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A: Terapia della Dignità - Federazione Cure Palliative

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A: Terapia della Dignità - Federazione Cure Palliative
Associazione Malati Oncologici
NOVE COMUNI MODENESI AREA NORD - ONLUS
La dignità nel malato oncologico:
quale fase di malattia?
Proposta di intervento di early palliative care
sugli aspetti della dignità
Loredana Buonaccorso1, Alice Maruelli2 , Elena Bandieri3, Guido Miccinesi4, Doriano Novi5, Giuliana Tassoni6
1. Psicologa-Psicoterapeuta, AMO - Associazione Malati Oncologici Nove Comuni Modenesi Area Nord; 2. Psicologa Psicoterapeuta, CERION, Centro di Riabilitazione
Oncologica-LILT, Firenze; 3. Oncologa-Palliativista, Unità di Cure Palliative, Dipartimento di Medicina, Azienda Usl Modena; 4. Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, UO Epidemiologia Clinica, Firenze; 5. MMG Referente Cure Palliative, Distretto Mirandola; 6. MMG Referente Cure Palliative, Distretto Carpi.
Introduzione (1-2). L’OMS auspica una precoce attuazione delle cure palliative già a partire dalla diagnosi, per tutta la durata delle terapie attive e oltre, come supporto all’elaborazione del
lutto per la famiglia. La centralità dei provvedimenti palliativi è stata affermata anche a livello nazionale dal recente decreto legislativo (DLG n38, 15 marzo 2010) che sancisce l’obbligatorietà
all’attenzione e ad una corretta gestione della globalità degli aspetti sul dolore e la sofferenza interiore. Tra i diversi fattori che influenzano negativamente il benessere psico-fisico e spirituale
dei pazienti è citata anche la perdita di dignità, oggetto di numerosi studi condotti soprattutto su pazienti oncologici in fase avanzata.
Il Modello di Chochinov sulla Dignità (3-4). Chochinov e colleghi hanno proposto un Modello che permette sia di indagare i vari aspetti della dignità tenendo conto delle differenze individuali
grazie ad una definizione del costrutto sufficientemente ampia, sia di offrire una “mappa” per gli operatori nell’impostazione dell’intervento. Il modello rappresenta i contenuti emersi dagli
studi condotti su malati oncologici di fine vita in riferimento a ciò che influenza la percezione della loro dignità. Ciascun tema e sotto-tema del Modello ha una correlazione clinica, suggerendo l’area di intervento sulla dignità che risulterà specifica per ogni paziente. Il Modello si divide in 3 grandi aree: - aspetti fisici, legati alla malattia e ai sintomi; - esistenziali/spirituali, basati
sulle caratteristiche di personalità del paziente e sulla sua storia di vita; - sociali, legati alla qualità dell’interazione con gli operatori e i famigliari/caregivers.
Dignity Therapy (5-7). Sulla base del Modello, Chochinov e colleghi hanno strutturato uno specifico intervento di psicoterapia focale breve per i pazienti in fase avanzata, volto ad incrementare la dignità attraverso la stesura di uno scritto composto “a più mani” dal paziente e dagli operatori (psicologi/psichiatri). L’intervento prevede un’intervista semi-strutturata della durata di circa 1 ora distribuita su 3-4 incontri e registrata, dopo consenso informato. L’operatore ha
il compito di trascrivere i dialoghi e rivederli insieme al paziente, per apportare eventuali modifiche. I contenuti riguardano le principali tappe
di vita del paziente che quindi potrà personalizzare la stesura con l’aggiunta di foto, titoli, colori, anche alla luce della possibilità di lasciarlo in
“eredità” ai famigliari.
Metodologia. Nell’anno 2011-2012 abbiamo condotto 10 interventi di Terapia della Dignità, dopo aver seguito un corso intensivo di formazione
sull’applicazione del protocollo, presso l’Università del Manitoba, in Winnipeg (Prof. H.Chochinov). In coerenza con interventi di early palliative
care abbiamo voluto sperimentare l’introduzione esplicita di questi temi (dignità, ricerca di senso e significato) nella relazione psicoterapeutapaziente in situazioni di prime diagnosi anche con esordio metastatico ma con buona prognosi (non in fase terminale di malattia), nell’ottica di
un lavoro d’equipe e di presa in carico globale. Le domande (A) sono state tradotte dall’inglese attraverso il supporto di un madrelingua. Attualmente è in corso la stesura di un Progetto di validazione del protocollo sia in italiano che in spagnolo (Università di Navarra, Prof. Carlos Centenos) per produrre un’intervista adattabile al contesto socio-culturale europeo.
The Persistency of Memory, Dalì. MOMA NY, 1931.
A: Terapia della Dignità - Intervista semistrutturata, Chochinov e colleghi (7)
Terapia della Dignità
1. Mi racconti qualcosa della sua vita; in particolare le parti che ricorda di più, o che pensa siano più importanti?
2. Quando si è sentito/a più vivo/a?
3. Ci sono delle cose che vorrebbe la sua famiglia sapesse di lei o cose particolari che vorrebbe si ricordassero?
4. Quali sono i ruoli più importanti che ha ricoperto nella sua vita (in famiglia, nel lavoro, in società)? Perché sono stati così importanti per lei e che cosa pensa di aver realizzato in relazione ad essi?
5. Quali sono le cose più importanti che ha ottenuto e di che cosa si sente più fiero/a?
6. Ci sono delle cose particolari che sente di aver bisogno di dire ai suoi cari o cose che vorrebbe dire ancora una volta?
7. Quali sono le sue speranze e i suoi sogni per i suoi cari?
8. Cos’è che ha imparato dalla vita che vorrebbe trasmettere agli altri? Quale consiglio o quale accompagnamento vorrebbe trasmettere a suo/i figlio/i, figlia, marito, moglie, genitori, altri?
9. Ci sono delle parole o forse qualche guida/direttiva che vorrebbe offrire alla sua famiglia?
10. Nel creare questo documento permanente, ci sono altre cose che vorrebbe fossero incluse?
Risultati. La Terapia della Dignità è stata proposta a pazienti oncologici all’interno di un percorso di supporto psicologico come ulteriore strumento di approfondimento dei vissuti emotivi e
della ricerca di senso e significato dopo la diagnosi di tumore, in riferimento alla vita “precedente” e alle prospettive anche future, per sé e per i famigliari che rimangono. Alcuni temi emersi
sono simili a quelli riportati da pazienti di fine vita, ad esempio la centralità della famiglia nel percorso di malattia, la percezione di pesare sugli altri per gli effetti collaterali delle terapie, la
limitazione dell’autonomia, la perdita o i cambiamenti lavorativi e del ruolo sociale. L’intervento è stato vissuto come ulteriore punto di partenza per costruire una rielaborazione delle principali attività di vita e della quotidianità, in alcuni casi coinvolgendo in un percorso a parte anche i famigliari e migliorando la comunicazione sulla malattia, in particolare in relazione a percorsi
in cui il paziente deve sostenere terapie di supporto anche per lungo tempo. I trascritti (B-C), nell’ottica di un lavoro di equipe e di continuità assistenziale dall’Ospedale alla domiciliarità, sono
stati condivisi con l’oncologo di riferimento e i medici di base, come valore aggiunto alla presa in carico globale del paziente e della famiglia.
B. Terapia della Dignità, Intervista a Susanna “Susanna PER VOI”
(T) La cosa di cui ti senti più fiera delle cose che hai fatto?
(P) La cosa di cui mi sento più fiera ha a che fare con la malattia, perché ho sentito, in un momento di grande dolore dopo il primo tumore, quando sono tornata a casa, che ero senza un seno, piena di medicazioni… non sapevo cosa avrei fatto… allora ho preso insieme tutta me stessa e tutte le mie forze e ho cominciato a reagire, e a dirmi che potevo prendere da questa malattia qualcosa di buono, per migliorarmi e per fare delle nuove cose. E, infatti, ho trovato degli spazi dentro di me che non credevo di avere, e di questo mi sento orgogliosa! Ho buttato via quello che non mi serviva e mi sono avvicinata ad una
nuova e più vera Susanna, con meno condizionamenti.
C. Terapia della Dignità, Intervista a Maria “L’alba di un cambiamento”
(T) Questo è il cuore e il senso che tu vorresti trasmettere a chi ti vuole bene. Ci sono delle parole che ti vengono in mente che possono riassumere quello che abbiamo condiviso fino ad ora?
(P) VIVERE. Bisogna vivere, la vita in qualsiasi modo tu la viva vale sempre la pena, anche con i problemi e le difficoltà. Nessuno è felice al 100% per tutto il percorso, io penso che i momenti di serenità e felicità
debbano servire come carica energetica che dia motivazione quando poi si presentano i problemi, per dire “io ce la devo fare”. Quindi penso che la parola chiave sia VIVERE, nel pieno della nostra energia e
con i momenti brutti. Spero che le persone che hanno difficoltà, problemi, disagi, vivano in pieno. Io l’ho vissuto quando ero piccola, a partire dalla morte di mio fratello, ho visto i miei genitori sopravvivere,
in modo molto diverso, ma ce l’hanno fatta, stando uniti e continuando a dare valori a noi.
Bibliografia
1. Control of pain in adults with cancer, a national clinical guideline, November 2008. www.sign.ac.uk
2. NATIONAL CANCER INSTITUTE, Spirituality in Cancer Care. Http://www.nci.nih.gov/cancertopics/pdq/supportivecare/spirituality/
3. Chochinov HM. Dignity-Conserving Care-A new model for Palliative Care. JAMA, 2002
4. Chochinov HM, Hack T, Hassard T, Kristjansons LJ, McClement S. Dignity therapy: A Novel Psychotherapeutic Intervention for Patients Nears the End of Life. J of Clinc Onc 2005; 23:24
5. Hall S, Edmonds P, Harding R, Chochinov HM and Higginson IJ. Assessing the feasibility, acceptability and potential effectiveness of Dignity Therpay for people with advance cancer referred to a hospital-based palliative care team: Study protocol. BMC Palliative Care 2009; 8:5
6. Chochinov HM, Kristjanson LJ, Breitbart W, McClement S, Hack TF, Hassard T, Harlos M. Effect of dignity therapy on distress and end-of-life experiencein terminally ill patients: a randomised controlled trial. Lancet Oncol 2011; 12:753-62
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