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Nessuno toccherà l`8 per mille
12 PRIMO PIANO Martedì 2 Dicembre 2014 La Corte dei conti ha individuato degli abusi clamorosi che dovrebbero essere corretti Nessuno toccherà l’8 per mille Solo i mormoni rifiutano le quote di chi non ha scelto DI È CESARE MAFFI facile prevedere l’esito della deliberazione assunta dalla Corte dei conti (Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato) su Destinazione e gestione dell’8 per mille dell’Irpef. Abbiamo avuto un’immediata eco mediatica, ma non seguirà alcuna modifica legislativa. Il governo non avvierà contatti con la Chiesa cattolica e le confessioni religiose con le quale sono state stipulate intese, per rivedere le gravi distorsioni che permangono nelle norme regolatrici dell’otto per mille. Lascerà vivere lo status quo. Eppure la relazione è chiarissima: è distorsivo dei fini dell’8 per mille il principio che regola le scelte non espresse. Infatti i due quinti dei contribuenti indicano la destinazione dell’8 per mille, ma la ripartizione riguarda l’intero universo dei contribuenti. La relazione, peraltro, non si sofferma su un particolare sicuramente non privo di significato: di- versamente dal 5% (ciascun contribuente indica la destinazione del proprio 5%), la ripartizione dell’8 per mille non è effettuata contribuente per contribuente: si tratta, in concreto, di un referendum, in cui ciascun contribuente vota. Basta pensare che cosa succederebbe se il 5% fosse ripartito secondo gli stessi princìpi applicativi: l’intero 5% dell’Irpef sarebbe suddiviso fra le migliaia di enti destinatari, sulla base del numero delle adesioni espresse. Correttamente la Corte dei conti ricorda poi la mancata conoscenza, di fatto, da parte dei contribuenti sul destino della propria mancata scelta. Vi aggiunge il disinteresse sempre mostrato dallo Stato nel pubblicizzare le potenziali scelte a proprio favore (è un tema, come svariati altri, sui quali tanto ricorrentemente quanto invano si sono nel corso degli anni espressi i radicali). Rileva, ancora, che già nel lontano 1996 la parte governativa della (inutile, va detto, se non dannosa) commissione paritetica Italia-Conferenza episcopale italiana, aveva ri- levato l’incremento eccessivo delle somme distribuite con l’8 per mille, salvo poi starsene zitta. Ricordando che si parla di somme negli ultimi anni mediamente intorno al miliardo e 300 milioni di euro (un miliardo dei quali a favore della Chiesa cattolica), la Corte ammonisce sulla mancata partecipazione di numerose confessioni religiose alla ripartizione, anche per la lentezza governativa e parlamentare nell’approvare le intese costituzionalmente previste. Va notato che soltanto pochissime confessioni (i mormoni, per esempio) rifiutano di partecipare alle quote di chi non esprime scelte. Sono tutti argomenti che dovrebbero portare il mondo politico ad avviare un profondo ripensamento dell’8 per mille, ma è evidente che gli interessi consolidati, sia del più grande fruitore, sia delle minori chiese, bloccheranno qualsiasi iniziativa (ammesso che vi sia qualcuno che si attivi). Così la deliberazione della magistratura contabile passerà agli atti. © Riproduzione riservata IL SOTTOSOPRA DI FILIPPO MERLI Lo slogan di Salvini è: «Botte per un gran botto elettorale» DI M FILIPPO MERLI oriremo leghisti. Se è meglio o peggio che morire renziani, dovete deciderlo voi, dato che io non sono riuscito a votare alle Regionali dell’Emilia Romagna perché, quando sono arrivato al seggio, ho trovato una fila interminabile di astenuti (chiedo scusa al candidato presidente della lista Liberi Cittadini, Maurizio Mazzanti, a cui avevo promesso l’unico voto: perdonami, Maurizio, non ce l’ho proprio fatta). Comunque, morire leghista non dev’essere poi così male. Un colpo secco e via: una sassata da un capellone dei centri sociali, un destro da un nomade, una fucilata da un fervido sostenitore dell’euro. L’importante è andare a cercarsela e provocare chi odiamo di più sui temi a lui più cari. alla provocazione, e cioè se ci tirano dietro un vaso di gerani e un cartone di Tavernello, significa che siamo sulla strada giusta e che stiamo raccogliendo i primi consensi tra gli elettori (regola fondamentale: ogni volta che verrete minacciati o aggrediti, riprendete tutto col telefono e postate il video su Facebook e Twitter, o almeno, prima di agire, assicuratevi che ci sia un giornalista nei paraggi, altrimenti è fatica sprecata). Certo, all’inizio potremmo trovare qualche pacifista che porge l’altra guancia e non accenna alla minima reazione, ma sono i rischi del mestiere. D’altronde capita anche ai più grandi: Silvio Berlusconi, per esempio, è entrato al Nazareno (la provocazione suprema, l’onta definitiva), tutti s’aspettavano che fosse preso a fischi e insulti, e invece è uscito con un accordo per le riforme. Anche i fallimenti aiutano a crescere, vale lo stesso per noi “Botte per il botto elettorale», Matteo Salvini virgulti padani. Quindi, da questo questo dev’essere lo slogan di Matteo Salvini, e noi tutti ci dobbiamo ade- momento, cominciate a fare un po’ d’esperienguare. Ovviamente, da leghisti inesperti, non za: andate all’ospizio e date dei morti in piedi è che possiamo andare in un campo rom a dire agli ospiti, trovate un napoletano qualunque e ai rom che devono andare fuori dai coglioni, né dategli del terrone, cercate un omosessuale e tanto meno possiamo cambiare strada nella ditegli che è un ricchione. Quando penserete speranza di trovare qualche giovane sessan- di aver fatto abbastanza esperienza, ecco, solo tottino che ci salti sulla macchina. Noi leghi- allora, potrete tentare di riuscire laddove Bersti della seconda ora dobbiamo fare un po’ di lusconi ha fallito: andate al Nazareno, entrate gavetta. Io comincerei con l’andare dal fioraio nell’ufficio di Renzi e dategli del comunista. a dirgli che i suoi gerani fanno schifo, oppure Se Renzi inizierà a tremare, se avrà gli occhi potremmo andare da un barbone e dargli del iniettati di sangue e tenterà di colpirvi con l’agenda dei mille giorni, sarete pronti per poveraccio. morire leghisti. Se la reazione è uguale e proporzionata © Riproduzione riservata CARTA CANTA I Denegri nell’arte e nella ristorazione DI ANDREA GIACOBINO I mmobiliare, finanza, arte e alimentare sono i business sui quali ha voluto diversificare la famiglia torinese dei Denegri, proprietari della quotata Diasorin. Le scelte di allargamento del portafoglio sono testimoniate nel bilancio 2013 della Finde, cassaforte di famiglia presieduta da Gustavo Denegri (presidente anche di Diasorin) che evidenzia i 3,7 milioni di euro investiti dalla controllata Compagnia Immobiliare Banchette per realizzare un centro commerciale alle porte di Ivrea e lo sviluppo di altre iniziative nel real estate ad opera della subholding Aurelia che ha ceduto anche una quota in una centrale idrolettrica. I Denegri hanno poi aumentato gli investimenti in fondi, che ora valgono 19 milioni, puntando in particolare 7,6 milioni su un prodotto Jp Morgan. Gli investimenti in arte e ristorazione sono invece concentrati in una collezione d’arte contemporanea e nella controlla Risorgimento attraverso la quale i Denegri hanno rilevato dal fallimento lo storico ristorante torinese Del Cambio, rilanciando il locale assieme a due soci “tecnici” di minoranza, l’amministratore Daniele Sacco e il gastronomo Fabio Gallo. La passione per il business alimentare è testimoniata anche dall’attività di agriturismo e coltivazione vinicola che la famiglia esercitano da anni a Moncalvo d’Asti con la Cascina Orsolina che si estende su 14 ettari di vigneti e che lo scorso anno è stata ricapitalizzata per 300 mila euro. Per il resto la Finde ha chiuso il bilancio ordinario con un utile di 12,1 milioni, mandato tuto a riserva e triplicato dai 4,6 milioni di profitto del 2012, grazie ai 14 milioni di cedola distribuiti dalla controllata Investimenti e Partecipazioni, che possiede il 44% di Diasorin. Il consolidato di Finde registra ricavi per 436 milioni, in linea col 2012 e un significativo incremento dell’utile passato anno su anno da 83 a 96,1 milioni, con un ebitda in progresso da 167,7 a 175,5 milioni e un ebit salito da 138,2 a 146,7 milioni. Il patrimonio netto è progredito da 445 a 512 milioni a fronte di un attivo totale di 645 milioni e la posizione finanziaria netta positiva è migliorata da 53 a 61,4 milioni. Promotori finanziari, quote più basse Buone notizie per i promotori finanziari che nel 2015 pagheranno decisamente meno nel 2015 per la iscrizione all’albo. L’assemblea dell’Organismo per la tenuta dell’Albo dei promotori finanziari (Apf) ha infatti deciso di ridurre il contributo obbligatorio per il prossimo anno a 85 euro dai 91 euro pagati nel 2014. L’assemblea ha inoltre convalidato l’attuale importo dei contributi “una tantum” per l’iscrizione all’albo (300 euro) e alla prova valutativa (100 euro). Le associazioni Abi, Anasf e Assoreti che compongono l’Apf presieduto da Carla Rabitti Bedogni hanno espresso piena soddisfazione per i risultati di bilancio prospettati e per il nuovo contributo a che rappresenta il valore più basso richiesto ai promotori da quando Apf è operativo. La diminuzione del contributo, infatti, si deve all’ottimo 2014 spinto dal crescente ingresso dei bancari nella professione, che rappresenta un anno record per l’Organismo presieduto da Carla Rabitti Bedogni, con riferimento sia al numero di iscrizioni (5.610, nel 2013 erano state 4.696) che al numero dei candidati risultati idonei (2.070, nel 2013 erano stati 1.689). L’assemblea, inoltre, ha approvato l’impegno dell’Organismo a realizzare progetti che rispondano a logiche di utilità, di servizio e di economicità: comunicazione mirata all’educazione finanziaria dei risparmiatori e alla valorizzazione del ruolo del promotore finanziario; digitalizzazione dei servizi a favore degli iscritti e degli aspiranti promotori sul portale www.albopf.it e ricerca costante di fonti di efficienza operativa. © Riproduzione riservata