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rischio licenziamento per le assenze “strategiche”

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rischio licenziamento per le assenze “strategiche”
I I I LA
SENTENZA
I R U B R I C A
[a cura di PaolaGalantino]
RISCHIO LICENZIAMENTO
PER LE ASSENZE
“STRATEGICHE”
R
ecentemente la Sezione Lavoro della Corte di
Cassazione - n.18678/2014 - è stata interessata da
un caso “curioso” che, tuttavia, ha cristallizzato un
principio non indifferente per il quale le assenze per malattia sistematiche «a macchia di leopardo», comunicate all'ultimo momento, «costantemente agganciate ai giorni di riposo
del lavoratore» e spesso avvenute nei turni di fine settimana
oppure notturni, possono avere come conseguenza il licenziamento per giustificato motivo. I giudici di legittimità hanno
infatti rigettato il ricorso di un lavoratore, licenziato dalla
società datrice, il quale chiedeva che fosse dichiarato illegittimo il proprio licenziamento, sostenendo che questo «può
intervenire solo se viene superato il periodo di comporto»,
ovvero il numero complessivo di assenze, fatto che, peraltro,
non si era verificato nel caso in esame. I
giudici di merito avevano rilevato che
«l'eccessiva morbilità, dovuta a reiterate
assenze, anche indipendente da colpevolezza dello stesso e nei limiti del periodo
di tolleranza contemplato dalla contrattazione collettiva», aveva integrato «gli
estremi dello scarso rendimento», cosicché la prestazione del dipendente «non si
rilevava più utile per il datore di lavoro».
La Suprema Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici del merito, rilevando che
le assenze, per le modalità con cui si verificavano, per «un
numero esiguo di giorni, due o tre, reiterate all'interno dello
stesso mese e costantemente "agganciate" ai giorni di riposo
del lavoratore» (fino a raggiungere anche 520 ore in un
anno) «davano luogo - si legge nella sentenza - ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente
utilizzabile per la società, rivelandosi la stessa inadeguata
sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l'organizzazione aziendale così da giustificare il provvedimento risolutorio». Le assenze in questione, a quanto pare, davano anche
«luogo a scompensi organizzativi»: «comunicate all'ultimo
momento», infatti, «determinavano la difficoltà, proprio per i
tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto»,
anche considerato che il lavoratore «risultava assente proprio allorchè doveva effettuare il turno di fine settimana o il
turno notturno, il che causava ulteriore difficoltà nella sostituzione (oltre che malumori nei colleghi che dovevano provvedere alla sostituzione), ciò anche in ragione del verificarsi
[
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delle assenze 'a macchia di leopardo'». Per la Corte, dunque,
la censura della non irrogabilità del licenziamento nei casi in
cui non sia stato superato il periodo di comporto è «priva
di fondamento»: la «malattia - concludono i giudici di legittimità - non viene in rilievo di per sé, ma in quanto le assenze in questione, anche se incolpevoli, davano luogo a scarso
rendimento e rendevano la prestazione non più utile per il
datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione
aziendale». La pronuncia offre spunto per ricordare che
l'istituto dello scarso rendimento, nello specifico settore
autoferrotranviario, è contemplato dall'art. 27, lett. d) del
Regio Decreto 8 gennaio 1931, n. 148, allegato A) secondo
cui l'azienda può procedere all'esonero definitivo dal servizio - sentito il parere del Consiglio di disciplina - degli agenti stabili "per scarso rendimento o per palese insufficienza imputabile a colpa dell'agente nell'adempimento delle funzioni del proprio grado". Si tratta, dunque, di due ipotesi di esonero dal servizio tra loro molto
simili che la giurisprudenza ormai prevalente configura, nell'ambito delle norme di
diritto comune, quali cause di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, come
conseguenza di un grave e notevole inadempimento del lavoratore agli obblighi
contrattuali volti a definire una attività lavorativa utile e proporzionata alle esigenze produttive.
Pertanto, tali mancanze dovranno essere valutate non solo
sulla base del mancato raggiungimento del risultato atteso
ed oggettivamente esigibile, ma anche e soprattutto alla luce
del comportamento negligente del dipendente che li ha
determinati, laddove la differenza tra le due ipotesi contemplate dalla norma risiede "soltanto sotto il profilo dell'intensità della inadeguatezza delle prestazioni lavorative, la quale
perciò può, in entrambi i casi, essere di natura quantitativa o
qualitativa". In ambedue le circostanze, quindi, l'esonero dal
servizio presuppone che la prestazione resa sia caratterizzata da "imperizia, incapacità e atteggiamenti negligenti", sia
pure di diversa gravità e avrebbe rilevanza, senz'altro il
cumulo delle infrazioni disciplinari pregresse "in quanto rivelatrici di un comportamento tale da incidere negativamente
sul normale espletamento del servizio" "in particolari condizioni operative, con certi orari e con determinate modalità
d'esecuzione, a prescindere dalla loro gravità.
LO SCARSO
RENDIMENTO
ANCHE
NELLE NORME
SUI TRASPORTI
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