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piccolo popolo ƒievoli ƒiabole ƒrivole

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piccolo popolo ƒievoli ƒiabole ƒrivole
a tutti coloro che sapranno guardare ed ascoltare con la semplicità di cuore di un bambino
testo e musica
di
Domenico Torta
piccolo popolo
ƒievoli ƒiabole ƒrivole
4 brevissime favole musicali
per:
voce recitante, campane tubolari, rastrelli,
cucchiai, cintura, bottiglie percosse,bottiglie insufflate
con la complicità di un’Orchestra d’Archi
e un Quartetto di Legni
Non si esclude, inoltre, la partecipazione straordinaria
dei celeberrimi maestri G. Bizet, L.van Beethoven, W. A. Mozart
durata totale: 30/40 minuti circa
( ogni favola, volendo, si può eseguire come un brano staccato)
“La sinfonia del mondo”
Prologo
Ouverture
(omaggio a Leone Sinigaglia)
I
“L’omino e la vecchia torre”
II
“Le sei principesse”
III
“I tre rastrelli musicanti”
IV
“E un patà!”
Organico: voce recitante, 6 percussionisti-attori , un percussionista,
Orchestra d’Archi e un Quartetto di Legni
Introduzione
Nascere in un piccolo paese di campagna agli inizi della seconda metà del ‘900, significa aver visto buoi e cavalli al lavoro nei campi, le ultime rondini, gli ultimi pesci nei ruscelli, avere ancora
bevuto l’acqua al pozzo e preso parte alle veglie invernali nelle stalle. Un mondo popolato da uomini semplici: miseri e miserabili, contadini e tessitori, divorati poi da una pantagruelica globalizzazione che, a poco a poco, ha portato all’inesorabile scomparsa dell’ “ultimo uomo libero”.
Quel piccolo popolo conosceva bene il significato e la forza della parola: uno sguardo, una stretta
di mano, un contratto! Tutto convergeva e passava attraverso l’oralità: le antiche filastrocche utilizzate dalle nonne per intrattenere ed acculturare i bambini, le favole, le leggende, i canti ed i racconti dei vecchi che descrivevano la guerra con meticolosi dettagli sfuggiti, peraltro, allo sguardo
poco attento dell’egemonia.
Poiché dalla “cultura ad oralità diffusa” dei nostri nonni siamo vertiginosamente precipitati negli
abissi dell’attuale “cultura dell’immagine”, allontanandoci sempre più dalla percezione della
“forma della parola”, sono convinto che, mai come oggi, sia indispensabile uno sguardo a ritroso
seguito da un repentino intervento per il recupero della “memoria” e della “narrazione”.
La voce recitante qui rappresenta “l’oralità” piuttosto che “l’auralità” ed all’interprete si richiede,
quindi, di impersonare un “griot” piuttosto di un “aedo”. La sua voce, ora austera ora suadente, ora
sognante, saprà ricondurre il pubblico, prendendolo per mano, verso il “piccolo popolo” delle
“fievoli fiabole frivole”, accompagnandolo là dove tutto è possibile, dove la musica è di tutti, dove
“pruno e prugnolo” possono convivere senza umiliarsi o svilirsi a vicenda. Così gli oggetti e gli
attrezzi da lavoro, condividendo la scena con gli strumenti dell’orchestra, sapranno dar vita ad una
saga ricca di sorprese e di colori inaspettati.
Questo lavoro giunge, come sintesi, a coronamento di un percorso iniziato anni orsono. Gli innumerevoli “viaggi”, i tanti incontri e i numerosi scambi rappresentano l’unico bordone di questo
estenuante peregrinare. Essendo fermamente convinto che nessuno debba tutto unicamente a se
stesso, sento l’obbligo di ringraziare coloro che mi hanno aiutato e sostenuto durante l’intero iter.
Ringrazio in primis i “miei vecchi contadini”, i miei insegnanti del conservatorio G.Verdi di Torino (soprattutto i maestri Enzo Ferraris, Eros Cassardo, il maestro ed amico Guido Donati che,
più di ogni altro, ha saputo spronarmi a scrivere e raccontare, e il maestro Bruno De Rosa che me
ne ha fornito il pretesto), il regista Sergio Ariotti e la Rai per l’opportunità di realizzare e trasmettere le tredici puntate radiofoniche “Virtuosi senza pretese” andate in onda su Rai Due nell’ormai
lontano 1983. Un grazie particolare lo devo a Febo Guizzi, professore ordinario di Etnomusicologia presso l’Università degli Studi di Torino, che, insieme al suo staff (studenti, dottorandi e dottori) mi ha aiutato a riordinare e valorizzare il materiale raccolto in anni di ricerche rendendo addirittura possibile la realizzazione dell’attuale civico “Museo del Paesaggio Sonoro” di Riva
presso Chieri ultimato nel giugno del 2011. Grazie quindi a Cristina Ghirardini, Dino Tron e, soprattutto, al carissimo ed insostituibile amico Guido Raschieri per il loro operato. Grazie a I Musicanti di Riva presso Chieri, ultimi eredi ed interpreti di quella teatralità popolare, ricca di movenze e gestualità, che un tempo animava la società rurale e ne era parte integrante. Strumentisti,
attori, ma soprattutto cantori ed interpreti di quella cultura contadina ormai in rapida e progressiva estinzione. Con il loro aiuto è stato possibile realizzare gli spettacoli teatral-musicali che ci
hanno consentito, dal 1995 ad oggi, di partecipare ad innumerevoli manifestazioni culturali e ad
alcuni festival di rilievo, in Italia e all’estero. Grazie a Luciano Marocco coautore di numerosi
lavori. Grazie all’accordatore Cesare Gastaldi per la sua consulenza e la sua collaborazione a
selezionare gli oggetti e ad accordare i materiali più disparati. Grazie a Roberto Favretto e ad
Adriano Pertusio, inseparabili amici, preziosi ed instancabili collaboratori. Infine, e non per ultimi, debbo ancora ringraziare i miei alunni con i quali mi sento in debito per ciò che hanno saputo
insegnarmi in questi numerosi anni in cui ho tentato di fare il docente.
Consapevole, inoltre, che l’unico vero autore della cultura popolare è il popolo, sento di potergli
finalmente restituire, almeno in parte attraverso quest’opera, ciò che negli anni ho preso a prestito.
Calasetta, 19 Agosto 2013
(revisione ed integrazioni: Calasetta, Agosto 2014)
Domenico Torta
“La sinfonia del mondo”
voce fuori campo (biblico):
Nell’oscurità della notte dei tempi il suono era libero:
(vento)
libero di volare nel vento,
(mare)
di immergersi nel mare,
(fuoco)
di bruciare nel fuoco,
di spegnersi e rigenerarsi nella pioggia...
(pioggia)
(Paesaggio sonoro: toniche 1 A ) (vedi partitura )
Spuntò così, a poco a poco, l’alba della vita...
(Paesaggio sonoro: toniche 2 B )
Apparvero la fame e la sete
e la mancanza del Sacro si fece sentire:
fu allora che Dio creò l’uomo e il suono divenne rito e magia...
(Paesaggio sonoro: segnali C )
L’umanità imparò ad osservare e a vedere,
ad ascoltare e a sentire,
ad immaginare e a narrare...
Il riflesso di quell’immenso paesaggio fu subito musica.
L’uomo, col tempo, creò gli strumenti per poterla raccontare...
(Paesaggio sonoro: impronta sonora D )
Il narratore (voce recitante) passando dietro all’orchestra raggiunge il proscenio (lato destro del palcoscenico visto
dal pubblico).
6
Perc. att.
5
Perc. att.
4
Perc. att.
3
Perc. att.
2
Perc. att.
1
Perc. att.
Nell’oscurità
della notte dei
tempi il suono
era libero:
libero di volare
nel vento,
20” ca.
anemofono
di immergersi
nel mare,
20” ca.
talassofono
di bruciare
nel fuoco,
20” ca.
pirofono
di spegnersi
e rigenerarsi
nella pioggia...
0”
60” ca.
brocheofono
60” ca.
brocheofono
60” ca.
brocheofono
(cambia strumento)
Paesaggio sonoro A Toniche 1 partitura
20”
30”
40”
30” ca.
bronteofono
40” ca.
talassofono
50”
20” ca.
anemofono
ff
60”
Effettistica:
A
Toniche 1
fig.1
Anemofono - Si tratta della macchina del vento (detta anche eolifono) già utilizzata da G.Rossini, R. Strauss, R. Wagner,
O.Messiaen, M.Ravel, G. Puccini… un tamburo rivestito in tessuto
che viene strofinato, quando l'apposita maniglia viene girata, contro aste di legno o cartone, produce un suono frusciante simile al
vento. (fig.1)
Talassofono - Crivello - È possibile ottenere un ottimo effetto di
risacca utilizzando un crivello da grano (Ø cm. 150 circa), contenente semi di granoturco ben essiccati. Per ottenere un suono prolungato si dovrà porre molta attenzione al quantitativo di semi impiegati perché mentre pochi non produrrebbero l’effetto desiderato,
troppi renderebbero lo strumento addirittura afono. La tecnica esecutiva è simile a quella del Ocean Drum. (fig.2)
Pirofono - Il crepitio del fuoco è un effetto ben noto ai rumoristi
che solitamente lo ottengono stropicciando della carta. Si prepari la
carta idonea allo scopo, quindi precedentemente testata, e si aggiungano bicchierini di plastica (come quelli bianchi da caffè) o/e bottigliette di plastica per poter aumentare a piacere l’effetto del crepitio. (fig.3)
Brocheofono - Si utilizzino 3 lunghi bastoni della pioggia (lung.
cm.200 circa) ricavabili da tubi di plastica (come quelli utilizzati dagli idraulici del Ø di cm. 63 circa) contenenti piselli da seme ben
essiccati. Gli esecutori (tre) dovranno disporsi in fila indiana (fronte
pubblico) ed alternare i loro movimenti con moto rigorosamente ritmico per evitare interruzioni improvvise all’effetto dello scrosciare
della pioggia. (fig.4) Vedi esempio seguente:
Bronteofono - La macchina del tuono (nota tanto ai rumoristi quanto ai percussionisti) consiste in una lastra rettangolare in rame, acciaio, latta o lamiera zincata sottile o di medio spessore e con dimensioni di cm.70 x 100 o 100 x 200. Si possono utilizzare con discreto
successo anche lastre litografiche in alluminio anodizzato o di materiali plastici o sintetici come fogli (di diverso spessore) di poliestere.
Risulta ottimo l’impiego di due lastre: una di maggiori dimensioni
per il rombo del tuono l’altra di minori dimensioni per le saette.
(fig.5)
fig.2
fig.3
fig.4
fig.5
Legenda: Paesaggio sonoro A Toniche 1
anemofono
= si dovrà sentire il sibilo del vento (per quanto possibile) nelle sue
“svariate forme - ciò sarà possibile imprimendo, con la maniglia, diverse
velocità alla ruota.
20” ca.
anemofono
= idem come sopra - aumentando al massimo la velocità (crescendo) negli ultimi 10”.
ff
20” ca.
40”
50”
60”
talassofono
= si dovrà sentire la risacca del mare (per quanto possibile) nelle sue
“svariate forme” - ciò sarà possibile imprimendo diverse inclinazioni al
crivello.
20” ca.
talassofono
= idem come sopra - invertendo ed aumentando il numero delle inclinazioni del crivello (gradatamente negli ultimi 20”).
40” ca.
20”
30”
40”
50”
60”
brocheofono
60” ca.
0”
20”
30”
40”
50”
60”
= l’effetto della pioggia si ottiene inclinando lo strumento (lo “scrosciare” è provocato dalla caduta dei piselli che sbattono
contro gli ostacoli che incontrano sul loro
percorso). NB.: Più si inclina il bastone
maggiore sarà l’intensità dell’effetto e minore la durata.
Per evitare interruzioni di suono i tre esecutori dovranno
imporre un ritmo ai loro movimenti, coordinandosi fra di
loro. (Vedi esempio) Si tenga inoltre presente che per ottenere il crescendo degli ultimi 20” si dovrà accelerare
gradatamente il tempo.
Es
pirofono
= stropicciare la carta con una e due mani - stropicciare il materiale plastico per aumentare qua e là il crepitio cercando di creare un effetto quasi
reale.
20” ca.
= saette - con una mano si azioni o si tenga e si azioni un foglio di poliestere (dimensioni cm.50/70 ca.) o una lastra litografica. Scuotendo la lastra energicamente il suono risulterà secco ed incisivo.
bronteofono
30” ca.
30”
40”
Nell’oscurità
della notte dei
tempi il suono
era libero:
libero di volare
nel vento,
50”
60”
= tuono - con l’altra mano si azioni o si tenga e si azioni una lastra
metallica o di materiale sintetico (dimensioni cm.70/100 ca.). Scuotendo, più o meno velocemente, la lastra sarà possibile ottenere
l’effetto del rombo del tuono, variandone l’intensità e la “tonalità” a
piacere. Negli ultimi 20” si dovrà agire con entrambe le mani per ottenere l’effetto richiesto: tuono e saette in crescendo.
= voce fuori campo del narratore.
Prologo
Il narratore: (rivolgendosi all’intero uditorio)
Prima di dare inizio al nostro racconto mi sento in dovere di leggervi questo breve
messaggio dell’autore:
(rivolgendosi all’orchestra legge)
Esimi professori d’orchestra, chiedo venia se abuserò della vostra generosità e della
vostra pazienza, se oserò trasformare violinisti in sviolinatori, musicisti in musicanti,
se coinvolgerò l’intera orchestra nell’accompagnamento di questi modesti ed improbabili solisti.
(rivolgendosi all’orchestra e al pubblico, smette di leggere ed impersonifica l’autore )
Nel villaggio dove sono nato gli uomini vivevano ancorati alla terra come funghi e
lo spirito della Grande Madre aleggiava supremo su ogni cosa.
Le nostre tribù non conoscevano la musica, anche se la musica spesso dimorava
presso di loro. Quel piccolo mondo antico della mia infanzia era popolato da maghi,
streghe, folletti, spiriti ed affollato da vecchi campanari, da suonatori di pettine e di
cucchiai, da antiche leggende mai scritte che, alla sera, le voci della memoria riportavano in vita accanto al fuoco o sui giacigli dei bivacchi improvvisati tra gli armenti. Nei nostri villaggi non abitavano nobili strumenti musicali, però come in sogno, erano gli attrezzi da lavoro rientrati dalla fatica dei campi, a calarsi per noi in
quel caratteristico ruolo ludico-musicale.
(avanzando sul proscenio si rivolge al pubblico)
Come in natura convivono pruno e prugnolo così accanto al grande albero della cultura egemone crescono e prosperano frutti spontanei, espressioni di un mondo contadino atavico-ancestrale, voci sporadiche che si levano flebili, e dai più quasi impercettibili. A quest’ultimi e a quanti si ostinano ad annoverare la musica popolare tra la
cattiva musica, vorrei ribadire il pensiero che a tal proposito espresse Marcel Proust:
…« Non disprezzate la “cattiva musica”, siccome essa si suona e si canta molto più
appassionatamente della “buona” ed a poco a poco si è riempita del sogno e delle
lacrime degli uomini. Per questo vi sia rispettabile».
(l’orchestra esegue l’Ouverture)
Ouverture
(La prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta campana sistemate e “nascoste” dietro all’orchestra eseguono la loro breve
“Allegrezza” ) A
Voce recitante:
“L’omino e la vecchia torre”
Tanto, tanto tempo fa, in un paese il cui nome non so, viveva un omino piccino piccino, che
ogni giorno si recava sulla vecchia torre, quella che scandiva ed osservava il lento trascorrere
delle ore della vita.
Era una torre molto antica, che custodiva lassù in alto, come un tesoro, un meraviglioso carillon di campane dal suono magico e dal riflesso d’argento. Nulla, proprio nulla, poteva accadere in quel paese senza che la torre, con la sua voce, elargisse la sua benedizione o concedesse il suo consenso.
Ogni giorno, per anni, l’omino salì i mille gradini di quella scala raggiungendo il cuore della
torre, dove nascevano le infinite melodie che tutti potevano udire.
Un giorno, però, l’omino - troppo vecchio per affrontare quella scala interminabile - passò
le consegne e tutti i suoi segreti ad un altro omino piccino piccino che ogni giorno si recava
sulla torre.
E la cosa continuò: tanti omini s’alternarono e tanti anni trascorsero …
L’ultimo omino era già vecchio e le sue giunture scricchiolavano... A chi passare le consegne
con tutti i segreti di tutti quegli omini che l’avevano preceduto?...
Gli abitanti del paese ormai non ascoltavano più la voce della vecchia torre: il paesaggio sonoro, che un tempo la torre dominava dall’alto, si era completamente trasformato.
Ma ecco che un giorno di un mese di un anno che ora non ricordo, all’improvviso qualcosa
di inspiegabile accadde… forse il vento… forse la torre… il campanone (la campana più
grande, dal suono profondo e grave) oscillò e con rintocchi lenti e regolari fece udire la sua
voce : salutava l’omino che se ne stava andando, così com’era venuto, in punta di piedi, senza disturbare nessuno .
(la prima campana esegue 6 rintocchi lentissimi del segnale noto come “funebre”) B
Quella fu l’ultima volta in cui la torre veramente parlò.
Ora la torre è lì, immobile, silenziosa, quasi invisibile, polvere e ruggine hanno intaccato tutti
gli ingranaggi, ma le campane pare conservino ancora quell’antico riflesso d’argento…
Come in ogni favola che si rispetti, a questo punto servirebbe un principe azzurro, un futuro
Re Artù, un predestinato, insomma e, per quel che ne so, potresti essere proprio tu: (indicando
uno dei percussionisti seduto tra il pubblico) devi solo avere il coraggio di entrare nella torre e, dalla
consolle dei comandi mettere in moto le campane… (gli indica la sedia vuota situata davanti all’orchestra
invitandolo così a prendere posto)
se sei tu il predestinato… un magico suono ti avvolgerà e ti guiderà verso orizzonti di paesaggi sconosciuti, suscitando in te sensazioni antiche e meravigliose.
(Il percussionista indicato prende posto sulla sedia collocata davanti all’orchestra e mima fino a battuta 34 (battere) l’allegrezza
che i tre percussionisti situati dietro all’orchestra eseguono - terza, quarta e quinta campana - C
poi rivolto al pubblico accenna ad un saluto e portando con sé la sedia se ne va, mentre i tre percussionisti, continuando a suonare, raggiungono la posizione liberata dal collega e terminano la loro esecuzione).
( I sei percussionisti con le campane tubolari raggiungono la loro nuova postazione in sala fra il pubblico. Vedi fig.)
L’omino e la vecchia torre
I
II
campana
tubolare
campana
tubolare
IV
campana
tubolare
III
campana
tubolare
V
campana
tubolare
Orchestra
sedia
(III)
(IV)
Voce recitante
(V)
Perc.att.
”mimo”
pubblico
platea
pubblico
pubblico
pubblico
N.B.: (V), (IV) e (III) indicano la postazione che raggiungeranno i 3 percussionisti-attori per terminare la loro
esecuzione di C .( Il “mimo” terminata la sua performance uscirà di scena, lasciando il posto ai colleghi,
portandosi via la sedia sulla quale si era seduto).
Voce recitante:
“Le sei principesse”
L’antico reame di Ripagrande, che si estendeva dalle Montagne di Cristallo alle pianeggianti terre del grande Lago Dorato, era governato da un vecchio RE che aveva sei bellissime figlie, tutte
in età da marito.
Si narra che un mago malvagio, proveniente da una favola limitrofa, pretendesse dal buon sovrano la mano di una delle principesse. Rifiutato per il suo abominevole aspetto - specchio della
sua cattiveria - si vendicò con un terribile incantesimo: trasformò il Re in un’altissima torre e le
sue figlie in sei massicce campane, incatenandole a sei enormi ceppi di legno nella cella più alta
della torre.
Da quel lontano giorno più nessuno vide le principesse, ma tutti sanno che sono sempre là e
continuano ad occuparsi del loro reame.
La sorella maggiore si chiama Coscienza ed è la più autorevole: quando prende la parola tutto
tace e tutto si ferma. Gli uomini, con la mano destra, fanno strani segni toccandosi la fronte ed il
petto. La sua voce profonda e potente non ha eguali...
(la prima campana esegue con rintocchi lenti) A
La seconda si chiama Scadenza ed è la guardiana suprema dell’orologio della torre. La sua voce
è decisa e parla sempre con grande precisione, non ha tempo da perdere e non può perdere tempo: è lei che scandisce le ore, i giorni, i mesi, gli anni facendoli trascorrere regolarmente .
(la seconda campana esegue 4 rintocchi ben precisi e cadenzati come per dire: “sono le ore 4”) B
La terza si chiama Partenza e, dialogando con Coscienza, stabilisce, di volta in volta, a chi tocchi lasciare per sempre il reame.
(la prima e la terza campana eseguono il trapasso che indica la morte di un uomo ) C
La quarta si chiama Invadenza: non ha un ruolo preciso ma, essendo la più pettegola del gruppo,
non perde occasione per far sentire la sua voce.
(la quarta campana esegue alcuni rintocchi assolutamente aritmici ed imprecisi) D
La quinta si chiama Intelligenza ed ha il compito di ricordare ai bambini che è importante recarsi a scuola.
(la quinta campana esegue 8 rintocchi) E
L’ultima, la sorella minore, si chiama Urgenza ed è molto temuta e rispettata da tutti. Non parla
mai a vanvera. Si fa sentire in caso di calamità naturali, di guerre, di incendi: con la sua voce
insistente e penetrante ha il compito di dare l’allarme.
(la sesta campana esegue il “segnale dell’allarme”, con rintocchi veloci simili a quelli tipici dell’esecuzione a martello)
F
A volte le sei antiche sorelle si trovano tutte d’accordo e, dialogando tra loro, si passano la parola creando innumerevoli e festose melodie …
( le sei campane eseguono innumerevoli e festose melodie) G
Altre volte, danzando liberamente e volteggiando nell’aria, creano un’armonia festosa …
(“box” - le sei campane eseguono imitando “l’esecuzione a distesa” poi, diminuendo gradatamente l’intensità
si vanno a posizionare dietro all’orchestra terminando così l’esecuzione)
H
A nessuno è permesso di presentarsi al loro regale cospetto, ma le sei principesse conoscono tutto dei loro sudditi, le loro debolezze e le loro virtù e, dall’alto della torre, continuano a vegliare
sovrane e benevole sul destino degli uomini.
(le sei campane eseguono l’incipit del gloria della “Missa de Angelis” seguito da tre rintocchi della prima) I
Le sei principesse
(VI)
(I)
(V)
(IV)
(II)
(III)
Orchestra
Voce recitante
VI campana
pubblico
pubblico
II campana
platea
I campana
IV campana
pubblico
V campana
pubblico
III campana
N.B.: (V), (I) ...ecc indicano la postazione che raggiungeranno le campane al termine della loro performance in
sala (per eseguire I ) .
Voce recitante:
“I tre rastrelli musicanti”
Alcuni anziani, di un piccolo villaggio, custodiscono ancora la memoria di un’antica
leggenda che a detta loro, null’altro è che la cronistoria di episodi realmente accaduti.
Si narra che molti anni or sono, in quelle terre pianeggianti bagnate dal grande fiume, là dove viveva gente estremamente povera, ma operosa e dedita al lavoro, regnassero sovrane cordialità ed ospitalità. Non era infatti strano che, prima o poi,
qualcuno bussasse alle porte delle loro case per chiedere un po’di pane e un po’ di
vino o asilo per la notte. Ed è proprio ciò che accadde in una lontana sera del mese
di settembre, di un altro secolo. A bussare alla porta era un gruppo di vecchi musicanti che cercava ospitalità per la notte. Venne loro subito aperto ed offerto un giaciglio nei pressi del fienile. I musicanti, deposti gli strumenti, sistemarono i mantelli
sul fieno e affidarono le proprie palpebre a Morfeo, cadendo in un sonno profondo…
(il contrabbasso, sulla VI corda imita il russare dei dormienti; il narratore interagisce. Vedi partitura)
A
Non fu così per i loro strumenti. Eccitatissimi per la giornata appena trascorsa, non
riuscivano a prendere sonno. Parlarono tutta la notte, richiamando alla mente gli innumerevoli viaggi passati e i tanti incredibili incontri.
(Gli archi, pizzicando liberamente imitano il chiacchierare degli strumenti, mentre qualcuno accenna, con l’arco,
qualche breve inciso melodico per richiamare alla mente immagini di viaggi e di incontri passati;
il narratore interagisce. Vedi partitura)
B
Là, non molto distante, appoggiati ad un muro, c’erano tre rastrelli di legno: uno
molto più giovane, gli altri decisamente più vecchi. Quello più giovane, favorevolmente colpito dai racconti degli strumenti, interrogò i suoi compagni: «Perché noi
stiamo sempre qui a lavorare con la schiena ricurva sotto al sole cocente? Perché
non andiamo a scoprire che cosa c’è laggiù oltre alla collina? Perché non possiamo
diventare anche noi musicanti?» «Perché noi siamo rastrelli!» Borbottarono gli altri
due. Ma il giovane, voi sapete come sono i giovani, non si dette per vinto ed insistette: «Che differenza ci potrà mai essere tra noi e quei violini? Non siamo forse tutti
di legno? Non abbiamo forse lo stesso portamento? Non abbiamo forse la stessa dignità?»
(i tre rastrelli situati a lato dell’orchestra, lato sinistro vista dal pubblico, percossi ripetutamente, “chiacchierano”; il
narratore interagisce. Vedi partitura)
C
Blà, blà, blà… parlarono tutta la notte finché finalmente, al mattino, trovarono una
soluzione: decisero di lasciare la vita dei campi per dedicarsi totalmente alla musica!
(il narratore scrutando attentamente prima il pubblico, poi gli orchestrali, rivolgendosi al pubblico:)
Questa è una storia vera!!
Una storia bella, piacevolissima da raccontare…
la volete ascoltare? (gli orchestrali rispondono coralmente:) “SI!”
(il narratore agli orchestrali:) Non va bene dire “SI!” perché è una storia bella, piacevolissima da raccontare… (rivolgendosi al pubblico) la volete ascoltare?
(gli orchestrali rispondono coralmente:) “NO!”
(il narratore agli orchestrali:) Non va nemmeno bene dire “NO!” perché è una storia bella,
piacevolissima da raccontare… (rivolgendosi al pubblico) comunque sia, noi ve la racconteremo. State ad ascoltare: (indica il primo violoncello che inizia a suonare seguito dall’orchestra) D
I tre rastrelli musicanti
Orchestra
Voce recitante
Esecutore C
Esecutore A
Esecutore B
pubblico
platea
pubblico
pubblico
pubblico
Voce recitante:
“E un patà!”
Come spesso accade nella vita reale, così anche nelle favole può succedere che sopraggiungano improvvisi ed inaspettati cambiamenti destinati a condizionare gli eventi e a mutare il naturale destino delle cose.
Dopo il grande successo raggiunto dai tre rastrelli, apparentemente tutto sembrava
concluso, in realtà quella non fu la fine ma l’inizio: infatti scoppiò una vera e propria
rivoluzione. Fra i vari oggetti iniziò a farsi strada la convinzione che la musica appartenesse a tutti.
Fu per questo che essi si organizzarono in una grande corporazione e partirono alla
conquista dell’immenso mondo musicale:
Le fruste dei cocchieri si unirono alle bande musicali dei villaggi, dando grande risalto, con i loro schiocchi, alla parte ritmica.
A
(Indica l’orchestra che esegue
)
(Appare, davanti all’orchestra, un personaggio, rigorosamente in frak o in nero, che impersonando la musica colta
eseguirà alcuni frammenti tematici degli autori citati, con la frusta, i cucchiai, calici di cristallo sfregati con le dita
sul bordo e percossi sull’orlo con delle matite, la sega musicale),
I cucchiai appresero l’arte e l’eleganza dalle nacchere.
(Indica l’orchestra che esegue
B
)
I bicchieri ottennero grandi consensi dai concerti tenuti in tutta Europa e suonarono
con Gluck in Inghilterra, si perfezionarono con Benjamin Frankljn e misero la loro
arte a disposizione di Mozart, Beethoven, Donizetti, Strauss.
(Indica l’orchestra che esegue
C
e
D
)
Anche i segacci dei carpentieri, dei boscaioli, dei falegnami, partirono per il loro
rocambolesco viaggio musicale, suonarono in strada, nel circo, in teatro prendendo
parte a spettacoli di cabaret, di varietà ed alcuni di loro fecero veramente carriera.
Collaborarono con noti compositori come Chačaturjan, Cage, Nono, Kagel, Penderecki, Corghi, Sciarrino e con altri compositori molto meno noti come l’autore di
queste fievoli fiabole frivole.
(Indica l’orchestra che esegue
E
)
Vi fu grande fermento. Attrezzi da lavoro, stoviglie, posate, pettini, bottiglie... tutti
vollero contribuire mettendo a disposizione la propria esperienza e da quel momento
gli uomini confrontandosi con questo inedito “paesaggio sonoro” furono costretti a
prendere in seria considerazione “il suono delle cose”.
(L’orchestra esegue
F
Voce recitante: La
fino a misura 149)
morale? E così vissero felici e contenti, (indicando gli strumenti “poveri”) tanto questi semplici oggetti, (indicando l’orchestra ed accennando ad un inchino) quanto questi nobili strumenti. (scandendo ritmicamente in crescendo dà l’attacco all’orchestra) E un patà! E un patà!
E un patà! (l’orchestra esegue la Coda).
Fine
E un patà!
Orchestra
2
1
3
Bottiglie percosse
cucchiai
C,B A,D,G
Voce recitante
cintura
F#,G
Bottiglie insufflate
pubblico
platea
pubblico
D,C,B,A,G,F#
pubblico
pubblico
Fly UP