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L`ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO Terza fase
DIOCESI DI CUNEO E DI FOSSANO L’ALBERO DOVE I PICCOLI TROVANO IL NIDO Pastorale pre e post battesimale Ufficio Catechistico delle diocesi di Cuneo e di Fossano Pastorale pre e post battesimale Commissione interdiocesana Membri I Diocesi di Cuneo Aime Suor Annamaria; Basteris Gabriella; Bernardi Don Renzo; Cavallo Don Claudio; Cometto Michelangelo e Carla; Cuzzolin Loredana in Gazzera; Dutto Carla; Dutto Don Michele; Galaverna Cristina in Ghibaudo; Garelli Alessandro e Chiara; Greborio Andrea e Stella; Lerda Maria Luisa in Canepa; Martello Maria Luisa; Ottenga Sergio e Alida; Pavese Francesca; Pellegrino Elvio e Gabriella; Pellegrino Maria Gabriella. II III Diocesi di Fossano Borgogno Valter e Silvia; Gribaudo Nives; Panero Beppe e Ritina; Paschetta Adriano e Mirella; Ricciardi Don Piero. Responsabile Cavallo Don Claudio Coordinatore Cavallotto Mons. Giuseppe, Vescovo Terza fase TEMPO DELLA PRIMA EDUCAZIONE ALLA FEDE LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME Iniziazione cristiana dei bambini da 4 ai 6 anni TESTO GUIDA Per animatori e catechisti accompagnatori Terza fase TEMPO DELLA PRIMA EDUCAZIONE ALLA FEDE LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME Iniziazione cristiana dei bambini dai 4 ai 6 anni Ufficio catechistico di Cuneo, Via A. Rossi 28 – 12100 Cuneo E-mail: [email protected] Ufficio catechistico di Fossano, Via Vescovado 8 – 12045 Fossano E-mail: [email protected] Cuneo - Fossano 2014 TESTO GUIDA -2- LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME “Gli presentarono dei bambini perché li toccasse. Gesù, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro” (Marco 10,13.16) La seconda fase si conclude con la consegna del catechismo, Lasciate che i bambini vengano a me. Un gesto semplice e significativo insieme. Con questa “consegna” si ricorda ai genitori che è arrivato per il loro bambino il tempo di un incontro più esplicito con Gesù e di un’iniziale conoscenza della sua vita e dei suoi amici, di un’essenziale scoperta di personaggi e fatti della storia del suo popolo, così pure di una personale relazione, sebbene limitata, con Dio, Padre di Gesù e Padre nostro. In questa terza fase i genitori sono chiamati a “essere per i figli i primi maestri della fede”1. “Che cosa sarà mai questo bambino?” (Lc 1,66). Se lo chiedevano i vicini alla nascita di Giovanni Battista. Incerti e titubanti, se lo chiedono i genitori per il loro bambino. Crescerà sano? Sarà felice? Che cosa farà domani nella vita? Saprà camminare con la schiena diritta? Il futuro di ogni persona è avvolto nel mistero. I genitori, però, sanno che il Signore ama il loro figlio, veglia su di lui e illuminerà il suo cammino. Sono invitati ad affidarlo con fiducia a Dio e a presentarlo a Gesù, affinché lo benedica, lo protegga, lo prenda per mano. Per i genitori è il tempo di promuovere un primo incontro personale con Gesù. Nella seconda infanzia, dopo i tre anni e sino a sei, lo sviluppo morale e religioso del bambino conosce una nuova stagione. È compito dei genitori rispettare e valorizzare le potenzialità del figlio con una opportuna formazione morale e un’iniziale educazione alla fede attraverso la loro testimonianza, la richiesta di idonei comportamenti, la proposta di un primo incontro con il Testo sacro della Bibbia, lo sviluppo di una più esplicita relazione personale con Dio e di nuove espressioni nella preghiera. È questo il tempo di una “precatechesi” in famiglia. 1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, Edizioni Pastorali Italiane, Roma 1970, n. 195. -3- La fondamentale e insostituibile esperienza religiosa del bambino in famiglia è arricchita nella scuola dell’infanzia e trova sostegno nella comunità cristiana, soprattutto attraverso la partecipazione, progressivamente più frequente, alla messa domenicale insieme ai genitori. È giunto il tempo per i bambini, accompagnati dai genitori, di scoprire che esiste una famiglia più grande, la comunità parrocchiale, e di muovere i primi passi in essa. Anche in questa terza fase la pastorale post battesimale pone al centro la famiglia, chiamata ad essere, secondo l’espressione di Paolo VI, “scuola del Vangelo”2: spazio dove il bambino continua a sperimentare l’amore dei genitori e a fare un’iniziale esperienza del perdono fra le mura domestiche, conosce l’esercizio del silenzio per ascoltare e parlare con il Signore, sviluppa una prima idea di Dio, si esercita in piccoli servizi, acquisisce essenziali comportamenti evangelici grazie, anche, a un primo incontro con la persona di Gesù, al richiamo di figure ed episodi biblici, alla presentazione della vita di alcuni santi. I genitori nella loro missione educativa possono contare sul sostegno di alleati: i nonni del figlio, padrino e madrina, amici di famiglia, gli insegnanti della Scuola dell’infanzia, in particolare i catechisti incontrati nelle fasi precedenti e con i quali hanno già fatto un comune cammino. Come educatori e credenti, i genitori hanno diritto di essere sostenuti e accompagnati dalla comunità cristiana, impegnata ad offrire specifici incontri formativi per la loro crescita spirituale, la vita di coppia, la loro azione educativa. In questi anni il reciproco legame tra le famiglie cristiane – dei genitori con i loro bambini - e la propria comunità parrocchiale trova concreta attuazione e si manifesta in alcune appropriate celebrazioni, si rafforza soprattutto nell’eucaristia domenicale con la partecipazione, sempre più frequente, dell’intero nucleo familiare. In sintesi, il servizio pastorale della comunità cristiana in questa terza fase, in analogia con le precedenti, privilegia tre scelte principali. 2 PAOLO VI, Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964. -4- A. Famiglia scuola del Vangelo Sostenere la famiglia come primo luogo di ascolto e di accoglienza del Vangelo, di educazione alla fede e di formazione morale Pre-catechesi familiare B. Accompagnamento dei genitori Incoraggiare i genitori ad approfondire la loro fede, aiutarli nella loro missione educativa, ravvivare il legame con la comunità cristiana 5-6 incontri annuali dei genitori C. Incontri celebrativi Promuovere la partecipazione dei genitori e bambini a specifici incontri celebrativi comunitari, in particolare all’eucarestia domenicale Ogni mese eucarestia domenicale con le famiglie A. FAMIGLIA SCUOLA DEL VANGELO Obiettivi Lo sviluppo morale e religioso del bambino di 4-6 anni avviene soprattutto nella famiglia con l’apporto determinante dei genitori. In questa fase l’azione pastorale si propone come obiettivi di aiutare i genitori: - a interrogarsi sulla loro responsabilità e sui loro compiti nella formazione morale e nell’educazione alla fede del figlio; - a fare scelte affinché la propria famiglia sia lo spazio dove il Vangelo è conosciuto, accolto e vissuto; - ad adoperarsi affinché la formazione attuata in famiglia sia arricchita nella Scuola dell’infanzia e, in particolare, con la progressiva partecipazione alla comunità ecclesiale. La famiglia scuola di fede e prima palestra di virtù evangeliche Nei secoli la Chiesa ha sempre riconosciuto alla famiglia cristiana un ruolo fondamentale nell’educazione. In questi anni i nostri vescovi, con i loro recenti Orientamenti pastorali, confermano la centralità educativa della famiglia. Sottolineano che la famiglia, collocata nel concreto orizzonte della comunità cristiana, “resta la prima e indispensabile comunità educante”3. Essa è “prima” non solo perché precede le altre istituzioni, ma soprattutto perché lascia un’impronta profonda e duratura nella vita dei più piccoli. In particolare, ricordano che l’educazione “per i genitori è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato”4. Inoltre riaffermano che, nonostante fragilità e difficoltà, la famiglia anche nel nostro tempo “mantiene la sua missione e la responsabilità primaria per la trasmissione dei valori e della fede”5. Per questo la famiglia è scuola e palestra: è la prima comunità nella quale si apprendono e si vivono la fede e i valori evangelici. Il compito della comunità ecclesiale non è quello di sostituirsi alla famiglia, ma di “sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori”6. Con la pastorale post CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali per il decennio 20102020, n.36. Ivi. 5 Ivi. 6 Ivi. 3 4 -5- battesimale la prima forma di sostegno è assicurata dai catechisti accompagnatori che, continuando il contatto con le famiglie, condividono con la coppia di genitori confronto, scambi, preghiera. Un aiuto concreto e mirato è, poi, proposto ai genitori attraverso specifici incontri formativi programmati in parrocchia per approfondire la loro missione di primi annunciatori del Vangelo. Inoltre, la comunità cristiana offre ai genitori e ai figli un fondamentale sostegno spirituale attraverso particolari momenti liturgici e celebrativi previsti durante l’anno. In questa terza fase della pastorale battesimale l’attenzione è rivolta alla formazione morale e all’educazione alla fede dei bambini dai 4 ai 6 anni. Numerosi fattori favoriscono lo sviluppo morale e religioso del bambino: la relazione parentale, il clima di famiglia, la testimonianza dei genitori e il loro insegnamento, le attività e le esperienze vissute in ambito domestico e fuori. Prima di offrire orientamenti per l’intervento educativo dei genitori, è utile accennare sommariamente allo sviluppo cognitivo del bambino, soprattutto al suo pensiero morale e religioso. Pensiero morale e religioso del bambino: 4-6 anni Lo sviluppo psicologico del bambino inizia sin dal grembo materno. Decisivi sono i primi tre anni di vita per la struttura di base della personalità: la formazione del concetto di sé, l’autostima, la fiducia in se stesso. Soprattutto la relazione con la madre e, in generale, l’amore, l’accoglienza e la serenità sperimentati in famiglia hanno un influsso fondamentale sulla vita affettiva, cognitiva, morale e religiosa del bambino. Il comportamento morale e il senso religioso sono due dimensioni distinte della personalità. La loro formazione incomincia già nei primi mesi di vita del bambino e il loro sviluppo presenta tratti specifici dopo il terzo anno. Entrambe le dimensioni, morale e religiosa, sono vitalmente connesse alla crescita psicologica del bambino, soprattutto alla sua vita affettiva, cognitiva, relazionale7. Un’attenzione particolare merita lo sviluppo mentale del -6- bambino per la sua ricaduta sulla crescita morale e religiosa. Il pensiero del bambino Tra i 4-6 anni il bambino entra nell’età dei perché. Aumenta la curiosità. Cresce il desiderio di esplorare il mondo circostante. Pone domande sul come è nato… dove si trova il nonno dopo la morte. Sviluppa un’iniziale capacità di ragionamento. In questa età, secondo Jean Piaget, il pensiero del bambino presenta alcuni tratti peculiari: un pensiero egocentrico: il bambino comprende cose e fatti dal suo punto di vista. Non sa porsi da un punto diverso dal suo; un pensiero pre-causale: egli è incapace di riconoscere un nesso tra causa ed effetti e di stabilire legami di causalità tra sé e il mondo; un pensiero pre-logico: il bambino tende a interpretare situazioni, fatti, comportamenti secondo schemi affettivi e immaginativi legati all’esperienza primaria vissuta soprattutto con i genitori; un pensiero concreto: il bambino non ragiona in forma astratta. Il suo pensiero è legato alla concretezza delle cose, dei fatti, delle persone: la torta esiste perché l’ha fatta la mamma, il nonno è buono perché mi porta al parco giochi. Pensiero morale Negli anni dell’infanzia il pensiero morale del bambino si sviluppa lentamente e può essere ricondotto, schematicamente, ad alcuni essenziali passaggi. Anzitutto il bambino, da piccolo, nel suo agire è guidato da una visione essenzialmente utilitaristica e pratica: è bene ciò che piace, torna utile; mentre è male ciò che non piace, torna a danno. Verso i 3 anni incomincia a percepire ciò che è lecito e ciò che non lo è secondo il gradimento o meno dell’adulto: a suo modo il bambino è consapevole che alcune cose si possono fare e altre no, perché così piace ai genitori o a persone a lui vicine e importanti, come i nonni, l’insegnante della 7 Per un primo approfondimento dello sviluppo psicologico del bambino e della formazione morale e religiosa si rinvia ad alcune pubblicazioni di facile accesso e ricche di suggerimenti pedagogici: BERRY BRAZELYON T., Il tuo bambino e la disciplina. Una guida autorevole per porre «limiti» a vostro figlio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005; CAVALLETTI S., Il potenziale religioso del bambino, Città Nuova, Roma 1993, CHABERT J. – MOURVILLIER F., Parlare di Dio ai bambini di oggi, Elledici, Leumann (TO) 2007; COLÈ R., L’intelligenza morale dei bambini, Rizzoli, Milano 1998; DIANA M., Dio e il bambino. Psicologia e educazione religiosa, Elledici, Leumann (TO) 2007; DOLTO F., Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo, Mondadori, Milano 1995; DOLTO F., I problemi dei bambini, Mondadori, Milano 2005; FERRARI G., Il bambino felice. Tutte le risposte per farlo crescere bene, De Agostini, Novara 2007; FERRARI G. – MILLER L. – STIENER D. (e altri), Comprendere il vostro bambino, dalla nascita ai 6 anni, Red Edizioni, Milano 2008; GILLINI A. – ZATTONI M., Parlare di Dio ai bambini. Ovvero educazione religiosa dei genitori e degli educatori, Queriniana, Brescia 2004; LEVY R. – O’HANLON B., Bambini che fanno i capricci, Tea, Milano 2004; PHILLIPS A., I no che aiutano a crescere, Feltrinelli, Milano 2003; PIAGET J., Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Einaudi, Torino 1967; QUATTROCCHI MONTANARO S., Comprendere i bambini. Sviluppo ed educazione nei primi tre anni di vita, Di Renzo Editore, Roma 2006; UKMAR G., Se mi voi bene dimmi di no. Regole e potere positivo per aiutare i figli a crescere, Franco Angeli, Milano 2003; VEGETTI FINZI S., A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall’attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 2007; WEIKERT A., Piccoli riti di ogni giorno che aiutano a crescere, Red Edizioni, Milano 2003; WILKOFF W., Come dire no al tuo bambino. I no affettuosi che formano il carattere, Red Edizioni, Milano 2005. -7- -8- scuola d’infanzia. Tra i 4-6 anni appare un’iniziale distinzione tra ciò che è bene e ciò che è male secondo un criterio esterno: una cosa è buona perché è permessa, invece una cosa è cattiva perché è proibita. Si tratta di un comportamento morale detto eteronomo: viene considerato buono o cattivo ciò che è stabilito da una norma decisa dai genitori o da altre persone significative. Solo verso i 9-10 anni il fanciullo incomincia ad acquisire un giudizio autonomo, a ritenere che una cosa non si può fare perché è cattiva, anche se nel suo agire morale fa riferimento e cerca di attenersi a regole e norme stabilite dai genitori, da autorità civili o religiose. Con il passare degli anni si sviluppa, se adeguatamente aiutato, una vera capacità di valutazione autonoma, fondata su principi generali, ai quali si ispirano le stesse norme. Pensiero religioso Anche il pensiero religioso del bambino, connesso al suo sviluppo intellettivo, presenta tratti tipici di questa età, assai diversi dall’adulto. Sinteticamente la religiosità del bambino tra i 4 e i 6 anni può essere richiamata con alcuni caratteri essenziali8. Interpretazione antropomorfica. Il bambino tende a percepire Dio secondo modalità apprese dalla propria esperienza e a descriverlo con categorie e schemi umani. Il suo modo di pensare lo porta facilmente a immaginare Dio come un personaggio umano speciale: come un uomo potente o come un superuomo capace di attraversare i muri, come un re seduto su alto trono, o come un anziano con una barba fluente che abita sopra le nubi. È un modo infantile per esprimere il senso dell’alterità e della trascendenza di Dio. Attitudine artificialistica. Il bambino è portato a immaginare ogni cosa come fabbricata da qualcuno. Così nella creazione del mondo pensa che Dio si sia comportato un po’ come mamma o papà: ha preso qualche cosa, l’ha manipolata e ha fabbricato le stelle, la terra, gli animali… l’uomo. Propensione animistica. È la tendenza ad attribuire un’anima, intenzioni a oggetti inanimati. Per il bambino le cose contengono dentro una forza che le anima. Facilmente a questa età, dinanzi alle stelle luminose o agli alberi ricchi di frutti, egli tende a pensare a un continuo intervento di Dio: il Signore fa brillare le stelle perché possano illuminare il cielo, fa crescere gli alberi perché diano frutti. Tendenza finalistica. Il bambino è portato a vedere in ogni cosa uno scopo, un’intenzione buona o cattiva. Dinanzi a fatti negativi, facilmente attribuisce agli oggetti un’intenzione punitiva. Se, nonostante la proibizione, il bambino sale sulla scala e cade, la colpa è della scala. Sovente, per un errato 8 Si veda DIANA M., Dio e il bambino. Psicologia e educazione religiosa, pp. 91-94. intervento dei genitori, la punizione è attribuita a Dio: “Ecco, ti sta bene. Gesù punisce i bambini cattivi come te!”. Inclinazione magica. Il bambino tende ad attribuire ad azioni, a gesti effetti sproporzionati, un potere magico a vantaggio personale. Si aspetta risultati fulminei, prodigiosi. Può così, già in questa età, cominciare ad attribuire alla preghiera un’efficacia immediata: “Se dico bene la preghiera, la nonna deve guarire!”. Annotazioni pedagogiche Il bambino è un essere in divenire con potenzialità fisiche, intellettive, affettive… estetiche. Egli è soggetto della sua crescita. Sviluppa le sue potenzialità se è reso attivo attraverso stimoli esterni adeguati all’età. Fondamentali sono la relazione con le persone, soprattutto con i genitori, attività, molteplici esercizi, esperienze nuove. Ciò vale per ogni campo della crescita. Si applica in modo particolare allo sviluppo della sua conoscenza, del suo comportamento morale, della sua vita religiosa. Occorre tenere presente che la crescita della conoscenza non avviene con un semplice incremento di nozioni. Il bambino costruisce il suo sviluppo cognitivo anzitutto con un processo di assimilazione: integra nuove nozioni rendendole compatibili con gli schemi che già possiede. Nello stesso tempo, però, il bambino accresce il suo apprendimento attraverso un processo di ristrutturazione dei suoi schemi mentali: essi vengono ampliati o modificati grazie all’insegnamento ed esempio dei genitori, a contatti con persone e realtà nuove, a esperienze forti9. L’educazione, se da una parte dovrà evitare di arrestare il comportamento morale e la visione religiosa del bambino a livelli infantili, dall’altra non può prescindere dai tratti peculiari del suo modo di “ragionare”. In particolare l’adulto, nel comunicare con il bambino, dovrà incoraggiare la sua curiosità, rispondere sempre e in modo adeguato ai suoi interrogativi, dare motivazioni ai comportamenti richiesti. Fondamentale è l’uso di un linguaggio semplice e concreto, con riferimento a persone, storie, oggetti, dettagli. Così per il bambino la Bibbia è un libro importante, perché è un volume grande, con molte illustrazioni… trattato con cura. In questa età, poi, è doveroso trasmettere alcune essenziali verità o nozioni religiose, tenendo presente il livello cognitivo dei soggetti: il loro pensiero egocentrico, pre-causale, pre-logico, concreto, antropomorfico, artificialistico… magico. Nella comprensione e apprendimento da parte del 9 Può essere indicativo un esempio concreto. Il bambino, spinto dalla sua curiosità, si avvicina alla stufa rovente. La madre interviene con la sua spiegazione e divieto: “Non toccare. La stufa brucia. Ti fai male”. Il bambino però, appena la mamma si volta dall’altra parte, appoggia le mani sulla stufa. Insieme al pianto per la scottatura, il bambino modifica, per esperienza, il suo schema mentale: apprende che non si deve toccare la stufa accesa. -9- - 10 - bambino di nuove nozioni e insegnamenti, anche morali e religiosi, influiscono notevolmente, oltre a esercizi e ad esperienze concrete, la qualità delle relazioni dei genitori con il figlio e la loro testimonianza. Con il tempo le verità trasmesse, che ora il bambino comprende a suo modo, potranno essere rielaborate e fatte proprie. figlio. Ordinariamente il maschietto si innamora della madre, mette in atto sue strategie di conquista, sino a dirle che da grande la sposerà. In modo analogo, ma opposto, si comporta la bambina che si innamora del padre. È questo il primo grande conflitto di sentimenti nella vita del bambino: amore e odio, gelosia e rivalità. Da una parte il piccolo percepisce che il suo amore è impossibile, con conseguenti reazioni aggressive, più o meno aperte, verso l’altro genitore. Dall’altra, mentre il genitore dello stesso sesso è considerato un rivale in amore, il figlio continua a nutrire verso di lui opposti sentimenti: ammirazione e rifiuto, affetto e paura, fantasie di punizione e senso di colpa. In questo tempo d’innamoramento della madre o del padre il bambino non è certo di essere figlio di entrambi. Spinto anche dalla sua curiosità sessuale, pone ai genitori domande, talvolta imbarazzanti, sulla sua nascita: “Dove ero prima di nascere? Chi mi ha messo nella pancia della mamma? Come?”. L’intervento dei genitori, molto delicato in questa fase, abbraccia diversi aspetti. Anzitutto il loro compito è aiutare il figlio ad accettare e apprezzare la sua diversità e identità sessuale. Rispondendo, poi, alle domande del bambino sulla sua nascita, tocca ai genitori fare capire, con tatto e sapienza, che egli è figlio di entrambi, che è stato da tutti e due voluto e atteso con amore. In particolare, spetta ai genitori esprimere il loro amore vicendevole e, nello stesso tempo, intervenire con amabilità e fermezza, per chiedere al figlio di stare al suo posto. È l’esercizio dell’autorità della mamma, o più ancora del papà: fare capire che non tutto è lecito, che esistono norme da osservare e ci sono limiti da rispettare. Accompagnato con sapienza, il bambino lentamente si stacca dalla ricerca assoluta del piacere e del possesso illimitato del genitore, è aiutato a mettere ordine nei suoi sentimenti, è introdotto nel “mondo della legge”: esistono limiti, norme, regole. È questa una fase complessa e difficile per il figlio, ma anche per i genitori, chiamati ad apprendere l’esercizio dell’autorità, compresa la correzione. Per un padre e una madre amare si coniuga con comandare: intervenire e dare una direzione, proporre un ordine e codici di comportamento, stabilire limiti e regole, richiamare e rimproverare con bontà, evitare ricatti, ma apprezzare e incoraggiare i buoni comportamenti. Un compito che richiede sapienza e discernimento, ma anche disponibilità a lasciarsi guidare dal Signore, facendo propria la richiesta del Salmista: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri” (Sal 25,4). Formazione morale Lo sviluppo morale è un lungo processo che conosce stadi successivi. Solo avanti negli anni la persona approderà a una maturazione morale nella misura in cui raggiungerà un giudizio indipendente rispetto all’andazzo comune: quando saprà fare scelte consapevoli, autonome, coerenti. È doveroso domandarsi quando, per i genitori, incomincia la formazione morale e come attuarla. Per questa impegnativa e delicata missione si possono suggerire alcuni orientamenti, non esaustivi. L’amore dei genitori è il primo fondamento di una crescita morale. Il cammino verso l’autonomia inizia di fatto con i primi mesi di vita. Se il bambino sperimenta accoglienza, calore, presenza rassicurante, sviluppa una fondamentale fiducia di base che lo rende capace di reggere al distacco della madre, al suo temporaneo allontanamento, vissuti come momenti critici. Per il bambino, fare fronte a questa situazione frustrante del rimanere solo, significa incominciare ad autogestirsi e a intraprendere il lungo cammino verso l’indipendenza. I no che fanno crescere. Avvicinandosi ai 2-3 anni molti bambini entrano nell’età dei primi capricci. Non appagati nelle loro richieste, possono reagire con collere improvvise, forme di protesta anche in luoghi pubblici, che mettono a disagio gli stessi genitori: urlano, trattengono il respiro… si buttano a terra. In questi anni, poi, i bambini sovente rivendicano a sé alcuni oggetti: “È mio!”. Attraverso queste e altre reazioni i piccoli affermano la loro indipendenza, che richiede di essere orientata. In questo tempo i genitori sono chiamati, opportunamente, a stabilire le prime regole, che devono essere essenziali e concrete, ma fatte rispettare con amabilità e fermezza, accettando anche il pianto e le proteste. In questo modo il bambino incomincia a percepire che non tutto è lecito. Un’autorità che introduce alle regole. Attorno ai 3 anni i bambini scoprono la diversità dei sessi e tendono a possedere il genitore di sesso opposto. È la fase, detta “edipica”, durante la quale sorge più palese il triangolo familiare: tra l’amore vicendevole fra madre e padre si colloca il Dare voce alla testimonianza. Il bambino guarda con ammirazione ai suoi genitori: sono i migliori, i più forti… i più belli. Percepisce la mamma e il papà come grandi e potenti. Dopo i 3 anni cresce la dinamica di identificazione: il bambino da una parte prende iniziative, cerca di essere se stesso, dall’altra vuole essere come i suoi genitori, che diventano anche sul piano - 11 - - 12 - comportamentale i primi modelli. Consapevoli o meno, i genitori influiscono sulla formazione morale del figlio con il loro esempio, il loro comportamento, il loro stile di vita. È il magistero della testimonianza, dei fatti. Con il passare degli anni il figlio conserverà ed elaborerà il ricordo dei comportamenti dei genitori. Ogni madre e ogni padre trasmettono al figlio, nel loro modo quotidiano di agire, i fondamentali valori evangelici: accoglienza delle persone, tolleranza, perdono, gratuità, sobrietà, osservanza delle norme… rispetto dell’ambiente. Come cristiano, ogni genitore, ispirandosi a san Paolo, dovrebbe poter dire ai figli: “Diventate miei imitatori, come io sono di Cristo” (Cor 11, 1). Fare della famiglia un laboratorio di comportamenti evangelici. Tra i 4 -6 anni il “fare” assume grande importanza nella vita del bambino. Man mano cresce la capacità motoria e linguistica, il piccolo vuole muoversi, agire, prendere iniziative. In questa fase è particolarmente interessato alle attività, soprattutto al gioco. Egli impara facendo. Valorizzando la particolare predisposizione al fare, i genitori educano il figlio attraverso opportuni e graduali esercizi, che diventano un progressivo tirocinio di vita cristiana: il bambino impara a collaborare, a rendersi utile con piccoli servizi, a dire grazie, a essere gentile con gli altri, a perdonare, a fare piccole rinunzie, a evitare sprechi… a rispettare le cose e la natura. Attraverso l’esercizio, incoraggiato dai genitori, il bambino interiorizza fondamentali valori umani e cristiani. Oltre alle parole anche la Parola di Dio. La comunicazione del bambino, già presente nel grembo materno, si sviluppa e diventa vitale dopo la nascita. Si esprime, soprattutto con la madre, attraverso modalità diverse: lo sguardo, il sorriso, il pianto… il contatto fisico. Man mano che il piccolo cresce, il dialogo, la relazione verbale conoscono nuove frontiere: il bambino parla, ascolta, risponde, pone domande, si racconta. Sono i genitori che introducono il bambino nel mondo del linguaggio verbale. Insegnano le prime parole, il nome delle cose, delle persone. Vengono poi i colori, i numeri… le prime frasi. In risposta al crescente bisogno del bambino di comunicare e di dialogare, i genitori avvertono il dovere di dare maggiore tempo al figlio per ascoltare e parlare. La madre e il padre, consapevoli dell’attaccamento affettivo e dell’ammirazione da parte del figlio, sono chiamati a essere anche maestri di vita morale. Con pazienza e sapienza rispondono alle domande del figlio, incoraggiano comportamenti positivi, consigliano, riprendono. Nel loro insegnamento morale è opportuno iniziare il figlio alla parola di Dio, presentando comportamenti esemplari di personaggi biblici, richiamando l’agire di Gesù, dando spazio a parabole come quella del Buon Samaritano. Anche il racconto della vita dei Santi offre spunti per incoraggiare comportamenti cristiani. La prima educazione alla fede La religiosità è primariamente un’esperienza di relazione con il totalmente Altro da sé, con il Trascendente. Nella fede cristiana questa relazione si fonda su un rapporto personale con il Dio rivelato da Gesù Cristo. Il cristiano è “il giusto che vive di fede” (Rm1,17). Guidato dallo Spirito, ha con il Padre un legame filiale, che nella sua espressione più alta diventa affidamento fiducioso e accettazione alla sua volontà. Sotto l’azione dello Spirito Santo il credente cristiano aderisce personalmente a Cristo Salvatore e accoglie la sua parola, che apre alla speranza e alla possibilità di senso. Essere cristiano, afferma Giovanni Paolo II, “significa dire sì a Cristo”10. Una relazione che è comunione, intimità, ma anche sequela: vedere, giudicare, agire come Cristo. Una consapevole risposta di fede matura negli anni. Di regola nasce nella famiglia. Cresce con il tempo se è nutrita dalla parola di Dio ed è alimentata dalla preghiera. È rafforzata, poi, da riti, da feste liturgiche, soprattutto dai sacramenti. Trova sostegno nella comunità cristiana. Il bambino, quando nasce, non è né credente, né ateo. Tra le scuole psicologiche s’incontrano posizioni diverse sulla genesi del senso di Dio nei primi anni di vita. L’esperienza, tuttavia, conferma che nel bambino c’è una predisposizione religiosa: essa si sviluppa se è sostenuta e guidata. Soprattutto dopo i 3 anni il bambino, opportunamente accompagnato, esprime una propria fede, che ha modalità diverse dall’adulto. È giusto ricordare che “nell’educazione religiosa ad avere problemi non sono i bambini, che sono al contrario recettivi in questo campo, quanto gli adulti”11. I genitori, come primi maestri di fede dei loro figli, hanno una missione impegnativa e quasi insostituibile. La loro azione educativa dovrà rispettare la psicologia del bambino, valorizzare i contributi della pedagogia e della prassi pastorale, ma anche tenere presente la situazione spirituale del loro bambino che, battezzato, è rigenerato a vita nuova ed è tempio dello Spirito Santo. Per orientare l’azione dei genitori si possono richiamare alcuni criteri generali. “Dio e il bambino se la intendono”. L’espressione è di Adele Costa Gnocchi, allieva e collaboratrice di Maria Montessori. L’affermazione sottolinea la prossimità di Dio e la relazione, per noi misteriosa, tra il Signore e il bambino. Dio Padre conosce per nome e ama ogni bambino, che con il battesimo diventa figlio di Dio. Lo Spirito Santo, presente nel piccolo battezzato, parla, prega, intercede con gemiti inesprimibili. Ancora prima che i genitori parlino di GIOVANNI PAOLO II, Catechesi tradendae, n. 20. NETTE N., “Vivre et apprendre a croire avec les enfants”, in Concilium 264 (1996), p. 128. 10 11 - 13 - Dio al bambino, tra il Padre Celeste e il loro figlio esiste una comunicazione, è presente uno scambio, anche se contenuti e modi restano per lo più inafferrabili per l’adulto. Genitori primo “sacramento” dell’incontro con Dio. L’esperienza religiosa del bambino appartiene alla sfera emotiva e affettiva. Affonda le sue radici nelle relazioni primarie con i propri genitori. Se il bambino nei primi mesi di vita si sente accolto e amato dai genitori, sviluppa un concetto positivo di sé insieme a una fondamentale fiducia di base. Ciò gli permetterà di aprirsi agli altri e di andare incontro a chi è totalmente Altro da noi, a Dio. Nello stesso tempo i genitori sono il primo “vangelo” per i loro figli: parlano di Dio attraverso il loro amore vicendevole, il clima di serenità creato in famiglia, il modo di esprimere la loro fede. Un volto di padre e un cuore di madre. Con gli anni ognuno si forma un’immagine di Dio con qualità paterne e materne. Autorità, norma, distanza, forza… severità sono tratti più paterni. Dolcezza, vicinanza, comprensione… amabilità sono qualità più materne. La formazione dell’immagine di Dio è debitrice, in parte, all’idea di padre e di madre che ogni bambino elabora nella relazione con i genitori e, successivamente, nel contesto socio-culturale in cui vive12. Un rapporto positivo o disturbato del bambino con i genitori influisce non solo sull’idea di madre e di padre, ma anche, in certa misura, sul formasi della sua idea di Dio, sulla percezione affettiva di Dio come padre e madre. Chi nella sua infanzia ha conosciuto un padre violento e aggressivo, avrà difficoltà a invocare Dio come “Padre nostro” e a percepirlo come presenza rassicurante, difesa, roccia, fortezza. Pre-catechesi in famiglia. Il Catechismo dei bambini ricorda che “Dio parla di sé attraverso le persone, i fatti e le cose”13. Soprattutto dopo i 3 anni i genitori sono chiamati ad un iniziale annuncio del Vangelo sia attraverso una catechesi occasionale e sia con la trasmissione di essenziali contenuti biblici. Sono da privilegiare alcune vie: le risposte, semplici e ispirate al senso cristiano, date alle domande dei bambini, a esperienze negative, ad avvenimenti felici; una lettura cristiana delle feste religiose e degli eventi familiari: da quelli 12 Su questo campo si sono mosse le ricerche condotte nell’Istituto di Psicologia della Religione dell’Università di Lovanio sotto la guida di Antonio Vergote. Nel documento pastorale dei vescovi italiani si legge: “Il ruolo dei genitori e della famiglia incide anche sulla rappresentazione e sull’esperienza di Dio” ( Educare alla vita buona del Vangelo, n. 27). 13 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 121. - 15 - - 14 - più drammatici come malattia e lutto, a quelli più festosi come compleanni, ricorrenze, celebrazioni domestiche; una prima presentazione della vita di Gesù: la nascita, la sua famiglia e amici, il suo modo di comportarsi con le persone, la morte; un’iniziale traccia di storia della salvezza attraverso il racconto di episodi scritturistici e la presentazione di figure e personaggi biblici. “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi” (Gc 4,8). La famiglia non è solo il luogo privilegiato dove s’impara a pregare, ma anche lo spazio dove genitori e figli, attraverso la preghiera, si avvicinano a Dio. Per favorire la preghiera in famiglia, oltre alla fondamentale testimonianza dei genitori, è necessaria la proposta di opportuni segni, riti e formule. Occorrerà continuare l’esperienza avviata nella fase precedente, come la preghiera della sera con il segno di croce e la benedizione dei genitori, la piccola “liturgia” prima dei pasti. In questi anni, poi, sarà opportuno dare spazio alla preghiera spontanea di lode e di ringraziamento, valorizzare il Giorno del Signore, conoscere e utilizzare alcune fondamentali preghiere della tradizione cristiana: Padre Nostro, Gloria al Padre, Ave Maria… Angelo di Dio. L’atto generativo del padre e della madre trova continuità nella relazione educativa. Il legame che, fin dalla nascita, s’instaura tra i genitori e il figlio, lascia “un’impronta indelebile” nel piccolo, che porterà i “segni” nella sua vita affettiva, relazionale e intellettiva, nel suo sviluppo morale e religioso: la rete di relazioni sperimentate nel contesto familiare segnano la personalità del figlio, compresa la sua rappresentazione di Dio: “Anche l’immagine di Dio che il figlio porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita”14. L’educazione religiosa non è solo un dovere, ma anche un diritto originale e inalienabile dei genitori. È una responsabilità primaria che la comunità cristiana riconosce, rispetta e sostiene. Alleanza educativa Soprattutto negli anni dell’infanzia la famiglia “resta la prima e insostituibile comunità educante”15: apprendistato di virtù umane e scuola del Vangelo. Non da sola. Se da una parte occorre che la famiglia sia “amata, sostenuta e resa protagonista dell’educazione” 16, dall’altra è doveroso che i genitori valorizzino proposte formative che, soprattutto sul piano religioso, possono integrare il loro compito educativo. È necessaria una costruttiva alleanza educativa fra famiglia, scuola dell’infanzia e comunità parrocchiale, CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37. Ivi, n. 36. 16 Ivi, n. 38. 14 15 - 16 - purché sia “riconosciuto e sostenuto il primato educativo della famiglia”17. I nonni. Per molti bambini la casa dei nonni diventa la seconda famiglia, dove sono accolti, assistiti e sovente trascorrono alcune ore del giorno. Non di rado i nonni diventano vere figure di riferimento per i nipotini grazie alla dedizione e al tempo dedicati a essi. Incoraggiati e sostenuti con opportune iniziative pastorali, i nonni contribuiscono alla crescita religiosa dei nipoti con la testimonianza, racconti, letture bibliche, insegnamento di preghiere, visite alla chiesa, consigli… richiami. Scuola dell’infanzia. Numerosi bambini in questa età frequentano la scuola dell’infanzia. Essa è una comunità educante: forma alla collaborazione e all’accoglienza degli altri, di chi è diverso per il colore della pelle o per religione, favorisce nuove scoperte, introduce al rispetto di regole di comportamento. Non solo la scuola cattolica, ma anche quella statale, dove con la richiesta dei genitori i bambini si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, sono validi luoghi di formazione religiosa attraverso la valorizzazione delle feste liturgiche, racconti biblici, canti religiosi, una maggiore familiarità con i segni della religione cristiana. È compito dei genitori conoscere e condividere il progetto formativo della scuola, contribuire alla sua elaborazione, adoperarsi affinché ci sia un’integrazione fra esperienza educativa della famiglia e quella della scuola. Comunità parrocchiale. In questa età l’educazione religiosa del bambino, pur avvenendo in modo privilegiato in famiglia, dovrebbe essere opportunamente arricchita da una prima e concreta esperienza ecclesiale. Per questo la comunità parrocchiale non solo è il soggetto dell’iniziazione cristiana e la responsabile della pastorale battesimale, ma “rappresenta la comunità educante più completa in ordine alla fede”18. Da una parte ha il compito di offrire il necessario sostegno ai genitori e di accompagnarli soprattutto attraverso i catechisti, dall’altra essa è la madre che si prende cura dei figli ed è la casa comune per genitori e bambini. Essi devono trovare nella comunità cristiana accoglienza, incoraggiamento, momenti comunitari, idonee celebrazioni liturgiche, nutrimento alla fede. Una particolare attenzione dovrebbe essere data all’eucarestia domenicale per le famiglie. 17 18 B. ACCOMPAGNAMENTO DEI GENITORI Obiettivi Questa terza fase della pastorale post battesimale ha come obiettivi: aiutare i genitori a chiarire e a meglio assolvere la loro specifica missione di educare alla fede e formare alla vita cristiana; offrire suggerimenti e proposte affinché i genitori introducano i figli ad un primo incontro con la parola di Dio e ad un’iniziale partecipazione alla messa domenicale; sostenere i genitori nella loro fede e vita cristiana. Essere educatori Se da una parte “la famiglia resta la prima e insostituibile comunità educante”, dall’altra si sa che “educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e, soprattutto, a dire dei “no” con l’autorevolezza necessaria”19. L’educatore, ci ricorda Paolo VI, “è un amico, un maestro, un allenatore, un medico, un padre”20. Sono qualità queste che si addicono pienamente ai genitori. Ogni padre e ogni madre apprendono l’arte dell’educare se si mettono in ricerca: se si pongono in ascolto del figlio, si confrontano come coniugi, valorizzano l’apporto di esperti nelle scienze umane, condividono con altri genitori interrogativi e esperienze, intraprendono anche con l’accompagnamento dei catechisti un itinerario di fede e l’approfondimento dell’educazione religiosa dei figli. Anzitutto i genitori educano se sono testimoni credibili. Essi trasmettono fede, valori, comportamenti evangelici nella misura in cui li vivono in prima persona. Soprattutto in questa età c’è una profonda identificazione del bambino con i propri genitori. Padre e madre, poi, svolgono un fruttuoso ruolo educativo se stanno accanto ai figli con amorevolezza, consiglio e autorevolezza: donano tempo ai figli, parlano con loro, rispondono alle loro domande, condividono l’ascolto della Parola e la preghiera… partecipano insieme all’eucarestia domenicale. Inoltre, i genitori sapranno assolvere con sapienza e generosità la loro missione educativa quanto più si lasceranno illuminare e sostenere dal 19 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali per il decennio 20102020, n. 36. 20 PAOLO VI, Discorso per il 40º anniversario del Movimento Aspiranti della GIAC, 21 marzo 1964. Ivi, n. 54. Ivi, n. 39. - 17 - Signore. Scrive san Giovanni Bosco: “L’educazione è cosa di cuore e Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ne mette in mano la chiave”21. Incontri formativi Possono essere molteplici le iniziative idonee ad arricchire la formazione dei genitori. Sarà utile, a livello diocesano o zonale, proporre incontri con persone qualificate in campo psicopedagogico, per approfondire temi come lo sviluppo religioso e morale del bambino, responsabilità e compiti dei genitori nel rapporto educativo con i figli, castighi e premi da parte dei genitori, l’influsso dei mezzi di comunicazione, capricci e bugie del bambino, e così via. È compito della pastorale post battesimale offrire ai genitori momenti formativi, comunitari e domestici, finalizzati al approfondire la loro missione di educatori cristiani e la propria fede. Riunioni comunitarie. È auspicabile proporre ogni anno ai genitori dei bambini 5/6 incontri comuni, dove insieme si approfondiscono temi religiosi con ricadute personali ed educative. La riflessione, introdotta dal catechista o da altra persona qualificata, dovrà dare ampio spazio alla partecipazione dei genitori invitati ad arricchirla con la propria sensibilità e con la possibilità di condividere interrogativi ed esperienze. La riunione potrebbe concludersi con un essenziale momento conviviale per arricchire e consolidare legami di fraternità e di amicizia. Talvolta sarà opportuno, in concomitanza della riunione dei genitori, organizzare per i bambini uno specifico incontro, animato da un educatore. La proposta, oltre ad una maggiore tranquillità e libertà per i genitori, offre ai bambini una valida occasione di socializzazione, di gioco, di formazione. - 18 - Proposte Gli incontri previsti per i genitori in questa fase dalla pastorale hanno un duplice scopo: la loro crescita spirituale e il sostegno alla propria missione educativa. Per le riunioni formative, possibilmente bimestrali, sono offerti temi articolati in tre distinti raggruppamenti: specifiche problematiche educative, episodi e personaggi biblici con particolare attenzione alla vita di Gesù, infine figure di alcuni santi che, come ricorda il Catechismo dei bambini, “sono veri amici di Gesù. Essi sono anche modelli per noi nell’accoglienza del Vangelo e nell’impegno di viverlo ogni giorno”22. I temi proposti, con un elenco non esaustivo, sono destinati ai genitori dei bambini dai 4 ai 6 anni circa. La scelta del tema, tra quelli offerti, è lasciata al gruppo dei catechisti accompagnatori. Alcuni episodi biblici meglio si addicono a specifici tempi liturgici o a feste religiose. Così pure il richiamo di questo o di quel Santo può essere legato a particolari circostanze: memoria liturgica del Santo, festa patronale locale, onomastico del bambino o di altre persone vicine. In concreto gli argomenti di riflessione rivolti ai catechisti per l’animazione degli incontri comunitari dei genitori sono raggruppati in tre sezioni: I. Educare alla fede e alla vita cristiana II. Leggere insieme la Bibbia III. Conoscere gli amici di Gesù. Incontri domestici. Ad ogni catechista si chiede di mantenere, possibilmente, i legami con la famiglia che ha accompagnato prima e dopo il battesimo. Sono molti i modi: incontri causali, telefonate, visite in particolari circostanze, come anniversari, festività religiose, malattie… lutti. Là dove i genitori non hanno possibilità o non ritengono di prendere parte alle riunioni formative comuni, è bene che il catechista proponga ai genitori, con delicatezza e tatto, opportuni incontri in famiglia per informarli dei temi trattati con gli altri genitori e condividere parte della riflessione. In questo modo i genitori, abitualmente assenti, non si sentono dimenticati, trovano incoraggiamenti nella loro missione e mantengono un legame con la propria comunità cristiana. 21 CERIA E., Memorie biografiche di san Giovanni Bosco, vol. XVI, SEI, Torino 1935, p. 447. - 19 - 22 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, p. 130. - 20 - I. EDUCARE ALLA FEDE E ALLA VITA CRISTIANA I temi di questa prima sezione fanno riferimento alla formazione religiosa, morale e liturgica del bambino. Sono otto tracce di riflessione che hanno, quali diretti interlocutori, i genitori, invitati in primo luogo ad interrogarsi sulla loro vita cristiana, quindi sulla relazione educativa. I genitori trasmettono ciò che sono e quello che vivono! Ogni tema è sviluppato con un duplice contributo. Anzitutto un “testoguida”, formato da otto schemi di riflessione: una traccia per ciascun tema. Gli otto schemi, presenti in queste pagine, hanno come destinatario il catechista, o chi per esso, che ha il compito di animare il gruppo dei genitori e la loro riflessione. Un secondo testo è formato da otto schede destinate direttamente ai genitori. Ogni scheda ripropone in forma agile ed essenziale lo stesso contenuto della guida. Il testo delle schede si trova nella sussidiazione, quale parte integrativa di questa terza fase. In ciascuno schema del testo guida si incontra, con lo stesso procedimento, una breve proposta di sviluppo del tema. Dopo una cordiale accoglienza dei genitori, si suggerisce prima della riflessione in gruppo un opportuno momento di raccoglimento per predisporsi all’ascolto e alla condivisione. Modi e forme di questa preghiera iniziale sono lasciati alla creatività dell’animatore. La proposta di un fatto concreto o di un breve racconto -“Per iniziare”- ha lo scopo di avviare la riflessione del gruppo: è un primo momento di scambio e di condivisione. Sotto il titolo, “In ascolto della Parola”, sono proposti alcuni essenziali testi biblici riferiti al tema trattato. Essi sono riportati anche nella scheda per i genitori. Il gruppo è invitato a leggere e a meditare i brani scritturistici. Segue, poi, il “Momento di riflessione”, dove abitualmente sono suggerite tre piste di approfondimento: alla luce della Parola, ognuno è invitato a interrogarsi, a condividere la propria esperienza, a intravedere possibili ricadute sulla propria vita di cristiano. Il catechista ha il compito di animare e guidare la riflessione e, di volta in volta, proporre le tre piste o privilegiarne una. Possibili applicazioni nell’azione educativa con i figli sono offerte sotto il titolo, “In famiglia”. Altre applicazioni possono essere suggerite dagli stessi genitori del gruppo. La riflessione del gruppo dovrebbe concludersi con un breve momento di preghiera. I suggerimenti offerti in “Preghiera finale” sono indicativi. La “scheda” per i genitori richiama, con un linguaggio concreto e immediato, i principali contenuti del testo-guida, li arricchisce con indicazioni operative, con citazioni bibliche e frasi di autori, con una o più preghiere. Nella riflessione del gruppo il catechista è invitato a valorizzare insieme al testo guida anche la scheda dei genitori per i suoi aspetti complementari ed integrativi. Ogni scheda dei genitori, oltre alla sua utilizzazione nell’incontro comune, è stata pensata come aiuto allo scambio nella coppia, come strumento di ulteriore riflessione e preghiera in famiglia. Per motivi diversi, talvolta i genitori non possono partecipare alla riflessione comune del gruppo. Il catechista accompagnatore, che ha familiarità con la coppia, può fare visita ad essa, consegnare la scheda e, se sarà opportuno, intrattenersi per una breve condivisione. Il testo guida intende offrire solo una traccia per la riflessione. È compito dei catechisti approfondire il testo, apportare cambiamenti e integrazioni per rendere la traccia più adatta alle esigenze del gruppo dei genitori. - 21 - 1. Assecondare le attese di Dio Figlio della notte Obiettivo Invitare i genitori a richiamare alla memoria come immaginavano e desideravano la loro creatura nel tempo della gravidanza e a interrogarsi se le loro attuali attese sul figlio coincidono con quelle di Dio. Per iniziare (10 minuti) Leggiamo una pagina nota di Khalil Gibran tratta da Il profeta. “Una donna che reggeva un bambino al seno disse: «Parlaci dei figli». E lui disse: «I vostri figli non sono figli vostri. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi. E benché vengano da voi, non vi appartengono. Potete donare loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri. Le loro anime abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso di visitare neppure in sogno. Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate. L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi piega e vi flette con la sua forza, affinché le sue frecce vadano rapide e lontane. Fate che sia gioioso e lieto questo vostro essere piegati dalla mano dell’Arciere, poiché come ama il volo della freccia, così Egli ama anche la fermezza dell’arco»”. Ognuno è invitato a sottolineare con una matita le frasi più significative e a comunicarle al gruppo. Già nel tempo della gestazione i genitori sono ansiosi di vedere il volto della loro creatura e di stringerla fra le braccia. Sognano e immaginano un “profilo” del loro bambino: maschio o femmina, più somigliante al padre o alla madre, il colore degli occhi, le mani di meccanico, di insegnante, di avvocato… di vigile. Ora che il figlio è svezzato e cresciuto, insieme a tante gioie non mancano timori e paure. Ogni coppia di genitori è invitata a raccontare come “sognava” la sua creatura nel grembo materno e, nello stesso tempo, a condividere le attuali paure. Può aiutare la scheda per i genitori (III. B 1). In ascolto della Parola (15 minuti) Per il Salmista i genitori sono come archi e i figli come frecce: “Ecco, eredità del Signore sono i figli. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza” (Sal 127,3-4). Anna, moglie di Elkanà, era sterile. Affranta dal dolore, chiese a Dio di avere un figlio. Esaudita nella sua preghiera, riconsegnò a Dio il figlio avuto in dono: “Al finire dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, perché -diceva- al Signore l’ho richiesto… La donna allattò il figlio, finché lo - 23 - - 22 - ebbe svezzato. Dopo averlo svezzato, lo portò con sé e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo. Disse: «Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore»” (1Sam 1,20-28). Elisabetta e Zaccaria, avanti negli anni, non avevano figli. Dinanzi alla prodigiosa nascita del figlio Giovanni, poi detto Battista, i vicini compresero che Dio aveva un progetto su quel bambino: “Tutti i loro vicini furono presi da timore… dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui” (Lc 1,65-66). Momento di riflessione (20 minuti) Figlio nostro e figlio di Dio. Della Parola di Dio proposta che cosa ci colpisce e che cosa condividiamo? L’arco dei genitori. Ogni padre e madre, vedendo crescere il proprio figlio, si chiedono: Che sarà mai il nostro bambino? Sarà sano, intelligente… felice? Che cosa farà nella vita? Percorrerà strade sbagliate? I genitori hanno un influsso rilevante sul futuro del loro figlio: valori, comportamenti, scelte. Ogni genitore è invitato a elencare e, poi, a condividere in gruppo cinque attese che ritiene fondamentali e prioritarie per il futuro del figlio. Custodi e non padroni. Secondo la Bibbia “i figli sono dono del Signore” (Sal 127,3). Aggiunge il Catechismo: “I bambini sono di Dio, non proprietà degli adulti”23. È comprensibile che i genitori, pensando all’avvenire del figlio, possano coltivare e privilegiare un loro progetto di istruzione, di professione, di scelta di vita del figlio/a. Se i bambini appartengono a Dio, quale ruolo dovrebbero avere un padre e una madre per aiutare il figlio a scoprire il progetto che Dio ha su di lui? In famiglia (15 minuti) I genitori non hanno il diritto di decidere il futuro del figlio. Hanno la missione di aiutarlo ad individuare il progetto di Dio e a fare scelte responsabili. Questa missione genitoriale ha il suo inizio già negli anni dell’infanzia. Il giusto bersaglio. Dice il Signore: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Is 55,8). L’adesione al progetto di Dio suppone disponibilità, ascolto, preghiera. Si suggerisce ai genitori, nella loro comune preghiera, di chiedere di saper assecondare il piano di Dio sul figlio/a. Modelli di vita. In questa età il bambino incomincia ad ammirare e, a suo modo, ad imitare personaggi dei cartoni animati, della Tv, dello spettacolo… del calcio. Tocca ai genitori ridimensionare il valore di questi singolari eroi o 23 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, n. 16. - 24 - campioni. L’attenzione dovrebbe essere rivolta alla bontà e grandezza di uomini e donne comuni, con i quali il bambino ha già una sua familiarità, senza trascurare l’esemplarità di alcune figure bibliche o di santi. Eccomi, Signore. Un giorno, cresciuto negli anni, il bambino sarà chiamato a dire un sì consapevole a Dio. Ora si tratta di aiutare e di incoraggiare il bambino a dire sì a piccoli gesti di servizio o di accoglienza dell’altro, al rispetto della natura e dell’ambiente, a piccole rinunzie… come pure alla sua fedeltà alla preghiera. Preghiera finale (pochi minuti) Si può utilizzare la preghiera “Genitori e non padroni” proposta nella scheda per i genitori (III. B 1) e concludere con la recita del Padre Nostro. 2. Trasmettere autentici valori cristiani Eredità spirituale Obiettivo Invitare i genitori a interrogarsi su quale eredità spirituale -quale vita di fede e quali valori- vorrebbero “consegnare” ai figli. Per iniziare (10 minuti) Don Giovanni Battista Ribero, successore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, era nato a Pratavecchia di Dronero. Di tanto in tanto ritornava al paese natale e usava distribuire caramelle ai più piccoli. Un giorno ad un ragazzino di una famiglia molto povera insieme alla caramella furtivamente mise in mano anche un marengo d’oro. Rientrato in casa, il ragazzo fece vedere al papà la caramella e la moneta. La reazione del padre fu immediata: “Don Giovanni Battista si è sbagliato. Riportagli subito il marengo”. Un po’ mortificato, il ragazzino ritornò dal sacerdote per restituire la moneta. Don Ribero accolse il bambino con un sorriso dicendogli: “La caramella è per te, il marengo invece è per papà. È la Provvidenza che glielo manda”. Trascorsi molti anni, il ragazzino diventato adulto ricordava con stupore il fatto, ammirato per la generosità di don Giovanni Battista e orgoglioso per l’onestà del padre. I genitori, nel fare memoria dei propri famigliari defunti -madre, padre… nonni- sono invitati a richiamare alcuni loro tratti essenziali di fede e di vita cristiana. In gruppo, poi, possono condividere il ricordo della testimonianza cristiana di un famigliare. In ascolto della Parola (15 minuti) San Paolo, rivolgendosi al suo collaboratore Timoteo, salutato come “figlio carissimo”, gli ricorda la fede appresa in famiglia: “Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche tua” (2Tm 1,3-5). Scrive san Giovanni Crisostomo ai genitori: “Questo bambino, da quando i suoi occhi si sono aperti alla luce, non è stato forse affidato alla vostra sollecitudine? Il Signore non ha forse ordinato di impastare questa argilla mentre era ancora molle e malleabile? Non siete forse responsabili della salvezza dei vostri figli? Di fronte alla cura dei figli, tutto sia per voi secondario! - 25 - Date ad essi realtà grandi, non piccole. Non è dignità portare bei vestiti, ma è dignità rivestirsi di belle azioni”24. Si legge nel Catechismo dei bambini: “Dio Padre chiama i genitori a collaborare con lui; a loro chiede conto di questi bambini, che ha loro affidato come figli perché li custodiscano nell’amore”25. Annotano i nostri vescovi: “Il figlio vive all’interno di una rete di relazioni educanti che fin dall’infanzia ne segna la personalità futura. Anche l’immagine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita”26. Momento di riflessione (20 minuti) Attualità del messaggio. I genitori sono invitati a rileggere i testi sopra riportati per sottolineare ciò che li ha colpiti e ciò che insegnano loro. Realtà grandi e alte. Come genitori quali sono i tratti fondamentali di fede e di vita cristiana che siete chiamati a vivere in prima persona e a trasmettere ai figli? Tesoro spirituale di famiglia. Che cosa vorreste che i vostri figli, cresciuti, un giorno ricordassero della vostra fede, preghiera, vita cristiana? In famiglia (15 minuti) In questa età restano impressi nel bambino gesti concreti vissuti in famiglia e testimoniati dai genitori. Un’immagine. C’è un comportamento, o un atteggiamento, o una parola che vorremmo rimanessero vivi nella memoria del figlio/a? Sia il padre che la madre sono invitati a fare la loro scelta. Tradizioni familiari. Ogni famiglia ha tratti inconfondibili: usi, tradizioni, celebrazione di compleanni, modi di vivere la festa… stili di ospitalità. Proviamo ad elencare tradizioni essenziali che vorremmo continuassero nei figli. Preghiera in famiglia. C’è un rito, una forma di preghiera, una piccola celebrazione domestica che ogni genitore vorrebbe che rimanesse impresso nel ricordo del figlio/a? Preghiera finale (pochi minuti) Si può utilizzare la preghiera-meditazione della scheda dei genitori (III. B 2) e concludere con l’invocazione allo Spirito Santo. Il fascicoletto, Vieni Spirito Santo (II.C 2), offre ampie scelte. Sono frasi di Giovanni Crisostomo tratte dalle sue omelie, soprattutto dal suo breve trattato, Vanità. Educazione dei figli, Città Nuova Editrice, Roma 1985. CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 63. 26 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, Roma 2010, n. 37. 24 25 - 27 - - 26 - 3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale Esercizi di volo Obiettivo Aiutare i genitori a interrogarsi sulla loro responsabilità nell’educazione morale: come promuovere un iniziale sviluppo della coscienza, quali valori e quale regola di vita proporre al figlio, in che modo aiutarlo a valutare ciò che è bene e ciò che è male. Per iniziare (10 minuti) Un’aquila volteggiava in cielo alla ricerca di una preda. Vide un pollaio. Rapida piombò sulle galline. Ostacolata dal custode, abbandonò la preda e spaventata volò via velocemente lasciando sul terreno un uovo. Una chioccia lo fece rotolare e lo unì alle uova che stava covando. Trascorse alcune settimane, anche il piccolo aquilotto ruppe il guscio, uscì e, ancora barcollante, si unì all’intera covata. Sotto la guida della chioccia imparò, con gli altri pulcini, a beccare, poi a correre e a cercare semi e vermi nel campo. Pian piano fece propria la vita dei polli e delle galline. Un giorno, ormai cresciuto, l’aquilotto alzò gli occhi al cielo e vide volare in alto un grande uccello. Chiese ad un’anziana gallina chi fosse quell’uccello. Essa prontamente rispose: “È l’aquila reale, la regina del cielo. Ama librarsi a lungo in alto e dominare la terra di lassù. Non si stanca di solcare il cielo!”. L’aquilotto, prima pensoso e poi rassegnato, abbassò la testa, prese a beccare nel terreno paludoso e continuò a fare la gallina convinto che volare in alto fosse troppo faticoso. Un giorno anche i nostri figli dovranno spiccare il volo. Il nostro desiderio è che sappiano librarsi in alto. Fin d’ora occorre proporre loro idonei esercizi di volo. Quali valori, quali comportamenti e quali rinunce proponiamo oggi ai nostri bambini? In ascolto della Parola (15 minuti) I veri parenti di Gesù. “Fecero sapere a Gesù: «Tua madre e i tuoi fratelli [cioè i parenti] stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,19-21). Gli fa eco l’apostolo Giovanni: “Da questo sappiamo di aver conosciuto il Signore: se osserviamo i suoi comandamenti… Chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Chi dice di rimanere in lui [Gesù Cristo], deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato” (1Gv2,3-6). Al centro della vita cristiana è l’amore fraterno. Dice Gesù: “Vi do un - 28 - comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni gli altri” (Gv 13,34-35). Scrive san Paolo: “Vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come pagani… Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che giovino a quelli che vi ascoltano… Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo… Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore… E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e nell’insegnamento del Signore” (Ef 4,17. 28-32; 6,1 e 4). Momento di riflessione (20 minuti) Come Gesù. Cristiano è colui che segue Cristo nel suo modo di pensare e agire. Amare come Gesù è servire, lavare i piedi ai fratelli, essere benevoli, avere misericordia, perdonarsi a vicenda… dare la vita per gli altri. Quali di questi atteggiamenti di Gesù sono più difficili nella vita di coppia, in famiglia? Arciere e arco. Il Signore è l’arciere, i genitori sono l’arco. Nell’educare i figli, oltre a fare riferimento all’insegnamento ed esempio di Gesù, come chiediamo aiuto al Signore e invochiamo i doni del consiglio e della forza allo Spirito Santo? Tu non mi ascolti! È l’espressione che talvolta noi genitori rivolgiamo ai figli. Pensiamo che l’obbedienza abbia ancora valore? Con quali motivazioni la chiediamo? In famiglia (15 minuti) Lo sviluppo morale nell’infanzia si compie a piccoli passi. Meritano attenzione i suggerimenti del Catechismo dei bambini27. Invitare i genitori a non percorrere strade pedagogicamente errate: né quella dello spontaneismo, lasciando crescere i figli senza criteri, né quella della rigidità con la pretesa di un’ossessiva osservanza di norme e regole. Offrire al bambino una regola di vita, fatta di alcuni punti fermi: essi sono un rassicurante riferimento e aiutano ad avviare positive relazioni con gli altri. Proporre concrete esperienze per promuovere bontà, generosità, collaborazione: servizi in casa, gesti di condivisione, rispetto del creato… dire grazie. Incoraggiare a cambiare attraverso la lode: il rimprovero, talvolta doveroso, non è la prima scelta pedagogica. Se è opportuno far notare al bambino ciò che non va bene, è incoraggiante per lui mettere in risalto un suo lato positivo, apprezzare comportamenti o gesti buoni da lui compiuti. Stabilire un confine tra il bene e il male dicendo ciò che si può fare e ciò che non si deve fare: occorrono richieste chiare, spiegate e motivate, come pure eventuali richiami e correzioni. I genitori, che amano il figlio e la sua crescita, sanno dire dei no. Richiedere piccole rinunzie: grazie ad esse il bambino è aiutato a comprendere che non tutto è possibile, nello stesso tempo sperimenta il valore della sobrietà. È importante incoraggiare il bambino a qualche sacrificio nella prospettiva della solidarietà. Nel bambino la coscienza del bene e del male matura progressivamente. È fondamentale la coerenza dei genitori: con difficoltà un figlio comprende e accetta comportamenti e regole quando gli adulti chiedono cose che essi non fanno. Un passo importante nella formazione morale è aiutare i bambini a conoscere e ad apprezzare alcuni comportamenti di Gesù: l’amico dei bambini, il Gesù che guarisce ammalati, lava i piedi ai discepoli, il buon pastore che va in cerca della pecorella smarrita, il Figlio di Dio che prega, perdona, accoglie pubblicani e peccatori. Dinanzi a capricci, piccole bugie, disubbidienze non si può dire al bambino che “Gesù ti castiga”. Occorre piuttosto incoraggiarlo ad azioni positive, ricordandogli che “Gesù è amico e vuole bene a bambini che si comportano in questo modo”. Preghiera finale (pochi minuti) Dopo la lettura di Matteo 21,28-31, ogni genitore è invitato a ringraziare il Signore per un particolare comportamento positivo osservato nel figlio. Si può concludere con l’invocazione “Vieni, vieni, Spirito d’amore a insegnare le cose di Dio” (II. C 2, p.13), o con una preghiera del scheda per i genitori (III. B 3). 27Cfr. CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, Editrice Vaticana, Roma 1992, nn. 142157. - 29 - - 30 - rinnegato, Gesù rinnova la sua fiducia a Pietro e lo conferma nella sua missione: “Pasci i miei agnellini… Pascola le mie pecore” (Gv 21,15-17). 4. Educare all’accoglienza Nero no! Obiettivo Aiutare i genitori a interrogarsi sul loro stile di accoglienza, di ospitalità e sul loro compito di educare i figli, fin dai primi anni, alla tolleranza, all’accoglienza, alla condivisione. Per iniziare (10 minuti) Sara, che non ha ancora 5 anni, frequenta la scuola dell’infanzia. Tra i compagni ha due bambini africani. La bambina, intraprendente e volitiva, da alcuni mesi rifiuta ostinatamente di giocare con i compagni di colore e non vuole sedersi accanto a loro. All’insegnante dichiara risoluta: “Nero no!”. I genitori restano sorpresi per questo comportamento che ha tratti di razzismo. In questa età talvolta i bambini possono avere atteggiamenti di intolleranza, rifiuto di un compagno o di un adulto, comportamenti che ai genitori possono sembrare piccole forme di razzismo. Quale spiegazione si può dare? In ascolto della Parola (15 minuti) Dio difende i deboli ed è contrario ad ogni maltrattamento, umiliazione o rifiuto: “Non opprimerai il tuo prossimo… Non maltratterai il sordo.. Non tratterai con parzialità il povero… Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello” (Lv 19,13-17). Ancora: “Non maltratterai il forestiero, né lo opprimerai… Non maltratterai la vedova e l’orfano. Se tu lo maltratterai, io darò ascolto al suo grido” (Es 22,20-21). Gesù ha accolto adulti e bambini, ricchi e poveri, praticanti e peccatori. A tutti volge il suo sguardo, la sua parola. Offre compassione, conforto, perdono. Per Gesù non ci sono limiti di età, né confini geografici o religiosi, neppure frontiere sociali, politiche, economiche. Abbraccia e benedice i bambini che gli adulti vorrebbero allontanare. Accoglie la richiesta della cananea, una donna pagana: “Pietà di me, Signore! Mia figlia è molto tormentata da un demonio. Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede. Avvenga per te come desideri» (Mt 15,22-28). Gesù guarisce ciechi, zoppi, come pure lebbrosi che la società del tempo condannava all’emarginazione. Va incontro alla Samaritana, alla quale offre “acqua viva”. Chiama a seguirlo Levi, un pubblicano. Si ferma in casa di Zaccheo, un personaggio discusso per la sua dubbia onestà. A chi vuole lapidare la donna adultera, Gesù risponde con il perdono: “Vai e d’ora in poi non peccare più” (Gv 7,11). Anche quando è - 31 - Momento di riflessione (20 minuti) Padre Nostro. Per Dio gli uomini sono bianchi, neri… gialli. Egli è Padre di tutti, anche di quelli che si allontanano: “Egli fa splendere il suo sole sui buoni e sui cattivi”(Mt 6,45). Possiamo recitare il Padre Nostro in verità, senza adoperarci a superare divisioni con vicini e parenti, continuando a coltivare pregiudizi, intolleranza, talvolta sentimenti di vendetta? Nero e bianco. Ogni persona ha lati oscuri, debolezze, limiti, ma anche pregi e lati positivi. Gesù è esplicito: “Non giudicate. Perché guardi la pagliuzza che è nel tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Mt 7,1-3). Perché, anziché giudicare l’altro, non ci adoperiamo a riconoscere i suoi lati positivi? Un cuore nuovo. Non è sempre facile accogliere l’altro, perdonarlo… amarlo. È ancora più difficile, come chiede Gesù, amare i nemici e fare del bene a chi ci ha fatto del male (Cfr. Lc 6,26). Solo il Signore ci rende capaci di un simile coraggio. Gli chiediamo questa forza? In famiglia (15 minuti) Educare i figli alla tolleranza e all’accoglienza dell’altro richiede di percorrere vie diverse e complementari. Rivedere da parte di papà e mamma possibili atteggiamenti di intolleranza o di rifiuto delle persone. L’esempio dei genitori lascia una traccia nei figli. Proporre concreti gesti di accoglienza e di solidarietà: invitare a giocare con la sorellina, abitualmente esclusa; ospitare compagni, anche se poco desiderati dal figlio; visitare una famiglia emarginata dalla collettività. Iniziare a spiegare al figlio che Dio è un Papà che vuole bene a tutti e che noi siamo tutti fratelli. Occorre un dialogo paziente che tenga presente normali atteggiamenti del bambino: la gelosia, il bisogno di avere tutto per sé, la propensione, normale in questa età, ad un certo egocentrismo. Preghiera finale (pochi minuti) Si suggerisce una lettura meditata di alcuni versetti della Lettera ai Colossesi, 3,12-15. Si può concludere con la preghiera di san Francesco, “Fa di me, Signore, uno strumento del tuo amore”, come pure valorizzare le preghiere proposte nella scheda per i genitori (III. B 4). - 32 - 5. Insegnare a pregare Volare uniti in formazione Obiettivo Invitare i genitori e scoprire il valore della preghiera in famiglia e ad interrogarsi come insegnare ai figli a pregare. Per iniziare (10 minuti) Le anatre selvatiche nella loro trasmigrazione volano a stormi di nove/dieci membri, disponendosi in modo da comporre la lettera V. Lo stormo procede unito, guidato dalle due anatre agli estremi della lettera V. Si è scoperto che questa scelta di volo ha un singolare vantaggio. Ogni anatra, infatti, con lo sbattere delle ali avvantaggia la compagna che la segue, con un risparmio di energie del 60-70%. Le due anatre di testa, poi, quando sono stanche per il superiore sforzo compiuto, retrocedono in coda allo stormo e sono sostituite dalle compagne che seguono immediatamente. Questa collaborazione permette allo stormo di percorrere lunghe distanze28. In famiglia al posto delle due anatre di testa si trovano papà e mamma. Più la loro preghiera spiega le ali, maggiore è il sostegno spirituale per i figli. In famiglia quando genitori e figli preghiamo insieme? Quali sono le nostre principali difficoltà per la preghiera comune? In ascolto della Parola (15 minuti) L’esempio di Gesù. Per il Vangelo Gesù è l’uomo della preghiera. Sovente egli si ritira per pregare. Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù “congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare” (Mt 14,23). Dopo un’intensa giornata di predicazione e di cura degli ammalati, il giorno successivo Gesù “si alzò il mattino presto quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava” (Mc 1,35). Nell’ora più difficile, quella della passione, Gesù “andò al Monte degli Ulivi. Giunto nel luogo, disse ai discepoli: «Pregate per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa il tiro di un sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà»” (Lc 22,39-42). Gesù maestro di preghiera. Egli esorta ad un’assidua preghiera: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire tutto 28 Il volo delle anatre può essere richiamato con un DVD disponibile presso l’Ufficio Catechistico diocesano. ciò che sta per accadere” (Lc 21,36). Si sofferma “sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai” (Lc 18,1). Dopo aver invitato a entrare in camera e a pregare il Padre, aggiunge: “Pregando, non sprecate parole come i pagani… perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che glielo chiediate” (Mt 6,7-8). Infine insegna la preghiera che è la sintesi del suo vangelo: “Voi pregate così: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ecc. »”(Mt, 6,9-13). La nostra preghiera diventa efficace quando è unita a quella di Gesù. È la sua promessa: “In verità, in verità vi dico: se chiedete qualche cosa al Padre nel nome mio, egli ve la darà… Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,23-24). La nostra preghiera è ancora più efficace se fatta insieme: “In verità, in verità vi dico ancora: «Se due di voi sulla terra si mettono d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,19-20). Momento di riflessione (20 minuti) Insegnaci a pregare. È la richiesta dei discepoli rivolta a Gesù (Cfr. Lc 11,1). Anche per noi pregare è un “apprendistato”: fondamentale è il riferimento all’esempio e alla parola di Gesù. Pregare è un “dono” dello Spirito Santo: “Non sappiamo pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede per noi… e viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26). Pregare è un’ “arte”: si impara pregando. Non è facile la preghiera personale, ancora più difficile quella in coppia. Pregare non è solo dire preghiere. Come adulti in che modo cerchiamo di coltivare e migliorare la nostra preghiera? Quando e come preghiamo in coppia? Educare a pregare. “I bambini hanno diritto di essere aiutati a pregare”29. Che cosa facciamo, come genitori, per rispettare questo diritto dei nostri figli? Pregare per i figli. I genitori hanno il dovere non solo di insegnare ai figli a pregare, ma anche di pregare per loro. Abitualmente nella nostra preghiera di genitori che cosa chiediamo per i nostri figli? In famiglia (15 minuti) La prima scuola di preghiera è la famiglia. Alcuni suggerimenti. - Per i genitori “è importante pregare insieme ai figli; ancora più importante che i bambini vedano gli adulti pregare”30. - È doveroso continuare a condividere con i figli gesti e segni avviati in precedenza: preghiera della sera e benedizione del bambino prima di 29 30 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, n. 179. Ivi, n. 182. - 33 - coricarsi, invocazione del Signore e benedizione della mensa prima dei pasti in comune… visita alla chiesa con un saluto particolare al Signore. - È compito soprattutto dei genitori insegnare ai figli, in questa età, alcune fondamentali formule della tradizione cristiana: il Segno della Croce, il Padre Nostro, l’Ave Maria, l’Angelo di Dio… l’Eterno Riposo. Si può consegnare ai genitori il sussidio A mane alzate. Preghiera in famiglia (III. B 19). - Pregare non significa solo dire le preghiere. Occorre aiutare i bambini a rivolgersi spontaneamente al Signore con loro parole di dialogo, di richiesta, di ringraziamento, di lode. - È bene che i genitori spieghino ai figli, con parole semplici, le preghiere insegnate, soprattutto le diverse frasi del Padre Nostro. Preghiera finale (pochi minuti) Si può leggere dal Vangelo di Luca il brano 11,1-4, quindi concludere con la preghiera “Un’ala di riserva” (III. B 5). - 34 - 6. Introdurre alla Bibbia A scuola del Vangelo Obiettivo. Aiutare i genitori a interrogarsi sulla loro familiarità con la Sacra Scrittura e sulla loro missione di introdurre i figli ad un primo incontro con personaggi ed episodi biblici. Per iniziare (10 minuti) In uno dei primi viaggi in America Latina Giovanni Paolo II incontrò una popolazione indigena dell’altopiano andino, evangelizzata dai missionari. I delegati della comunità andina, dopo aver ringraziato il Papa per la visita, gli riconsegnarono la Bibbia, dicendo: “Caro Papa, riporta la Bibbia in Europa e falla leggere ai cristiani conquistatori che sono venuti da noi. Essi ci hanno derubati della nostra terra, hanno distrutto la nostra cultura, hanno cancellato le nostre tradizioni, hanno umiliato la nostra vita e la nostra dignità”. L’episodio destò scalpore! Non basta possedere una Bibbia. Per molti cristiani essa resta un libro impolverato… sigillato. Quanti di noi prendono in mano la Bibbia? In quali occasioni? In ascolto della Parola (15 minuti) Gesù è venuto per dirci le parole del Padre: “La parola che voi ascoltate non è mia ma del Padre che mi ha mandato… Non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire” (Gv 12, 49; 14, 24). Aggiunge: “Se uno mi ama osserva la mia parola” (Gv 14, 23). Rivolgendosi alla folla e ai suoi discepoli, Gesù diceva loro: “Praticate e osservate tutto quello che gli scribi e i farisei vi dicono -gli insegnamenti della Bibbia- ma non agite secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” (Mt 23,3). Al termine del discorso della Montagna, Gesù conclude: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24). Lo stesso Gesù ci ricorda che il Padre celeste si rivela ai piccoli, cioè ai semplici, compresi i bambini. Ad essi svela il suo volto, il suo amore, il suo regno: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,24). Già nell’Antico Testamento il Signore chiede ai genitori di trasmettere ai figli i suoi insegnamenti e quello che ha fatto per il suo popolo: “Questi precetti che oggi io ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne - 35 - - 36 - parlerai quando ti troverai in casa tua… quando ti coricherai e quando ti alzerai… Quando tuo figlio ti domanderà: «Che cosa significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore ti ha dato», tu risponderai a tuo figlio: «Eravamo schiavi del Faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto gli occhi segni e prodigi grandi… Il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, così da essere sempre felici»” (Dt 6,6 e 20-24). Momento di riflessione (20 minuti) Parola viva e attuale. Ognuno è invitato a rileggere i brani biblici proposti, a sottolineare e, quindi, a condividere le frasi che più lo hanno colpito. Dicono e non fanno. Insegna Gesù: “Non chi dice: «Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre… e ascolta le mie parole»” (Mt 7,21 e 24). Dove riscontriamo una maggiore discordanza tra la nostra vita e il Vangelo? Due mense. È l’invito che san Giovanni Crisostomo rivolgeva ai genitori: “Ritornati a casa, preparate due mense: una del cibo per il corpo e una della Parola del Signore per lo spirito”. I genitori sono i primi annunciatori del Vangelo. In casa qualche volta parliamo con i figli di Gesù, delle sue parabole… di personaggi biblici? In famiglia (15 minuti) I genitori sono per i figli il primo Vangelo vivente. Interroghiamoci sulla nostra testimonianza. I piccoli intuiscono l’importanza del libro della Bibbia da segni e gesti: se vedono i genitori leggere il Testo sacro, se alla Bibbia si dà un posto di rilievo, se talvolta è ornata con addobbi e fiori… se in occasioni particolari ha una esposizione centrale ed è illuminata con una candela. Ai genitori, poi, si chiede di iniziare i figli a un primo incontro con la Bibbia: la presentazione di taluni episodi e personaggi della Scrittura, della vita di Gesù, di alcune parabole evangeliche. In questo sussidio sono proposte alcune schede bibliche utili per i genitori. Preghiera finale (pochi minuti) Si può concludere con la lettura di Isaia 55,10-11, la recita di alcuni versetti del Salmo 118, 1-2 e 33-40 e la preghiera riportata nella scheda dei genitori (III. B 6). 7. Avviare alla fede nella quotidianità Catechesi in pigiama Obiettivo Invitare i genitori a valorizzare esperienze quotidiane o saltuarie come vie concrete di educazione religiosa. Per iniziare (10 minuti) Sono trascorsi tanti anni, ma Ambra conserva, indelebile, un’immagine religiosa della sua infanzia. Scrive: “C’è un ricordo lontano che mi è molto caro: l’immagine di mia nonna, seduta su una poltrona vicina alla finestra, che legge attentamente la Bibbia e ogni tanto avvicina la pagina al viso. Ora so che probabilmente faceva così per meglio leggere i caratteri piccoli. Ma allora questo atteggiamento mi colpiva molto: era come se volesse entrare dentro quel libro… È un’immagine che mi ha sempre accompagnato e mi conferma come un frammento di vita e di autentica testimonianza di fede vissuta valgano più di mille discorsi”31. Anche noi conserviamo qualche ricordo religioso dell’infanzia vissuto in famiglia e legato a gesti quotidiani, alla domenica… a feste liturgiche? Ognuno è invitato a condividere in gruppo un suo ricordo religioso. In ascolto della Parola (15 minuti) Gesù è nato e cresciuto in una famiglia. Nella sua vita pubblica più volte varcò la soglia di una casa. Dove entrava portava novità e vita. Nella casa di Pietro guarì la suocera (Mt 8,14-15). Entrato in casa di Giàiro, disse ai genitori: “Non piangete. Vostra figlia non è morta, ma dorme… Prese, poi, la mano della ragazzina e disse: «Fanciulla alzati» e la vita ritornò in lei e si alzò all’istante” (Lc 8,49-55). Gesù accettava di sedersi a tavola in casa di peccatori e pubblicani e, ai farisei scandalizzati, rispondeva: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,13). Gesù è di casa nella famiglia di Lazzaro. Pur apprezzando il servizio premuroso di Marta, la esorta a dare priorità all’ascolto della parola del Signore: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la cosa migliore” (Lc 10,42). A Cana di Galilea, secondo il Vangelo di Giovanni, avvenne il primo miracolo. Durante la festa di nozze la madre di Gesù dice al Figlio: “Non 31 Testo tratto da Fabio NARCISI, Comunicare la fede ai bambini, Ed. Paoline, Milano 2009, pp. 90-91. - 37 - - 38 - hanno più vino” (Gv 2,3). L’acqua delle sei anfore, con oltre 600 litri, fu cambiata da Gesù in buon vino. Con questo intervento, discreto e sconosciuto agli invitati, Gesù non solo evita una situazione imbarazzante per i due novelli sposi, ma intende anche assicurare che, dove è accolto, egli opera con generosità nella vita di ogni coppia di sposi. Sovente, ieri e oggi, il grido dei più piccoli può restare inascoltato. I bambini, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto” (Lc 7,32). che i genitori danno alle domande del bambino: chi è Dio e dove abita; perché Gesù è sulla croce; dov’è il nonno dopo la morte; dove ero prima della nascita… perché andare a messa la domenica. Sarà, poi, opportuno arricchire l’universo religioso del bambino con episodi della vita di Gesù, con parabole evangeliche, con richiami a personaggi biblici e a santi. Esperienze religiose significative e regolari. In famiglia vengono proposte concrete attività e gesti che possono introdurre il bambino in un’iniziale vita di fede: preghiera regolare, valorizzazione del Giorno del Signore e delle principali feste liturgiche, una graduale partecipazione alla messa con i genitori, visita alla chiesa per familiarizzare il bambino con oggetti e segni sacri, dall’altare al battistero, al tabernacolo, alle statue, alle candele… ai fiori. Momento di riflessione (20 minuti) Un ospite straordinario. Attesta Gesù: “Ecco, io sto alla porta e busso” (Ap 3,2). Egli sta anche sulla soglia della nostra casa. Non porta né oro, né argento. Viene a visitarci, a condividere gioie e fatiche. Ci porta la carezza di Dio, sostiene il nostro cammino, offrendo luce, sollievo, perdono… speranza. Nella nostra vita personale e di coppia c’è posto per il Signore? Acqua in vino. Nella relazione di coppia possono sorgere stanchezza, usura, talvolta tensioni e incomprensioni. Il rapporto può essere rivitalizzato con gesti semplici e concreti: una gentilezza, un apprezzamento, una discussione franca… il perdono. Con quali gesti quotidiani cerchiamo di ravvivare il nostro rapporto di coppia? In ascolto del figlio. In questa età i bambini si esprimono in molti modi: domande, richieste, voglia di raccontare, gesti di generosità, talvolta paure, ripicche, capricci. Il primo nostro intervento di genitori è quello di scoprire che cosa il figlio intende dirci con il suo comportamento. Abbiamo pazienza e tempo per ascoltare, comprendere e offrire risposte sapienti? Preghiera finale (pochi minuti) Si può concludere con la lettura del versetti di Marco 10,13-16 e utilizzare la preghiera “Le gemme di Hasan”, riportata in II. C 2 o fare riferimento alla preghiera della scheda per i genitori (III. B 7). In famiglia (15 minuti) Può essere utile tenere presente l’ammonizione di San Giovanni Crisostomo: “Di fronte alla cura dei figli, ad allevarli educandoli e ammonendoli nel Signore, tutto sia secondario. Non preoccupatevi che vostro figlio abbia una vita lunga, ma raggiunga la vita immortale, la vita senza fine. Date a lui cose grandi, non piccole”32. In questi anni il bambino, se adeguatamente accompagnato, si apre a una prima scoperta di Dio e a un’iniziale fede. La famiglia svolge un ruolo fondamentale nell’insegnamento religioso attraverso diversi interventi. Testimonianza religiosa dei genitori. Essi parlano al figlio attraverso il loro riferimento a Dio, il loro amore reciproco, il perdono vicendevole, la loro preghiera, … il loro modo di vivere il Giorno del Signore; Una catechesi informale e occasionale. Sono le risposte, ispirate alla fede, 32 GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelia XXI sulla lettera agli Efesini. - 39 - - 40 - 8. Iniziare i bambini alla messa Una tavola più grande Obiettivo. Invitare i genitori a offrire al figlio un’iniziale spiegazione della messa e a partecipare con lui all’eucarestia domenicale. Per iniziare (10 minuti) Matteo ha cinque anni. Ama gli animali domestici. A fine settimana lascia la città e con i genitori fa visita in campagna ai nonni. Appena entra nella fattoria, corre nella stalla per osservare gli animali e giocare con i conigli. Un sabato pomeriggio la mamma si avvicina e dice a Matteo: “Lascia i conigli. Dobbiamo andare alla messa per il nonno morto lo scorso anno”. Matteo guarda il piccolo coniglio che tiene fra le mani. Dispiaciuto di doverlo abbandonare, mormora fra sé: “Voi, conigli, siete fortunati. Non dovete andare a messa!”. Perché sovente i bambini non vanno volentieri a messa? Come genitori che cosa facciamo per convincere i nostri bambini a venire a messa con noi? In ascolto della Parola (15 minuti) San Paolo richiama l’istituzione dell’eucarestia: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11,2326). Il brano biblico offre un ricco contenuto teologico: - La messa proclama e rende presente il sacrificio di Gesù, fonte della nostra salvezza. - Ogni volta che noi, sacerdote e fedeli, celebriamo l’eucarestia, Dio rinnova la sua alleanza, conferma la sua comunione con noi. Un dono che attende una nostra risposta: una rinnovata comunione con il Signore e con i fratelli. - Al tradimento - un gesto d’ingratitudine e di rifiuto - Gesù risponde con il più grande segno di amore: ci dà tutto se se stesso, il suo corpo e sangue. Vivere l’eucarestia è impegnarci a rispondere al male con il bene! Gesù annuncia che egli è il pane di vita: “I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,49-51 e 56). Del pane eucaristico la Chiesa proclama: “Pane vivo, che dà la vita… Pane dei pellegrini, vero pane dei figli” (Sequenza del Corpus Domini). Traspare un chiaro insegnamento: la celebrazione dell’eucarestia è per noi nutrimento, fonte di vita, feconda esperienza di comunione con il Signore e con i fratelli. Il Concilio Vaticano II conferma che l’eucarestia è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana”, è il sacrificio della croce nel quale “si rinnova l’opera della nostra redenzione” e nel pane eucaristico “è rappresentata e prodotta l’unità dei fedeli”33. Momento di riflessione (20 minuti) Mistero. La messa è un mistero di amore, di salvezza, di vita. Ne percepiamo una parte. Molto resta da scoprire. Per ciascuno di noi che cosa è la messa? Rimeditando la Parola sopra riportata, quali sono gli aspetti della celebrazione eucaristica che riteniamo fondamentali? Fonte di comunione. Nella messa si ascolta la stessa Parola e ci si nutre dell’unico Pane che è Cristo. La partecipazione alla celebrazione dell’eucarestia arricchisce e ravviva il nostro amore di coniugi e di genitori. È possibile, almeno periodicamente, partecipare insieme, genitori e figli, alla messa domenicale? Due tavole. La messa per i cristiani in una certa misura inizia in famiglia attorno alla mensa domestica e si compie in chiesa attorno alla mensa eucaristica. La preghiera insieme prima dei pasti, la condivisione dello stesso cibo, il servizio a tavola, la serenità e la gioia di mangiare insieme… l’ascolto vicendevole fra genitori e figli sono un passo che prepara e anticipa la celebrazione della messa. Come ripensare il pasto comune consumato in famiglia affinché sia un remoto inizio della messa? In famiglia (15 minuti) Si sa che “non è facile introdurre i bambini alla comprensione della messa”34. Una prima iniziazione alla messa è missione dei genitori. Qualche suggerimento. Messa della famiglia. È formativo in questa età che genitori e figli insieme prendano parte, con una certa frequenza, alla messa domenicale, 33 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 11 e 31. 34 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, nn. 213-214. La stessa pagina del Catechismo offre utili indicazioni per introdurre i bambini alla messa. - 41 - possibilmente nella propria comunità parrocchiale. La scelta dei genitori di non trascurare la messa e il parteciparvi dicono al figlio più di ogni parola che la messa è importante, è una festa. L’esempio che coinvolge. I bambini capiscono poco del mistero della messa. La partecipazione attiva dei genitori alla celebrazione, il loro raccoglimento, l’inginocchiarsi…la condivisione del canto sono segni e gesti che aiutano il bambino a intuire che nella messa accade qualcosa di grande. Alcuni segni. È opportuno che i bambini sviluppino un’iniziale familiarità con alcuni segni propri della messa: l’altare che è la tavola comune, il leggio dove è collocato un grande libro, il calice che è come un capiente bicchiere di casa, l’ostia che, pur sottile, richiama una fetta di pane, i fiori che dicono festa per la presenza di Gesù. A questo scopo è preziosa la visita alla chiesa accompagnata dalla spiegazione dei genitori. Con l’assemblea. Durante la celebrazione della messa i bambini sono invitati a prendere parte ai gesti vissuti dagli adulti: associarsi al canto, inginocchiarsi, alzare le mani, porre nella borsa della colletta l’offerta preparata dai genitori e la propria moneta quale piccolo segno della loro generosità, sussurrare alla consacrazione piccole invocazioni suggerite dai genitori, come “Grazie Gesù che vieni in mezzo a noi. Gesù, aiuta tutti i bambini… Gesù, benedici i nonni”, scambiare la pace con i vicini. Prima partecipazione. I bambini possono essere coinvolti in alcuni momenti della celebrazione. Il sacerdote prevede per i più grandicelli un ruolo nella processione offertoriale; può invitare tutti i bambini attorno all’altare per la preghiera del Padre Nostro e scambiare il segno della pace che ciascun bambino porterà ai fedeli; potrebbe suggerire alla mamma o al papà, che si accosta alla comunione, di condurre con sé il bambino che si accosta al celebrante per ricevere sulla fronte un segno di croce, quale benedizione al posto della comunione che riceverà un giorno. In casa. In famiglia si può riflettere con il figlio sulla messa: rispondere alle domande del bambino che ha preso parte all’eucaristia; fare un collegamento fra la condivisione attorno alla tavola domestica e quella in chiesa; invitare il bambino ad una piccola rinuncia affinché anch’egli possa partecipare al momento della colletta in chiesa con qualcosa di suo; commentare alcuni segni e gesti della messa che, riportati su un sussidio (III. C 1)., il bambino potrebbe poi colorare. Preghiera finale (pochi minuti) Si può leggere il brano di Matteo 26,26-28. Quindi si può concludere con la recita della “Sequenza” del Corpus Domini, oppure con la preghiera riportata nella scheda per i genitori (III. B 8). - 43 - - 42 - II. LEGGERE INSIEME LA BIBBIA Anche questa sezione, come la precedente, propone otto tracce di riflessione per il catechista e altrettante schede per i genitori. Esse hanno lo scopo di promuovere un più approfondito incontro con la parola di Dio attraverso la scelta di alcuni brani biblici dell’Antico Testamento e del Vangelo. In particolare i genitori sono invitati non solo a conoscere e ad accogliere la Parola rivelata, a introdurre ad essa, a misura dell’età, i figli, ma anche a leggerla insieme nella propria famiglia. Le prime tre tracce di riflessione fanno da portale alle altre. Richiamano i fondamenti della nostra vita di credenti: la comunità ecclesiale, la madre che ci ha generati alla vita nuova e ci nutre, è la casa comune (tema 9); la Sacra Scrittura, il libro della fede, alimenta e orienta la nostra ricerca e risposta a Dio (tema 10); Gesù, il Figlio di Dio, è il nostro Salvatore, la nostra guida, il nostro maestro e modello(tema 11). Le successive cinque tracce si soffermano ognuna su una pagina biblica: la creazione, Mosè salvato dalle acque, il Buon Pastore, la pecorella ritrovata, il Buon Samaritano. Ogni brano è preceduto da un' introduzione al fine di favorire una migliore comprensione del testo. Si chiede, dopo la lettura della pagina biblica, al catechista di farne un breve commento, utile al gruppo per la sua riflessione e condivisione. I temi biblici proposti sono numericamente limitati, anche se rilevanti per il cammino di fede dei genitori e significativi per i bambini. Altri episodi e personaggi biblici sono opportunamente richiamati e proposti nel catechismo dei bambini, Lasciate che i bambini vengano me (pp. 72-113). Sono testi di facile accesso. Arricchiti da disegni, possono essere utilizzati con profitto in ogni famiglia. Nella sussidiazione, poi, si trova un testo, semplice ed essenziale, di presentazione di alcuni personaggi ed episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, dal titolo Silenzio… Parla Dio (III. B 17 a e b). Il testo è destinato ai genitori. Con le sue annotazioni pedagogiche e suggerimenti operativi, può essere utilmente valorizzato, grazie alla mediazione dei genitori, per un ulteriore accostamento dei bambini alla Bibbia. Più cresce la familiarità con la Sacra Scrittura, più grande sarà l’amore ad essa e più avvertito sarà il desiderio di farla conoscere anche ai figli. Il riferimento alla Bibbia, presente nelle tracce di riflessione della prima sezione, è ancora più accentuato in questa sezione. La parola di Dio è luce ai nostri passi. È necessario conoscere e ascoltare questa Parola in modo che essa illumini, interpelli, orienti la nostra vita e le nostre scelte. Occorre che nasca un costante dialogo e un fattivo scambio tra vita e Parola. La prima - 44 - pone interrogativi, domande, attese. La seconda risponde, scuote, apre nuovi orizzonti. La parola di Dio, presente nelle sedici tracce di riflessione, rinvia, in modo esplicito o indiretto, a tre sacramenti: il battesimo (tema 13), l’eucaristia (tema 8), la confessione o riconciliazione (tema 15). Sono sacramenti che fondano e sostengono la vita cristiana. Sarà utile dare ad essi la doverosa attenzione per approfondire il loro significato e per favorire la dovuta accoglienza. In tutte le sedici schede per i genitori si trova una costante proposta di preghiere. Si vuole, così, offrire un aiuto ai genitori, ma anche invitarli a dare il necessario spazio alla preghiera personale, di coppia e in famiglia. Oltre alle preghiere proposte nelle schede, si può utilizzare la raccolta di preghiere A mani alzate. Preghiera in famiglia (III. B 19). Essa si aggiunge ai sussidi proposti nella Fase I e nella Fase II. 9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana La casa comune Obiettivo Invitare i genitori a ravvivare il legame con la propria comunità parrocchiale e ad accompagnare i figli nella scoperta dell’edificio chiesa e ad un iniziale inserimento nella comunità. Per iniziare (10 minuti) Il 1980 fu l’anno del terremoto in Irpinia. Molti paesi furono gravemente danneggiati o distrutti: morti, feriti, abitazioni lesionate, o crollate. Monsignor Tonino Bello visitò la regione colpita dal sisma. Racconta che si fermò in un piccolo paese colpito a morte. Tutte le case erano diroccate o rase al suolo. Solo la chiesa parrocchiale rimase in piedi. Intatta. Incontrò uno dei sopravissuti, al quale domandò perché la chiesa fosse stata risparmiata dal terremoto. L’interpellato non seppe dare una risposta. Spiegò, però, l’origine della chiesa. Molti decenni fa, raccontò, in questo paese c’era un mulino gestito da due fratelli, uno sposato e l’altro celibe. Tra i due c’era una grande solidarietà. Il celibe, a notte fonda, lasciava la sua abitazione, entrava nel mulino, riempiva un sacco di farina e lo portava nella casa del fratello, poiché riteneva che questi, con la sua numerosa famiglia, avesse maggior bisogno. Analoga operazione era compiuta dal fratello sposato. A notte inoltrata, mentre la sua famiglia dormiva, si recava nel mulino e, riempito un sacco di farina, lo andava a deporre nella casa del fratello celibe. Pensava che, essendo questi solo, un giorno un po’ di farina in più gli sarebbe stato utile. Questo singolare scambio notturno durò a lungo, all’insaputa dell’uno e dell’altro. Una notte, però, i due fratelli si incrociarono sulla piazza del paese, ognuno con il suo sacco di farina. I due si guardarono e, commossi, si abbracciarono. In quel luogo dell’incontro fu deciso di costruire questa chiesa. La chiamarono “chiesa dell’abbraccio”. Attorno alla chiesa ogni comunità cristiana nasce e si regge se fondata sulla solidarietà, la condivisione, l’unità fraterna. I bambini sono un dono per la famiglia e una ricchezza per la Chiesa. Come la nostra comunità parrocchiale accoglie e valorizza i bambini? In ascolto della Parola (15 minuti) La parola “chiesa-ecclesia” negli scritti del Nuovo Testamento significa “convocazione”, “assemblea”, “comunità”. È chiamata convocazione perché è radunata da Dio. Essa è formata da cristiani che hanno accolto la chiamata - 45 - - 46 - del Signore e il suo dono di salvezza. I cristiani di un territorio, quando si riuniscono per celebrare e lodare Dio, sono l’assemblea del Signore, perché da Dio convocata e guidata. I cristiani di un luogo, uniti dalla stessa fede, sorretti dalla medesima speranza e animati da una viva carità, formano una comunità fraterna, alimentata dalla parola di Dio e dall’eucaristia. Le Chiese, delle quali parlano gli Apostoli, sono piccole comunità di cristiani che vivono in una città: la Chiesa di Gerusalemme (Atti 5,11; 11,22), la Chiesa di Antiochia (Atti 11,36), la Chiesa di Dio che è in Corinto (1Cor 1,2), la Chiesa dei Tessalonicesi (Ts 1,1), le Chiese della Galazia (Gal 1,2)… le sette Chiese dell’Apocalisse (Ap 1,4). Le prime comunità cristiane non avevano un edificio specifico per le loro celebrazioni, ma si riunivano in case private, come nell’abitazione di Filemone (Fm 2), in quella di Aquila e Priscilla (1Cor 16,19). Per San Paolo i cristiani, pur diversi, sono profondamente uniti e formano un solo corpo che è la Chiesa. Essa è la presenza fisica del Cristo risorto e invisibile: “Noi siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo… Dio ha disposto le membra del corpo [umano] in modo distinto… Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: ‘Non ho bisogno di te’; oppure la testa ai piedi: ‘Non ho bisogno di voi’. Anzi le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie… Dio ha disposto il corpo perché non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme… Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra” (1 Cor 12, 12-30). L’antica comunità di Gerusalemme, che fu la prima Chiesa, è presentata come modello ideale al quale dovrebbe tendere ogni comunità cristiana: “Coloro che accolsero la Parola furono battezzati… Erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione [dei beni], nello spezzare il pane [la condivisione del pasto ma soprattutto la celebrazione eucaristica] e nelle preghiere… Tutti i credenti stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune, vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno”(At 2, 41-45). Aggiunge il testo: “Coloro che erano diventati credenti avevano un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32). Con i suoi limiti e debolezze, anche gravi, la Chiesa resta madre. La si ama, non la si rinnega al pari della propria madre. Della nostra comunità cristiana che cosa ci piace e che cosa non condividiamo? Membra vive. Come cristiani siamo membri della Chiesa, corpo di Cristo. Ognuno nella propria comunità cristiana è chiamato a svolgere la sua parte: ha un posto, una funzione, una responsabilità. Nessun membro è secondario o inutile. Qual è il nostro contributo e la nostra partecipazione alla nostra comunità parrocchiale: dalla messa domenicale alle attività pastorali, dalle opere caritative ai servizi educativi… alle necessità economiche. Famiglia di fratelli. C’è spirito di comunità quando c’è una buona relazione di vicinato, esiste armonia tra le persone, cresce la stima vicendevole, soprattutto viene dato spazio alla solidarietà, all’aiuto a chi è in difficoltà. Nella nostra comunità parrocchiale come possiamo contribuire alla crescita della comunione fraterna? Momento di riflessione (20 minuti) Chiesa madre. Con il battesimo la Chiesa ci ha rigenerati a vita nuova. Siamo diventati suoi figli. La nostra comunità cristiana come madre ci accoglie, alimenta la nostra fede con la Parola, ci nutre con l’eucaristia, ci offre il perdono del Padre, benedice il nostro amore di sposi e di genitori… ci affida alla misericordia di Dio alla conclusione della vita. Afferma San Cipriano: “Non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre”. - 47 - In famiglia (15 minuti) Dopo i tre anni l’orizzonte del bambino si dilata notevolmente oltre la famiglia. Cresce la sua curiosità per ciò che lo circonda: animali, fiori, natura, ambiente. Si sviluppa l’interesse per nuove relazioni: stare insieme e giocare con i coetanei, visitare con i genitori altre famiglie, prendere parte a ritrovi e feste degli adulti. Per il bambino sono gli anni di un’iniziale scoperta e partecipazione alla comunità cristiana, nella quale incontra altri fratelli, piccoli e grandi. Con essi percepisce di essere parte di una famiglia più grande. Anche se inconsapevolmente, inizia a sperimentare che non si è cristiano da solo, ma si cresce con altri fratelli di fede. Alcuni suggerimenti35. Chiesa domestica. Il bambino vive la prima esperienza di Chiesa in famiglia, nella misura in cui essa è comunità di amore, spazio di ascolto e di dialogo, luogo di comprensione e di perdono…scuola di preghiera e del Vangelo. La casa del Signore e degli uomini. Essa è la chiesa parrocchiale. Il bambino con la partecipazione, sempre più frequente, alla messa domenicale percepisce che la chiesa è la casa comune di tutti i cristiani. Attraverso una specifica visita alla chiesa, i genitori possono spiegare il significato dei principali segni, oggetti e suppellettili di questa singolare casa: l’altare, l’ambone, il tabernacolo, il battistero, il confessionale, le pitture, le statue, come pure i banchi, le luci, i fiori, eccetera. Il commento iniziato in chiesa può continuare in famiglia invitando il bambino ad osservare, ed eventualmente colorare, disegni di oggetti e arredi sacri. Al fonte battesimale. Si suggerisce ai genitori di accompagnare il figlio al 35 Utili indicazioni si incontrano nel catechismo della CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, nn. 92-96 e 212. - 48 - fonte battesimale. Con il dovuto raccoglimento ci si accosta al fonte e insieme si ringrazia il Signore con una breve invocazione: “In quest’acqua siamo stati lavati e siamo diventati tutti figli di Dio. Signore, noi ti diciamo grazie”. Si può deporre un fiore e concludere con il Padre Nostro. Una grande famiglia. La comunità cristiana è una famiglia allargata, fatta di tante persone e di momenti comuni. È bene per il bambino incominciare a conoscere alcune persone che svolgono un compito particolare nella comunità cristiana: il sacerdote, la religiosa, gli addetti alla cura della chiesa…chi opera nel servizio caritativo. Ogni bambino, poi, incomincia a percepire la comunità parrocchiale se ha la possibilità di condividere, oltre la messa domenicale, esperienze comuni: vita di oratorio, feste… piccole iniziative di solidarietà. Preghiera finale (pochi minuti) Si invita a leggere il brano della Lettera ai Romani 12, 4-10, dove san Paolo esorta i cristiani a comportarsi come membra dello stesso corpo. Si può concludere con la preghiera “La chiesa che amo”, riportata nella scheda dei genitori (III. B 9). 10. Porre al centro la Sacra Scrittura Il libro della fede Obiettivo Invitare i genitori ad interrogarsi sulla loro accoglienza della Bibbia quale Parola di Dio che nutre la nostra fede e a favorire nei figli un iniziale incontro con il Testo Sacro. Per iniziare (10 minuti) Si racconta di una singolare pratica religiosa diffusa in uno dei monasteri del Monte Athos. Alla sera, al termine dell’ultima preghiera corale, ogni monaco prima di ritirarsi in cella si avvicinava al grande libro della Bibbia posto al centro del presbiterio. Appoggiava per qualche istante la testa e l’orecchio sul sacro testo che baciava prima di andarsene. Era l’incontro finale con la Parola di Dio, già letta e meditata durante il giorno. Un gesto semplice e ricco di significato. Ognuno esprimeva il suo grazie al Signore che non si stanca di parlare. Voleva, ancora una volta, verificare la propria vita sulla Parola. Chiedeva al Signore di continuare ad illuminarlo e a sostenerlo nel suo cammino. Scrive san Girolamo: “Ignorare le Sacre Scritture è ignorare Cristo”. In quasi tutte le famiglie c’è una Bibbia. Talvolta impolverata. Qualche volta i nostri figli ci vedono con la Bibbia in mano? In ascolto della Parola (20 minuti) Prima di leggere ed approfondire la Parola proposta, si suggerisce di riflettere sulla natura e significato della Bibbia. Si possono utilizzare le brevi annotazioni riportate in seconda pagina della scheda per i genitori (III. B 10). Una Parola viva e feconda: “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10-11). Dio semina con generosità la sua Parola, accolta con esiti diversi: “Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte - 49 - cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti»” (Mt 13,3-9). Terminato il lungo discorso della montagna, Gesù disse: “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande” (Mt 7,24-27). - 50 - può utilizzare il Catechismo dei bambini36. Preghiera finale (pochi minuti) Si può rileggere il brano di Matteo 7, 24-27 e lasciare un tempo di silenzio. Momento di riflessione (20 minuti) La Parola. Tante le parole. Molte scontate, altre inutili, alcune dannose. Quella di Dio è parola di sapienza, di vita, di grazia. Dal cielo una voce disse all’apostolo Giovanni: “Prendi il libro, divoralo. In bocca ti sarà dolce come il miele” (Ap 10,9). Quale posto occupa la Bibbia nella nostra vita? Che tempo diamo a questa Parola? Fonte di insegnamento. Scrive san Paolo a Timoteo: “Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare” (2Tim 3,16). Nell’educazione dei figli talvolta facciamo riferimento alla Bibbia e a quali personaggi, episodi o frasi ci ispiriamo? Condividere la Parola. Non sempre le parole della Bibbia sono comprensibili e di facile applicazione. Perché non prevedere regolari incontri con altre coppie di genitori per approfondire e condividere passi biblici? In famiglia (15 minuti) Alcuni suggerimenti per un iniziale avvicinamento dei figli al Testo Sacro. Esempio dei genitori. I bambini intuiscono l’importanza di questo particolare libro se talvolta vedono i genitori con la Bibbia in mano. Un posto d’onore. La Bibbia è un testo sacro, diverso dagli altri libri. I bambini possono percepirne la “sacralità” da alcuni segni: la sua collocazione, talvolta una piccola cerimonia di intronizzazione, un particolare ornamento con fiori o candele… l’invito al bambino di accarezzare o baciare il testo. Un regalo. I bambini ricevono tanti doni. Perché non regalare una Bibbia per bambini? Esistono molte edizioni. Leggere insieme. I genitori sono invitati, con una certa regolarità, a leggere insieme ai figli e a commentare episodi biblici, parabole evangeliche, fatti della vita di Gesù. Oltre alle schede bibliche proposte in questo sussidio, si 36 Nel testo, Lasciate che i bambini vengano a me, oltre a 21 episodi biblici (pp. 72-113) sono di aiuto i suggerimenti introduttivi (pp. 69-71). - 51 - - 52 - 11. Conoscere Gesù Gesù Figlio di Dio Obiettivo Invitare i genitori ad interrogarsi sulla loro relazione con Gesù Cristo e su come far conoscere Gesù ai figli. Per iniziare (10 minuti) La confessione di Pietro può servire di avvio all’incontro: “Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»” (Mt 16, 13-16). Per la prima volta ad Antiochia, attorno agli anni ’40, i discepoli di Gesù furono chiamati “cristiani” (At 11, 26). Anche noi siamo cristiani: crediamo in Gesù Cristo, ci siamo fatti un’idea di lui… abbiamo scelto il battesimo per i nostri figli. Chiediamoci: “Chi è per me Gesù Cristo? Che cosa mi piace di Gesù?”. In ascolto della Parola (20 minuti) Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo. Lo attesta san Giovanni: Gesù, il Verbo eterno, “era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). È confermato da Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Ci ha fatto conoscere il Padre. Gesù ci parla di un Padre provvidente: se si prende cura dei gigli dei campi, degli uccelli, “non farà molto di più per voi, gente di poca fede?” (Mt 6,30). Ci ricorda che il Padre celeste “fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Si sofferma sulla sua misericordia: è un Padre che corre incontro al figlio che ritorna dalla sua strada sbagliata e gli si getta al collo e lo bacia (cfr. Lc 15,20). Non solo ci insegna a chiamare Dio come “Padre nostro”, ma ci fa conoscere il suo nome e le sue parole (cfr. Gv 17,6 e 14). Si presentò come servo. Scrive san Paolo: Gesù “pur essendo di natura divina, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo” (Fil 2,6-7). Come un servo Gesù nell’ultima cena “si alzò da tavola, si cinse un asciugamano e cominciò a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13,4-5). Passò facendo del bene. Hanno beneficiato della presenza di Gesù ammalati, storpi, ciechi, indemoniati. Riportò in vita la figlia di Giàiro, l’amico Lazzaro, il figlio della vedova di Naim. Moltiplicò il pane per la folla affamata. Venne per salvare. Gesù stesso dichiara lo scopo della sua missione: “Non sono venuto per condannare, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47). Aggiunge: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Lc 5,32). Come buon pastore si prende cura delle pecore e per esse “dà la propria vita” (Gv 10,11). Accettò di essere condannato a morte per la nostra salvezza: “Siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo” (Rom 5,10). Continua ad intercedere per noi. Gesù Cristo, risorto, siede alla destra del Padre: prega per noi, ci dona il suo Spirito, la sua grazia, la sua pace. Presente nella Chiesa, ci nutre con la sua Parola ed il suo Corpo. Ci assicura: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Momento di riflessione (20 minuti) Salvatore. La Parola di Dio, che è stata proposta, si sofferma su tratti fondamentali di Gesù. Egli è il Figlio di Dio che si è fatto uno di noi, ci ama, si prende cura, guarisce, serve, perdona, salva… intercede per noi. Quali dei tratti di Gesù richiamati dalla Parola ci colpiscono di più? Se Gesù è il Salvatore, quale salvezza chiediamo ed attendiamo da Gesù Cristo? Verso Oriente. Nell’antichità il battesimo degli adulti iniziava con un rito particolare. Il candidato prima si voltava verso l’occidente, dove scompare il sole per dare spazio alla notte, e faceva la sua rinuncia a Satana e ad ogni male. Quindi, si voltava ad oriente, dove spunta il sole, e faceva la sua professione di fede. Con questo gesto si impegnava a incamminarsi verso Cristo, il vero Sole, e a fare di lui il centro della vita. Anche noi, come cristiani, abbiamo scelto l’Oriente, Gesù Cristo. Come coltiviamo il nostro rapporto, la nostra relazione con Gesù? Diventare discepoli. “Vieni e seguimi” è l’invito che Gesù rivolge a chi vuole essere cristiano, suo discepolo. Seguire Gesù è accogliere la sua Parola, è servire ed amarci come lui ci ha amati, è perdonare ed essere operatori di pace…è pregare come lui ci ha insegnato. Quali sono per me i comportamenti di Gesù che ritengo fondamentali per essere suo discepolo? In famiglia (15 minuti) Anche i nostri figli, sin da piccoli, hanno diritto di conoscere e, a loro modo, di incontrare Gesù. Alcuni suggerimenti. Prima delle parole. I genitori parlano di Gesù in primo luogo attraverso la loro esperienza personale: come essi vivono la loro relazione con Gesù. È il Magistero della vita! Il primo annuncio ai bambini. È il momento di una prima presentazione di chi è Gesù. La scheda per i genitori (III. B 11), richiamandosi al Catechismo dei bambini, offre un esempio per una prima comunicazione. Toccherà ai - 53 - genitori individuare tempi e modi per parlare di Gesù. Partire dal Vangelo. La vita di Gesù è narrata nei Vangeli. Si possono raccontare e commentare alcuni episodi, parabole e miracoli tratti dal Vangelo. Con immagini e segni. I bambini imparano e sono colpiti da immagini, oggetti, segni. Hanno bisogno di vedere e di toccare. Alcune proposte: realizzare insieme il presepio, pregare dinanzi al crocefisso, fermarsi in raccoglimento dinanzi al tabernacolo… invitare il bambino a rivolgere un saluto ad un’immagine di Gesù in casa o in chiesa. Preghiera finale (pochi minuti) Si può leggere il brano di Giovanni 15, 12-17 e concludere con la preghiera, in prima pagina, della scheda dei genitori. - 54 - 12. Comprendere il dono della creazione Le mani di Dio Obiettivo Avvicinare i genitori al testo biblico della creazione per apprezzarne il dono di Dio e la responsabilità degli uomini e per suscitare nei bambini stupore e gratitudine. Per iniziare (10 minuti) L’anziano rabbi Bargiona si avvaleva di una sua curiosa storiella per attirare nei ragazzi l’attenzione sull’origine della terra e sul disegno di Dio. Il Signore, raccontava, dopo aver fatto il cielo e gli astri, un giorno decise di creare la terra e i suoi abitanti. Impastò fango e plasmò un’enorme sfera. Divise il mare dalla pianura e dai monti. Assegnò il loro posto ai pesci, alle piante, agli animali e all’uomo. Appena Dio terminava la sua impegnativa opera, la grande sfera terrestre si sgretolava e si frantumava. La terra e le sue creature scomparivano. Dio tentò una seconda, poi una terza volta di rifare la sua opera. Tutto invano. Sempre lo stesso fallimento. Incominciò a pensare: “Tutto è stato fatto con cura e precisione. Non capisco perché la terra non stia in piedi. Forse ho dimenticato un ingrediente: il rispetto reciproco”. Dio riprovò nuovamente. Prima creò il collante del rispetto reciproco, poi impastò la terra, sulla quale pose piante e animali. Questa volta la terra non si sgretolò. Piante ed animali crebbero e si moltiplicarono. Oggi la terra “si sta sgretolando”. Essa è ammalata: deforestazione, sfruttamento…inquinamento. Anche il nostro territorio -montagne e coltivazioni, acqua ed atmosfera, presenza di animali e insediamenti umanipresenta ferite. Quali sono i maggiori degradi del nostro territorio e quali le cause? In ascolto della Parola (20 minuti) Il libro della Genesi offre due racconti della creazione. Il secondo (Gn 2,4b25) parla essenzialmente della formazione dell’uomo e della donna. Il primo racconto (Gn 1,2-4a) intende offrire una visione completa dell’origine del cielo, della terra e degli esseri terrestri. Si propone alla riflessione il primo racconto della creazione. Si può fare riferimento e leggere insieme Genesi 1, 2-4a, oppure la sua versione sintetica suggerita dal Catechismo dei bambini37 e riportata nella scheda dei genitori 37 - 55 - CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 72. - 56 - (III. B 12). Il racconto biblico non è una spiegazione scientifica dell’origine del mondo, ma intende offrire un insegnamento teologico del quale si possono richiamare alcuni tratti essenziali. * L’universo ha avuto un inizio. Dio è anteriore ed è all’origine dell’universo. * L’esistenza del cielo e della terra, la vita delle piante, degli animali e dell’uomo sono doni di Dio. Un dono che è per tutti. * Nella creazione c’è un ordine crescente di dignità: in vetta è posto l’uomo. * L’uomo e la donna hanno pari dignità. Fatti ad immagine di Dio intelligenti e liberi- sono al centro della creazione ed hanno il potere di dominare sugli altri viventi. * Dio interviene con la sua Parola: “Dio disse”. Si sottolinea così l’iniziativa di Dio e l’efficacia della sua Parola capace di fare esistere e di mettere ordine. * La creazione, distribuita in una settimana, è uno schema che ha un suo insegnamento: dopo sei giorni di lavoro anche per l’uomo, ad imitazione di Dio, c’è il riposo settimanale. * Il riposo di Dio e dell’uomo è al settimo giorno. Esso è il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani. Momento di riflessione (20 minuti) La terra è di Dio. Il racconto della creazione lascia intendere che la terra e le sue risorse sono un dono di Dio per tutti gli uomini. Contrasta questo disegno di Dio l’ingiusta distribuzione della ricchezza, la spoliazione di risorse naturali a danno di intere popolazioni, lo sfruttamento delle persone, l’impossibilità per molti di usufruire dell’accesso ai beni della terra. Nel nostro piccolo, come cristiani, possiamo e dobbiamo fare qualche cosa? Le nostre mani. Dio affida il creato agli uomini, chiamati a continuare l’pera delle sue mani: da una parte assoggettare la terra, nutrirsi dei suoi frutti, dominare su ogni essere vivente, dall’altra rispettare la terra, coltivarla, ma difenderla da insensati sfruttamenti e da incomprensibili sprechi. Che cosa possiamo fare per difendere il nostro territorio, difendere l’ambiente, l’acqua… le risorse? Uomo e donna. Ogni persona, piccola o grande, maschio o femmina, italiana o straniera è un’immagine di Dio, porta il sigillo della sua bellezza e grandezza. Tutti hanno la stessa dignità, gli stessi diritti. Chi è l’altro da noi che non rispettiamo nella sua dignità e diritti fondamentali? Nella società e nella Chiesa la donna è adeguatamente difesa, rispettata e valorizzata? - 57 - 13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale Il bambino salvato dalle acque Obiettivo Nel rileggere la storia di Mosè, salvato dalle acque, aiutare i genitori a prendere atto che Dio ha progetti di vita per ogni persona e ad interrogarsi sull’impegno educativo assunto con il battesimo del figlio. Per iniziare (10 minuti) Un signore, mentre passeggiava sulla spiaggia, vide un ragazzino che lanciava in acque stelle marine. Incuriosito, chiese il perché di questo gesto. Prontamente il ragazzino rispose: “Durante la notte l’alta marea riempie la spiaggia di stelle marine. Se lasciate sulla sabbia, con l’arrivo del sole muoiono”. Domandò: “Quante stelle marine ributti in acqua?”. Risposta: “Qualcuna”. Replicò il signore: “Mi pare una inutile fatica. La spiaggia è piena di stelle marine. Che differenza fa se ne salvi qualcuna?”. Il ragazzino, allora, prese una stella marina e la gettò in acqua. Poi esclamò: “Per lei fa una grande differenza”. Anche attorno a noi ci sono persone che sono state salvate o, grazie a qualcuno, hanno ricuperato la gioia di vivere. Possiamo condividere qualche episodio? In ascolto della Parola (20 minuti) Con i genitori leggiamo l’episodio di Mosè descritto dal libro dell’Esodo 2,110, ripreso dal Catechismo dei bambini38 e riportato nella scheda per i genitori (III. B 13). Alcune annotazioni. * La nascita di Mosè si colloca al tempo di Ramses II (1290-1224 a.C.). Soprattutto durante il suo regno la manodopera per i grandi lavori pubblici era reclutata non solo fra i prigionieri di guerra e gli schiavi, ma anche fra gli Israeliti. È comprensibile il desiderio degli Ebrei di liberarsi dall’oppressione del duro lavoro e di riprendere la vita libera nel deserto. Così pure si comprende che gli Egiziani abbiano considerato la richiesta degli Israeliti come una rivolta di schiavi. * Per gli Israeliti, oltre ai maltrattamenti e ai pesanti lavori, fu presa una crudele misura. Alle levatrici si ordinò di sopprimere alla nascita i figli maschi degli Ebrei. Quest’ordine, anche se non fu osservato totalmente dalle levatrici, creò panico fra le madri. In questo contesto si colloca la storia di Mosè 38 In famiglia (15 minuti) È anzitutto compito dei genitori avvicinare i loro bambini al racconto della creazione per riconoscere la potenza e la generosità di Dio, per suscitare stupore dinanzi alla bontà e alla bellezza di ogni creatura, per promuovere rispetto e cura del creato. Alcuni suggerimenti. Le mani di Dio. Si può leggere o raccontare ai figli il brano della creazione. Si potrebbe invitare i bambini a disegnare e colorare ciò che Dio ha creato nei sei giorni della settimana: il cielo, le acque del mare, erbe e alberi, il sole e la luna, pesci, uccelli e bestiame, l’uomo e la donna. Stupore e lode. A questo duplice sentimento dovrebbe tendere un’esplorazione della natura: monti e mare, campi e allevamenti. Dinanzi a ciò che è visto e scoperto, il bambino potrebbe essere invitato dai genitori a dire: “Grazie, Signore”. Rispetto. Per i bambini prendersi cura della natura, dei fiori, degli animali è rispettare la vita e l’habitat di ognuno. Anche la pulizia e l’ordine possono essere una forma di rispetto. Essi incominciano dalla casa, dalla propria cameretta… dalle strade. Sobrietà e rinuncia. Nella nostra famiglia talvolta ci sono sprechi o consumi eccessivi. Senza privare i nostri figli del necessario, è educativo chiedere a loro un uso più misurato di beni, uno stile più sobrio e anche qualche rinuncia. Giorno di riposo. Per i cristiani esso è la domenica, nella quale si ricorda la creazione, si ringrazia per il dono della vita, soprattutto si celebra la risurrezione del Signore. Occorre aiutare i bambini a percepire che la domenica è giorno di riposo e di festa attraverso gesti concreti: un tempo maggiore per stare con i genitori, il vestito nuovo, un pasto più curato e consumato insieme, una passeggiata… A ciò è doveroso anche aggiungere un segno religioso: una particolare preghiera in famiglia, la possibile partecipazione alla messa domenicale con i genitori… un’eventuale visita al cimitero. Maschio e femmina. È compito anzitutto dei genitori aiutare il figlio/a a riconoscere e accogliere con gioia la sua identità di genere, ad apprezzare la diversità di sessi, a rispettare l’altro sesso. Sono papà e mamma le prime persone chiamate a testimoniare la complementarietà dei sessi e il rispetto reciproco: come si amano, si parlano, si aiutano… si prendono cura vicendevolmente. Preghiera finale (pochi minuti) L’incontro potrebbe concludersi con la preghiera di San Francesco riportata nella scheda dei genitori: “Laudato sii, o mi Signore”. - 58 - “salvato dalle acque”. * Nel brano biblico, preso in esame (Esodo 2,1-10), sono richiamati i primi anni di Mosè. Nell’episodio spiccano tre figure: la madre che prima deve nascondere il figlio, poi si separa da lui per garantire la sua sopravvivenza, infine può riprenderlo in braccio e allattarlo; la figlia del faraone che, ignorando il crudele divieto, si muove a compassione, salva un piccolo nato di Ebrei, per poi accoglierlo come figlio e condurlo alla corte del faraone; la sorella di Mosè che vigila sul fratellino nascosto fra i giunchi e svolge un ruolo intelligente e decisivo affinché il piccolo possa ritornare alla madre. Alla cura e crescita di Mosè, come per ogni bambino, intervengono più persone. Per Mosè sono tutte donne. Secondo la tradizione ebraica, il bambino nei primi anni di vita era affidato alla madre e alle donne di casa. * Il nome di Mosè fu dato dalla figlia del faraone. Si tratta di un nome egiziano. Il testo biblico, però, dà al nome una propria etimologia, che viene messa sulle labbra della figlia del faraone: “Io l’ho salvato dalle acque”. Quell’“io” è Dio. In questa avventurosa vicenda di Mosè la fede di Israele ha visto la mano di Dio che, per vie impreviste, è intervenuto ed ha salvato Mosè, per il quale il Signore aveva un suo progetto. Scelte discutibili degli uomini, ingiusti ordini dei potenti possono ostacolare ma non annullare il disegno di Dio. Come per Mosè, Dio ha un progetto per ogni bambino. * Salvato dalle acque! Per il credente israelita l’acqua è principalmente fonte di vita. Ricorda il diluvio che ha distrutto campi e città, ha purificato la terra, ma ha salvato Noè. Rinvia all’acqua che disseta e ristora, come quella sgorgata dalla roccia nel deserto o quella che alimenta i pozzi per dissetare persone e armenti. Rimanda alle acque del Giordano dove Naaman, il Siro, fu guarito dalla lebbra. Per i cristiani l’acqua che salva è quella del battesimo. Momento di riflessione (20 minuti) Purché sia salvo! Tante sono le paure e le preoccupazione per i figli: salute, pericoli, esperienze negative… timore di non essere bravi educatori. Ogni genitore, come la madre di Mosè, è disposta a qualsiasi rinuncia e sacrificio affinché il figlio cresca sano, sereno, educato… onesto. Quali sono i beni essenziali e i valori fondamentali che vorremmo dare ai nostri figli? Disegno di Dio. Come per Mosè, il Signore ha un progetto, una missione per ogni bambino, che egli ama ed ha arricchito di doni. Affidare il nostro bambino nelle mani di Dio significa fidarsi del Signore, ma anche adoperarsi perché il figlio segua la sua Parola. Nella nostra educazione che cosa facciamo perché il nostro progetto sul figlio rispecchi le attese di Dio? In acqua viva. Mosè è “salvato dalle acque”: nascosto in riva al fiume fu tratto in salvo dalla figlia del faraone. Le stelle marine, ributtate in acqua, continuano a vivere. Con il battesimo abbiamo chiesto per il figlio, al quale CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, pag. 80 - 59 - - 60 - abbiamo dato la vita fisica, una nuova vita. Nell’acqua del fonte battesimale egli è rinato, è diventato figlio adottivo di Dio, è stato arricchito del dono dello Spirito. È una salvezza che solo il Signore può dare. Riprendendo la catechesi prebattesimale possiamo nuovamente riflettere sul significato del battesimo. Scegliendo di far battezzare il figlio, ci siamo impegnati ad educarlo nella fede cristiana, affinché potesse “nuotare” in quell’acqua viva e feconda. In questi anni come abbiamo svolto il nostro compito di educatori cristiani assunto con il battesimo e quali difficoltà abbiamo incontrato? In famiglia (15 minuti) La storia della nascita e dei primi anni di vita di Mosè colpisce i bambini e può avere positive ricadute su loro e sull’azione educativa. Alcuni suggerimenti. In ascolto. Si propone di leggere insieme ai bambini il racconto di Mosè. Può facilitare la comprensione del testo la valorizzazione del disegno nel Catechismo dei bambini (p. 81). Dalla paura alla fiducia. Dopo aver fatto notare al figlio il pianto di Mosè abbandonato in un cesto tra i giunchi, si può chiedergli: “Mosè ha avuto paura?”. In questo modo il bambino proietta le sue paure. Toccherà ai genitori rassicurare il figlio: “Dio è un papà buono e forte. Ha vigilato su Mosè e l’ha salvato. Dio continua ad essere vicino a te e a noi”. Persone buone. Come Mosè, anche noi siamo aiutati a crescere da persone buone. Si può invitare il bambino a prendere atto che, oltre i genitori, ci sono tante persone che gli vogliono bene: nonni, zii, padrino e madrina, insegnanti… amici. Inoltre si potrebbe suggerire al bambino di esprimere un segno di gratitudine a queste persone. Al fonte battesimale. Genitori e bambini possono fare una visita al battistero per spiegare che tutti noi siamo stati salvati in quell’acqua e per dire il nostro grazie al Signore. Preghiera finale (pochi minuti) Oltre al grazie per il dono della vita nuova nel battesimo –di sé e del figliosi può concludere l’incontro con una delle preghiere riportate nella scheda per i genitori. 14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili Il Buon pastore Obiettivo Aiutare i genitori a riconoscere che Gesù è il pastore che ci conosce, si prende cura di noi e dei figli e a scoprire che la loro missione è quella di essere accanto ai figli come buoni pastori. Per iniziare (10 minuti) Si può leggere la testimonianza-meditazione, attribuita ad un Anonimo Brasiliano. “Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. E per ogni giorno trascorso apparivano sulla sabbia due orme: le mie e quelle del Signore. Ma in alcuni tratti ho visto un sola orma. Proprio nei giorni più difficili della mia vita. Allora ho detto: “Signore, io ho scelto di vivere con te e tu mi avevi promesso che saresti stato sempre con me. Perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti difficili? E lui mi ha risposto: “Figlio, tu lo sai che ti amo e non ti ho abbandonato mai: i giorni nei quali c’è soltanto un’orma nella sabbia sono proprio quelli in cui ti ho portato in braccio” . Nella vita abbiamo attraversato momenti difficili nei quali anche Dio ci è sembrato lontano. Talvolta siamo stati sfiorati dal dubbio: “Signore, perché mi hai abbandonato?”. Possiamo condividere la nostra esperienza. In ascolto della Parola (20 minuti) L’immagine di Gesù buon pastore è nota dagli anni della catechesi. Gesù stesso si presenta come buon pastore. Possiamo leggere il passo biblico di Giovanni 10, 1-17, proposto nei suoi versetti essenziali della scheda per i genitori (III. B 14). Alcune annotazioni: * La vita del popolo ebraico è sempre stata legata alla pastorizia. Abele era un pastore. Abramo e Lot avevano greggi e armenti. Mosé si incontrò con l’angelo del Signore mentre stava pascolando il gregge del suocero Ietro. Anche ai tempi di Gesù era frequente in Palestina incontrare pastori con i loro greggi. * Nell’Antico Testamento Dio si presenta come un pastore che guida il suo popolo (Sir 18,13), che fa pascolare il suo gregge (Is 40,11), lo custodisce (Ger 31,10). Lo stesso Geremia fa dire a Dio: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdere il gregge del mio pascolo… Radunerò io stesso il resto delle mie - 61 - - 62 - pecore, che farò tornare ai loro pascoli. Costituirò sopra di esse pastori che le fanno pascolare” (Ger 23,1.3-4). * Gesù, definendosi buon pastore, si presenta come colui che interpreta ed attua l’agire di Dio, come il vero pastore costituito dal Padre. * Agli uditori, che conoscevano il ruolo del pastore, Gesù dichiara di essere il “buon pastore” ed esplicita il suo specifico servizio: - ha una relazione personale: chiama le sue pecore ciascuna per nome; - le conduce fuori: verso pascoli sicuri… alla salvezza; - cammina davanti ad esse: egli è la guida affidabile che conosce la via, ma anche il passo delle sue pecore; - dà la propria vita per le pecore: non solo le difende, paga di persona, dà tutto se stesso, ma le rende partecipi della sua stessa vita. * Al centro del brano è l’affermazione: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). È il versetto che chiarisce il significato di “buon pastore” e sintetizza la missione di Gesù. Dare voce al testo. Si può leggere il brano con il figlio, soffermandosi sui principali comportamenti del buon pastore. Una possibile visita ad un pastore e al suo gregge può aiutare il bambino a meglio comprendere l’attività e il compito di chi si prende cura del gregge. Aprire la porta. Come il guardiano del Vangelo apre la porta al pastore, così i genitori lasciano entrare Gesù nella vita del bambino. È loro compito presentare Gesù come un vero amico, che gli vuole bene, lo chiama per nome…lo aiuta. Di qui possono sgorgare un grazie a Gesù o una richiesta. Camminare davanti. Come Gesù, i genitori camminano davanti ai figli: li difendono dai pericoli e sanno dire dei no, indicano la strada, infondono serenità e fiducia, sono esempi e modelli di vita. Preghiera finale (pochi minuti) Si può recitare insieme il salmo 23, riportato nella scheda dei genitori, lasciando un tempo di silenzio e di preghiera personale. Momento di riflessione (20 minuti) Una vita piena. Gesù non è venuto per imporci limiti e caricarci di pesi, ma per rendere piena la nostra vita, qualitativamente migliore: più vera, più serena, più felice, più libera. Meditando il brano quali sono i tratti di Gesù, buon pastore, che mi colpiscono di più? Ascoltare e conoscere la sua voce. È quanto Gesù afferma delle sue pecore, di noi suoi discepoli. Per ascoltare la voce occorre conoscerla. In quali modi noi cerchiamo di conoscere la voce di Gesù: la sua Parola, i suoi inviti, le sue attese? Genitori pastori. È l’invito di Sant’Agostino ai genitori del suo tempo: “Comportatevi nella vostra casa come nostri vicari. Il vescovo porta questo nome perché veglia sugli altri, prendendosi cura di loro. Ciascuno di voi, capi famiglia, si consideri investito, per così dire, di una missione episcopale per ciò che riguarda la fede dei suoi cari”39. I genitori, come il Vescovo, sono pastori: hanno il compito di vigilare, custodire, difendere, condurre a pascoli ricchi e sicuri… di camminare davanti. Noi genitori, pastori dei nostri figli e della famiglia, quali comportamenti possiamo apprendere da Gesù buon pastore? In famiglia (15 minuti) Già da questa età è bene che i nostri bambini conoscano Gesù come buon pastore. È un’immagine comprensibile e di alto significato educativo per i piccoli e per i genitori. Alcuni suggerimenti. 39 AGOSTINO, Discorso XCIV. - 63 - - 64 - 15. Scoprire la misericordia di Dio La pecorella ritrovata Obiettivo Invitare i genitori ad interrogarsi sul significato della parabola, sulle ricadute personali e favorire nei figli un primo accostamento al testo evangelico. Per iniziare (10 minuti) Jehiel, nipote di Rabbi Baruch, è un ragazzino che ama giocare a nascondino con i suoi compagni. Un giorno toccò a lui fare la conta e cercare i compagni nascosti. Dopo lunghe ricerche non trovò nessuno. Si accorse che i compagni non si erano nascosti ma fuggiti. Con le lacrime agli occhi Jehiel andò a lamentarsi da Rabbi Baruch che, rattristato, commentò: “Questo succede anche a Dio. Egli a lungo continua a cercare gli uomini. Essi, però, si nascondono e fuggono”. Da Martin Buber, I racconti di Chassidim Anche oggi ci sono persone che, pur essendo state battezzate ed aver frequentato la Chiesa per anni, decidono di lasciare la fede e di allontanarsi da Dio. Quali potrebbero essere i motivi e le cause di questa scelta? In alternativa. Sotto i portici della nostra città quasi ogni mattina, al termine della messa, incontro la signora Anna, avanti negli anni e cardiopatica. Recentemente, sapendo del mio viaggio in Brasile, mi disse: “Laggiù io ho un figlio. Si chiama Claudio. Ha lasciato l’Italia otto anni fa e non si è fatto più vivo. Non so se sta bene, se ha bisogno di qualche cosa. Sarei felice se potesse incontrarlo e portarmi sue notizie”. Mi sono permesso di obiettare: “Anna, il Brasile è grande. Non ha un indirizzo?”. Con il cuore grande e premuroso di una madre rispose: “Ho scritto ripetute volte. Mai una risposta. Forse ha cambiato città. Per favore, se lo incontra, gli dica che sono anziana ed ammalata. Non chiedo che venga a visitarmi. Vorrei, prima di morire, solo sentire una volta la sua voce. Gli dica che gli voglio bene e che non ho mai smesso di cercarlo. Aspetto sempre”. C’è una madre che cerca e aspetta. C’è un figlio che fugge e si nasconde. Dio è come una madre: non cessa di cercare e di attendere. Anche oggi ci sono persone che, pur essendo state battezzate ed aver frequentato la Chiesa per anni, decidono di lasciare la fede e di allontanarsi da Dio. Quali potrebbero essere i motivi e le cause di questa scelta? In ascolto della Parola (20 minuti) Il brano biblico proposto è tratto da Luca 15,1-7 ed è riportato nella scheda per i genitori (III. B 15). Il testo richiama la parabola della pecorella smarrita introdotta da alcuni versetti. Sono utili alcune annotazioni per meglio comprendere il significato della parabola. * Occorre tenere presenti i versetti 15, 1-3 che precedono il racconto della nostra parabola e delle altre due: quella della moneta smarrita e quella del figlio prodigo. I tre versetti sottolineano che l’accoglienza dei peccatori era un atteggiamento abituale di Gesù. Tale comportamento irrita farisei e scribi. Il testo si riferisce direttamente a questi ultimi, che al tempo di Gesù si ritenevano “giusti”. Indirettamente si rivolge anche ai cristiani di ogni epoca. * Per farisei e scribi è inaccettabile che Gesù mangi con i pubblicani e i peccatori, ossia con coloro che non osservano la Legge ebraica. Secondo i farisei e gli scribi Dio tratta severamente i peccatori affinché si convertano, si purifichino, cambino vita e osservino la Legge. Anzi per molti rabbi farisei non si dovevano avvicinare gli uomini empi, neppure per condurli allo studio della Legge. * Gesù, accettando di mangiare con pubblicani e peccatori - ciò che fece altre volte - ha presente la misericordia del Padre: un Dio che ama i peccatori, li attende e li cerca per gioire del loro ritorno. In questo modo Gesù manifesta il volto di Dio, già delineato nell’Antico Testamento. Tutta la storia di Dio con il popolo di Israele è una ricerca paziente del Signore per invitare singoli e comunità a ritornare a Lui. Dio stesso esplicita il suo modo di pensare e agire: “Forse che io ho il piacere della morte del malvagio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?” (Ez 18,23). * Nello stesso tempo la condotta di Gesù, ritenuta scandalosa ed irritante, svela la sua missione: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). Gesù dirà ancora: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,12-13). * L’immagine della pecorella smarrita è presa dalla vita della gente. Dunque un fatto familiare. Nello stesso tempo lo sviluppo della parabola esprime una continuità con l’Antico Testamento, dove Dio sovente si presenta come pastore che si oppone ai capi o pastori cattivi, che difendono se stessi anziché occuparsi del gregge. Così Gesù in modo garbato polemizza con gli scribi e i farisei: voi, scandalizzandovi per il mio comportamento, contraddite le stesse Scritture. Vi siete fatti un’idea impropria di Dio. * Ha cento pecore. Colui che va in cerca della pecora fuggita è il proprietario che pascola personalmente il gregge. Egli è sia Dio Padre, sia Gesù. * “Lascia le 99 nel deserto”, dove le pecore pascolano e dove, è da - 65 - - 66 - supporre, ci sia un riparo sicuro. Fuori metafora, le 99 pecore sono i giusti, coloro che, diversamente da chi si allontana, restano uniti al pastore, sono perseveranti, seguono il Signore. Il lasciare queste 99 pecore non significa né abbandono né trascuratezza. Per questo, senza ironia, si dice che non hanno bisogno di conversione. * “Trovata… se la carica sulle spalle”. Gesù usa un linguaggio antropomorfico, ossia umano per esprimere l’agire di Dio, il quale non rimprovera ma con delicatezza paterna accoglie e solleva la pecora fuggita: chi si è allontanato da lui, è ferito, è incapace di ritrovare la forza per ritornare. In questa frase si trova un ricco insegnamento: la delicata misericordia di Dio, il valore di ogni uomo anche quando sbaglia, la costante cura e premura di Dio, la conversione come dono esclusivo di Dio perché il peccatore è incapace da solo di ritornare al Signore, infine l’azione salvifica di Cristo stesso richiamata da quel caricare sulle spalle la pecora smarrita. * “In cielo” significa presso Dio. L’espressione serve a parafrasare il nome di Dio. * “Rallegratevi con me”. È la risposta all’intransigenza e intolleranza degli scribi e dei farisei che vorrebbero tenere distante chi ha sbagliato. Nello stesso tempo è un invito a tutti i cristiani -anche a quelli che si irritano per la troppa indulgenza verso chi ha avuto un passato morale discutibile- a gioire perché la misericordia di Dio è più grande del peccato e della miseria umana. * “Vi sarà più gioia in cielo per un peccatore che si converte”. È il versetto chiave della parabola che mette in risalto la gioia del Padre, il quale finalmente può riavere il figlio perduto. Il tema sarà esplicitamente ripreso nella parabola del figlio prodigo. * Tutta la parabola mette in risalto un duplice comportamento di Dio: egli è colui che cerca il peccatore e che gioisce per il suo ritrovamento. Per questo, più che parlare di “pecora smarrita”, è meglio dire “pecora ritrovata”. Nello stesso tempo non si dice nulla di ciò che la pecora fuggita ha fatto per convertirsi. Si racconta solo ciò che Dio fa per ritrovarla. Egli la cerca finché la trova e, trovatala, se la mette in spalla. Verso la periferia esistenziale. È un’espressione cara a Papa Francesco, che invita la Chiesa, i cristiani ad uscire e ad incontrare le persone emarginate o dimenticate, chi è lontano dalla fede o si sente escluso dalla comunità, oppure poco accolto da essa. Che cosa suggerire alle nostre comunità cristiane per andare alla periferia? Che cosa possiamo fare come singoli e come famiglie? In famiglia (15 minuti) La parabola della pecorella ritrovata colpisce i bambini ed attira la loro attenzione. Qualche proposta. Una pagina da ascoltare. È opportuno che i genitori leggano o raccontino la parabola anche più volte ai figli. Dare voce ai bambini. Letta e riletta la parabola, si possono invitare i figli a raccontarla con proprie parole. Per il bambino è un aiuto per riappropriarsi del testo, ma anche l’occasione per riviverla a modo suo. Timore di perdervi. Si può chiedere al bambino come si sentiva la pecorella smarrita e che cosa essa pensava in quella brutta esperienza. Immedesimandosi nella pecorella il bambino esprime i suoi timori di restare solo, di essere dimenticato o abbandonato dai genitori. Per papà e mamma sarà l’occasione per rassicurarlo della loro vicinanza e del loro amore, anche quando devono allontanarsi da casa. Accoglienza. Gesù mangiava con i peccatori, le persone che altri consideravano cattive. Gesù accoglieva tutti e voleva bene ad ognuno. Si potrebbe favorire nei bambini questo spirito di accoglienza proponendo iniziative o forme di ospitalità a compagni poco graditi o persone che altri escludono. Preghiera finale (pochi minuti) Letto il brano di Mt 9,12-13, si può invitare ognuno a una breve meditazione personale e concludere l’incontro con la preghiera proposta nella scheda dei genitori. Momento di riflessione (20 minuti) Un Dio sul cammino degli uomini. Diversamente dalla parabola del figlio prodigo, dove Dio lo attende, qui si trova Dio che si mette a cercare chi è perso. Che cosa mi colpisce maggiormente in questa parabola? Quali sono in questo brano i tratti principali dell’agire di Dio? Lasciamoci incontrare. Il Signore va incontro ai peccatori, cerca chi si è allontanato. Il sacramento della confessione, prima di essere una elencazione dei nostri peccati, è primariamente l’esperienza della misericordia del Padre. Che cosa è per me il sacramento della confessione o riconciliazione? - 67 - - 68 - 16. Farsi prossimo Il samaritano buono Obiettivo Aiutare i genitori a meglio conoscere la parabola, a confrontare con essa la propria vita, a favorire nei figli un’iniziale introduzione al suo insegnamento. Per iniziare (10 minuti) Un giorno, per strada, ho visto una ragazzina rannicchiata in un angolo. Macilenta e ammalata, era infreddolita e affamata. Nessuno si curava di lei. Mi arrabbiai con Dio: “Perché, Signore, permetti questo? Perché non fai qualcosa per lei?”. Dopo un po’ Dio rispose: “Non mi sono dimenticato di lei. Ho fatto te!”. Tutti abbiamo occhi e cuore. Incontriamo povertà, sofferenza, umiliazione. Vediamo persone bisognose di comprensione, siamo consapevoli che qualcuno deve dare loro una mano… Poi continuiamo la nostra strada. Le nostre comunità cristiane, noi, in prima persona, facciamo tutto il possibile per alleviare sofferenze e povertà? In alternativa. Un giovane decise di lasciare tutto e di farsi religioso. Bussò alla porta di un convento e chiese di essere ammesso nella comunità. L’anziano padre, incaricato di accogliere i nuovi aspiranti, interrogò il giovane sulle sue intenzioni, sulla sua preghiera… sulla sua vita passata. Da ultimo chiese fino a che punto fosse disposto a lasciare beni e ricchezze: “Se tu avessi tre monete d’oro, le daresti ai poveri?”. Prontamente rispose: “Sì, padre. Di tutto cuore”. Continuò il padre: “E se tu avessi tre monete d’argento?”. Senza esitazione venne la risposta del giovane: “Molto volentieri, padre, darei le monete d’argento ai poveri”. Insistette ancora il padre: “E… se tu avessi tre monete di rame, le daresti ai poveri?”. Risposta: “No, padre!”. “E perché?”. “Perché le tre monete di rame sono mie”. Non manca nella vita di ognuno qualche gesto di carità, di solidarietà. Rinunciamo a qualche cosa di nostro: denaro, vestito… tempo. Sovente si tratta di “briciole” o del superfluo. A che cosa siamo disposti a rinunciare per aiutare chi è in difficoltà? In ascolto della Parola (20 minuti) La parabola del buon samaritano è uno dei testi biblici più noti. L’intero brano è riportato da Luca (10, 25-37) ed è preceduto da alcuni versetti (10,25-28). Il testo è riproposto dal Catechismo dei bambini40 e si trova nella scheda dei genitori (III. B 16). Alcune annotazioni. * Un dottore della Legge. È uno scriba giudeo, persona istruita che conosce e insegna la Legge ebraica. * “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore… e il prossimo tuo come te stesso”. L’amore a Dio e quello al prossimo è la sintesi di tutti i precetti. Sono le due direzioni dell’amore. Esse si toccano profondamente. Non c’è amore a Dio senza l’amore al prossimo. Lo stretto legame fra i due amori non annulla la differenza: la misura dell’amore a Dio è la totalità, la misura dell’amore al prossimo è “come se stessi”. * Non tutti gli ebrei del tempo di Gesù consideravano l’amore al prossimo il primo comandamento insieme all’amore a Dio, ma uno dei molti precetti. Gesù, accogliendo la risposta dello scriba, conferma la centralità dei due comandamenti: amore a Dio e amore al prossimo. * “Volendo giustificarsi, disse: «Chi è il mio prossimo?»”. La domanda del dottore della Legge ha un suo fondamento. Da una parte lo scriba intende porre l’attenzione sulla difficoltà di amare il prossimo. Dall’altra chiede di precisare il concetto di “prossimo”, visto che non tutti la pensavano allo stesso modo. Al tempo di Gesù, infatti, scribi e farisei limitavano l’amore al prossimo ai membri del popolo ebraico e ai proseliti, ossia agli stranieri che aderivano all’ebraismo. Solo voci isolate estendevano l’amore al prossimo a tutti gli uomini. Con questa parabola Gesù dà al termine “prossimo” un’estensione universale: chiunque tu incontri, non importa chi sia. * “Da Gerusalemme a Gerico”. Le due città sono distanti circa 27 chilometri con un dislivello di 1000 metri. La strada, segnata da burroni, attraversa l’inospitale deserto di Giuda. Esso era un luogo di facili incursioni di briganti. * Un sacerdote e un levita vedono il ferito e vanno oltre. Il comportamento dei due può avere qualche scusa, anche se discutibile: entrambi devono rispettare la purezza cultuale. Secondo la Legge del tempo era prescritto ai sacerdoti, che attendevano al culto nel Tempio, di mantenersi puri. Chi toccava il sangue restava contaminato, dunque impuro. In questo testo del vangelo di Luca, scritto attorno agli anni 70 e destinato ai cristiani, c’è una velata intenzione polemica verso il culto ebraico e, indirettamente, verso quello di taluni cristiani: il culto non può ignorare la misericordia, né distrarre dai doveri dell’amore agli altri! * Un samaritano. Non è un riferimento insignificante. Gli ebrei della Giudea disprezzavano i samaritani, considerati stranieri ed eretici. Gesù ha scelto come modello non un fariseo osservante, ma un samaritano, un infedele per i suoi uditori. Gesù la pensa diversamente: uomini esemplari puoi trovarli là dove meno te lo aspetti! 40 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 92. - 69 - - 70 - * Sette verbi per esprimere la generosa cura del samaritano. Un intervento che muove progressivamente occhi, cuore, mani, piedi, impegna energie fisiche e risorse economiche: vide, ebbe compassione, si avvicinò, fasciò le ferite, caricò e portò il malato nella locanda, si prese cura, pagò. Chi aiuta si coinvolge totalmente: fa tutto ciò che il caso richiede, tutto quello che è nelle sue possibilità. * Risposta rovesciata. Alla domanda iniziale dello scriba “chi è il mio prossimo?”, Gesù risponde alla fine, spostando l’attenzione non sul prossimo, ma su chi si fa prossimo: dall’oggetto o destinatario dell’amore -il prossimo bisognoso- al soggetto, a chi si rende disponibile ad amare. “Farsi prossimo” è l’insegnamento della parabola. * “Va’ e anche tu fai così”. Avere compassione è la strada che ogni cristiano deve percorrere per essere discepolo di Gesù, per essere figlio del Padre celeste di infinita misericordia. Luca nei capitoli precedenti lo afferma esplicitamente: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”(Lc 6, ). Gesù, dicendo “fa’ anche tu così”, indica la strada e, nello stesso tempo, assicura il suo aiuto. * In questa parabola Gesù non solo delinea la coordinata fondamentale dell’agire cristiano, ma allude anche a se stesso: egli è il Buon Samaritano, che si è fatto prossimo per curare le nostre ferite morali, spirituali, fisiche e per restituirci alla vita piena. * Un uomo ferito. La parabola non dice nulla del ferito. Neppure il samaritano sa chi è, né si chiede chi sia. Ha visto un ferito e si è messo all’opera. In quel ferito, secondo la parabola, c’è ogni uomo che incontriamo e che ha bisogno di aiuto. Chi ha compassione non si chiede da dove viene, se è noto o sconosciuto, se è un credente o meno. accoglienza in ogni famiglia. Qualche proposta. Ascoltarla insieme. Dovrebbe essere letta, anche più volte, dai genitori ai figli. Può essere commentata con l’aiuto del disegno riportato sul Catechismo dei bambini41. Narrata dal figlio. Facilmente il bambino fa sua la parabola ascoltata dai genitori e sa riportarla con parole sue. Chiedere al bambino di narrarla, anche più volte, e di ascoltarla con interesse da parte dei familiari, è per il bambino non solo un modo per familiarizzarsi con il testo, ma anche per intuire che è un racconto importante. Gesù è un amico. Una via concreta e semplice per far comprendere al bambino che Gesù è il Buon Samaritano è quella di richiamare alcuni episodi che mettono in luce la bontà di Gesù verso persone ammalate o bisognose: moltiplicazione dei pani, guarigione del lebbroso abbandonato da tutti, cambio dell’acqua in vino per rendere felici due sposi… risurrezione di un ragazzo per consolare la mamma in lacrime. L’esempio di Gesù potrebbe essere arricchito con riferimenti concreti ad alcuni santi. Fare felice qualcuno. Non è mai troppo presto far capire al bambino che ci sono attorno a noi, ma anche lontano, persone bisognose o in difficoltà. I genitori, con tatto, possono raccontare al bambino che hanno visto o incontrato situazioni concrete di disagio e povertà: genitori che non possono comprare scarpe nuove al figlio; un anziano solo perché nessuno va a trovarlo; il ragazzino che non sa con chi giocare perché tutti lo rifiutano; un papà che ha perso il lavoro e non può più mantenere la sua famiglia; genitori tristi per la seria malattia del loro figlio, eccetera. Il richiamo di situazioni e fatti analoghi può fare nascere nel bambino un semplice e sincero segno di solidarietà: una preghiera, una visita… un aiuto. Per aprire gli occhi. Perché non fare visita con il figlio ad un centro Caritas o della San Vincenzo, ad una struttura di accoglienza di persone diversamente abili come la Piccola Casa della Divina Provvidenza? Il bambino può vedere tante persone che hanno bisogno, ma anche che le aiutano con generosità. È una grande lezione di vita! Momento di riflessione (20 minuti) Farsi prossimo. Riflettendo sulla parabola, quali sono gli aspetti del farsi prossimo? Incominciare dai più vicini. I primi che quotidianamente incontriamo sono il coniuge, i figli, sovente anche i genitori di lui o di lei. Farsi prossimo è accorciare le distanze, abbattere possibili incomunicabilità. È comprendere difficoltà, bisogni, amarezze, attese… ragioni dell’altro. Come migliorare il nostro farci prossimo ai nostri familiari? Gesù il samaritano. Tra le pagine del Vangelo, ricordiamo alcuni episodi nei quali Gesù si è fatto prossimo per alleviare disagi, per curare, per ridare speranza e vita? Ognuno può richiamare un episodio evangelico. Preghiera finale (pochi minuti) Si può fare riferimento alla scheda per i genitori, nella quale si incontrano riflessioni e preghiera. In famiglia (15 minuti) La parabola ha un ricco insegnamento per tutti e dovrebbe trovare 41 - 71 - CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 93. - 72 - III. CONOSCERE GLI AMICI DI GESÙ Tutti i popoli nel ripensare alla loro storia fanno memoria di figure eroiche, di persone sagge ed esemplari del passato. Ancora oggi molte tribù africane, e non solo, hanno una particolare venerazione per i loro antenati, o ancestors. È un modo per riaffermare la propria identità e l’adesione a fondamentali valori e tradizioni. Nella Bibbia il libro del Siracide dedica alcuni capitoli, dal 44 al 50, per tessere l’elogio di uomini illustri, da Enoc al sacerdote Simone, che hanno segnato con le loro imprese e la loro testimonianza il cammino dell’antico popolo di Israele. Nel ricordare queste persone il testo biblico richiama le loro virtù e i loro comportamenti esemplari, soprattutto sottolinea sia la loro fedeltà al Signore, sia l’aiuto e la benedizione di Dio nello scegliere e guidare ognuno di loro. In particolare di Mosè si dice che egli era “amato da Dio e dagli uomini” (Sir 45,1). Persone fedeli e generose Fin dai tempi antichi le comunità dei cristiani ebbero una particolare devozione ai primi martiri per sottolineare la propria ammirazione, per invocare il loro aiuto, in modo particolare per lodare Dio che ha reso forti e invincibili questi testimoni sino a dare la loro vita per Cristo e per il Vangelo. Ai martiri, successivamente, la Chiesa associò vergini e confessori, infaticabili evangelizzatori e generosi operatori di carità. Erano uomini e donne, consacrati e fedeli laici. Si tratta di una schiera imponente di persone venerate come santi, invocate come intercessori, ammirate per ciò che Dio aveva compiuto nella loro vita. Il Catechismo dei bambini ricorda che i santi sono uomini delle Beatitudini, modelli di vita cristiani. Per questo sono “i veri amici di Gesù”. La familiarità con i santi aiuta noi adulti e, in certa misura, anche i bambini a meglio capire e vivere il Vangelo, ad avvicinarci al Signore, a rafforzare la nostra fiducia in Dio, per il quale nulla è impossibile. L’educazione religiosa e morale del bambino ha un valido supporto nella presentazione delle figure dei santi. Il racconto della loro vita, tradotta in fatti semplici e concreti, parla al suo cuore. il sostare dinnanzi a una statua o a una immagine di un santo… la ricorrenza liturgica di un santo popolare o vicino all’interesse del bambino. La presentazione dei santi ai bambini può avvalersi di diversi apporti. Si segnalano alcune possibilità di facile accesso. Catechismo dei bambini. In poche pagine, da 132 a 149, il testo presenta, con un linguaggio semplice e con numerosi disegni, quattro figure note di santi: Francesco d’Assisi, il diacono Stefano, Caterina da Siena, Marta, la sorella di Maria e Lazzaro. I genitori possono leggere insieme al figlio queste pagine e arricchirle con qualche commento. Un coro di santi. Piccoli e grandi amici di Gesù. È un testo agile, offerto nella sussidiazione di questa terza fase (III. B 18). In esso trovano posto brevi ed essenziali biografie di alcune figure di santi più popolari o legati alle nostre terre. Il testo è destinato ai genitori che potranno scegliere e presentare alcuni santi: uno dei genitori racconta, il figlio ascolta e colora. Pubblicazioni. L’editoria italiana offre numerosi testi di vite di santi dedicati ai bambini. Sono strumenti validi ai quali si può ricorrere con facilità. Per orientare i genitori, si suggeriscono in “Orientamenti bibliografici” (III. B 20) alcune pubblicazioni per particolari figure di santi. Proposte I genitori nel parlare dei santi al figlio possono fare riferimento ad essi in diverse occasioni: la festa patronale, l’onomastico del figlio o di un famigliare, - 73 - C. INCONTRI CELEBRATIVI - 74 - legami nella famiglia, dà serenità al bambino e lo aiuta a sviluppare la sua preghiera. Premessa In questa età il bambino è ancora incapace di un pensiero logico astratto. La sua mente, ricca di immaginazione, sa trasformare una bambola in una regina, sassolini in confetti… una scopa in una spada. La sua capacità immaginativa è connessa all’ambiente in cui vive, al rapporto con le persone che ama e stima, alla possibilità di esprimersi e di agire. Aiutato dalla sua immaginazione, il bambino scopre e impara più facilmente grazie a gesti e attività che compie, a oggetti, segni e immagini che vede e tocca. Se si asseconda il suo bisogno di esprimersi e di relazionarsi, il bambino, grazie anche alla sua capacità immaginativa, vive la sua quotidiana esistenza come esperienza celebrativa: il gioco, il disegno, le attività manuali, ma anche il rito del alzarsi e del andare a letto, il pasto consumato insieme, l’incontro con papà e mamma che rientrano a casa, il raccontarsi… la passeggiata con i genitori. Valorizzando l’esistenziale dimensione celebrativa di quest’età si possono promuovere specifiche esperienze e momenti celebrativi idonei a introdurre il bambino nel mondo religioso, a favorire la sua crescita spirituale, a familiarizzarsi con i segni che indicano la presenza di Dio e, inizialmente, con quelli della liturgia. A questo scopo vengono offerti essenziali suggerimenti per proposte celebrative religiose in tre distinti ambiti: celebrazioni domestiche, celebrazione eucaristica, celebrazioni comuni. I. CELEBRAZIONI DOMESTICHE L’elenco dei possibili momenti celebrativi in famiglia è indicativo. I limitati suggerimenti per ogni proposta possono essere arricchiti e meglio concretizzati nella riflessione dei catechisti con i genitori, ai quali compete la scelta di privilegiare e di attuare le iniziative più idonee alla situazione familiare. 2. Attorno alla mensa Sedersi attorno alla stessa tavola è momento di comunione, di gioia e di festa. Esso è sempre più difficile. Per molte famiglie la cena è l’unico pasto comune. Il clima di serenità, il dialogo, la condivisione della mensa sono in sé un’esperienza celebrativa. Questa è spiritualmente arricchita dalla preghiera che precede il pasto. Si può ringraziare il Signore del cibo, del trovarsi insieme…di chi lo ha procurato o preparato. Si può pregare per coloro che non possono disporre del nutrimento necessario o di un pasto fraterno, come le persone sole, ammalate, senza fissa dimora. Il fratello maggiore potrebbe recitare un’apposita preghiera, alla quale anche il più piccolo potrebbe aggiungere una breve intenzione. L’uno o l’altro genitori, poi, invoca la benedizione sul cibo. 3. Giorno del Signore La domenica è giorno di riposo, di festa, ma anche di una maggiore vicinanza al Signore. Possono essere numerosi segni per aiutare il bambino a riconoscere che la domenica è un giorno diverso e particolare: da una sveglia ritardata alla possibilità di andare nel lettone dei genitori, dalla prima colazione consumata con tutta la famiglia al pranzo più curato, dal vestito nuovo a un tempo più prolungato con i genitori per giocare, parlare, raccontarsi. È educativo per il bambino uscire con i genitori non per trascorrere qualche ora in un supermercato, ma per una passeggiata in mezzo alla natura dove ammirare bellezze e lodare il Signore, o per una visita ad amici, a un parente anziano, ad una persona ammalata. In particolare, il “Giorno del Signore” dovrebbe essere scandito sia da una progressiva partecipazione con i genitori all’Eucaristia e sia da uno specifico momento di preghiera comune all’inizio della giornata: insieme si invoca il Signore, lo si ringrazia della vita, delle persone che ci vogliono bene, si prega per chi non può fare festa… Questa breve preghiera domestica potrebbe essere di volta in volta sottolineata con un segno religioso: la Bibbia illuminata con una candela, il crocifisso posto al centro del tavolo con fiori… la lettura di uno o due versetti del Vangelo domenicale. 1. Benedizione serale Per il bambino è il momento conclusivo della sua giornata. Prima di addormentarsi, possibilmente entrambi i genitori accompagnano il piccolo con un breve momento celebrativo: una preghiera in comune, un saluto ad un’immagine religiosa, il segno di croce sulla fronte, il bacio della buonanotte. Questa breve esperienza, ripetuta e vissuta con semplicità, arricchisce i 4. Corona d’Avvento L’attesa del Natale, vissuta in famiglia nelle quattro settimane di Avvento, può essere aiutata con il segno della “corona” d’Avvento costruita in casa: un inserto di ramoscelli di pino o di foglie sempre verdi, sul quale vengono predisposte quattro candele. Nella prima settimana si accende una candela, - 75 - - 76 - nella seconda due, fino all’accensione di quattro candele nell’ultima settimana. Il rito dell’accensione delle candele può essere valorizzato tutti i giorni o qualche volta durante la settimana ed essere associato alla preghiera della sera: all’inizio le candele sono accese dai genitori, al termine della preghiera sono spente dal bambino. Ogni settimana l’accensione delle candele potrebbe essere arricchita con una frase tratta dalle letture della domenica. A titolo esemplificativo si suggeriscono alcune frasi adatte anche ai più piccoli. Prima settimana: “Signore, indicaci la tua via, perché possiamo camminare sulla giusta strada” (cfr. Is 2,3). Seconda settimana: “Il Signore, come un pastore, raduna le pecore e porta in braccio gli agnellini” (cfr. Is 40,11). Terza settimana: “Il Signore viene a salvarci: apre gli occhi ai ciechi, guarisce i sordi, fa camminare gli zoppi, elimina il pianto, porta la gioia” (cfr. Is 35, 4-10). Quarta settimana: “L’angelo Gabriele si recò da Maria, la Madonna, e le disse: «Tu avrai un figlio e lo chiamerai Gesù. Egli è il Figlio di Dio»” (cfr. Lc 1,31-32). 5. Presepio in famiglia È una tradizione diffusa nella nostra terra. Il presepio, che parla anche ai bambini, è da preferire all’albero di Natale. L’allestimento del presepio, realizzato con il concorso dei più piccoli, è una privilegiata occasione per tutta la famiglia a entrare nel mistero del Natale. Man mano che procede la costruzione del presepio, si può spiegare ai piccoli il ruolo dei vari personaggi: Giuseppe, Maria, Gesù bambino, gli angeli, i pastori, Erode…i Magi. La sera di Natale attorno al presepio si può leggere il racconto evangelico della nascita di Gesù utilizzando la pagina del Catechismo dei bambini42, oppure il testo di Luca 2,1-20. 6. Verso la Pasqua Anche i bambini, a loro modo, possono vivere il tempo della Quaresima in famiglia con l’aiuto dei genitori. Per i più piccoli la Quaresima può essere il tempo di una prima conoscenza e incontro con Gesù, vero amico che si prende cura della persone, guarisce, perdona e dona la vita. A questo scopo in ognuna delle cinque settimane di Quaresima e nella Settimana Santa si può riservare una sera per richiamare un episodio significativo di Gesù. Indicativamente si suggeriscono alcuni passi evangelici da utilizzarsi dalla prima alla sesta settimana: Gesù che sfama la folla (Mt 14,15-21), che va in cerca della pecorella smarrita (Lc 15,4-7), che entra nella casa di Zaccheo (Lc 19,1-10), che ridona la vista al cieco nato (Gv 9,1 e 6-7), che risuscita il figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-17), infine, ponendo al centro la croce quale albero di vita, Gesù buon pastore che dà la vita per le sue pecorelle (Gv 10,1- 15). Al racconto biblico è bene far seguire una piccola preghiera. Potrebbe essere opportuno, inoltre, per educare alla solidarietà, invitare tutti, anche il bambino, a una piccola rinuncia che può diventare, anche se modesta, una somma di denaro. Essa può essere devoluta per la fame nel mondo, per un aiuto a chi è povero o ammalato, per un’adozione a distanza. Da ultimo, al pranzo di Pasqua, si può leggere il breve racconto della risurrezione riportata nel Catechismo dei bambini43 e spiegare che la Pasqua è una grande festa, perché Gesù è risorto e vive per sempre. 7. Celebrare la Parola In questa età i genitori hanno la missione di introdurre il bambino ad un primo incontro con personaggi ed episodi biblici, con fatti della vita di Gesù e con parabole evangeliche. I genitori possono fare riferimento ai racconti dell’Antico e del Nuovo Testamento proposti nel gruppo di riflessione, scegliere altri indicati nel Catechismo dei bambini, o richiamati da feste liturgiche, oppure suggeriti dalla loro sensibilità religiosa. L’esposizione in famiglia di episodi biblici può talvolta configurarsi come una piccola “celebrazione”, scandita possibilmente da un triplice sviluppo. Anzitutto il racconto fatto da un genitore. Oltre a un linguaggio idoneo ai piccoli, sono fondamentali l’atteggiamento spirituale di rispetto e stupore di chi espone, l’opportuna partecipazione di tutti i membri della famiglia, il clima di ascolto. Successivamente il bambino è invitato a ridire la Parola. Può esprimerla a voce, oppure colorando e commentando disegni o immagini riferite al brano esposto. Qualche volta non è da escludere una “rappresentazione” dell’episodio biblico con il coinvolgimento diretto del bambino e dei famigliari. È un modo semplice per riascoltare il brano biblico e, in certa misura, per commentarlo e riviverlo. Da ultimo si dovrebbe dare spazio alla preghiera nella sua espressione di lode, di ringraziamento, di richiesta di aiuto e di perdono. L’esempio degli adulti diventa un silenzioso invito per il bambino ad una sua spontanea invocazione. 8. Compleanno del bambino In primo luogo esso è una festa familiare. Come suggerisce il Catechismo dei bambini44, alla data della nascita è opportuno unire quella del battesimo. Le due feste sono così riunite in una celebrazione sobria e serena, che può essere sottolineata con alcuni segni. Si propone di accendere sulla torta due candele, una per ricordare il giorno della nascita, l’altra quella del battesimo. 43 42 CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, p. 88 44 Ivi, p. 104 Ivi, n. 194 - 77 - - 78 - Si suggerisce, inoltre, ai genitori, di leggere una lettera al bambino nella quale, scritta per l’occasione, si accenna alla gioia per il suo arrivo, alla festa per il suo battesimo, ai momenti belli e anche a qualche difficoltà, all’amore che nutrono verso di lui. Si consiglia in quel giorno o successivamente di fare una visita al battistero per deporre un fiore e ringraziare il Signore. Sprechi e incomprensibili regali sono un ossequio al consumismo e, sovente, al formalismo. Se si ritiene opportuno allargare la festa ai compagni del bambino, essa, dovrebbe caratterizzarsi come un momento di fraternità e di gioco spontaneo, affinché tutti insieme possano esprimere la loro gioia di vivere. Sarebbe opportuno, secondo il Catechismo dei bambini, che i genitori si ponessero la domanda: “Perché non invitare i bambini che non hanno né genitori né casa? Chi farà loro festa?”45. condividendo i principali gesti e segni dell’assemblea: il segno della croce, il canto, l’ascolto, il silenzio, inginocchiarsi, stare seduti… in piedi. Durante la raccolta delle offerte anche il bambino potrebbe deporre la moneta data dai genitori e, talvolta, frutto di una sua rinuncia. Nella processione offertoriale è bene coinvolgere a turno alcuni bambini che recano un fiore, un lumino… un disegno. Per la recita del Padre Nostro il celebrante potrebbe invitare tutti i bambini attorno all’altare. Con essi, poi, scambia il segno della pace e li invia a portare la pace a tutta l’assemblea. I bambini non possono ricevere la comunione, ma insieme ai genitori, oppure accompagnati da una persona, si avvicinano al celebrante che, non potendo dare ad essi il pane eucaristico, li benedice con un segno di croce sulla fronte. Gradatamente attraverso questi e altri gesti il bambino incomincia a sentirsi parte di un mistero, anche se per lui è ancora incomprensibile, e a familiarizzarsi con i segni che scandiscono la celebrazione eucaristica. Là dove esiste un’adeguata sala adiacente alla chiesa si sta sperimentando l’iniziativa di riunire in essa i bambini durante la proclamazione delle letture. Dopo il Gloria e la preghiera del celebrante, i bambini lasciano l’assemblea e si recano nella sala adiacente dove, su un’apposita tavola, trovano al centro la Bibbia illuminata da una candela. È la luce della stessa Parola che si apprestano ad ascoltare i bambini e gli adulti in chiesa. Ai bambini, accompagnati da due o tre mamme e dagli animatori, viene proclamato il vangelo della domenica. Segue un’idonea spiegazione, che può soffermarsi sui personaggi del brano evangelico o su una frase significativa. Talvolta il brano può essere drammatizzato da alcuni bambini. Altre volte è commentato con alcuni disegni che i bambini possono poi colorare. Il breve incontro potrebbe concludersi con una preghiera fatta dall’animatore e da spontanee invocazioni dei bambini. Occorre fare in modo che i piccoli rientrino nell’assemblea per la preghiera dei fedeli. Attraverso questa iniziativa i bambini sono sollevati dal peso di incomprensibili letture e da una difficile omelia, nello stesso tempo possono a loro misura nutrirsi della stessa Parola degli adulti. 9. Festa del nome Essere chiamati per nome significa essere riconosciuti, accolti, amati, ma anche sentirsi vivi e valorizzati. Per chi ha un nome di un santo, si propone di festeggiare in famiglia l’onomastico. In quest’occasione i genitori possono spiegare al figlio perché hanno scelto il suo nome, come pure accennare alla vita del santo di cui porta il nome e invocarlo insieme. La festa dell’onomastico può essere l’occasione per ricordare al bambino che anche Dio lo conosce e lo chiama per nome. II. CELEBRAZIONE EUCARISTICA Sappiamo che l’Eucaristia domenicale è il centro della vita del cristiano e della comunità parrocchiale. Anche se i bambini non possono ancora accostarsi alla comunione, hanno il diritto di prendere parte all’Eucaristia per essere arricchiti dalla presenza e benedizione del Signore, per sperimentare la fraternità della famiglia parrocchiale, per scoprire gradatamente la ricchezza e il significato della Messa. Si suggeriscono alcune proposte per avvicinare i bambini all’Eucaristia46. 10. Celebrazione domenicale È la celebrazione eucaristica della comunità parrocchiale alla quale prendono parte i genitori con i loro bambini. D’intesa con il celebrante viene opportunamente organizzata una volta al mese. È opportuno che i piccoli in chiesa restino con i loro genitori. I bambini partecipano alla celebrazione Ivi, n. 194 Altri suggerimenti si possono trovare nelle pagine precedenti dedicate al tema “Iniziare i bambini alla messa”, p. 41 45 46 - 79 - 11. Messa delle famiglie È la proposta di celebrazioni eucaristiche solo con i bambini e i loro genitori. Dovrebbe essere un’iniziativa limitata e occasionale: due o tre volte all’anno, possibilmente non di domenica. Queste celebrazioni dovrebbero essere fatte non in un salone parrocchiale, ma in chiesa. Esse hanno lo scopo di aiutare i più piccoli ad una più adeguata comprensione della Messa proposta a loro con segni, gesti, canti e preghiere idonei alla loro età, pur nella fedeltà al rito liturgico. Prima della celebrazione è opportuna una breve spiegazione sui diversi - 80 - momenti e segni della Messa, sia ai bambini in piccoli gruppi e sia ai genitori. Segue la Messa con solo due letture e con l’utilizzazione della preghiera eucaristica dei fanciulli. La celebrazione può essere resa più partecipata con canti idonei, il bacio dei bambini al libro del Vangelo dopo la sua proclamazione, un’omelia dialogata o fatta valorizzando i disegni dei bambini preparati in precedenza, intenzioni di preghiere espresse dai bambini, la processione offertoriale con il coinvolgimento di genitori e bambini… il Padre Nostro recitato dando la mano a papà e mamma. 12. In famiglia La celebrazione eucaristica trova il suo inizio e la sua prima attualizzazione in famiglia. Ciò che il bambino vive in famiglia dovrebbe essere vitalmente legato alla Messa domenicale. L’esperienza di amore, il clima di serenità, i pasti consumati insieme, il dialogo fra genitori e figli, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco, l’ascolto della Parola… la preghiera comune sono gesti e segni che fanno della famiglia una chiesa domestica e che anticipano la celebrazione eucaristica. Nello stesso tempo la famiglia è il luogo di una iniziale catechesi sulla Messa, sia rispondendo alle domande incuriosite del bambino che ha preso parte all’Eucaristia, sia proponendo un’esplicita spiegazione dei segni e gesti della celebrazione. Una proposta semplice e concreta, connessa all’esperienza in famiglia, potrebbe essere quella di collegare segni e gesti domestici a quelli liturgici: tavola e altare, pane quotidiano e pane eucaristico, crocifisso appeso in casa e quello sull’altare, la preghiera insieme in famiglia e quella in chiesa, la Bibbia -libro della Parolaletta in famiglia e proclamata dall’ambone, il papà che spiega al figlio e il celebrante che commenta la Parola, eccetera. A questo scopo può essere utilizzato il quaderno illustrato con disegni da commentare e colorare dai bambini, Coloriamo la nostra messa (III. C 1). feste e sono offerti suggerimenti47. Si rimanda ad essi. Ogni festacelebrazione dovrà essere organizzata tenendo presente tutti i bambini, anche quelli di quattro-sei anni. 14. Celebrazioni religiose Esse sono strettamente legate all’anno liturgico. Intendono coinvolgere più direttamente i bambini e i genitori. Nello stesso tempo sono un’opportunità per gli adulti della comunità, invitati ad accogliere i più piccoli e a vivere con loro momenti liturgici ed ecclesiali rilevanti. In ordine cronologico, da ottobre a giugno, si possono ricordare le celebrazioni più significative: Giornata Missionaria mondiale, Natale, Festa della Santa Famiglia, Solennità dell’Epifania, il Battesimo del Signore, Pasqua, Pentecoste. Anche per queste celebrazioni si rinvia ai suggerimenti proposti nella “seconda fase” della pastorale pre e post battesimale48. Si lascia ai responsabili della comunità insieme ai genitori di scegliere quali proposte celebrative attuare e organizzare operativamente, tenendo presente le esigenze di tutti i bambini sino a sei anni. **** Utili approfondimenti sullo sviluppo psicologico del bambino, su aspetti pedagogici, su orientamenti teologici e catechistici si possono trovare in “Orientamenti bibliografici” (III. B 20). III. CELEBRAZIONI COMUNI Oltre all’Eucaristia domenicale, è bene prevedere altre celebrazioni nelle quali si vedono riuniti bambini, famiglie e fedeli. Esse arricchiscono la comunità parrocchiale e aiutano i bambini a sentirsi sempre più parte viva della famiglia parrocchiale. Alcune proposte hanno una valenza più sociale, altre sono più strettamente religiose. 13. Celebrazioni sociali Le principali sono la festa della mamma e del papà, la festa delle famiglie e la festa dei nonni. Nel sussidio della “seconda fase” sono richiamate queste 47 L’albero dove i piccoli trovano il nido. Seconda fase. Tempo della formazione al senso religioso, pp. 46-47. 48 Ivi, pp. 42-46. - 81 - - 82 - CALENDARIO ANNUALE Incontri formativi e celebrazioni comunitarie INDICE - 83 - LASCIATE CHE I PICCOLI VENGANO A ME p. 3 A. FAMIGLIA SCUOLA DEL VANGELO p. 6 Obiettivi La famiglia scuola di fede e prima palestra di virtù evangeliche Pensiero morale e religioso del bambino: 4-6 anni Formazione morale La prima educazione alla fede Alleanza educativa p. 6 p. 6 p. 7 p. 11 p. 13 p. 16 B. ACCOMPAGNAMENTO DEI GENITORI p. 18 Obiettivi Essere educatori Incontri formativi Proposte p. 18 p. 18 p. 19 p. 19 I. EDUCARE ALLA FEDE E ALLA VITA CRISTIANA 1. Assecondare le attese di Dio Figlio della notte….. 2. Trasmettere autentici valori cristiani Eredità spirituale 3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale Esercizi di volo 4. Educare all’accoglienza Nero no 5. Insegnare a pregare Volare uniti in formazione 6. Introdurre alla Bibbia A scuola del Vangelo 7. Avviare alla fede nella quotidianità Catechesi in pigiama 8. Iniziare i bambini alla messa Una tavola più grande p. 21 p. 23 p. 26 p. 28 p. 31 p. 33 p. 36 p. 38 p. 41 II. LEGGERE INSIEME LA BIBBIA 9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana La casa comune 10. Porre al centro la Sacra Scrittura Il libro della fede 11. Conoscere Gesù Gesù Figlio di Dio 12. Comprendere il dono della creazione Le mani di Dio 13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale Il bambino salvato dalle acque 14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili Il Buon pastore 15. Scoprire la misericordia di Dio La pecorella ritrovata 16. Farsi prossimo Il samaritano buono p. 44 p. 46 p. 50 p. 53 p. 56 p. 59 p. 62 p. 65 p. 69 III. CONOSCERE GLI AMICI DI GESÙ Persone fedeli e generose p. 73 p. 73 - 84 - Proposte p. 73 C. INCONTRI CELEBRATIVI I. CELEBRAZIONI DOMESTICHE 13. Celebrazioni sociali 14. Celebrazioni religiose p. 75 p. 75 p. 75 p. 76 p. 76 p. 76 p. 77 p. 77 p. 78 p. 78 p. 78 p. 79 p. 79 p. 80 p. 81 p. 81 p. 82 p. 82 CALENDARIO ANNUALE. Incontri formativi e celebrazioni p. 83 1.Benedizione serale 2.Attorno alla mensa 3.Giorno del Signore 4.Corona d’Avvento 5.Presepio in famiglia 6.Verso la Pasqua 7.Celebrare la Parola 8.Compleanno del bambino 9.Festa del nome II. CELEBRAZIONE EUCARISTICA 10.Celebrazione domestica 11.Messa delle famiglie 12.In famiglia III. CELEBRAZIONI COMUNI SUSSIDIAZIONE Schede catechistiche (III. B 1…. 16). Sussidio per genitori 1. Assecondare le attese di Dio Figlio della notte ( III. B 1) 2. Trasmettere autentici valori cristiani Eredità spirituale (III. B 2) 3. Sviluppare la coscienza e l’agire morale Esercizi di volo (III. B 3) 4. Educare all’accoglienza Nero no! ( III. B 4) 5. Insegnare a pregare Volare uniti in formazione ( III. B 5) 6. Introdurre alla Bibbia A scuola del Vangelo ( III. B 6) 7. Avviare alla fede nella quotidianità Catechesi in pigiama ( III. B 7) 8. Iniziare i bambini alla messa Una tavola più grande ( III. B 8) 9. Scoprire la chiesa e la comunità cristiana La casa comune (III. B 9) 10. Porre al centro la Sacra Scrittura Il libro della fede ( III. B 10) 11. Conoscere Gesù Gesù Figlio di Dio ( III. B 11) 12. Comprendere il dono della creazione Le mani di Dio (III. B 12) 13. Avvicinarsi a Mosè e al fonte battesimale Il bambino salvato dalle acque (III. B 13) 14. Lasciarci guidare da mani sicure e affidabili Il Buon pastore ( III. B 14) 15. Scoprire la misericordia di Dio La pecorella ritrovata ( III. B 15) 16. Farsi prossimo Il samaritano buono ( III. B 16) Silenzio… Parla Dio (III. B 17 a e B 17 b). Testo per genitori Episodi biblici (III. B 17 a) Personaggi biblici (III. B 17 b) Un coro di santi. Piccoli e grandi amici di Gesù nostri compagni di viaggio (III. B 18) Testo per genitori e figli A mane alzate. Preghiera in famiglia (III. B 19) Sussidio per genitori Orientamenti bibliografici (III. B 20) Sussidio per operatori pastorali, catechisti, genitori Coloriamo la nostra messa (III. C 1) Quaderno per genitori e bambini - 85 - - 86 - Beata la famiglia Beata la famiglia che si raccoglie nella preghiera: resterà fedele al progetto dell’amore del Padre. Beata la famiglia che nella gioia loda il Signore: scoprirà la consolazione la tenerezza dello spirito. Beata la famiglia che sa ringraziare: conoscerà la gratuità dell’amore di Dio. Beata la famiglia che custodisce la Parola del Signore: su di essa si poserà la benevolenza di Dio. Beata la famiglia accogliente ed ospitale: potrà riconoscere nel prossimo il Volto di Dio. Beata la famiglia che si apre al servizio dei fratelli: il Signore le darà la sua gioia e la sua pace. Beata la famiglia che usa misericordia: conoscerà la gioia del perdono e dell’accoglienza. Beata la famiglia che resiste alle lusinghe del conformismo: vivrà nella libertà e nella pace. Beata la famiglia che si apre alle altre famiglie: diventerà Chiesa che cammina verso il Regno. Beata la famiglia che sa accettare fatica e sofferenza: diverrà feconda come il chicco di frumento. Beata la famiglia fedele nelle piccole cose: troverà nel quotidiano la ricchezza di una storia. - 87 -