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Settimo Torinese - Regione Piemonte
Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 Comune: Settimo Torinese Provincia: Torino. Area storica: Torinese settentrionale. Abitanti: 45.984 (censimento 1991). Estensione: 3237 ha (ISTAT 1991); 3178 ha (SITA 1991). Confini: a nord Volpiano e Brandizzo, a est San Raffaele Cimena, Gassino Torinese e Castiglione Torinese, a sud San Mauro Torinese e Torino, a ovest Borgaro Torinese, Caselle Torinese e Leinì. Frazioni: Borgata Paradiso, Cascina Pettiti, Fornacino, Mezzi Po, Olimpia. Toponimo storico: «Septimum» o «Septem». Diocesi: Torino. Pieve: S. Maria attesta nel secolo XII, ma non recensita nel cattedratico del 1386; all’inizio del secolo XIV compare la chiesa di S. Gallo: chiesa campetre nel 1331, è attestata come pieve nel 1386, con un insieme di chiese dipendenti molto disperse (Settimo, Borgo Cornalese presso Villastellone, Carpice presso Moncalieri, Pecetto, Castagnole, Carignano, Salsasio e Cercenasco) (Casiraghi 1979, pp. 82 e 101). Altre presenze ecclesiastiche: S. Pietro, attestata dal 1146; S. Salvatore, fuori dal villaggio dal 1146 (Le carte dell’archivio arcivescovile, p. 21, doc. 13; Cartario della abazia di san Solutore, p. 234, doc. 175); priorati di S. Lorenzo di Rivomartino (1189: Le carte dell’archivio arcivescovile, p. 86, doc. 82) e S. Martino di Rivomartino; cappelle campestri: Madonna del Pilone (1666), Madonna delle Grazie, S. Rocco (secolo XVI); confraternite di S. Croce, del Rosario e Compagnia del SS. Sacramento (Casiraghi 1979, p. 101; Caccia 1978, pp. 39-42, pp. 117-135); beni di S. Giacomo di Stura (Le carte dell’archivio arcivescovile) e S. Solutore di Torino (Cartario della abazia di san Solutore). Comunità, origine, funzionamento: attestata dal 1352 (Caccia 1978, p. 54), ma già nel 1173 il pievano di S. Maria di Settimo dichiara di agire con il consenso dei «vicini eius et iamdicte ecclesie» (Le carte dell’archivio arcivescovile, p. 57, doc. 48), affiancato quindi da una forma di associazione della popolazione locale che prepara e prefigura le più tarde istituzioni comunali. Nel 1208 un gruppo di uomini di Settimo affianca i signori locali in una permuta con S. Giacomo di Stura, e risulta controllare insieme al signore alcuni beni che possiedono «comuniter et divisim» (Le carte dell’archivio arcivescovile, pp. 149 sg., doc. 142). Dipendenza nel Medioevo: i signori di Settimo sono attestati dal 1191 (Le carte dell’archivio arcivescovile, p. 90, doc. 86; p. 99, doc. 98; p. 124, doc. 118; p. 149, doc. 142); vassalli del vescovo di Torino a partire dal 1255 e, dopo una provvisoria investitura a Guido di Biandrate nel 1269, di nuovo dal 1304 (I protocolli di Tedisio, pp. 29-32, docc. 21-22; p. 112, doc. 82; Il Libro delle investiture, p. 199, doc. 65). Nel 1309 i signori appaiono legati contemporaneamente ai Monferrato e agli Acaia (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 26, Settimo T.se, n. 1). Il controllo delle due dinastie principesche sul luogo e i conflitti sono poi in vario modo confermati nei decenni successivi (AST, Corte, Monferrato Ducato, m. 3, nn. 9 e 14; m. 4, nn. 11 e 21; m. 5, n. 5; m. 6, n. 9; m. 12, n. 20), fino al 1435, quando Settimo passa definitivamente sotto il controllo sabaudo (AST, Corte, Monferrato Ducato, m. 13, nn. 10-11; m. 14, n. 1; m. 15, n. 1). Feudo: nel 1459 a Ginottino di Nores, maresciallo di Cipro; nel 1467 i Savoia investono Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 Settimo ai Lignana (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 26, Settimo T.se, n. 5); nel 1584 è infeudato a Carlo Muti, da cui, per successive vendite e successioni, passa ai Villa, ai conti di S. Martino, agli Isnardi, ai Wilcardel e ai Falletti (cfr. Guasco 1911, pp. 1566 sg.). Mutamenti di distrettuazione: 1880 trasferita dal mandamento di Caselle a quello di Volpiano (Arc. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 9). Mutamenti territoriali: nel 1957 acquisisce la frazione Mezzi Po, in precedenza appartenente al comune di Gassino Torinese (DPR 541 del 30-5-1957) (Arc. Storico della Provinca di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 36). Comunanze: il CLUC registra 26.6609 ha di categoria B; il comune non dichiara usi civici. Una serie di cessioni e affitti di beni comunali è attestata tra 1832 e 1850 (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 37, Settimo Torinese, nn. 12, 13, 14, 15, 18, 21 e 23). Luoghi scomparsi: Settimo inferiore (Settimeto), attestata tra 1269 e 1311 (Il Libro delle investiture, p. 199, doc.65; I protocolli di Tedisio, pp. 29-32, docc.21-22; p. 112, doc. 82); la località di Rivomartino, che probabilmente costituiva una borgata nel Medioevo, ora è ridotta a una cascina. Fonti: AC Settimo (Archivio Storico del Comune di Settimo): cat. I, cl. 4, cartt.1-63, cl. 7, cart. 35; cat. V, cl. 5. Archivio Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, faldd. 9, 36, 39. AST (Archivio di Stato di Torino): Camera dei Conti, Catasti, Torino, Mappa 186-194, f. 5; Sommarione fasc. 116; Corte, Monferrato confini, C, vol. 26, ff. 49-151; ff. 446-448; vol. 27, ff. 36-52; ff. 7495; ff. 114-145; vol. 28, ff. 207-209; Corte, Monferrato Ducato, m. 3, nn. 9 e 14; m. 4, nn. 11 e 21; m. 5, n. 5; m. 6, n. 9; m. 12, n. 20; m. 13, nn. 10-11; m. 14, n. 1; m. 15, n. 1; Corte, Paesi per A e B, C, m. 38, Castiglione, n. 15; L, m. 7, Leynì, n. 36; S, m. 37, Settimo Torinese, nn. 12, 13, 14, 15, 18, 21 e 23-24; Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis, f. 3r; m. 15, Gassino, n. 8; m. 26, Settimo T.se, nn. 1, 5. Catasti: Catasto del 1608, con Libri dei trasporti e mutazioni dal 1627 al 1727. Catasto del 1716-1728, con Libri dei trasporti dal 1731 al 1808. Catasto francese del 1812, con Libro delle mutazioni fino al 1865. Catasto Rabbini del 1868 (AC Settimo, cat. V, cl. 5). Ordinati: Ordinati degli anni 1500, 1535, 1587-1595, 1608-1610, 1628-1636, 1642-1647, 1658-1663, 1666-1680, 1683-1696 e dal 1698 in poi (AC Settimo, cat. I, cl. 4, cartt.1-63). Statuti: Franchigie dei Monferrato del 1352 (Caccia 1978, p. 54); Copia Capitulorum Septimi, Taurinensis diocesis, cartaceo del XVI secolo, contentne gli statuti più antichi e i Capitula nova, approvati il 24-6-1467 da Antonio di Lignana. Franchigie sabaude del 1469 e 1581 (Fontana 1907, vol. III, pp. 115 sg.). Bandi campestri del 1854, in cui si riporta una concessione del 1454 del Concilio cismontano per scavare la bealera nuova (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 37, Settimo Torinese, n. 24, pp. 45-48). Liti territoriali: 1430 il marchese Gian Giacomo di Monferrato ricorda una sentenza emessa Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 dai suoi delegati e da quelli sabaudi, «occaxione terminationis confinii locorum Septimi et Gasseni» (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 15, Gassino, n. 8). 1569-1612 lite tra la comunità di Settimo e la comunità di Castiglione per il controllo di alcune regioni nei pressi del Po (Gribaldia, Cantababbio) (AST, Corte, Monferrato confini, C, vol. 26, ff. 49-151; ff. 446-448; vol. 27, ff. 36-52; ff. 74-95; ff. 114-145; vol. 28, ff. 207-209). 1686-1830 lite tra la comunità e Parella Bertone Balbis di Sambuy per il fatto del territorio (AC Settimo, cat. I, cl. 7, cart. 35). Bibliografia Caccia D., Settimo Torinese Appunti storici, Settimo 1978. Cartario della abazia di san Solutore di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908 (BSSS 44). Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto, G. B. Barberis, Pinerolo 1906 (BSSS 36). Le carte dell’Archivio Comunale di Gassino, a cura di E. Gabotto, in Cartari minori, vol. II, Pinerolo 1911 (BSSS 43). Casiraghi G., La diocesi di Torino nel Medioevo, Torino 1979 (BSS 196). Fontana L., Bibliografia degli Statuti dei comuni dell’Italia superiore, Torino 1907. Grossi A., Guida alle cascine e vigne del territorio di Torino e contorni, Torino 1790. Guasco F., Dizionario feudale degli antichi Stati sardi e della Lombardia (dall’epoca carolingica ai nostri tempi) (774-1909), Pinerolo 1911 (BSSS 54). Il Libro delle investiture di Goffredo di Montanaro vescovo di Torino (1264-1294), a cura F. Guasco di Bisio, Pinerolo 1913 (BSSS 67). Melo T., Territorio e società a Settimo Torinese nel tardo medioevo secondo il “Liber consignamentorum” del marchese di Monferrato del XV secolo, Torino 1979, dattiloscritto presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino, Sezione di Medievistica e Paleografia. MGH, Diplomata regum et imperatorum Gemaniae, X/2, a cura di H. Appelt, Hannover 1979. I protocolli di Tedisio vescovo di Torino, a cura di B. Fissore, Torino 1969 (BSS 187). Settia A.A., Tracce di medioevo. Toponomastica, archeologia e antichi insediamenti nell’Italia del nord, Torino 1996. Settia A.A., Fisionomia urbanistica e inserimento nel territorio (secoli XI-XIII), in Storia di Torino, vol. I, Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 785-831. Vigliano G., Il Chivassese. Strutture insediative e testimonianze di civiltà, Chivasso s.d. (ma 1969) (fascicolo Settimo Torinese). Settimo Torinese Le dinamiche e le tensioni territoriali che nel corso dei secoli hanno coinvolto Settimo e il suo circondario, sono condizionate in massima parte (ma non esclusivamente) dalla questione del controllo dei boschi e dei ghiaieti posti nei pressi delle rive del Po, questione complicata dalle periodiche inondazioni e dagli spostamenti del corso del fiume. Un territorio pertinente al «vicus» di Settimo è attestato già nel 1066 (Cartario della abazia di san Solutore, p. 27, doc. 12), e ricordato anche nel diploma del 1159 con cui l’imperatore Federico I conferma al vescovo di Torino «curtem de Septimo cum plebe et districto» (Diplomata regum et imperatorum Germaniae, p. 50, doc. 252). Tuttavia la compatteza territoriale del distretto di Settimo è seriamente intaccata dalla pressione delle grandi abbazie di S. Mauro di Pulcherada e di S. Giacomo di Stura, che nel 1172 appaiono in conflitto per il controllo della giurisdizione in un’area ai confini del territorio di Settimo (Le Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 carte dell’archivio arcivescovile, p. 55, doc. 46). E sarà proprio il consolidamento patrimoniale dell’abbazia di S. Giacomo a determinare una speciale configurazione del territorio ai confini tra i comuni di Settimo, San Mauro e Torino: tra i molti atti che nel secolo XIII segnalano il rafforzamento patrimoniale di S. Giacomo in Settimo (reso possibile dal sostegno della locale dinastia signorile), dobbiamo porre particolare attenzione al documento del 1212 con cui Guglielmo di Settimo dona all’abbazia 8 giornate di terreno «in loco ubi dicitur in braia Famulenta» (Le carte dell’archivio arcivescovile, p. 167, doc. 156). Nonostante l’esiguità della cessione, questo è il primo sicuro segno del radicamento dell’abbazia nella località Famolenta, che costituirà nei secoli successivi un rilevantissimo nucleo patrimoniale con conseguenze sull’assetto territoriale. La compattezza del patrimonio monastico fa sì infatti che le terre di S. Giacomo siano considerate alla stregua di un vero e proprio distretto, pari a quelli definiti attorno ai villaggi (cfr. ad esempio le confinazioni identificate nel 1354 per le paludi di Caselle AST, Corte, Provincia di Torino, m. 16, Leynì, n. 2 bis, f. 3r; cfr. anche la carta del 1834 allegata alla richiesta del comune di Leinì per essere eretta a capo mandamento: AST, Corte, Paesi per A e B, L, m. 7, Leynì, n. 36). Così la Famolenta, passata in seguito nelle mani di famiglie torinesi, costituì un’isola amministrativa del comune di Torino, inserita tra i territori comunali di Settimo e San Mauro (Grossi 1790, vol. I, pp. 53 sg; cfr. il catasto Rabbini in AST, Camera dei Conti, Catasti, Torino, Mappa 186-194, f. 5; Sommarione fasc. 116). Sempre nel secolo XIII compaiono i primi segni della fondamentale tensione territoriale che coinvolgerà in età moderna la comunità di Settimo, ovvero le questioni relative al controllo delle rive del Po. Questa tensione trova la sua prima espressione in una duplicazione dell’abitato di Settimo: nel 1269 il vescovo di Torino investe Alberto di Biandrate del «castrum Septimi minoris seu inferioris» (Il Libro delle investiture, p. 199, doc. 65), espressione che si precisa nel 1306, quando il vescovo Tedisio investe Uberto, Facio e Giacomo di Settimo di tutto ciò che ha «in Septimo inferiori, et in finibus et territorio ipsius loci Septimi inferioris», territorio che è definito «sicut tendit ripa Rivi Martini et Padus, finibus et poderio alterius Septimi Superioris» (I protocolli di Tedisio, pp. 29 sg., doc. 21). Constatiamo quindi l’esistenza di un secondo Settimo, un Settimeto che non è esattamente collocabile, ma che è posto tra il Po e il «rivus Martini», ovvero il corso d’acqua attualmente detto la Bealera Nuova, su cui è posta la cascina Remartino (Caccia 1978, p. 39; Melo 1979, cartina). Si tratta quindi di una località non lontana da quella frazione Mezzi Po che, come vedremo, costituirà uno dei punti di tensione nei secoli successivi. Appare quindi evidente come la duplicazione dell’abitato di Settimo rientri pienamente in quei casi di movimento a breve raggio dei contadini (seguiti e controllati dai poteri signorili) che dalle sovraffollate aree circumpadane vanno a colonizzare la pianura più bassa, nei pressi del Po (cfr. Settia 1996, pp. 123-146). Questo processo di sviluppo, per quanto fallito (poiché Settimeto non è più attestata dopo il 1311), mette in luce come le attenzioni delle comunità e dei signori si concentrino sull’area fluviale, con robusti tentativi di occupazione del territorio. Nel tardo medioevo assistiamo al fallimento di Settimeto e anzi alla scomparsa pressoché totale di frazioni e insediamenti sparsi nell’area di Settimo (Melo 1979, p. XXXVIII). Ma in questo stesso periodo la tensione relativa all’area fluviale trova conferma in un atto di definizione dei confini tra Settimo e Gassino, per cui disponiamo solo di una notizia incompleta del 1430 (AST, Corte, Provincia di Torino, m. 15, Gassino, n. 8). Le notizie più abbondanti sono del secolo successivo, con la lunga lite che oppone Settimo a Castiglione Torinese, all’interno di un’intensa conflittualità territoriale che oppone la comunità monferrina di Castiglione alle località sabaude di Settimo, San Mauro e Gassino (AST, Corte, Monferrato confini, C, voll. 26, 27 e 28). Non bisogna in questo caso ipotizzare un rapporto deterministico tra dominazione regionale e conflitti territoriali locali, ovvero supporre che Castiglione litighi con i comuni confinanti solo perché appartiene a un diverso principato: le liti di Castiglione hanno infatti radici ben più profonde, nelle tensioni relative al controllo del Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 fiume (che nel caso di Settimo abbiamo constatato già nel secolo XIII) e dei boschi (come mostrano le liti tra Castiglione e Gassino del secolo XIII: Le carte dell’Archivio Comunale di Gassino, p. 11, doc. 6; p. 23, doc. 12; p. 31, doc. 17). Ma è indubbio che il confronto tra le due dominazioni regionali ha portato la lite a una dimensione diversa, sia per quanto riguarda le fonti (grazie al ricorso delle due parti ai Senati di Torino e di Casale) sia probabilmente per ciò che concerne l’asprezza e il livello di violenza della lite. La lite è documentata dal 1569 (quando i giudici registrano una lunga visita sui luoghi con testimoniali delle due parti: AST, Corte, Monferrato confini, C, vol. 26, ff. 49-68) al 1612 (quando si giunge a una composizione amichevole, con posa di termini confinari: vol. 28, ff. 207-209). Una carta dei due territori (non datata, ma contemporanea alla lite: vol. 28, f. 157) mette bene in evidenza le ragioni fondamentali del contendere: l’abbondante controllo fondiario e territoriale di Castiglione sulla sponda sinistra del Po, che impedisce o rende molto difficile l’accesso degli uomini di Settimo alle risorse rappresentate dai boschi, dalle ghiaie e dalle acque del Po. L’abbondante documentazione della lite, oltre a individuare più in pecifico l’area contesa come regione Gribaldia e bosco del Cantababbio (area probabilmente paludosa, dato il toponimo), ci informa bene sulla natura di questi luoghi e sulle modalità del conflitto. Emerge con evidenza come si tratti di luoghi incolti, preziosi tuttavia per diversi motivi: la legna (vol. 26, ff. 446-448; vol. 27, ff. 114-131 e 132-145), la caccia (vol. 27, ff. 36-52) e la pesca (vol. 26, f. 60v). Ma soprattutto è area ricca di acque: rami minori del Po, bealere, derivazioni della Stura, si intrecciano e spesso sono difficilmente riconoscibili, sia nella loro provenienza (dal Po, dalla Stura) sia nei diritti delle comunità e dei singoli allo sfruttamento dell’acqua a scopo di irrigazione (cfr. in particolare vol. 26, ff. 53v-54v). La lite si sviluppa secondo modalità comuni ad altri conflitti analoghi, in cui il ripetuto ricorso alla giustizia del principe si alterna ad atti di violenza e a occupazioni del territorio (vol. 26, ff. 69-106; ff. 107-151; ff. 446-448; vol. 27, ff. 36-52 e 132-145). Ma all’interno degli atti di lite emerge come il confronto tra le comunità si esprima anche nello sforzo di dare un nome ai luoghi. In diversi passi troviamo indicazioni come: «un’acqua quale quelli di Castiglione la dimandano il Po morto, al presente, e che altre volte si domandava la Sturella o vero la bialera di San Giorgio, et essi di Settimo la dimandano l’aqua del boscho di Cantababbio» (vol. 26, f. 53v); «qual loco quelli di Castilion dicono chiamarsi in Gribaldia, in cima delli Sortacii di Castilione» mentre quelli di Settimo «hanno negato chiamarsi il detto loco Gribaldia né Sortacci, ma chiamarsi il Gorreto, fine di Septimo indubitate» (vol. 26, f. 54v); e ancora nella sentenza del 1612 le due parti piantano di comune accordo un termine «in una ripa d’un’acqua che si chiama Bialera dil Bosco, o sii dil Gorreto, come dicono li di Settimo, o sii Po morto come dicono li di Castillione» (vol. 28, f. 207r). Appare con grande chiarezza come connotare i luoghi, imporre la microtoponomastica, sia una forma di presa di possesso, concettualmente non diversa dalle azioni concrete (e talvolta violente) che portano gli uomini delle due comunità a far legna, andare a caccia e in genere sfruttare le risorse della zona. L’accordo del 1612 pone fine a questa fase di intenso conflitto, ma non fa cessare le cause della tensione, ovvero il comune interesse per le rive del Po da parte di tutte le comunità della zona, e la presenza di beni e giurisdizione dei comuni di Gassino e Castiglione sulla sponda sinistra del Po. Così nel 1834 vediamo il comune di Castiglione chiedere il permesso di cedere in affitto un bosco di sua proprietà posto nel territorio di Settimo (AST, Corte, Paesi per A e B, C, m. 38, Castiglione, n. 15), e così nel secolo XX si sviluppa la questione di Mezzi Po. Le prime attestazioni documentarie del problema sono del 1932, in occasione del progetto (elaborato negli anni precedenti) della cosiddetta «Grande Torino» ovvero un allargamento dei confini comunali torinesi, a comprendere Venaria, San Mauro, la frazione Formiche di Borgaro, l’area attorno alle cascine Famolenta e San Giorgio di Settimo, oltre ad altre notevoli variazioni confinarie in altre direzioni (verso la collina, Stupinigi, Beinasco, Grugliasco). Dalla documentazione relativa a questo progetto, si apprende che il comune di Settimo aveva espresso parere favorevole, purché fosse garantito un compenso Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Settimo Torinese Luigi Provero 1998 territoriale con l’acquisizione della frazione Mezzi (Arc. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 39). In effetti tra il 1929 e il 1930 si era già avviata una pratica per lo spostamento della frazione da Gassino a Settimo, in seguito a una domanda presentata dalla gran maggioranza (79 elettori su 95) degli abitanti di Mezzi al governo. Un verbale dell’adunanza del rettorato della provincia di Torino del 9-4-1930 esprime parere favorevole, ricordando che tale richiesta era motivata «alla circostanza che tale frazione, riconosciuta ab antiquo come tale e costituente corpus separatissimum dal comune di Gassino, mentre nelle sue comunicazioni con Settimo non subisce alcuna soluzione di continuità, non può invece comunicare con Gassino, essendo separata dal fiume Po, lungo il territorio della frazione talmente anfrattuoso da non consentire il transito che con modesti ed instabili mezzi di trasporto. Tale stato di cose pregiudica naturalmente lo svolgimento di quasi tutti i servizi pubblici: stato civile, anagrafe, istruzione primaria, servizi sanitari, di pubblica sicurezza, postelegrafonico, notarile, zooiatrico, di estinzione incendi, mortuario ecc.» (Arc. Storico della Provincia di Torino, cat. 14, cl. 02, fald. 36, collocazione alla quale si trova l’intera documentazione relativa a Mezzi Po). Trasporti e servizi, i due poli attorno a cui ruotano pressoché tutte le domande di trasferimento delle frazioni, ritornano qui in modo limpido e particolarmene fondato. L’opposizione del comune di Gassino, ricordata in questo stesso verbale, si fonda sul rischio di danneggiare economicamente il comune e sulla possibilità di migliorare i servizi. Questa opposizione e forse il progetto (fallito) della «Grande Torino» bloccarono le pratiche fino al dopoguerra, quando una nuova istanza degli abitanti di Mezzi, del 25-9-1946, riaprì la questione. Il testo dell’istanza, firmata da 206 elettori, ricalca in linea di massima le ragioni già addotte nel 1929: le difficoltà a usufruire dei servizi del comune di Gassino e l’antica condizione di corpo separato della frazione Mezzi. I pareri favorevoli dei comuni di Settimo (24-9-1946) e Gassino (28-6-1947) e della Deputazione provinciale di Torino (13-21948) non sono sufficienti a far concludere la pratica. Nel 1953 un verbale del consiglio provinciale riapre la questione, ricordando come il comune di Gassino si fosse impegnato alla costruzione di un cimitero, di un posto telefonico pubblico e di un ponte sul Po, ma come in seguito questi progetti non fossero stati attuati; il consiglio presenta quindi un nuovo parere favorevole al mutamento. Infine un compromesso si trova nel 1956, sfruttando un articolo della legge che consente di non spostare l’intera frazione al comune di Settimo, ma solo l’abitato, conservando sotto il controllo di Gassino i pioppeti nella regione Gorreti: in tal modo si garantiscono i servizi per la frazione Mezzi e le risorse boschive e fluviali cui il comune di Gassino non voleva rinunciare. Il mutamento è infine sanzionato con il DPR 514 del 30-51957. Non ha invece dato esito a conflitti documentati la condivisione con il comune di Leinì della frazione Fornacino, sviluppatasi nel corso del secolo XX, e registrata a partire dal censimento del 1961 (Vigliano 1969, p. 1); al contempo è del tutto marginale il coinvolgimento di Settimo nella frazione contesa di Mappano (cfr. la scheda dedicata a Caselle), perché l’area di Mappano compresa nel comune di Settimo appare priva di residenti (cfr. attestazione del sindaco di Settimo del 10-8-1992, presso Regione Piemonte, Settore Enti locali).