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Liberalizzazioni un passo avanti. Ricordiamocene

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Liberalizzazioni un passo avanti. Ricordiamocene
P_50_52 De Benedetti
18-01-2007
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Liberalizzazioni un passo avanti. Ricordiamocene però quando toccherà ai sindacati – Franco Debenedetti
Il Governo ha segnato un punto
d’immagine a suo favore. Ma per stabilizzare
questa linea occorre stare davvero dalla parte del
consumatore. Bersani non dovrà aver dato più
taxi, ma più potere ai consumatori di sbattere la
porta in faccia ad un’assicurazione o a una banca.
Dovrà dimostrare, cioè, di aver dato più libertà.
La sinistra deve capire che ottenere l’eguaglianza
con lo strumento fiscale è una soluzione poco
efficiente, fonte di ingiustizia fiscale
Liberalizzazioni un passo avanti.
Ricordiamocene però
quando toccherà ai sindacati
Decreto Bersani: intervista con Franco Debenedetti
isogna vendere il pacchetto-Bersani come un pacchetto di libertà.” In Valtellina per gli “Incontri riformisti” di Libertà Eguale - il seminario annuale dell’associazione che presiede insieme a
Michele Salvati, Enrico Morando e Roberto Vitali - l’ex senatore ds Franco Debenedetti discute con Critica Sociale di liberalizzazioni, di come dare senso politico al provedimento Bersani, di come fare giustizia sociale introducendo il merito nelle università. E, naturalmente, di Partito Democratico.
Senatore Debenedetti, il governo Prodi esordisce con il provedimento sulle liberalizzazioni, ormai il tema di conversazione più gettonato dopo le vicende della nazionale. La sensazione è di una svolta “storica”di cultura politica. Cosa ne pensa?
Prima osservazione: il governo, con
questa proposta, si è rafforzato. Nonostante l’iniziativa Bersani vada contro alcuni
interessi organizzati, come quelli dei tassisti, eroi eponimi di questa vicenda insieme
a farmacisti e ordini professionali, dal punto di vista politico il governo ha marcato
un punto. Ha conquistato il consenso non
interessato, credo sincero, di alcune parti
dell’opposizione. Ha messo in difficoltà l’opposizione verso l’opinione pubblica: che
non può non fare il confronto con quello
che ha fatto il governo Berlusconi nei primi mesi, occupandosi di conflitto di interessi e, sostanzialmente, di problemi che riguardavano il presente e il passato del Cavaliere. Soprattutto ha rafforzato l’immagine del governo che era stata abbastanza
scossa dalle divisioni su politica internazionale, su Afghanistan, sulla manovra economica nel suo complesso.Quanto ha fat-
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to questo Governo, con i provvedimenti
Bersani, ha certamente conseguenze sul
piano economico, quantificabili in termini
di risparmio annuo per persona, di aumento del PIL, ma soprattutto hanno un significato politico, o meglio il significato di una
politica: voler mettere al centro il cittadinoconsumatore. Come fare a stabilizzare questo successo? Prima di tutto, continuare sulla strada che è stata imboccata. Con questo
provvedimento il governo ha sparigliato le
carte. Ora, perché questi provvedimenti diventino esecutivi, ci saranno discussioni,
confronti, correzioni. Il governo, per vincere, dovrà rafforzare le ragioni per cui ha
agito; dovrà rendere ancora più evidente la
scelta politica di fare del consumatore l’oggetto principale dell’azione del governo. E
quanto più lo farà per far passare questi
provvedimenti, tanto più si troverà impe-
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gnato quando sarà la volta delle liberalizzazioni che toccano gli interessi costituiti e organizzati vicini al governo, in particolare gli
interessi sindacali, o gli interessi confidnustriali. Quando si comincerà a discutere delle grandi centrali sindacali, a cominciare
da quella del pubblico impiego. O quando
si parlerà di energia, degli scandalosi profitti concessi con il Cip6, il sistema di incentivazione dell’energia pulita che nell’ultimo
anno di rilevazione è costato al sistema più
di 5 miliardi di Euro.
Tornando alle osservazioni iniziali, la
prima considerazione sul provvedimento
per le liberalizzazioni è il rafforzamento
politico del governo. E la seconda?
La seconda è legata sempre alla stabilizzazione del successo, al modo di “incassare” il successo. Immaginiamo di essere
alle prossime elezioni. Il decreto sulle liberalizzazioni sarà stato da anni convertito
in legge, le regioni e gli altri enti locali
avranno fatto i regolamenti attuativi; le proteste dei tassitsi, delle assicurazioni, degli
ge solo delle code. Dovremo fidarci solo del
ricordo, sperare che il confronto con il passato sia positivo, per raccogliere il successo delle nostre iniziative? Io credo che ci
voglia un messaggio più forte: bisogna “vendere” le lberalizzazioni, di cui il pacchettoBersani è la prima tranche, come qualcosa
che ha aumentato la libertà del cittadino.
Quinid non “io ho dato più taxi” ma ho dato più libertà a chi vuole fare il tassista di
farlo, e a chi è tassista di lavorare quanto e
come vuole. Ho dato libertà di chiudermi la
porta alle spalle di un’assicurazione di cui
non sono soddisfatto. Se ci fosse libertà, perché mai gli italiani, che pure hanno le assicurazioni più care d’Europa, stanno in
media fedeli alla stessa compagnia per 12
anni prima di cambiare, mentre i tedeschi
solo 4 e gli inglesi addirittura 2? Io ho dato
la libertà di cambiare banca senza dover pagare un costo per la chiusura del conto. Ho
dato libertà di scegliere. Mettere al centro
il consumatore significa molto di più che
fornirgli più servizi, significa dargli più li-
ordini professionali saranno rientrate: il decreto Bersani sarà un lontano ricordo. Avremo più tassì, i turni dei tassisti saranno liberalizzati; ci saremo abituati a nuove figure professionali, i promotori multicarta,
che avranno aumentato maggiore concorrenza tra le assicurazioni, gli ordini professionali saranno più aperti ai giovani. Il consumatore, tra cinque anni, quando voterà,
si ricorderà di come era prima, apprezzerà
il cambiamento? Non è detto: se sono a New
York, è venerdì sera, piove, devo andare in
aeroporto, e il taxi non lo trovo, impreco e
trovo che a New York ci sono troppi pochi
taxi. Non penso che se ci fosse sempre un
taxi all’angolo della strada, ci sarebbe uno
spreco di risorse non impiegate che qualcuno dovrebbe pagare. E’ come per le code negli esami medici: aspettare mesi e mesi è
intollerabile, ma se non ci fosse coda vorrebbe dire che c’è della capacità inutilizzata, e
questo è un costo per tutta la comunità. Le
code sono necessarie per regolare la domanda, ed evitare sprechi: ma la gente si accor-
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sere misurati e selzionati per confronto? I
professori universitari sono parte della classe dirigente del Paese, influenzano l’opinione pubblica. Credo però ci siano più tassisti che professori universitari e che se non
si affronta questo problema, tutti gli altri argomenti, l’equità, la parità di condizioni di
partenza ecc, rimangono argomenti vani.
Incominciamo da lì. Incominciamo da alcune università.
Rispetto a questo però, il governo Prodi promette poco…
Cito un ex collega, ancora senatore, lasciando a lui la responsabilità dell’esattezza di quello che dico. Nel programma dell’Unione c’è scritto che ci sarebbe stata la liberalizazzione delle licenze dei taxi, e c’è
scritto che ci sarebbe stata la possibilità di
vendere al banco dei supermercati prodotti farmaceutici che non necessitano la ricetta. In entrambi i casi, dal programma si
è passati alla concreta azione di governo.
Ed in entrambi i casi la gente è dalla parte
del governo. Questa è la dimostrazione del
fatto che se la politica riesce a toccare i temi che interessano la gente, la gente risponde. La politica è noiosa se parla di cose noiose ma se parla di cose che toccano la gente,
la gente non si gira dall’altra parte. Naturalmente ci vuole coerenza, e bisogna mantenerla nel tempo perché si fa presto a dire
“predichi una cosa e ne razzoli un’altra”…
Rispetto a questo, ritiene il dibattito in
corso sul Partito Democratico capace di coinvolgere anche persone non direttamente
legate alla politica?
Il dibattito sul Partito Democratico lo
vedo come un ponte in salita che collega
due argomenti, uno molto alto e l’altro più
terra terra. Quello alto è il ragionamento
che fa Michele Salvati. C’è un valore aggiunto nel considerare quello che ci unisce, le aspirazioni ideali che ci uniscono nel
modo di vivere nella società, di intendere i
rapporti dei cittadini tra di loro e dei cittadini con la società. C’è quindi un vantaggio a mettere insieme le forze per poter
guardare, con forza accresciuta, a come in-
bertà. L’attenzione per il consumatore significa attenzione per la libertà dell’individuo. Mettere al centro la libertà dell’individuo: solo così la politica di liberalizzzazione si trasforma in consenso duraturo.
Questo significa più libertà di impresa,
meno norme, meno vessazioni fiscali…
Le faccio un esempio, che non è mio
ma di Pietro Ichino. Supponiamo che un
imprenditore voglia lanciare una nuova iniziativa, e che cerchi lavoratori disposti a
scommettere insieme a lui e a condividere
in parte rischi e benefici: accettare una paga inziale ridotta contro il diritto ad un guadagno nettamente maggiore in caso di successo. Fatti salvi certi limiti, per quale motivo questo non deve essere possibile? Per
quale motivo non dovremmo consentire
spazi di libertà? Non dobbiamo essere sempre quelli che fanno le regole, che dicono cosa puoi fare e cosa non puoi fare.
Il parametro della libertà come retorica della nuova sinistra?
Questa è una discussione che da sempre accompanga la sinistra. Non sono passati molti decenni da quando la sinistra svalutava le libertà borghesi dicendo che erano la libertà della borghesia, non le libertà
di tutti. Perché non c’è libertà teorica quando manca la capacità di accesso. Da qui le
teorie sull’uguaglianza delle posizioni di
partenza. E’ anche merito della sinistra se
ormai è un dato acquisito da tutti che vera
libertà si ha quando la possibilità di scelta
non è solo teorica ma reale. Ciò su cui ci si
divide è su come farlo. Ormai è acquisito anche a sinistra che il fisco non é uno strumento di redistribuzione. Mentre sussitono casi in cui il fisco lavora al contrario:
l’Università è l’esempio più clamoroso. Ci
riempiamo tanto la bocca della retorica sull’uguaglianza delle posizioni di partenza,
sulla progressività delle imposte, ma lasciamo che siano i poveri, che non mandano i
lori figli all’università, a pagare le tasse per
i figli dei ricchi. Parliamo di merito, ma nelle Università come fanno a promuovere il
merito professori che non accettano di es6. Colloqui italo - britannici [
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cidere su questi temi. Dall’altro lato, c’è un
aspetto molto più prosaico del dibattito in
corso sul Partito Democratico: la spinta, da
parte di chi non è nella politica, per entrare nella politica al posto di chi la occupa attualmente. Scusate la brutalità! Ma nella
spinta della società civile c’è quello cui ha
dato voce Nanni Moretti con i girotondi.
C’è una mozione di sfiducia verso l’attuale
classe dirigente che, giustamente, è vista
come il vertice di una struttura piramidale che deve essere messa tutta in discussione, nel suo modo di formarsi, nel suo modo di selezionarsi, nel suo rapporto con i
cittadini che decidono di occuparsi di politica. Oltre questa sfiducia, c’è anche l’aspirazione, legittima, di sostituirsi a loro. C’è
quindi un problema di ricambio di classe dirigente e del come cambiare le strutture affinché questo ricambio possa avere luogo.
Credo la tensione sia tra quei due estremi.
Il primo, secondo me, è ad un livello troppo “alto” per potere orientare l’azione politica. Il secondo è contingente e provoca reazioni anche giustificate. E’ facile ironizzare sul fatto che coloro che hanno potere desiderano mantenerlo: il potere è anche la
capacità di tenere insieme tradizioni, abitudini, organizzazioni che esistono. Si sottovaluta il valore delle organizzzazioni, il costo e il tempo per costruirle. Bombardare il
quartier generale? Solo se si hanno a disposizione persone e idee, capacità e fedeltà
per costruire qualcosa di meglio.
intervista a cura di
Simona Bonfante
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