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Guida rocce - Docenti.unina.it
Domenico Calcaterra
Guida pratica
per il riconoscimento macroscopico
delle rocce
Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Geotecnica ed Ambientale
Sezione di Geologia Applicata
Facoltà di Ingegneria
Università di Napoli “Federico II”
D. Calcaterra - Guida pratica per il riconoscimento macroscopico delle rocce
1. CENNI SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE
Il criterio fondamentale di classificazione delle rocce si definisce genetico, in quanto basato sulla loro origine presunta. In funzione di tale criterio, si distinguono due grandi insiemi di rocce:
- rocce esogene, che si sono formate sulla superficie del globo terrestre;
- rocce endogene, che si sono formate, almeno in parte, all’interno del globo. Fanno parte
del primo gruppo le rocce sedimentarie, mentre al secondo appartengono le rocce magmatiche (o ignee) e quelle metamorfiche (Fig. 1).
Fig. 1 - Il ciclo delle rocce, elaborato da Sir James Hutton nel 1795 (da SIEVER, 1983).
Le rocce magmatiche o ignee si classificano in base a due criteri fondamentali:
1) la giacitura geologica, ossia il tipo di messa in posto, e gli effetti di questa sulla struttura alle varie scale di osservazione;
2) la composizione mineralogica e chimica.
Per giacitura e caratteri strutturali le rocce magmatiche sono classificate in:
- plutoniche o intrusive
- vulcaniche o effusive
- ipoabissali e subvulcaniche.
In termini di composizione, una roccia magmatica può essere classificata su base mineralogica o chimica. In questa sede, in accordo con quanto indicato in IPPOLITO et alii (1975)
si adotta la classificazione mineralogica quantitativa (o modale) di Streckeisen (Fig. 2), sia
per le rocce plutoniche che per quelle vulcaniche.
La classificazione delle rocce sedimentarie è un argomento su cui molto si è scritto, senza che si sia pervenuti ad un criterio universalmente accettato. Esistono infatti diversi approcci classificativi, nell’ambito dei quali, di volta in volta, sono privilegiati alcuni aspetti,
tra i quali quelli composizionali, sedimentologici, pratici, genetici.
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Fig. 2 - Schema classificativo mineralogico-quantitativo per rocce intrusive (sinistra) ed effusive (destra),
con IC < 90 (http://it.wikipedia.org/wiki/Diagramma_QAPF).
In termini di composizione, le rocce sedimentarie sono costituite da tre elementi fondamentali:
- componenti terrigeni, generati dalla disgregazione e dalla frammentazione di rocce preesistenti e trasportati nel bacino di sedimentazione come particelle singole. Es.: granuli di
quarzo e feldspato, lamelle di mica, minerali argillosi, frammenti di calcare e selce, ecc.;
- componenti allochimici, particelle che si originano per precipitazione chimica o secrezione
organica, direttamente nel bacino di sedimentazione, entro il quale possono poi essere
spostate e accumulate. Es.: gusci di organismi (interi o in frammenti), ooliti, ecc.;
- componenti ortochimici, veri e propri precipitati chimici prodotti all’interno del bacino di
sedimentazione o dello stesso sedimento, senza aver subito trasporto. Es.: minerali evaporitici, cementi, concrezioni, ecc.
In termini sedimentologici (processi deposizionali, aspetti idrodinamici ed ambientali), le
rocce sedimentarie possono essere suddivise in quattro gruppi principali:
- rocce particellari o granulari, costituite da elementi singoli e separati, che subiscono trasporto e sono accumulati. Es.: rocce terrigene o detritiche, piroclastiche, calcari detritici;
- rocce cristalline, derivanti essenzialmente da processi chimici, dove temperatura e concentrazione della soluzione sono i fattori di controllo. Es.: anidrite, salgemma, dolomie
“secondarie”;
- rocce biocostruite, accresciutesi in situ e “fabbricate” interamente da organismi (alghe,
coralli, briozoi, ecc.);
- rocce residuali, formatesi in situ per degradazione o decomposizione di materiali preesistenti. Es.: terre rosse, carboni.
In termini pratici, giova ricordare che le rocce sedimentarie sono rappresentate per oltre
il 90% da due gruppi:
- rocce terrigene silicoclastiche
- rocce carbonatiche (detritiche, biocostruite, chimiche, ecc.).
In questa sede, in analogia con quanto riportato in IPPOLITO et alii (1975), si adotta un
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criterio genetico, basato sull’origine dei costituenti principali. Tale criterio prevede la suddivisione delle rocce sedimentarie nei seguenti sottogruppi (Fig. 3):
- rocce di origine chimica
- rocce organogene
- rocce detritiche
- rocce piroclastiche
- rocce miste.
Deve comunque rilevarsi che le rocce piroclastiche, in virtù del loro particolare meccanismo genetico, possono anche considerarsi come gruppo litologico a sé stante.
Fig. 3 - Schema classificativo delle rocce sedimentarie (da IPPOLITO et alii, 1975).
La classificazione delle rocce metamorfiche si determina in base a due elementi fondamentali:
- dimensioni dei cristalli
- evidenza dei piani di scistosità.
Ciò, come noto, vale in particolare per rocce derivanti da condizioni di metamorfismo
regionale. In base a tali elementi distintivi, le rocce metamorfiche possono essere distinte
in termini di zone, la cui diversa mineralogia indica il diverso grado metamorfico. In tal
senso le rocce metamorfiche sono state per lungo tempo attribuite ad epizona, mesozona,
catazona, elencate in ordine di grado metamorfico crescente. In questa nomenclatura era
implicito anche un aumento di profondità, nell’assunto che vi fosse una correlazione fissa
fra temperatura e pressione. Lo studio di dettaglio delle rocce metamorfiche ha messo in
risalto, con l’andar del tempo, l’esistenza di più zone rispetto alle tre prima citate, da intendersi però come zone mineralogiche, caratterizzate dalla presenza di minerali-indice. È
così che si giunge al concetto di facies metamorfica, nella quale sono raggruppate tutte le
rocce che sono ricristallizzate in un certo ambito di temperatura e pressione, definibile da
un intero insieme di associazioni mineralogiche (es.: facies degli scisti verdi, facies delle
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eclogiti, ecc.). Le vecchie zone metamorfiche trovano ancora oggi un certo uso come indicatori generici di grado metamorfico (basso, medio ed alto rispettivamente), senza più implicare però coincidenza con zone di profondità: è in tal senso che i tre termini prima citati
verranno utilizzati nei paragrafi seguenti.
2. CRITERI PER IL RICONOSCIMENTO MACROSCOPICO DELLE ROCCE
Ogni roccia possiede una sua struttura, definita dall’insieme dei suoi caratteri in rapporto alla forma, alle dimensioni ed alla disposizione delle diverse parti costitutive.
Il riconoscimento della struttura di una roccia dipende dalla scala di osservazione e dai
metodi di studio. Ragionando, infatti, in termini di “corpo” geologico, e quindi alla scala
dell’affioramento, una roccia sarà univocamente attribuibile al gruppo delle sedimentarie,
allorché si sia riconosciuta la stratificazione. Per capire poi se quella roccia sia un calcare o
una dolomia, sarà necessario ricorrere ad ulteriori e più dettagliate indagini analitiche
(chimiche, mineralogiche, petrografiche, ecc.). Una descrizione esaustiva di una roccia richiede infatti osservazioni necessariamente più approfondite, ricorrendo ad esempio al microscopio da mineralogia o da paleontologia (in genere, alcune decine di ingrandimenti)
per lo studio in sezione sottile di minerali e fossili, ai metodi ai raggi X, al microscopio a
scansione elettronica (alcune migliaia di ingrandimenti).
Il riconoscimento speditivo di una roccia alla scala del campione implica l’identificazione
di tutto quanto è visibile ad occhio nudo, e quindi, in prima approssimazione, senza ausilio
alcuno di specifici metodi d’indagine. In tal caso, il termine struttura, inteso come parziale
sinonimo dell’anglosassone texture, indica in via generica tutti i rapporti spaziali tra i costituenti le rocce. Lo stesso termine assume poi connotati specifici nell’ambito dei singoli
gruppi litologici; nel caso delle rocce magmatiche, ad esempio, per struttura si intende anche grado di cristallinità ed orientazione tra i singoli minerali.
Nei paragrafi seguenti sono illustrati gli elementi essenziali, utili per un corretto riconoscimento di alcune rocce1 alla scala del campione. Per una trattazione di maggior dettaglio
dei vari argomenti connessi con la litologia (modalità di genesi e messa in posto delle rocce, aspetti strutturali, mineralogico-petrografici, ecc.) si rimanda alla letteratura specifica.
2.1. Rocce magmatiche o ignee
La struttura delle rocce ignee ha un particolare significato perché rivela in genere le
condizioni di genesi, cioè le modalità di raffreddamento del magma. Allorché il fuso magmatico stazioni all’interno della crosta terrestre (condizioni plutoniche), il raffreddamento
sarà lento, dando luogo ad una cristallizzazione completa della roccia, con cristalli visibili
ad occhio nudo. Nel caso di rocce vulcaniche, esso sarà invece rapido, tanto da dar luogo
a cristalli minutissimi o addirittura a vetro.
Le due condizioni fondamentali, vulcanica e plutonica, trovano sfumatura reciproca in
una serie di condizioni intermedie, indicate come ipoabissali e sub-vulcaniche.
La struttura di una roccia magmatica è determinata dal grado di cristallinità, dalle dimensioni relative ed assolute dei minerali componenti e dalla loro disposizione (Fig. 4).
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L’elenco di tipi litologici di seguito riportato è frutto di una selezione, operata per scopi essenzialmente didattici,
nell’ambito di quei litotipi che avessero i requisiti (rilevanti soprattutto per un allievo ingegnere) di facile reperibilità e/o
particolare significato tecnico.
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Le rocce plutoniche si riconoscono per essere contraddistinte dalla presenza di minerali
cristallizzati: si parlerà in tal caso di struttura olocristallina (= totalmente cristallizzata). Se i
cristalli sono visibili ad occhio nudo la roccia si definisce faneritica o fanerocristallina (=
cristalli visibili ad occhio nudo).
Gran parte delle rocce con struttura olocristallina presenta cristalli all’incirca equidimensionali (struttura olocristallina equigranulare). Si definisce invece struttura olocristallina porfiroide quella in cui, nell’ambito della massa cristallina, si riconoscono taluni individui cristallini
di dimensioni predominanti (fenocristalli), con dimensioni anche dell’ordine dei centimetri.
Le rocce filoniane sono particolari rocce intrusive derivanti da cristallizzazione dei fusi
residui di più bassa temperatura, talora sotto elevata pressione parziale di gas. Sono rocce
con strutture olocristalline tipiche; in particolare, le apliti presentano una grana da media a
minutissima (struttura aplitica), mentre le pegmatiti hanno una grana molto grossolana,
con cristalli di dimensioni da centimetriche fino a metriche (struttura pegmatitica).
Le rocce vulcaniche sono caratterizzate da una grana minutissima, da micro- a criptocristallina, non visibile ad occhio nudo, e spesso nemmeno con lente d’ingrandimento;
questa struttura è chiamata afanitica. Se esse sono costituite da vetro, la struttura si definisce vetrofirica. Assai spesso il magma giunge in superficie con un certo carico di cristalli
già segregatisi in profondità (fenocristalli), i quali spiccano sulla massa di fondo dando luogo ad una struttura porfirica (= fenocristalli in pasta di fondo afanitica o vetrofirica).
Le rocce ipoabissali sono, per genesi e struttura, intermedie ai due principali gruppi ora
visti. Si formano infatti più vicino alla superficie terrestre rispetto alle rocce plutoniche e
cristallizzano in genere sotto una pressione sufficiente a non far sfuggire troppi gas, ma in
modo rapido. Tra le rocce ipoabissali ricordiamo i porfidi, rocce a struttura porfirica (talora
definiti anche porfiriti), contenenti fenocristalli di qualsiasi minerale. I porfidi possono talora essere a grana minuta, ma in genere senza formazione di parti vetrose, se non in casi
eccezionali. Anche se il termine porfido è oggi unanimemente ritenuto ambiguo, non avendo una vera valenza genetica, esso è tuttora in uso; per ridurre i margini di incertezza
si preferisce “aggettivare” tale termine o specificando il minerale che forma fenocristalli
(es.: porfido quarzifero) o associando il nome di roccia mineralogicamente più simile (es.:
porfido granitico, porfido sienitico, ecc.).
Fig. 4 - Alcune strutture tipiche delle rocce magmatiche (da fotografie al microscopio ottico - ingrandimento variabile). Struttura olocristallina equigranulare (a); struttura porfiroide (b); struttura porfirica (c).
Lo schema classificativo adottato per le rocce magmatiche, come accennato in precedenza, è quello di Streckeisen, in cui tutte le rocce con IC < 90 (ossia con meno del 90%
in volume di minerali colorati) sono distinte in base alla presenza di minerali sialici. Per le
rocce intrusive il criterio mineralogico è applicabile in modo rigoroso; per quelle effusive,
invece, si adotta un criterio ibrido o misto (chimico-mineralogico), in considerazione della
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grana spesso finissima di tali rocce e della presenza in esse di vetro, il che ostacola la determinazione mineralogica esatta.
Per la classificazione delle rocce magmatiche si utilizza il diagramma bi-triangolare di Figura 2. In esso sono rappresentati ai quattro vertici, rispettivamente:
- quarzo (Q)
- feldspati alcalini (ortoclasio, microclino, sanidino, albite - A)
- plagioclasi (da oligoclasio ad anortite - P)
- feldspatoidi (leucite, nefelina, ecc. - F).
È il caso di ricordare che quarzo e feldspatoidi sono tra loro antitetici, in quanto il quarzo è presente in una roccia magmatica quando si verifica un eccesso di silice, mentre i feldspatoidi lo sono quando c’è difetto di silice.
Il riconoscimento macroscopico di una roccia magmatica prevede in primo luogo la definizione della sua struttura (olocristallina, afanitica, ecc.), in modo da individuare il sottogruppo litologico di pertinenza (r. intrusive, effusive, ecc.). Ciò fatto, si procede al riconoscimento dei minerali distinguibili ad occhio nudo. L’identificazione dei minerali in una roccia magmatica risulta tanto più accurata quanto più evidenti sono le dimensioni medie dei
minerali, ossia la grana, della roccia. Sulla base delle dimensioni medie dei cristalli, le rocce ignee possono avere:
- grana grossa, con diametri medi dei minerali > 5 mm;
- grana media, con diametri compresi tra 1 e 5 mm;
- grana fine, con diametri < 1 mm.
In base ai minerali sialici presenti (per rocce intrusive ed effusive), si definisce quindi il tipo
litologico di probabile appartenenza (granito, basalto, ecc.), utilizzando i diagrammi di Figura 2.
La quantità di femici presenti, infine, consente di stimare qualitativamente l’indice di colore
(IC). Aggiungendo tale informazione a quelle già acquisite, è possibile utilizzare il criterio riportato in Tabella 1.
Tab. 1 - Schema di classificazione speditiva per alcune rocce magmatiche prive di feldspatoidi (da
D’ARGENIO et alii, 1994 - sempl.).
2.1.1. Rocce ignee intrusive
Graniti
ASPETTO. Struttura olocristallina, granulare (con grana media o fine) o porfiroide con fenocristalli di
feldspato potassico. Associazione mineralogica essenziale: quarzo, feldspato potassico, mica biotite, talora mica muscovite (graniti a due miche). Nei termini di passaggio verso le dioriti (granodio7
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riti, tonaliti), diminuiscono quarzo e/o feldspato a vantaggio del plagioclasio. Colore prevalente:
bianco, grigio chiaro, roseo, rosso-bruno; giallognolo o verdastro se alterato.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale (granito di San Fedelino, di Baveno, di
Montorfano),Toscana (Isola d’Elba), Sardegna, Calabria.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce dotate di elevata compattezza e resistenza a compressione (100-250 MPa), non gelive, perfettamente lucidabili. Pregiato materiale da costruzione,
soprattutto in lastre lucidate, talvolta grezzo. Impiegato talora in blocchi per scogliere, è anche
fonte di minerali d’interesse economico (es. pirite, terre rare).
Fig. 5 - Graniti.
Sieniti
ASPETTO. Struttura olocristallina granulare con grana media, talora porfiroide con fenocristalli di feldspato potassico. Associazione mineralogica essenziale: feldspato potassico, plagioclasio (subordinato), anfiboli; talora feldspatoidi o quarzo, pirosseni, biotite. Colore prevalente: grigio, rosa, violaceo.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce dotate di elevata compattezza, buona resistenza a
compressione (80-200 MPa), non gelive, perfettamente lucidabili. Pregiato materiale da costruzione, soprattutto in lastre lucidate, benché difficilmente ottenibili in grandi dimensioni e con colore
uniforme. La sienite del Vercellese (sienite di Balma) è commercialmente nota come granito di Biella. Talora sede di giacimenti minerari di metalli rari.
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Fig. 6 - Sieniti.
Dioriti/Gabbri
ASPETTO. Struttura olocristallina granulare con grana media o fine, talora porfiroide (fenocristalli di
plagioclasio nelle dioriti, aggregati di femici nei gabbri). Associazione mineralogica essenziale: plagioclasi, anfiboli, biotite (dioriti); plagioclasi, olivina, pirosseni (gabbri). Colore prevalente: grigio
scuro, grigio-nerastro (dioriti); verde chiaro, grigio-verdastro, talora grigio-violaceo (gabbri).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Dioriti: Arco alpino occidentale (Val Camonica). Gabbri: Arco alpino occidentale (prov. di Sondrio), Appennino settentrionale (Liguria, Toscana, Emilia).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Le dioriti (dotate di alta resistenza a compressione e porosità molto bassa) sono usate in edilizia in lastre lucidate (granito di Val Camonica); analogo uso,
anche se molto più raro, viene fatto dei gabbri. Interesse minerario per i gabbri.
Fig. 7 - Gabbro.
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2.1.2. Rocce filoniane
Pegmatiti
ASPETTO. Struttura olocristallina costituita dalla compenetrazione di grandi cristalli di quarzo, feldspato potassico e/o mica muscovite (struttura pegmatitica). Colore chiaro prevalente.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Isola d’Elba, Calabria.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Rocce d’interesse industriale per l’estrazione di minerali (ortoclasio e muscovite).
Fig. 8 - Pegmatiti.
Fig. 9 - Apliti.
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Apliti
ASPETTO. Struttura olocristallina a grana fine o finissima (struttura aplitica). Minerali essenziali:
quarzo, feldspato potassico, mica muscovite e/o biotite. Colore bianco o grigio chiaro.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Isola d’Elba, Calabria.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Pressoché nulli.
2.1.3. Rocce effusive
Rioliti
ASPETTO. Struttura in genere porfirica, con fenocristalli di sanidino e pasta di fondo da totalmente
vetrosa (oloialina) a microcristallina. Minerali essenziali: feldspato potassico (sanidino), quarzo. Colore da chiaro a scuro.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Colli Euganei, Maremma Toscana, Isola di Ponza, Isole Eolie.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Con opportuni trattamenti, alcune rioliti (perliti) sono un eccellente materiale
per coibenti acustici e termici.
Basalti
ASPETTO. Struttura da microcristallina a vetrosa, talora porfirica. Grana in genere fine con rari fenocristalli di plagioclasio, pirosseni e/o olivina. Minerali essenziali: plagioclasio, pirosseni, talora olivina. Colore: molto scuro, fino a nero.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Sardegna, Sicilia (M. Etna).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce molto tenaci, resistenti (250-400 MPa), dotate di elevato peso di volume (> 2.6 t/m3). Forniscono materiale per lastricati e pavimentazioni stradali,
pietrisco per massicciate stradali e ferroviarie, blocchi per scogliere. Materia prima per la produzione di lana di roccia e lana di vetro.
Trachiti
ASPETTO. Struttura porfirica con fenocristalli di feldspato potassico (sanidino) e biotite in massa di
fondo di colore grigio, bruno, verdognolo, talora biancastro. Minerali essenziali: feldspato potassico
(sanidino), plagioclasio subordinato; talora feldspatoidi, biotite, pirosseni.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Veneto (Colli Euganei), Sardegna, Toscana, Lazio, Campania
(Campi Flegrei).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Dotate di discreta resistenza a compressione (anche > 100
MPa), se non alterate resistono bene al gelo. Ottimo materiale per lastricati e pavimentazioni in
genere, talora usato anche per rivestimenti esterni.
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D. Calcaterra - Guida pratica per il riconoscimento macroscopico delle rocce
Fig. 10 – Basalti.
Fig. 11 - Trachite. In evidenza, fenocristalli di feldspato potassico (sanidino).
Tefriti
ASPETTO. Struttura porfirica con fenocristalli di feldspatoidi, leucite nel caso delle tefriti leucitiche.
Minerali essenziali: feldspatoidi (leucite, nefelina), plagioclasio, pirosseni. Colore grigio scuro, talora bruno-rossiccio.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Lazio, Campania (Vesuvio, Roccamonfina), Basilicata (Vulture).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Resistenza a compressione variabile (60-180 MPa), così
come le altre proprietà fisico-meccaniche. Usate per lastricati, pavimentazioni in genere, blocchi
per scogliere.
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Fig. 12 - Tefriti leucitiche.
2.1.4. Rocce ipoabissali o subvulcaniche
Porfidi quarziferi
ASPETTO. Struttura porfirica con fenocristalli di quarzo e feldspato (talora arrotondati) in una massa
di fondo da rosa (porfidi del Varesotto) a rosso scuro/bruno (porfidi dell’Alto Adige). Grana mediofine. Minerali essenziali: feldspato potassico, quarzo. Spesso si rileva la presenza di cavità di degassazione (cavità miarolitiche), tappezzate di minerali ben cristallizzati.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Lombardia (prov. di Varese), Trentino Alto Adige.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Dotati di porosità finissima e diffusa, alta resistenza a compressione (180-300 MPa), ottima resistenza all’usura per attrito radente. Utilizzati per pavimentazioni stradali e lastricati, sia in grossi elementi che in cubetti.
Fig. 13 - Porfido quarzifero del Varesotto. In evidenza, alcune cavità miarolitiche.
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Fig. 14 - Porfido quarzifero dell’Alto Adige.
2.2. Rocce sedimentarie
Nella quasi totalità delle rocce sedimentarie è possibile riconoscere tre unità elementari
(Fig. 15):
- impalcatura (granuli e/o fossili)
- matrice
- cemento.
Fig. 15 - Componenti fondamentali delle rocce sedimentarie: granuli e matrice (a); granuli e cemento (b); fossili e cemento/matrice (c) (da RICCI LUCCHI, 1978; BOSELLINI et alii, 1989).
Le particelle elementari costituenti l’impalcatura delle rocce sedimentarie possono formarsi in vari modi. Se di natura clastica, esse sono dei frammenti e derivano dalla disgregazione ed alterazione di preesistenti rocce ignee, metamorfiche e sedimentarie (componenti terrigeni) o dalla frammentazione di strutture organiche (gusci di molluschi, coralli,
alghe, ecc.). Tali particelle si possono anche formare mediante attività chimica o biochimica, già come entità singole fin dalla loro origine; rientrano in questi casi scheletri interi di
organismi vari (foraminiferi, organismi planctonici, ecc.), cristalli singoli (calcite, aragonite,
ecc.), ooliti ed altri aggregati. Strutture organiche, quali coralli, briozoi ed alghe, possono
costituire un altro importante tipo di impalcatura, specialmente in rocce biocostruite, ac14
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cresciutesi in situ, mediante secrezione biochimica di carbonato di calcio.
È l’esistenza stessa di un’intelaiatura granulare o biocostruita che determina la presenza
di un sistema di pori nella roccia. Tale sistema, che permette ad una roccia di immagazzinare fluidi (gas, acqua, ecc.), può essere occluso dalla matrice e/o dal cemento.
La matrice è costituita da elementi detritici di minori dimensioni interposti ad elementi
più grandi; essa è quindi definita funzionalmente in rapporto al ruolo dell’intelaiatura, essendo l’esatto limite tra i due componenti un dato relativo (es.: un conglomerato può avere una matrice arenitica, un’arenaria una matrice lutitica). Nelle rocce carbonatiche, la matrice è costituita da fango carbonatico (micrite) di taglia inferiore ai 20-30 m; nelle rocce
terrigene, la matrice è costituita in genere da limo e argilla.
Il cemento è un precipitato chimico che occlude, parzialmente o del tutto, cavità e pori
di una roccia sedimentaria. Calcite e molto più raramente dolomite sono i principali cementi delle rocce carbonatiche.
In una roccia sedimentaria è poi possibile definire tre proprietà fondamentali che sono:
- composizione
- tessitura
- struttura.
Le arenarie, ad esempio, possono essere costituite da granuli diversi (quarzo, feldspati, miche, frammenti di roccia, ecc.); qualunque sia la natura dei granuli la roccia in esame sarà comunque un’arenaria: ciò che varierà sarà la composizione. Adottando ancora l’esempio delle
arenarie, a parità di composizione mineralogica (es. quarzo), i granuli possono essere tutti delle
stesse dimensioni oppure no, possono avere spigoli vivi o arrotondati, forma ellittica o sferica e
così via: in tal caso le arenarie avranno tutte la medesima composizione, ma differente tessitura. L’insieme dei granuli di un’arenaria può essersi deposto nelle condizioni idrodinamiche più
varie (torrenti, lagune, spiagge, ecc.). Il diverso modo di sedimentarsi si traduce in differenti
tipi di stratificazione: strati sottili, omogenei e lateralmente molto estesi, in ambienti tranquilli
come un lago o un fondo oceanico; strati irregolari, lentiformi, intersecantisi e lateralmente poco estesi, in ambienti caratterizzati da forti correnti come il letto di un fiume. La stratificazione
è la più ovvia e tipica struttura delle rocce sedimentarie.
Le rocce sedimentarie sono qui classificate, come detto, in base alla loro origine (Fig.
3). In pratica ciò si traduce nel riconoscimento degli elementi costitutivi (impalcatura, cemento, matrice) della roccia; ciò fatto, ed attribuito quindi il campione ad uno dei sottogruppi noti, si passa all’identificazione delle proprietà della roccia in esame (composizione,
tessitura/struttura).
2.2.1. Rocce chimiche
Alabastri calcarei
ASPETTO. Rocce derivanti da concrezione in cavità sotterranee (es. stalattiti, stalagmiti), a tessitura
fibrosa o compatta, traslucide. Presentano caratteristiche zonature di colore vario, dal giallo al
bianco al bruno; se di colori molto contrastanti, assumono il nome di alabastri onice.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Bergamasco, Cuneese, Carso triestino, basso Lazio, Campania,
Basilicata.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Utilizzati in lastre lucidate e per oggetti ornamentali.
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Fig. 16 - Alabastri calcarei.
Travertini
ASPETTO. Tessitura concrezionare fibrosa, diffusamente vacuolare, con frequenti fossili ed impronte
di vegetali. Colore chiaro, da biancastro a rosato.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Toscana, Umbria, Marche, Lazio (Tivoli - lapis tiburtinus), Campania.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Presentano scarsa compattezza, durezza simile a quella dei
calcari, resistenza a compressione medio-bassa (20-60 MPa). Classica pietra da taglio, per rivestimenti e pavimentazioni.
Fig. 17 - Travertini.
2.2.2. Rocce organogene
Calcari biochimici/bioclastici
ASPETTO. Tessitura molto variabile, condizionata dall’abbondanza e dalla distribuzione dei fossili,
spesso concentrati sulle superfici degli strati. Nei calcari biochimici sono spesso riconoscibili le
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strutture originarie delle scogliere carbonatiche (es.: fossili in posizione di vita e di crescita), nei
calcari bioclastici si riconoscono accumuli spesso caotici di fossili (macro- e micro-), interi o in
frammenti. Colore molto variabile, dal biancastro al nero (per presenza di sostanze bituminose).
Presentano effervescenza a contatto con acido cloridrico diluito ed a freddo.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino, Dolomiti, Appennino, Puglia, Sicilia.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Dotati di scarsa durezza (circa 3) e resistenza a compressione variabile (80-180 MPa), sensibili agli agenti atmosferici (perdono facilmente la lucidatura).
Forniscono pietre da taglio, pietrisco per massicciate stradali e ferroviarie, pietre da calce, lastre
lucidabili per scopi decorativi.
Fig. 18 - Calcari bioclastici.
Fig. 19 - Calcari biochimici a coralli.
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Dolomie
ASPETTO. Grana da minuta a saccaroide, talora vacuolare. Colore variabile (da grigio chiaro a nerastro).
Odore talora fetido alla percussione. A contatto con acido cloridrico diluito ed a freddo non presentano
effervescenza.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Dolomiti, Prealpi lombarde, Appennino.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Talora utilizzata come pietra da costruzione e nella produzione di calce magra
e pietrisco.
Diaspri/selci
ASPETTO. Tessitura compatta o microfibrosa, con frattura scheggiosa o concoide. Colore molto variabile (bianco, grigio, rosso, bruno, nero). La selce si rinviene talora in lenti, arnioni e noduli inglobati in rocce calcaree. Rocce di elevata durezza (> 6.5), particolarmente fredde al tatto.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Liguria, Toscana, Sardegna, Basilicata, Sicilia.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Talora costituiscono pietre decorative di effetto gradevole.
Fig. 20 - Diaspri.
2.2.3. Rocce detritiche
Conglomerati/Puddinghe
ASPETTO. Rocce ruditiche con tessitura contraddistinta da ciottoli arrotondati (diametro > 2 mm), poco
selezionati per dimensioni, immersi in matrice/cemento a grana più fine; matrice/cemento sono in genere di natura silicea o calcarea. I ciottoli possono provenire da un solo tipo (conglomerati monogenici)
o più tipi di rocce (c. poligenici).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino, Appennino.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Utilizzati come inerti, mediante frantumazione e vagliatura; talora anche come
rivestimenti.
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Fig. 21 - Schema classificativo delle rocce sedimentarie detritiche.
Brecce
ASPETTO. Rocce ruditiche ad elementi clastici angolosi ben riconoscibili ad occhio nudo (> 2 mm), immersi in matrice/cemento a grana fine o finissima; matrice/cemento sono in genere di natura silicea o
calcarea. Colore variabile.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco Alpino, Appennino.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Usate in edilizia a scopo decorativo o per pavimentazioni interne.
Fig. 22 - Puddinghe poligeniche.
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Fig. 23 - Brecce.
Arenarie
ASPETTO. Tessitura clastica a grana da molto fine a grossolana, comunque inferiore ai 2 mm. Granuli
spesso equidimensionali ed arrotondati, talora eterometrici ed eterogenei. I granuli possono essere
frammenti di rocce preesistenti (litici) oppure singoli minerali (quarzo, feldspato, miche, calcite, ecc.).
Cemento/matrice in genere silicei o calcarei.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino, Appennino.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Le migliori arenarie hanno una buona resistenza a compressione
(anche > 100 MPa) e bassa porosità (1-5%); sono in genere gelive. Frequente l’utilizzo in edilizia, anche per esterni, talora con pessimi risultati, in relazione alla degradabilità del cemento. Impiegate anche
come pietrisco.
Fig. 24 - Arenarie.
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Argille
ASPETTO. Tessitura clastica a grana finissima, non distinguibile ad occhio nudo (< 0.06 mm) e spesso
neanche al microscopio ottico. Presenti minerali argillosi (illite, caolinite, montmorillonite, ecc.), con
quarzo, feldspato, carbonati. Colore variabile (grigio chiaro/scuro, rosso, verde, talora nero).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino, Appennino (Argille grigio-azzurre, Argille Varicolori).
PRINCIPALI IMPIEGHI. Materia prima per l’industria dei cementi, della ceramica, dei laterizi, dei refrattari e per altre lavorazioni industriali.
Fig. 25 - Argilla.
Marne
ASPETTO. Rocce detritiche dovute a mescolanza di calcite (talora dolomite) e minerali argillosi. Tessitura clastica a grana finissima o fine, in genere non distinguibile ad occhio nudo (< 0.06 mm).
Presentano tipica fratturazione concoide e debole effervescenza a contatto con acido cloridrico diluito ed a freddo. Colore: grigio (da chiaro a scuro), bruniccio, verdastro.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino, Appennino.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce lapidee tenere o deboli (resistenza a compressione
uniassiale in genere < 20-25 MPa). Materia prima per l’industria dei cementi.
Calcari detritici
ASPETTO. Rocce detritiche costituite da clasti e cemento/matrice carbonatici. Colore variabile (dal
biancastro al nero). Producono effervescenza a contatto con acido cloridrico diluito ed a freddo. La
classificazione di tali rocce (calciruditi, calcareniti, calcilutiti), come per le altre rocce detritiche, si
basa sulle dimensioni prevalenti degli elementi clastici (Fig. 21).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Prealpi lombarde, Veneto, Appennino.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Caratteristiche analoghe a quelle dei calcari organogeni.
Rocce lavorabili in lastre e lucidabili, usate anche come pietra da costruzione in blocchi grezzi, pietra da calce e, previa frantumazione, pietrisco.
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Fig. 26 - Marne.
Fig. 27 - Calciruditi.
Fig. 28 – Calcarenite (a sinistra) e calcilutite (a destra).
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2.2.4. Rocce miste
“Tufi” calcarei
ASPETTO. Rocce detritico-organogene a diagenesi incompleta, a grana da fine a media, friabili e porose. Sono costituite da frammenti di gusci di macrofossili e da microfossili in una componente di
fondo detritica. Colore chiaro, bianco-giallastro. Producono effervescenza a contatto con acido cloridrico diluito ed a freddo.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Puglia, Sicilia.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Dotati di basso peso di volume, elevata porosità (anche >
40%), bassa resistenza a compressione (per lo più 1-5 MPa, con punte sui 10-15 ed oltre); buoni
isolanti termici ed acustici. Tipica pietra da costruzione (murature, rivestimenti a facciavista, ecc.).
Fig. 29 – Tufi calcarei.
2.2.5. Rocce piroclastiche
Le rocce piroclastiche comprendono tutti i prodotti di lancio, sia incoerenti che litificati,
emessi nel corso delle fasi esplosive dell’attività vulcanica. Pur avendo quindi una chiara origine endogena, le si annovera abitualmente tra le rocce sedimentarie, poiché con queste ultime condividono aspetti fondamentali quali i meccanismi di messa in posto e di diagenesi.
La classificazione delle piroclastiti è basata principalmente sul diametro della classe granulometrica prevalente e sul grado di litificazione (Tab. 2). Altri caratteri distintivi sono
l’omogeneità petrografica e l’eventuale presenza di clasti di rocce d’altro tipo.
Per quanto concerne in particolare le piroclastiti litificate, il tufo lapillico è costituito prevalentemente da lapilli in matrice cineritica. Il tufo p.d. è invece formato in prevalenza da
materiali con le dimensioni delle ceneri. Nelle zone lontane dal centro di emissione si depositano ceneri molto sottili, spesso di colore grigio-biancastro; queste possono anche
rappresentare gli ultimi prodotti di un’eruzione, in vicinanza del centro di emissione. Queste piroclastiti, costituite in larghissima prevalenza da ceneri ed a composizione petrografica omogenea, se litificate sono in genere definite cineriti.
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Tab. 2 - Schema classificativo delle rocce piroclastiche (da DI GIROLAMO, 1973).
Diametro classe
granulometrica
prevalente
> 100 mm
100 – 32 mm
32 – 4 mm
< 4 mm
Piroclastiti
incoerenti
Piroclastiti
litificate
Blocco, bomba
Breccia vulcanica
Microbreccia vulcanica
Microblocco
Lapillo
Cenere
Tufo lapillico
Tufo cineritico
Piperno
ASPETTO. Tufo di composizione trachitica costituito da scorie nere a tesssitura eutassitica (= scorie
schiacciate ed allungate - fiamme - con l’asse maggiore più o meno parallelo al substrato), immerse in una matrice cineritica grigiastra. La massa è interamente litificata per saldatura e neoformazione di feldspati.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Affiora alla base della collina dei Camaldoli (Soccavo, Pianura).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Presenta caratteristiche molto variabili (es.: res. a compressione uniassiale 5-70 MPa), in funzione della quantità di scorie. In passato è stato largamente
utilizzato nell’edilizia napoletana per rivestimenti esterni (portali, mensole, balaustre, ecc.) e strutture portanti (colonne, basamenti, ecc.), come pietra da taglio, intagliata o in lastre. Da alcuni decenni è da considerare praticamente esaurito.
Fig. 30 - Piperno.
Tufo Grigio Campano
ASPETTO. Tufo di composizione trachitica, caratterizzato da pomici nere in matrice cineritica grigiastra. A secondo della consistenza e della tessitura, si distinguono, dal basso verso l’alto della formazione, più tipi litologici che, secondo i termini locali sono così detti: piperno, tufo pipernoide, tu24
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fo, cinerazzo. Nelle parti più superficiali o in corrispondenza di spessori locali esigui della coltre,
essendo diminuiti più celermente temperatura e tenore in volatili, la litificazione è minima o assente (tufi friabili o cinerazzo). La litificazione è dovuta essenzialmente a neoformazione di feldspato
potassico a spese della base vetrosa. È possibile avere anche facies giallastre, dove la litificazione
è dovuta a neoformazione di zeoliti.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Tutte le province della Campania.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Presenta caratteristiche molto variabili. In genere poco durevole, le sue facies più litoidi offrono bassi valori di resistenza a compressione (0.5-6 MPa). Nelle
sue porzioni meglio litificate fornisce una buona pietra da taglio, utilizzata soprattutto per elementi
architettonici (balaustre, mensole, cornicioni, ecc.). Il suo impiego si concentra in prevalenza
nell’Agro nocerino, nella Penisola Sorrentina e nel Casertano. Talora è stato usato anche
nell’edilizia monumentale del Centro Antico di Napoli.
Fig. 31 - Tufo Grigio Campano.
Tufo Giallo Napoletano
ASPETTO. Tufo di composizione trachitica, contraddistinto da pomici (in genere di colore giallo-oro)
e frammenti litici immersi in matrice cineritica anch’essa giallastra. Nella facies litoide, la matrice
vetrosa è sostituita in gran parte da zeoliti (phillipsite e cabasite).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Napoli e provincia (Campi Flegrei, Quarto, Marano, Calvizzano, ecc.).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Dotato di basso peso di volume (1.1-1.4 t/m3), bassa resistenza
a compressione uniassiale (0.3-10 MPa), elevata porosità (40-60%); buon isolante termico ed acustico.
Da esso si ricavano blocchi per muratura, in passato anche per rivestimenti esterni (facciavista) e fondazioni. Il minuto di cava (taglime) è utilizzato per battuti stradali e talora per rilevati. Importante fonte
d’estrazione di zeoliti, variamente impiegate a scopi industriali (trattamento acque, eliminazione scorie
radioattive, agricoltura e zootecnia).
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Fig. 32 - Tufo Giallo Napoletano.
2.3. Rocce metamorfiche
Il carattere fondamentale delle rocce metamorfiche, conseguente alle trasformazioni
mineralogiche subite, è la ri-cristallizzazione allo stato solido dei vari minerali preesistenti,
insieme alla nucleazione e susseguente crescita di nuovi minerali. Il risultato di questa
modalità di cristallizzazione è una nuova struttura, in cui i minerali possono dare implicazioni reciproche ed assumere una forma molto spesso variabile. Questa struttura si dice
cristalloblastica, termine generale che vale per tutte le rocce metamorfiche. I minerali formatisi durante le reazioni metamorfiche si definiscono appunto metamorfici (es.: granati);
tali minerali si rinvengono comunemente come porfiroblasti (dal greco blastos = gemma),
ovvero cristalli relativamente grandi immersi in una matrice più fine.
Dal punto di vista geometrico, cioè della disposizione nello spazio delle interfacce cristalline e dei limiti fra aggregati di cristalli, le strutture metamorfiche vanno distinte in due
grandi gruppi:
- le strutture isotrope, caratterizzate da una disposizione casuale, e quindi statisticamente
identica in tutte le direzioni, degli elementi strutturali;
- le strutture anisotrope (Fig. 33), caratterizzate invece da diversità degli elementi strutturali nelle varie direzioni, cioè dall’esistenza di direzioni singolari secondo le quali i caratteri
strutturali sono profondamente diversi che in altre.
In un metamorfismo statico, in particolare nelle condizioni di contatto termometamorfico, si formano strutture non orientate (es. marmi). Nel metamorfismo regionale, invece, si
verifica la presenza di due aspetti fondamentali: cristallizzazione e deformazione penetrativa. È molto comune che la cristallizzazione si svolga in un regime di tensioni deformative e
che durante il periodo di cristallizzazione si susseguano fitti movimenti penetrativi nella
massa rocciosa. Ciò ha l’importante conseguenza di generare strutture orientate e scistose.
La scistosità (dal greco schizo, separare) è il carattere strutturale delle rocce orientate,
nelle quali l’orientazione dei minerali molto anisotropi per forma (lamellari o prismaticiallungati, es.: miche, cloriti, anfiboli) imprime un’evidente orientazione a tutta la roccia. Il
grado di scistosità può essere molto vario, con superfici planari, ondulate o anche fittamente pieghettate. La scistosità ha come conseguenza la facile rottura regolare della roccia secondo le superfici di orientazione, che non necessariamente coincidono con le discontinuità della roccia madre (es. giunti di strato).
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Fig. 33 - Anisotropie lineari (a sinistra) e planari (a destra) in rocce metamorfiche (da D’AMICO et alii, 1987).
Allorquando una roccia metamorfica si formi in condizioni di temperatura e pressione
elevate, tipiche di zone crostali profonde, la struttura scistosa p.d. è sostituita da un’altra
più equigranulare. Questo è il caso dei gneiss, litotipi in cui compare anche il feldspato,
comunemente associato al quarzo, sotto forma di livelli distinti, alternati ad altri livelli costituiti per lo più da femici. Questa struttura produce quella che è definita struttura gneissica o a bande, conosciuta anche come foliazione se si presenta ad una scala particolarmente piccola.
Analogo alla scistosità è il clivaggio, che è proprio di rocce di basso metamorfismo (es.:
ardesie) ed è definito dall’esistenza di fitti piani sub-paralleli di discontinuità meccanica nei
quali si è verificata una cristallizzazione orientata dei minerali costituenti, in particolare clorite, sericite, muscovite. Va da sé che i due concetti di clivaggio e scistosità sfumano in casi intermedi.
Per quanto detto in precedenza, le rocce metamorfiche, ed in particolare quelle derivanti da metamorfismo regionale, si classificano in base all’evidenza della cristallinità e della
scistosità. Tale criterio, come noto, non è applicabile in toto ai marmi in quanto, a prescindere dalle condizioni di messa in posto, non presentano strutture orientate.
Con riferimento ai gradi del metamorfismo regionale (vedi IPPOLITO et alii, 1975), è possibile adottare lo schema semplificato riportato nella Tabella 3.
Tab. 3 - Schema classificativo semplificato per rocce metamorfiche scistose.


Caratteri
macroscopici
Cristalli non visibili ad occhio nudo
Piani di scistosità regolari ed evidenti


Cristalli visibili ad occhio nudo (1 – 2 mm)
Piani di scistosità irregolari


Cristalli ben visibili (> 2 mm)
Piani di scistosità irregolari o appena visibili
27
Grado
metamorfico
Tipo di
Roccia
Metamorfismo
debole
Ardesie
Filladi
Metamorfismo
Medio
Scisti
Metamorfismo
alto
Gneiss
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Ardesie
ASPETTO. Rocce di basso grado metamorfico, con grana indistinguibile ad occhio nudo. Scistosità
evidente a tal punto da rendere la roccia facilmente suddivisibile in sottile lastre o lamine (clivaggio ardesiaco), lungo piani che non dipendono necessariamente dall’originaria stratificazione, bensì
dalla isoorientazione dei minerali costituenti, in particolare clorite, sericite, muscovite. Minerali essenziali: miche, quarzo, feldspato, talora prodotti carboniosi. Colore: grigio ferro, bluastro, violetto,
nero.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Liguria.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce riducibili in lastre sottilissime, dotate di alta resistenza a flessione (50-80 MPa), praticamente impermeabili. Utilizzate per la fabbricazione di lavagne e,
in lastre grezze ricavate a spacco, per coperture di tetti in zone alpine.
Fig. 34 - Ardesie.
Filladi
ASPETTO. Rocce di basso grado metamorfico. Scistosità molto accentuata, comunemente ondulata;
grana molto minuta, non risolvibile ad occhio nudo. Minerali essenziali: mica (sericite), clorite,
quarzo. Colore grigio argenteo, grigio plumbeo, verdastro.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Alpi Apuane, Sardegna, Calabria, Sicilia.
PRINCIPALI IMPIEGHI. Talora utilizzate in lastre per coperture.
Scisti
ASPETTO. Rocce in prevalenza di medio grado metamorfico, a grana molto variabile, ma con minerali di solito distinguibili ad occhio nudo. Scistosità evidente, piana o poco ondulata, spesso con
una lineazione ben sviluppata. Minerali essenziali: quarzo, miche, clorite, talco, calcite. Colore variabile, in funzione dei minerali prevalenti: grigio argenteo (micascisti muscovitici), marrone/nero
(micascisti biotitici), verde (cloritoscisti), bianco-grigiastro, talora screziato di verde (talcoscisti riconoscibili anche perché untuosi al tatto), grigio chiaro/bruno (calcescisti).
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Liguria, Toscana, Sardegna, Calabria, Sicilia.
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PRINCIPALI IMPIEGHI. Micascisti: raramente usati nell’edilizia minore, soprattutto in lastre per coperture. Cloritoscisti: utilizzati in lastre grezze, a spacco, per coperture di tetti in zone alpine e per
oggetti decorativi dell’artigianato locale (pietra ollare). Talcoscisti: costituiscono la fonte principale
del talco industriale. Calcescisti: nessun interesse commerciale e/o industriale.
Fig. 35 - Filladi.
Gneiss
ASPETTO. Roccia di alto grado metamorfico. Struttura con grana ben evidente e scistosità poco sviluppata (struttura listata o a bande). Minerali essenziali: feldspato potassico, plagioclasio, miche;
tra i minerali accessori, tipici i granati. Talora la presenza di feldspato in grandi cristalli subarrotondati determina una struttura particolare, nota come s. occhiadina.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Arco alpino occidentale, Calabria, Sicilia.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. I tipi migliori presentano caratteristiche analoghe a quelle
dei graniti. Usati in edilizia, sia grezzi che lucidati in lastre; più raro l’impiego per lastricati e pavimentazioni.
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Fig. 36 - Micascisto.
Fig. 37 - Gneiss con struttura a bande o listata.
Fig. 38 - Gneiss occhiadino. In evidenza, porfiroblasti di feldspato potassico.
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Marmi
ASPETTO. Rocce di metamorfismo da contatto e regionale (grado da basso ad alto). Minerali essenziali: calcite; talora presenza di silicati. Struttura tipicamente granoblastica, con grana da fine a
molto evidente (marmi saccaroidi). Colore da bianco puro a variamente chiazzato o listato di verde
(m. cipollino), bruno, grigio, rosso.
PRINCIPALI LOCALITÀ DI PROVENIENZA. Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Alpi Apuane, Calabria.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE ED IMPIEGHI. Rocce con buona resistenza a compressione (80-180 MPa)
ed a flessione (8-20 MPa), alto peso di volume, basso assorbimento d’acqua. (< 1%). Di grande
importanza in edilizia, utilizzate sia grezze che in lastre lucidate; rappresentano anche la materia
prima più diffusa per la scultura (marmi statuari).
Fig. 39 – Marmo saccaroide.
Fig. 40 – Marmo cipollino.
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D. Calcaterra - Guida pratica per il riconoscimento macroscopico delle rocce
3. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
AUBOIN J. & BROUSSE R. (1973) - Compendio di Geologia. 1 - Litologia. Casa Editrice Ambrosiana, 559 pp., Milano.
BOSELLINI A., MUTTI E. & RICCI LUCCHI F. (1989) - Rocce e successioni sedimentarie. UTET,
395 pp., Torino.
D’AMICO C. (1973) - Le rocce metamorfiche. Patron Ed., 333 pp., Bologna.
D’AMICO C., INNOCENTI F. & SASSI F.P. (1987) - Magmatismo e metamorfismo. UTET, 536
pp., Torino.
D’ARGENIO B., INNOCENTI F. & SASSI F.P. (1994) - Introduzione allo studio delle rocce. UTET,
162 pp., Torino.
DI GIROLAMO P. (1973) - Petrologia. 178 pp. + appendici, Istituto di Mineralogia, Università
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IPPOLITO F., NICOTERA P., LUCINI P., CIVITA M. & DE RISO R. (1975) - Geologia tecnica per ingegneri e geologi. ISEDI Petrini Ed., 442 pp., Torino.
MOTTANA A., CRESPI R. & LIBORIO G. (1977) - Minerali e rocce. Arnoldo Mondadori Editore,
604 pp., Milano.
RICCI LUCCHI F. (1978) - Sedimentologia. 1 - Materiali e tessiture dei sedimenti. Coop. Libraria Universitaria, 217 pp., Bologna.
ROBERTS J.L. (1991) - Guida alle strutture geologiche. Franco Muzzio Editore, 262 pp., Padova.
SIEVER R. (1983) - La Terra e la sua dinamica. Le Scienze, 183, 17-25.
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