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una storia lunga… un metro
UNA STORIA LUNGA… UN METRO
A cura di Marco Pisani I.N.RI.M. (IMGC-CNR)
Breve introduzione al percorso storico che porta alla nascita del metro, evoluzione della
definizione del metro e possibili sviluppi futuri
PREISTORIA DELLA MISURA
È facile intuire che l’esigenza della misura, intesa come quantificazione del mondo in cui viviamo,
nasce con la civiltà stessa. Possiamo immaginare il nostro antenato preistorico mentre descrive ai
compagni quanto è grande il mammut che ha avvistato e a che distanza dall’accampamento è.
Oppure mentre esprime la distanza in termini di tempo: a quanti giorni di cammino dal campo si
trova il mammut. Possiamo anche immaginarlo mentre soppesa i pezzi di carne per fare una
distribuzione equa del cibo cacciato.
Possiamo quindi affermare che da quando esiste, l’uomo ha sempre in qualche modo misurato il
tempo (concetto immateriale), la lunghezza e il peso (grandezze materiali, “fisiche” legate ai sensi).
Queste sono le grandezze “fondamentali” dell’uomo primitivo e saranno anche quelle dell’uomo
moderno (fino al XIX secolo quando nascono le scienze “elettriche” e “ottiche”). Ci occuperemo
qui di seguito della grandezza lunghezza.
LUNGHEZZA: UN CONCETTO ELEMENTARE, CON DIVERSE MANIFESTAZIONI
La grandezza “lunghezza” entra in gioco in diverse categorie di misure che nella percezione
dell’uomo antico hanno poco a che fare le une con le altre.
La dimensione di un oggetto: è il concetto più vicino alla unità di misura. Riguarda oggetti di
dimensioni confrontabili con quelle dell’uomo e viene misurato per confronto con un campione
materiale, p. es. una spanna o un regolo.
Particolare di un regolo di legno egizio. La lunghezza totale è un cubito di 28 dita. La divisione
grande è il dito. I tratti fini nelle divisioni sulla destra sono la numerazione dell’intervallo
corrispondente: da destra sono il 12°, 13° 14° e 15° dito.
1
La distanza tra luoghi: pur trattandosi di una lunghezza, è difficilmente misurabile per confronto
con un campione materiale. Spesso la distanza viene misurata in tempo di percorrenza (a piedi, a
dorso di cammello ecc.).
L’area di una superficie (lunghezza al quadrato): riguarda la quantificazione di un terreno
(importante in agricoltura) e viene spesso misurata rispetto al tempo necessario per la lavorazione
(aratura). Ancora oggi si usa nelle campagne quantificare i terreni in “giornate” con il significato
detto sopra. In alcuni casi l’area del campo viene misurata in base alla quantità di sementi
necessarie alla semina: l’area è misurata in volume!
Il volume (lunghezza al cubo): è utilizzato in alternativa al peso per i beni per cui la pesata con una
bilancia è poco pratica come i liquidi, le farine o le sementi.
Anche l’angolo (come già sapevano i greci antichi) è una “manifestazione” della lunghezza in
quanto può essere definito come rapporto tra lunghezze. Per come funziona l’occhio, la percezione
visiva avviene attraverso misure angolari. Infatti, la stima della lunghezza attraverso la vista è
dedotta da elaborazioni geometriche compiute in modo automatico dal cervello (triangolazioni,
proporzioni, ecc).
Diverse “manifestazioni” della
grandezza lunghezza
UNITÀ TRADIZIONALI DI MISURA DELLA LUNGHEZZA
Alle “categorie” di lunghezza descritte sopra corrispondono altrettanti sistemi di unità di misura
completamente indipendenti gli uni dagli altri: un sistema di misura per le dimensioni, uno per i
volumi, uno per le aree ecc…
Per quanto riguarda in particolare la lunghezza nel senso della dimensione di un oggetto, le misure
più elementari si compiono confrontando l’oggetto con parti del corpo, cioè utilizzando parti del
corpo come “campioni” di unità di misura. Le parti del corpo più usate, in ordine di dimensione
sono: il dito o il pollice (nel senso della la larghezza), il palmo della mano a dita chiuse, la spanna,
il piede, il braccio (dalla punta delle dita al gomito, il cubito egiziano e romano o l’ulna
anglosassone), il passo e i relativi multipli. Simili unità di misura, molto soggettive e poco accurate,
sono state usate da sempre dagli uomini di ogni civiltà. Ancora oggi, come unità pratica di misura,
usiamo con disinvoltura spanne e dita per misurare piccoli oggetti e i passi per dimensioni più
grandi. Per ragioni di praticità e di scarsa conoscenza degli strumenti matematici da parte degli
utilizzatori, i sistemi di unità di misura non erano basati su un’unità fondamentale con multipli e
sottomultipli, ma piuttosto su varie unità di dimensioni diverse da utilizzare a seconda delle
dimensioni dell’oggetto da misurare (es. pollici per gli oggetti piccoli, piedi per quelli più grandi e
così via). Nei sistemi “migliori” le varie unità della stessa grandezza, essendo legate da rapporti
numerici interi, creano un insieme armonico e pratico. Ad esempio nel sistema di misura romano: 4
dita = 1 palmo (come per gli egizi), 4 palmi = 1 piede (circa 30 cm), 6 palmi = 1 cubito (per gli
egizi un cubito vale 7 palmi), 5 piedi = 1 passo doppio e 1000 passi doppi = 1 miglio.
Nel sistema di misura inglese, che ha ereditato con qualche variazione quello romano, 12 pollici = 1
piede (circa 30 cm), 3 piedi = 1 iarda e 1760 (!) iarde = 1 miglio.
2
IL RINASCIMENTO E LE UNITÀ DI MISURA
Nell’Europa dell’evo moderno, se si esclude il sistema di misura inglese che a causa della sua
relativa omogeneità politica unita all’isolamento geografico ha conservato un sistema di misura
uniforme e poco variabile nei secoli, sulle unità di misura regnava una confusione assoluta. Le unità
di misura erano variabili non solo da regione a regione ma anche da categoria a categoria: tre
sistemi di unità di lunghezza per le stoffe (suddivise in tela, panno, seta), uno per le distanze, uno
per il cordame, un sistema di unità di volume per il vino, uno per la farina, uno per le sementi e
ancora per i pesi e così via. La varietà “geografica” era ancora peggiore: le unità di misura
variavano da comune a comune, di chilometro in chilometro. Questa situazione riflette la
frammentazione politica dell’Europa che usciva dal Medio Evo in cui ogni comunità aveva
sviluppato una economia essenzialmente autonoma e gli scambi commerciali e culturali tra le varie
comunità erano limitatissimi.
Con il Rinascimento inizia una nuova era in cui si esce dall’isolamento delle città fortificate e
fiorisce il commercio e gli scambi artistici e culturali. La conoscenza non è più appannaggio della
chiesa, e la conoscenza pratica degli artigiani e degli artisti acquista una nuova dignità. I
commercianti finanziano l’attività artigianale stimolando l’artigiano a inventare prodotti nuovi,
innescando un circolo virtuoso che porta nuova ricchezza. Simbolo dell’importanza che il lavoro
artigianale e l’arte hanno assunto nel ‘400 è Leonardo da Vinci, geniale inventore e pittore,
conteso, ammirato e vezzeggiato da molte corti italiane.
Nel Rinascimento prende forma la consapevolezza che la natura può essere compresa, e che la
formulazione di leggi che ne descrivono il comportamento permette di “dominarla” a proprio
vantaggio.
All’inizio del ‘600, Galileo Galilei con l’invenzione del metodo sperimentale pone le basi del
metodo scientifico moderno. Da Galileo in poi, si susseguono con ritmo crescente le scoperte delle
leggi fondamentali della natura e, parallelamente, si costruiscono macchine sempre più evolute. In
questo clima di fermento scientifico, diventa sempre più forte l’esigenza di un sistema di unità di
misura universale. La comunità scientifica, infatti, per prima avanza proposte di sistemi di unità di
misura oggettivi e possibilmente basati su costanti della natura.
3
LE MISURE DIMENSIONALI PRIMA DEL METRO
I brani che seguono danno un idea della confusione che regnava rispettivamente in Italia e in
Francia prima dell’introduzione del sistema metrico decimale. Va notato che perché una confusione
tanto radicata fosse estirpata completamente, sono stati necessari moltissimi anni dall’introduzione
del metro. In particolare, in Italia, le unità di misura non metriche sono state usate fino a tempi
recenti soprattutto nelle comunità rurali.
Estratto dalle “Tavole di riduzione” del 1844 per la conversione delle unità di misura in vigore nella
città di Genova con quelle piemontesi e quelle metriche decimali
“In Piemonte l'unità di lunghezza era il piede, un piedone da 51,4 cm, che aveva come multiplo il
trabucco (6 piedi) ed il miglio (800 trabucchi = 2467 metri); sottomultipli l'oncia (1/12 di piede), il
punto (1/12 di oncia) e l'atomo (1/12 di punto, circa 3 millimetri); i volumi si misuravano in sacchi
(115,3 litri) in emine, in coppi ed in cucchiai (0,12 litri) per la merce secca, ed in brente (49,3 litri),
in pinte (1/36 di brenta), in quartini (1/14 di pinta) ed in bicchieri (1/2 quartino) per i liquidi. L'unità
di pesa era la libbra (369 gr), divisa in 12 once ciascuna delle quale era divisa in 8 ottavi, a loro
volta divisi in tre denari. Un denaro valeva 24 grani e ciascuno du questi 24 granotti. Bastava
spostarsi in Lombardia per trovare come unità di lunghezza un piede di soli 43,5 cm: in compenso lì
c'era il braccio (59,5 cm), ed il miglio valeva 3000 braccia (1785 metri); anche in Lombardia
c'erano i trabucchi, le once i punti e gli atomi, ma tutti più corti che in Piemonte: un atomo
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lombardo era solo 2,5 mm. Per pesare in Lombardia c'erano la libbra sottile, uguale a 326,8 grammi
e la libbra grossa (2,5 libbre sottili); una libbra sottile valeva 12 once, un oncia 24 denari e un
denaro 24 scrupoli. La confusione aumentava passando nel Veneto, dove le lunghezze erano ancora
misurate in piedi ma di 34,8 cm; per distante maggiori si usavano il passo (5 piedi) ed il miglio era
1000 passi, quindi solo 1740 metri; sottomultipli del piede erano le once (1/12 di piede) e le linee
(1/12 di oncia). Capacità e volumi si misuravano, per la merce secca in moggi (un moggio = 333,3
litri), che valeva 4 staia; ogni staia era 2 mezzeni, ogni mezzeno era due quarte ed ogni quarta due
quarteroli; i liquidi avevano come unità il mastello (75,12 litri), che valeva un decimo di botte
oppure tre secchie; una secchia era quattro bozze, un abozza 4 quartucci ed un quartuccio 4 getti.
Anche nel Veneto c'erano la libbra sottile e la libbra grossa, ma valevano rispettivamente 301,23 e
477 grammi; tutte e due erano soddivise in 12 once, quindi convivevano due once diverse: la prima
era suddivisa in 192 carati e 768 grani, la seconda in 8 dramme, 24 scrupoli ed in 72 grane.
Immaginate a quante occasioni di truffe e raggiri basate sull'equivoco potesse essere oggetto un
mercato che dovesse svolgere l a sua attività nella Val padana. […] Sia benedetto il Sistema
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Internazionale!”
Estratto dalla “Guida pratica del sistema metrico decimale” del 1847: tabelle di conversione tra le
unità di misura in vigore nel regno di Carlo Alberto dal 1844 e le unità metriche (che saranno rese
obbligatorie dal 1850)
1
[Da “Libbre, once, piedi, trabucchi L'Europa e il sistema decimale contro i Paesi anglosassoni”
Paolo Volpe, Tuttoscienze, La Stampa]
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“Ciò che si rimproverava alla molteplicità dei gerghi veniva rimproverato anche alla diversità di
pesi e misure: la legna da ardere era venduta a corde, il carbone di legna a carrate, il carbon fossile a
carra, l’ocra a botti, e il legname per carpenteria al marco o alla solive. Si vendevano i frutti di cedro
alla poinçonnée, il sale al moggio, al sestario, a mine, a mezze mine, a staia, a once; la calce si
vendeva al poinçon, e i minerali alla raziera. Si comprava l’avena a profenda e il gesso a sacchi; il
vino a pinta, a mezza pinta, a caraffa, a roquille, a boccale e a mezzetta. L’acquavite si vendeva a
brente, il grano a moggi e a salme. Le stoffe, i tappeti e la tappezzeria si compravano ad aune;
boschi e prati venivano misurati in pertiche, i vigneti in daureés. L’arpento valeva dodici hommées,
misura che indicava una giornata di lavoro di un uomo; altrettanto valeva per l’ouvrée. Gli speziali
pesavano in libbre, once, dramme e scrupoli; la libbra valeva dodici once, l’oncia otto dramme, la
dramma tre scrupoli, e lo scrupolo venti grani.
Le lunghezze erano misurate in tese e in piedi del Perù, che equivalevano a un pollice, una logne,
e otto punti di piede del Re, il quale piede poteva essere quello del re di Macedonia o di Polonia, e
anche quello delle città di Padova, di Pesaro e Urbino. Era, molto approssimativamente, l’antico
piede della Franca Contea, del Maine e del Perche, e il piede di Bordeaux per l’agrimensura.
Quattro di questi equivalevano più o meno all’auna di Laval, cinque formavano l’esapodo dei
Romani, che era pari alla canna di Tolosa e alla verga di Norai. C’era poi quella di Raucourt, e
anche la corda di Marchenoir en Dunois. A Marsiglia, la canna per le lenzuola era di circa un
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quattordicesimo più lunga di quella per la seta. Che confusione: sette-ottocento nomi!”
1789, UNA RIVOLUZIONE PER LA FRANCIA E PER LA MISURA
I principi di giustizia e di equità che animano la rivoluzione francese rendono prioritaria la
abolizione delle iniquità e delle difficoltà dovute al corrente sistema di misura. Nel 1790
Talleyrand, presidente dell’assemblea nazionale, propone di unificare le misure e chiede la
collaborazione dell’Inghilterra per la creazione di una misura universale che possa valere “per tutti
gli uomini e per tutti i tempi”.
Si pone quindi il problema di “inventare” le nuove unità di misura (di lunghezza e di peso). Nel
1791, in un rapporto presentato all’Accademia delle Scienze a firma di Borda, Lagrange, Laplace,
Monge e Condorcet, dopo una serie di considerazioni sulla necessità di evitare i legami col passato,
di evitare i legami con la nazione in cui nasce e quindi di cercare nella natura l’origine di una unità
di misura universale, concludono: “Le unità che di più sembrano essere adatte a servire come base
si possono ridurre a tre: la lunghezza del pendolo, un quarto di circolo dell’equatore, infine un
quarto del meridiano terrestre”
La proposta di utilizzare come unità di lunghezza quella del pendolo che batte il secondo risale a
Picard nel 1670. In sostanza si trattava di legare la unità di lunghezza all’unità di tempo attraverso
una “costante” fisica: l’accelerazione di gravità g. La soluzione venne scartata perché non piaceva
l’idea di legare il metro ad un’altra unità di misura che aveva soprattutto l’onta di non essere
“decimale” (la ossessione per il sistema decimale presso l’Assemblea è tale che una legge del ’93
rende obbligatoria la divisione decimale del giorno). Inoltre, già Picard aveva verificato che il
periodo del pendolo (cioè l’accelerazione di gravità g) non è uniforme sul globo terrestre.
La scelta cadde sul meridiano perché poteva essere compiuta in Francia: il meridiano passante per
Parigi, misurato su un arco di ben 9,5 gradi a cavallo del 45° parallelo, con i due estremi sul livello
del mare.
La nuova unità di lunghezza sarà la decimilionesima parte del semimeridiano terrestre e si chiamerà
metro, dalla parola greca metron (misura). Per misurare la lunghezza del meridiano si utilizzerà la
tecnica della triangolazione (descritta in appendice).
2
[da Denis Guedj, “Il Meridiano”, Edizioni TEA]
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L’AVVENTURA DI MECHAIN E DELAMBRE E IL METRO DEGLI ARCHIVI
Nel giugno del ’92 gli astronomi Mechain e Delambre partono per iniziare la misura del meridiano
terrestre, il primo a sud verso Barcellona, e il secondo a nord verso Dunkerque. La loro impresa fu
molto più lunga e difficile del previsto. Durante la loro impresa, la Francia entrò in guerra con
l’Inghilterra e con la Spagna. Il re Luigi XVI viene ghigliottinato. Negli anni del terrore che
seguirono, buona parte degli ispiratori del sistema metrico decimale (tra cui Delambre, Borda,
Laplace, Coulomb) vennero destituiti dai rispettivi incarichi, Lavoiseur venne ghigliottinato.
Condorcet si suicidò prima di essere ghigliottinato. Mechain venne arrestato in Spagna, Delambre
rischiò più volte il linciaggio da parte dei contadini agli occhi dei quali le sue installazioni e i suoi
strumenti avevano un aspetto “antirivoluzionario”.
Una pagina del quaderno su cui
Mechain riportava i risultati
delle sue misure
Intanto, a Parigi, la commissione dei pesi e delle misure continua imperterrita il suo lavoro per
l’introduzione del sistema metrico decimale che rimane una delle priorità della rivoluzione. Nel
1793 la legge definisce il metro come la decimilionesima parte del semimeridiano terrestre. In
attesa dei risultati delle nuove misure che sono attesi di li a poco, la stessa legge istituisce un metro
“provvisorio” basato sulle triangolazioni di Cassini di cinquanta anni prima. Nel ’95 una legge
istituisce il sistema metrico, che ha come campione di lunghezza una barra di platino: il “metro
della repubblica”. Nel 1998 si concludono le misure della base e nel 22 giugno del ’99, settimo
anno della repubblica, vengono depositati negli Archivi di Francia i campioni del metro e del
chilogrammo.
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Pur rimanendo valida la definizione del ’93 la legge definisce “campioni definitivi” il metro e il
chilogrammo degli Archivi. Nel novembre dello stesso anno, il colpo di stato di Napoleone pone
fine alla repubblica… e anche all’entusiasmo per il nuovo sistema di misura.
I PRIMI ANNI DEL SISTEMA METRICO DECIMALE
Con l’avvento dell’impero napoleonico la via al sistema metrico decimale aperta solo un anno
prima subisce una battuta d’arresto: nel 1800 una legge autorizza l’uso delle vecchie unità di
misura, di fatto vanificando il lavoro compiuto nel decennio precedente. Nel 1812 viene
“autorizzato” l’uso delle unità metriche nelle transazioni commerciali e finalmente nel 1837 l’uso
del sistema metrico diventa obbligatorio.
Nel 1875 viene firmata la “Convenzione del metro”, un trattato internazionale sottoscritto da 17
stati tra cui l’Italia che ha stabilito le linee da seguire per la determinazione di unità di misura valide
internazionalmente.
La pagina della Convenzione del metro con le firme dei rappresentanti dei paesi aderenti tra cui Nigra
per l’Italia
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Nel 1889 la prima Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, a cui partecipano i firmatari della
Convenzione (1° CGPM) per ovvi motivi di praticità abbandona la definizione del 1793 e stabilisce
che:
“il valore del metro e del chilogrammo è quello dei prototipi internazionali conservati nel
Pavillon de Breteuil a Sèvres.”
L’universalità della unità di misura è persa definitivamente.
LA NASCITA DELLA SPETTROSCOPIA
Utilizzando uno strumento in grado di separare le diverse lunghezze d’onda (spettroscopio) si osserva
l’intensità della luce in funzione della lunghezza d’onda: lo spettro. Un gas quando è illuminato
assorbe determinate lunghezze d’onda (righe di assorbimento) e, quando è eccitato emette radiazione
alle stesse lunghezze d’onda (righe di emissione)
Nella seconda metà dell’800, era noto che gli atomi di un gas quando vengono eccitati (da una
fiamma o da una scarica elettrica) emettono luce a determinate lunghezze d’onda (“righe” di
emissione). Lo “spettro”, cioè la combinazione di righe di emissione, è caratteristica univoca di
ogni atomo. Nel 1885 Balmer e nel 1890 Rydberg elaborano delle formule matematiche semplici
che descrivono la posizione delle righe degli spettri atomici osservati sperimentalmente. In base a
queste osservazioni Bohr, nel 1913 sviluppa la teoria degli elettroni orbitanti intorno al nucleo che
si può riassumere così attraverso i seguenti postulati:
1. un sistema atomico (elettroni che orbitano intorno a un nucleo) o molecolare (atomi legati
fra loro) può esistere solo in livelli discreti di energia: E1, E2, … Ei, Ej
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2. In assenza di interazione con la radiazione il sistema rimane invariato nel suo stato di
energia, detto stazionario. Nell’emissione o assorbimento di un fotone, il sistema passa da
uno stato stazionario Ej a allo stato Ei (o viceversa) emettendo o assorbendo un fotone la cui
frequenza è legata all’energia degli stati stazionari dalla formula: h! = Ej – Ei dove h è la
costante di Plank.
Spettro dell’atomo di idrogeno
Modello dell’atomo di Bohr
Diagramma dei livelli
energetici
Il modello dell’atomo di Bohr che spiega le osservazioni degli spettroscopisti dell’800.
Questi postulati stimolano la nascita della meccanica quantistica che rivoluziona la fisica degli inizi
del ‘900 e sono alla base della scienza della spettroscopia. In pratica Bohr afferma che ogni atomo o
molecola può emettere o assorbire luce solo a determinate frequenze, e, poiché gli atomi che sono
composti da particelle elementari, sono tutti identici tra loro e invariabili nel tempo, possiamo
affermare che le frequenze di emissione e di assorbimento sono delle costanti “universali”. Ciò è
vero a meno di parametri di influenza che possono modificare leggermente i valori di queste
frequenze e l’incertezza con cui possono essere osservate (pressione e temperatura del gas, tempo di
interazione, stabilità dei livelli energetici, campo magnetico, campo gravitazionale ecc.). L’effetto
di questi parametri è ben noto ed è quindi lecito utilizzare le righe di emissione o di assorbimento di
determinati atomi come campioni di frequenza o di lunghezza d’onda. È per questo che la
definizione del secondo è basata su una riga di assorbimento del cesio 133 e la definizione del
metro era basata fino al 1983 su una riga di emissione del cripto 86. Le definizioni pratiche del
metro (mise en pratique) si basano tuttora su laser stabilizzati per riferimento a righe di
assorbimento atomiche o molecolari (ad es. il campione del metro dell’IMGC è un laser He-Ne
stabilizzato su una transizione dello iodio 127).
Oltre ad essere la base per la realizzazione di campioni, la spettroscopia è sempre più diffusamente
utilizzata per l’analisi delle sostanze chimiche (scopo per cui era stata sviluppata oltre 150 anni fa).
10
Per mezzo della spettroscopia è possibile rivelare la presenza di determinati gas in miscela con
concentrazioni di poche parti per miliardo. Questa prerogativa è particolarmente utile per le analisi
di sostanze inquinanti nell’aria.
L’INVENZIONE DELL’INTERFEROMETRO
Tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 nasce, grazie ai lavori di Young, Michelson, Fabry e Perot
l’interferometria. Gli interferometri sono strumenti in grado di combinare tra loro due o più fasci di
luce provenienti da una stessa sorgente, dando luogo a una alternanza di zone di interferenza
costruttiva (quando i campi delle onde sono in fase) o distruttiva (quando i campi delle onde sono in
opposizione di fase).
L’interferometro di Michelson utilizzato per misurare un campione materiale per confronto con
una lunghezza d’onda nota (oppure utilizzato per misurare una lunghezza d’onda per confronto
con un campione materiale)
Di particolare importanza per la metrologia è l’interferometro di Michelson in cui un fascio di luce
proveniente da una sorgente monocromatica S (una lampada a scarica di gas) viene diviso in due
parti uguali da una lamina semiriflettente L posta a 45° rispetto al fascio. I due fasci ortogonali
percorrono due cammini l1 e l2, e vengono riflessi su se stessi per mezzo di due specchi M1 e M2.
Quando si ricombinano sulla lamina semiriflettente, l’interferenza potrà essere costruttiva o
distruttiva in ragione della differenza di cammino "l = l1-l2. Di conseguenza la luce uscente da L, al
variare di "l, oscillerà periodicamente da un massimo a un minimo di intensità. Queste alternanze di
massimi e minimi di intensità, di chiaro e scuro, sono chiamate frange di interferenza. È facile
vedere che l’intensità I = I0 (1 + cos (4# $ "l/%)). In pratica, contando le frange, è possibile
confrontare lo spostamento degli specchi con la lunghezza d’onda della luce utilizzata. In genere
uno dei due specchi è fisso, e l’altro è montato su un equipaggio mobile. Nelle macchine di misura,
l’equipaggio mobile porta anche il campione materiale che deve essere confrontato con la
lunghezza d’onda.
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I primi interferometri erano stati costruiti per misurare la lunghezza d’onda delle righe di emissione
di vari atomi, per confronto con il metro campione di Parigi, ma presto ci si rese conto che la bontà
delle misure interferometriche era limitata dal campione materiale, piuttosto che dalla tecnica.
Con un interferometro è facile osservare anche a occhio frazioni di lunghezza d’onda che, nel caso
tipico della luce verde, vuole dire apprezzare spostamenti di circa 0,02 micrometri, mentre la
accuratezza del metro campione del 1889 è di circa 2 micrometri.
LA LAMPADA AL KRIPTON E LA DEFINIZIONE DEL METRO DEL 1960
La possibilità offerta dall’interferometria di fare misure di lunghezza estremamente precise per
confronto con una lunghezza d’onda, unitamente alla teoria dell’atomo di Bohr (la luce emessa
dagli atomi dipende solo da costanti fisiche immutabili nel tempo), porta alla ovvia conclusione che
il metro può essere vantaggiosamente definito in base a una radiazione atomica. Dopo un lungo
periodo di gestazione, finalmente, nel 1960, la 11ma Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure
stabilisce che:
“Il metro è la lunghezza uguale a 1650736,73 lunghezze d’onda in vuoto della radiazione
corrispondente alla transizione tra i livelli 2p10 e 5d5 dell’atomo di kripton 86”
In pratica il campione è una lampada costituita da un tubo di vetro riempito di gas Kr86 attraverso il
quale viene mantenuta una scarica elettrica. La luce emessa dalla lampada viene utilizzata da un
interferometro per la misura dei campioni materiali. Si noti che il 1960 è anche l’anno di
invenzione del primo laser nel visibile, il laser a rubino, seguito poco dopo dal “famoso” laser a
elio-neon (He-Ne). Quest’ultimo sarà uno strumento fondamentale per tutta la metrologia della
lunghezza da allora ai giorni nostri.
L’OROLOGIO ATOMICO E LA DEFINIZIONE DEL SECONDO 1967
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La II guerra mondiale, dà un impulso enorme allo sviluppo dell’elettronica soprattutto nel campo
delle radio-onde per le trasmissioni via etere e delle micro-onde per la costruzione di radar (è
l’invenzione dei radar da parte degli inglesi che ha maggiormente contribuito al fallimento della
campagna d’Inghilterra di Hitler).
Così come la spettroscopia classica usa le lampade a gas per studiare gli spettri degli atomi nel
visibile, gli oscillatori a microonde sono utilizzati negli anni 40 e 50 per studiare gli spettri di
assorbimento degli atomi nella regione di lunghezze d’onda centimetriche. Nel 1949 all’NBS
(National Bureau of Standards, USA) viene costruito il primo orologio atomico consistente in un
oscillatore a microonde la cui frequenza viene mantenuta in coincidenza con la frequenza di una
“riga” di assorbimento dell’ammoniaca (si dice che l’oscillatore è “agganciato” in frequenza alla
riga della molecola).
Le oscillazioni vengono contate e opportunamente divise per un valore costante ottenendo così un
“generatore di eventi” regolari nel tempo, la cui frequenza è determinata da costanti fondamentali
della fisica.
Quindi, nel 1955 viene costruito all’NPL (National Physical Laboratory, UK) il primo orologio
atomico basato sull’interazione della microonda con un fascio di cesio; il confronto con numerosi
altri orologi analoghi costruiti da diversi laboratori nel mondo, ha dimostrato l’incredibile
riproducibilità e stabilità di questo tipo di orologio. Nel 1967 la 13ma Conferenza Generale dei Pesi
e delle Misure stabilisce che:
“Il secondo è la durata di 9192631770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra
i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di cesio 133”
La precedente definizione quasi invariata per secoli, basata sulla suddivisione del giorno medio
viene definitivamente abbandonata.
SPAZIO, TEMPO, E VELOCITÀ DELLA LUCE: %, !… Ec
Sappiamo che la luce può essere rappresentata come un’onda (elettromagnetica), caratterizzata da
una lunghezza d’onda % e da una frequenza !, che viaggia nello spazio ad una velocità costante c,
ed è evidente che %, ! e c sono legate tra loro dalla relazione % ! = c. Quindi, dato che la velocità
della luce è una costante, se ne conoscessimo il valore c, la conoscenza della lunghezza d’onda
equivarrebbe alla conoscenza della frequenza e viceversa. Analogamente, se conoscessimo il valore
di c, potremmo definire il metro come lo spazio percorso dalla luce in un determinato tempo
espresso in secondi (o definire il secondo come il tempo impiegato dalla luce per percorrere un dato
spazio espresso in metri). Certo, ma quanto vale c?
Per potere modificare il Sistema Internazionale in tale senso, c va misurata con riferimento alle
unità di misura in vigore, il metro e il secondo… ha senso o è un serpente che si mangia la coda?
Vedremo più avanti che ha senso.
Per misurare c sarebbe sufficiente fare una misura di lunghezza d’onda di una determinata sorgente
elettromagnetica con un interferometro (come si fa per realizzare il metro) e contare le oscillazioni
di quella stessa sorgente con un circuito elettronico (come si fa per definire il secondo). In realtà
non è così semplice. Infatti, la radiazione utilizzata per definire il metro ha una frequenza di
centinaia di terahertz (1014 Hz), troppo grande per essere misurata direttamente: nessun dispositivo
elettronico è così veloce.
Per contro, la radiazione usata per il secondo, che ha una lunghezza d’onda di qualche centimetro,
può essere misurata con un interferometro, ma il risultato non sarebbe sufficientemente accurato.
(Infatti, in un interferometro che funziona con una lunghezza d’onda di tre centimetri, per
“risolvere” uno spostamento di un miliardesimo di metro occorre suddividere la frangia in 10
milioni di parti circa: è praticamente impossibile.)
13
Il problema va quindi risolto cercando di fare una misura diretta di frequenza di una sorgente nel
visibile rispetto al campione di tempo. Oltre alla difficoltà di dovere misurare frequenze altissime,
bisogna anche considerare che dietro alla realizzazione del metro e del secondo vi sono due
discipline scientifiche e due culture completamente diverse e indipendenti. Da una parte la
spettroscopia e l’ottica, dall’altra la radiotecnica e l’elettronica.
Mettere insieme questi due mondi per ottenere un risultato comune è stato un passo importante che
ha modificato notevolmente l’assetto di entrambe le discipline. Dalla area di contatto che si è creata
sono nati tra i più sorprendenti risultati della fisica degli anni ’80 e ’90 (manipolazione di atomi con
la luce, trappole ottiche, fontane atomiche, interferometri atomici, ecc…).
Il team guidato da Ken Evenson (primo seduto da sinistra) che ha compiuto la misura della velocità della
luce nel 1972
La prima misura diretta di frequenza di un campione nell’infrarosso (un laser He-Ne a 3,39 µm)
viene compiuta al NIST nel 1972 sotto la guida di Evenson, insieme a Hall (Nobel nel 2005). Il
principio della misura (molto semplificato) è il seguente: un oscillatore genera una micro-onda con
frequenza controllata e “agganciata” al campione di tempo. La microonda investe un dispositivo
fortemente non-lineare all’interno del quale si formano un gran numero di armoniche (componenti
oscillanti a frequenze multiple della frequenza fondamentale). Una di queste armoniche è
sufficientemente vicina alla frequenza del laser, da generare su un rivelatore (che in genere è lo
stesso elemento non-lineare) un battimento la cui frequenza viene misurata.
14
Questa ultima è la differenza tra la frequenza del laser (incognita) e un multiplo della frequenza
della microonda (nota).
L’esperimento reale è molto più complesso: il processo di moltiplicazione avviene in molti passi
intermedi, fa uso di cinque laser diversi e di cinque diversi oscillatori tipo klystron creando quella
che è chiamata in gergo “catena di sintesi di frequenza”. In questo modo la frequenza del laser è
misurata. Allo stesso tempo, la lunghezza d’onda dello stesso laser è misurata rispetto al metro.
Il prodotto dei due valori dà la velocità della luce in unità SI. Nel 1982 lo stesso gruppo misura la
frequenza di un laser He-Ne a 633 nm stabilizzato sullo iodio, cioè un laser di utilizzo pratico per
l’interferometria. A seguito di queste fondamentali misure, nel 1983, la 17ma Conferenza Generale
dei Pesi e delle Misure stabilisce che:
“Il metro è la lunghezza del cammino percorso dalla luce nel vuoto in un intervello di tempo di
1/299 792 458 di secondo”
In sostanza la velocità della luce viene fissata a 299 792 458 m/s (corrispondente al valore trovato
attraverso le misure dirette) e il valore del metro viene agganciato al secondo.
La catena di sintesi di frequenza per la misura diretta della frequenza di un laser per la determinazione
di c.Si misura la frequenza di battimento !B tra la n-esima armonica della micro-onda a frequenza !1
(nota) e la frequenza della luce del laser !2 (incognita). !2 = n $ !1 ± !B
In linea di principio sarebbe stato egualmente valido definire il secondo attraverso il metro, ma, al
tempo della misura, il campione di lunghezza aveva un’incertezza (! 10-9) molto peggiore di quella
del campione di tempo (! 10-13), di qui la scelta obbligata. Oggi, che i campioni di tempo basati
sulla “fontana” di cesio, hanno incertezze di ! 10-15, la scelta risulta ancora più giustificata. Oltre a
semplificare il sistema delle unità di misura e a fissare il valore di c, questa definizione del metro ha
permesso di superare il limite dell’incertezza del campione di riferimento (p. es. la lampada al
cripto) nelle misure di lunghezza.
15
MISE EN PRATIQUE
La definizione del metro del 1983 non può essere presa alla lettera per la realizzazione pratica del
metro, infatti bisognerebbe misurare il cammino percorso dalla luce in circa 3,3 ns (miliardesimi di
secondo), ed è difficile farlo con un incertezza sufficientemente piccola: per risolvere un nanometro
bisognerebbe misurare intervalli di tempo di 3,3 attosecondi (3,3 $ 10-18 s)… ad oggi è impossibile!
Per questo le misure di lunghezza continuano ad essere fatte con gli interferometri che utilizzano
laser con lunghezza d’onda stabilizzata su transizioni atomiche.
La CGPM, unitamente alla nuova definizione del metro, ha pubblicato una guida pratica “mise en
pratique” per la realizzazione di campioni di lunghezza attraverso laser stabilizzati. La mise en
pratique viene periodicamente aggiornata man mano che vengono realizzati nuovi campioni di
dimostrata validità e dopo che la frequenza di questi sia misurata in modo “assoluto”.
LASER A FEMTOSECONDI E FREQUENCY COMB LA LUNGA STORIA È FINITA?
Negli anni’90 una nuova rivoluzione scuote la metrologia della lunghezza: l’invenzione del laser a
femtosecondi per la generazione di “pettini di frequenza”, “frequency comb”. Molto sinteticamente
il principio è il seguente: un particolare tipo di laser emette impulsi di luce brevissimi, cioè della
durata di pochi femtosecondi (10-15 s).
La frequenza !R con cui questi impulsi vengono generati può essere controllata. !R in genere è tra
100 MHz e 1 GHz e viene “agganciata” all’orologio campione.
La teoria dei segnali dice che se un impulso è molto breve il suo spettro di frequenza è molto largo,
cioè la frequenza del segnale non ha un valore unico perfettamente definito come avviene in un
laser normale, ma copre un intervallo ampio di frequenze. La teoria dei segnali dice anche che se un
segnale è periodico, il suo spettro è discontinuo, cioè è composto di righe distinte equidistanti
spaziate della frequenza di ripetizione !R (le armoniche di !R).
Lo spettro risultante, un sostanza è come se fosse generato da una serie enorme di laser indipendenti
ognuno dei quali emette una frequenza !i che è un multiplo intero di !R; dalla forma dello spettro
deriva il nome “pettine di frequenze”.
L’indice i della i-esima armonica è noto, così come è nota la frequenza di ripetizione, il che implica
che la frequenza della i-esima armonica !i = i $ ! R è nota. La faccenda naturalmente è molto più
complessa di quanto descritto, ma in pratica abbiamo la possibilità di realizzare un laser che emette
contemporaneamente moltissimi fasci sovrapposti le cui frequenza sono note “per costruzione”.
Un laser che emette
impulsi di luce della durata
di pochi femtosecondi
(sopra) con una frequenza
di ripetizione fr, ha uno
spettro (sotto) composto da
tante righe, la frequenza di
ciascuna delle quali è un
multiplo intero di fr.
16
È evidente che questo dispositivo supera il problema delle catene di sintesi di frequenza per la
misura assoluta della frequenza dei campioni ottici di lunghezza d’onda. Il laser a femtosecondi può
essere utilizzato per misurare la frequenza di un laser campione, per confronto con una riga vicina
(vedi figura) oppure può essere utilizzato direttamente come sorgente per misure interferometriche.
In entrambi i casi realizzare una misura di lunghezza riferita direttamente alla definizione del metro,
è diventata un operazione quasi elementare. Probabilmente quando i membri della Commissione
hanno ridefinito il metro e hanno scritto la mise en pratique, non si immaginavano che si potesse
arrivare a tanto. Ormai il cerchio è chiuso e la metrologia della lunghezza non potrà più essere
considerata separatamente dalla metrologia del tempo.
.
Il pettine di frequenza utilizzato in vece della catena per misurare la frequenza di un laser
Il laser a femtosecondi porterà probabilmente in un prossimo futuro alla ridefinizione del secondo.
È noto infatti che l’incertezza intrinseca delle righe di assorbimento atomiche nel visibile (quelle
utilizzate per realizzare i campioni di lunghezza d’onda) è molto migliore di quelle nelle microonde,
quindi, rovesciando lo schema della figura si potrà agganciare una delle righe del pettine a una
radiazione visibile particolarmente stabile, e utilizzare la frequenza di ripetizione risultante come
base per realizzare il secondo.
17
APPENDICI
APPENDICE A: SISTEMA DECIMALE E “DUODECIMALE”
Quasi sempre i multipli e sottomultipli delle antiche unità di misura sono in base 12. Il numero 12 è
comodo perché è divisibile per 2, 3, 4 e 6 (il numero 10 per contro se lo si divide per due non è più
divisibile).
Il numero 12 è anche presente in natura, in quanto circa 12 sono le fasi lunari in un anno
(sicuramente uno tra i primi numeri ad essere contati).
Per questo, nonostante la “matematica” delle varie civiltà greca, romana e araba sia essenzialmente
in base 10, il conteggio pratico delle cose di tutti i giorni viene fatto a dozzine (fino a poco tempo fa
si vendevano le uova a dozzine anche in Italia).
È superfluo osservare che, poiché il sistema di numerazione moderno è in base 10, quando gli
accademici di Francia decisero di concepire ex novo un sistema di unità di misura, la scelta cadde
sul sistema decimale.
APPENDICE B: PRECEDENTI MISURE DELLA CIRCONFERENZA DELLA TERRA
La misura del meridiano terrestre del 1793 per la definizione del Metro è la più famosa e la più
importante, ma ha dei precedenti che non possiamo non citare.
Innanzitutto Pitagora (570-490) dimostra attraverso una serie di osservazioni che la terra è sferica e
che non è poi tanto grande. Da qui in poi si apre il problema di misurare la circonferenza di questa
sfera.
A Eratostene di Cirene (276-194) si deve la prima misura documentata del meridiano terrestre. Il
giorno del solstizio d’estate, il sole è allo zenit nella città di Syene (Assuan) che si trova sul tropico.
Lo stesso giorno, Eratostene misura l’inclinazione del sole ad Alessandria (più o meno sullo stesso
meridiano) dal rapporto tra l’altezza di una torre e la lunghezza della sua ombra. Questo è l’angolo
al centro della terra tra Syene e Alessandria. Il rapporto tra questo angolo e l’angolo giro è uguale al
rapporto tra la distanza tra le due città e la circonferenza terrestre. È incerta la conversione del
risultato di Eratostene in unità odierne, ma è verosimile che i suoi 250000 “stadi” corrispondessero
a 46250 km (altre stime danno 36000 e 39000 km). In tutti i casi risultato non è affatto male,
probabilmente la maggiore causa di errore è nella stima della distanza tra le due città (5000 stadi)
calcolata in base a giorni di cammino di carovana: la costante per la conversione tempo-spazio è la
velocità media del cammello.
La successiva misura documentata si deve a Posidonio
(135-51 a.C.).
Egli osserva che la stella Canopo della costellazione di
Argo, è a Sud appena sotto l’orizzonte quando ci si trova a
Rodi. Scendendo lungo il meridiano, verso Alessandria, la
stella diventa alta nel cielo.
L’altezza della stella vista da Alessandria, corrisponde
all’angolo al centro della Terra tra Alessandria e Rodi. Il
rapporto tra questo angolo e l’angolo giro è uguale al
rapporto tra la distanza tra le due città e la circonferenza
terrestre. Il valore stimato è di 240000 stadi, pari a 38400
km (!), incredibilmente vicino a quello vero.
18
L’interesse dei Greci per la scienza e l’astronomia non ebbe più uguali nella storia antica
dell’occidente. Quando l’Europa precipitava nel periodo più buio dal punto di vista della cultura
scientifica, la scienza araba brillava di luce propria. Sotto il califfato di Abdallah al-Ma'mun (786833 A.D.) gli astronomi arabi misurarono l’inclinazione dell’asse terrestre (23° 33’) e fecero una
misura terrestre di ben 2 gradi per la determinazione del meridiano che fu stimato essere di 20400
km!
Dati questi nobili precedenti sembra incredibile pensare che nell’Europa del Rinascimento, da poco
uscita dal medio evo, in pochi addirittura credevano che la terra fosse sferica (basti pensare alle
difficoltà incontrata da Cristoforo Colombo per trovare finanziatori per la sua impresa), ma le cose
cambiarono in fretta. Tra il XV e il XVI secolo, periodo di grandi esplorazioni, accanto al nascente
interesse per la conoscenza in genere, vi fu l’esigenza di misurazioni geografiche accurate. Si affinò
la tecnica delle triangolazioni e si costruirono strumenti sofisticati. La prima misura “moderna” del
meridiano venne fatta da Picard nel 1670 nei pressi di Parigi, seguirono altre misure tra cui quella
di La Caille e Cassini del 1940 sempre sul meridiano di Parigi e quella di La Condamine in Perù
del 1743. Per la misura del meridiano del 1793, Mechain e Delambre ricalcarono in parte le misure
di Cassini del 1740 e usarono come unità di lunghezza per la misura della base, la tesa che era stata
usata per le misure di La Condamine detta per questo “tesa del Perù”.
19
APPENDICE C: SPAZIO, TEMPO E VELOCITÀ
La definizione del metro del 1983 che lega l’unità di lunghezza all’unità di tempo attraverso una
velocità c, può sembrare una novità assoluta, ma non è così.
Nella storia della misura, le misure di tempo e di spazio sono legate tra loro più di quanto possa
sembrare. In tutti i casi in cui si abbia a che fare con qualcosa che si muove, entra in gioco il
rapporto spazio/tempo cioè la velocità, quindi spazio e tempo non si possono più considerare
separatamente. Se poi questa velocità è costante e nota, la conoscenza di una grandezza implica la
conoscenza dell’altra. Seguono alcuni esempi in cui è evidente il legame tra spazio tempo e velocità
nella storia della misura.
•
La posizione degli astri nella volta celeste è misurata in angoli (gradi, minuti e secondi)
perché l’angolo è l’unica informazione che possiamo avere direttamente sulla Terra. D’altra
parte il cielo ruota a velocità angolare costante durante le osservazioni (360° ogni 24 ore) e
le posizioni degli astri cambiano col passare del tempo (ore, minuti e secondi). I navigatori
che usavano le stelle per potere fare il punto della loro posizione sulla rotta, non avevano
modo di distinguere il moto dovuto al passare del tempo dal moto dovuto al cammino
compiuto. In altre parole, guardando le stelle non si può conoscere la propria longitudine
senza sapere l’ora, così come non si può sapere l’ora senza conoscere la propria longitudine.
È per soddisfare questa esigenza che nel 1761 John Harrison inventò l’orologio a bilanciere
(l’orologio a pendolo non poteva funzionare su una nave).
•
In agricoltura, come abbiamo già detto, è usuale misurare l’area dei campi in giornate,
intese come superficie che un uomo (con una coppia di buoi) può arare. In questo caso la
velocità in gioco è area su tempo. In fondo, le giornate-uomo necessarie per la lavorazione
del campo sono l’informazione più importante per la gestione dei terreni.
•
Nei paesi in cui i limiti di velocità sono rigorosamente rispettati, le distanze da percorrere in
automobile sono date in ore anziché in chilometri. La velocità costante qui è quella dettata
dal limite di velocità.
•
Eratostene stima la distanza tra Alessandria e Assuan in base ai giorni di marcia a dorso di
cammello.
•
Nelle misure astronomiche, le distanze sono espresse in anni luce, cioè in cammino
equivalente della luce in un dato intervallo di tempo, così come nella definizione attuale
dell’unità di lunghezza.
•
La teoria della relatività di Einstein si basa sui due postulati fondamentali:
Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Non esiste un
sistema inerziale privilegiato (Principio di relatività).
La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore c in tutti i sistemi inerziali (Principio
della costanza della velocità della luce).
Come conseguenza immediata si ha che per ogni sistema che si muove a una velocità v
rispetto ad un osservatore, lo spazio e il tempo (le coordinate spazio-temporali) si deformano
secondo le trasformazioni di Lorentz tanto più quanto più il rapporto v/c si avvicina a 1.
20
Anche se per le velocità “normali” questi effetti sono trascurabili, secondo la teoria della
relatività non è più possibile considerare separatamente lo spazio e il tempo (come invece il
nostro istinto ci suggerirebbe).
La costanza della velocità della luce in tutti i sistemi inerziali, è la base della definizione del
metro attualmente in vigore.
APPENDICE D: IL PRINCIPIO DELLA TRIANGOLAZIONE
La tecnica della triangolazione è stata sviluppata agli inizi del ’600 ed è stata usata per disegnare le
carte geografiche dei “mondi” appena scoperti e per ridisegnare la geografia dell’Europa.
Per misurare la distanza tra i punti A e B, si costruisce una rete di triangoli aventi un lato in comune
tra loro (vedi figura) e se ne misurano gli angoli interni & 1-&21. A questo punto è sufficiente
misurare un lato qualunque di questa rete (la base) per calcolare il valore di tutti i lati (un triangolo
è univocamente definito se si conoscono gli angoli interni e un lato) e il gioco è fatto.
Nella misura del meridiano terrestre ad opera di Mechain e Delambre dal 1792 al 1798, i due
astronomi usarono la tecnica della triangolazione utilizzando come punti di misura (segnali)
campanili, torri, cime di montagne e, dove non erano disponibili segnali adatti, torri costruite ad
hoc.
21
Per misurare gli angoli fu usato il circolo ripetitore, progettato da Borda, costituito da di due cerchi
graduati che possono ruotare uno rispetto all’altro e due cannocchiali che possono scorrere rispetto
ai cerchi. Dapprima i due cannocchiali vengono puntati sui due segnali il cui angolo deve essere
misurato, poi, bloccando alternativamente l’uno e l’altro cannocchiale ad uno dei due cerchi
graduati e scambiando i bersagli puntati dai cannocchiali, si fa sì che ad ogni ciclo uno dei due
cerchi subisca una rotazione pari all’angolo misurato. L’operazione può essere ripetuta N volte e
l’angolo indicato viene diviso per N ottenendo l’angolo incognito. Lo scopo di questa complessa
procedura è di ridurre l’incertezza della misura dovuta agli errori di puntamento, il cui contributo
viene ridotto di un fattore "N. Resta naturalmente l’incertezza dovuta alla scala graduata per cui è
inutile aumentare N oltre ad un certo valore.
Il circolo ripetitore progettato da Borda e costruito da Lenoir per la misura del meridiano. Questo
sofisticato strumento permise di eseguire misure angolari con risoluzione di circa 1 secondo d’arco
(1/1296000 di angolo giro)
Alla fine delle triangolazioni fu misurata la “base”. Per una lunghezza di circa 11,7 km fu costruito
un “binario” di legno perfettamente dritto e livellato su cui posare i due regoli di riferimento. I
regoli, lunghi circa 4 metri, sono costituiti da una coppia di lamine (platino e ferro) fissate tra loro
ad un’estremità e libere di scorrere una sull’altra per tutta la lunghezza.
Le variazioni di differenza di lunghezza delle due lamine, dovute alle variazioni di temperatura su
materiali aventi diverso coefficiente di dilatazione termica, servirono a misurare le temperatura
media del regolo e ad apportare le opportune correzioni.
APPENDICE E, ALCUNI DEI PROTAGONISTI DELLA CREAZIONE DEL METRO
Talleyrand (1754-1838)
Presidente dell’assemblea nazionale nel 1790 propone di unificare le misure e chiede la
collaborazione dell’Inghilterra per la creazione di una misura universale.
22
Lavoiser (1743-1794)
Membro dell’accademia delle scienze, nel suo laboratorio all’Arsenale pone le basi della chimica
moderna. Usando una bilancia di precisione, osserva la formazione dell’acqua a partire dalla
reazione idrogeno-ossigeno e stabilisce il principio di conservazione della massa. Nel 1790 è
membro della commissione dei pesi e delle misure e determina la massa di un decimetro cubo
d’acqua che è alla base del nuovo sistema di unità di misura. Nel 1794 viene ghigliottinato …
Delambre (1749-1822)
Astronomo, membro dell’accademia delle scienze dal 1792. Dal 1792 al 1799 si occupa della
misura del meridiano terrestre.
Mechain (1744-1804)
Astronomo studioso di comete. Dal 1792 al 1799 si occupa della misura del meridiano terrestre.
Continua le misure del meridiano a sud di Barcellona fino alla morte ossessionato dall’idea di
trovare un possibile errore nelle sue misure precedenti.
Lenoir (1744-1832)
Il costruttore di strumenti di precisione più rinomato del tempo. Costruisce il circolo ripetitore
utilizzato per le triangolazioni, il regolo di platino per misurare la base, e i comparatori per
l’aggiustaggio dei prototipi di metro. Costruisce il Metro prototipo degli Archivi e un gran numero
di metri campione per la disseminazione della nuova unità di misura.
Fortin (1750-1831)
Abile costruttore di strumenti scientifici. Per Lavoiser costruisce una bilancia con una precisione di
una parte su un milione. La bilancia fu usata per la realizzazione del kilogrammo degli Archivi.
Janety
Inventore di un procedimento per la lavorazione del platino. Nel 1795 fabbrica per la Commissione
dei pesi e delle misure quattro metri e quattro kilogrammi.
Vanno inoltre ricordati: J.C. Borda, J.L. Lagrange, P.S. Laplace, C. Monge and J.A.N.
Condorcet, Prieur de la Cote-d’Or.
APPENDICE F: MISURA DELLA VELOCITÀ DELLA LUCE (PRECEDENTI QUELLA
DEL 1973)
Prima del diciassettesimo secolo si pensava che la luce fosse trasmessa istantaneamente per il fatto
che non esiste nessun evento fisico naturale in cui la finitezza della velocità della luce causi un
effetto percepibile dall’uomo. Tuttavia già Galileo dubitava che la velocità della luce fosse infinita
e ideò un esperimento in cui due osservatori muniti di lanterna, posti sulla sommità di due colline si
scambiassero segnali di luce. Non sappiamo se l’esperimento sia stato tentato, ma sappiamo che i
tempi di reazione dell’uomo sono troppo lenti per la sua riuscita. La prima misura della velocità
della luce si deve a Olaus Roemer nel 1676: egli notò che il periodo di rivoluzione delle lune di
Giove era diverso in diversi periodi dell’anno e attribuì correttamente queste variazioni alla
combinazione tra una velocità della luce finita e la velocità relativa tra la Terra e Giove durante la
rotazione dei due pianeti intorno al sole. Nel 1728 James Bradley osserva che la posizione
angolare apparente delle stelle varia durante l’anno. Questo effetto detto aberrazione stellare è
dovuto al moto della Terra che si combina con la velocità della luce che proviene dalle stelle
analogamente a quanto avviene quando correndo nella pioggia le gocce ci paiono percorrere una
direzione obliqua.
23
Nel 1849, Armand Fizeau compì la prima misura diretta di c sulla Terra. Egli realizzò
l’esperimento schematizzato in figura in cui la luce proveniente da S viene inviata verso lo specchio
M2 posto a 8 km di distanza attraversa una ruota dentata che ne permette il passaggio ad ogni
apertura che avviene con un periodo '. La luce che torna indietro riattraversa la ruota dentata e, se la
velocità è regolata in modo che ' sia uguale al tempo necessario alla luce per percorrere gli 8 + 8
km di andata e ritorno, passa attraverso l’apertura successiva e l’osservatore rivela un massimo di
intensità. Regolata la velocità della ruota per soddisfare questa condizione si ha che c = 16000/'
[m/s].
Nel 1862 Leon Fucault migliorò l’esperimento sostituendo la ruota dentata con uno specchio
rotante azionato da un motore a turbina. Egli riuscì anche a dimostrare che la luce è più lenta
nell’acqua che nell’aria. Negli anni successivi, versioni ulteriormente perfezionate dell’esperimento
furono realizzate da Albert Michelson.
24
Nel 1857 Weber and Kohlrausch calcolarono c dai valori della permeabilità magnetica µ0 e della
permittività elettrica (0 del vuoto utilizzando le leggi di Maxwell sulla teoria dell’elettromagnetismo
secondo cui: c = 1/√(0µ0..
Sulla stessa legge si basa la determinazione di c da parte di Rosa and Dorsey nel 1907 ottenuta
misurando la capacità di un condensatore in unità elettrostatiche e elettromagnetiche.
Nel 1958 Froome misura per la prima volta contemporaneamente la lunghezza d’onda e la
frequenza di una radiazione elettromagnetica a 72 GHz ma l’accuratezza della misura è limitata
dalla considerevole lunghezza d’onda (0,4 cm). Infine Evenson e collaboratori misurano lunghezza
d’onda e frequenza di un laser infrarosso nel 1972 e di un laser visibile nel 1982 ottenendo un
risultato la cui incertezza è di gran lunga dominata dalla realizzazione corrente del metro. Questa
considerazione porta alla definizione del metro del 1983 e alla conseguente adozione del valore
definitivo della velocità della luce nel vuoto: c = 299 792 458 m/s
Nella tabella sono riassunte le più importanti misure della velocità della luce compiute nell’arco di
300 anni con la stima dell’errore associato al risultato.
Data
Autore
Metodo
Valore (km/s) Errore
1676
Olaus Roemer
Satelliti di Giove
214 000
1726
James Bradley
Aberrazione stellare
301 000
1849
Armand Fizeau
Ruota dentata
315 000
1862
Leon Foucault
Specchi rotanti
298 000
+-500
1879
Albert Michelson
Specchi rotanti
299 910
+-50
1907
Rosa, Dorsay
Costanti elettromagnetiche
299 788
+-30
1926
Albert Michelson
Specchi rotanti
299 796
+-4
1947
Essen, Gorden-Smith
Cavità risonante
299 792
+-3
1958
K. D. Froome
Interferometro radio
299 792,5
+-0.1
1973
Evenson et al.
Catena di sintesi di frequenza
299 792,4574
+-0.001
1983
Valore definitivo
299 792,458
Tabella estratta da: Froome and Essen “The Velocity of Light and Radio Waves”.
APPENDICE G: IL TEMPO: UN CONCETTO CHE TUTTI CAPISCONO MA CHE
NESSUNO SA SPIEGARE
Non è affatto facile definire cosa è il tempo.
S. Agostino, che ha cercato di spiegare molte cose, affronta il problema così:
“Che è, poi, il tempo? Chi saprebbe spiegarlo facilmente e brevemente? Chi almeno saprebbe
comprenderlo col pensiero, tanto da proferirne una parola? Eppure, quale cosa più familiare e più
25
nota noi menzioniamo nel parlare, che il tempo? E l’intendiamo benissimo, quando ne parliamo: e
altrettanto lo intendiamo quando ne parla un altro e noi l’udiamo.
Che è dunque il tempo? Se nessuno me lo domanda, so cos’è; ma, se qualcuno me lo domanda e io
cerco di spiegarglielo, non lo so più: eppure con fiducia dico di sapere che se niente passasse, non
ci sarebbe tempo passato, e se niente avvenisse, non ci sarebbe tempo avvenire, e se niente
esistesse, non ci sarebbe tempo presente….”
Per poi arrivare alla conclusione che il tempo non esiste se non nel pensiero dell’Uomo:
“… Quel che ora è limpido e chiaro è che né il futuro è, né il passato; né si dice propriamente: i
tempi sono tre: passato, presente e futuro, ma forse si direbbe propriamente i tempi sono tre: il
presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro. E son tre cose dell’anima, e
altrove non le vedo: il presente del passato è la memoria; il presente del presente è la percezione
(contuitus); il presente del futuro è l’attesa. Se m’è permesso dir così, allora io vedo tre tempi e, lo
riconosco, son tre. E si dica anche: «i tempi sono tre: passato, presente e futuro», secondo l’abuso
della consuetudine… Son poche le espressioni proprie; più sono le improprie, ma si comprende ciò
che vogliamo.”
Ma per fortuna Einstein, che si pone il problema di come misurare il tempo piuttosto che di
definirlo, ci rassicura un po’:
“Le esperienze di un individuo ci appaiono disposte in una serie di eventi e in tale serie i singoli
eventi che noi ricordiamo appaiono ordinati secondo il criterio di « prima» e « poi», criterio che
non può essere ulteriormente analizzato. Per ogni individuo esiste pertanto un tempo individuale o
soggettivo che non è in se stesso misurabile. Si può invero associare dei numeri agli eventi, in modo
tale che fra due eventi quello posteriore sia caratterizzato dal numero maggiore; però la natura di
questa associazione può essere del tutto arbitraria. La si può definire per mezzo di un orologio,
paragonando l’ordine degli eventi da questo forniti con l’ordine di date serie di eventi. Per
orologio si intende qualcosa che fornisce una serie di eventi numerabili...”
Insomma, per poter definire il tempo è sufficiente disporre di un generatore di eventi periodici e
possibilmente uniformi. Generatori di eventi periodici e uniformi sono disponibili in natura e
regolano da sempre la vita degli organismi viventi, dalle piante all’uomo. Sono ovviamente la
rotazione della Terra: il giorno, la rivoluzione della luna intorno alla Terra (meno importante) e la
rivoluzione della Terra intorno al sole: l’anno.
L’alternarsi del giorno e della notte è un
unità di tempo universale
26
L’anno è diviso in mesi e giorni. Poiché il rapporto tra la durata dell’anno e del giorno non è un
numero intero (né lo è quello tra la rivoluzione lunare e il giorno) sono stati fatti molti sforzi per
inventare dei calendari che tenessero conto di questo inevitabile fenomeno, ma questo non ha a che
fare con la misura del tempo vera e propria.
A sua volta il giorno viene diviso in frazioni intere per scandire le varie fasi dell’opera dell’uomo
dall’alba al tramonto.
Già gli egizi e i babilonesi dividevano il giorno e la notte in 12 parti uguali. Quando furono
inventati i primi orologi meccanici, dal ‘400 fino all’invenzione definitiva dell’orologio a pendolo
di Huygens nel 1656, l’ora venne suddivisa in 60 minuti, a loro volta divisi in 60 secondi.
Così nasce l’attuale unità di tempo, il secondo, che fino al 1967 continua essere definito come una
frazione del giorno medio o dell’anno (La penultima definizione del secondo risale al 1960 quando
la 11ma Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure stabilisce che: “La seconde est la fraction 1/31
556 925,9747 de l'année tropique pour 1900 janvier 0 à 12 heures de temps des éphémérides”).
APPENDICE H: IL PESO: LA PIÙ “FISICA” DELLE GRANDEZZE
Prima che la scienza moderna introducesse il concetto di inerzia di un corpo, proporzionale alla sua
massa, della grandezza massa si prende in considerazione solo la forza a cui è sottoposta per effetto
del campo gravitazionale, cioè il peso.
La massa, intesa come forza peso, è la più fisica delle grandezze: per stimare il peso di un oggetto
infatti, non è sufficiente guardarlo, è necessario soppesarlo con le mani.
Con le mani è anche facile confrontare due masse per stabilire quale è più pesante o se sono uguali.
É facile anche costruire una bilancia per confrontare con grande precisione il peso di un oggetto
preso come campione di riferimento e il peso dell’oggetto da misurare.
Il campione di peso può essere qualsiasi cosa: un seme, un sasso, un pezzo di ferro o… un pezzo di
Pt-Ir.
Anubi pesa il
cuore dei morti
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Peso campione di pietra
dell’antico Egitto
Copia n. 62 del prototipo Internazionale
del chilogrammo
conservato all’IMGC
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