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“Mi pagherai una libbra del tuo cuore!”

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“Mi pagherai una libbra del tuo cuore!”
Il Giornale del PiloAlbertelli di Roma - Nov/Dic 2012 - Numero II -Anno VI
“Mi pagherai una libbra del tuo cuore!”
È
un periodo difficile per la
scuola e per gli insegnanti:
adesso vengono al pettine dei
nodi che in realtà si sono formati in
molti anni. La scuola è oggetto di
tagli anno dopo anno, tagli che
hanno prodotto, tra gli altri danni,
classi molto più numerose. Diventa
molto più faticoso correggere i
compiti e più difficile conoscere
ogni alunno ed essere attenti a
intervenire nelle singole situazioni,
a volte nelle singole difficoltà. È
evidente che lo studente in difficoltà
in una classe di trenta non potrà
avere le stesse opportunità di uno
nelle stesse condizioni in una di
venti. Insorge a volte l’impossibilità
di chiamare supplenti, con gravi
conseguenze per le classi, per tacere
dell’aspetto occupazionale. Potrebbe
inoltre essere ridotto il FIS (Fondo
d’Istituto), riducendo di conseguenza l’offerta formativa. Eppure la
scuola non è stata ancora snaturata
perché è sempre vero che la cosa più
importante resta il lavoro che si fa in
classe e con la classe: lo studio,
l’approfondimento, il confronto tra
discenti e docenti molto diversi tra
loro e degli studenti con i compagni.
Insomma la scuola è un’officina per
crescere. Molti dicono che ormai si
offrono a un giovane tante “agenzie
educative”, che alcuni credono
anche più efficaci. Io credo invece che
nessuna di esse sia come la scuola, un
luogo privilegiato, un luogo dove si sceglie di andare, si sceglie di imparare, si fa
esperienza di relazioni umane vere e di
democrazia. Quante volte nella vita
capita di essere giudicati soltanto per
quello che si è? A scuola si possono
azzerare le differenze sociali, si possono
attenuare le differenze economiche, ci si
fa conoscere e si conoscono gli altri negli
aspetti che contano davvero nella
formazione di una persona: l’onestà, la
solidarietà, l’impegno. Se li ho sperimentati una volta nella vita so che esistono e potrò, se vorrò, riproporli, ma se
non li ho mai provati non saprò neppure
di esserne privo. A scuola si può essere
eletti, si può eleggere, si può controllare
Prenestina bis: un
"fantasma" d'asfalto
Pag.7
Carola Bianchi
il lavoro di chi abbiamo eletto. Non è
quello che dovremmo fare poi per
tutta la vita? La scuola ci insegna che
è possibile e giusto e che non ci si
deve mai disinteressare di chi si trova
a decidere per noi. Sono, questi, solo
due degli esempi infiniti delle preziose esperienze che si possono fare a
scuola. Ecco perché noi insegnanti
stiamo lottando per la Scuola
Pubblica, perché è il cuore dello Stato
e toglierne anche “solo una libbra”
significa stroncarlo. Intaccare gli
organi di rappresentanza significa
non sperimentare più la democrazia.
Diminuire i progetti del POF significa non lavorare più contro le disuguaglianze, perché solo pochi
potranno fare le esperienze più costose. Far entrate soggetti privati, che
non necessariamente faranno l’interesse pubblico, nei luoghi decisionali,
cioè nel “Consiglio d’Autonomia” che
prenderà il posto del Consiglio
d’Istituto, apre una breccia di cui non
possiamo misurare l’entità. Quando
ho iniziato questa riflessione pensavo
a un articolo diverso, più “tecnico”,
ma oggi, giorno in cui la scuola è stata
occupata, mi sento di ricordare soprattutto queste cose. Stiamo allora
tutti attenti e chiediamoci se quello
che facciamo non vada, sicuramente
contro le nostre intenzioni, a favorire
ciò che vogliamo contrastare.
Cinep(h)ilo
Pag.16
Simone Marino
(Non è un errore!) -->
Novembre/Dicembre 2012
2
Anno VI - Numero 2
Le ragioni dell'occupazione
D
urante le ultime settimane gran parte delle
scuole di Roma si sono
coordinate ai fini di una protesta
comune, per combattere i vari
provvedimenti del governo, che
danneggiano sempre di più la
Scuola Pubblica.
Nell'Assemblea d'Istituto del
16/11/2012, in seguito alla presentazione delle liste dei rappresentanti, è emersa la volontà di
unirsi a questa mobilitazione; si è
svolta perciò, una votazione che
ha visto una netta maggioranza
intenzionata a voler occupare
l'Istituto.
Simultaneamente il Dirigente
Scolastico assieme al Corpo Docente, per contrastare questa decisione, chiudeva i piani
superiori dell'edificio. Dunque gli
studenti si sono spostati dal
cortile all'interno , occupando il
piano terra. Poche ore dopo il
vano tentativo da parte della
preside di convincere i ragazzi ad
abbandonare questa posizione,
sono stati occupati anche i piani
superiori, eccetto il primo piano,
quello della segreteria, per evitare l'interruzione del servizio
pubblico.
Il giorno 17/11/2012 i rappresentanti d'Istituto sono stati
convocati davanti al collegio docenti, che ha proposto un'autogestione, la quale una volta
riportata in assemblea e sottopo-
sta a votazione, è stata rifiutata da
250 persone delle 300 circa presenti.
La giornata è proseguita con l'organizzazione del servizio d'ordine e
dei corsi per i giorni successivi.
Nel giorno 18/11/2012 la preside ha
organizzato una didattica alternativa da svolgersi al primo piano. Alle
ore 18:30 si è svolta un'assemblea
tra genitori e occupanti, nella quale
si è deciso di tenere la scuola occupata e nel frattempo di partecipare
alla didattica dei professori, per dimostrare la nostra volontà di studiare e rivendicare il diritto allo
studio.
Lunedì 19, venuta a conoscenza di
tale intenzione, la preside ha tenuto
un discorso davanti alla sede di via
Manin in cui ha negato la possibilità
agli occupanti di partecipare alle
lezioni dei professori, senza
ascoltare le motivazioni degli studenti.
Una piccola delegazione degli
occupanti, formato da 3 studenti
ha bussato alla porta di via
Dell'Esquilino. I tre occupanti
sono stati prontamente ricevuti
da preside e vicepreside, ai fini di
discutere quello che sarebbe stato
il futuro svolgersi della protesta. I
delegati hanno espresso la volontà, appena legittimata dalla
votazione dell'assemblea, di
mantenere lo stato di occupazione sino al venerdì, così da portare
a termine i corsi programmati.
Preside e vicepreside si sono detti
immediatamente contrari, sostenendo che se la scuola fosse stata
abbandonata dagli occupanti il
venerdì, non ci sarebbe stato il
tempo di completare le pulizie e
la disinfestazione entro la settimana. Dopo alcuni minuti di
mediazione si è arrivati al
compromesso del giovedì matti-
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na. Secondo i patti stabiliti la
mattina del 22 verso le 7:30 la
scuola sarebbe stata aperta alla
preside e agli impiegati della
USL ai fini di stilare un resoconto della situazione, e una
conseguente dichiarazione di
agibilità dell'edificio. Sarebbe
inoltre stato permesso ai docenti
di svolgere i corsi di didattica per
aree disciplinari anche al terzo
piano, non utilizzato durante
l'occupazione. Era anche stato
stabilito che qualsiasi corso programmato e ancora incompiuto
poteva essere portato a termine
il giovedì, anche a scuola
disoccupata e con l'approvazione
della preside.
In seguito i ragazzi, tornati nella
scuola, si sono riuniti in un'assemblea che ha deciso, tramite
un'ulteriore votazione , di
mantenere lo stato di occupazione e di programmare gruppi
di studio tenuti dagli studenti nel
corso della mattinata.
Dalle ore 14:00 alle ore 19:00 ci
sono stati svariati corsi tenuti da
studenti e/o da esterni specializzati in diversi ambiti.
Nell'assemblea del 20/11 è stato
organizzato un flash-mob nel
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quale sono state fatte delle lezioni
(sempre tenute da studenti) in piazza
Santa Maria Maggiore. Nel frattempo
il corpo docente continuava la didattica alternativa con un numero limitato di studenti. La giornata è
continuata con il regolare svolgimento dei corsi e si è conclusa con un
aperitivo e un concerto autofinanziati.
Nella giornata del 21/11 sono continuati i corsi e, in vista della disoccupazione
sono
cominciate
le
operazioni di pulizia della scuola.
Giovedì 22 alle ore 8.30 circa, la preside è entrata nella scuola invitando,
più o meno sbrigativamente, a
sgomberare al più presto l'edificio. A quel punto gli studenti
hanno terminato di pulire e verso
le ore 11:00 la scuola è stata
disoccupata.
Concludiamo precisando che
questa protesta non è stata motivo di bivacco e perdita di tempo,
ma anzi è stata condivisa da molti
e l'affluenza ai corsi e la partecipazione sono state costanti e significative. Pensando di aver
ottenuto buoni risultati abbiamo
dunque deciso di dar voce alle
nostre ragioni e illustrare a tutti
lo svolgimento dei fatti tramite il
Giornalino d'Istituto.
Per il 2013 OndanomalA, a nome del
Liceo “Pilo Albertelli”, grazie al
sostegno di studenti e docenti
dell’istituto, dona il proprio simbolico
contributo di solidarietà (100 €) a
EMERGENCY, compiendo un gesto a
favore di una delle associazioni più
attive nell’impegno umanitario che
speriamo di poter ripetere anche negli
anni a venire.
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14 Novembre, Join the rebel side.
D
alle ore 9 circa, sono tre
i cortei che si iniziano a
strutturare per le vie
della capitale: uno dei Cobas da
Piazza della Repubblica, un altro
degli studenti universitari a
Piazzale Aldo Moro e un terzo da
Piramide era degli studenti medi,
tutti comunque abbastanza eterogenei. Le manifestazioni si
svolgono in maniera pacifica, con
slogan contro l'Austerity, il governo delle banche, la privatizzazione delle scuole, la
condizione di studenti, ricercatori, lavoratori precari,
disoccupati, che sono stati in
questi tempi sbeffeggiati dai governanti (basti pensare alla metafora del ministro Profumo sul
"bastone e la carota"). A Piazza
Venezia i tre cortei si uniscono in
un unico, grandissimo serpente
umano che procede per il
Lungotevere, per raggiungere
Piazza di Montecitorio, la meta
finale prevista. Alle 14.15 (dopo
circa 6 ore di camminata) le forze
dell'ordine bloccano il corteo
all'altezza di Ponte Sisto, dove gli
studenti che ne sono alla testa per
cercare di procedere indossano
caschi e si stringono tra di loro
con "scudi" di plastica e polistirolo a forma di libri illustri - una
bella metafora!
La polizia carica sul Lungotevere,
dove non ci sono vie di fuga,
qualche manifestante lancia
bombe carta, sassi, la polizia spara
fumogeni praticamente addosso
ai manifestanti (si pensi alla fotoscandalo dei lacrimogeni sparati
dalle finestre del Ministero di grazia e
giustizia). La polizia colpisce con tanta
violenza, per reprimere, senza
guardare a chi fosse minorenne, e ce
n'erano parecchi, e manganellando
persone inermi e inoffensive. Ci sono
altre cariche tra Via Arenula e Ponte
Garibaldi e dall'altro lato del Tevere
sul Lungotevere degli Anguillara e
Ripa. Hanno fermato molti "ragazzini" trascinandoli nei loro furgoni. 80
persone vengono chiuse, fermate sul
Ponte di Porta Portese. Quindi la
manifestazione a causa di queste cariche non può più procedere e in
molti si disperdono. Da una parte ci
sono stati alcuni manifestanti più
attivi o facinorosi, che hanno lanciato
qualche pietra o smontato un cartello
stradale, dall'altra la repressione brutale della polizia, che ha attaccato a
suon di manganellate indistintamente
tutti i manifestanti che erano lì, anche
chi non era dietro uno "scudo", chi
non aveva un casco per proteggersi la
testa, e tanti minorenni, disperdendo i
manifestanti subito dopo con i
blindati. Il bilancio è di 140 identificati, oltre 50 persone in stato di fermo
, ben 8 arrestati, fra cui una donna e 8
denunciati. Ovunque su internet troverete facilmente foto e video che
documentano cosa vuol dire "brutalità
e violenza, in parte gratuita, da parte
delle forze dell'ordine". Si può considerare più comprensibile se si pensa a
come venga preparata -o aizzata?- la
polizia per "assicurare l'ordine durante le manifestazioni". Forse un
giorno anche loro decideranno di
scendere in piazza a manifestare
contro uno stato di cose che li schiavizza sistematicamente, con lo stesso
metodo.
Per quanto riguarda il nostro
piccolo, ma importante liceo: è
partito da sotto la scuola, in Via
Manin, con circa un centinaio
di partecipanti, per arrivare a
Piramide dove si è unito agli
altri studenti medi, marciando
con lo striscione "Ci vogliono
ignoranti, ci avranno ribelli No legge 953" fino a Piazza Venezia dove il corteo a sua volta
si è unito a quello dei lavoratori
e degli studenti universitari. Un
grazie caloroso a tutti i partecipanti e un invito a resistere
sempre, a valutare sempre le
cose con la propria testa, per
avere un presente e un futuro
migliore!
Ma non è finita quel giorno, né
finirà domani.
Il 25 novembre, qualche giorno
dopo la fine dell'occupazione,
siamo scesi di nuovo in piazza,
con gli altri studenti e i precari,
per gridare ancora più forte che
"non ci spaventano le botte",
perché in gioco c'è troppo, c'è il
nostro futuro! La manifestazione, passata anche sotto luoghi
considerati critici, come il Ministero di Grazia e Giustizia, si
svolge nel modo più pacifico,
anche se si contano meno manifestanti rispetto al 14 Novembre. Questo dimostra un
po' il gioco delle forze
dell'ordine e il loro scopo:
impedire di raggiungere, come
si fa in tutti gli altri stati d'Europa, i cosiddetti "palazzi del
potere", quelli che dovrebbero
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essere luoghi di democrazia,
usando per altro una violenza generalizzata e spaventosa, che si
constata in operazione di terrore
contro chi vuol manifestare -democraticamente- il proprio dissenso. Ma a uno Stato terrorista, in
uno stato di terrore, bisogna resistere tenendo i nervi saldi,
stringendo i pugni e usando la ragione e la conoscenza come arme
primarie.
Nessuna paura, dunque, anche se
scoprendo la parte ribelle ("join
the rebel side"), si svela anche il
grande rischio, oltre a il rimanere
al margine della società, di vedersi
i diritti calpestati, mentre ai
quattro venti urlan "questa è democrazia". Qui di seguito vi cito
una lettera scritta da una donna
arrestata il 14 Novembre e
rinchiusa per 3 giorni nel carcere
femminile Rebibbia, ma essendo
lunghissima ne riporto solo una
parte, anche se vi consiglio di
leggerla
interamente:
http://www.huffingtonpost.it/francesco-raparelli/letteradal-carcere-per-i_b_2198058.html
"[...] Se c'è una cosa che t'insegna
il carcere, è questa: lì dentro non
ci si lascia sole. Non importa
quello che hai fatto al di fuori: lì,
ci si aiuta l'un l'altra nei momenti
di sconforto, di paura e di solitudine. La galera ti taglia fuori dal
mondo, i contatti con l'esterno per
molti sono nulli e rischi
d'impazzire. Non c'è ordine
dall'alto che tenga quando c'è in
gioco il pericolo di una solitudine
più grande di quella che già si ha
che . Fanculo l'isolamento, fanculo gli ordini, fanculo le regole ti
vogliono annullare. Nessuno deve
rimanere solo.
Mi arriva la spesa che ho fatto. Ho
5
una bottiglia d'acqua naturale, la
bevo e sento che è allungata con
quella frizzante. E l'ho pure pagata.
Impreco e vado dalla guardia a reclamare l'ora d'aria. Mi dice che
non è possibile, non c'è l'assistente
che può controllarci all'esterno e
che quindi non usciremo. Inizio a
scalpitare sempre di più e la
mancanza di contatto con l'esterno
inizia a devastarmi. Chiedo se i
miei genitori hanno cercato di vedermi, se sono venuti i miei amici
e i miei compagni. Non possono
dirmi nulla. Inizio a incazzarmi
veramente. Arrivano le venti e mi
chiudono in cella. Le altre detenute accendono il televisore e
sento il rumore delle camionette.
Si parla della manifestazione del
giorno prima. Mi tappo le orecchie
per non sentirle, ma la rabbia
monta lo stesso per quello che è
stato fatto al corteo, a me e ai miei
compagni e decido di mettermi a
dormire. Tanto non ho nulla da
fare. Mi addormento, stavolta un
po' in preda al magone. E a un
certo punto eccoli: i miei compagni, i miei amici, i miei genitori e i
miei fratelli sono lì fuori a urlare
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che non sono sola, a lanciare fuochi d'artificio e a cantare che "Si
parte e si torna insieme". Lì ho
iniziato a ridere, la prima risata
della giornata. Sento le altre detenute che urlano felici, che
sbattono con le pentole sulle
sbarre. Io non posso, quelle
dell'isolamento sono più grosse e
non riesco ad arrivarci, neanche
salendo sullo sgabello. Arriva una
guardia, ha capito che sono la
fuori per me. Un po' infastidita mi
dice che deve controllarmi e se va
tutto bene. Non potrebbe andare
meglio,
le
rispondo.
Mi
addormento con le voci dei miei
fratelli che, dopo essere stati al
freddo per un'ora, se ne vanno.
Stavolta non mi addormento col
magone, ma felice e piena di una
forza che avevo paura di aver
perso.[...]" Natascia Grbic
Nessun timore, se saremo uniti, e
come armi avremo filosofi e
scrittori, scienziati e artisti, e ci
aiuteremo a vicenda, poiché: "La
sicurezza del potere si fonda sulla
insicurezza dei cittadini" un
tempo disse L. Sciascia.
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Tor De Cenci
Q
uesto 28 settembre i
container del campo nomadi, usati come case,
sono stati abbattuti con tutto il
loro contenuto, senza misure di
sicurezza atte a tutelare i circa
400 abitanti: non ci sono stati
accertamenti circa l’allontanamento di tutti dalla zona. Dei
volontari, testimoni del trattamento attuato nei confronti dei
trasferiti, denunciano una diffusa
assenza di attenzione nei
confronti di chi si è trovato in
una situazione ostile. Quella
mattina i bambini del campo sono stati intercettati e costretti,
con zaini e tutto, ad assistere alla
demolizione delle roulotte . Il ricorso inoltrato con l’intento di
scongiurare tale azione era fallito
da meno di 24 ore e tutto era
ormai ridotto in macerie. Pretesto indiscutibile: “situazione sanitaria critica”. Peccato siano
stati tutti trasferiti in un campo
in cui erano sistemate circa 900
persone, senza tenere conto delle
condizioni in cui è stato attuato il
trasferimento, non critiche ma
inumane. Centinaia di persone,
senza assistenza, confinate in ricoveri, “fortunatamente” provvisori, del tutto insufficienti a
contenerne
tante.
Inoltre,
allontanati dalle proprie case,
non sono riusciti a riavere
niente. Gli abitanti "sedentari"
delle zone limitrofe al campo
commentano i fatti in maniere
differenti. C’è perfino chi si felicita con l’amministrazione,
attuatrice della tanto attesa “bonifica”, quasi si trattasse di un
nido di sorci, focolaio d’infezioni.
Questi onesti cittadini si sono
trovati, tra bollette e cartoline,
una lettera, firmata dal sindaco,
circa i casi del trasferimento.
Dentro erano state scritte delle scuse
ufficiali dal comune a causa del ritardo con cui il campo nomadi era
stato distrutto. Intanto i muri del
circondario sono ricoperti di manifesti in cui il sindaco si compiace del
mantenimento delle roboanti promesse fatte durante campagne
elettorali. Quella tanto sbandierata
attenzione alla sicurezza torna a essere ostentata con l’arrivo delle elezioni, dando adito a misure basate su
discriminazioni etniche. Fortunatamente non tutti si sono uniti al
battimani nei confronti dell’amministrazione. Primi fra tutti i maestri
e maestre della zona, il cui coro di
denuncia rimane ancora inascoltato,
riusciti dopo tanti anni a instaurare,
tra i bambini abitanti dei circa 50
container e i coetanei dei fabbricati
stabili, un’atmosfera di fiducia e di
incontro, al fine di sottrarli ad un
isolamento sterile nei confronti di
entrambi. I docenti si sono trovati a
constatare come siano stati annullati
dal trasferimento i risultati, non
soltanto scolastici, ottenuti a costo
di fatica non indifferente. Il campo
di Castel Romano, in cui i piccoli
sfollati sono stati condotti, non
offre occasioni di interazione tra
culture differenti: si tratta di un
campo mono-etnico, isolato, recintato. Il terreno su cui erano sistemati i container da circa 15 anni
è stato ora trasformato in terreno
edificabile, mano tesa ai costruttori ansiosi di mettervi mano.
Prima ancora dello smantellamento, erano state elaborate diverse idee circa un differente
sfruttamento dell’area. Ad oggi si
discute se ricavare una zona in cui
trasferire il sito AMA della Pontina, confinante ora come ora con
un centro agonistico, in maniera
da consentire l’estensione di tale
centro. Peraltro questo ne incrementerà l’utenza e il fatturato.
Casualmente.
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Prenestina bis: un "fantasma" d'asfalto
L
a storia della Prenestina
Bis parte dalla fine del
2006, quando viene dichiarato lo stato di emergenza nel
settore del traffico e della mobilità della Capitale. In quel contesto di allarme viene approvata,
con un'ordinanza firmata il 27
ottobre 2006, la costruzione di
un'arteria stradale parallela alla
via Prenestina, in direzione del
GRA, che contribuisca a
sbloccare uno dei nodi di traffico
più critici della città e a migliorare la viabilità dell'intero quadrante est. Il progetto, già
concepito negli anni '80, porta il
nome di Prenestina Bis: quattro
corsie, spartitraffico e mura laterali, un’ampiezza di 21 metri e
una lunghezza circa 2 km. Una
sorta di tangenziale, collegata in
entrata con via Palmiro Togliatti
e in uscita con via Longoni.
Il progetto, però, non sembra tenere conto (o forse preferisce non
farlo) del parco di Tor Tre Teste,
che verrebbe letteralmente
sventrato, determinando danni a
livello non solo ambientale, ma
anche sociale.
Nella zona di Tor Tre Teste,
infatti, che risulta quella
maggiormente interessata dal
passaggio della Prenestina bis,
così come previsto nel progetto
originario la "tangenziale" ad alta
velocità, verrebbe realizzata a
pochissimi metri dalle abitazioni
di alcune vie del quartiere e
attraverserebbe, annientandolo, il
parco, molto caro anche agli abi-
tanti dei quartieri limitrofi. Sotto le
ruspe, insieme al polmone verde, finirebbero anche le strutture sportive
della zona. L'infrastruttura, inoltre,
eliminando alcune vie (via Candiani
e via Targetti), chiuderebbe i collegamenti con il quartiere Quarticciolo, l'attraversamento del quale è
necessario per arrivare su v.le
Palmiro Togliatti, punto di collegamento fondamentale per i cittadini
di Tor Tre Teste, creando, così, non
pochi disagi sia ai residenti che si
spostano con mezzi privati, sia a chi
usufruisce dei mezzi pubblici.
A raccogliere la voce dei cittadini
dell'intero Municipio, il VII, i Comitati di Quartiere e gli organi politici municipali che, all'unanimità,
hanno portato avanti una costante
pressione sul Campidoglio, prima
con la giunta Veltroni poi con il
sindaco Alemanno, per la modifica
del progetto originario della Prenestina Bis.
Nell'ottobre del 2009 l'ennesimo
sit-in del Comitato di quartiere
di Tor Tre Teste, coinvolge cittadini, associazioni sportive e
l'organo politico municipale al
completo. "La prenestina Bis, così
come concepita su carta, non la
vogliamo. Sarebbe uno scempio
per il quartiere", dichiarava il
presidente del comitato,"non risolverebbe i problemi di traffico
senza
collegamento
col
Raccordo, creando disagi di
inquinamento acustico, distruzione di verde e svalutazione
delle case di chi vive qui". Al
centro della manifestazione la
richiesta di interramento del
tratto di strada compreso tra via
Targetti e via di Tor Tre Teste,
per arginare il rischio di danni
ambientali e disagi per i cittadini.
Il Consiglio Municipale fa vaghe
e inconsistenti promesse di rivisitazione e approfondimento del
progetto iniziale senza alcun do-
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cumento concreto.
Intanto, nel parco vengono posti dei coni di cemento a delimitare il tracciato della nuova
arteria, allarmando di nuovo i
cittadini e segnalando l'apertura
dei cantieri. Anni di incontri,
trattative, petizioni e dichiarazioni di intenti che sembrano
destinate a finire nel nulla.
All'improvviso la notizia di una
presa di posizione istituzionale
che sembra essere, finalmente,
concreta.
8
Grazie allo stanziamento di 13,7
milioni di euro, affermano dichiarazioni ufficiali, la Prenestina
Bis sarà interrata nei cinquecento
metri corrispondenti alla superficie che dovrebbe rubare al
parco. Sembra che, per questa
volta, i cittadini abbiano ottenuto
una vittoria, addirittura il sindaco
fa loro visita per un brindisi con
la giunta comunale. Ovviamente
non era tutto come sembrava.
Mentre il primo tratto di strada,
da via Longoni fino a Tor Tre
Anno VI - Numero 2
Teste esclusa, è quasi completato, i
lavori su questo secondo tratto cominciano con la recinzione della
prima lingua di parco, le ruspe iniziano a scavare, scavare, scavare. Poi
la notiziona: le Casse Comunali sono
ormai vuote da tempo, non ci sono
più i soldi da destinare a opere e
servizi. I lavori si bloccano, del
cantiere deserto rimane solo la recinzione e una profonda buca, in
una parte di parco inutilmente
inaccessibile.
Nel settembre 2012 una nuova recinzione di ulteriori spazi verdi, che
chiude il passaggio per lo spostamento a piedi dal quartiere a via
Prenestina e viceversa, sorprende i
residenti del quartiere al loro rientro
dalle vacanze: il "cantiere fantasma"
riapre. Di nuovo, però, i lavori si
interrompono per mancanza di
fondi e di un cronoprogramma.
Come dal principio, abitanti e titolari di attività commerciali di Tor
Tre Teste sono quasi totalmente
all'oscuro della realizzazione di
quest'opera. Si va avanti tra i passaparola e le notiziole da bar, che
danno vita quasi a delle leggende
metropolitane. La più accreditata è
quella del ritrovamento archeologico di una villa romana nella zona di
parco recintata, che ha determinato
l'interruzione dei lavori, di nuovo.
Altre voci fanno riferimento al patto
di stabilità.
Il mistero s'infittisce sempre di più e
l'andamento quasi barzellettistico
della vicenda non solleva affatto gli
animi di questo piccolo quartiere
che fin'ora è solo stato privato, a
lungo, di una parte del parco, sua
unica vera grande ricchezza
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Anno VI - Numero 2
Yes We Can 2.0
Le elezioni presidenziali statunitensi del 2012
A
merica, il meglio deve
ancora venire! - Con
questa frase Barack
Obama ha infiammato la
platea democratica accorsa al
suo Quartier Generale di Chicago per festeggiare la rielezione a Presidente degli Stati
Uniti d’ America. Vincitore sia
nel voto popolare (50,6% per
lui, 47,8% per lo sfidante repubblicano) sia nei Grandi
Elettori ( 332 a 206), Obama
ha agevolmente ottenuto la riconferma alla Casa Bianca fugando i dubbi di molti che
durante la campagna elettorale
pensavano che in realtà il
confronto elettorale si sarebbe
risolto o in un serrato testa a
testa
( come nel 2000
tra Bush e Al Gore) o addirittura
in una vittoria del candidato repubblicano, l’ex governatore del
Massachusetts Mitt Romney. Dopo essere stato investito dal Partito
Repubblicano della carica di
candidato alla Casa Bianca
(Convention repubblicana del 27
agosto), Romney aveva accentuato
le sue critiche all’ amministrazione Obama già esposte nel corso
repubblicane
delle
primarie
svoltesi tra gennaio e giugno ( che
ha vinto) proponendo il suo modello di Stato, molto vicino a
quello liberista thatcheriano-reaganiano e in netta opposizione alla
socialdemocrazia liberal -riformista keynesiana messa in atto da
Obama nel suo primo quadriennio
da presidente. Da parte sua Oba-
ma si è limitato, nelle fasi iniziali della campagna ( è stato
formalmente investito della
carica di Ricandidato alla Presidenza dal Partito Democratico nella Convention
svoltasi dal 3 al 6 Settembre),a
sottolineare i punti del programma di Romney che
avrebbero affossato il Paese e a
difendere il suo bilancio presidenziale. Il bilancio dell’ azione governativa di Obama,
fortemente
criticato
da
Romney , è daltronde riassumibile nei seguenti punti:
l’annuncio del progressivo ritiro delle truppe dall’ Afghanistan,
l’eliminazione
di
Osama Bin Laden, l’ approvazione della legge sanitaria
Novembre/Dicembre 2012
(detta “ Obamacare” e giudicata conforme alla carta
fondamentale dalla Corte Costituzionale poco prima delle
elezioni) e il salvataggio di
banche e aziende automobilistiche ( Chrysler) grazie
all’intervento
statale.
La
strategia di Obama in effetti,
non si era rilevata in un primo
momento vincente vista la
vittoria ottenuta da Romney
nel primo dibattito televisivo
(giungendo con questa nei
sondaggi a ridosso del presidente uscente o addirittura
superandolo). In quel momento però Obama ha avuto
il sostegno di due alleati
importanti: da una parte il sostegno di 68 scienziati vincitori di Premi Nobel che in
una lettera aperta hanno dichiarato che il programma
dell’ ex senatore dell’Illinois
era il più favorevole per la ricerca e la scienza (19 Ottobre), dall’altra il sostegno della
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coppia politica più importante
degli Stati Uniti: Bill e Hillary
Clinton. L’ex Presidente degli
States (dal 1992 al 2000),nonostante gli screzi avuti nel 2008
con Obama (poi risolti dall’
attuale presidente dichiarando
di vedere nella presidenza
Clinton un modello), si è impegnato in prima persona in sostegno del Presidente uscente
sostituendolo anche in alcuni
comizi elettorali nell’ ambito
dell’ emergenza per l’uragano
Sandy. L’ex Segretaria di Stato
agli Esteri (2008-2012) nonché
ideatrice della Riforma sanitaria
già sotto la presidenza Clinton
ha fortemente aiutato il candidato Obama assumendosi tutte
le colpe circa l’attentato subito
dall’ ambasciata USA a Bengasi
facendo quindi da parafulmine
all’ ex avversario (si erano sfidati
nelle primarie democratiche del
2008) rispetto agli attacchi dei
repubblicani. Molti vedono peraltro Hillary Clinton come
Anno VI - Numero 2
prossima presidente degli States
per la competenza e l'abilità
diplomatica,
qualità
uniriconosciutele.
versalmente
Chissà se gli Stati Uniti dopo
aver eletto nel 2008 il loro primo presidente afro-americano
riusciranno a completare la rivoluzione culturale facendo
accedere allo Studio Ovale una
donna, evento a cui ,ad
esempio, la Francia non si è dimostrata pronta (vedasi la
sconfitta di Ségolène Royal nel
2007). Nell’ attesa del 2016 il
Sogno Americano continua con
Obama e non con Romney,
con gli investimenti in scuola,
ricerca e sanità pubblica (punti
importanti del programma
elettorale, riaffermati da Obama nel memorabile ed emozionante
discorso
della
rielezione) invece che con
politiche liberiste di triste e
bushiana memoria.
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Anno VI - Numero 2
Scorci di uno scambio
I
l consueto scambio culturale,
che la nostra scuola porta
avanti ormai ogni anno, ha
compiuto il suo quindicesimo
compleanno. La collaborazione
Albertelli-Vasaskolan ha portato
a settembre ventitre ragazzi e ragazze italiani a fare esperienza di
un paese tutto da scoprire, la
Svezia, attraverso due realtà
piuttosto diverse tra di loro: la
cittadina di Gävle, tranquillo
centro a nord di Stoccolma, e
Stoccolma stessa, la capitale, città
vivace e affascinante, fulcro vitale
della Svezia. Queste due realtà
presentano varie sfaccettature di
un paese spesso considerato uno
stato modello; noi abbiamo provato a sperimentarle, a viverle.
La Svezia, paese origine del Welfare State, il paese dove funziona
tutto e dove chiunque vorrebbe
vivere, se non fosse per la poca
luce del sole, e dove eppure si
sentono le conseguenze della crisi
e la pressione fiscale; la Svezia,
paese di boschi e laghi, paese di
legno, di carta e di cemento; la
Svezia, zona di vichinghi, patria
di Carlo Linneo, Alfred Nobel,
Astrid Lindgren, terra di Ibrahimovic, ABBA e IKEA, paese di
gente civile e attenta; la Svezia di
Gävle e la Svezia di Stoccolma;
soprattutto, la Svezia dei nostri
nuovi amici svedesi.
La Svezia come l’abbiamo vista
noi, nella nostra esperienza dello
scambio culturale.
Partecipare a questo scambio è
stata una delle migliori esperienze
che io abbia fatto quest’anno, non
solo dal punto di vista culturale,
ma anche da quello umano, per la
relazione che si è instaurata tra
me e la ragazza svedese. È stato
un modo per conoscerci e
confrontarci e la particolarità è
che questa relazione continua
tutt’oggi attraverso Internet.
(Elèna Cipolline)
L’esperienza dello scambio è stata
indimenticabile, perché ci ha fatte
crescere e conoscere persone
fantastiche, italiane e svedesi.
Quelle che sono state, anche se per
un periodo breve, le nostre famiglie, hanno fatto di tutto per assecondare il nostro entusiasmo e farci
amare il soggiorno nella loro
piccola cittadina. Ma anche la
bellezza della Svezia, con la sua aria
fresca e pura, con le sue casette
rosse, con la sua natura mozzafiato
e con i suoi buonissimi Candy
Shop, ci ha fatto quasi rimpiangere
di tornare nella nostra caotica e
pittoresca Roma. Consigliamo a
tutti di provare questa esperienza
che vi permetterà di conoscere un
popolo e una cultura molto vicina
alla nostra, ma al tempo stesso diversa… Unica raccomandazione:
portatevi una tuta da sci!
(Silvia Pellegrini e Chiara Valeri)
Andare in Svezia è stato come
entrare all’improvviso in una
cartolina: l’impatto di un paese così
diverso dal nostro mi ha lasciata
confusa e stupita per giorni. Eppure
non c’è niente da fare: Roma è
sempre Roma. E la scintilla negli
occhi della mia svedese, quando le
ho mostrato il panorama dal Parco
degli Aranci, è stata impagabile.
Della Svezia mi è rimasto il piacevole vento freddo e puro di mattina, l’odore di cannella nelle
caffetterie, la precisione, la pulizia
delle fiabesche strade di Stoccolma,
quella piccola invidia di ogni svedese nel vederci così vivaci e sicuri
e il loro piccolo, piccolo desiderio
di voler essere un po’ più italiani.
(Lucia Fioravanti)
Descrivere tutto in cinque righe?
Per me si potrebbe racchiudere in
due semplici parole, spesso fortemente in contrasto: bello e difficile.
Appena sono arrivata pensavo
non sarebbe stato fattibile: dalle
case alle abitudini, dalla cultura
alla lingua, tutto era diverso da me
e da ciò che ho sempre avuto. La
stanchezza era tanta, specialmente
quando poi sono arrivati e “gli
svedesi” sono diventati gli ospiti,
ma ce l’abbiamo fatta. Tutti insieme, senza troppi problemi, siamo
riusciti a gestire la situazione. E
per quanto possa sembrare un clichè, nonostante non sia andato
tutto per il verso giusto, considero
questa come una delle pochissime
esperienze che non potrò mai togliermi dalla testa. Le persone, i
luoghi, è stato tutto così meraviglioso che non sarà poi tanto
semplice dimenticare.
(Micol Cocchia)
La Svezia è un paese freddo, si sa.
Eppure è incredibile come in una
piccola casetta rossa di un
sobborgo di Gävle abbia potuto
trovare un caldo che sapeva di
casa. Sono diventato parte, per
dieci giorni, di una famiglia svedese. E per me questo è molto più
importante dell’inglese migliorato,
delle nuove cose viste, delle attività svolte. Quando ti senti parte
di qualcosa, è difficile separartene.
E infatti tornare a casa non è stato
facile. Non è stata neanche la
stessa cosa ospitare lui da me:
molte, troppe difficoltà, stress,
giornate infinite… Ma alla fine ha
funzionato. Si è divertito, ci siamo
divertiti, ci siamo conosciuti, siamo diventati amici. E alla fine, la
mattina in cui è ripartito, mi ha
detto l’unica cosa che poteva
dirmi, l’unica parola che ho potuto dir loro anche io al momento
della partenza, l’unica parola che
poteva riempirmi di soddisfazione: “Grazie”.
(Filippo Cicchetti)
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Anno VI - Numero 2
L' angelo
L
e ossa si trovano lì da anni,
ormai. Forse da secoli.
Tappezzano il terreno per
miglia e miglia, e su di loro troneggia sempre l'ombra di
quell'albero maestoso. Non è un
albero normale, no. Il peggiore
dei demoni ha disegnato il suo
tronco, dipinto ogni suo ramo del
colore più scuro. Se ti avvicinassi,
sentiresti soffiare nel vento urla
raccapriccianti. Se guardassi bene,
noteresti la sagoma di mille volti
che pendono da quei rami scarni
e spettrali; incroceresti lo sguardo
di mille anime dannate che non
sono potute sfuggire a quella fine;
e ti coglierebbe la consapevolezza
che neanche tu sfuggirai, mai, a
quello stesso e identico destino.
Se fissi l'albero troppo a lungo, le
teste si volgono a guardarti.
Da tempo immemore si staglia di
fianco al tronco anche la figura di
un uomo. Il capo chino, gli occhi
chiusi, le sue dita vagano su quel
che sembra un flauto e nel vento
si possono udire le evoluzioni di
una musica divina. Le teste che
pendono sono il suo uditorio;
proteggono l'uomo; sussurrano il
suo nome, Orfeo, e narrano la sua
triste storia. Questo è il suo
inferno privato, l'inferno al quale
è stato condannato dopo una vita
già molesta. Nelle note della sua
anima aleggia il ricordo di
quell'amore mai dimenticato, riecheggia un nome che rievoca un
volto: Euridice. I suoi occhi privi di
luce, il suo sguardo spento ed evanescente che svaniva nei vapori degli inferi quando lui aveva osato
guardare il volto dell'amata. Ha
perduto tutto ciò che aveva con
quel solo gesto.
Spesso, sul volto di Orfeo le lacrime
brillano come perle.
L'albero dei dannati e il profilo del
musico sono solo una visione nel
luogo in cui mi trovo io. Un quadro
perfetto e malinconico; una delle
tessere di questo grande mosaico.
Da qui, io non posso muovermi.
Sono condannato alla solitudine
poiché in vita sono stato sempre solo e sempre ho negato la mia fiducia
alla gente. Immaginare è tutto quel
che mi è concesso: perciò la mia
mente divaga e non saprei dire da
quanto tempo sono morto né
quante volte ho rimpianto i miei
peccati e riversato lacrime, in questo cupo silenzio dove echeggia una
musica divina e lontana.
A volte vorrei aver fatto alcune
scelte, invece che altre. E mi chiedo
se oltre a questo inferno ci sia anche
un paradiso.
Un giorno compare una nuova tessera, nel mosaico. Non saprei assegnare un nome alla figura dalle
sembianze umane che si muove
lungo questi bordi infernali.
Dapprima si dirige verso Orfeo;
si china di fronte a lui; la musica si spezza e i volti che
pendono cominciano a urlare.
Non so cosa stia succedendo; lo
status quo sta per cambiare; mi
chiedo se in meglio o peggio.
Quando l'uomo lascia l'albero,
le anime dei dannati sono
scomparse e di Orfeo e della
sua musica non c'è più traccia.
Ora l'uomo si dirige verso di
me. E per la prima volta da
quando sono morto, torna la
paura.
La prima cosa che scorgo nel
suo sguardo è il sorriso. Sottile
e malefico. I suoi occhi
lampeggiano come dardi. Cosa
vuole? Poi la figura mi appare
nell'insieme più nitida: scorgo
delle ali bianche, lunghi capelli
biondi. Una carnagione pallida.
Cerco di allontanarmi; ma non
posso: sono solo e solo devo
restare, perciò non mi è
concesso muovermi. Allora
penso: se solo devo restare,
all'angelo
è
permesso
raggiungermi?
Non lo so. Sento i suoi passi e
rabbrividisco. Sento la sua voce
– voce? Sì, l'angelo sta sibilando qualcosa, da lontano.
Anche la sua voce è sottile come le sue labbra; affilata come
una lama.
Novembre/Dicembre 2012
Non posso muovermi, non posso.
Ho paura. Ma cosa può capitarmi
di male? Morto sono già morto, e
sto scontando la mia pena. Ma è
la fine?
Un'ombra mi avvolge. L'angelo è
qui; mi sovrasta il suo sguardo
demoniaco. Il suo sorriso.
Vorrei gridare.
«Non aver paura, non ti voglio
fare del male» mi dice l'angelo.
«Io ti voglio aiutare. Come ho già
aiutato Orfeo, e le anime di
quell'albero. Come ho aiutato
molti altri, ora vorrei offrire il
mio aiuto anche a te.»
Rimango in silenzio; sto tremando.
«Una possibilità» continua l'essere.
Non ho mai provato a parlare, da
quando sono morto; non mi
avrebbe ascoltato nessuno. Non
ho intenzione di provare a farlo
ora.
«Puoi rimediare a ogni tuo errore.»
Non capisco.
«Nascere una seconda volta.
Cancellare ogni tua azione e poter fare le scelte che ora
rimpiangi di non aver fatto.»
Sta scherzando? mi chiedo.
«Basta solo una firma qui» rivela
l'essere, porgendomi un foglio
bianco con una penna d'argento.
«Una firma qui e lascerai questo
inferno.»
«A che condizione?» dico, la voce
lieve.
«C'è scritto tutto nel contratto. Ci
rivedremo presto, e tu farai ciò
che ti dirò.»
Sento scivolare il foglio fra le mie
dita, e anche la penna. Non so
cosa fare. Cosa può andarmi
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peggio? Firmare o rimanere relegato
in quel posto orribile per l'eternità?
Orfeo e le anime dannate hanno
firmato. Firmo anche io.
L'angelo sorride.
Il foglio svanisce e svanisce anche
tutto il resto. Piombo nell'oscurità.
Quando mi sveglio mi sembra tutto
un brutto sogno. L'inferno. Orfeo.
L'angelo. Ho un mal di testa atroce.
Mi alzo a fatica, getto istintivamente
l'occhio sul comodino. C'è una
scatoletta: c'è scritto il mio nome. Da
dove viene? La prendo fra le mani,
esitando, ed esitando la apro.
C'è uno specchio. La sua superficie è
opaca, impolverata. In alcuni punti
appare addirittura spezzata. Non
riesco a capire. L'unica cosa che
posso fare, è guardare il mio riflesso.
I colori si frantumano, le figure
sbiadiscono in ombre indefinite.
Cosa succede alla mia vista? Guardo
meglio nello specchio. Scorgo un
verde molto scuro. E sono squame
quelle che vedo? Poi nell'immagine
fa incursione anche una lingua affusolata, uno strano sibilo di sottofondo.
Anno VI - Numero 2
Non ho più mani. Non ho più
gambe. Non è mio quel corpo.
Non sono io a strisciare fra le
lenzuola, a scivolare sul pavimento per guardare il mondo dal
basso. Non posso sbattere le
palpebre. Non ne ho più.
Imprigionato in un corpo da
serpente.
Non è mia la stanza in cui mi
muovo, l'appartamento in cui mi
trovo. Avanzo sul pavimento,
esco dalla porta e continuo ad
avanzare nel corridoio. C'è una
famiglia: madre, padre, figlio di
pochi mesi. Si trovano tutti nel
salotto, seduti attorno a una tavola
apparecchiata. Ridono, scherzano.
Dentro mi monta un'oscura
rabbia.
Penso all'angelo e al suo tranello,
mentre la fame mi costringe a
imbrattare le pareti di sangue. Il
bambino urla. Riaffiora l'immagine di quell'albero infernale.
E, quando ho finito, mi coglie un
unico pensiero.
Sono di nuovo solo.
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Anno VI - Numero 2
UNO!
R
ichard Bach prima di essere uno scrittore, è un
pilota. Un pilota con un
animo sensibile, che manifesterà
nelle sue opere narrative, successivamente. I suoi romanzi risentono grandemente della sua
passione per il volo, tanto da esserne completamente invasi.
Bach arriva a delineare il “volo”
come mefora della vita e le “ali”
come strumenti necessari per viverla. Questi elementi caratterizzano la narrativa di Bach, dal
romanzo “Il gabbiano Jonathan
Livingston” a, appunto “Uno”.
Ed “Uno” non è tanto un romanzo, quanto un trattato filosofico, sotto forma di romanzo, alla
portata di qualsiasi lettore.
La trama è semplice e leggera, il
linguaggio spontaneo e scorrevole, colloquiale. L’autore sembra
instaurare un vero e proprio
rapporto a tu per tu con il lettore,
che si sente protagonista insieme
a lui dell’intero romanzo.
Nella finzione letteraria lo stesso
Richard Bach viene, insieme alla
moglie Leslie Parrish, coinvolto
in un’avventura particolare, deliziosamente surreale.
I due coniugi si trovano a bordo
di un idrovolante, Richard è alla
guida, Leslie accanto a lui. Sono di
rientro da un lungo volo e, giunti
nei pressi di Los Angeles, si preparano all’atterraggio. Iniziata la
manovra, ecco che accade
qualcosa, qualcosa che loro stessi
faranno, anche in seguito, fatica a
spiegarsi. Sotto di loro, dove pochi attimi prima di estendeva la
città, ecco una distesa immensa di
acqua, senza alcuna visione di
terra all’orizzonte. La radio è
fuori uso, sono completamente
soli e abbandonati a sè stessi.
Convinti di essere morti durante
l’atterraggio e di trovarsi in paradiso,
Richard e Leslie decidono di atterrare sull’acqua. Ma ecco che, ormai
prossimi all’atterraggio, l’acqua svanisce, l’aereo scompare e i nostri
protagonisti si ritrovano in un luogo
ad entrambi familiare: un hotel.
Qui inizia la loro avventura; era in
quell’hotel che Richard e Leslie, giovani, si erano incontrati per la prima
volta, ed ecco che i due coniugi, travolti in questa realtà parallela, vedono i giovani “loro stessi” uscire
insieme dall’ascensore e dirigersi
nelle rispettive camere.
A questo punto l’autore e sua moglie
si rendono conto di essere capitati in
una sorta di “mondo alternativo”, nel
quale è possibile incontrare sè stessi
nel proprio passato, presente e futuro.
Tuttavia, questo mondo risulta essere
molto particolare, in quanto esso non
riporta semplicemente tutta la loro
vita, da quando sono nati a quando
moriranno, ma ogni possibile vita
alternativa che essi avrebbero potuto
avere. Si presenta come un immenso
labirinto gremito di bivii che
rappresentano le varie scelte che
loro stessi avrebbero potuto
intraprendere in ciascun’ occasione della loro vita.
Ed ecco che Richard potrebbe
essere chiunque, potrebbe non
aver mai incontrato Leslie, potrebbe non esser mai divenuto
un pilota. Richad e Leslie sono
tutti, e tutti sono Richard e Leslie. Tutti siamo solo UNO.
A questo punto nascono spontanei grandi interrogativi: la nostra
vita è quindi già scritta? Il nostro
destino non è che un immenso
groviglio di strade intrecciate?
Bach ci dice che il destino non ci
indica la via, noi scegliamo in
che direzione andare, noi siamo
il nostro destino.
L’idea che si possa “dare
un’occhiata” a ciò che “sarebbe
potuto” o ciò che “potrebbe essere” ha sempre affascinato la
maggior parte di noi e questo libro può essere accolto come una
parziale risposta a tante domande che continuano a
rimbombarci nella testa.
E’ un romanzo che parla di tutti
noi, che ci fa riflettere sul fatto
che tu possa essere me, che in
fondo non siamo così diversi, ma
abbiamo solamente affrontato
SCELTE diverse.
C’è solo un unico grande UNO
che si manifesta in varie forme,
in varie persone, con vari interessi.
Sarebbe un atto di presunzione
recensire questo libro pretendendo di fornirne una guida
alla lettura. Ognuno utilizzi la
sua personale chiave di lettura.
Si metta in gioco. Affronti questo viaggio con sincerità e sete di
conoscenza, e Richard Bach saprà come soddisfarvi.
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Anno VI - Numero 2
Io e te
U
na folta chioma di
capelli ricci è la prima
immagine che si presenta davanti agli occhi. Siamo
nello studio di uno psicologo e
quella massa di capelli è un ragazzo di quattordici anni, Lorenzo. E' un ragazzo introverso il
nostro protagonista, che non
sopporta la compagnia dei suoi
coetanei, nè le preoccupazioni di
sua madre. Ha 'il sè grandioso'
dice lo psicologo. Lorenzo
semplicemente preferisce estraniarsi dal mondo e stare da solo.
Quale scusa migliore dunque di
una settimana bianca organizzata
dalla scuola per rifugiarsi nella
cantina del suo palazzo all'insaputa dei suoi genitori? Armato di
scatolette di tonno, nutella, fumetti, romanzi horror e vecchi
videogiochi, Lorenzo lascia fuori
dalla porta della cantina il mondo
con tutte le sue regole
incomprensibili.
L'isolamento
volontario però dura poco perché
all'improvviso irrompe nel rifugio la sorellastra, figlia di suo padre, Olivia, che per Lorenzo è
pressoché una sconosciuta. Olivia
è un'ex-tossicomane che vuole e
deve disintossicarsi dall'eroina e
costringe Lorenzo a condividere
con lei la cantina. Il rapporto che
nasce inizialmente come convivenza forzata evolve però piano
piano in un sottile processo di
avvicinamento e di supporto tra i
due fratellastri. La tensione
narrativa è tenuta viva da piccoli
gesti, senza brusche esplosioni
emotive, e da un avvicinamento
sempre graduale che sfocia nella
scena del ballo e in un abbraccio
pieno di malinconia e speranza allo
stesso tempo. Bertolucci torna dietro la macchina da presa dopo la
malattia che lo ha costretto sulla
sedia a rotelle e decide di portare
sul grande schermo il romanzo di
Niccolò Ammaniti che, effettivamente, sembra adattarsi perfettamente alle sue corde. Eppure, visti i
presupposti che lascerebbero presagire un'opera grandiosa e, conoscendo l'abilità del regista nel
raccontare storie di giovani alla
scoperta della propria identità e nel
costruire film racchiusi tra le
quattro mura di un’abitazione, il
film non riesce a convincere fino in
fondo. Inciampa, infatti, in alcuni
tratti di esasperazione evitabile, soprattutto nella parte iniziale, e, nonostante la forza emotiva della
scena del ballo, non riesce a
creare quell'atmosfera unica e
malinconica che ci saremmo
aspettati, lasciando in alcuni momenti il pubblico piuttosto
distante. Concludendo con la separazione dei due fratelli, che si
abbracciano per l'ultima volta e si
lasciano con una promessa, e il
fermo immagine del protagonista
finalmente sorridente, Bertolucci
lascia in sospeso il tragico finale
(scavalcando il romanzo) per lasciare allo spettatore un'illusione
di speranza per un ragazzo che
esce dopo una settimana di
cantina
profondamente
cambiato. Insomma, non sarà il
miglior film del mitico regista di
"Ultimo Tango a Parigi", ma è un
film di buona fattura, che al
giorno d'oggi non è poco!
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Anno VI - Numero 2
Cinep(h)ilo
007-SKYFALL (di Sam Mendes) Voto:
8
Stiamo capendo sempre di più quanto
gli americani abbiano compreso che
“film promettente ad alto budget” non
significa per forza “grande film”.
Molti film Marvel sono un esempio.
Ecco perché da un po' di tempo a
questa parte affidano questi film -che
dovranno assolutamente rimanere
impressi- a grandi registi: vengono in
mente la coppia Batman-Nolan su
tutte, ma anche Sherlock Holmes-Guy
Ritchie non è da disprezzare. E ora,
Sam Mendes ci ha regalato uno 007
mai così bello. Dimenticate l'elegante
staticità e l'azione dei film con Moore,
Connery e Brosnan. Già nei due precedente con Craig si intravedeva un
Bond diverso, più passionale, più venale, più violento. Qui, grazie ad una
sceneggiatura mai scritta meglio e ad
una messa in scena grandiosa, abbiamo la definitiva certezza che l'agente
che tanto abbiamo amato è un
semplice essere umano. Non ci sono
più flirt che durano un film intero.
Non ci sono più modi troppo formali e
figure ingessate. C'è la realtà, c'è uno
psicopatico che ha un conto aperto
con M, c'è un MI6 incapace di reagire
agli attacchi terroristici, c'è un Q giovincello (magari pure troppo...). C'è,
soprattutto, il più lontano passato che
ritorna. Girato in maniera impeccabile e interpretato ancora meglio,
Skyfall è forse la più alta forma in cui
un Bond movie potesse essere trasposto. Bella anche la canzone omonima
cantata da Adele. Ma Judi Dench (nel
ruolo di M) e Javier Bardem (nel ruolo
del cattivo Silva) sono le vere meraviglie. E Sam Mendes con loro.
TED (di Seth MacFarlane) Voto:
3
Un ragazzino di circa dieci anni,
John, della periferia di Boston, è
un po' chiuso, introverso, escluso
dai suoi coetanei. Per Natale i genitori gli regalano un
orsacchiotto. Lui lo chiama Teddy
e desidera, prima di
addormentarsi, che il pupazzo
prenda vita. Et voilà. Ted è uno
pseudo-essere umano e lui adesso
ha finalmente un amico. Bel modo per non diventare una persona
disadattata! Mettiamoci pure che
Ted diventa famoso in tutti gli
Stati Uniti e il gioco è fatto. Seth
MacFarlane, perché ti sei dovuto
rovinare così? Perché, almeno,
non ci hai messo un decimo del
carisma che riponi nei Griffin?
Perché, in una scena, hai dovuto
scomodare pure i sette nani di
Biancaneve? Perché uno che ha
per amico un orsacchiotto non
viene internato? E perché quello
stesso orsacchiotto non viene
preso dal governo americano e
studiato nell'Area 51? E infine:
perché una come Mila Kunis dovrebbe stare insieme ad un
trentacinquenne che ha paura dei
tuoni? Meditiamo...
MOONRISE KINGDOM (di Wes
Anderson) Voto: 9
A tre anni dalla sua ultima opera di
animazione, Wes Anderson torna
nel migliore dei modi, facendoci
capire quanto il cinema possa essere una fonte di creatività
straordinaria. L'uso coerente, deciso e consapevole della macchina
da presa, il suo altissimo livello di
dinamicità (per altro rintracciabile
in pochissimi cineasti), ci fa entrare nel microcosmo di una piccola
isola vicino al New England, nell'
anno 1965. Un ragazzino di dodici
anni, Sam, orfano e malvoluto dagli amici, scappa dal camp scout in
cui si trova per stare con la coetanea e fidanzatina Suzy. Iniziano le
ricerche disperate da parte dei genitori di lei (grandiosi Frances
McDormand e Bill Murray), del
capo scout e del sergente di polizia
della città (rispettivamente Edward
Norton e Bruce Willis, piacevolmente insoliti).
Tra improbabili aneddoti molto
alla Tim Burton e dialoghi subdoli,
Anderson ci regala un film precisissimo e attento sia ai personaggi
che all' aspetto tecnico in sé per sé:
meravigliosi infatti i costumi e le
scenografie, seguiti poi dalle musiche di Alexandre Desplat.
In più, che dire sul ballo che fanno
in riva al mare i due piccoli protagonisti innamorati? Sembra di vedere l' Una Thurman e il John
Travolta di Pulp Fiction con quarant'anni di meno.
Novembre/Dicembre 2012
REALITY (di Matteo Garrone) Voto: 3
Matteo Garrone, dopo lo strasuccesso di “Gomorra”, poteva dire
con questo film: -Signori, io sono il
più grande regista italiano vivente- .
Poteva dirlo. Ma sfortunatamente,
con questa sua ultima opera, non ci
sono i presupposti. La storia, in sé, è
bella e specchio della nostra società
italiana: un pescivendolo napoletano
(Aniello Arena, che sorpresa!) decide di fare un provino per il Grande
Fratello. Vedendosi non ricevere la
fatidica chiamata per l'entrata nel
programma, inizia ad avere la
certezza che Mediaset mandi nel suo
quartiere alcune persone per vedere
come si comporta nella vita. Diventa
un'ossessione (tutto ciò fa molto
Truman Show) e quasi cade in depressione. Garrone però, con i suoi
piani sequenza alla Antonioni che
tanto lo hanno reso grande (“Primo
Amore” e lo stesso “Gomorra” ne
sono una testimonianza), la tira
troppo per le lunghe e annoia. E
pure parecchio. La rivista americana “Variety” lo sottolinea. Moretti, a
Cannes, gli ha regalato un gran premio di giuria da rivedere. Per il resto, ineccepibili la direzione
attoriale e le prove singole,
incantano la sequenza iniziale e finale, che, da sole, valgono più di
tutto il film messo insieme. Tutto il
resto, però, è un esercizio di stile;
anzi, è semplice noia e, purtroppo,
non ho detto gioia.
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L'AMORE IMPERFETTO (di
Francesca Muci) Voto: 6
Film tratto dal romanzo ''L'amore
è imperfetto '' di Francesca Muci,
che racconta la travagliata vita di
una trentacinquenne di nome
Elena. Tutto il film si concentra
nel 2012 con vari flash-back che
ci portano indietro di sette anni.
Nel 2005, Elena, grazie ad una sua
amica ,conosce Marco, famoso
fotografo di successo, e se ne
innamora. Dopo due anni di
convivenza nasce il desiderio di
costruire insieme una famiglia,
ma tutto ciò viene distrutto
quando Elena inaspettatamente
scopre che Marco la tradisce con
un uomo. Così si chiude dentro di
sé, banalizzando i rapporti e
capendo che l'uomo che credeva
''perfetto'' non esiste. La situazione si complica ulteriormente
quando scopre di essere incinta e
decide di lasciare il bambino al
padre. La storia ritorna al 2012
quando, aiutata da Ettore, un suo
amico, Elena si trova a soccorrere
una ragazza di nome Adriana.
Con questa nasce subito un
qualcosa di speciale, e grazie alla
sua disinvoltura da diciottenne,
riesce a mettere in crisi i sentimenti di Elena. Così la donna si
trova a vivere due sentimenti
paralleli ma opposti e fino alla fine del film non riesce e non vuole
scegliere. Inizia per lei proprio ciò
che è successo a Marco: due storie
parallele. Una con Ettore, uomo
maturo e responsabile, e l'altra
con Adriana, ancora troppo
piccola in un mondo troppo
grande. Un film che merita di essere visto con ottimi attori che
riescono ad interpretare i propri
personaggi a pieno.
Anno VI - Numero 2
VIVA L'ITALIA (di Massimiliano
Bruno) Voto: 5
-Ma come?! Io è da tre ore che faccio
la fila e questo qua mi passa avanti
così!
-Vede signorina, la cosa è facile, le
spiego: io sono ricco e salto la fila. Lei
è povera e si attacca al c***o.
Come per dire: “Io so' io, e voi nun
siete 'n c***o”.
E potremmo riassumere semplicemente con queste battute l'analisi
sull'Italia fatta da “Viva l'Italia”. Un
politico, Michele Spagnolo, candidato
primo come presidente del consiglio,
si sente male mentre assiste allo spogliarello di un' escort. Da qui segue
quello per cui ardiamo da tempo:
ovvero la nascitura follia (ricercatrice
di vera verità per tutti noi poveracci e
comuni mortali) di un potente, che
oltre a scombinare le vite dei tre figli
(Angiolini, attrice cagna con la
zeppola, Gassman, amministratore
delegato di un'azienda che smista in
tutte le mense italiane cibi scaduti, e
Bova, medico in un reparto zeppo di
macchinari rotti e pochi pazienti), da
un momento all'altro inizia a far
saltare tutti i bulloni che compongono quel grande marchingegno chiamato: potere! E allora ecco l'analisi di
“Viva l'Italia”: un'analisi che, nonostante sia fatta con toni comici, ci lascia un terribile quanto reale amaro
in bocca.
Cast in perfetta forma e azzeccatissimo (su tutti Raoul Bova stupisce), con
un sempre bravo Placido. Massimiliano Bruno (influenzatissimo, fra “Il
marchese del Grillo” e “Il portaborse”) ha fatto di nuovo centro, dopo “Nessuno mi può giudicare”: sa
come usare gli stereotipi ed innalzarli
a riflessione, e di rado li rende
semplici macchiette che sminuiscono
la commedia stessa. Qui, in sintesi, la
riflessione è una: corsi e ricorsi storici. Dispiace che per farlo si debba
appigliare in ogni scena alla volgarità.
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Anno VI - Numero 2
Delitti su commissione: Assassin’s Creed III
T
ra le recensioni comunque molto positive
della nuova uscita della
Ubisoft si scorge comunque
qualche piccolo difettucciononostante sia difficile trovare
qualcosa che non vada nel nuovo
capitolo della serie Assassin’s
Creed 3. Strepitoso il contesto
storico richiamato dai creatori
che hanno voluto richiamare
l’attenzione su un periodo dalla
complessità quasi unica. Avvenimenti come quelli della rivoluzione americana con il
massacro di Boston e tanto altro
difficilmente possono trovare
eguali.
Eppure a svelare le pecche c’è la
recensione del sito “gamesblog.it”
che fa notare dove fa capolino
qualcosa di sbagliato all’interno
di un comparto semi-perfetto:
“Nonostante la straordinaria
opera di ricostruzione degli
ambienti urbanizzati e dei territori selvaggi, comunque, nel
computo degli aspetti positivi e
negativi della grafica non si può
non tenere presente che la
complessità artistica delle colonie
americane nel tardo 1700 non è
minimamente paragonabile a
quella delle città rinascimentali
di ACII: per ricreare Firenze c’è
voluto il triplo del tempo che è
stato necessario agli sviluppatori
canadesi per dare forma alla
Frontiera, e questo, purtroppo,
non si riflette solo nella ricchezza
di dettagli delle ambientazioni
naturali ma lo si nota anche dalla
ripetitività che affligge i quartieri
colonici di Boston e di New
York.”
Come in ogni action sandbox che
si rispetti, anche Assassin’s Creed
III cade ogni tanto preda di bug, di
glitch e di errori di programmazione vari, dalle animazioni nelle
sessioni a cavallo alle bizze
dell’interfaccia dell’Animus alla
fine di ogni Sequenza, fino ad
arrivare agli artefatti nelle texture,
alla compenetrazione dei modelli
poligonali e ai ritardi nel caricamento in streaming degli elementi
in lontananza. Le montagne russe
qualitative della grafica, grazie al
cielo (!), evitano di riverberarsi sul
comparto audio e su tutto ciò che
ha a che fare con la colonna sonora. Il doppiaggio in italiano, per
esempio, è così accurato da
comprendere sia i dialoghi tra i
personaggi principali che le centinaia di frasi “di supporto” pronunciate dagli strilloni, dalle
guardie e dai semplici passanti.
Gli scontri navali sono tra i pochi
elementi d’innovazione “pura” di
un titolo che, al netto della
Frontiera e di tutte le attività “secondarie” ad essa correlate, dimostra comunque di rimanere
ben ancorato alla tradizione dei
capitoli passati e di esserne fedele
all’impostazione di fondo: la gestione della Gilda degli Assassini,
la ricerca dei tesori e delle piume,
le missioni di consegna della posta
e le attività sovversive per riportare i quartieri di Boston e
New York sotto il controllo della
Confraternita, infatti, non fanno
che ricalcare gli obiettivi e le
missioni secondarie che hanno
contraddistinto l’esperienza di
gioco dei precedenti episodi della
saga.
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Scatti da matti
Foto V Ginnasiali
Anno VI - Numero 2
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Il Pilo veste PRADA !
BB! reLOVEution
Tutti la amano, tutti ne parlano; ma… cos’è la BB cream??
BB sta per “blemish balm” ed è un prodotto cosmetico che in un solo gesto garantisce risultati sensazionali.
Dove nasce.
Il suo utilizzo è stato per la prima volta lanciato da alcuni vip coreani che hanno cominciato a testarla e,
attraverso il passaparola, intuite le potenzialità della crema, si è arrivato all’introduzione del prodotto sul
mercato per opera di diverse case cosmetiche.
Oramai le BB sono vendibili dalle profumerie ai supermercati e sono diventate un vero “must have” nella
collezione di trucchi di ogni donna.
Caratteristiche.
Le BB si paragonano ai fondotinta e alle creme colorate, pur diversificandosi da queste ultime perché non
cambiano il colore della carnagione ma si amalgamano con essa rendendola più luminosa e perfetta, meno
finta, insomma, rispetto all’uso di un fondotinta.
Le creme in questione sono colorate e hanno quindi la capacità di coprire qualsiasi imperfezione, dai rossori ai
piccoli brufoletti o macchie cutanee nutrendo contemporaneamente la pelle in profondità.
Vantaggi.
Attenuano le imperfezioni
Illuminano l’incarnato
Sono fatte con prodotti naturali
Hanno proprietà anti età
Contengono una protezione media dai raggi solari
Sono idratanti
Ingredienti.
Le BB CREAMS sono realizzate con elevati standard di qualità', hanno proprietà antibatteriche e antiossidanti;
al loro interno contengono inoltre estratti di piante e frutta come: thè verde ,olio della pianta da tè e Arbutin
è un estratto della pianta dell’uva.
Oramai ne esistono di tutte le marche, dall’originale della “Misha” fino a quelle facilmente reperibili in Italia
di “KiKo” e “Garnier”.
Il prezzo è, inoltre, molto accessibile, si aggira intorno ai 10 euro.
Con le BB il trucco c’è, ma non si vede … veramente!
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Gazzetta del sabato sera
Mr. Brown
Mmm… oggi è sabato sera. Dove andiamo?
Mai stati da Mr. Brown? Bhè, noi sì, e vi possiamo assicurare che ne vale veramente la pena!
Si trova nel pittoresco quartiere di Trastevere, dietro Piazza Trilussa, precisamente in Vicolo del Cinque n°29.
Non fatevi intimorire dall’atmosfera buia e soffusa di una taverna medioevale, perchè dopo una chiacchierata
con il simpaticissimo barman Lorenzo e dopo aver assaggiato il suo speciale cocktail Woo Woo, vi possiamo
garantire che le fatiche di una stressante settimana scolastica saranno subito archiviate. Oltre ad essere
particolarmente disponibile infatti, Lorenzo è molto spiritoso e, colpo di scena, se riuscirete a farvi notare da
lui e ad entrarci in confidenza, probabilmente vi offrirà anche un piccantissimo shot (a voi scoprire cos’è!).
Infine c’è da dire che il locale è frequentato anche da molti turisti. Quindi, tranquilli, sarà una serata molto
spassosa e, magari, riuscirete anche a rimorchiare!
Femme
Tra luci psichedeliche, musica a tutto volume e shots a un euro, vi deve già essere giunta voce di Femme, il
locale più economico di Campo de Fiori e sicuramente uno dei più frequentati. Se avete voglia di fare nuove
amicizie e bere in compagnia un’intera brocca di sangria a soli 5 euro, questo è il posto adatto a voi. Dal design
moderno e fornito di una sala adibita a discoteca, può essere una buona alternativa per chi ama ballare. Unica
pecca è che, giustamente, i proprietari sono intransigenti con i minori di sedici anni e, in più, un punto in
meno per lo spazio un po’ ristretto!
Spettacoli al teatro Argentina
Tuttavia, perché non dedicarsi anche alla visione di un bello spettacolo teatrale? Vi segnaliamo qui di seguito
gli appuntamenti in programma al ben noto Teatro Argentina:
Dal 4 al 16 Dicembre
“Arlecchino servitore di due padroni” di Carlo Goldoni. Regia di Giorgio Strehler.
Dal 18 al 30 Dicembre
“Il dolore” di Marguerite Duras. Regia di Massimo Luconi.
Dal 3 al 13 Gennaio
“Non si uccidono così anche i cavalli?” di Horace McCoy. Regia di Gigi Dall’Aglio.
Dal 16 al 27 Gennaio
“Tutto per bene” di Luigi Pirandello. Regia di Gabriele Lavia.
Dal 30 Gennaio al 17 Febbraio
“La serata a colono” di Elsa Morante. Regia di Mario Martone.
Dal 19 Febbraio al 3 Marzo
“La scuola delle mogli” di Molière. Regia di Marco Sciaccaluga.
Dal 9 al 24 Marzo
“La trappola” di Luigi Pirandello. Regia di Gabriele Lavia.
Dal 3 al 7 Aprile
“La resistibile ascesa di Arturo Ui” di Bertolt Brecht. Regia di Claudio Longhi.
Dal 9 al 14 Aprile
“La modestia” di Rafael Spragelburd. Regia di Luca Ronconi.
Dal 16 al 28 Aprile
“Viviani varietà” poesie, parole e musiche del Teatro di Varietà di Raffaele Viviani. Regia di Maurizio
Scaparro.
Dal 7 al 31 Maggio
“Le voci di dentro” di Eduardo de Filippo. Regia di Toni Servillo.
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Ipse Dixit
Prof. C.- "e poi c'è questo atomo di carbonio che non è né
carne né pesce..."
D.-"Sarà Tofu!"
A.B.- "O.O"
Direttore:
Davide Galeotti - II A
Prof.- "Dov'è il registro??? Chi m'ha freg... sottratto il registro?"
Fotografia:
Paola Guarneri - II E
Marta Patrelli - II E
prof C. :non sapete la matematica!dovete stare SEGUITI e
SVELTI!
classe: o.O
Impaginazione e grafica:
Salvatore Diocaro - II E
Prof. C- " Ricordatevi, gli alcani finiscono tutti in ano..."
Classe- "uauauauauauaua (scoppia ilarità incontrollata)"
Prof. T- Sei proprio una Polpetta Paesana!
classe: O.O
Prof. M.: "E come tradurreste «τό ο »? Squitt squitt?
Lezione di Fisica:
A livello del mare, l'acqua bolle a 100° perché è a tale temperatura che l'aria al suo interno raggiunge la stessa pressione
esercitata dall'aria esterna alla pentola. Ecco il perchè delle
bolle.
Se invece l'acqua si trovasse in montagna, la pressione dell'aria
esterna sarebbe minore, quindi l'acqua bollirà prima di
raggiungere 100°.
Alunno M.: "E se la pressione aumentasse?"
Prof. S.: "Tipo?"
Alunno M.: "Sono in un sottomarino e voglio farmi la pasta."
Prof. S.: "... in tal caso l'acqua raggiungerà l'ebollizione a
temperatura maggiore di 100°...
... E comunque, il sottomarino è depressurizzato."
Supplenze
Il prof. Madonna verrà sostituito dal prof. Maddalena e dal
prof. Santamaria.
Alunno che parla a bassa voce col compagno di banco.
Prof. D.: "La smetti con la tecnica del sussurro? Finchè non diventi ventriloquo non te la puoi permettere, e non lo sei."
Redazione:
Ilaria Catanzaro - III E
Davide Galeotti - II A
Adriano Mamone - I A
Claudia Severa - III E
Arianna Turchini - II E
Caterina Gatta - III C
Simone Marino - I C
Filippo Cicchetti - I E
Chiara Valeri - I E
Giulia Parenti - II B
Silvia Pellegrini - I E
Hanno collaborato:
Prof.ssa Agostinelli
Giulio Francisci - III E
Carola Bianchi - II A
Lucia Fioravanti - II A
Gemma Noviello - II A
Arianna Innocenzi - IV E
Arianna Rosichini - III E
Nicola Savino - II F
Clara Ramundo - I C
Dario Amodio - I C
Giulia Lancia - I E
Maria De Santis - I E
Prof.ssa P.: Ma che famo invece di andare avanti andiamo
indietro come i gamberetti?
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Anno VI - Numero 2
La posta del Pilo
- SIAMO IN ASTINENZA DA
TEATRO!
- Sclocchetta, come faccio a
fartelo capì??? <3
- Ma chi? Quella morta de
- Ponzina artista!
sonno?! @ Prisci, con amore, Sara <3
- @ragazzo riccetto, occhi verdi
del IV F... mi fai sognare *-*...
- M.R. ce l'hai una CASA?
stupendooooooo
vacciiii....
- Angotzi sembri uno scheletro.
- CAPOEIRA!
- Guarneri make-up datte a
You-tube & Catanzaro vai a fà
la vignettista pe' Comix, và...
- Di Renzi datti all'ippica!
- UN TRAAAM! NEI
SOTTERRANEI!!! (corrono)
- "Magia dei trucchi" non ti sai
truccare o.O
- Smettetela di fare i moralisti
del cavolo!
- Gigli III C ti sei fatto proprio
caruccio...
- Spatocco sei un figone by P.S.
- E.L. no, ma mettitelo 'n altro
pò di fondotinta!?
- Sandokan er re del Rap!
- Qua tra trucco e gossip stiamo - Sara serial killer <3
a diventà peggio de "Cioè"...
- Nicola, bel back side...
- MA POSA 'N ATTIMO
QUELLA PENNA, SIMIL-REBEL!
- Galeotti non sei simpatico!
- Sara e Paola siete due patate.
- Izzo sei bellissimaaa! (e profumata) =)
- Giulia N. mi stai sul c***o
- Davide sei un grande! =) da
Arianna IV E
Prof.sa Gallinari, noi La amiamo
tantissimo! <3 due ammiratrici
anonime
Papu! Sei una grande make up
artist! ahahaha EeM
SEMEL! by GeM
Damme retta, nun abboccà mai!
LIBER
IL DARK SIDE DEL
GIORNALE DEL PILO
ALBERTELLI DI ROMA
MENTE
FRIZZI, LAZZI, POESIE DA RIDERE, COMICITA' DA
PIANGERE APPARENTI SCEMENZE, LATENTI
GENIALITA': LIBERATE LA MENTE!
A forza de rugà se vive i secoli!
T
rasteverini, Monticiani, Regolanti e Borghiciani, Salute e doppie! - Sonate er Campanone de Campidojo, e
mmagara puro quello de S. Pietro (che intanto vanno bbene d'accordo), sparate l'artijerie de Castello, arzate le
bbandiere, mettete l'apparati e accennete li lanternoni, ché Rugantino vostro è arisuscitato!»
Così titolava, beffardo, "Rugantino", il giornale popolare in romanesco, erede indiretto del poeta Pasquino
e delle "Statue Parlanti" di Roma, il 18 settembre 1887
dopo un lungo periodo di chiusura coatta impostogli
dal repentino cambio di opinione di Papa Pio IX sulla
concessione della libertà di espressione, durato fino
alla Breccia di Porta Pia. Già, perchè il Rugantino
(che, non a caso, prende il nome dall'attaccabrighe
maschera romanesca), così come i suoi tanti omologhi
"Minimpippo", "Pasquino", "Il Pappagallo", "Cassandrino Vero", "Don Pirlone" (tutti sorti subito dopo
l'apertura del pontefice alla libertà di stampa) dava
fastidio, pubblicando tutte, ma proprio tutte le
composizioni del popolo romano, anche quelle dichiaratamente giacobine e anticlericali, al governo
della Santa Sede. E ancora dopo 125 anni di vita e decine di migliaia di numeri pubblicati, dopo essere sopravvissuto al delicato cambio di gestione che lo
privò persino della collaborazione di quel Trilussa che
sulle sue pagine aveva fatto la prima comparsa (nel
1897, morto l'editore Edoardo Perino, il giornale era
passato a Leonida Lay, perdendo anche, per breve
periodo, l'apporto del suo primo direttore Giggi Zanazzo) e persino a quei giornali che erano nati con lui
e che, invece, ebbero esistenza assai più effimera,
questo "foglio" così esile all'apparenza (visto che, con
le sue 4 pagine, non è certo una lettura ingombrante),
continua a rugare, a pungolare tutto e tutti con i suoi
inserti satirici rigorosamente in romanesco, ad essere
,insomma, la voce della romanità più genuina e di
chiunque voglia cimentarsi nell'articolo o nel sonetto
in dialetto. Oggi questa possibilità è offerta anche a
noi, studenti di tutte le scuole, grazie alla campagna di
informazione portata avanti in giro per i vari istituti
della Capitale dall'attuale direttore del "Rugantino"
Lillo Salvatore Bruccoleri, mirata alla riscoperta di un
dialetto romanesco che può essere non solo mezzo di
comunicazione "spicciola" abituale (non negate, tanto
appena fuori da scuola si parla tutti in romano), ma
anche, se sottoposto al "labor limae" (o "lavoro de limatura" in onore del suddetto idioma) di un' attenta
revisione lessicale e imbrigliato da una punteggiatura
codificata (quale quella inventata apposta dal Belli ad
esempio), irriverente strumento di ironia alla portata di
tutti. In effetti, parecchio ci sarebbe da ironizzare sui
nostri tempi bui, magari concedendosi qualche battuta,
licenziosa o partigiana, su di una testata per la quale
l'Italiano è "lingua straniera" (tant'è che solo l'editoriale
appare "risciacquato in Arno") e quale miglior modo di
dare sfogo al nostro romanaccio satiro interiore che
inviare i propri scritti (non importa che non reggano il
paragone coi grandi della letteratura romanesca) alla
redazione del "Rugantino" ([email protected])! Prossimamente è previsto un ciclo di conferenze che
toccherà probabilmente anche le aule albertelliane in
cui, sempre il direttore Bruccolieri (già ospite della
Presidenza in occasione di un incontro interlocutorio
con OndanomalA), presenterà ufficialmente il suo
giornale alla comunità scolastica (noi, come avrete
capito, stiam facendo del proselitismo culturale
informale). Partecipate numerosi dunque, futuri
(chissà?!) articolisti dialettali e prendete esempio da
Rugantino:
"A forza de sfotte se vive i secoli!"
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