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l`insegnante ri-pensato
Obiettivo docente di Caterina Cangià L’insegnante ri-pensato Ri-pensato o re-inventato? Un simbolo per ogni “visione” La potatura riequilibra lo sviluppo della pianta, la spinge a fiorire, normalizza la produzione di frutti, migliora la ripartizione dei succhi nutritivi, libera spazi, offre luce al prato, ringiovanisce e molto altro ancora, sempre in positivo. Come la pianta che, proprio perché si libera di elementi caduchi, ogni anno è una novità carica di fiori e frutti, così il docente che inizia una nuova stagione scolastica liberandosi dalla triste espressione: “ho sempre fatto così”. Ecco perché il quadrante a dieci puntate che è l’annata della rivista, mette a fuoco 10 “visioni” dell’insegnante, partendo dall’insegnante-leader e arrivando all’insegnante-mastro di Bottega. Se re-inventare è avere una nuova concezione delle cose, che le cambia radicalmente, ri-pensare è invece ricordare, rievocare, tornare indietro con la mente, è magari meditare, ponderare, tornare a riflettere su. È soprattutto riesaminare, considerare da un altro punto di vista che diventa un altro punto di vita, un modo nuovo, fresco e vivace di vivere la scuola come esperienza a tutto tondo, ispirata ai principi dell’interazione e della collaborazione. È fare della scuola un frutteto a 360 gradi. L’insegnante “Leader” è intanto il numero uno. Per prima cosa un condottiero nel senso nobile del termine. Stipula la “condotta” ovvero il contratto con un governo (la direzione della scuola? Le famiglie? La società? Il mondo del lavoro?) per impegnarsi nella formazione di truppe sempre a disposizione, allenate, competenti, capaci di mettere in atto strategie raffinate. L’insegnante leader 38 indirizza, conduce gli studenti alla conoscenza che desiderano acquisire, espone percorsi che ha egli stesso, per primo, battuti. È uno che catalizza le energie cognitive ed emotive dei ragazzi per orientarle; è uno che non ha timore; spinge a lottare, sprona ad aver fiducia. Che è capace e lo mostra. I ragazzi hanno un bisogno incredibile di “condottieri” che sanno cosa far cercare e aiutano a trovarlo. Come poteva essere l’Alessandro D’Avenia docente, nella classe raccontata nel romanzo Bianca come latte, rossa come il sangue edito da Mondadori nel 2010. Il numero uno gestisce il tempo in modo creativo, trascina nelle attività, sforza i ragazzi ad esprimere ciò che sono davvero, senza nascondersi dietro a cliché. Perlustrare con attenzione luoghi e saperi sconosciuti. Indagare, cercare di conoscere a fondo qualcosa che a prima vista accende la curiosità. Questo fa l’insegnante “Esploratore” quando guarda con vivo interesse i territori del sapere. Esplorare, attività affascinante, spesso circondata da un alone di mistero, che a volte rende leggendari. L’esploratore trova un varco che permette l’accesso in un TuttoscuolA n. 504 Obiettivo docente ambiente nascosto agli occhi di tutti e per questo si sente speciale. Sa di più perché vuol scoprire le ragioni profonde delle cose; gli nascono spontanee le domande quando l’attimo di stupore iniziale per un nuovo percorso verso il sapere appena scoperto viene seguito dalla curiosità che ragiona con logica e rigore. Non è impossibile che “modelli” come Giovanni Caboto, Ferdinando Magellano, Silvio Zavatti, che hanno creduto contro tutti e contro tutto dopo aver avuto un insight che ha caricato le loro energie e il loro impegno, vengano imitati dai ragazzi. La curiosità, leva potente per la conoscenza, si coltiva! Lo ha affermato Joseph LeDoux nel suo bellissimo libro Il cervello emotivo, per i tipi di Baldini&Castoldi, uscito nel 1998; lo ha ribadito Antonio Damasio ne L’errore di Cartesio, pubblicato nel 1995 da Adelphi e lo confermano gli articoli che verranno citati nel corso dell’annata della Rivista. Dell’insegnante “Ricercatore” si è parlato a più riprese nella TuttoscuolA n. 504 letteratura sulla scuola. Le complesse interazioni fra il ruolo di insegnante e il ruolo di ricercatore, nonché le transizioni fra i due ruoli, fanno parte di quella vasta riflessione chiamata ricercaazione. L’insegnante ricercatore non ha come obiettivo l’approfondimento di conoscenze teoriche, ma l’analisi della pratica relativa a un campo di esperienza quale è l’azione didattico-educativa con la finalità ultima di introdurre, proprio nella pratica, dei cambiamenti in positivo. Per la pedagogia, la ricerca-azione è un elemento fondante dell’autoformazione del docente che gli conferisce competenze di fine analisi della pratica educativa e del suo forte miglioramento. L’atteggiamento dell’insegnante ricercatore è quello di chi desidera presentare ai ragazzi nuove opportunità e, al tempo stesso, s’impegna a esplorare la loro comprensione. Propositivo e attento. Sperimenta, generalizza i risultati della sua sperimentazione e diffonde l’innovazione nella scuola. Semplicemente. L’animazione, sì, può essere intesa come la componente culturale e metodologica interna al lavoro educativo. Fondamentale è il quadro metodologico per l’animazione, altrimenti essa perde la sua forza culturale. L’armoniosa fusione fra la componente culturale e la componente metodologica trasforma l’animazione in uno stile, in un modo di agire e di interpretare la realtà. L’insegnante “Animatore” ha un’eccellente socialità: sa mettersi nei panni dei suoi ragazzi per capirli fino in fondo. È capace di ascolto al 200 per cento e, sapendo ascoltare, sa parlare nel modo giusto. Il suo non è un ascolto intermittente, né disturbato, ma è un ascolto pieno e profondo. È capace di comunicare non solo perché sa parlare bene, ma perché esce da se stesso per andare incontro all’altro e vive un contratto di rispetto e di accoglienza riconoscendo profondamente l’alterità dei suoi ragazzi. È un facilitatore del dialogo, ha grandi capacità di sintesi, crea nei ragazzi autostima e voglia di autonomia. Intende l’azione didattica ed educativa attraverso una presa di posizione antropologica. Vuole spezzare il monopolio della scuola aprendola a un sistema formativo integrato e policentrico. Per lui contano, sì, l’apprendimento e le competenze, ma ha in vista la significatività della vita dei suoi ragazzi, la partecipazione dei gruppi, il coinvolgimento crescente. L’insegnante “Regista” propone, per l’utenza concreta che ha davanti, la sua materia come un copione teatrale e concerta tutte le attività come se fossero focalizzate alla messa in scena di un spettacolo. L’insegnante-regista facilita la comunicazione tra gli apprendisti-attori circa le decisioni da prendere a proposito della suddivisione dei compiti, degli apprendimenti e delle competenze. Veglia affinché ciascuno nel gruppo-classe o nella “compagnia” abbia il ruolo adeguato alle proprie capacità, al proprio stile di apprendimento e alla propria personalità e fa sì che ogni singolo alunno dia tutto quanto può per raggiungere gli obiettivi dell’apprendimento. Il regista teatrale è il responsabile dell’allestimento di uno spettacolo dal vivo: guida infatti e gestisce i lavori dei suoi collaboratori, degli attori, del musicista, del costumista e dello scenografo. È cuore e riferimento di ogni spettacolo teatrale. Ha un’elevata competenza tecnica e tiene in mano il filo conduttore dell’intero spettacolo. Ha chiara dall’inizio la visione dello spettacolo e porta man mano gli attori a identificarsi nel concetto che ha in mente per la riuscita ottimale dello stesso. È un grande progettista e costruisce lentamente 39 Obiettivo docente e continuamente il capolavoro. Lo scopo del direttore d’orchestra è, prima di tutto, aiutare la coordinazione dei musicisti fra loro, indicando il tempo, gli ingressi di strumenti, le voci e le dinamiche del suono. Chiarisce poi a cantanti solisti, coristi e strumentisti il contenuto e l’impostazione generale del pezzo musicale che stanno per suonare. Le sue funzioni sono anche quelle di guidare le prove e di prendere tutte le decisioni necessarie da un punto di vista musicale, interpretando l’opera musicale. Quando manca il comitato artistico, il direttore sceglie anche il repertorio da eseguire. Così l’insegnante “Direttore d’orchestra” guida i suoi ragazzi rendendoli responsabili della propria produzione. Fa nascere in loro un grande senso di responsabilità e di autoefficacia, li rende rispettosi nei confronti del lavoro degli altri, come il primo violino rispetta il suono dell’oboe. Li vuole in ascolto degli altri, collaborativi e cooperativi. L’insegnante “Capocantiere” sembra invisibile, ma è l’anima della classe. Sembra che tutti facciano e che lui se ne stia in disparte. In realtà ogni cosa che si muove ha ricevuto un input, un controllo, un’amorevole supervisione, un incoraggiamento. Rimodella un proprio quadro di riferimento gratificante e coerente con la sua pratica quotidiana. Mette un grande impegno nella pianificazione di ogni singolo incontro. Desidera che la costruzione del sapere avvenga nel modo più economico e più efficace possibile. Si adopera in un’opera di direzione dei lavori che rasenta il perfezionismo. Vuole che gli obiettivi di apprendimento siano raggiunti da tutti, 40 pena la validità della costruzione; è presente là dove occorre un aiuto ulteriore, organizza magnificamente i momenti di recupero perché le energie non vadano sprecate. Coordina le maestranze, ovvero sa farsi aiutare dai più capaci della classe perché tutti portino avanti il loro compito nella maniera migliore; oltre a “gestire” i suoi ragazzi, gestisce gli approvvigionamenti (sussidi, ricerche, presenza online di esperti), verifica il corretto avanzamento del cantiere-classe come da progetto, verifica il rispetto delle norme. È un campione nella compilazione dello Stato Avanzamento Lavori (valutazione!). L’insegnante “Capitano” è una sentinella attenta alle novità che compaiono all’orizzonte della ricerca per professionalizzarsi di continuo. Guarda lontano perché gli orizzonti sono la sua passione. Sa collocare i suoi ragazzi a posti di responsabilità, con compiti piccoli o grandi da eseguire. La classe è gestita come una nave: grande chiarezza nelle incombenze e precisa tempistica. Le rotte sono il suo forte. Lancia i suoi ragazzi a guardare obiettivi che sembrerebbero irraggiungibili, ma offre loro gli strumenti necessari per muoversi con competenza. Bussola, astrolabio, periscopio e scandaglio vengono utilizzati con maestria perché danno il senso di dove si sta andando. Tiene con cura il gior nale di bordo dei suoi ragazzi, nota ogni progresso. I suoi sentono che sono seguiti e vanno fieri del loro capitano. Il vero mastro di Bottega è un modello e un liberatore di energie. Dispensa, con la competenza, calore umano, approva zione e lode. Anche uno sguardo severo quando occor re. Induce crescita nei suoi apprendisti non con la direttività, ma con la convocazione; non prescr ivendo, bensì mo st r a ndo u n fa re; non con l’«occorre che», ma con il «guarda come». Insegna per emanazione, non per ciò che dice, ma per ciò che è e che fa. Ha pazienza. Quella quotidiana, cordiale, amabile. È un esperto in intersoggettività. Ha un controllo non pervasivo e la valutazione delle produzioni dei suoi apprendisti è molto esigente. I ragazzi crescono davvero perché il mastro non si accontenta, infatti è l’esempio vivente della qualità nelle produzioni. Il cambiamento epocale di questi ultimi decenni impone una nuova figura di insegnante, chiamato a rendere conto dell’emergere di una nuova visione antropologica, quella del digitale nato, caratterizzato da interconnessioni, da interdipendenze, dalla visione relazionale della persona. La missione-passione di insegnare è, ogni anno, una novità. TuttoscuolA n. 504