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LA “NUOVA” REVOCATORIA DELLE RIMESSE BANCARIE di
LA “NUOVA” REVOCATORIA DELLE RIMESSE BANCARIE
di Giuseppe Rebecca, Studio Rebecca & Associati di Vicenza
Introduzione
La nuova azione revocatoria delle rimesse bancarie è disciplinata da due articoli della Legge
Fallimentare, l’art. 67 e l’art. 70, così come modificati dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35, dal D.Lgs. 9
gennaio 2006, n. 5 e dal correttivo D.Lgs. 12 settembre 2007 n. 169.
La nuova norma interessa le procedure dichiarate dal 17/03/2005.
Rispetto alla disciplina precedente, l’azione revocatoria è ora caratterizzata:
a)
dal dimezzamento (da 1 anno a 6 mesi) del “periodo sospetto” (deve essere provata la
conoscenza dello stato di insolvenza) (art. 67 co. 2 l.f.);
b)
dall’esenzione da revocatoria per quelle rimesse che non abbiano ridotto “in modo consistente
e durevole” l’esposizione nei confronti della banca (art. 67 co. 3 l.f.);
c)
dalla previsione di un limite massimo all’importo revocabile (inteso come sommatoria delle
rimesse) determinato nel c.d. rientro, pari alla differenza tra massimo scoperto e saldo finale
(art. 70 l.f.).
Condizione necessaria per la revocabilità delle rimesse è quindi il verificarsi di un rientro
nei 6 mesi anteriori la dichiarazione di fallimento.
È appena il caso di sottolineare che, mentre la norma delimita il campo dell’azione revocatoria in
ottica negativa, quindi esentando da revocatoria le rimesse che non abbiano ridotto in modo
consistente e durevole l’esposizione debitoria, la presente analisi espone la materia in accezione
positiva, ponendo l’accento sulle rimesse revocabili.
I principali punti tuttora controversi sono numerosi, e precisamente:
a)
le nozioni di “consistenza” e “durevolezza”, con riferimento alla riduzione dell’esposizione
debitoria;
b)
l’applicazione congiunta degli artt. 67 e 70 l.f.;
c)
la rilevanza o meno del fido nella determinazione dei saldi a debito;
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d)
l’applicazione dell’art. 70 l.f..
a)
Le nozioni di “consistenza” e “durevolezza”, con riferimento alla riduzione
dell’esposizione debitoria
Circa l’interpretazione dei concetti di “riduzione consistente e durevole”, sono già emerse alcune
indicazioni giurisprudenziali; in particolare, si sono distinte tre sentenze del Tribunale di Milano,
rispettivamente del 27/03/2008 (Giudice estensore dr Mauro Vitiello), del 25/05/2009 (dr Roberto
Craveia) e del 21/07/2009 (ancora dr Mauro Vitiello).
Dalla sentenza del 27/03/2008, la prima in ordine di tempo, si traggono le seguenti indicazioni:
-
«la consistenza del pagamento va individuata ricorrendo ad un parametro espresso in termini
percentuali» che «può essere individuato nel 10% […] dell’importo massimo revocabile,
individuato dall’art. 70 […] nella differenza tra la massima esposizione debitoria raggiunta dal
fallito nel periodo c.d. sospetto e quella riscontrata al momento di apertura del concorso»;
-
la durevolezza si ha quando «il versamento […] non venga compensato da successivi
prelevamenti (non necessariamente di importo corrispondente, ma anche superiore, o inferiore
ma non tale da ridurre il ripianamento al di sotto dell’individuata soglia di “consistenza”)», per
un periodo (in termini di giorni) «dipendente dalla frequenza delle movimentazioni del conto».
Per essere revocabili, le rimesse dovrebbero quindi essere maggiori del 10% del rientro, e
rimanere tali (anche al netto di successivi addebiti) per un numero di giorni congruo rispetto alla
movimentazione del conto (nel caso specifico, 10 giorni). Si tratta quindi di una quantificazione del
tutto soggettiva.
Questi concetti sono stati ribaditi dalla sentenza del 21 luglio 2009, la terza in ordine di tempo.
Più specificamente, circa la durevolezza così è stata massimata tale sentenza:
“Il requisito della “durevolezza” della riduzione dell’esposizione debitoria determinata dalla rimessa
in conto corrente bancario consiste nell’apprezzabile stabilità nel tempo dell’effetto solutorio della
rimessa stessa e tale effetto si realizza soltanto ove il versamento non sia seguito, per un
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determinato lasso di tempo, la cui entità dipenderà dalla maggiore o minore intensità di
movimentazione del singolo conto corrente, da prelievi in grado di ridurre il ripianamento al di sotto
della soglia di consistenza”.
b) “Coesistenza” degli artt. 67 e 70 l.f., ovvero quale prevalga
Sempre la sentenza del 27 marzo 2008 di Milano si è pronunciata in merito alla convivenza dei
due articoli. Verificati i presupposti di revocabilità ex art.67 l.f., l’art.70 l.f. viene applicato come
tetto massimo. L’importo revocabile si calcola andando quindi ad individuare le rimesse consistenti
e durevoli (ex art.67 l.f.), e limitando poi l’ammontare massimo al rientro (ex art.70 l.f.), di norma
inferiore.
Si segnala però che, con specifico riferimento ai fallimenti dichiarati tra il 17/03/2005 ed il
31/12/2007 la sentenza del 25/05/2009 (la seconda in ordine di tempo) esclude l’applicabilità
dell’art. 70 l.f., come si illustrerà in seguito
c) Rilevanza del fido nella determinazione dei saldi a debito
Non è ancora pacifico se il fido debba essere considerato o meno nella determinazione degli
importi revocabili.
Tenuto conto di come è stata costruita la norma, il concetto di fido dovrebbe essere superato, ed è
questa la tesi seguita dalla maggioranza degli interpreti.
La già citata prima sentenza di Milano, come pure la terza, vi fanno invece riferimento; non così la
seconda, del 25/05/2009.
d) Come interpretare l’art. 70 l.f.
L’art. 70 l.f. non fa alcun esplicito riferimento ai 6 mesi per la conoscenza dello stato di insolvenza;
si potrebbe quindi ritenere non esistere alcun limite temporale, determinando il rientro su periodi
anche superiori a 6 mesi.
Si osservi come la specificazione che l’art. 70 l.f. riguardi anche i rapporti di conto corrente sia
stata introdotta soltanto con il D.Lgs. 169/07.
Essendo la decorrenza di tale norma determinata, per legge, dall’1 gennaio 2008, e non trattandosi
di norma interpretativa, si pone pertanto la questione se la disposizione sia applicabile anche per il
periodo precedente (17 marzo 2005 – 31 dicembre 2007) oppure solo dall’1 gennaio 2008.
La seconda sentenza del Tribunale di Milano fa propria quest’ultima soluzione, per cui l’art. 70 l.f.
si applicherebbe solo a fallimenti dichiarati o con dichiarazione pendente dall’1 gennaio 2008 in
poi. Le altre due sentenze, invece, lo ritengono comunque applicabili.
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CONTEGGI
Da un punto di vista pratico-operativo, per determinare gli importi revocabili si devono effettuare i
seguenti conteggi:
- calcolare il rientro (massimo scoperto meno saldo all’apertura della procedura) tenuto conto o
meno dei sei mesi (se la conoscenza dello stato di insolvenza è anteriore, calcolo anche a
quella data). Le fasi successive diventano praticamente superflue qualora si ritenga che
l’importo ex art. 70 l.f. costituisca il tetto massimo alle somme revocabili;
- identificare le rimesse, applicando più criteri di riferimento, per attribuire la consistenza e la
durevolezza;
- calcolare il tutto con o senza fido.
TABELLE di SINTESI∗
Tabella 1 - LA “NUOVA” REVOCATORIA DELLE RIMESSE BANCARIE
Applicabilità
Periodo sospetto
Presupposto
Revocabilità
Caratteristiche riduzione
Importo revocabile massimo
Esenzioni
Procedure dichiarate dal 17 marzo 2005
6 mesi
Conoscenza dello stato di insolvenza
Rimesse che hanno ridotto l’esposizione
Consistente e durevole
Rientro
- Pagamenti effettuati sulla base di un piano attestato;
- Pagamenti per effetto di amministrazione controllata,
concordato preventivo o accordo omologato ex art.
Tabelle tratte in parte da Giuseppe Rebecca / Giuseppe Sperotti, La nuova revocatoria delle rimesse bancarie, Giuffre’
Editore, 2010.
∗
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Termini utilizzati
182 bis l.f. (piano di ristrutturazione)
Art. 67 l.f. Esposizione debitoria
Art. 70 l.f. Pretese
Tabella 2 - LE PROBLEMATICHE DELLA NUOVA REVOCATORIA
Riduzione consistente e durevole
Riferimento della riduzione
Coesistenza artt. 67 e 70 l.f.
Prevalenza dell’art. 67 o 70 l.f.
Fido
Saldo di riferimento
Consecuzione di procedure
Incostituzionalità
Concetto da definire
Si ritiene riferita al debito, non alle singole rimesse
Alla fattispecie revocatoria delle rimesse sono
applicabili i due articoli, i quali però presuppongono
concetti diversi (la riduzione consistente e durevole è
richiesta dall’art. 67, non dall’art. 70 l.f.). In questo
caso sarebbe revocabile solo il rientro, se ed in quanto
le riduzioni siano state consistenti.
Teorie diverse sono già state avanzate su quale dei
due articoli debba prevalere. Tesi maggioritaria, oggi:
art. 70 l.f. con necessità di riduzioni consistenti. In
definitiva si revoca il rientro.
Art. 70 l.f. presumibilmente non applicabile dal
17/3/2005 al 31/12/2007.
Per lo più è ritenuto ininfluente. È quindi revocabile
anche il conto non scoperto, ovvero il rientro, anche se
effettuato nei limiti dell’affidamento
Non è precisato come vada calcolato, se con la data
contabile o la data disponibile. Tenuto conto
dell’evoluzione precedente, data disponibile. Validità
della costruzione raggiunta dalla prassi. Effetti in ogni
caso limitati.
La data di riferimento dovrebbe essere quella della
prima procedura, ma non è certo, tenuto conto delle
nuove disposizioni
Possibili eccezioni
Tabella 3 - DECADENZA DELL’AZIONE REVOCATORIA E APPLICABILITA’ SECONDO LE
DIVERSE NORME SUCCEDUTESI
REGOLE per l’azione revocatoria
Fallimenti dichiarati ante 16/7/2006
- pendenti al 16/3/2005: vecchie regole per
la revocatoria
- dichiarati dal 17/3/2005: nuove regole per
la revocatoria
Fallimenti dichiarati dal 16/7/2006: nuove regole
per la revocatoria
DECADENZA dell’azione revocatoria
5 anni dalla dichiarazione di fallimento
3 anni dalla data di fallimento e comunque 5
anni dall’atto
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Esaminiamo ora più analiticamente i vari punti già indicati, e precisamente:
-
la riduzione “consistente”;
-
la riduzione “durevole”;
-
il rientro;
-
la difficile coesistenza.
La riduzione “consistente”
La riduzione dell’esposizione debitoria deve essere consistente (in caso contrario, l’art. 67 l.f.
esenta il pagamento da revocatoria). La norma non fornisce alcuna indicazione circa l’ordine di
grandezza da considerare.
Si ritiene che la riduzione “consistente” possa essere valutata, ex post, alla luce dell’andamento
del saldo e dell’operatività media del rapporto; come vedremo, le grandezze di riferimento
potrebbero essere diverse. La norma si riferisce a riduzione consistente di debito per effetto di
più rimesse, non di singole rimesse a sé stanti: quindi, nessun rilievo avrebbe il singolo
movimento, dovendosi necessariamente far riferimento ad un insieme di rimesse, o meglio ancora
al loro effetto complessivo.
Le aggettivazioni sono in ogni caso riferite al debito, e non alle singole operazioni.
Si espone subito una problematica pratica: se considerare le rimesse ritenute revocabili al lordo di
eventuali somme addebitate, o al netto. Seguendo la tesi del lordo, se è consistente il rientro,
allora l’intera rimessa è revocabile, al di là di un suo eventuale parziale utilizzo (ossia a
prescindere da eventuali addebiti in c/c immediatamente successivi). Ove si considerasse invece il
netto, la rimessa sarebbe revocabile solo nel limite della quota non erosa da successivi utilizzi
(addebiti). In entrambi i casi, comunque, se gli utilizzi (addebiti) sono tali da erodere quasi
completamente l’accredito (che quindi non è più “consistente”), la rimessa non è revocabile.
La riduzione può essere consistente con riferimento a uno di questi concetti:
-
importo assoluto,
-
importo rapportato al saldo debitore,
-
importo rapportato ai versamenti del periodo,
-
importo rapportato a tutte le operazioni del periodo,
-
importo rapportato al rientro,
-
importo rapportato al debito e alle operazioni medie,
-
importo percentuale su rapporto tra saldi medi e operazioni medie,
-
importo rapportato al debito e superiore a una determinata cifra fissa.
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Il concetto dell’importo assoluto è la tesi ritenuta meno condivisibile; la consistenza potrebbe
invece essere determinata in base ad una percentuale fissa rispetto al saldo debitore, iniziale o
finale oppure massimo.
In ogni caso è evidente la discrezionalità nella scelta, sia del valore percentuale sia del valore di
riferimento.
La consistenza può essere vista come derivato dall’ordine di grandezza delle operazioni effettuate
sul conto nel periodo interessato dalla revocatoria, ad esempio considerando l’importo medio
degli accrediti oppure di tutte le operazioni effettuate sul c/c.
Il parametro “importo rapportato al rientro” per determinare la consistenza delle rimesse ha
assunto una maggiore autorevolezza (anche a seguito della sentenza del Tribunale di Milano del
27 marzo 2008, la prima in ordine temporale).
Ma il riferimento potrebbe anche essere collegato a due entità diverse: ad esempio saldo debitore
medio e importo medio delle operazioni, oppure al rapporto tra saldi medi e operazioni medie.
Un ulteriore metodo potrebbe consistere nell’abbinare una cifra minima assoluta, magari
determinata dopo aver valutato l’andamento delle rimesse, con una cifra legata all’andamento del
conto ovvero il saldo medio.
La riduzione “durevole”
La riduzione dell’esposizione debitoria deve essere anche “durevole”, oltre che consistente,
requisito anch’esso non esplicitato dalla norma.
Si tratta di un concetto relativo; in ogni caso, ad essere durevole è la riduzione dell’esposizione,
non la singola rimessa.
Potrebbe ritenersi che la “durata” della riduzione debba protrarsi fino alla chiusura del rapporto, ed
allora “durevole” sarebbe sinonimo di “definitivo”; conseguentemente l’importo revocabile dovrebbe
coincidere con il rientro stesso.
Secondo altri durevole potrebbe risultare una riduzione dell’esposizione debitoria protrattasi per
qualche giorno, o per qualche settimana, anche se poi successive operazioni di addebito
l’abbiano riportata ai livelli precedenti.
Anche per il concetto di durevole la pratica ha suggerito più riferimenti:
- numero giorni assoluto,
- durata rapportata alla tempistica usuale,
- durata rapportata al numero di operazioni consistenti,
- durata rapportata all’esito del rientro.
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Si dovrà anche considerare che importanza dare all’entità dell’addebito, se cioè si intenda che la
rimessa non debba essere seguita da nessun addebito, oppure se possa essere seguita da
addebiti purchè di importo limitato (la cui entità massima è quindi da determinare).
Aumentando il numero di giorni richiesto ai fini della durevolezza, aumenta potenzialmente il
numero di addebiti che possono andare a ridurre gli accrediti. E’ evidente poi che gli ultimi
accrediti, a ridosso della chiusura del conto (o del fallimento), restano ugualmente durevoli, poiché
diventano definitivi.
Altro criterio è la durata rapportata alla tempistica usuale; i giudici di Milano, nella citata sentenza
del 27 marzo 2008, hanno ritenuto che fosse necessario far ricorso ad un criterio relativo e non
assoluto, dipendente dalla valutazione della frequenza delle movimentazioni del conto; nel caso
specifico la durevolezza è stata determinata in 10 giorni.
La durevolezza andrebbe quindi analizzata in relazione al numero delle operazioni registrate in
conto e alla loro frequenza, valutando caso per caso. I giudici milanesi hanno motivato
esemplificando che “qualche giorno di stabilità sarà sufficiente solo in presenza di un conto con
rimesse e prelevamenti infragiornalieri”.
Si potrebbe anche ritenere che non tutte le operazioni debbano essere prese in considerazione per
quantificare la durata media, ma solo quelle significative, ovvero gli accrediti consistenti; in tal
caso, il calcolo si fa più complicato, poiché si devono prima individuare gli accrediti consistenti, e
poi conteggiare i giorni liberi che li separano da un altro accredito o da un addebito che li riduce
sotto tale soglia.
Ci si chiede, poi, se sia corretto valutare la durata (diversa dalla durevolezza) di un accredito fino
all’accredito successivo, piuttosto che solo guardando agli addebiti che ne compromettono la
consistenza (e quindi la durevolezza).
Il rientro (art. 70 l.f.)
E’ revocabile il cosiddetto “rientro”, e quindi l’importo compreso fra “massimo scoperto”
nell’intero periodo e “saldo finale” del conto.
L’art. 70, comma 3, l.f. fa propria una tesi sulla revocabilità delle rimesse in conto corrente
bancario già proposta in passato.
Era stato anche stato ipotizzato che l’art. 70 l.f. non riguardasse le rimesse bancarie; la modifica
normativa introdotta dal D.Lgs. 169/2007 con l’espressione aggiunta “posizioni passive derivanti da
rapporti di conto corrente bancario” ha comunque eliminato ogni possibile incertezza.
Quanto ai fallimenti dichiarati precedentemente al 1/01/2008, ma ovviamente dal 17/3/2005, si
deve prendere atto che la nuova norma non è interpretativa, essendone stabilita una specifica
decorrenza successiva. In questo senso vedasi Cassazione 19231/2009. Conseguentemente l’art.
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70 l.f. non sarebbe applicabile alle procedure dichiarate dal 17 marzo 2005 al 31 dicembre 2007,
interpretazione presumibilmente non equa, ma alla lettera l’unica possibile.
Quindi, per procedure dichiarate nell’intervallo temporale sopra indicato non si applicherebbe la
limitazione dell’art. 70 l.f.; tesi indubbiamente interessante, resistita e per la quale è stato sollevato
un profilo di incostituzionalità per eccesso di delega, essendo il legislatore del decreto
legislativo (correttivo) privo di potere d’intervento specifico.
Si tratta di una tesi fatta propria da Tribunale di Milano, sentenza del 25 maggio 2009.
Artt. 67 e 70 l.f. – La difficile convivenza
La vera problematica della nuova revocatoria è essenzialmente data dalla difficile convivenza degli
articoli 67 e 70 l.f.. Infatti non è chiaro se l’articolo 70 l.f. sia applicabile solo come tetto massimo,
dopo che si siano verificati i presupposti di revocabilità previsti dall’articolo 67, oppure se prevalga
in ogni caso l’articolo 70. E ciò anche al di là dei diversi riferimenti temporali. Sono state avanzate
tre differenti tesi:
1) sono applicabili tutti e due gli articoli (art. 67 e art. 70 l.f.).
In questo caso la revocatoria ha il limite del rientro, ma solo se consistente e durevole;
2) è sempre applicabile l’art. 70 l.f., che prevale.
In questo caso si revoca sempre ed in ogni caso il rientro, senza alcun riferimento a
riduzione di debiti consistenti e durevoli. Ma allora si dimostrerebbe del tutto inutile l’art. 67;
3) è sempre applicabile l’art. 67 l.f., che prevale.
Ed allora l’art. 70 l.f. sarebbe inutile, quantomeno nella fattispecie.
La tesi prevalente è la preventiva applicazione dell’art. 70 l.f., e poi dell’art. 67 l.f.. Prima si
determina il rientro, e poi si vanno a individuare, nell’ambito dell’importo determinato, le singole
rimesse. E’ ovvio che così facendo risulterà sempre, o quasi sempre, un importo di rimesse
superiori al rientro stesso. In questo caso, l’art. 70 costituisce quindi una limitazione agli importi
revocabili.
Il diverso periodo di riferimento
Per l’esercizio dell’azione revocatoria è richiesta la prova, da parte del curatore, della conoscenza
dello stato di insolvenza da parte della banca; il periodo temporale massimo è di 6 mesi. Questo
prevede l’art. 67, comma 2 l.f..
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L’art. 70 l.f., invece, mentre non pone alcun riferimento temporale, fa esplicito riferimento al
“periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza”.
Taluno interpreta questa diversa previsione con la possibilità che per l’art. 70 non ci sia limitazione
temporale alcuna.
Con questa tesi sarebbe trovata una ragion d’essere circa la coesistenza dei due articoli, il 67 e il
70 l.f..
Quest’ultimo determina l’ammontare massimo revocabile, senza limitazione temporale alla
conoscenza dello stato di insolvenza; le singole rimesse revocabili saranno poi da determinare
solo nei sei mesi precedenti.
Il minore dei due importi sarà quanto revocabile.
La rilevanza dell’affidamento
La previsione normativa è in negativo, nel senso che esenta da revocatoria certe rimesse, e l’art.
67, comma 3 l.f. fa riferimento all’”esposizione debitoria”.
Sono concetti che mal si legano con il concetto di conto scoperto. Ove così fosse, quindi, tutta la
costruzione giurisprudenziale di questi anni, sul punto, pare inutilizzabile.
La norma parla di “rimesse effettuate su conto corrente bancario”, e non di pagamenti. Ciò rileva
sotto due aspetti:
a) qualsiasi annotazione a credito sul conto corrente può essere definita rimessa, e quindi non
ci dovrebbero più essere i problemi di distinzione tra versamenti veri e propri e anticipi
concessi dalla banca;
b) il concetto di carattere solutorio non dovrebbe più avere importanza. L’esposizione debitoria
rappresenta comunque il saldo debitore del conto corrente, perdendosi così la distinzione
tra saldo debitore e saldo scoperto.
Ma potrebbe anche obiettarsi il contrario: l’art. 67 comma 3, lett. b) l.f. si riferisce alla “riduzione
dell’esposizione debitoria” e quindi potrebbe anche sostenersi che, nei limiti dell’affidamento,
non c’è esposizione debitoria e quindi nessun debito esigibile.
L’art. 70, comma 3 l.f., invece fa riferimento all’”ammontare massimo raggiunto” dalle pretese
del terzo (in definitiva ammontare massimo del debito), e anche questo concetto parrebbe
staccarsi dalla distinzione tra saldo scoperto (ovvero fuori fido) e saldo passivo del conto corrente
(nei limiti del fido).
In ogni caso l’interpretazione comune è per la non rilevanza degli affidamenti, ai fini della
revocatoria; in senso contrario, però, Tribunale di Milano 27/3/2008 e 21/7/2009.
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Il saldo disponibile
Potrebbe esserci incertezza sulla questione del saldo disponibile, cioè se i conteggi vadano
comunque effettuati in base al saldo contabile o al saldo disponibile, riferimento questo ultimo
ormai pacifico nella vecchia revocatoria. Osservato che il saldo disponibile è solitamente più
scoperto del saldo contabile, poiché gli accrediti vengono in parte posticipati rispetto agli addebiti, il
rientro così quantificato risulta in genere maggiore. Ma non c’è ragione alcuna per cambiare
l’impostazione che, faticosamente, era stata raggiunta in molti anni.
Taluno ha altresì ritenuto che tutta la questione del saldo disponibile non ha più valenza alcuna.
Si ricorda anche la questione del saldo infragiornaliero, ovvero l’ordine delle operazioni aventi
la stessa data disponibile.
L’ordine delle operazioni può variare l’ammontare del saldo disponibile, e quindi il calcolo del
rientro revocabile.
La Cassazione ha da tempo stabilito il principio, favorevole in ogni caso alle banche,
dell’anteposizione degli accrediti rispetto agli addebiti, e pressoché tutti si sono adeguati, eccetto
talora la giurisprudenza del Tribunale di Milano che in qualche sentenza ha sostenuto come sia
corretto seguire sempre e soltanto l’ordine delle operazioni così come registrate in estratto conto.
Anche questo concetto della anteposizione degli accrediti rispetto agli addebiti dovrebbe ritenersi
applicabile nella nuova revocatoria, ancorché gli effetti siano sicuramente limitati, in quanto riferiti
ad una sola data e non a una serie di date.
Natura eventualmente interpretativa della nuova norma
Per fallimenti anteriori al 17/3/2005 è stata sostenuta la tesi per cui le nuove disposizioni
costituiscono norma di interpretazione autentica della norma precedente.
Così non è stato però ritenuto, trattandosi di fattispecie differente [A Bologna 24/1/2007] e stante la
necessaria univocità espressiva che il legislatore avrebbe dovuto impiegare, e non ha fatto [C.
19231/09 ed anche Tribunale di Catania 8/2/2007, Tribunale di Milano 9/5/2007, Tribunale di
Trento 11/6/2007, Tribunale di Bergamo 23/14/2008].
Le prime sentenze
Analizziamo le prime pronunce relative alla nuova revocatoria delle rimesse bancarie.
La più rilevante è Tribunale di Milano 27 marzo 2008, seguita da altre due, sempre di Milano.
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Questi i punti salienti di questa prima sentenza: si riconferma la necessità che si tratti di conto
scoperto (tesi non condivisa dai più); la “consistenza” del rientro è determinata dal 10%
dell’importo massimo revocabile; la “durevolezza” è determinata, trattandosi di un conto molto
movimentato, in 10 giorni; l’art. 70 l.f. costituisce il limite massimo revocabile.
Abbiamo poi sempre Milano, 25/05/2009 i cui punti essenziali sono i seguenti.
Tabella 5 - Sentenza del Tribunale di Milano n. 6946 del 25 maggio 2009
Fido
No.
Saldo
Disponibile.
Ordine operazioni
Da estratto conto.
Operazioni consistenti
Operazioni durevoli
Art. 70 L.F.
Ultra petita
Incidenza superiore a quella della rimessa media sul saldo medio
post accredito.
Intervallo medio tra rimesse consistenti e utilizzo (anche ridotto)
superiore all’intervallo medio delle rimesse consistenti.
Inapplicabile per fallimenti dichiarati ante 01/01/2008.
Esclusa, in quanto nella citazione sono indicati i criteri, al di là
degli importi (nel caso inferiori).
Infine, sempre Milano, 21 luglio 2009 con giudice estensore sempre il Dott. Mauro Vitiello, che
sostanzialmente conferma alla prima sentenza (27/3/2008).
Fido
Si (anche se poi non se ne tiene conto).
Non è più indicato se di c/c o anticipi su fatture o s.b.f.
Conto anticipi (o s.b.f.)
Considerato come un c/c ordinario, da sommare
Consistenza
10% del rientro ex art. 70 L.F.
Art. 70 L.F.
Applicabile anche a fallimenti dichiarati nel periodo 17/3/2005 –
31/12/2007
Rimesse revocabili
Al netto di addebiti (pare di capire, anche se si considera accrediti)
Tribunale di Pescara 8 febbraio 2008 fissa questi principi: a) consistente, riferito al rientro; b)
durevolezza (2 mesi), riferita al rientro, ancorchè come tendenza. Applicando l’art. 70 ritenuto
applicabile come limite massimo, dunque inteso come differenza tra il massimo scoperto del
periodo e il saldo finale.
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Tribunale di Brescia 29 aprile 2008 ha trattato una fattispecie specifica di conto chiuso, ma
estensivamente applicabile anche ai casi in cui il c/c non sia stato revocato, e tuttavia di fatto
bloccato nella sua operatività (nessun addebito e/o nessun assegno addebitato).
Si tratta del cosiddetto “conto bloccato” o congelato, il che equivale, a questi fini, al conto chiuso
[In questo senso, vedasi già Tribunale Milano 9 luglio 2004].
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