra fede, preghiera, vita cristiana?
In famiglia (15 minuti)
In questa età restano impressi nel bambino gesti concreti vissuti in
famiglia e testimoniati dai genitori.
Un’immagine. C’è un comportamento, o un atteggiamento, o una parola
che vorremmo rimanessero vivi nella memoria del figlio/a? Sia il padre che la
madre sono invitati a fare la loro scelta.
Tradizioni familiari. Ogni famiglia ha tratti inconfondibili: usi, tradizioni,
celebrazione di compleanni, modi di vivere la festa… stili di ospitalità.
Proviamo ad elencare tradizioni essenziali che vorremmo continuassero nei
figli.
Preghiera in famiglia. C’è un rito, una forma di preghiera, una piccola
celebrazione domestica che ogni genitore vorrebbe che rimanesse impresso
nel ricordo del figlio/a?
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può utilizzare la preghiera-meditazione della scheda dei genitori (III. B 2)
e concludere con l’invocazione allo Spirito Santo. Il fascicoletto, Vieni Spirito
Santo (II.C 2), offre ampie scelte.
Sono frasi di Giovanni Crisostomo tratte dalle sue omelie, soprattutto dal suo breve
trattato, Vanità. Educazione dei figli, Città Nuova Editrice, Roma 1985.
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 63.
26 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, Roma 2010, n. 37.
24
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3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale
Esercizi di volo
Obiettivo
Aiutare i genitori a interrogarsi sulla loro responsabilità nell’educazione
morale: come promuovere un iniziale sviluppo della coscienza, quali valori e
quale regola di vita proporre al figlio, in che modo aiutarlo a valutare ciò che è
bene e ciò che è male.
Per iniziare (10 minuti)
Un’aquila volteggiava in cielo alla ricerca di una preda. Vide un pollaio.
Rapida piombò sulle galline. Ostacolata dal custode, abbandonò la preda e
spaventata volò via velocemente lasciando sul terreno un uovo. Una chioccia
lo fece rotolare e lo unì alle uova che stava covando. Trascorse alcune
settimane, anche il piccolo aquilotto ruppe il guscio, uscì e, ancora
barcollante, si unì all’intera covata. Sotto la guida della chioccia imparò, con
gli altri pulcini, a beccare, poi a correre e a cercare semi e vermi nel campo.
Pian piano fece propria la vita dei polli e delle galline. Un giorno, ormai
cresciuto, l’aquilotto alzò gli occhi al cielo e vide volare in alto un grande
uccello. Chiese ad un’anziana gallina chi fosse quell’uccello. Essa
prontamente rispose: “È l’aquila reale, la regina del cielo. Ama librarsi a lungo
in alto e dominare la terra di lassù. Non si stanca di solcare il cielo!”.
L’aquilotto, prima pensoso e poi rassegnato, abbassò la testa, prese a
beccare nel terreno paludoso e continuò a fare la gallina convinto che volare
in alto fosse troppo faticoso.
Un giorno anche i nostri figli dovranno spiccare il volo. Il nostro desiderio è
che sappiano librarsi in alto. Fin d’ora occorre proporre loro idonei esercizi di
volo. Quali valori, quali comportamenti e quali rinunce proponiamo oggi ai
nostri bambini?
In ascolto della Parola (15 minuti)
I veri parenti di Gesù. “Fecero sapere a Gesù: «Tua madre e i tuoi fratelli
[cioè i parenti] stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia
madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la
mettono in pratica» (Lc 8,19-21). Gli fa eco l’apostolo Giovanni: “Da questo
sappiamo di aver conosciuto il Signore: se osserviamo i suoi comandamenti…
Chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Chi dice
di rimanere in lui [Gesù Cristo], deve anch’egli comportarsi come lui si è
comportato” (1Gv2,3-6).
Al centro della vita cristiana è l’amore fraterno. Dice Gesù: “Vi do un
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comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi,
così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni gli altri” (Gv 13,34-35).
Scrive san Paolo: “Vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come
pagani… Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole
buone che giovino a quelli che vi ascoltano… Siate benevoli gli uni verso gli
altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in
Cristo… Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore… E voi, padri, non
esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e nell’insegnamento
del Signore” (Ef 4,17. 28-32; 6,1 e 4).
Momento di riflessione (20 minuti)
Come Gesù. Cristiano è colui che segue Cristo nel suo modo di pensare e
agire. Amare come Gesù è servire, lavare i piedi ai fratelli, essere benevoli,
avere misericordia, perdonarsi a vicenda… dare la vita per gli altri. Quali di
questi atteggiamenti di Gesù sono più difficili nella vita di coppia, in famiglia?
Arciere e arco. Il Signore è l’arciere, i genitori sono l’arco. Nell’educare i
figli, oltre a fare riferimento all’insegnamento ed esempio di Gesù, come
chiediamo aiuto al Signore e invochiamo i doni del consiglio e della forza allo
Spirito Santo?
Tu non mi ascolti! È l’espressione che talvolta noi genitori rivolgiamo ai figli.
Pensiamo che l’obbedienza abbia ancora valore? Con quali motivazioni la
chiediamo?
In famiglia (15 minuti)
Lo sviluppo morale nell’infanzia si compie a piccoli passi. Meritano
attenzione i suggerimenti del Catechismo dei bambini27.
Invitare i genitori a non percorrere strade pedagogicamente errate: né
quella dello spontaneismo, lasciando crescere i figli senza criteri, né quella
della rigidità con la pretesa di un’ossessiva osservanza di norme e regole.
Offrire al bambino una regola di vita, fatta di alcuni punti fermi: essi sono
un rassicurante riferimento e aiutano ad avviare positive relazioni con gli altri.
Proporre concrete esperienze per promuovere bontà, generosità,
collaborazione: servizi in casa, gesti di condivisione, rispetto del creato… dire
grazie.
Incoraggiare a cambiare attraverso la lode: il rimprovero, talvolta doveroso,
non è la prima scelta pedagogica. Se è opportuno far notare al bambino ciò
che non va bene, è incoraggiante per lui mettere in risalto un suo lato positivo,
apprezzare comportamenti o gesti buoni da lui compiuti.
Stabilire un confine tra il bene e il male dicendo ciò che si può fare e ciò
che non si deve fare: occorrono richieste chiare, spiegate e motivate, come
pure eventuali richiami e correzioni. I genitori, che amano il figlio e la sua
crescita, sanno dire dei no.
Richiedere piccole rinunzie: grazie ad esse il bambino è aiutato a comprendere che non tutto è possibile, nello stesso tempo sperimenta il valore della
sobrietà. È importante incoraggiare il bambino a qualche sacrificio nella
prospettiva della solidarietà.
Nel bambino la coscienza del bene e del male matura progressivamente. È
fondamentale la coerenza dei genitori: con difficoltà un figlio comprende e
accetta comportamenti e regole quando gli adulti chiedono cose che essi non
fanno.
Un passo importante nella formazione morale è aiutare i bambini a conoscere e ad apprezzare alcuni comportamenti di Gesù: l’amico dei bambini, il
Gesù che guarisce ammalati, lava i piedi ai discepoli, il buon pastore che va in
cerca della pecorella smarrita, il Figlio di Dio che prega, perdona, accoglie
pubblicani e peccatori.
Dinanzi a capricci, piccole bugie, disubbidienze non si può dire al bambino
che “Gesù ti castiga”. Occorre piuttosto incoraggiarlo ad azioni positive,
ricordandogli che “Gesù è amico e vuole bene a bambini che si comportano in
questo modo”.
Preghiera finale (pochi minuti)
Dopo la lettura di Matteo 21,28-31, ogni genitore è invitato a ringraziare il
Signore per un particolare comportamento positivo osservato nel figlio. Si può
concludere con l’invocazione “Vieni, vieni, Spirito d’amore a insegnare le cose
di Dio” (II. C 2, p.13), o con una preghiera del scheda per i genitori (III. B 3).
27Cfr. CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, nn. 142157.
- 29 -
- 30 -
rinnegato, Gesù rinnova la sua fiducia a Pietro e lo conferma nella sua
missione: “Pasci i miei agnellini… Pascola le mie pecore” (Gv 21,15-17).
4. Educare all’accoglienza
Nero no!
Obiettivo
Aiutare i genitori a interrogarsi sul loro stile di accoglienza, di ospitalità e
sul loro compito di educare i figli, fin dai primi anni, alla tolleranza,
all’accoglienza, alla condivisione.
Per iniziare (10 minuti)
Sara, che non ha ancora 5 anni, frequenta la scuola dell’infanzia. Tra i
compagni ha due bambini africani. La bambina, intraprendente e volitiva, da
alcuni mesi rifiuta ostinatamente di giocare con i compagni di colore e non
vuole sedersi accanto a loro. All’insegnante dichiara risoluta: “Nero no!”. I
genitori restano sorpresi per questo comportamento che ha tratti di razzismo.
In questa età talvolta i bambini possono avere atteggiamenti di
intolleranza, rifiuto di un compagno o di un adulto, comportamenti che ai
genitori possono sembrare piccole forme di razzismo. Quale spiegazione si
può dare?
In ascolto della Parola (15 minuti)
Dio difende i deboli ed è contrario ad ogni maltrattamento, umiliazione o
rifiuto: “Non opprimerai il tuo prossimo… Non maltratterai il sordo.. Non
tratterai con parzialità il povero… Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo
fratello” (Lv 19,13-17). Ancora: “Non maltratterai il forestiero, né lo
opprimerai… Non maltratterai la vedova e l’orfano. Se tu lo maltratterai, io
darò ascolto al suo grido” (Es 22,20-21).
Gesù ha accolto adulti e bambini, ricchi e poveri, praticanti e peccatori. A
tutti volge il suo sguardo, la sua parola. Offre compassione, conforto, perdono.
Per Gesù non ci sono limiti di età, né confini geografici o religiosi, neppure
frontiere sociali, politiche, economiche. Abbraccia e benedice i bambini che gli
adulti vorrebbero allontanare. Accoglie la richiesta della cananea, una donna
pagana: “Pietà di me, Signore! Mia figlia è molto tormentata da un demonio.
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede. Avvenga per te come
desideri» (Mt 15,22-28). Gesù guarisce ciechi, zoppi, come pure lebbrosi che
la società del tempo condannava all’emarginazione. Va incontro alla
Samaritana, alla quale offre “acqua viva”. Chiama a seguirlo Levi, un
pubblicano. Si ferma in casa di Zaccheo, un personaggio discusso per la sua
dubbia onestà. A chi vuole lapidare la donna adultera, Gesù risponde con il
perdono: “Vai e d’ora in poi non peccare più” (Gv 7,11). Anche quando è
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Momento di riflessione (20 minuti)
Padre Nostro. Per Dio gli uomini sono bianchi, neri… gialli. Egli è Padre di
tutti, anche di quelli che si allontanano: “Egli fa splendere il suo sole sui buoni
e sui cattivi”(Mt 6,45). Possiamo recitare il Padre Nostro in verità, senza
adoperarci a superare divisioni con vicini e parenti, continuando a coltivare
pregiudizi, intolleranza, talvolta sentimenti di vendetta?
Nero e bianco. Ogni persona ha lati oscuri, debolezze, limiti, ma anche
pregi e lati positivi. Gesù è esplicito: “Non giudicate. Perché guardi la pagliuzza
che è nel tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Mt
7,1-3). Perché, anziché giudicare l’altro, non ci adoperiamo a riconoscere i
suoi lati positivi?
Un cuore nuovo. Non è sempre facile accogliere l’altro, perdonarlo…
amarlo. È ancora più difficile, come chiede Gesù, amare i nemici e fare del
bene a chi ci ha fatto del male (Cfr. Lc 6,26). Solo il Signore ci rende capaci di
un simile coraggio. Gli chiediamo questa forza?
In famiglia (15 minuti)
Educare i figli alla tolleranza e all’accoglienza dell’altro richiede di
percorrere vie diverse e complementari.
Rivedere da parte di papà e mamma possibili atteggiamenti di intolleranza
o di rifiuto delle persone. L’esempio dei genitori lascia una traccia nei figli.
Proporre concreti gesti di accoglienza e di solidarietà: invitare a giocare
con la sorellina, abitualmente esclusa; ospitare compagni, anche se poco
desiderati dal figlio; visitare una famiglia emarginata dalla collettività.
Iniziare a spiegare al figlio che Dio è un Papà che vuole bene a tutti e che
noi siamo tutti fratelli. Occorre un dialogo paziente che tenga presente
normali atteggiamenti del bambino: la gelosia, il bisogno di avere tutto per sé,
la propensione, normale in questa età, ad un certo egocentrismo.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si suggerisce una lettura meditata di alcuni versetti della Lettera ai
Colossesi, 3,12-15. Si può concludere con la preghiera di san Francesco, “Fa
di me, Signore, uno strumento del tuo amore”, come pure valorizzare le
preghiere proposte nella scheda per i genitori (III. B 4).
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5. Insegnare a pregare
Volare uniti in formazione
Obiettivo
Invitare i genitori e scoprire il valore della preghiera in famiglia e ad
interrogarsi come insegnare ai figli a pregare.
Per iniziare (10 minuti)
Le anatre selvatiche nella loro trasmigrazione volano a stormi di
nove/dieci membri, disponendosi in modo da comporre la lettera V. Lo
stormo procede unito, guidato dalle due anatre agli estremi della lettera V. Si
è scoperto che questa scelta di volo ha un singolare vantaggio. Ogni anatra,
infatti, con lo sbattere delle ali avvantaggia la compagna che la segue, con un
risparmio di energie del 60-70%. Le due anatre di testa, poi, quando sono
stanche per il superiore sforzo compiuto, retrocedono in coda allo stormo e
sono sostituite dalle compagne che seguono immediatamente. Questa
collaborazione permette allo stormo di percorrere lunghe distanze28.
In famiglia al posto delle due anatre di testa si trovano papà e mamma.
Più la loro preghiera spiega le ali, maggiore è il sostegno spirituale per i figli. In
famiglia quando genitori e figli preghiamo insieme? Quali sono le nostre
principali difficoltà per la preghiera comune?
In ascolto della Parola (15 minuti)
L’esempio di Gesù. Per il Vangelo Gesù è l’uomo della preghiera.
Sovente egli si ritira per pregare. Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù
“congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare” (Mt 14,23). Dopo
un’intensa giornata di predicazione e di cura degli ammalati, il giorno
successivo Gesù “si alzò il mattino presto quando ancora era buio e, uscito, si
ritirò in un luogo deserto, e là pregava” (Mc 1,35). Nell’ora più difficile, quella
della passione, Gesù “andò al Monte degli Ulivi. Giunto nel luogo, disse ai
discepoli: «Pregate per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro
circa il tiro di un sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi,
allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà»” (Lc 22,39-42).
Gesù maestro di preghiera. Egli esorta ad un’assidua preghiera:
“Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire tutto
28 Il volo delle anatre può essere richiamato con un DVD disponibile presso l’Ufficio
Catechistico diocesano.
ciò che sta per accadere” (Lc 21,36). Si sofferma “sulla necessità di pregare
sempre, senza stancarsi mai” (Lc 18,1). Dopo aver invitato a entrare in
camera e a pregare il Padre, aggiunge: “Pregando, non sprecate parole come i
pagani… perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora
che glielo chiediate” (Mt 6,7-8). Infine insegna la preghiera che è la sintesi del
suo vangelo: “Voi pregate così: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il
tuo nome, ecc. »”(Mt, 6,9-13).
La nostra preghiera diventa efficace quando è unita a quella di Gesù. È
la sua promessa: “In verità, in verità vi dico: se chiedete qualche cosa al Padre
nel nome mio, egli ve la darà… Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia
piena” (Gv 16,23-24). La nostra preghiera è ancora più efficace se fatta
insieme: “In verità, in verità vi dico ancora: «Se due di voi sulla terra si mettono
d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela
concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in
mezzo a loro» (Mt 18,19-20).
Momento di riflessione (20 minuti)
Insegnaci a pregare. È la richiesta dei discepoli rivolta a Gesù (Cfr. Lc
11,1). Anche per noi pregare è un “apprendistato”: fondamentale è il
riferimento all’esempio e alla parola di Gesù. Pregare è un “dono” dello Spirito
Santo: “Non sappiamo pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso
intercede per noi… e viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26). Pregare
è un’ “arte”: si impara pregando. Non è facile la preghiera personale, ancora
più difficile quella in coppia. Pregare non è solo dire preghiere. Come adulti in
che modo cerchiamo di coltivare e migliorare la nostra preghiera? Quando e
come preghiamo in coppia?
Educare a pregare. “I bambini hanno diritto di essere aiutati a
pregare”29. Che cosa facciamo, come genitori, per rispettare questo diritto dei
nostri figli?
Pregare per i figli. I genitori hanno il dovere non solo di insegnare ai figli
a pregare, ma anche di pregare per loro. Abitualmente nella nostra preghiera
di genitori che cosa chiediamo per i nostri figli?
In famiglia (15 minuti)
La prima scuola di preghiera è la famiglia. Alcuni suggerimenti.
- Per i genitori “è importante pregare insieme ai figli; ancora più importante
che i bambini vedano gli adulti pregare”30.
- È doveroso continuare a condividere con i figli gesti e segni avviati in
precedenza: preghiera della sera e benedizione del bambino prima di
29
30
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 179.
Ivi, n. 182.
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coricarsi, invocazione del Signore e benedizione della mensa prima dei
pasti in comune… visita alla chiesa con un saluto particolare al Signore.
- È compito soprattutto dei genitori insegnare ai figli, in questa età, alcune
fondamentali formule della tradizione cristiana: il Segno della Croce, il
Padre Nostro, l’Ave Maria, l’Angelo di Dio… l’Eterno Riposo. Si può
consegnare ai genitori il sussidio A mane alzate. Preghiera in famiglia (III.
B 19).
- Pregare non significa solo dire le preghiere. Occorre aiutare i bambini a
rivolgersi spontaneamente al Signore con loro parole di dialogo, di
richiesta, di ringraziamento, di lode.
- È bene che i genitori spieghino ai figli, con parole semplici, le preghiere
insegnate, soprattutto le diverse frasi del Padre Nostro.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può leggere dal Vangelo di Luca il brano 11,1-4, quindi concludere con
la preghiera “Un’ala di riserva” (III. B 5).
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6. Introdurre alla Bibbia
A scuola del Vangelo
Obiettivo.
Aiutare i genitori a interrogarsi sulla loro familiarità con la Sacra Scrittura e
sulla loro missione di introdurre i figli ad un primo incontro con personaggi ed
episodi biblici.
Per iniziare (10 minuti)
In uno dei primi viaggi in America Latina Giovanni Paolo II incontrò una
popolazione indigena dell’altopiano andino, evangelizzata dai missionari. I
delegati della comunità andina, dopo aver ringraziato il Papa per la visita, gli
riconsegnarono la Bibbia, dicendo: “Caro Papa, riporta la Bibbia in Europa e
falla leggere ai cristiani conquistatori che sono venuti da noi. Essi ci hanno
derubati della nostra terra, hanno distrutto la nostra cultura, hanno
cancellato le nostre tradizioni, hanno umiliato la nostra vita e la nostra
dignità”. L’episodio destò scalpore!
Non basta possedere una Bibbia. Per molti cristiani essa resta un libro
impolverato… sigillato. Quanti di noi prendono in mano la Bibbia? In quali
occasioni?
In ascolto della Parola (15 minuti)
Gesù è venuto per dirci le parole del Padre: “La parola che voi ascoltate
non è mia ma del Padre che mi ha mandato… Non ho parlato da me stesso,
ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che
cosa devo dire” (Gv 12, 49; 14, 24). Aggiunge: “Se uno mi ama osserva la mia
parola” (Gv 14, 23). Rivolgendosi alla folla e ai suoi discepoli, Gesù diceva
loro: “Praticate e osservate tutto quello che gli scribi e i farisei vi dicono -gli
insegnamenti della Bibbia- ma non agite secondo le loro opere, perché dicono
e non fanno” (Mt 23,3). Al termine del discorso della Montagna, Gesù
conclude: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà
simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24).
Lo stesso Gesù ci ricorda che il Padre celeste si rivela ai piccoli, cioè ai
semplici, compresi i bambini. Ad essi svela il suo volto, il suo amore, il suo
regno: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt
11,24).
Già nell’Antico Testamento il Signore chiede ai genitori di trasmettere ai
figli i suoi insegnamenti e quello che ha fatto per il suo popolo: “Questi
precetti che oggi io ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne
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parlerai quando ti troverai in casa tua… quando ti coricherai e quando ti
alzerai… Quando tuo figlio ti domanderà: «Che cosa significano queste
istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore ti ha dato», tu
risponderai a tuo figlio: «Eravamo schiavi del Faraone in Egitto e il Signore ci
fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto gli occhi segni
e prodigi grandi… Il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi,
così da essere sempre felici»” (Dt 6,6 e 20-24).
Momento di riflessione (20 minuti)
Parola viva e attuale. Ognuno è invitato a rileggere i brani biblici proposti, a
sottolineare e, quindi, a condividere le frasi che più lo hanno colpito.
Dicono e non fanno. Insegna Gesù: “Non chi dice: «Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre… e ascolta le mie
parole»” (Mt 7,21 e 24). Dove riscontriamo una maggiore discordanza tra la
nostra vita e il Vangelo?
Due mense. È l’invito che san Giovanni Crisostomo rivolgeva ai genitori:
“Ritornati a casa, preparate due mense: una del cibo per il corpo e una della
Parola del Signore per lo spirito”. I genitori sono i primi annunciatori del
Vangelo. In casa qualche volta parliamo con i figli di Gesù, delle sue
parabole… di personaggi biblici?
In famiglia (15 minuti)
I genitori sono per i figli il primo Vangelo vivente. Interroghiamoci sulla
nostra testimonianza.
I piccoli intuiscono l’importanza del libro della Bibbia da segni e gesti: se
vedono i genitori leggere il Testo sacro, se alla Bibbia si dà un posto di rilievo,
se talvolta è ornata con addobbi e fiori… se in occasioni particolari ha una
esposizione centrale ed è illuminata con una candela.
Ai genitori, poi, si chiede di iniziare i figli a un primo incontro con la Bibbia:
la presentazione di taluni episodi e personaggi della Scrittura, della vita di
Gesù, di alcune parabole evangeliche. In questo sussidio sono proposte
alcune schede bibliche utili per i genitori.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può concludere con la lettura di Isaia 55,10-11, la recita di alcuni
versetti del Salmo 118, 1-2 e 33-40 e la preghiera riportata nella scheda dei
genitori (III. B 6).
7. Avviare alla fede nella quotidianità
Catechesi in pigiama
Obiettivo
Invitare i genitori a valorizzare esperienze quotidiane o saltuarie come vie
concrete di educazione religiosa.
Per iniziare (10 minuti)
Sono trascorsi tanti anni, ma Ambra conserva, indelebile, un’immagine
religiosa della sua infanzia. Scrive: “C’è un ricordo lontano che mi è molto
caro: l’immagine di mia nonna, seduta su una poltrona vicina alla finestra,
che legge attentamente la Bibbia e ogni tanto avvicina la pagina al viso. Ora
so che probabilmente faceva così per meglio leggere i caratteri piccoli. Ma
allora questo atteggiamento mi colpiva molto: era come se volesse entrare
dentro quel libro… È un’immagine che mi ha sempre accompagnato e mi
conferma come un frammento di vita e di autentica testimonianza di fede
vissuta valgano più di mille discorsi”31.
Anche noi conserviamo qualche ricordo religioso dell’infanzia vissuto in
famiglia e legato a gesti quotidiani, alla domenica… a feste liturgiche? Ognuno
è invitato a condividere in gruppo un suo ricordo religioso.
In ascolto della Parola (15 minuti)
Gesù è nato e cresciuto in una famiglia. Nella sua vita pubblica più volte
varcò la soglia di una casa. Dove entrava portava novità e vita. Nella casa di
Pietro guarì la suocera (Mt 8,14-15). Entrato in casa di Giàiro, disse ai genitori:
“Non piangete. Vostra figlia non è morta, ma dorme… Prese, poi, la mano
della ragazzina e disse: «Fanciulla alzati» e la vita ritornò in lei e si alzò
all’istante” (Lc 8,49-55). Gesù accettava di sedersi a tavola in casa di
peccatori e pubblicani e, ai farisei scandalizzati, rispondeva: “Io non sono
venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,13).
Gesù è di casa nella famiglia di Lazzaro. Pur apprezzando il servizio
premuroso di Marta, la esorta a dare priorità all’ascolto della parola del
Signore: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa
sola c’è bisogno. Maria ha scelto la cosa migliore” (Lc 10,42).
A Cana di Galilea, secondo il Vangelo di Giovanni, avvenne il primo
miracolo. Durante la festa di nozze la madre di Gesù dice al Figlio: “Non
31 Testo tratto da Fabio NARCISI, Comunicare la fede ai bambini, Ed. Paoline, Milano 2009,
pp. 90-91.
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hanno più vino” (Gv 2,3). L’acqua delle sei anfore, con oltre 600 litri, fu
cambiata da Gesù in buon vino. Con questo intervento, discreto e sconosciuto
agli invitati, Gesù non solo evita una situazione imbarazzante per i due novelli
sposi, ma intende anche assicurare che, dove è accolto, egli opera con
generosità nella vita di ogni coppia di sposi.
Sovente, ieri e oggi, il grido dei più piccoli può restare inascoltato. I
bambini, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri: “Vi abbiamo suonato il
flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”
(Lc 7,32).
che i genitori danno alle domande del bambino: chi è Dio e dove abita; perché
Gesù è sulla croce; dov’è il nonno dopo la morte; dove ero prima della
nascita… perché andare a messa la domenica. Sarà, poi, opportuno arricchire
l’universo religioso del bambino con episodi della vita di Gesù, con parabole
evangeliche, con richiami a personaggi biblici e a santi.
Esperienze religiose significative e regolari. In famiglia vengono proposte
concrete attività e gesti che possono introdurre il bambino in un’iniziale vita di
fede: preghiera regolare, valorizzazione del Giorno del Signore e delle
principali feste liturgiche, una graduale partecipazione alla messa con i
genitori, visita alla chiesa per familiarizzare il bambino con oggetti e segni
sacri, dall’altare al battistero, al tabernacolo, alle statue, alle candele… ai fiori.
Momento di riflessione (20 minuti)
Un ospite straordinario. Attesta Gesù: “Ecco, io sto alla porta e busso” (Ap
3,2). Egli sta anche sulla soglia della nostra casa. Non porta né oro, né
argento. Viene a visitarci, a condividere gioie e fatiche. Ci porta la carezza di
Dio, sostiene il nostro cammino, offrendo luce, sollievo, perdono… speranza.
Nella nostra vita personale e di coppia c’è posto per il Signore?
Acqua in vino. Nella relazione di coppia possono sorgere stanchezza,
usura, talvolta tensioni e incomprensioni. Il rapporto può essere rivitalizzato
con gesti semplici e concreti: una gentilezza, un apprezzamento, una
discussione franca… il perdono. Con quali gesti quotidiani cerchiamo di
ravvivare il nostro rapporto di coppia?
In ascolto del figlio. In questa età i bambini si esprimono in molti modi:
domande, richieste, voglia di raccontare, gesti di generosità, talvolta paure,
ripicche, capricci. Il primo nostro intervento di genitori è quello di scoprire che
cosa il figlio intende dirci con il suo comportamento. Abbiamo pazienza e
tempo per ascoltare, comprendere e offrire risposte sapienti?
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può concludere con la lettura del versetti di Marco 10,13-16 e utilizzare
la preghiera “Le gemme di Hasan”, riportata in II. C 2 o fare riferimento alla
preghiera della scheda per i genitori (III. B 7).
In famiglia (15 minuti)
Può essere utile tenere presente l’ammonizione di San Giovanni
Crisostomo: “Di fronte alla cura dei figli, ad allevarli educandoli e
ammonendoli nel Signore, tutto sia secondario. Non preoccupatevi che vostro
figlio abbia una vita lunga, ma raggiunga la vita immortale, la vita senza fine.
Date a lui cose grandi, non piccole”32. In questi anni il bambino, se
adeguatamente accompagnato, si apre a una prima scoperta di Dio e a
un’iniziale fede. La famiglia svolge un ruolo fondamentale nell’insegnamento
religioso attraverso diversi interventi.
Testimonianza religiosa dei genitori. Essi parlano al figlio attraverso il loro
riferimento a Dio, il loro amore reciproco, il perdono vicendevole, la loro
preghiera, … il loro modo di vivere il Giorno del Signore;
Una catechesi informale e occasionale. Sono le risposte, ispirate alla fede,
32
GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelia XXI sulla lettera agli Efesini.
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8. Iniziare i bambini alla messa
Una tavola più grande
Obiettivo.
Invitare i genitori a offrire al figlio un’iniziale spiegazione della messa e a
partecipare con lui all’eucarestia domenicale.
Per iniziare (10 minuti)
Matteo ha cinque anni. Ama gli animali domestici. A fine settimana lascia
la città e con i genitori fa visita in campagna ai nonni. Appena entra nella
fattoria, corre nella stalla per osservare gli animali e giocare con i conigli. Un
sabato pomeriggio la mamma si avvicina e dice a Matteo: “Lascia i conigli.
Dobbiamo andare alla messa per il nonno morto lo scorso anno”. Matteo
guarda il piccolo coniglio che tiene fra le mani. Dispiaciuto di doverlo
abbandonare, mormora fra sé: “Voi, conigli, siete fortunati. Non dovete
andare a messa!”.
Perché sovente i bambini non vanno volentieri a messa? Come genitori
che cosa facciamo per convincere i nostri bambini a venire a messa con noi?
In ascolto della Parola (15 minuti)
San Paolo richiama l’istituzione dell’eucarestia: “Io ho ricevuto dal Signore
quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui
veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse:
«Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo
stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice, dicendo: «Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in
memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al
calice voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11,2326). Il brano biblico offre un ricco contenuto teologico:
- La messa proclama e rende presente il sacrificio di Gesù, fonte della
nostra salvezza.
- Ogni volta che noi, sacerdote e fedeli, celebriamo l’eucarestia, Dio
rinnova la sua alleanza, conferma la sua comunione con noi. Un dono
che attende una nostra risposta: una rinnovata comunione con il
Signore e con i fratelli.
- Al tradimento - un gesto d’ingratitudine e di rifiuto - Gesù risponde
con il più grande segno di amore: ci dà tutto se se stesso, il suo corpo
e sangue. Vivere l’eucarestia è impegnarci a rispondere al male con il
bene!
Gesù annuncia che egli è il pane di vita: “I vostri padri hanno mangiato la
manna nel deserto e sono morti. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno
mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per
la vita del mondo… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in
me e io in lui” (Gv 6,49-51 e 56). Del pane eucaristico la Chiesa proclama:
“Pane vivo, che dà la vita… Pane dei pellegrini, vero pane dei figli” (Sequenza
del Corpus Domini). Traspare un chiaro insegnamento: la celebrazione
dell’eucarestia è per noi nutrimento, fonte di vita, feconda esperienza di
comunione con il Signore e con i fratelli.
Il Concilio Vaticano II conferma che l’eucarestia è “fonte e culmine di tutta
la vita cristiana”, è il sacrificio della croce nel quale “si rinnova l’opera della
nostra redenzione” e nel pane eucaristico “è rappresentata e prodotta l’unità
dei fedeli”33.
Momento di riflessione (20 minuti)
Mistero. La messa è un mistero di amore, di salvezza, di vita. Ne
percepiamo una parte. Molto resta da scoprire. Per ciascuno di noi che cosa è
la messa? Rimeditando la Parola sopra riportata, quali sono gli aspetti della
celebrazione eucaristica che riteniamo fondamentali?
Fonte di comunione. Nella messa si ascolta la stessa Parola e ci si nutre
dell’unico Pane che è Cristo. La partecipazione alla celebrazione
dell’eucarestia arricchisce e ravviva il nostro amore di coniugi e di genitori. È
possibile, almeno periodicamente, partecipare insieme, genitori e figli, alla
messa domenicale?
Due tavole. La messa per i cristiani in una certa misura inizia in famiglia
attorno alla mensa domestica e si compie in chiesa attorno alla mensa
eucaristica. La preghiera insieme prima dei pasti, la condivisione dello stesso
cibo, il servizio a tavola, la serenità e la gioia di mangiare insieme… l’ascolto
vicendevole fra genitori e figli sono un passo che prepara e anticipa la
celebrazione della messa. Come ripensare il pasto comune consumato in
famiglia affinché sia un remoto inizio della messa?
In famiglia (15 minuti)
Si sa che “non è facile introdurre i bambini alla comprensione della
messa”34. Una prima iniziazione alla messa è missione dei genitori. Qualche
suggerimento.
Messa della famiglia. È formativo in questa età che genitori e figli insieme
prendano parte, con una certa frequenza, alla messa domenicale,
33 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 11 e 31.
34 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, nn. 213-214. La stessa pagina del
Catechismo offre utili indicazioni per introdurre i bambini alla messa.
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possibilmente nella propria comunità parrocchiale. La scelta dei genitori di
non trascurare la messa e il parteciparvi dicono al figlio più di ogni parola che
la messa è importante, è una festa.
L’esempio che coinvolge. I bambini capiscono poco del mistero della
messa. La partecipazione attiva dei genitori alla celebrazione, il loro
raccoglimento, l’inginocchiarsi…la condivisione del canto sono segni e gesti
che aiutano il bambino a intuire che nella messa accade qualcosa di grande.
Alcuni segni. È opportuno che i bambini sviluppino un’iniziale familiarità
con alcuni segni propri della messa: l’altare che è la tavola comune, il leggio
dove è collocato un grande libro, il calice che è come un capiente bicchiere di
casa, l’ostia che, pur sottile, richiama una fetta di pane, i fiori che dicono festa
per la presenza di Gesù. A questo scopo è preziosa la visita alla chiesa
accompagnata dalla spiegazione dei genitori.
Con l’assemblea. Durante la celebrazione della messa i bambini sono
invitati a prendere parte ai gesti vissuti dagli adulti: associarsi al canto,
inginocchiarsi, alzare le mani, porre nella borsa della colletta l’offerta
preparata dai genitori e la propria moneta quale piccolo segno della loro
generosità, sussurrare alla consacrazione piccole invocazioni suggerite dai
genitori, come “Grazie Gesù che vieni in mezzo a noi. Gesù, aiuta tutti i
bambini… Gesù, benedici i nonni”, scambiare la pace con i vicini.
Prima partecipazione. I bambini possono essere coinvolti in alcuni
momenti della celebrazione. Il sacerdote prevede per i più grandicelli un ruolo
nella processione offertoriale; può invitare tutti i bambini attorno all’altare per
la preghiera del Padre Nostro e scambiare il segno della pace che ciascun
bambino porterà ai fedeli; potrebbe suggerire alla mamma o al papà, che si
accosta alla comunione, di condurre con sé il bambino che si accosta al
celebrante per ricevere sulla fronte un segno di croce, quale benedizione al
posto della comunione che riceverà un giorno.
In casa. In famiglia si può riflettere con il figlio sulla messa: rispondere alle
domande del bambino che ha preso parte all’eucaristia; fare un collegamento
fra la condivisione attorno alla tavola domestica e quella in chiesa; invitare il
bambino ad una piccola rinuncia affinché anch’egli possa partecipare al
momento della colletta in chiesa con qualcosa di suo; commentare alcuni
segni e gesti della messa che, riportati su un sussidio (III. C 1)., il bambino
potrebbe poi colorare.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può leggere il brano di Matteo 26,26-28. Quindi si può concludere con la
recita della “Sequenza” del Corpus Domini, oppure con la preghiera riportata
nella scheda per i genitori (III. B 8).
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II.
LEGGERE INSIEME LA BIBBIA
Anche questa sezione, come la precedente, propone otto tracce di
riflessione per il catechista e altrettante schede per i genitori. Esse hanno lo
scopo di promuovere un più approfondito incontro con la parola di Dio
attraverso la scelta di alcuni brani biblici dell’Antico Testamento e del Vangelo.
In particolare i genitori sono invitati non solo a conoscere e ad accogliere la
Parola rivelata, a introdurre ad essa, a misura dell’età, i figli, ma anche a
leggerla insieme nella propria famiglia.
Le prime tre tracce di riflessione fanno da portale alle altre. Richiamano i
fondamenti della nostra vita di credenti: la comunità ecclesiale, la madre che
ci ha generati alla vita nuova e ci nutre, è la casa comune (tema 9); la Sacra
Scrittura, il libro della fede, alimenta e orienta la nostra ricerca e risposta a
Dio (tema 10); Gesù, il Figlio di Dio, è il nostro Salvatore, la nostra guida, il
nostro maestro e modello(tema 11).
Le successive cinque tracce si soffermano ognuna su una pagina biblica:
la creazione, Mosè salvato dalle acque, il Buon Pastore, la pecorella ritrovata,
il Buon Samaritano. Ogni brano è preceduto da un' introduzione al fine di favorire una migliore comprensione del testo. Si chiede, dopo la lettura della
pagina biblica, al catechista di farne un breve commento, utile al gruppo per
la sua riflessione e condivisione.
I temi biblici proposti sono numericamente limitati, anche se rilevanti per il
cammino di fede dei genitori e significativi per i bambini. Altri episodi e
personaggi biblici sono opportunamente richiamati e proposti nel catechismo
dei bambini, Lasciate che i bambini vengano me (pp. 72-113). Sono testi di
facile accesso. Arricchiti da disegni, possono essere utilizzati con profitto in
ogni famiglia.
Nella sussidiazione, poi, si trova un testo, semplice ed essenziale, di
presentazione di alcuni personaggi ed episodi dell’Antico e del Nuovo
Testamento, dal titolo Silenzio… Parla Dio (III. B 17 a e b). Il testo è destinato
ai genitori. Con le sue annotazioni pedagogiche e suggerimenti operativi, può
essere utilmente valorizzato, grazie alla mediazione dei genitori, per un
ulteriore accostamento dei bambini alla Bibbia. Più cresce la familiarità con la
Sacra Scrittura, più grande sarà l’amore ad essa e più avvertito sarà il
desiderio di farla conoscere anche ai figli.
Il riferimento alla Bibbia, presente nelle tracce di riflessione della prima
sezione, è ancora più accentuato in questa sezione. La parola di Dio è luce ai
nostri passi. È necessario conoscere e ascoltare questa Parola in modo che
essa illumini, interpelli, orienti la nostra vita e le nostre scelte. Occorre che
nasca un costante dialogo e un fattivo scambio tra vita e Parola. La prima
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pone interrogativi, domande, attese. La seconda risponde, scuote, apre nuovi
orizzonti.
La parola di Dio, presente nelle sedici tracce di riflessione, rinvia, in modo
esplicito o indiretto, a tre sacramenti: il battesimo (tema 13), l’eucaristia
(tema 8), la confessione o riconciliazione (tema 15). Sono sacramenti che
fondano e sostengono la vita cristiana. Sarà utile dare ad essi la doverosa
attenzione per approfondire il loro significato e per favorire la dovuta
accoglienza.
In tutte le sedici schede per i genitori si trova una costante proposta di
preghiere. Si vuole, così, offrire un aiuto ai genitori, ma anche invitarli a dare il
necessario spazio alla preghiera personale, di coppia e in famiglia. Oltre alle
preghiere proposte nelle schede, si può utilizzare la raccolta di preghiere A
mani alzate. Preghiera in famiglia (III. B 19). Essa si aggiunge ai sussidi
proposti nella Fase I e nella Fase II.
9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana
La casa comune
Obiettivo
Invitare i genitori a ravvivare il legame con la propria comunità parrocchiale
e ad accompagnare i figli nella scoperta dell’edificio chiesa e ad un iniziale
inserimento nella comunità.
Per iniziare (10 minuti)
Il 1980 fu l’anno del terremoto in Irpinia. Molti paesi furono gravemente
danneggiati o distrutti: morti, feriti, abitazioni lesionate, o crollate. Monsignor
Tonino Bello visitò la regione colpita dal sisma. Racconta che si fermò in un
piccolo paese colpito a morte. Tutte le case erano diroccate o rase al suolo.
Solo la chiesa parrocchiale rimase in piedi. Intatta. Incontrò uno dei
sopravissuti, al quale domandò perché la chiesa fosse stata risparmiata dal
terremoto. L’interpellato non seppe dare una risposta. Spiegò, però, l’origine
della chiesa. Molti decenni fa, raccontò, in questo paese c’era un mulino
gestito da due fratelli, uno sposato e l’altro celibe. Tra i due c’era una grande
solidarietà. Il celibe, a notte fonda, lasciava la sua abitazione, entrava nel
mulino, riempiva un sacco di farina e lo portava nella casa del fratello, poiché
riteneva che questi, con la sua numerosa famiglia, avesse maggior bisogno.
Analoga operazione era compiuta dal fratello sposato. A notte inoltrata,
mentre la sua famiglia dormiva, si recava nel mulino e, riempito un sacco di
farina, lo andava a deporre nella casa del fratello celibe. Pensava che,
essendo questi solo, un giorno un po’ di farina in più gli sarebbe stato utile.
Questo singolare scambio notturno durò a lungo, all’insaputa dell’uno e
dell’altro. Una notte, però, i due fratelli si incrociarono sulla piazza del paese,
ognuno con il suo sacco di farina. I due si guardarono e, commossi, si
abbracciarono. In quel luogo dell’incontro fu deciso di costruire questa
chiesa. La chiamarono “chiesa dell’abbraccio”.
Attorno alla chiesa ogni comunità cristiana nasce e si regge se fondata
sulla solidarietà, la condivisione, l’unità fraterna. I bambini sono un dono per
la famiglia e una ricchezza per la Chiesa. Come la nostra comunità
parrocchiale accoglie e valorizza i bambini?
In ascolto della Parola (15 minuti)
La parola “chiesa-ecclesia” negli scritti del Nuovo Testamento significa
“convocazione”, “assemblea”, “comunità”. È chiamata convocazione perché è
radunata da Dio. Essa è formata da cristiani che hanno accolto la chiamata
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del Signore e il suo dono di salvezza. I cristiani di un territorio, quando si
riuniscono per celebrare e lodare Dio, sono l’assemblea del Signore, perché
da Dio convocata e guidata. I cristiani di un luogo, uniti dalla stessa fede,
sorretti dalla medesima speranza e animati da una viva carità, formano una
comunità fraterna, alimentata dalla parola di Dio e dall’eucaristia.
Le Chiese, delle quali parlano gli Apostoli, sono piccole comunità di
cristiani che vivono in una città: la Chiesa di Gerusalemme (Atti 5,11; 11,22),
la Chiesa di Antiochia (Atti 11,36), la Chiesa di Dio che è in Corinto (1Cor 1,2),
la Chiesa dei Tessalonicesi (Ts 1,1), le Chiese della Galazia (Gal 1,2)… le sette
Chiese dell’Apocalisse (Ap 1,4).
Le prime comunità cristiane non avevano un edificio specifico per le loro
celebrazioni, ma si riunivano in case private, come nell’abitazione di Filemone
(Fm 2), in quella di Aquila e Priscilla (1Cor 16,19).
Per San Paolo i cristiani, pur diversi, sono profondamente uniti e formano
un solo corpo che è la Chiesa. Essa è la presenza fisica del Cristo risorto e
invisibile: “Noi siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo
corpo… Dio ha disposto le membra del corpo [umano] in modo distinto…
Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla
mano: ‘Non ho bisogno di te’; oppure la testa ai piedi: ‘Non ho bisogno di voi’.
Anzi le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie…
Dio ha disposto il corpo perché non vi sia divisione, ma anzi le varie membra
abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra
soffrono insieme… Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria
parte, sue membra” (1 Cor 12, 12-30).
L’antica comunità di Gerusalemme, che fu la prima Chiesa, è presentata
come modello ideale al quale dovrebbe tendere ogni comunità cristiana:
“Coloro che accolsero la Parola furono battezzati… Erano perseveranti
nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione [dei beni], nello spezzare
il pane [la condivisione del pasto ma soprattutto la celebrazione eucaristica]
e nelle preghiere… Tutti i credenti stavano insieme ed avevano ogni cosa in
comune, vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti,
secondo il bisogno di ciascuno”(At 2, 41-45). Aggiunge il testo: “Coloro che
erano diventati credenti avevano un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32).
Con i suoi limiti e debolezze, anche gravi, la Chiesa resta madre. La si ama,
non la si rinnega al pari della propria madre. Della nostra comunità cristiana
che cosa ci piace e che cosa non condividiamo?
Membra vive. Come cristiani siamo membri della Chiesa, corpo di Cristo.
Ognuno nella propria comunità cristiana è chiamato a svolgere la sua parte:
ha un posto, una funzione, una responsabilità. Nessun membro è secondario
o inutile. Qual è il nostro contributo e la nostra partecipazione alla nostra
comunità parrocchiale: dalla messa domenicale alle attività pastorali, dalle
opere caritative ai servizi educativi… alle necessità economiche.
Famiglia di fratelli. C’è spirito di comunità quando c’è una buona relazione
di vicinato, esiste armonia tra le persone, cresce la stima vicendevole,
soprattutto viene dato spazio alla solidarietà, all’aiuto a chi è in difficoltà.
Nella nostra comunità parrocchiale come possiamo contribuire alla crescita
della comunione fraterna?
Momento di riflessione (20 minuti)
Chiesa madre. Con il battesimo la Chiesa ci ha rigenerati a vita nuova.
Siamo diventati suoi figli. La nostra comunità cristiana come madre ci
accoglie, alimenta la nostra fede con la Parola, ci nutre con l’eucaristia, ci
offre il perdono del Padre, benedice il nostro amore di sposi e di genitori… ci
affida alla misericordia di Dio alla conclusione della vita. Afferma San
Cipriano: “Non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre”.
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In famiglia (15 minuti)
Dopo i tre anni l’orizzonte del bambino si dilata notevolmente oltre la
famiglia. Cresce la sua curiosità per ciò che lo circonda: animali, fiori, natura,
ambiente. Si sviluppa l’interesse per nuove relazioni: stare insieme e giocare
con i coetanei, visitare con i genitori altre famiglie, prendere parte a ritrovi e
feste degli adulti. Per il bambino sono gli anni di un’iniziale scoperta e
partecipazione alla comunità cristiana, nella quale incontra altri fratelli, piccoli
e grandi. Con essi percepisce di essere parte di una famiglia più grande.
Anche se inconsapevolmente, inizia a sperimentare che non si è cristiano da
solo, ma si cresce con altri fratelli di fede. Alcuni suggerimenti35.
Chiesa domestica. Il bambino vive la prima esperienza di Chiesa in
famiglia, nella misura in cui essa è comunità di amore, spazio di ascolto e di
dialogo, luogo di comprensione e di perdono…scuola di preghiera e del
Vangelo.
La casa del Signore e degli uomini. Essa è la chiesa parrocchiale. Il
bambino con la partecipazione, sempre più frequente, alla messa domenicale
percepisce che la chiesa è la casa comune di tutti i cristiani. Attraverso una
specifica visita alla chiesa, i genitori possono spiegare il significato dei
principali segni, oggetti e suppellettili di questa singolare casa: l’altare,
l’ambone, il tabernacolo, il battistero, il confessionale, le pitture, le statue,
come pure i banchi, le luci, i fiori, eccetera. Il commento iniziato in chiesa può
continuare in famiglia invitando il bambino ad osservare, ed eventualmente
colorare, disegni di oggetti e arredi sacri.
Al fonte battesimale. Si suggerisce ai genitori di accompagnare il figlio al
35 Utili indicazioni si incontrano nel catechismo della CEI, Lasciate che i bambini vengano a
me, nn. 92-96 e 212.
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fonte battesimale. Con il dovuto raccoglimento ci si accosta al fonte e insieme
si ringrazia il Signore con una breve invocazione: “In quest’acqua siamo stati
lavati e siamo diventati tutti figli di Dio. Signore, noi ti diciamo grazie”. Si può
deporre un fiore e concludere con il Padre Nostro.
Una grande famiglia. La comunità cristiana è una famiglia allargata, fatta
di tante persone e di momenti comuni. È bene per il bambino incominciare a
conoscere alcune persone che svolgono un compito particolare nella
comunità cristiana: il sacerdote, la religiosa, gli addetti alla cura della
chiesa…chi opera nel servizio caritativo. Ogni bambino, poi, incomincia a
percepire la comunità parrocchiale se ha la possibilità di condividere, oltre la
messa domenicale, esperienze comuni: vita di oratorio, feste… piccole
iniziative di solidarietà.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si invita a leggere il brano della Lettera ai Romani 12, 4-10, dove san
Paolo esorta i cristiani a comportarsi come membra dello stesso corpo. Si può
concludere con la preghiera “La chiesa che amo”, riportata nella scheda dei
genitori (III. B 9).
10. Porre al centro la Sacra Scrittura
Il libro della fede
Obiettivo
Invitare i genitori ad interrogarsi sulla loro accoglienza della Bibbia quale
Parola di Dio che nutre la nostra fede e a favorire nei figli un iniziale incontro
con il Testo Sacro.
Per iniziare (10 minuti)
Si racconta di una singolare pratica religiosa diffusa in uno dei monasteri
del Monte Athos. Alla sera, al termine dell’ultima preghiera corale, ogni
monaco prima di ritirarsi in cella si avvicinava al grande libro della Bibbia
posto al centro del presbiterio. Appoggiava per qualche istante la testa e
l’orecchio sul sacro testo che baciava prima di andarsene. Era l’incontro
finale con la Parola di Dio, già letta e meditata durante il giorno. Un gesto
semplice e ricco di significato. Ognuno esprimeva il suo grazie al Signore che
non si stanca di parlare. Voleva, ancora una volta, verificare la propria vita
sulla Parola. Chiedeva al Signore di continuare ad illuminarlo e a sostenerlo
nel suo cammino.
Scrive san Girolamo: “Ignorare le Sacre Scritture è ignorare Cristo”. In
quasi tutte le famiglie c’è una Bibbia. Talvolta impolverata. Qualche volta i
nostri figli ci vedono con la Bibbia in mano?
In ascolto della Parola (20 minuti)
Prima di leggere ed approfondire la Parola proposta, si suggerisce di
riflettere sulla natura e significato della Bibbia. Si possono utilizzare le brevi
annotazioni riportate in seconda pagina della scheda per i genitori (III. B 10).
Una Parola viva e feconda: “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal
cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e
fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così
sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho
mandata” (Is 55,10-11).
Dio semina con generosità la sua Parola, accolta con esiti diversi: “Egli
parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a
seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli
uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non
c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma
quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte
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cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul
terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha
orecchi, ascolti»” (Mt 13,3-9).
Terminato il lungo discorso della montagna, Gesù disse: “Perciò chiunque
ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio,
che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i
fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde,
perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le
mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa
sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si
abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande” (Mt
7,24-27).
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può utilizzare il Catechismo dei bambini36.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può rileggere il brano di Matteo 7, 24-27 e lasciare un tempo di silenzio.
Momento di riflessione (20 minuti)
La Parola. Tante le parole. Molte scontate, altre inutili, alcune dannose.
Quella di Dio è parola di sapienza, di vita, di grazia. Dal cielo una voce disse
all’apostolo Giovanni: “Prendi il libro, divoralo. In bocca ti sarà dolce come il
miele” (Ap 10,9). Quale posto occupa la Bibbia nella nostra vita? Che tempo
diamo a questa Parola?
Fonte di insegnamento. Scrive san Paolo a Timoteo: “Tutta la Scrittura,
ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed
educare” (2Tim 3,16). Nell’educazione dei figli talvolta facciamo riferimento
alla Bibbia e a quali personaggi, episodi o frasi ci ispiriamo?
Condividere la Parola. Non sempre le parole della Bibbia sono
comprensibili e di facile applicazione. Perché non prevedere regolari incontri
con altre coppie di genitori per approfondire e condividere passi biblici?
In famiglia (15 minuti)
Alcuni suggerimenti per un iniziale avvicinamento dei figli al Testo Sacro.
Esempio dei genitori. I bambini intuiscono l’importanza di questo
particolare libro se talvolta vedono i genitori con la Bibbia in mano.
Un posto d’onore. La Bibbia è un testo sacro, diverso dagli altri libri. I
bambini possono percepirne la “sacralità” da alcuni segni: la sua collocazione,
talvolta una piccola cerimonia di intronizzazione, un particolare ornamento
con fiori o candele… l’invito al bambino di accarezzare o baciare il testo.
Un regalo. I bambini ricevono tanti doni. Perché non regalare una Bibbia
per bambini? Esistono molte edizioni.
Leggere insieme. I genitori sono invitati, con una certa regolarità, a leggere
insieme ai figli e a commentare episodi biblici, parabole evangeliche, fatti
della vita di Gesù. Oltre alle schede bibliche proposte in questo sussidio, si
36 Nel testo, Lasciate che i bambini vengano a me, oltre a 21 episodi biblici (pp. 72-113)
sono di aiuto i suggerimenti introduttivi (pp. 69-71).
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11. Conoscere Gesù
Gesù Figlio di Dio
Obiettivo
Invitare i genitori ad interrogarsi sulla loro relazione con Gesù Cristo e su
come far conoscere Gesù ai figli.
Per iniziare (10 minuti)
La confessione di Pietro può servire di avvio all’incontro: “Gesù, giunto
nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi
dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il
Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi
dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente»” (Mt 16, 13-16).
Per la prima volta ad Antiochia, attorno agli anni ’40, i discepoli di Gesù
furono chiamati “cristiani” (At 11, 26). Anche noi siamo cristiani: crediamo in
Gesù Cristo, ci siamo fatti un’idea di lui… abbiamo scelto il battesimo per i
nostri figli. Chiediamoci: “Chi è per me Gesù Cristo? Che cosa mi piace di
Gesù?”.
In ascolto della Parola (20 minuti)
Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo. Lo attesta san Giovanni: Gesù, il Verbo
eterno, “era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”
(Gv 1,14). È confermato da Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt
16,16).
Ci ha fatto conoscere il Padre. Gesù ci parla di un Padre provvidente: se si
prende cura dei gigli dei campi, degli uccelli, “non farà molto di più per voi,
gente di poca fede?” (Mt 6,30). Ci ricorda che il Padre celeste “fa piovere sui
giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Si sofferma sulla sua misericordia: è un Padre
che corre incontro al figlio che ritorna dalla sua strada sbagliata e gli si getta
al collo e lo bacia (cfr. Lc 15,20). Non solo ci insegna a chiamare Dio come
“Padre nostro”, ma ci fa conoscere il suo nome e le sue parole (cfr. Gv 17,6 e
14).
Si presentò come servo. Scrive san Paolo: Gesù “pur essendo di natura
divina, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo” (Fil 2,6-7). Come
un servo Gesù nell’ultima cena “si alzò da tavola, si cinse un asciugamano e
cominciò a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13,4-5).
Passò facendo del bene. Hanno beneficiato della presenza di Gesù
ammalati, storpi, ciechi, indemoniati. Riportò in vita la figlia di Giàiro, l’amico
Lazzaro, il figlio della vedova di Naim. Moltiplicò il pane per la folla affamata.
Venne per salvare. Gesù stesso dichiara lo scopo della sua missione: “Non
sono venuto per condannare, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47). Aggiunge:
“Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano”
(Lc 5,32). Come buon pastore si prende cura delle pecore e per esse “dà la
propria vita” (Gv 10,11). Accettò di essere condannato a morte per la nostra
salvezza: “Siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo”
(Rom 5,10).
Continua ad intercedere per noi. Gesù Cristo, risorto, siede alla destra del
Padre: prega per noi, ci dona il suo Spirito, la sua grazia, la sua pace. Presente
nella Chiesa, ci nutre con la sua Parola ed il suo Corpo. Ci assicura: “Io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Momento di riflessione (20 minuti)
Salvatore. La Parola di Dio, che è stata proposta, si sofferma su tratti
fondamentali di Gesù. Egli è il Figlio di Dio che si è fatto uno di noi, ci ama, si
prende cura, guarisce, serve, perdona, salva… intercede per noi. Quali dei
tratti di Gesù richiamati dalla Parola ci colpiscono di più? Se Gesù è il
Salvatore, quale salvezza chiediamo ed attendiamo da Gesù Cristo?
Verso Oriente. Nell’antichità il battesimo degli adulti iniziava con un rito
particolare. Il candidato prima si voltava verso l’occidente, dove scompare il
sole per dare spazio alla notte, e faceva la sua rinuncia a Satana e ad ogni
male. Quindi, si voltava ad oriente, dove spunta il sole, e faceva la sua
professione di fede. Con questo gesto si impegnava a incamminarsi verso
Cristo, il vero Sole, e a fare di lui il centro della vita. Anche noi, come cristiani,
abbiamo scelto l’Oriente, Gesù Cristo. Come coltiviamo il nostro rapporto, la
nostra relazione con Gesù?
Diventare discepoli. “Vieni e seguimi” è l’invito che Gesù rivolge a chi vuole
essere cristiano, suo discepolo. Seguire Gesù è accogliere la sua Parola, è
servire ed amarci come lui ci ha amati, è perdonare ed essere operatori di
pace…è pregare come lui ci ha insegnato. Quali sono per me i comportamenti
di Gesù che ritengo fondamentali per essere suo discepolo?
In famiglia (15 minuti)
Anche i nostri figli, sin da piccoli, hanno diritto di conoscere e, a loro modo,
di incontrare Gesù. Alcuni suggerimenti.
Prima delle parole. I genitori parlano di Gesù in primo luogo attraverso la
loro esperienza personale: come essi vivono la loro relazione con Gesù. È il
Magistero della vita!
Il primo annuncio ai bambini. È il momento di una prima presentazione di
chi è Gesù. La scheda per i genitori (III. B 11), richiamandosi al Catechismo
dei bambini, offre un esempio per una prima comunicazione. Toccherà ai
- 53 -
genitori individuare tempi e modi per parlare di Gesù.
Partire dal Vangelo. La vita di Gesù è narrata nei Vangeli. Si possono
raccontare e commentare alcuni episodi, parabole e miracoli tratti dal
Vangelo.
Con immagini e segni. I bambini imparano e sono colpiti da immagini,
oggetti, segni. Hanno bisogno di vedere e di toccare. Alcune proposte:
realizzare insieme il presepio, pregare dinanzi al crocefisso, fermarsi in
raccoglimento dinanzi al tabernacolo… invitare il bambino a rivolgere un
saluto ad un’immagine di Gesù in casa o in chiesa.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può leggere il brano di Giovanni 15, 12-17 e concludere con la
preghiera, in prima pagina, della scheda dei genitori.
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12. Comprendere il dono della creazione
Le mani di Dio
Obiettivo
Avvicinare i genitori al testo biblico della creazione per apprezzarne il dono
di Dio e la responsabilità degli uomini e per suscitare nei bambini stupore e
gratitudine.
Per iniziare (10 minuti)
L’anziano rabbi Bargiona si avvaleva di una sua curiosa storiella per
attirare nei ragazzi l’attenzione sull’origine della terra e sul disegno di Dio. Il
Signore, raccontava, dopo aver fatto il cielo e gli astri, un giorno decise di
creare la terra e i suoi abitanti. Impastò fango e plasmò un’enorme sfera.
Divise il mare dalla pianura e dai monti. Assegnò il loro posto ai pesci, alle
piante, agli animali e all’uomo. Appena Dio terminava la sua impegnativa
opera, la grande sfera terrestre si sgretolava e si frantumava. La terra e le
sue creature scomparivano. Dio tentò una seconda, poi una terza volta di
rifare la sua opera. Tutto invano. Sempre lo stesso fallimento. Incominciò a
pensare: “Tutto è stato fatto con cura e precisione. Non capisco perché la
terra non stia in piedi. Forse ho dimenticato un ingrediente: il rispetto
reciproco”. Dio riprovò nuovamente. Prima creò il collante del rispetto
reciproco, poi impastò la terra, sulla quale pose piante e animali. Questa volta
la terra non si sgretolò. Piante ed animali crebbero e si moltiplicarono.
Oggi la terra “si sta sgretolando”. Essa è ammalata: deforestazione,
sfruttamento…inquinamento. Anche il nostro territorio -montagne e
coltivazioni, acqua ed atmosfera, presenza di animali e insediamenti umanipresenta ferite. Quali sono i maggiori degradi del nostro territorio e quali le
cause?
In ascolto della Parola (20 minuti)
Il libro della Genesi offre due racconti della creazione. Il secondo (Gn 2,4b25) parla essenzialmente della formazione dell’uomo e della donna. Il primo
racconto (Gn 1,2-4a) intende offrire una visione completa dell’origine del
cielo, della terra e degli esseri terrestri.
Si propone alla riflessione il primo racconto della creazione. Si può fare
riferimento e leggere insieme Genesi 1, 2-4a, oppure la sua versione sintetica
suggerita dal Catechismo dei bambini37 e riportata nella scheda dei genitori
37
- 55 -
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 72.
- 56 -
(III. B 12).
Il racconto biblico non è una spiegazione scientifica dell’origine del mondo,
ma intende offrire un insegnamento teologico del quale si possono richiamare
alcuni tratti essenziali.
* L’universo ha avuto un inizio. Dio è anteriore ed è all’origine
dell’universo.
* L’esistenza del cielo e della terra, la vita delle piante, degli animali e
dell’uomo sono doni di Dio. Un dono che è per tutti.
* Nella creazione c’è un ordine crescente di dignità: in vetta è posto
l’uomo.
* L’uomo e la donna hanno pari dignità. Fatti ad immagine di Dio intelligenti e liberi- sono al centro della creazione ed hanno il potere di
dominare sugli altri viventi.
* Dio interviene con la sua Parola: “Dio disse”. Si sottolinea così l’iniziativa
di Dio e l’efficacia della sua Parola capace di fare esistere e di mettere ordine.
* La creazione, distribuita in una settimana, è uno schema che ha un suo
insegnamento: dopo sei giorni di lavoro anche per l’uomo, ad imitazione di
Dio, c’è il riposo settimanale.
* Il riposo di Dio e dell’uomo è al settimo giorno. Esso è il sabato per gli
ebrei, la domenica per i cristiani.
Momento di riflessione (20 minuti)
La terra è di Dio. Il racconto della creazione lascia intendere che la terra e
le sue risorse sono un dono di Dio per tutti gli uomini. Contrasta questo
disegno di Dio l’ingiusta distribuzione della ricchezza, la spoliazione di risorse
naturali a danno di intere popolazioni, lo sfruttamento delle persone,
l’impossibilità per molti di usufruire dell’accesso ai beni della terra. Nel nostro
piccolo, come cristiani, possiamo e dobbiamo fare qualche cosa?
Le nostre mani. Dio affida il creato agli uomini, chiamati a continuare
l’pera delle sue mani: da una parte assoggettare la terra, nutrirsi dei suoi
frutti, dominare su ogni essere vivente, dall’altra rispettare la terra, coltivarla,
ma difenderla da insensati sfruttamenti e da incomprensibili sprechi. Che
cosa possiamo fare per difendere il nostro territorio, difendere l’ambiente,
l’acqua… le risorse?
Uomo e donna. Ogni persona, piccola o grande, maschio o femmina,
italiana o straniera è un’immagine di Dio, porta il sigillo della sua bellezza e
grandezza. Tutti hanno la stessa dignità, gli stessi diritti. Chi è l’altro da noi
che non rispettiamo nella sua dignità e diritti fondamentali? Nella società e
nella Chiesa la donna è adeguatamente difesa, rispettata e valorizzata?
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13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale
Il bambino salvato dalle acque
Obiettivo
Nel rileggere la storia di Mosè, salvato dalle acque, aiutare i genitori a
prendere atto che Dio ha progetti di vita per ogni persona e ad interrogarsi
sull’impegno educativo assunto con il battesimo del figlio.
Per iniziare (10 minuti)
Un signore, mentre passeggiava sulla spiaggia, vide un ragazzino che
lanciava in acque stelle marine. Incuriosito, chiese il perché di questo gesto.
Prontamente il ragazzino rispose: “Durante la notte l’alta marea riempie la
spiaggia di stelle marine. Se lasciate sulla sabbia, con l’arrivo del sole
muoiono”. Domandò: “Quante stelle marine ributti in acqua?”. Risposta:
“Qualcuna”. Replicò il signore: “Mi pare una inutile fatica. La spiaggia è piena
di stelle marine. Che differenza fa se ne salvi qualcuna?”. Il ragazzino, allora,
prese una stella marina e la gettò in acqua. Poi esclamò: “Per lei fa una
grande differenza”.
Anche attorno a noi ci sono persone che sono state salvate o, grazie a
qualcuno, hanno ricuperato la gioia di vivere. Possiamo condividere qualche
episodio?
In ascolto della Parola (20 minuti)
Con i genitori leggiamo l’episodio di Mosè descritto dal libro dell’Esodo 2,110, ripreso dal Catechismo dei bambini38 e riportato nella scheda per i
genitori (III. B 13). Alcune annotazioni.
* La nascita di Mosè si colloca al tempo di Ramses II (1290-1224 a.C.).
Soprattutto durante il suo regno la manodopera per i grandi lavori pubblici era
reclutata non solo fra i prigionieri di guerra e gli schiavi, ma anche fra gli
Israeliti. È comprensibile il desiderio degli Ebrei di liberarsi dall’oppressione
del duro lavoro e di riprendere la vita libera nel deserto. Così pure si
comprende che gli Egiziani abbiano considerato la richiesta degli Israeliti
come una rivolta di schiavi.
* Per gli Israeliti, oltre ai maltrattamenti e ai pesanti lavori, fu presa una
crudele misura. Alle levatrici si ordinò di sopprimere alla nascita i figli maschi
degli Ebrei. Quest’ordine, anche se non fu osservato totalmente dalle levatrici,
creò panico fra le madri. In questo contesto si colloca la storia di Mosè
38
In famiglia (15 minuti)
È anzitutto compito dei genitori avvicinare i loro bambini al racconto della
creazione per riconoscere la potenza e la generosità di Dio, per suscitare
stupore dinanzi alla bontà e alla bellezza di ogni creatura, per promuovere
rispetto e cura del creato. Alcuni suggerimenti.
Le mani di Dio. Si può leggere o raccontare ai figli il brano della creazione.
Si potrebbe invitare i bambini a disegnare e colorare ciò che Dio ha creato nei
sei giorni della settimana: il cielo, le acque del mare, erbe e alberi, il sole e la
luna, pesci, uccelli e bestiame, l’uomo e la donna.
Stupore e lode. A questo duplice sentimento dovrebbe tendere
un’esplorazione della natura: monti e mare, campi e allevamenti. Dinanzi a
ciò che è visto e scoperto, il bambino potrebbe essere invitato dai genitori a
dire: “Grazie, Signore”.
Rispetto. Per i bambini prendersi cura della natura, dei fiori, degli animali è
rispettare la vita e l’habitat di ognuno. Anche la pulizia e l’ordine possono
essere una forma di rispetto. Essi incominciano dalla casa, dalla propria
cameretta… dalle strade.
Sobrietà e rinuncia. Nella nostra famiglia talvolta ci sono sprechi o
consumi eccessivi. Senza privare i nostri figli del necessario, è educativo
chiedere a loro un uso più misurato di beni, uno stile più sobrio e anche
qualche rinuncia.
Giorno di riposo. Per i cristiani esso è la domenica, nella quale si ricorda la
creazione, si ringrazia per il dono della vita, soprattutto si celebra la
risurrezione del Signore. Occorre aiutare i bambini a percepire che la
domenica è giorno di riposo e di festa attraverso gesti concreti: un tempo
maggiore per stare con i genitori, il vestito nuovo, un pasto più curato e
consumato insieme, una passeggiata… A ciò è doveroso anche aggiungere un
segno religioso: una particolare preghiera in famiglia, la possibile
partecipazione alla messa domenicale con i genitori… un’eventuale visita al
cimitero.
Maschio e femmina. È compito anzitutto dei genitori aiutare il figlio/a a
riconoscere e accogliere con gioia la sua identità di genere, ad apprezzare la
diversità di sessi, a rispettare l’altro sesso. Sono papà e mamma le prime
persone chiamate a testimoniare la complementarietà dei sessi e il rispetto
reciproco: come si amano, si parlano, si aiutano… si prendono cura
vicendevolmente.
Preghiera finale (pochi minuti)
L’incontro potrebbe concludersi con la preghiera di San Francesco
riportata nella scheda dei genitori: “Laudato sii, o mi Signore”.
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“salvato dalle acque”.
* Nel brano biblico, preso in esame (Esodo 2,1-10), sono richiamati i primi
anni di Mosè. Nell’episodio spiccano tre figure: la madre che prima deve
nascondere il figlio, poi si separa da lui per garantire la sua sopravvivenza,
infine può riprenderlo in braccio e allattarlo; la figlia del faraone che,
ignorando il crudele divieto, si muove a compassione, salva un piccolo nato di
Ebrei, per poi accoglierlo come figlio e condurlo alla corte del faraone; la
sorella di Mosè che vigila sul fratellino nascosto fra i giunchi e svolge un ruolo
intelligente e decisivo affinché il piccolo possa ritornare alla madre. Alla cura e
crescita di Mosè, come per ogni bambino, intervengono più persone. Per
Mosè sono tutte donne. Secondo la tradizione ebraica, il bambino nei primi
anni di vita era affidato alla madre e alle donne di casa.
* Il nome di Mosè fu dato dalla figlia del faraone. Si tratta di un nome
egiziano. Il testo biblico, però, dà al nome una propria etimologia, che viene
messa sulle labbra della figlia del faraone: “Io l’ho salvato dalle acque”.
Quell’“io” è Dio. In questa avventurosa vicenda di Mosè la fede di Israele ha
visto la mano di Dio che, per vie impreviste, è intervenuto ed ha salvato Mosè,
per il quale il Signore aveva un suo progetto. Scelte discutibili degli uomini,
ingiusti ordini dei potenti possono ostacolare ma non annullare il disegno di
Dio. Come per Mosè, Dio ha un progetto per ogni bambino.
* Salvato dalle acque! Per il credente israelita l’acqua è principalmente
fonte di vita. Ricorda il diluvio che ha distrutto campi e città, ha purificato la
terra, ma ha salvato Noè. Rinvia all’acqua che disseta e ristora, come quella
sgorgata dalla roccia nel deserto o quella che alimenta i pozzi per dissetare
persone e armenti. Rimanda alle acque del Giordano dove Naaman, il Siro, fu
guarito dalla lebbra. Per i cristiani l’acqua che salva è quella del battesimo.
Momento di riflessione (20 minuti)
Purché sia salvo! Tante sono le paure e le preoccupazione per i figli: salute,
pericoli, esperienze negative… timore di non essere bravi educatori. Ogni
genitore, come la madre di Mosè, è disposta a qualsiasi rinuncia e sacrificio
affinché il figlio cresca sano, sereno, educato… onesto. Quali sono i beni
essenziali e i valori fondamentali che vorremmo dare ai nostri figli?
Disegno di Dio. Come per Mosè, il Signore ha un progetto, una missione
per ogni bambino, che egli ama ed ha arricchito di doni. Affidare il nostro
bambino nelle mani di Dio significa fidarsi del Signore, ma anche adoperarsi
perché il figlio segua la sua Parola. Nella nostra educazione che cosa
facciamo perché il nostro progetto sul figlio rispecchi le attese di Dio?
In acqua viva. Mosè è “salvato dalle acque”: nascosto in riva al fiume fu
tratto in salvo dalla figlia del faraone. Le stelle marine, ributtate in acqua,
continuano a vivere. Con il battesimo abbiamo chiesto per il figlio, al quale
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, pag. 80
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abbiamo dato la vita fisica, una nuova vita. Nell’acqua del fonte battesimale
egli è rinato, è diventato figlio adottivo di Dio, è stato arricchito del dono dello
Spirito. È una salvezza che solo il Signore può dare. Riprendendo la catechesi
prebattesimale possiamo nuovamente riflettere sul significato del battesimo.
Scegliendo di far battezzare il figlio, ci siamo impegnati ad educarlo nella fede
cristiana, affinché potesse “nuotare” in quell’acqua viva e feconda. In questi
anni come abbiamo svolto il nostro compito di educatori cristiani assunto con
il battesimo e quali difficoltà abbiamo incontrato?
In famiglia (15 minuti)
La storia della nascita e dei primi anni di vita di Mosè colpisce i bambini e
può avere positive ricadute su loro e sull’azione educativa. Alcuni
suggerimenti.
In ascolto. Si propone di leggere insieme ai bambini il racconto di Mosè.
Può facilitare la comprensione del testo la valorizzazione del disegno nel
Catechismo dei bambini (p. 81).
Dalla paura alla fiducia. Dopo aver fatto notare al figlio il pianto di Mosè
abbandonato in un cesto tra i giunchi, si può chiedergli: “Mosè ha avuto
paura?”. In questo modo il bambino proietta le sue paure. Toccherà ai genitori
rassicurare il figlio: “Dio è un papà buono e forte. Ha vigilato su Mosè e l’ha
salvato. Dio continua ad essere vicino a te e a noi”.
Persone buone. Come Mosè, anche noi siamo aiutati a crescere da
persone buone. Si può invitare il bambino a prendere atto che, oltre i genitori,
ci sono tante persone che gli vogliono bene: nonni, zii, padrino e madrina,
insegnanti… amici. Inoltre si potrebbe suggerire al bambino di esprimere un
segno di gratitudine a queste persone.
Al fonte battesimale. Genitori e bambini possono fare una visita al
battistero per spiegare che tutti noi siamo stati salvati in quell’acqua e per
dire il nostro grazie al Signore.
Preghiera finale (pochi minuti)
Oltre al grazie per il dono della vita nuova nel battesimo –di sé e del figliosi può concludere l’incontro con una delle preghiere riportate nella scheda per
i genitori.
14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili
Il Buon pastore
Obiettivo
Aiutare i genitori a riconoscere che Gesù è il pastore che ci conosce, si
prende cura di noi e dei figli e a scoprire che la loro missione è quella di
essere accanto ai figli come buoni pastori.
Per iniziare (10 minuti)
Si può leggere la testimonianza-meditazione, attribuita ad un Anonimo
Brasiliano. “Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e
rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. E per ogni
giorno trascorso apparivano sulla sabbia due orme: le mie e quelle del
Signore. Ma in alcuni tratti ho visto un sola orma. Proprio nei giorni più difficili
della mia vita.
Allora ho detto: “Signore, io ho scelto di vivere con te e tu mi avevi
promesso che saresti stato sempre con me. Perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti difficili?
E lui mi ha risposto: “Figlio, tu lo sai che ti amo e non ti ho abbandonato
mai: i giorni nei quali c’è soltanto un’orma nella sabbia sono proprio quelli in
cui ti ho portato in braccio” .
Nella vita abbiamo attraversato momenti difficili nei quali anche Dio ci è
sembrato lontano. Talvolta siamo stati sfiorati dal dubbio: “Signore, perché mi
hai abbandonato?”. Possiamo condividere la nostra esperienza.
In ascolto della Parola (20 minuti)
L’immagine di Gesù buon pastore è nota dagli anni della catechesi. Gesù
stesso si presenta come buon pastore. Possiamo leggere il passo biblico di
Giovanni 10, 1-17, proposto nei suoi versetti essenziali della scheda per i
genitori (III. B 14). Alcune annotazioni:
* La vita del popolo ebraico è sempre stata legata alla pastorizia. Abele era
un pastore. Abramo e Lot avevano greggi e armenti. Mosé si incontrò con
l’angelo del Signore mentre stava pascolando il gregge del suocero Ietro.
Anche ai tempi di Gesù era frequente in Palestina incontrare pastori con i loro
greggi.
* Nell’Antico Testamento Dio si presenta come un pastore che guida il suo
popolo (Sir 18,13), che fa pascolare il suo gregge (Is 40,11), lo custodisce
(Ger 31,10). Lo stesso Geremia fa dire a Dio: “Guai ai pastori che fanno perire
e disperdere il gregge del mio pascolo… Radunerò io stesso il resto delle mie
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pecore, che farò tornare ai loro pascoli. Costituirò sopra di esse pastori che le
fanno pascolare” (Ger 23,1.3-4).
* Gesù, definendosi buon pastore, si presenta come colui che interpreta
ed attua l’agire di Dio, come il vero pastore costituito dal Padre.
* Agli uditori, che conoscevano il ruolo del pastore, Gesù dichiara di essere
il “buon pastore” ed esplicita il suo specifico servizio:
- ha una relazione personale: chiama le sue pecore ciascuna per nome;
- le conduce fuori: verso pascoli sicuri… alla salvezza;
- cammina davanti ad esse: egli è la guida affidabile che conosce la via,
ma anche il passo delle sue pecore;
- dà la propria vita per le pecore: non solo le difende, paga di persona,
dà tutto se stesso, ma le rende partecipi della sua stessa vita.
* Al centro del brano è l’affermazione: “Io sono venuto perché abbiano la
vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). È il versetto che chiarisce il
significato di “buon pastore” e sintetizza la missione di Gesù.
Dare voce al testo. Si può leggere il brano con il figlio, soffermandosi sui
principali comportamenti del buon pastore. Una possibile visita ad un pastore
e al suo gregge può aiutare il bambino a meglio comprendere l’attività e il
compito di chi si prende cura del gregge.
Aprire la porta. Come il guardiano del Vangelo apre la porta al pastore, così
i genitori lasciano entrare Gesù nella vita del bambino. È loro compito
presentare Gesù come un vero amico, che gli vuole bene, lo chiama per
nome…lo aiuta. Di qui possono sgorgare un grazie a Gesù o una richiesta.
Camminare davanti. Come Gesù, i genitori camminano davanti ai figli: li
difendono dai pericoli e sanno dire dei no, indicano la strada, infondono
serenità e fiducia, sono esempi e modelli di vita.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può recitare insieme il salmo 23, riportato nella scheda dei genitori,
lasciando un tempo di silenzio e di preghiera personale.
Momento di riflessione (20 minuti)
Una vita piena. Gesù non è venuto per imporci limiti e caricarci di pesi, ma
per rendere piena la nostra vita, qualitativamente migliore: più vera, più
serena, più felice, più libera. Meditando il brano quali sono i tratti di Gesù,
buon pastore, che mi colpiscono di più?
Ascoltare e conoscere la sua voce. È quanto Gesù afferma delle sue
pecore, di noi suoi discepoli. Per ascoltare la voce occorre conoscerla. In quali
modi noi cerchiamo di conoscere la voce di Gesù: la sua Parola, i suoi inviti, le
sue attese?
Genitori pastori. È l’invito di Sant’Agostino ai genitori del suo tempo:
“Comportatevi nella vostra casa come nostri vicari. Il vescovo porta questo
nome perché veglia sugli altri, prendendosi cura di loro. Ciascuno di voi, capi
famiglia, si consideri investito, per così dire, di una missione episcopale per
ciò che riguarda la fede dei suoi cari”39. I genitori, come il Vescovo, sono
pastori: hanno il compito di vigilare, custodire, difendere, condurre a pascoli
ricchi e sicuri… di camminare davanti. Noi genitori, pastori dei nostri figli e
della famiglia, quali comportamenti possiamo apprendere da Gesù buon
pastore?
In famiglia (15 minuti)
Già da questa età è bene che i nostri bambini conoscano Gesù come buon
pastore. È un’immagine comprensibile e di alto significato educativo per i
piccoli e per i genitori. Alcuni suggerimenti.
39
AGOSTINO, Discorso XCIV.
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15. Scoprire la misericordia di Dio
La pecorella ritrovata
Obiettivo
Invitare i genitori ad interrogarsi sul significato della parabola, sulle
ricadute personali e favorire nei figli un primo accostamento al testo
evangelico.
Per iniziare (10 minuti)
Jehiel, nipote di Rabbi Baruch, è un ragazzino che ama giocare a
nascondino con i suoi compagni. Un giorno toccò a lui fare la conta e cercare
i compagni nascosti. Dopo lunghe ricerche non trovò nessuno. Si accorse che
i compagni non si erano nascosti ma fuggiti. Con le lacrime agli occhi Jehiel
andò a lamentarsi da Rabbi Baruch che, rattristato, commentò: “Questo
succede anche a Dio. Egli a lungo continua a cercare gli uomini. Essi, però, si
nascondono e fuggono”.
Da Martin Buber, I racconti di Chassidim
Anche oggi ci sono persone che, pur essendo state battezzate ed aver
frequentato la Chiesa per anni, decidono di lasciare la fede e di allontanarsi
da Dio. Quali potrebbero essere i motivi e le cause di questa scelta?
In alternativa. Sotto i portici della nostra città quasi ogni mattina, al
termine della messa, incontro la signora Anna, avanti negli anni e
cardiopatica. Recentemente, sapendo del mio viaggio in Brasile, mi disse:
“Laggiù io ho un figlio. Si chiama Claudio. Ha lasciato l’Italia otto anni fa e non
si è fatto più vivo. Non so se sta bene, se ha bisogno di qualche cosa. Sarei
felice se potesse incontrarlo e portarmi sue notizie”. Mi sono permesso di
obiettare: “Anna, il Brasile è grande. Non ha un indirizzo?”. Con il cuore
grande e premuroso di una madre rispose: “Ho scritto ripetute volte. Mai una
risposta. Forse ha cambiato città. Per favore, se lo incontra, gli dica che sono
anziana ed ammalata. Non chiedo che venga a visitarmi. Vorrei, prima di
morire, solo sentire una volta la sua voce. Gli dica che gli voglio bene e che
non ho mai smesso di cercarlo. Aspetto sempre”.
C’è una madre che cerca e aspetta. C’è un figlio che fugge e si nasconde.
Dio è come una madre: non cessa di cercare e di attendere. Anche oggi ci
sono persone che, pur essendo state battezzate ed aver frequentato la Chiesa
per anni, decidono di lasciare la fede e di allontanarsi da Dio. Quali
potrebbero essere i motivi e le cause di questa scelta?
In ascolto della Parola (20 minuti)
Il brano biblico proposto è tratto da Luca 15,1-7 ed è riportato nella
scheda per i genitori (III. B 15). Il testo richiama la parabola della pecorella
smarrita introdotta da alcuni versetti. Sono utili alcune annotazioni per meglio
comprendere il significato della parabola.
* Occorre tenere presenti i versetti 15, 1-3 che precedono il racconto della
nostra parabola e delle altre due: quella della moneta smarrita e quella del
figlio prodigo. I tre versetti sottolineano che l’accoglienza dei peccatori era un
atteggiamento abituale di Gesù. Tale comportamento irrita farisei e scribi. Il
testo si riferisce direttamente a questi ultimi, che al tempo di Gesù si
ritenevano “giusti”. Indirettamente si rivolge anche ai cristiani di ogni epoca.
* Per farisei e scribi è inaccettabile che Gesù mangi con i pubblicani e i
peccatori, ossia con coloro che non osservano la Legge ebraica. Secondo i
farisei e gli scribi Dio tratta severamente i peccatori affinché si convertano, si
purifichino, cambino vita e osservino la Legge. Anzi per molti rabbi farisei non
si dovevano avvicinare gli uomini empi, neppure per condurli allo studio della
Legge.
* Gesù, accettando di mangiare con pubblicani e peccatori - ciò che fece
altre volte - ha presente la misericordia del Padre: un Dio che ama i peccatori,
li attende e li cerca per gioire del loro ritorno. In questo modo Gesù manifesta
il volto di Dio, già delineato nell’Antico Testamento. Tutta la storia di Dio con il
popolo di Israele è una ricerca paziente del Signore per invitare singoli e
comunità a ritornare a Lui. Dio stesso esplicita il suo modo di pensare e agire:
“Forse che io ho il piacere della morte del malvagio, o non piuttosto che
desista dalla sua condotta e viva?” (Ez 18,23).
* Nello stesso tempo la condotta di Gesù, ritenuta scandalosa ed irritante,
svela la sua missione: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò
che era perduto” (Lc 19,10). Gesù dirà ancora: “Non sono i sani che hanno
bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i
peccatori” (Mt 9,12-13).
* L’immagine della pecorella smarrita è presa dalla vita della gente.
Dunque un fatto familiare. Nello stesso tempo lo sviluppo della parabola
esprime una continuità con l’Antico Testamento, dove Dio sovente si presenta
come pastore che si oppone ai capi o pastori cattivi, che difendono se stessi
anziché occuparsi del gregge. Così Gesù in modo garbato polemizza con gli
scribi e i farisei: voi, scandalizzandovi per il mio comportamento, contraddite
le stesse Scritture. Vi siete fatti un’idea impropria di Dio.
* Ha cento pecore. Colui che va in cerca della pecora fuggita è il
proprietario che pascola personalmente il gregge. Egli è sia Dio Padre, sia
Gesù.
* “Lascia le 99 nel deserto”, dove le pecore pascolano e dove, è da
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supporre, ci sia un riparo sicuro. Fuori metafora, le 99 pecore sono i giusti,
coloro che, diversamente da chi si allontana, restano uniti al pastore, sono
perseveranti, seguono il Signore. Il lasciare queste 99 pecore non significa né
abbandono né trascuratezza. Per questo, senza ironia, si dice che non hanno
bisogno di conversione.
* “Trovata… se la carica sulle spalle”. Gesù usa un linguaggio antropomorfico, ossia umano per esprimere l’agire di Dio, il quale non rimprovera ma con
delicatezza paterna accoglie e solleva la pecora fuggita: chi si è allontanato da
lui, è ferito, è incapace di ritrovare la forza per ritornare. In questa frase si
trova un ricco insegnamento: la delicata misericordia di Dio, il valore di ogni
uomo anche quando sbaglia, la costante cura e premura di Dio, la
conversione come dono esclusivo di Dio perché il peccatore è incapace da
solo di ritornare al Signore, infine l’azione salvifica di Cristo stesso richiamata
da quel caricare sulle spalle la pecora smarrita.
* “In cielo” significa presso Dio. L’espressione serve a parafrasare il nome
di Dio.
* “Rallegratevi con me”. È la risposta all’intransigenza e intolleranza degli
scribi e dei farisei che vorrebbero tenere distante chi ha sbagliato. Nello
stesso tempo è un invito a tutti i cristiani -anche a quelli che si irritano per la
troppa indulgenza verso chi ha avuto un passato morale discutibile- a gioire
perché la misericordia di Dio è più grande del peccato e della miseria umana.
* “Vi sarà più gioia in cielo per un peccatore che si converte”. È il versetto
chiave della parabola che mette in risalto la gioia del Padre, il quale
finalmente può riavere il figlio perduto. Il tema sarà esplicitamente ripreso
nella parabola del figlio prodigo.
* Tutta la parabola mette in risalto un duplice comportamento di Dio: egli è
colui che cerca il peccatore e che gioisce per il suo ritrovamento. Per questo,
più che parlare di “pecora smarrita”, è meglio dire “pecora ritrovata”. Nello
stesso tempo non si dice nulla di ciò che la pecora fuggita ha fatto per
convertirsi. Si racconta solo ciò che Dio fa per ritrovarla. Egli la cerca finché la
trova e, trovatala, se la mette in spalla.
Verso la periferia esistenziale. È un’espressione cara a Papa Francesco,
che invita la Chiesa, i cristiani ad uscire e ad incontrare le persone emarginate
o dimenticate, chi è lontano dalla fede o si sente escluso dalla comunità,
oppure poco accolto da essa. Che cosa suggerire alle nostre comunità
cristiane per andare alla periferia? Che cosa possiamo fare come singoli e
come famiglie?
In famiglia (15 minuti)
La parabola della pecorella ritrovata colpisce i bambini ed attira la loro
attenzione. Qualche proposta.
Una pagina da ascoltare. È opportuno che i genitori leggano o raccontino
la parabola anche più volte ai figli.
Dare voce ai bambini. Letta e riletta la parabola, si possono invitare i figli a
raccontarla con proprie parole. Per il bambino è un aiuto per riappropriarsi del
testo, ma anche l’occasione per riviverla a modo suo.
Timore di perdervi. Si può chiedere al bambino come si sentiva la pecorella
smarrita e che cosa essa pensava in quella brutta esperienza.
Immedesimandosi nella pecorella il bambino esprime i suoi timori di restare
solo, di essere dimenticato o abbandonato dai genitori. Per papà e mamma
sarà l’occasione per rassicurarlo della loro vicinanza e del loro amore, anche
quando devono allontanarsi da casa.
Accoglienza. Gesù mangiava con i peccatori, le persone che altri
consideravano cattive. Gesù accoglieva tutti e voleva bene ad ognuno. Si
potrebbe favorire nei bambini questo spirito di accoglienza proponendo
iniziative o forme di ospitalità a compagni poco graditi o persone che altri
escludono.
Preghiera finale (pochi minuti)
Letto il brano di Mt 9,12-13, si può invitare ognuno a una breve
meditazione personale e concludere l’incontro con la preghiera proposta nella
scheda dei genitori.
Momento di riflessione (20 minuti)
Un Dio sul cammino degli uomini. Diversamente dalla parabola del figlio
prodigo, dove Dio lo attende, qui si trova Dio che si mette a cercare chi è
perso. Che cosa mi colpisce maggiormente in questa parabola? Quali sono in
questo brano i tratti principali dell’agire di Dio?
Lasciamoci incontrare. Il Signore va incontro ai peccatori, cerca chi si è
allontanato. Il sacramento della confessione, prima di essere una elencazione
dei nostri peccati, è primariamente l’esperienza della misericordia del Padre.
Che cosa è per me il sacramento della confessione o riconciliazione?
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16. Farsi prossimo
Il samaritano buono
Obiettivo
Aiutare i genitori a meglio conoscere la parabola, a confrontare con essa la
propria vita, a favorire nei figli un’iniziale introduzione al suo insegnamento.
Per iniziare (10 minuti)
Un giorno, per strada, ho visto una ragazzina rannicchiata in un angolo.
Macilenta e ammalata, era infreddolita e affamata. Nessuno si curava di lei.
Mi arrabbiai con Dio: “Perché, Signore, permetti questo? Perché non fai
qualcosa per lei?”. Dopo un po’ Dio rispose: “Non mi sono dimenticato di lei.
Ho fatto te!”.
Tutti abbiamo occhi e cuore. Incontriamo povertà, sofferenza, umiliazione.
Vediamo persone bisognose di comprensione, siamo consapevoli che
qualcuno deve dare loro una mano… Poi continuiamo la nostra strada. Le
nostre comunità cristiane, noi, in prima persona, facciamo tutto il possibile
per alleviare sofferenze e povertà?
In alternativa. Un giovane decise di lasciare tutto e di farsi religioso. Bussò
alla porta di un convento e chiese di essere ammesso nella comunità.
L’anziano padre, incaricato di accogliere i nuovi aspiranti, interrogò il giovane
sulle sue intenzioni, sulla sua preghiera… sulla sua vita passata. Da ultimo
chiese fino a che punto fosse disposto a lasciare beni e ricchezze: “Se tu
avessi tre monete d’oro, le daresti ai poveri?”. Prontamente rispose: “Sì,
padre. Di tutto cuore”. Continuò il padre: “E se tu avessi tre monete
d’argento?”. Senza esitazione venne la risposta del giovane: “Molto volentieri,
padre, darei le monete d’argento ai poveri”. Insistette ancora il padre: “E… se
tu avessi tre monete di rame, le daresti ai poveri?”. Risposta: “No, padre!”. “E
perché?”. “Perché le tre monete di rame sono mie”.
Non manca nella vita di ognuno qualche gesto di carità, di solidarietà.
Rinunciamo a qualche cosa di nostro: denaro, vestito… tempo. Sovente si
tratta di “briciole” o del superfluo. A che cosa siamo disposti a rinunciare per
aiutare chi è in difficoltà?
In ascolto della Parola (20 minuti)
La parabola del buon samaritano è uno dei testi biblici più noti. L’intero
brano è riportato da Luca (10, 25-37) ed è preceduto da alcuni versetti
(10,25-28). Il testo è riproposto dal Catechismo dei bambini40 e si trova nella
scheda dei genitori (III. B 16). Alcune annotazioni.
* Un dottore della Legge. È uno scriba giudeo, persona istruita che conosce e insegna la Legge ebraica.
* “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore… e il prossimo tuo come te
stesso”. L’amore a Dio e quello al prossimo è la sintesi di tutti i precetti. Sono
le due direzioni dell’amore. Esse si toccano profondamente. Non c’è amore a
Dio senza l’amore al prossimo. Lo stretto legame fra i due amori non annulla
la differenza: la misura dell’amore a Dio è la totalità, la misura dell’amore al
prossimo è “come se stessi”.
* Non tutti gli ebrei del tempo di Gesù consideravano l’amore al prossimo
il primo comandamento insieme all’amore a Dio, ma uno dei molti precetti.
Gesù, accogliendo la risposta dello scriba, conferma la centralità dei due
comandamenti: amore a Dio e amore al prossimo.
* “Volendo giustificarsi, disse: «Chi è il mio prossimo?»”. La domanda del
dottore della Legge ha un suo fondamento. Da una parte lo scriba intende
porre l’attenzione sulla difficoltà di amare il prossimo. Dall’altra chiede di
precisare il concetto di “prossimo”, visto che non tutti la pensavano allo
stesso modo. Al tempo di Gesù, infatti, scribi e farisei limitavano l’amore al
prossimo ai membri del popolo ebraico e ai proseliti, ossia agli stranieri che
aderivano all’ebraismo. Solo voci isolate estendevano l’amore al prossimo a
tutti gli uomini. Con questa parabola Gesù dà al termine “prossimo”
un’estensione universale: chiunque tu incontri, non importa chi sia.
* “Da Gerusalemme a Gerico”. Le due città sono distanti circa 27 chilometri con un dislivello di 1000 metri. La strada, segnata da burroni, attraversa
l’inospitale deserto di Giuda. Esso era un luogo di facili incursioni di briganti.
* Un sacerdote e un levita vedono il ferito e vanno oltre. Il comportamento
dei due può avere qualche scusa, anche se discutibile: entrambi devono
rispettare la purezza cultuale. Secondo la Legge del tempo era prescritto ai
sacerdoti, che attendevano al culto nel Tempio, di mantenersi puri. Chi
toccava il sangue restava contaminato, dunque impuro. In questo testo del
vangelo di Luca, scritto attorno agli anni 70 e destinato ai cristiani, c’è una
velata intenzione polemica verso il culto ebraico e, indirettamente, verso
quello di taluni cristiani: il culto non può ignorare la misericordia, né distrarre
dai doveri dell’amore agli altri!
* Un samaritano. Non è un riferimento insignificante. Gli ebrei della Giudea
disprezzavano i samaritani, considerati stranieri ed eretici. Gesù ha scelto
come modello non un fariseo osservante, ma un samaritano, un infedele per i
suoi uditori. Gesù la pensa diversamente: uomini esemplari puoi trovarli là
dove meno te lo aspetti!
40
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 92.
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* Sette verbi per esprimere la generosa cura del samaritano. Un intervento
che muove progressivamente occhi, cuore, mani, piedi, impegna energie
fisiche e risorse economiche: vide, ebbe compassione, si avvicinò, fasciò le
ferite, caricò e portò il malato nella locanda, si prese cura, pagò. Chi aiuta si
coinvolge totalmente: fa tutto ciò che il caso richiede, tutto quello che è nelle
sue possibilità.
* Risposta rovesciata. Alla domanda iniziale dello scriba “chi è il mio
prossimo?”, Gesù risponde alla fine, spostando l’attenzione non sul prossimo,
ma su chi si fa prossimo: dall’oggetto o destinatario dell’amore -il prossimo
bisognoso- al soggetto, a chi si rende disponibile ad amare. “Farsi prossimo” è
l’insegnamento della parabola.
* “Va’ e anche tu fai così”. Avere compassione è la strada che ogni
cristiano deve percorrere per essere discepolo di Gesù, per essere figlio del
Padre celeste di infinita misericordia. Luca nei capitoli precedenti lo afferma
esplicitamente: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è
misericordioso”(Lc 6, ). Gesù, dicendo “fa’ anche tu così”, indica la strada e,
nello stesso tempo, assicura il suo aiuto.
* In questa parabola Gesù non solo delinea la coordinata fondamentale
dell’agire cristiano, ma allude anche a se stesso: egli è il Buon Samaritano,
che si è fatto prossimo per curare le nostre ferite morali, spirituali, fisiche e
per restituirci alla vita piena.
* Un uomo ferito. La parabola non dice nulla del ferito. Neppure il
samaritano sa chi è, né si chiede chi sia. Ha visto un ferito e si è messo
all’opera. In quel ferito, secondo la parabola, c’è ogni uomo che incontriamo e
che ha bisogno di aiuto. Chi ha compassione non si chiede da dove viene, se
è noto o sconosciuto, se è un credente o meno.
accoglienza in ogni famiglia. Qualche proposta.
Ascoltarla insieme. Dovrebbe essere letta, anche più volte, dai genitori ai
figli. Può essere commentata con l’aiuto del disegno riportato sul Catechismo
dei bambini41.
Narrata dal figlio. Facilmente il bambino fa sua la parabola ascoltata dai
genitori e sa riportarla con parole sue. Chiedere al bambino di narrarla, anche
più volte, e di ascoltarla con interesse da parte dei familiari, è per il bambino
non solo un modo per familiarizzarsi con il testo, ma anche per intuire che è
un racconto importante.
Gesù è un amico. Una via concreta e semplice per far comprendere al
bambino che Gesù è il Buon Samaritano è quella di richiamare alcuni episodi
che mettono in luce la bontà di Gesù verso persone ammalate o bisognose:
moltiplicazione dei pani, guarigione del lebbroso abbandonato da tutti,
cambio dell’acqua in vino per rendere felici due sposi… risurrezione di un
ragazzo per consolare la mamma in lacrime. L’esempio di Gesù potrebbe
essere arricchito con riferimenti concreti ad alcuni santi.
Fare felice qualcuno. Non è mai troppo presto far capire al bambino che ci
sono attorno a noi, ma anche lontano, persone bisognose o in difficoltà. I
genitori, con tatto, possono raccontare al bambino che hanno visto o
incontrato situazioni concrete di disagio e povertà: genitori che non possono
comprare scarpe nuove al figlio; un anziano solo perché nessuno va a
trovarlo; il ragazzino che non sa con chi giocare perché tutti lo rifiutano; un
papà che ha perso il lavoro e non può più mantenere la sua famiglia; genitori
tristi per la seria malattia del loro figlio, eccetera. Il richiamo di situazioni e
fatti analoghi può fare nascere nel bambino un semplice e sincero segno di
solidarietà: una preghiera, una visita… un aiuto.
Per aprire gli occhi. Perché non fare visita con il figlio ad un centro Caritas
o della San Vincenzo, ad una struttura di accoglienza di persone
diversamente abili come la Piccola Casa della Divina Provvidenza? Il bambino
può vedere tante persone che hanno bisogno, ma anche che le aiutano con
generosità. È una grande lezione di vita!
Momento di riflessione (20 minuti)
Farsi prossimo. Riflettendo sulla parabola, quali sono gli aspetti del farsi
prossimo?
Incominciare dai più vicini. I primi che quotidianamente incontriamo sono il
coniuge, i figli, sovente anche i genitori di lui o di lei. Farsi prossimo è
accorciare le distanze, abbattere possibili incomunicabilità. È comprendere
difficoltà, bisogni, amarezze, attese… ragioni dell’altro. Come migliorare il
nostro farci prossimo ai nostri familiari?
Gesù il samaritano. Tra le pagine del Vangelo, ricordiamo alcuni episodi nei
quali Gesù si è fatto prossimo per alleviare disagi, per curare, per ridare
speranza e vita? Ognuno può richiamare un episodio evangelico.
Preghiera finale (pochi minuti)
Si può fare riferimento alla scheda per i genitori, nella quale si incontrano
riflessioni e preghiera.
In famiglia (15 minuti)
La parabola ha un ricco insegnamento per tutti e dovrebbe trovare
41
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CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 93.
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III. CONOSCERE GLI AMICI DI GESÙ
Tutti i popoli nel ripensare alla loro storia fanno memoria di figure eroiche,
di persone sagge ed esemplari del passato. Ancora oggi molte tribù africane,
e non solo, hanno una particolare venerazione per i loro antenati, o ancestors.
È un modo per riaffermare la propria identità e l’adesione a fondamentali
valori e tradizioni.
Nella Bibbia il libro del Siracide dedica alcuni capitoli, dal 44 al 50, per
tessere l’elogio di uomini illustri, da Enoc al sacerdote Simone, che hanno
segnato con le loro imprese e la loro testimonianza il cammino dell’antico
popolo di Israele. Nel ricordare queste persone il testo biblico richiama le loro
virtù e i loro comportamenti esemplari, soprattutto sottolinea sia la loro
fedeltà al Signore, sia l’aiuto e la benedizione di Dio nello scegliere e guidare
ognuno di loro. In particolare di Mosè si dice che egli era “amato da Dio e
dagli uomini” (Sir 45,1).
Persone fedeli e generose
Fin dai tempi antichi le comunità dei cristiani ebbero una particolare
devozione ai primi martiri per sottolineare la propria ammirazione, per
invocare il loro aiuto, in modo particolare per lodare Dio che ha reso forti e
invincibili questi testimoni sino a dare la loro vita per Cristo e per il Vangelo. Ai
martiri, successivamente, la Chiesa associò vergini e confessori, infaticabili
evangelizzatori e generosi operatori di carità. Erano uomini e donne,
consacrati e fedeli laici. Si tratta di una schiera imponente di persone
venerate come santi, invocate come intercessori, ammirate per ciò che Dio
aveva compiuto nella loro vita.
Il Catechismo dei bambini ricorda che i santi sono uomini delle Beatitudini,
modelli di vita cristiani. Per questo sono “i veri amici di Gesù”. La familiarità
con i santi aiuta noi adulti e, in certa misura, anche i bambini a meglio capire
e vivere il Vangelo, ad avvicinarci al Signore, a rafforzare la nostra fiducia in
Dio, per il quale nulla è impossibile.
L’educazione religiosa e morale del bambino ha un valido supporto nella
presentazione delle figure dei santi. Il racconto della loro vita, tradotta in fatti
semplici e concreti, parla al suo cuore.
il sostare dinnanzi a una statua o a una immagine di un santo… la ricorrenza
liturgica di un santo popolare o vicino all’interesse del bambino.
La presentazione dei santi ai bambini può avvalersi di diversi apporti. Si
segnalano alcune possibilità di facile accesso.
Catechismo dei bambini. In poche pagine, da 132 a 149, il testo presenta,
con un linguaggio semplice e con numerosi disegni, quattro figure note di
santi: Francesco d’Assisi, il diacono Stefano, Caterina da Siena, Marta, la
sorella di Maria e Lazzaro. I genitori possono leggere insieme al figlio queste
pagine e arricchirle con qualche commento.
Un coro di santi. Piccoli e grandi amici di Gesù. È un testo agile, offerto
nella sussidiazione di questa terza fase (III. B 18). In esso trovano posto brevi
ed essenziali biografie di alcune figure di santi più popolari o legati alle nostre
terre. Il testo è destinato ai genitori che potranno scegliere e presentare alcuni
santi: uno dei genitori racconta, il figlio ascolta e colora.
Pubblicazioni. L’editoria italiana offre numerosi testi di vite di santi dedicati
ai bambini. Sono strumenti validi ai quali si può ricorrere con facilità. Per
orientare i genitori, si suggeriscono in “Orientamenti bibliografici” (III. B 20)
alcune pubblicazioni per particolari figure di santi.
Proposte
I genitori nel parlare dei santi al figlio possono fare riferimento ad essi in
diverse occasioni: la festa patronale, l’onomastico del figlio o di un famigliare,
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C. INCONTRI CELEBRATIVI
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legami nella famiglia, dà serenità al bambino e lo aiuta a sviluppare la sua
preghiera.
Premessa
In questa età il bambino è ancora incapace di un pensiero logico astratto.
La sua mente, ricca di immaginazione, sa trasformare una bambola in una
regina, sassolini in confetti… una scopa in una spada. La sua capacità
immaginativa è connessa all’ambiente in cui vive, al rapporto con le persone
che ama e stima, alla possibilità di esprimersi e di agire. Aiutato dalla sua
immaginazione, il bambino scopre e impara più facilmente grazie a gesti e
attività che compie, a oggetti, segni e immagini che vede e tocca.
Se si asseconda il suo bisogno di esprimersi e di relazionarsi, il bambino,
grazie anche alla sua capacità immaginativa, vive la sua quotidiana esistenza
come esperienza celebrativa: il gioco, il disegno, le attività manuali, ma anche
il rito del alzarsi e del andare a letto, il pasto consumato insieme, l’incontro
con papà e mamma che rientrano a casa, il raccontarsi… la passeggiata con i
genitori.
Valorizzando l’esistenziale dimensione celebrativa di quest’età si possono
promuovere specifiche esperienze e momenti celebrativi idonei a introdurre il
bambino nel mondo religioso, a favorire la sua crescita spirituale, a
familiarizzarsi con i segni che indicano la presenza di Dio e, inizialmente, con
quelli della liturgia. A questo scopo vengono offerti essenziali suggerimenti per
proposte celebrative religiose in tre distinti ambiti: celebrazioni domestiche,
celebrazione eucaristica, celebrazioni comuni.
I. CELEBRAZIONI DOMESTICHE
L’elenco dei possibili momenti celebrativi in famiglia è indicativo. I limitati
suggerimenti per ogni proposta possono essere arricchiti e meglio
concretizzati nella riflessione dei catechisti con i genitori, ai quali compete la
scelta di privilegiare e di attuare le iniziative più idonee alla situazione
familiare.
2. Attorno alla mensa
Sedersi attorno alla stessa tavola è momento di comunione, di gioia e di
festa. Esso è sempre più difficile. Per molte famiglie la cena è l’unico pasto
comune. Il clima di serenità, il dialogo, la condivisione della mensa sono in sé
un’esperienza celebrativa. Questa è spiritualmente arricchita dalla preghiera
che precede il pasto. Si può ringraziare il Signore del cibo, del trovarsi
insieme…di chi lo ha procurato o preparato. Si può pregare per coloro che non
possono disporre del nutrimento necessario o di un pasto fraterno, come le
persone sole, ammalate, senza fissa dimora. Il fratello maggiore potrebbe
recitare un’apposita preghiera, alla quale anche il più piccolo potrebbe
aggiungere una breve intenzione. L’uno o l’altro genitori, poi, invoca la
benedizione sul cibo.
3. Giorno del Signore
La domenica è giorno di riposo, di festa, ma anche di una maggiore
vicinanza al Signore. Possono essere numerosi segni per aiutare il bambino a
riconoscere che la domenica è un giorno diverso e particolare: da una sveglia
ritardata alla possibilità di andare nel lettone dei genitori, dalla prima
colazione consumata con tutta la famiglia al pranzo più curato, dal vestito
nuovo a un tempo più prolungato con i genitori per giocare, parlare,
raccontarsi. È educativo per il bambino uscire con i genitori non per
trascorrere qualche ora in un supermercato, ma per una passeggiata in
mezzo alla natura dove ammirare bellezze e lodare il Signore, o per una visita
ad amici, a un parente anziano, ad una persona ammalata.
In particolare, il “Giorno del Signore” dovrebbe essere scandito sia da una
progressiva partecipazione con i genitori all’Eucaristia e sia da uno specifico
momento di preghiera comune all’inizio della giornata: insieme si invoca il
Signore, lo si ringrazia della vita, delle persone che ci vogliono bene, si prega
per chi non può fare festa… Questa breve preghiera domestica potrebbe
essere di volta in volta sottolineata con un segno religioso: la Bibbia illuminata
con una candela, il crocifisso posto al centro del tavolo con fiori… la lettura di
uno o due versetti del Vangelo domenicale.
1. Benedizione serale
Per il bambino è il momento conclusivo della sua giornata. Prima di
addormentarsi, possibilmente entrambi i genitori accompagnano il piccolo
con un breve momento celebrativo: una preghiera in comune, un saluto ad
un’immagine religiosa, il segno di croce sulla fronte, il bacio della buonanotte.
Questa breve esperienza, ripetuta e vissuta con semplicità, arricchisce i
4. Corona d’Avvento
L’attesa del Natale, vissuta in famiglia nelle quattro settimane di Avvento,
può essere aiutata con il segno della “corona” d’Avvento costruita in casa: un
inserto di ramoscelli di pino o di foglie sempre verdi, sul quale vengono
predisposte quattro candele. Nella prima settimana si accende una candela,
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nella seconda due, fino all’accensione di quattro candele nell’ultima
settimana. Il rito dell’accensione delle candele può essere valorizzato tutti i
giorni o qualche volta durante la settimana ed essere associato alla preghiera
della sera: all’inizio le candele sono accese dai genitori, al termine della
preghiera sono spente dal bambino.
Ogni settimana l’accensione delle candele potrebbe essere arricchita con
una frase tratta dalle letture della domenica. A titolo esemplificativo si
suggeriscono alcune frasi adatte anche ai più piccoli. Prima settimana:
“Signore, indicaci la tua via, perché possiamo camminare sulla giusta strada”
(cfr. Is 2,3). Seconda settimana: “Il Signore, come un pastore, raduna le
pecore e porta in braccio gli agnellini” (cfr. Is 40,11). Terza settimana: “Il
Signore viene a salvarci: apre gli occhi ai ciechi, guarisce i sordi, fa camminare
gli zoppi, elimina il pianto, porta la gioia” (cfr. Is 35, 4-10). Quarta settimana:
“L’angelo Gabriele si recò da Maria, la Madonna, e le disse: «Tu avrai un figlio
e lo chiamerai Gesù. Egli è il Figlio di Dio»” (cfr. Lc 1,31-32).
5. Presepio in famiglia
È una tradizione diffusa nella nostra terra. Il presepio, che parla anche ai
bambini, è da preferire all’albero di Natale. L’allestimento del presepio,
realizzato con il concorso dei più piccoli, è una privilegiata occasione per tutta
la famiglia a entrare nel mistero del Natale. Man mano che procede la
costruzione del presepio, si può spiegare ai piccoli il ruolo dei vari personaggi:
Giuseppe, Maria, Gesù bambino, gli angeli, i pastori, Erode…i Magi. La sera di
Natale attorno al presepio si può leggere il racconto evangelico della nascita
di Gesù utilizzando la pagina del Catechismo dei bambini42, oppure il testo di
Luca 2,1-20.
6. Verso la Pasqua
Anche i bambini, a loro modo, possono vivere il tempo della Quaresima in
famiglia con l’aiuto dei genitori. Per i più piccoli la Quaresima può essere il
tempo di una prima conoscenza e incontro con Gesù, vero amico che si
prende cura della persone, guarisce, perdona e dona la vita. A questo scopo
in ognuna delle cinque settimane di Quaresima e nella Settimana Santa si
può riservare una sera per richiamare un episodio significativo di Gesù.
Indicativamente si suggeriscono alcuni passi evangelici da utilizzarsi dalla
prima alla sesta settimana: Gesù che sfama la folla (Mt 14,15-21), che va in
cerca della pecorella smarrita (Lc 15,4-7), che entra nella casa di Zaccheo (Lc
19,1-10), che ridona la vista al cieco nato (Gv 9,1 e 6-7), che risuscita il figlio
della vedova di Naim (Lc 7,11-17), infine, ponendo al centro la croce quale
albero di vita, Gesù buon pastore che dà la vita per le sue pecorelle (Gv 10,1-
15). Al racconto biblico è bene far seguire una piccola preghiera.
Potrebbe essere opportuno, inoltre, per educare alla solidarietà, invitare
tutti, anche il bambino, a una piccola rinuncia che può diventare, anche se
modesta, una somma di denaro. Essa può essere devoluta per la fame nel
mondo, per un aiuto a chi è povero o ammalato, per un’adozione a distanza.
Da ultimo, al pranzo di Pasqua, si può leggere il breve racconto della
risurrezione riportata nel Catechismo dei bambini43 e spiegare che la Pasqua
è una grande festa, perché Gesù è risorto e vive per sempre.
7. Celebrare la Parola
In questa età i genitori hanno la missione di introdurre il bambino ad un
primo incontro con personaggi ed episodi biblici, con fatti della vita di Gesù e
con parabole evangeliche. I genitori possono fare riferimento ai racconti
dell’Antico e del Nuovo Testamento proposti nel gruppo di riflessione,
scegliere altri indicati nel Catechismo dei bambini, o richiamati da feste
liturgiche, oppure suggeriti dalla loro sensibilità religiosa.
L’esposizione in famiglia di episodi biblici può talvolta configurarsi come
una piccola “celebrazione”, scandita possibilmente da un triplice sviluppo.
Anzitutto il racconto fatto da un genitore. Oltre a un linguaggio idoneo ai
piccoli, sono fondamentali l’atteggiamento spirituale di rispetto e stupore di
chi espone, l’opportuna partecipazione di tutti i membri della famiglia, il clima
di ascolto.
Successivamente il bambino è invitato a ridire la Parola. Può esprimerla a
voce, oppure colorando e commentando disegni o immagini riferite al brano
esposto. Qualche volta non è da escludere una “rappresentazione”
dell’episodio biblico con il coinvolgimento diretto del bambino e dei famigliari.
È un modo semplice per riascoltare il brano biblico e, in certa misura, per
commentarlo e riviverlo.
Da ultimo si dovrebbe dare spazio alla preghiera nella sua espressione di
lode, di ringraziamento, di richiesta di aiuto e di perdono. L’esempio degli
adulti diventa un silenzioso invito per il bambino ad una sua spontanea
invocazione.
8. Compleanno del bambino
In primo luogo esso è una festa familiare. Come suggerisce il Catechismo
dei bambini44, alla data della nascita è opportuno unire quella del battesimo.
Le due feste sono così riunite in una celebrazione sobria e serena, che può
essere sottolineata con alcuni segni. Si propone di accendere sulla torta due
candele, una per ricordare il giorno della nascita, l’altra quella del battesimo.
43
42
CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 88
44
Ivi, p. 104
Ivi, n. 194
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Si suggerisce, inoltre, ai genitori, di leggere una lettera al bambino nella quale,
scritta per l’occasione, si accenna alla gioia per il suo arrivo, alla festa per il
suo battesimo, ai momenti belli e anche a qualche difficoltà, all’amore che
nutrono verso di lui. Si consiglia in quel giorno o successivamente di fare una
visita al battistero per deporre un fiore e ringraziare il Signore.
Sprechi e incomprensibili regali sono un ossequio al consumismo e,
sovente, al formalismo. Se si ritiene opportuno allargare la festa ai compagni
del bambino, essa, dovrebbe caratterizzarsi come un momento di fraternità e
di gioco spontaneo, affinché tutti insieme possano esprimere la loro gioia di
vivere. Sarebbe opportuno, secondo il Catechismo dei bambini, che i genitori
si ponessero la domanda: “Perché non invitare i bambini che non hanno né
genitori né casa? Chi farà loro festa?”45.
condividendo i principali gesti e segni dell’assemblea: il segno della croce, il
canto, l’ascolto, il silenzio, inginocchiarsi, stare seduti… in piedi. Durante la
raccolta delle offerte anche il bambino potrebbe deporre la moneta data dai
genitori e, talvolta, frutto di una sua rinuncia. Nella processione offertoriale è
bene coinvolgere a turno alcuni bambini che recano un fiore, un lumino… un
disegno. Per la recita del Padre Nostro il celebrante potrebbe invitare tutti i
bambini attorno all’altare. Con essi, poi, scambia il segno della pace e li invia
a portare la pace a tutta l’assemblea. I bambini non possono ricevere la
comunione, ma insieme ai genitori, oppure accompagnati da una persona, si
avvicinano al celebrante che, non potendo dare ad essi il pane eucaristico, li
benedice con un segno di croce sulla fronte. Gradatamente attraverso questi
e altri gesti il bambino incomincia a sentirsi parte di un mistero, anche se per
lui è ancora incomprensibile, e a familiarizzarsi con i segni che scandiscono la
celebrazione eucaristica.
Là dove esiste un’adeguata sala adiacente alla chiesa si sta sperimentando l’iniziativa di riunire in essa i bambini durante la proclamazione delle
letture. Dopo il Gloria e la preghiera del celebrante, i bambini lasciano
l’assemblea e si recano nella sala adiacente dove, su un’apposita tavola,
trovano al centro la Bibbia illuminata da una candela. È la luce della stessa
Parola che si apprestano ad ascoltare i bambini e gli adulti in chiesa. Ai
bambini, accompagnati da due o tre mamme e dagli animatori, viene
proclamato il vangelo della domenica. Segue un’idonea spiegazione, che può
soffermarsi sui personaggi del brano evangelico o su una frase significativa.
Talvolta il brano può essere drammatizzato da alcuni bambini. Altre volte è
commentato con alcuni disegni che i bambini possono poi colorare. Il breve
incontro potrebbe concludersi con una preghiera fatta dall’animatore e da
spontanee invocazioni dei bambini. Occorre fare in modo che i piccoli rientrino
nell’assemblea per la preghiera dei fedeli. Attraverso questa iniziativa i
bambini sono sollevati dal peso di incomprensibili letture e da una difficile
omelia, nello stesso tempo possono a loro misura nutrirsi della stessa Parola
degli adulti.
9. Festa del nome
Essere chiamati per nome significa essere riconosciuti, accolti, amati, ma
anche sentirsi vivi e valorizzati. Per chi ha un nome di un santo, si propone di
festeggiare in famiglia l’onomastico. In quest’occasione i genitori possono
spiegare al figlio perché hanno scelto il suo nome, come pure accennare alla
vita del santo di cui porta il nome e invocarlo insieme. La festa
dell’onomastico può essere l’occasione per ricordare al bambino che anche
Dio lo conosce e lo chiama per nome.
II. CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Sappiamo che l’Eucaristia domenicale è il centro della vita del cristiano e
della comunità parrocchiale. Anche se i bambini non possono ancora
accostarsi alla comunione, hanno il diritto di prendere parte all’Eucaristia per
essere arricchiti dalla presenza e benedizione del Signore, per sperimentare
la fraternità della famiglia parrocchiale, per scoprire gradatamente la
ricchezza e il significato della Messa. Si suggeriscono alcune proposte per
avvicinare i bambini all’Eucaristia46.
10. Celebrazione domenicale
È la celebrazione eucaristica della comunità parrocchiale alla quale
prendono parte i genitori con i loro bambini. D’intesa con il celebrante viene
opportunamente organizzata una volta al mese. È opportuno che i piccoli in
chiesa restino con i loro genitori. I bambini partecipano alla celebrazione
Ivi, n. 194
Altri suggerimenti si possono trovare nelle pagine precedenti dedicate al tema “Iniziare i
bambini alla messa”, p. 41
45
46
- 79 -
11. Messa delle famiglie
È la proposta di celebrazioni eucaristiche solo con i bambini e i loro
genitori. Dovrebbe essere un’iniziativa limitata e occasionale: due o tre volte
all’anno, possibilmente non di domenica. Queste celebrazioni dovrebbero
essere fatte non in un salone parrocchiale, ma in chiesa. Esse hanno lo scopo
di aiutare i più piccoli ad una più adeguata comprensione della Messa
proposta a loro con segni, gesti, canti e preghiere idonei alla loro età, pur nella
fedeltà al rito liturgico.
Prima della celebrazione è opportuna una breve spiegazione sui diversi
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momenti e segni della Messa, sia ai bambini in piccoli gruppi e sia ai genitori.
Segue la Messa con solo due letture e con l’utilizzazione della preghiera
eucaristica dei fanciulli. La celebrazione può essere resa più partecipata con
canti idonei, il bacio dei bambini al libro del Vangelo dopo la sua
proclamazione, un’omelia dialogata o fatta valorizzando i disegni dei bambini
preparati in precedenza, intenzioni di preghiere espresse dai bambini, la
processione offertoriale con il coinvolgimento di genitori e bambini… il Padre
Nostro recitato dando la mano a papà e mamma.
12. In famiglia
La celebrazione eucaristica trova il suo inizio e la sua prima attualizzazione
in famiglia. Ciò che il bambino vive in famiglia dovrebbe essere vitalmente
legato alla Messa domenicale. L’esperienza di amore, il clima di serenità, i
pasti consumati insieme, il dialogo fra genitori e figli, l’aiuto vicendevole, il
perdono reciproco, l’ascolto della Parola… la preghiera comune sono gesti e
segni che fanno della famiglia una chiesa domestica e che anticipano la
celebrazione eucaristica. Nello stesso tempo la famiglia è il luogo di una
iniziale catechesi sulla Messa, sia rispondendo alle domande incuriosite del
bambino che ha preso parte all’Eucaristia, sia proponendo un’esplicita
spiegazione dei segni e gesti della celebrazione. Una proposta semplice e
concreta, connessa all’esperienza in famiglia, potrebbe essere quella di
collegare segni e gesti domestici a quelli liturgici: tavola e altare, pane
quotidiano e pane eucaristico, crocifisso appeso in casa e quello sull’altare, la
preghiera insieme in famiglia e quella in chiesa, la Bibbia -libro della Parolaletta in famiglia e proclamata dall’ambone, il papà che spiega al figlio e il
celebrante che commenta la Parola, eccetera. A questo scopo può essere
utilizzato il quaderno illustrato con disegni da commentare e colorare dai
bambini, Coloriamo la nostra messa (III. C 1).
feste e sono offerti suggerimenti47. Si rimanda ad essi. Ogni festacelebrazione dovrà essere organizzata tenendo presente tutti i bambini,
anche quelli di quattro-sei anni.
14. Celebrazioni religiose
Esse sono strettamente legate all’anno liturgico. Intendono coinvolgere più
direttamente i bambini e i genitori. Nello stesso tempo sono un’opportunità
per gli adulti della comunità, invitati ad accogliere i più piccoli e a vivere con
loro momenti liturgici ed ecclesiali rilevanti.
In ordine cronologico, da ottobre a giugno, si possono ricordare le
celebrazioni più significative: Giornata Missionaria mondiale, Natale, Festa
della Santa Famiglia, Solennità dell’Epifania, il Battesimo del Signore, Pasqua,
Pentecoste.
Anche per queste celebrazioni si rinvia ai suggerimenti proposti nella
“seconda fase” della pastorale pre e post battesimale48. Si lascia ai
responsabili della comunità insieme ai genitori di scegliere quali proposte
celebrative attuare e organizzare operativamente, tenendo presente le
esigenze di tutti i bambini sino a sei anni.
****
Utili approfondimenti sullo sviluppo psicologico del bambino, su aspetti
pedagogici, su orientamenti teologici e catechistici si possono trovare in
“Orientamenti bibliografici” (III. B 20).
III. CELEBRAZIONI COMUNI
Oltre all’Eucaristia domenicale, è bene prevedere altre celebrazioni nelle
quali si vedono riuniti bambini, famiglie e fedeli. Esse arricchiscono la
comunità parrocchiale e aiutano i bambini a sentirsi sempre più parte viva
della famiglia parrocchiale. Alcune proposte hanno una valenza più sociale,
altre sono più strettamente religiose.
13. Celebrazioni sociali
Le principali sono la festa della mamma e del papà, la festa delle famiglie
e la festa dei nonni. Nel sussidio della “seconda fase” sono richiamate queste
47 L’albero dove i piccoli trovano il nido. Seconda fase. Tempo della formazione al senso
religioso, pp. 46-47.
48 Ivi, pp. 42-46.
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CALENDARIO ANNUALE
Incontri formativi e celebrazioni comunitarie
INDICE
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LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME
p. 3
A. FAMIGLIA SCUOLA DEL VANGELO
p. 6
Obiettivi
La famiglia scuola di fede e prima palestra di virtù evangeliche
Pensiero morale e religioso del bambino: 4-6 anni
Formazione morale
La prima educazione alla fede
Alleanza educativa
p. 6
p. 6
p. 7
p. 11
p. 13
p. 16
B. ACCOMPAGNAMENTO DEI GENITORI
p. 18
Obiettivi
Essere educatori
Incontri formativi
Proposte
p. 18
p. 18
p. 19
p. 19
I. EDUCARE ALLA FEDE E ALLA VITA CRISTIANA
1. Assecondare le attese di Dio Figlio della notte…..
2. Trasmettere autentici valori cristiani Eredità spirituale
3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale Esercizi di volo
4. Educare all’accoglienza Nero no
5. Insegnare a pregare Volare uniti in formazione
6. Introdurre alla Bibbia A scuola del Vangelo
7. Avviare alla fede nella quotidianità Catechesi in pigiama
8. Iniziare i bambini alla messa Una tavola più grande
p. 21
p. 23
p. 26
p. 28
p. 31
p. 33
p. 36
p. 38
p. 41
II. LEGGERE INSIEME LA BIBBIA
9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana La casa comune
10. Porre al centro la Sacra Scrittura Il libro della fede
11. Conoscere Gesù Gesù Figlio di Dio
12. Comprendere il dono della creazione Le mani di Dio
13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale Il bambino salvato dalle acque
14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili Il Buon pastore
15. Scoprire la misericordia di Dio La pecorella ritrovata
16. Farsi prossimo Il samaritano buono
p. 44
p. 46
p. 50
p. 53
p. 56
p. 59
p. 62
p. 65
p. 69
III. CONOSCERE GLI AMICI DI GESÙ
Persone fedeli e generose
p. 73
p. 73
- 84 -
Proposte
p. 73
C. INCONTRI CELEBRATIVI
I. CELEBRAZIONI DOMESTICHE
13. Celebrazioni sociali
14. Celebrazioni religiose
p. 75
p. 75
p. 75
p. 76
p. 76
p. 76
p. 77
p. 77
p. 78
p. 78
p. 78
p. 79
p. 79
p. 80
p. 81
p. 81
p. 82
p. 82
CALENDARIO ANNUALE. Incontri formativi e celebrazioni
p. 83
1.Benedizione serale
2.Attorno alla mensa
3.Giorno del Signore
4.Corona d’Avvento
5.Presepio in famiglia
6.Verso la Pasqua
7.Celebrare la Parola
8.Compleanno del bambino
9.Festa del nome
II. CELEBRAZIONE EUCARISTICA
10.Celebrazione domestica
11.Messa delle famiglie
12.In famiglia
III. CELEBRAZIONI COMUNI
SUSSIDIAZIONE
Schede catechistiche (III. B 1…. 16). Sussidio per genitori
1. Assecondare le attese di Dio Figlio della notte ( III. B 1)
2. Trasmettere autentici valori cristiani Eredità spirituale (III. B 2)
3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale Esercizi di volo (III. B 3)
4. Educare all’accoglienza Nero no! ( III. B 4)
5. Insegnare a pregare Volare uniti in formazione ( III. B 5)
6. Introdurre alla Bibbia A scuola del Vangelo ( III. B 6)
7. Avviare alla fede nella quotidianità Catechesi in pigiama ( III. B 7)
8. Iniziare i bambini alla messa Una tavola più grande ( III. B 8)
9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana La casa comune (III. B 9)
10. Porre al centro la Sacra Scrittura Il libro della fede ( III. B 10)
11. Conoscere Gesù Gesù Figlio di Dio ( III. B 11)
12. Comprendere il dono della creazione Le mani di Dio (III. B 12)
13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale Il bambino salvato dalle acque (III. B 13)
14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili Il Buon pastore ( III. B 14)
15. Scoprire la misericordia di Dio La pecorella ritrovata ( III. B 15)
16. Farsi prossimo Il samaritano buono ( III. B 16)
Silenzio… Parla Dio (III. B 17 a e B 17 b). Testo per genitori
Episodi biblici (III. B 17 a)
Personaggi biblici (III. B 17 b)
Un coro di santi. Piccoli e grandi amici di Gesù nostri compagni di viaggio
(III. B 18) Testo per genitori e figli
A mane alzate. Preghiera in famiglia (III. B 19) Sussidio per genitori
Orientamenti bibliografici (III. B 20) Sussidio per operatori pastorali,
catechisti, genitori
Coloriamo la nostra messa (III. C 1) Quaderno per genitori e bambini
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Beata la famiglia
Beata la famiglia che si raccoglie nella preghiera:
resterà fedele al progetto dell’amore del Padre.
Beata la famiglia che nella gioia loda il Signore:
scoprirà la consolazione la tenerezza dello spirito.
Beata la famiglia che sa ringraziare:
conoscerà la gratuità dell’amore di Dio.
Beata la famiglia che custodisce la Parola del Signore:
su di essa si poserà la benevolenza di Dio.
Beata la famiglia accogliente ed ospitale:
potrà riconoscere nel prossimo il Volto di Dio.
Beata la famiglia che si apre al servizio dei fratelli:
il Signore le darà la sua gioia e la sua pace.
Beata la famiglia che usa misericordia:
conoscerà la gioia del perdono e dell’accoglienza.
Beata la famiglia che resiste alle lusinghe del conformismo:
vivrà nella libertà e nella pace.
Beata la famiglia che si apre alle altre famiglie:
diventerà Chiesa che cammina verso il Regno.
Beata la famiglia che sa accettare fatica e sofferenza:
diverrà feconda come il chicco di frumento.
Beata la famiglia fedele nelle piccole cose:
troverà nel quotidiano la ricchezza di una storia.
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