Il Viaggio sentimentale illustrato da Filippo de Pisis x Paola
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Il Viaggio sentimentale illustrato da Filippo de Pisis x Paola
‘Il viaggio sentimentale illustrato da Filippo de Pisis’ in Laurence Sterne, Il viaggio sentimentale, (a cura di) Giovanni Puglisi, edizioni IULM, Milano, 2004. Nel corso della sua vicenda creativa Filippo de Pisis (Ferrara 1896-Brugherio 1956) ha realizzato le illustrazioni per sette libri, costituite da riproduzioni di suoi disegni o acquerelli1. Non tutte queste imprese possono ritenersi propriamente opera di illustratore; in alcuni casi si tratta di semplici riproduzioni di opere grafiche irrelate al testo a cui si accompagnano: è il caso dei nudi che stanno fianco a fianco alle sofferte pagine del Carlo Emilio Gadda degli Anni, pubblicato da Parenti nel 1943 o delle frizzanti vedute veneziane che accompagnano una scelta di pagine della Ricerca del tempo perduto, relative al soggiorno veneziano compiuto da Marcel Proust dopo la morte della nonna e comparse nel 1945 presso le Edizioni del Cavallino. Nel dicembre del 1944 de Pisis illustra per l’editore Enrico Damiani di Milano il Viaggio sentimentale di Laurence Sterne nella traduzione di Ugo Foscolo: otto acquerelli più un “medaglione” che fa la sua comparsa sia sulla copertina sia sul frontespizio. L’edizione, curata da Carlo Cordiè e realizzata in tiratura limitata, è di grande finezza: ancor più apprezzabile se si pensa alle difficoltà del momento storico in cui è comparsa. I disegni sono ben intonati al testo a cui si riferiscono e perfettamente integrati con la grafica del libro; ottime pure la stampa e le riproduzioni. L’effetto visivo ottenuto è di assoluta purezza. Ma - forse a causa della drammaticità della situazione – dell’uscita del libro si trova poco riscontro nella stampa dell’epoca, ad eccezione di una piccola nota sul “Corriere della Sera”. Gli acquerelli, firmati e datati, nascono appositamente per questo progetto editoriale e sono legati alla scelta verticale del formato della pagina. Le tavole, tutte di pari dimensione, sono riprodotte a piena pagina - tranne il medaglione per la copertina e il frontespizio – e non presentano didascalie. I contenuti visivi quindi non sono in rapporto gerarchico tra loro e rispetto al racconto scritto mantengono un notevole grado di autonomia. Purtroppo non si hanno molte informazioni sul lavoro di Enrico Damiani; si sa solamente che ha pubblicato pochi libri, tra cui due illustrati da de Pisis: per l’appunto lo Sterne del ‘44 e una scelta di 1 Elenco dei volumi in ordine cronologico: Giovanni Comisso, Questa è Parigi, casa Editrice Meschina, Milano, 1931; Giovanni Cavicchioli, Le nozze di Figaro, Società Tipografica Ed. Modenese, Modena, 1932; Carlo Emilio Gadda, Gli anni, Parenti, Firenze 1943; Laurence Sterne, Viaggio Sentimentale attraverso la Francia e l’Italia, Enrico Damiani Editore, Milano, 1944; Marcel Proust, Soggiorno a Venezia, Edizioni del Cavallino, Venezia, 1945; Paul Verlaine, Poésies, Enrico Damiani Editore, Milano 1945; Giovanni Comisso, La terra e i contadini, e altri racconti, Vallecchi Editore, Firenze 1946. poesie di Verlaine comparsa l’anno successivo. Il rapporto tra il pittore e l’editore è di amicizia e stima professionale. Nel ’45 de Pisis scrive: “Ò avuto nella mia vita molti amici, Juti Ravenna e Damiani …”2, “l’ottimo stampatore – editore”3. Lo stesso anno de Pisis gli affida un suo manoscritto Gli Angeli da lui stesso illustrato con litografie di nudi maschili e Damiani, poiché il libro dello Sterne “era andato a ruba”4, si affretta a fare le prove di stampa. Ma nel 1946 viene colpito da una crisi economica che lo costringe a chiudere la propria attività, cosicché il libro autobiografico non vide mai la luce. Trovare il carteggio Damiani-de Pisis sarebbe fondamentale per conoscere la genesi e l’evoluzione del Viaggio sentimentale di Sterne, ed anche sarebbe utile la corrispondenza con il laboratorio Zuccotti e Caprara che ha riprodotto le litografie, con le officine G. Ricordi e C. che le hanno impresse e con la tipografia gregoriana di Giulio Preda che ha stampato il volume. Nonostante la mancanza di prove concrete, credo comunque si possa supporre che Damiani abbia contattato de Pisis per richiedergli la sua opera di illustratore, ma che sia stato poi l’artista a suggerire all’editore il Viaggio sentimentale di Sterne. Questo perché i temi gli erano non solo noti, ma in sintonia con le sue scelte di artista. Il luogo poetico di Sterne è il luogo catartico già ampiamente trattato dall’artista – scrittore; in libri come Le memorie del marchesino pittore, Ver-vert, Il Signor Luigi B. c’è quasi una identificazione, si ritrovano situazioni alla Sterne5. La Natura, la spontaneità di sentimenti e il rifiuto dell’ipocrisia, l’ipocrisia ecclesiastica in modo particolare. La ricerca della verità che lo porta a odiare i falsi dotti, le vie trite, “l’erudizione appiccicaticcia”6. La sensibilità sempre pronta a rispondere al tocco di un palpito umano, l’attenzione per gli umili e per i particolari non importanti. E ancora la passione per la tipografia e per i libri antichi, che raccoglie “non solo per la parte estetica dell’arte, ma anche perché interessantissima ne è la lettura e lo studio”7. L’interesse per i meccanismi della comunicazione, del pensiero umano e il suo tradursi in parole e in espressioni grafiche. Oltretutto de Pisis si sentiva uomo del Settecento: amava travestirsi da paggio, alcuni scritti come Arbiter io erano concepiti in un clima da aristocrazia settecentesca. Nel Viaggio sentimentale l’artista trova anche alcuni soggetti su cui si era esercitato spesso negli anni Venti e Trenta come il frate o il bosco. Per de Pisis, come per Sterne, il romanzo non è un genere letterario ma morale, e l’artista è un costruttore di gioia per sé e per gli altri. Come pure ricorda Foscolo nella prefazione del Viaggio sentimentale, il reverendo Lorenzo Sterne era dell’opinione “che un sorriso possa aggiungere un filo alla trama brevissima della vita”. De Pisis fin da giovane è attratto dalla cultura inglese, si prefigge di impararne la lingua e di conoscerne la letteratura. Già nei primi anni venti annota tra i contatti romani l’archeologa Eugenia Strong, il topografo Enrico Stevenson e il regista Gordon Craig. È frequentatore abituale dell’Accademia 2 Cit. in Sandro Zanotto, Filippo de Pisis ogni giorno, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1996, 434. Ibid., 453. 4 Ibid., 434. 5 Come mi ha suggeriro Luigi Cavallo in una conversazione. 6 Ibid., 55. 7 Ibid., 29. 3 Britannica e delle Belle Arti inglesi, legge Kim di Kipling e alla fine del ’22 deve conoscere già Sterne se in una lettera ad un’amica scrive: “Le bacio le mani (a una signorina non si dovrebbe, ma io lo fo per cacherie… l’abate Sterne mi perdonerebbe e poi nel ‘700 si usava).”8. Nel 1925, nell’imminenza della partenza per Parigi, Eugenia Strong gli prepara delle lettere di presentazione per molti inglesi che là potrà frequentare. Tra il 1933 e il 1938 compie due importanti viaggi in Inghilterra trovando un ambiente che si adatta al suo lavoro e dal quale il suo lavoro trae profitto; da Londra comunica a Giovanni Comisso: “Non ti so dire quanto questa città si presti per la mia palette, più ancora di Venezia (i bei grigi neri rossi e verdi). Sono felice, National Gallery, Trafalgar Square…”9. Nel 1938 scopre l’Ulisse di Joyce identificandosi nel personaggio di Buck Mulligan. Per L’Italia letteraria scrive “Lettere londinesi” dove vuole scoprire l’anima di Londra. Frequenta il suo amico ambasciatore Dino Grandi, la galleria Zwemmer che espone e acquista sue opere e lo studio di Vanessa Bell, la sorella di Virginia Woolf. L’interpretazione di de Pisis riflette la critica su Sterne che si è andata sviluppando a partire dalla fine degli anni Trenta con il saggio di Virginia Woolf che considera il Viaggio sentimentale un testo soggettivo. Le illustrazioni di de Pisis non rappresentano luoghi, paesaggi, monumenti, ma gli incontri casuali del protagonista con personaggi non famosi, capaci tuttavia di cambiare sostanzialmente il suo modo d’essere, di sentire, e di porsi nei confronti dell’altro: è un viaggio terapeutico. L’artista seleziona le tappe fondamentali del percorso interiore di Yorick che lo porterà ad essere un Viaggiatore sentimentale (VII, 21), ossia benevolente, tollerante, generoso, in comunione con la natura e con gli uomini. Il suo opposto è Smelfungus: il giovane messo in ridicolo da Sterne che parte per il grand tour pieno di pregiudizi, arido collezionista, incapace di riconoscere la vera bellezza, di entrare in simpatia con lo straniero e di comunicare, di aprirsi a ciò che non conosce e a ciò che non si aspetta di conoscere perché segue sentieri già battuti. Yorick apprende una cultura che ha modellato la gente in modo diverso - la Francia è la nazione della galanteria e dell’amore - scopre i rapporti sociali fra persone di raffinate maniere, il saper vivere, la civiltà descritta da Montesquieu, la conversazione elegante, la delicatezza del cuore, la disinvoltura e l’assenza di pudore. Costruisce la sua sentimentalità grazie alle regole della “politesse”, ma a un certo punto scopre che questa “sensibilità” può essere una maschera. Mendacità e urbanità vanno di pari passo in Francia. Lascia il Nord, la civiltà mondana di Crebillon e si rifugia al Sud verso la civiltà naturale di Rousseau, dove trova la semplicità e la gioia del Sentimento e della Natura. Le illustrazioni di de Pisis ricostruiscono visivamente la vicenda di Yorick, difficile da seguire nel testo perché Sterne rifiuta lo sviluppo narrativo e concepisce l’opera come una successione di vignette. Nel 8 9 Ibid., 178. Ibid., 275. Viaggio sentimentale la comunicazione è difficile, le parole sono sorgente di malintesi, così l’autore preferisce parlare il linguaggio del corpo e dello sguardo; questo facilita il lavoro dell’illustratore perché l’espressione gestuale si presta ad essere tradotta nella rappresentazione iconica. I personaggi, definiti attraverso il portamento, i movimenti e i gesti, sono colti dall’artista in uno spirito leggermente caricato. De Pisis riesce a vedere il ‘buffo’ in ogni aspetto della natura umana e fa emergere la vena sentimentale dell’umorismo di Sterne, cosa che non può fare Foscolo perché, come afferma Carlo Dossi, è incapace al riso, non è un umorista10. De Pisis, sempre fedele al testo, si prende la libertà di inserire nel racconto per immagini due elementi estranei: il colore rosa e il quadro, indizi usati per chiarire al lettore ciò che il messaggio verbale non esplicita dal principio: la metafora del Viaggio sentimentale che vede la natura (rosa) contrapposta all’arte (quadro). La storia delle illustrazioni del Viaggio sentimentale dimostra che l’interpretazione visiva ha seguito i due orientamenti della critica tesi o a promuovere la lettura della vera sentimentalità, oppure a dare enfasi alla carnalità di Yorick; artisti come Denis Tegetmeier favorevoli alla visione sentimentale hanno privilegiato scene come L’asino morto, o Lo stornello, mentre Grissets e filles de chambre si trovano in coloro come Mahlon Blaine che esaltano, spesso forzatamente, l’aspetto erotico. La sequenza di scene scelta da de Pisis dà una visione più completa del complesso libro di Sterne. La narrazione visiva inizia dal “medaglione” del frontespizio, e prosegue con una linea serpentina che tocca successivamente: Il frate, La tabacchiera, Il postiglione, La lettera, Il passaporto - Parigi, Il passaporto – Versailles, La tentazione, infine Maria11. Come vedremo alcune scene sono rappresentate per la prima volta, altre sono famosissime ma prese da un’angolazione inedita. Forse Filippo de Pisis si può permettere queste originalità perché è il primo illustratore italiano del Viaggio sentimentale, e non deve confrontarsi con modelli precedenti. La collocazione delle tavole all’interno del testo non è mai casuale o banale, talvolta modifica volutamente il ritmo della lettura, ma in generale, come tutto l’apparato illustrativo, rispecchia la struttura intima del testo. Copertina e frontespizio. Il medaglione Il medaglione (5,5 cm c. Ø) ha una cornice gialla bordata di nero, è retto da un nastro nero appena visibile. All’interno è il volto di una bella donna preso di tre quarti con grazioso cappellino blu notte in tinta con la spallina del vestito; gli occhi e la bocca sono ben delineati, lo sguardo fisso e sicuro di chi sa ma non vuol dire. Una pennellata serpentina rosa segna perpendicolarmente il ritratto dalla fronte al collo. 10 Carlo Dossi, Note azzurre, Adelphi, Milano, 1988, 156. Foscolo stesso a proposito dello stile ironico di Sterne dice: “a me queste freddure non piacciono, … io le tradurrò a mio potere ” (VI, 22). 11 È possibile che de Pisis abbia illustrato anche il capitolo Lo stornello (XLII, 100-102); l’artista-scrittore venne tanto colpito dalla storia dello stornello da riproporla nel suo libro Ver-vert. Questa donna è Eliza Draper, la donna amata da Sterne. Il ritratto che de Pisis fa di Eliza non trova corrispondenza nel testo, Sterne non descrive la fisionomia della donna, si esprime solo sulle sue qualità morali.12 Eliza non ha un volto, non un ruolo attivo nel racconto, non interagisce con altri personaggi, non si muove in uno spazio fisico: vive solo nel regno dell’immaginazione, nel cuore dell’innamorato che si rivolge a lei come se fosse in grado di leggere le sue parole. E’ un soggetto molto difficile da visualizzare. De Pisis non solo è l’unico tra gli illustratori a rappresentarlo ma gli riserva addirittura la posizione più importante dell’opera, il frontespizio “il cui scopo è quello di fornire al lettore, dalla soglia della prima pagina, un riassunto del libro intiero”13. Eliza credo rappresenti per de Pisis il Sentimento, la meta finale del viaggio di Yorick. La linea serpentina che attraversa il viso di Eliza indica il percorso non lineare che Yorick deve seguire per imparare ad essere un viaggiatore sentimentale. Il colore rosa è la traccia che, nel racconto visivo di de Pisis, guida l’attento osservatore verso la Natura e verso “tutti qué sentimenti soavi che da lei sola germogliano” (XLVI,113): benevolenza, simpatia, comprensione, tolleranza, spontaneità, generosità… . Capitolo III. Il frate (Calais) Sterne racconta del primo incontro su suolo francese di Yorick con uno straniero, il francescano mendicante padre Lorenzo. Il povero frate entra nella stanza d’albergo e Yorick si propone fermamente di non dargli neanche un soldo. L’illustrazione di de Pisis, posta al centro del terzo capitolo, rappresenta l’interno della camera del protagonista: sulla sinistra è il povero frate, coperto da una ruvida veste incolore, in piedi, chino sul suo bastone, pone la palma sinistra sul petto in atto di supplica. Sulla destra dietro ad un tavolo è Yorick, elegantemente vestito di blu; alle sue spalle un dipinto con ampia cornice gialla, di fronte una pregiata bottiglia di vino di Borgogna dal tappo rosso, rosso è anche lo stelo del calice. Sul pavimento in primo piano la sua valigia a righe verdi e rosse. Yorick ha lo sguardo fisso sul prete e tiene una mano sul taschino e l’altra sulla bottiglia. Sullo sfondo si vede la porta scura da cui è appena entrato il frate, accostata appena tanto da lasciare entrare uno spiraglio di luce. Nel ritrarre i personaggi de Pisis segue puntualmente le indicazioni di Sterne, insistendo più sui gesti che sulla fisionomia. Yorick all’inizio del suo viaggio mostra deliberatamente un atteggiamento di chiusura e di sufficienza nei confronti dello straniero - nell’abbottonare la borsa, abbottona se stesso -. Frate Lorenzo, raffigurato con le ruvide vesti, lo sguardo dritto e la mano sul petto, appare dignitoso; la sua richiesta è commovente e legittima. La bottiglia, il calice e la valigia presenti nel capitolo precedente e riuniti in questa immagine sono elementi distintivi che qualificano l’attore in scena e lo spazio entro cui è collocato. Servono per 12 De Pisis può aver preso il volto di Eliza Draper dal ritratto di Richard Cosway del 1767; è utile ricordare che la vedova Cosway si ritirò a Lodi in Italia dopo la morte del marito. 13 Giovanni Pozzi, Sull’orlo del visibile parlare, Adelphi, Milano, 1993, 460. spiegare gli antefatti e comprendere la reazione di Yorick. Padre Lorenzo entra in un momento del tutto sbagliato. Yorick ha appena consumato un’eccellente cena con una costosa bottiglia di vino “da due lire almen” (II, 12), ed è in uno stato di soddisfazione, di espansiva benevolenza. In queste circostanze, l’entrata del povero monaco può solo costituire una brusca interruzione. La profonda distanza che corre tra i personaggi, la loro impossibilità di comunicare, è accentuata visivamente dall’arbitraria scelta cromatica di de Pisis: colori brillanti contrassegnano Yorick (giallo, rosso, verde, blu), colori spenti il frate (nero, grigio, marrone, rosa). La pennellata rosa serpentina in particolare vuole mettere in evidenza il volto del frate, la sua passione. L’ampia pennellata, ugualmente rosa, in verticale, sulla porta allude alla luce del sole, alla Natura che inizia a far breccia nel cuore di Yorick. Capitolo XII. La tabacchiera (Calais) Sterne rappresenta con minuzia di particolari la riconciliazione di Yorick con il buon vecchio frate. La maggior parte degli illustratori ha scelto di rendere in immagine alcune fasi del racconto già perfettamente dipinte da Sterne: il perdono reciproco, gli inchini profondi, lo scambio della tabacchiera14. De Pisis invece isola, unico tra gli illustratori, le ultime dieci righe del capitolo che si riferiscono al pianto pietoso e incontenibile di Yorick sulla tomba di padre Lorenzo: Yorick, vestito di nero, è visto dall’alto in ginocchio con il capo chino, lacrimoso sulla semplice pietra sepolcrale bianca in aperta campagna. Intorno piccole croci e una natura felice; il cielo azzurro con leggere nuvolette rosa e gialle, la terra e la vegetazione rigogliosa su di uno sfondo ampio e luminoso. Difficile non ricordare la fatale quiete della sera di Foscolo, le liete nubi estive, gli zefiri sereni e la corrispondenza d’amorosi sensi15. I colori che nell’illustrazione precedente avevano creato una barriera tra i due personaggi, adesso sono fusi e perfettamente armonizzati in una calma e serena visione della natura. Con queste due prime illustrazioni de Pisis mostra due tappe del percorso interiore di Yorick verso la conquista del Sentimento. Prima ritrae uno Yorick superficiale, egoista e leggermente ebbro che si prende gioco del povero questuante; poi uno Yorick compunto, aperto al dialogo e alla comprensione, che coltiva un rapporto sincero di amicizia anche dopo la morte. 16 Cap. XXVII. Il postiglione (Nampont) Raffigura l’episodio di un povero vecchio che piange la morte dell’asino, suo compagno di tante sventure. Anche in questo caso la scelta del soggetto è originalissima e del tutto personale; non mi è 14Sterne era un estimatore di Moliére; nel primo atto del Don Giovanni il tabacco è il paradigma stesso della comunicazione sociale. 15 Cfr. sul tema della morte in Foscolo Giovanni Puglisi, “Le immagini del pensiero”, in Poesia e filosofia, Franco Angeli, Milano, 2000,pp. 182-203. 16 Cfr. su Yorick: Patrizia Nerozzi Bellman, “Yorick, no doubt, as Shakespeare said of his ancestor__was a man of jest. Tristram Shandy e il metodo di Yorick”, www.tristramshandyweb.it, Milano, 2003. stato possibile trovare tra le edizioni illustrate consultate alla British Library altra raffigurazione di questo episodio. Sterne ripete qui la stessa tecnica descrittiva usata nel presentare Yorick sulla tomba del frate. Anche de Pisis ripropone la semplice costruzione dell’illustrazione precedente dove un terzo dell’immagine è occupata dall’uomo in primo piano che versa lacrime sui resti del defunto, e i due terzi dalla natura calma, incontaminata. Sterne e de Pisis replicano gli schemi formali nel rappresentare il dolore per la morte di un religioso e di un asino, dando a questi episodi quasi pari importanza. Gli uomini e gli animali meritano uguale pietà. Inoltre de Pisis, come Sterne, è attento ai poveri, agli umili, rifiuta l’eroismo se non trasformandolo in una finzione teatrale (anche l’eroismo è travestimento), la gloria umana (ma non la vanità) e le strutture gerarchiche. Sterne fa dire a Yorick che quel pover’uomo gli fece tornare “subito in mente la lamentazione di Sancio per l’asino suo: ma l’uomo ch’io udiva doleasi con tratti di natura più schietti” (XXVI, 59). Già nel 1915 de Pisis aveva scoperto il Don Chisciotte di Cervantes. Capitolo XXIX. La lettera (Amiens) Protagonista del capitolo è La Fleur, il valletto francese di Yorick. La Fleur suggerisce al padrone di rimediare al faux pas di non aver risposto alla lettera di madame de L***. Prontamente gli apparecchia il tavolo con tutto il necessario per scrivere compresa una lettera che un tamburino del suo reggimento aveva scritto alla moglie d’un caporale sperando possa servire da canovaccio al padrone. De Pisis ritrae Yorick in primo piano di spalle vestito del suo “polveroso abito nero” (XXX, 69), chino in ginocchio sul tavolino verde con la penna sospesa di chi non riesce a scrivere mezza dozzina di righe; a lato l’inutile sedia e alcuni fogli buttati per terra imbrattati di vari esordi. Il disordine dei fogli rende bene la fatica della scrittura lamentata da Yorick. La Fleur invece è preso di petto: appare molto grande, vistosamente agghindato in panni azzurri, gialli e rosa, la mano destra in tasca, lo sguardo fisso sul padrone. Il braccio alzato con l’indice teso verso l’alto e tutto il corpo “ritto in orazione” (XXIX, 68) comunicano esageratamente il momento solenne, quasi sacro, del rendere omaggio a una donna. L’indicazione sul modo di vestire i personaggi de Pisis la ricava dal capitolo successivo nel passo in cui Sterne dice: “a Parigi …Io mi accostava con gravità alla finestra vestito del mio polveroso abito nero; e osservando dà vetri, io vedeva gran gente a drappelli, che in panni gialli, verdi ed azzurri correvano l’arringo del piacere …” (XXX, 69). De Pisis evidenziando le vesti curate e sfarzose del valletto e l’incuria del padrone sottolinea l’idea, che serpeggia in tutto il libro, che i buoni sentimenti trascendono lo stato sociale. La benevolenza, la generosità e l’entusiasmo genuino annullano le differenze di classe. Per Sterne è un superamento dell’elitarismo sociale di Shaftesbury che definisce le virtù personali e la giustizia sociale naturali prerogative dell’essere aristocratici17. La postura, i gesti e l’abbigliamento di La Fleur e tutta la sua figura trasmettono la sua dignità. Yorick, rispondendo alla lettera, compie sì un atto di cortesia ma indotto dalle convenzioni sociali. La lettera non è spontanea, non nasce dal cuore, ma dal desiderio di compiacere a quel buon ragazzo e di non apparire trascurato “en égards vis-à-vis d’une femme” (XXIX, 65). De Pisis usa il solito sistema degli indizi per dire al lettore che Yorick in questo momento è lontano dalla natura e dai sentimenti genuini: sulla parete grigia è un vistoso dipinto dalla cornice gialla. Inoltre sullo sfondo c’è la porta aperta da cui si intravede una sagoma bianca dal profilo nero, forse il fantasma di frate Lorenzo che aveva provocato in Yorick sentimenti veri di amicizia e di comprensione? Capitolo XXXIX. Il passaporto (Parigi) Rappresenta il momento in cui Yorick con un “bizzarro cerimoniale” (XLVI, 110) si introduce al monsieur le comte de B*** per ottenere il passaporto. Yorick riesce a procurarselo e al tempo stesso a trovare un amico; l’intesa con il conte infatti nascerà spontanea dalla comune passione per Shakespeare e per le donne. Il sentimento qui è sinonimo di simpatia, partecipazione umana, comprensione intellettuale. Al centro della stanza piena di libri, disposti in biblioteca e accatastati per terra, è Yorick, con il suo solito vestito nero e le spalle allo spettatore, leggermente proteso in avanti sullo scrittoio del conte e con la mano destra indica un libro dalla copertina rosa. Monsieur le comte de B*** , occhiali sul naso, è curvo sulle carte, intento a leggere. All’estremità sinistra, sullo sfondo, una figura evanescente di donna nuda avanza dolce e sensuale dalla porta, l’incarnato è rosa come la copertina del libro: solo un segno bruno indica il volto e il sesso. De Pisis con il solito sistema degli indizi sottolinea gli elementi positivi dell’episodio. Questa illustrazione si riferisce alle prime due pagine del quarantaseiesimo capitolo, ma non a caso è posta all’inizio del quarantesimo capitolo, il primo della serie di sei dedicati alla vicenda del Passaporto. Questa decisione di anticipare è stata presa non solo per mantenere un giusto rapporto tra testo e immagine, due illustrazioni all’interno di un capitolo di sole quattro pagine avrebbe sbilanciato la grafica del libro. Ma anche perché in questo punto Sterne riprende l’inizio del viaggio: quindi de Pisis vede il capitolo come un nuovo esordio del romanzo e lo vuole dotare di una sorta di frontespizio.18 Capitolo XLVI. Il passaporto (Versailles) De Pisis sottolinea l’importanza del quarantaseiesimo capitolo con un seconda illustrazione, solo apparentemente decorativa, che sembra non avere rispondenza nella stesura verbale: una classica natura 17 Cfr. Robert Markley, "Sentimentality as Performance: Shaftesbury, Sterne, and the Theatre of Virtue", in The New Eighteenth Century, F. Nussbaum and L. Brown, London, 1987, 210-230. 18 Sterne, scrittore e pittore, già nel Tristram Shandy aveva usato un artificio simile inserendo all’interno del romanzo una pagina marmorizzata che tradizionalmente trova posto in apertura e chiusura del libro. morta. In realtà essa condensa in una raffigurazione simbolica il contenuto dell’intero segmento di testo a cui si riferisce. De Pisis raffigura un cassettone disposto in obliquo a dare profondità all’immagine; in primo piano un vasetto con una bella rosa, accanto a destra un candelabro a tre braccia, in fondo sulla sinistra una statuetta con occhi bendati. La statua e il candelabro sono incolori e della stessa altezza, il fiore spicca per il bel tono rosa. La rosa rappresenta la natura più volte scritta con la N maiuscola, il fine ultimo del suo viaggio : “viaggio del cuore in traccia della natura e di tutti qué sentimenti soavi che da lei sola germogliano” (XLVI,113). La statua di donna dagli occhi bendati rappresenta l’arte priva di vita, incapace di comunicare perché ormai snaturata dal viaggiatore del grand tour, interessato solo a impinguare i cataloghi di opere d’arte e che quando passa la frontiera la sola cosa che altera di se stesso è il suo passaporto19. Alla cieca contemplazione dell’arte de Pisis contrappone il profondo godimento della natura e della persona. Capitolo LI. La tentazione (Parigi) Yorick tornato in albergo trova la fille de chambre venuta per conto di madame de R*** ad informarsi se fosse già partito da Parigi. Yorick la fa accomodare in camera il tempo necessario per scrivere un bigliettino alla sua padrona, ma all’improvviso vengono presi da un desiderio travolgente che spinge lei a gesti sempre più esplicitamente erotici, lui a una controversia interiore circa la necessità di assecondare o reprimere gli istinti. De Pisis riprende i due personaggi in camera: Yorick è in piedi con le gambe divaricate tra il letto e la giovane donna e tiene in mano un libro aperto; la fille-de-chambre è seduta su una sedia anch’essa con le gambe dischiuse, una stesa di fronte e l’altra piegata verso Yorick, la veste è alzata sino al ginocchio, lo sguardo perso nel vuoto, con le mani regge il calamaio – una esplicita allusione. La maggior parte degli illustratori che ha scelto questo episodio, ha dato un’ interpretazione erotica del testo, privilegiando le ultime righe del capitolo dove Sterne lascia maliziosamente immaginare l’amplesso finale. De Pisis enfatizza il momento del desiderio amoroso più che il possibile rapporto fisico tra i due20. L’artista trascura i colori e i dettagli dell’arredamento questa volta indicati dallo scrittore, e da conto del rossore dei volti dei personaggi, richiamato esplicitamente dal testo. Anche i polsi di Yorick sono rosa a indicare forse il “sangue che sgorga impetuoso dal cuore” (LI,123). Il libro che Yorick tiene in mano non appare esplicitamente nel testo, ma si riferisce a Les Egaremens du cœur et de l’esprit l’opera che la sera innanzi aveva ispirato la sua lezione sul sentimento. Lezione che ora cerca di ricordare, ma inutilmente, alla fille de chambre per allontanarla da sé. Il libro rappresenta quindi lo sforzo di Yorick di resistere alla tentazione. Il calamaio si riferisce a questa frase ambigua: “La gentile 19 “Ch’io giunga a capo d’una strada, e ch’io non mi torni più savio, quest’è la più trista maledizione che mi possa mai cogliere.” (XXXIX, 93). 20 Credo che l’artista abbia scelto di illustrare questo episodio non perché interessato all’elemento erotico in se, ma per la riflessione che Sterne fa seguire circa la natura fallace dell’uomo. Cfr.: Tim Parnell, “A Story Painted to the Heart? Tristram Shandy and Sentimentalism Reconsidered”, Shandean, 9, 1997, 123-135. fille de chambre si fè più dappresso (…) mi si esibì di reggermi il calamaio; e si dolcemente ch’io quasi accettava, - ma non mi arrischiai.” (LI, 123). L’ombra nera, a forma di testa di diavolo, sotto la sedia della donna raffigura la schermaglia con il demonio: “pigliai la penna – la lasciai: - le mie dita tremavano. – e mi fu addosso il demonio. ” (LI, 123). Capitolo LXV. Maria (Moulins) Sterne narra di quando Yorick cambiò strada per portare conforto a Maria, la donzella impazzita per il perduto amore, già incontrata dall’amico Shandy. L’icona della povera Maria abbandonata ha riscosso subito un enorme successo: è diventata l’immagine universale, decorosa, elegante della melanconia. Solo tra il 1774 e il 1812 si danno venti versioni del soggetto, tra cui le due dipinte da Joseph Wright of Derby nel 1777 e 1781 e quella diffusa sul rinomato servizio da tea dalla fabbrica Wedgwood. Interessante notare che de Pisis rifiuta l’iconografia classica di Maria ritratta come vittima passiva, e le dona una nuova vita raffigurando un passo trascurato da tutti gli illustratori. Yorick e Maria sono visti da dietro incamminarsi verso Moulins. L’immagine è divisa cromaticamente in due parti comunicanti tra loro. Maria sulla sinistra porta un cappello giallo a falda ampia, il vestito rosa riflette i colori della natura intorno - il giallo e il beige dei pioppi e il marrone della terra -, appoggia il braccio a quello dello straniero, a lui rivolge il volto e tutto il corpo e si lascia accompagnare fiduciosa. La figura, così evanescente che sembra sorvolare il terreno, è sorretta visivamente da un alto fascio di “pioppi”. Yorick, vestito alla moda settecentesca, ha giacca e cappello blu e pantaloni rossi. Ha le gambe leggermente distaccate e le braccia aperte: una tesa verso Maria, l’altra regge forse la cordicella del cagnolino Silvio.21 L’albero accanto a Yorick è definito da ampie pennellate che richiamano il colore blu di Yorick e del cielo, i rami sono tutti rivolti verso Maria, come attirati dal sole. Sterne dice che Maria “era vestita di bianco” (LXIII, 154) ma de Pisis la veste di rosa; questa aggiunta cromatica rivela fin dall’inizio del racconto visivo una finalità semantica e romantica: il rosa indica il Sentimento. E’ il trionfo della benevolenza e della comprensione in una natura benigna e partecipe delle vicende umane. Tra l’uomo e la donna c’è comunione vera: non hanno bisogno di parole per dimostrare la simpatia reciproca e la nudità dei loro cuori. Qui Yorick porta a compimento il viaggio sentimentale, mentre il viaggio tradizionale verso l‘Italia si interrompe, ma in realtà quel tipo di viaggio non è mai iniziato. La gioia campestre, la semplicità, l’idillio sospendono il tempo e la morte. Mai come in questo caso la vignetta finale funziona da esclamativo visivo prolungante il piacere della lettura ormai conclusa.22 21 Come mi ha suggerito Giovanni Agosti, questa illustrazione ricorda la scena finale del film Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936). De Pisis sembra vedere Yorick con i movimenti meccanici da automa di Charlot. 22 Sul catalogo generale di de Pisis appare un dipinto a olio intitolato La passeggiata raffigurante la stessa scena di questa illustrazione. Daniela De Angelis, autrice della scheda, ipotizza come data dell’esecuzione il 1938, ma visto lo stretto legame Maria Stella Wirz con questo lavoro mi sembra plausibile posticipare la datazione al 1944. De Pisis: catalogo generale, a cura di Giuliano Briganti, Electa, Milano, 1991, 427.